N. 18 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 gennaio 2023
Ordinanza del 23 gennaio 2023 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli sul ricorso proposto da L. T. contro l'Agenzia delle entrate - Direzione provinciale I di Napoli, l'Agenzia delle entrate - Riscossione - Napoli ed il Comune di Quarto (NA).. Tributi - Riscossione - Previsione che esclude l'immediata impugnabilita' del ruolo/cartella di pagamento, limitandola alle sole ipotesi in cui l'iscrizione a ruolo determini dei particolari pregiudizi espressamente previsti - Previsione che, per le limitate ipotesi di immediata impugnabilita', richiede che il ricorrente/presunto debitore debba dimostrare l'attualita' dei medesimi pregiudizi. - Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte di reddito), art. 12, comma 4-bis, aggiunto dall'art. 3-bis del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2021, n. 215.(GU n.9 del 1-3-2023 )
LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI I GRADO DI NAPOLI
Sezione 37
Riunita in udienza il 28 ottobre 2022 alle ore 09:30, con la
seguente composizione collegiale:
Rosato Gianfranco, Presidente;
Del Sorbo Vincenzo, Relatore;
Aschettino Lucio, Giudice;
In data 28 ottobre 2022 ha pronunciato la seguente ordinanza sul
ricorso n. 11494/2021, depositato il 6 dicembre 2021, proposto da L.
T., difeso da Michele Madaio (MDA MHL 72C31 I278Y) ed elettivamente
domiciliato presso massimomadaio@pec.giuffre.it
Contro:
il Comune di Quarto, difeso da Giulio Cacciapuoti (CCC GLI
74L19 F839V), Mario Perugini (PRG MRA 76A30 E388R) ed elettivamente
domiciliato presso avvmarioperugini@puntopec.it
l'Agenzia entrate - Direzione provinciale I di Napoli, difeso
da Mario Perugini (PRG MRA 76A30 E388R) ed elettivamente domiciliato
presso avvmarioperugini@puntopec.it
l'Agenzia entrate - riscossione - Napoli, elettivamente
domiciliato presso protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it
Avente ad oggetto l'impugnazione di: cartella di pagamento n.
07120160099639644000 IRPEF-altro 2013, proposto da L. T., difeso da
Michele Madaio (MDA MHL 72C31 I278Y) ed elettivamente domiciliato
presso massimomadaio@pec.giuffre.it
Contro:
il Comune di Quarto, difeso da Giulio Cacciapuoti (CCC GLI
74L19 F839V), Mario Perugini (PRG MRA 76A30 E388R) ed elettivamente
domiciliato presso avvmarioperugini@puntopec.it
l'Agenzia entrate - riscossione - Napoli, elettivamente
domiciliato presso protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it
Avente ad oggetto l'impugnazione di: cartella di pagamento n.
07120120128652783000 TARSU/TIA 2011, a seguito di discussione in
pubblica udienza.
Elementi in fatto e diritto
Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale per il giudizio di
costituzionalita' incidentale - Svolgimento del processo.
Con ricorso notificato il 28 luglio 2021 (e depositato in data 6
dicembre 2021) T. L. proponeva opposizione avverso due estratti di
ruolo datati 26 luglio 2021, rilasciati dal concessionario del
Servizio di riscossione (Agenzia delle entrate - riscossione, gia'
Equitalia servizi di riscossione S.p.a.), relativi alle seguenti due
cartelle:
Parte di provvedimento in formato grafico
Assumeva a sostegno:
l'assenza della notifica delle cartelle;
l'intervenuta prescrizione/decadenza.
Si e' costituita in giudizio la resistente concessionaria (ADER)
depositando fascicolo e controdeduzioni.
E' intervenuta in giudizio anche l'Agenzia delle entrate, DP1 di
Napoli.
All'udienza del 25 marzo 2022 la CTP evidenziava che ADER aveva
chiesto la chiamata in causa degli enti impositori ed autorizzava la
richiesta nei confronti del Comune di Quarto che (a differenza di
DP1) non era intervenuto.
A seguito di cio' si costituiva anche il Comune di Quarto
depositando controdeduzioni ed eccependo espressamente
l'inammissibilita' dell'impugnativa dell'estratto ruolo, alla luce
altresi' la piu' recente giurisprudenza delle SS.UU.
Fissata l'udienza per la trattazione (di cui e' stato dato
regolare avviso alle parti), sentita l'esposizione del relatore
questa Commissione ritiene di dover sollevare questione di
costituzionalita' incidentale della norma di cui all'art. 12, comma
4-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, cosi'
come modificato dall'art. 3-bis, decreto-legge 21 ottobre 2021, n.
146 (convertito nella legge 17 dicembre 2021, n. 215) dal momento che
esclude l'immediata impugnabilita' del ruolo/cartella di pagamento
limitandola alle sole ipotesi in cui l'iscrizione a ruolo determini
uno dei seguenti pregiudizi:
ostacolo alla partecipazione a una procedura di appalto (per
effetto di quanto previsto nell'art. 80, comma 4, del codice dei
contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n.
50);
impedimento alla riscossione di somme allo stesso dovute dai
soggetti pubblici di cui all'art. 1, comma 1, lettera a), del
regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle
finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui
all'art. 48-bis del presente decreto;
perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica
amministrazione.
Si dubita altresi' della costituzionalita' della stessa norma
nella parte in cui - per le limitate ipotesi di immediata
impugnabilita' - richiede che il ricorrente/presunto debitore debba
dimostrare l'attualita' dei pregiudizi di cui sopra.
Premessa.
Va innanzitutto evidenziato che nel caso in esame il ricorso non
e' diretto contro l'estratto di ruolo tout court (che in se' altro
non e' che una certificazione/rappresentazione del ruolo-titolo
esecutivo) bensi' investe l'intera pretesa tributaria dell'Ente, che
si chiede di annullare. Pertanto sussiste l'interesse ad agire
dell'istante atteso che la domanda e' relativa al merito della
pretesa (nella specie si chiede dichiararsi l'intervenuta
prescrizione).
Va ancora rilevato che la presente controversia risulta
introdotta prima della novella di cui al decreto-legge n. 146/21.
Tuttavia, come ormai affermato costantemente in giurisprudenza essa
costituisce norma processuale di immediata applicazione e pertanto ne
va fatta applicazione anche nel presente giudizio (sul punto si v.
infra Cass. SS.UU. 26283/22).
Infine va da subito evidenziato che la questione di legittimita'
costituzionale e' rilevante solo per la cartella n. 071 2012 01286527
83 (TARSU del 2011 pretesa dal Comune di Quarto).
Infatti per l'altra cartella (la n. 071/2016/00996396/44/000
avente ad oggetto IRPEF ed IVA per il 2013) l'Agenzia della
riscossione, costituendosi in giudizio, ha esibito varie notifiche:
sia la notifica della cartella (effettuata tramite deposito alla CCIA
perche' la casella PEC obbligatoria non risultava attiva), sia quella
di una successiva intimazione di pagamento (n. 071 2019 90267549 74
relativa anche a molte altre cartelle) che risulta avvenuta a mezzo
posta a mani della madre convivente e con il successivo invio della
debita CAN.
Siccome avverso detti atti non risulta proposta nessuna
impugnazione occorrera' valutare innanzitutto la sussistenza della
giurisdizione del G.T. e successivamente la validita' di dette
notifiche e l'ammissibilita' o meno della domanda. La questione di
legittimita' costituzionale che si solleva quindi con la presente
ordinanza non incide affatto sulla decisione che deve assumersi su
tale parte della domanda.
Viceversa per la cartella in tema di TARSU, ADER ha esibito una
notifica che risulta effettuata il 20 ottobre 2012 a familiare
convivente (D. R., che come si ricava dalle altre notifiche esibite
e' la mamma del ricorrente).
Tuttavia per tale notifica non risulta effettuata la debita CAN e
comunque non risultano esibite notifiche di ulteriori atti che
possano avere interrotto la prescrizione (e' vero che ADER ha esibito
una congerie di notifiche, fra cui e' spesso difficile districarsi,
ma le stesse sono in gran parte relative ad atti che non risultano
qui impugnati ovvero sono relative ad avvisi di deposito/giacenza che
non permettono di individuare l'atto a monte cui essi si
riferiscono).
Nemmeno il Comune di Quarto ha esibito alcunche' essendosi solo
limitato a costituirsi e ad effettuare la generica impugnativa del
ricorso, eccependo in particolare l'inammissibilita' dello stesso in
quanto diretto avverso estratto di ruolo.
Per tali motivi la notifica di tale cartella e' nulla (ed
improduttiva di effetti) e rende pertanto rilevante la questione
dell'ammissibilita' o meno dell'impugnativa immediata del ruolo come
meglio argomentato infra.
Sulla interpretazione della norma.
Com'e' noto il processo tributario e' strutturato come processo
di tipo «impugnatorio» (con esclusione di azioni di mero
accertamento) e la tutela dei diritti si attua attraverso il ricorso
contro gli atti ritenuti lesivi degli stessi.
L'art. 19 del decreto legislativo n. 546/1992 (sul processo
tributario) e' espressione di tale principio ed al comma 3 prevede
che gli atti non notificati possono essere impugnati unitamente
all'atto successivo.
Dottrina e giurisprudenza hanno discusso a lungo sulla
possibilita' di impugnare il ruolo e di chiederne l'annullamento
indipendentemente dalla notifica della cartella (atto tipico che lo
conteneva, almeno fino alla riforma dei c.d. accertamenti
impo-esattivi).
In estrema sintesi: la Cassazione a SS.UU. (sent. 19704/2015)
ebbe a sancire l'immediata impugnabilita' del ruolo in mancanza di
notifica della cartella senza dover necessariamente attendere la
notifica di un atto successivo, e cio' in base ad una lettura
dell'art. 19 citato, orientata alla tutela del diritto di difesa
previsto in Costituzione.
Infatti (a parte il rilievo che il ruolo, sia pur
dematerializzato e sia pure non notificato poteva essere sempre
inteso come «atto» e quindi impugnabile) si metteva in luce che a
causa dell'esecutivita' del ruolo non impugnato il contribuente
rischierebbe di vedersi esposto ad una procedura esecutiva con tutela
solo risarcitoria e quindi «postuma» dei suoi diritti (e la
giurisprudenza ha opportunamente chiarito che la mancanza/nullita'
della notifica non inficia di per se' il ruolo e/o la cartella, ma
rende possibile l'esame del merito della pretesa, in funzione
recuperatoria al fine di contestarne l'attualita' ad es. per
l'intervenuta prescrizione).
Dopo le SS.UU. del 2015 si e' assistito ad una serie di ricorsi
avverso il ruolo (la cui esistenza viene documentata attraverso il
rilascio di appositi «estratti ruolo») sul presupposto della mancanza
di notifica della cartella, cioe' dell'atto impositivo che lo
conteneva (ma ai fini del presente discorso e' indifferente che si
tratti di ruolo/cartella ovvero di accertamento impo-esattivo).
Per porre rimedio a tale proliferazione di ricorsi il legislatore
ha adottato la norma sottoposta al vaglio della Corte costituzionale
(art. 3-bis decreto-legge n. 146/21 come modificato dalla legge di
conversione n. 215/21) del seguente tenore:
1. All'art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 602, dopo il comma 4 e' aggiunto il seguente:
«4-bis. L'estratto di ruolo non e' impugnabile. Il ruolo e
la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono
suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore
che agisce in giudizio dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa
derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di
appalto, per effetto di quanto previsto nell'art. 80, comma 4, del
codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18
aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso
dovute dai soggetti pubblici di cui all'art. 1, comma 1, lettera a),
del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle
finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui
all'art. 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un
beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione».
E la S.C. a SS.UU. (sent. 6 settembre 2022, n. 26283) con un
ragionamento piuttosto complesso ed articolato ha sancito che tale
norma si applica anche ai processi pendenti, qualificandola come una
condizione dell'azione di natura «dinamica» e quindi con
dimostrazione a carico della parte che deve cosi' dar prova
dell'attualita' del suo interesse ad agire (e cioe' della sussistenza
delle ipotesi previste dalla norma stessa).
E sempre le SS.UU. hanno chiarito che i casi di impugnabilita'
diretta del ruolo (previsti dalla norma qui in esame) sono tassativi
e non suscettibili di allargamento da parte dell'interprete.
Le SS.UU. del 2022 hanno ritenuto di dover mutare l'orientamento
espresso dalle SS.UU. del 2015 (concludendo per la non impugnabilita'
del c.d. estratto ruolo o meglio: per la non diretta impugnabilita'
del ruolo - eccezion fatta per i casi tassativamente previsti dallo
stesso comma 4-bis) evidenziando il mutato quadro
normativo/giurisprudenziale, anche con riferimento alla sentenza
della Corte costituzionale n. 114/2018 (e segnatamente alla
possibilita' delle opposizioni ex art. 615 cpc - innanzi al GO - per
tutte le questioni successive alla notifica della cartella).
Infine le SS.UU. hanno valutato le varie questioni di
legittimita' costituzionale della nuova norma, adombrate da piu'
parti, ritenendole manifestamente infondate con articolati e dotti
ragionamenti in cui hanno fatto spesso riferimento alla ratio della
norma, tesa ad evitare giudizi pretestuosi.
Sulla rilevanza della questione.
Cosi' precisato il quadro normativo risultante
dall'interpretazione delle SS.UU. di cui sopra (cui questa Corte
tributaria deve necessariamente aderire) appare evidente la rilevanza
della questione.
Infatti, applicando la norma, il ricorso (in parte qua) e'
destinato ad essere dichiarato inammissibile perche' si tratta di
impugnativa del c.d. estratto di ruolo (rectius: impugnativa
immediata del ruolo a prescindere dalla notifica di un atto) al di
fuori delle ipotesi previste dal comma 4-bis.
Viceversa, laddove la norma dovesse essere ritenuta contraria
alla Carta costituzionale (nella parte in cui essa non consente
l'impugnativa diretta al di fuori delle ipotesi da essa stessa
previste) appare evidente che il ricorso dovrebbe essere accolto.
Infatti e' pacifico che la prescrizione in tema di tributi locali
e' di 5 anni (sul punto la giurisprudenza ritiene applicabile la
norma di cui all'art. 2948 del codice civile per tutti quei tributi
che devono «pagarsi periodicamente ad anno» e cio' senza valutare la
decadenza del pari quinquennale a norma dell'art. 1, comma 161, legge
finanziaria 2007).
E poiche' la TARSU e' relativa all'anno 2012 e non vi sono atti
validi notificati la relativa pretesa dovrebbe essere dichiarata
prescritta.
Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' e
sulle disposizioni che si ritengono violate.
Questa Corte tributaria dubita della legittimita' della norma di
cui sopra (sia come sospetto di illegittimita' totale che di
illegittimita' parziale) in relazione alle disposizioni
costituzionali e per i motivi appresso indicati.
Art. 3 della Costituzione.
Sussiste il dubbio che la norma violi il principio di uguaglianza
sotto piu' profili (si precisa che i rilievi che seguono sono in
parte comuni anche alla ritenuta violazione del diritto di difesa di
cui infra).
1) Innanzitutto la tutela avverso la pretesa tributaria e'
diversa (e deteriore) laddove sia competente il GT rispetto alla
tutela accordata innanzi al G.O. per le medesime ipotesi e per le
medesime ragioni.
Con l'importante sentenza 114/2018 la Corte costituzionale ha
sancito l'ammissibilita' delle opposizioni ex art. 615 cpc (innanzi
al G.O.) laddove esse non riguardino «contestazioni del titolo» che
invece sono riservate al G.T.
Tale sentenza si inseriva nel solco delle SS.UU. del 2015
completando la tutela del contribuente. Il ruolo risultava sempre
impugnabile: innanzi al G.T. in mancanza di notifica di un atto
(funzione recuperatoria) ed innanzi al G.O. per le questioni
successive che non riguardavano piu' il titolo (in mancanza di
impugnazioni l'avvenuta notifica cristallizzava la pretesa
tributaria).
La riforma del 2021 e la successiva interpretazione delle SS.UU.
del 2022 hanno cambiato notevolmente il quadro e reso oggettivamente
piu' difficoltosa la possibilita' di tutela innanzi al G.T.
Si pensi ad es. alla prescrizione: laddove essa venga fatta
valere contro una cartella che si assume non notificata l'impugnativa
va fatta al G.T. ma non e' piu' possibile in via immediata:
occorrera' attendere la notifica di un atto successivo (magari
esecutivo) per poter contestare la pretesa (con evidenti rischi di
tutela meramente risarcitoria).
Viceversa, laddove si discuta di prescrizione successiva alla
notifica della cartella (e non vi sia contestazione di tale notifica)
la giurisdizione - come da insegnamento della stessa S.C. - spetta al
G.O.
In tal caso sara' possibile l'opposizione ex art. 615 cpc e la
tutela sara' esperibile immediatamente indipendentemente dalla
notifica di un ulteriore atto e sine die (e con tutti i poteri
riconosciuti dal codice di rito al G.O.).
Cio' costituisce una disparita' di trattamento, ma aggrava anche
le possibilita' di tutela effettiva (v. meglio infra).
2) Ma il dubbio di costituzionalita' sussiste anche perche' le
ipotesi di cui al comma 4-bis non esauriscono tutti i possibili
pregiudizi che si possono avere dal permanere di un'indebita
iscrizione a ruolo.
La norma ha il chiaro intento di salvaguardare il contribuente
individuando i pregiudizi che potrebbero derivargli
dall'impossibilita' di procedere ad impugnazione immediata del ruolo.
Tuttavia limita tale impugnabilita' diretta a solo 3 ipotesi che
sono relative ai seguenti pregiudizi: 1) mancata possibilita' di
partecipare ad una procedura d'appalto (esclusa per chi non sia in
regola con gli obblighi fiscali); 2) impossibilita' di riscuotere
somme dovute da soggetti pubblici (che sono tenuti a bloccarle
laddove vi sia un debito verso una P.A.); 3) perdita di un beneficio
nei rapporti con la pubblica amministrazione (in dipendenza della
debitoria portata dal ruolo).
Orbene vi sono ulteriori pregiudizi derivanti dall'iscrizione a
ruolo e che resterebbero fuori dalla tutela immediata:
la stessa possibilita' di subire l'esecuzione senza poter
preventivamente paralizzare la pretesa (ma dovendosi necessariamente
ad affidare ad una tutela di urgenza, in presenza magari di un
pignoramento di uno stipendio) costituisce un pregiudizio;
una pubblica amministrazione che fosse tenuta ad effettuare
un rimborso od un versamento al contribuente potrebbe (e cio' si
verifica spesso nella pratica quotidiana) tentare una compensazione
col debito iscritto a ruolo: cio' non costituisce una «impossibilita'
di riscuotere somme» (che rientrerebbe nelle ipotesi di cui al comma
4-bis) bensi' una modalita' di rimborso diversa, che comunque
penalizza il contribuente che pur ritenendo di non essere debitore
non puo' agire immediatamente contro il ruolo;
gli istituti di credito (pur non potendo accedere
direttamente all'anagrafe tributaria) sono molto attenti ai debiti
tributari ed un'impresa che esponesse debiti fiscali in bilancio
(anche se risalenti e con indicazione della contestazione degli
stessi) vedrebbe senza dubbio peggiorare il suo rating e avrebbe
difficolta' per l'accesso al credito, almeno non a condizioni
ottimali (senza contare che per concedere un finanziamento la banca
puo' tranquillamente pretendere un estratto della posizione fiscale
del soggetto).
E tale pericolo sussiste per qualsiasi altro mutuo, anche in
favore di soggetti non esercenti attivita' di impresa.
Si pensi ancora alle segnalazioni che a norma del codice della
crisi d'impresa le agenzie fiscali, l'INPS etc. sono obbligati ad
inviare alle imprese in mora con i pagamenti all'erario (soprattutto
al fine di valutare l'instaurazione di una procedura di composizione
negoziata della crisi): anche questo costituisce un campanello
d'allarme che condiziona pesantemente l'accesso al credito (v. art.
25-novies C. crisi impresa che obbliga i «creditori qualificati» a
segnalare l'esistenza di debiti anche di importo non elevato con
comunicazione da inviare anche agli organi di controllo).
Tutti i casi di cui sopra evidenziano quindi l'esistenza di gravi
pregiudizi per il contribuente che possono essere eliminati solamente
con la definizione della posizione fiscale che pero' non e' possibile
ottenere in via giudiziale a differenza della tutela dai (soli)
pregiudizi previsti dal comma 4-bis: cosa che integra disparita' di
trattamento (oltre a limitare il diritto di difesa).
Art. 24 e 113 della Costituzione.
Si dubita che la norma in esame possa comprimere in maniera
ingiustificata il diritto di difesa giurisdizionale,
costituzionalmente garantito (anche a livello Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e
di diritto dell'Unione) e che la norma abbia in effetti fatto
regredire la possibilita' di tutela che era stata sancita dalle
SS.UU. del 2015 e dalla sentenza della Corte costituzionale n.
114/2018.
Cio' sotto diversi profili:
valgono innanzitutto le motivazioni adottate dalla precedente
sentenza delle SS.UU. (n. 19704/2015 poi superata dalle SS.UU. del
2022): nelle ipotesi non contemplate dal comma 4-bis per poter
impugnare il ruolo il contribuente e' costretto ad attendere la
notifica di un atto successivo che pero' spesso e' un atto esecutivo
(ad es. il pignoramento o comunque la minaccia di un atto
esecutivo-cautelare come il preavviso di fermo o di ipoteca). In tali
casi il contribuente subisce un danno immediato (mancanza di
disponibilita' del bene: ad es. blocco di parte del suo stipendio)
che non puo' in alcun modo prevenire se non ricorrendo alla tutela
cautelare dopo aver subito tale pregiudizio;
si e' gia' visto supra che la tutela e' deteriore innanzi al
GT rispetto quella innanzi al G.O. e cio' (oltre a disparita' di
trattamento) costituisce una indubbia compressione del diritto di
difesa nelle ipotesi in questione;
analoga ed ingiustificata compressione del diritto di difesa
si rinviene nelle ipotesi (sempre viste sopra per la sospettata
violazione dell'art. 3 Cost. ed a cui si rimanda) in cui non si
tutelano tutti i possibili pregiudizi derivanti dall'iscrizione a
ruolo;
ad aggravare il vulnus di cui sopra si aggiunge l'obbligo di
dimostrazione del pregiudizio (previsto espressamente dal comma
4-bis) cui il contribuente e' tenuto per ottenere qualsiasi tipo di
tutela.
E' evidente (cosi' come risulta chiaramente dalla sentenza delle
SS.UU. del 2022) che la dimostrazione deve riguardare la attualita'
del pregiudizio: cioe' si deve dimostrare che la tutela immediata e'
necessaria in relazione ad una situazione concretamente in atto e non
solo potenziale.
Cio' vale per le stesse ipotesi previste dal comma 4-bis (e il
rilievo limitato a tali sole ipotesi integra sospetto di parziale
illegittimita' costituzionale della norma), ma si tratta chiaramente
di un principio generale da applicare in tutti i casi di tutela
immediata (laddove essi dovessero essere ipotizzabili).
Cosi' ad es. la tutela immediata prevista per evitare il
pregiudizio per la partecipazione ad un appalto e' possibile solo
laddove sia stata almeno bandita la gara ed il contribuente dimostri
la seria possibilita' di parteciparvi (impedita pero' dalla
sussistenza del debito fiscale).
Orbene e' evidente che - anche per le ipotesi espressamente
consentite dal comma 4-bis - una tutela effettiva puo' essere solo
quella cautelare (se si attendesse il giudizio ordinario e' quasi
certo che nelle more la gara verrebbe espletata ed aggiudicata).
Ma anche la tutela cautelare penalizzerebbe pesantemente il
diritto di difesa effettiva del contribuente: e cio' non solo e non
tanto per la delibazione sommaria che la tutela cautelare prevede, ma
soprattutto perche' e' verosimile che possa non giungere in tempo per
i motivi piu' disparati.
E' vero che il contribuente potrebbe anche presentare domanda di
partecipazione e poi impugnare l'esclusione, ma cio' presuppone una
proliferazione di giudizi - amministrativo e tributario - ed oltre a
gravare e ritardare la stessa azione della pubblica amministrazione
costituirebbe un modo davvero difficoltoso di esercizio del diritto
di difesa.
Ulteriori considerazioni sulla ratio della norma in esame.
Si e' gia' visto che spesso il tema viene affrontato con
riferimento alla necessita' di evitare giudizi pretestuosi e tale
ratio viene invocata ad adiuvandum per escludere la manifesta
fondatezza di questioni di legittimita' costituzionale della norma.
Ed in effetti, dal punto di vista esclusivamente «pratico» vanno
considerate le (evidenti) ragioni sottese alla norma sotto esame: a
seguito delle SS.UU. del 2015 e' evidente che il legislatore si e'
preoccupato di evitare un proliferare di ricorsi per carichi anche
molto risalenti e che a fronte di esazione piuttosto improbabile
avrebbero gravato in maniera eccessiva sugli uffici sottraendo
risorse preziose e causando il danno economico della possibile
condanna al pagamento delle spese di giudizio (e sul punto si v. la
relazione finale della Commissione interministeriale per la riforma
della giustizia tributaria - del 30.6.21 - che proprio per i ricorsi
avverso gli estratti ruolo parla espressamente di impugnazioni
pretestuose).
Tuttavia desta perplessita' il fatto che per risolvere tale
problema il legislatore sia intervenuto condizionando pesantemente la
possibilita' di difendersi in giudizio.
A parte il rilievo che per i giudizi pretestuosi esistono gia'
rimedi (si pensi alla condanna alle spese - alla condanna per lite
temeraria etc.) ed a parte la considerazione che se un ricorso viene
accolto forse l'impugnazione non puo' essere qualificata pretestuosa,
va evidenziato che l'azione del fisco gode gia' - giustamente - di
particolari tutele e privilegi, sia sostanziali che processuali, e
che gli stessi non possono giungere sino a condizionare la
possibilita' stessa di far valutare l'operato della pubblica
amministrazione da un giudice.
Ed in concreto il Legislatore avrebbe potuto adottare soluzioni
piu' snelle e con costi irrisori, che comunque sarebbero state
rispettose del diritto di difesa.
A parte il rilievo che fino ad euro 50.000 opera l'istituto del
reclamo obbligatorio (art. 17-bis, decreto legislativo n. 546/1992 in
base al quale l'ufficio ha ben 90 giorni per vagliare la fondatezza
dell'impugnativa impedendo cosi' l'iscrizione a ruolo) si sarebbe ad
es. potuto prevedere un obbligo di ricorso amministrativo imponendo
quindi all'amministrazione di esprimersi sull'attualita' della
pretesa (e magari prevedere un'ipotesi di silenzio-accoglimento)
invece di comprimere ingiustificatamente il diritto di difesa, oppure
si sarebbe potuto impedire per legge qualsiasi azione esecutiva o
cautelare prima della notifica di un nuovo atto ricognitivo.
Viceversa non sembra corretto (dal punto di vista costituzionale)
tutelare l'esigenza di evitare azioni pretestuose con limitare
fortemente la stessa possibilita' di adire la giustizia.
P. Q. M. La Commissione, visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 comma 4-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, cosi' come modificato dall'art. 3-bis decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (convertito nella legge 17 dicembre 2021, n. 215) nei termini di cui in motivazione. Per l'effetto dichiara sospeso il presente giudizio. Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio di Cassazione ed al Presidente del Consiglio dei ministri. Manda altresi' per la comunicazione della presente ordinanza (in forma integrale) ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Dispone conseguentemente l'immediata trasmissione degli atti (ivi inclusa la documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni) alla Corte costituzionale. Il Presidente: Rosato Il relatore: Del Sorbo