N. 21 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 febbraio 2023
Ordinanza contro Ministero dell'interno ed Ufficio territoriale del Governo di PerugiaOrdinanza del 1° febbraio 2023 del Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria sul ricorso proposto da S. F.. Straniero - Immigrazione - Emersione di rapporti di lavoro - Disciplina - Adozione di un decreto interministeriale con cui sono stabilite le modalita' di presentazione dell'istanza di emersione e i limiti di reddito del datore di lavoro richiesti per l'instaurazione del rapporto di lavoro - Mancata previsione che l'amministrazione, in caso di esito sfavorevole della procedura di emersione dovuto esclusivamente a fatti e condotte ascrivibili al datore di lavoro, debba rilasciare al lavoratore un permesso di soggiorno per attesa occupazione o un altro titolo corrispondente alla situazione lavorativa, anche sopravvenuta, che l'interessato riesca a comprovare - Previsione che, nel disporre l'adozione del medesimo decreto, non indica le norme generali regolatrici della materia, ne' i principi direttivi o, comunque, una qualunque delimitazione della discrezionalita' amministrativa in merito alle modalita' di individuazione del reddito minimo per l'accesso alla procedura di emersione. - Decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonche' di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, art. 103, commi 4, 5 e 6.(GU n.10 del 8-3-2023 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'UMBRIA Sezione prima Il Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria, Sezione prima, ha pronunciato la presente Ordinanza sul ricorso numero di registro generale 325 del 2022, proposto dal signor S. F., rappresentato e difeso dall'avvocato Catia Mosconi, con domicilio eletto presso il suo studio in Perugia, via del Sole n. 8, e domicilio digitale come da Pec da Registri di giustizia; Contro il Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro tempore, e l'Ufficio territoriale del Governo di Perugia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Perugia, nella cui sede in Perugia, via degli Offici n. 14, sono ex lege domiciliati, e con domicilio digitale come da Pec da Registri di giustizia; Per l'annullamento previa sospensione cautelare dell'efficacia, del provvedimento prot. n. ... del ... della Prefettura di Perugia, emesso a seguito dell'annullamento del provvedimento prot. n. ..., con cui e' stata rigettata istanza di emersione rapporti di lavoro ai sensi dell'art. 103, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34; nonche' di ogni altro atto presupposto, connesso, altrimenti collegato e comunque consequenziale, ancorche' di data e tenore sconosciuto, che incida sfavorevolmente sulla posizione giuridica del ricorrente, se ed in quanto lesivo degli interessi del ricorrente; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno e dell'Ufficio territoriale del Governo di Perugia; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2023 il dott. Davide De Grazia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. - Le circostanze di fatto 1.1 - In data ..., il sig. Q. M., in qualita' di legale rappresentante della societa' cooperativa sociale «...» con sede in ..., presentava nell'interesse del cittadino pakistano sig. S. F. istanza di emersione dal lavoro irregolare ai sensi dell'art. 103, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. Risulta dalla documentazione agli atti del giudizio che la suddetta societa' cooperativa inviava all'Agenzia regionale per le politiche attive del lavoro (ARPAL) dell'Umbria la comunicazione di assunzione del sig. F. come bracciante agricolo con contratto di lavoro a tempo determinato, come da relativa ricevuta del ... . Il sig. F. riceveva il pagamento della retribuzione relativa ai mesi di agosto, settembre, ottobre e novembre 2020, come attestato dalle buste paga depositate in atti. Il legale rappresentante della societa' datrice di lavoro si sarebbe poi reso irreperibile ed inadempiente rispetto al pagamento della retribuzione relativa al mese di dicembre 2020, tanto da indurre il sig. F. a rivolgersi all'Ispettorato territoriale del lavoro, come risulta dalla richiesta di intervento sottoscritta davanti al funzionario dell'Ispettorato il ... . 1.2. - Con provvedimento del ..., notificato il ..., lo Sportello unico per l'immigrazione di Perugia rigettava l'istanza di emersione sulla base del parere non favorevole dell'Ispettorato territoriale del lavoro motivato dal rilievo che «i redditi certificati risultano inferiori rispetto al parametro di legge (ex art. 9, comma 2, decreto interministeriale del 29 maggio 2020, in attuazione del decreto-legge n. 34/2020; cfr. circ. congiunta Min. interno M.L.P.S. n. prot. n. 1395 del 20 maggio 2020) previsto per accogliere l'istanza di emersione in oggetto, tenuto anche conto del personale in forza». 1.3. - Con ricorso n. 619/2021, il sig. F. impugnava dinnanzi a questo Tribunale amministrativo regionale il suddetto provvedimento e ne chiedeva l'annullamento, previa sospensione cautelare. 1.4. - Con ordinanza n. 180 del 27 ottobre 2021, resa nel ricorso di cui al punto che precede, questo Tribunale accoglieva l'istanza cautelare ai fini della verifica, da parte dell'Amministrazione intimata, delle condizioni per l'emissione di un permesso di soggiorno per attesa occupazione alla luce delle circolari ministeriali emanate in materia. 1.5. - Con atto del ..., la Prefettura di Perugia annullava in autotutela il provvedimento impugnato e disponeva il riavvio del procedimento amministrativo e la riapertura dell'istruttoria. 1.6. - Di conseguenza, con sentenza del 22 giugno 2022, n. 485, questo Tribunale dichiarava l'improcedibilita' del ricorso n. 619/2021 proposto dal sig. F. ... . 1.7. - Con provvedimento del ..., lo Sportello unico per l'immigrazione di Perugia concludeva il procedimento come sopra riavviato confermando il rigetto dell'istanza di emersione dal lavoro irregolare presentata in favore del sig. F. ... . Il nuovo diniego era motivato sulla base dei seguenti elementi: la conferma, da parte dell'Ispettorato territoriale del lavoro, con nota del ..., del parere precedentemente espresso, in considerazione della «mancanza di capacita' economica idonea all'assunzione di tutti e diciotto i lavoratori» per i quali era stata avanzata la richiesta di emersione; la considerazione della possibilita' del rilascio di un titolo di soggiorno per attesa occupazione solo condizionatamente all'acquisizione del parere positivo dell'Ispettorato del lavoro, secondo quanto previsto dal comma 15 dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020; la circolare del Ministero dell'interno n. 3020 del 21 aprile 2021, secondo la quale «nel caso in cui il datore di lavoro non abbia ne' l'intenzione di voler prorogare il rapporto, ne' di voler nuovamente assumere il lavoratore, il predetto Dipartimento non ritiene possibile rilasciare un permesso di soggiorno per attesa occupazione»; la circolare del Ministero dell'interno e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 2399 del 24 luglio 2020, che, nel disciplinare le ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro per causa di forza maggiore, stabilisce che «[r]ientrano in tale ipotesi il caso di decesso dell'assistito o del datore di lavoro (per i settori di cui all'art. 103, comma 3, lettere b e c) o quello della cessazione o fallimento dell'azienda (per i settori di cui all'art. 103, comma 3, lettera a). Nei casi di interruzione del rapporto di lavoro per sopravvenuta causa di forza maggiore, e' consentito il subentro di un componente del nucleo familiare del defunto o di un altro datore di lavoro, eventualmente anche modificando il rapporto di lavoro, purche' si resti nell'ambito dei settori previsti dall'art. 103, comma 3, e sussistano gli altri requisiti previsti dalla norma», tra cui quelli relativi alla capacita' reddituale in capo al datore di lavoro; la circolare del Ministero dell'interno n. 4623 del 17 novembre 2020, secondo la quale «[a]l lavoratore, vista l'interruzione del rapporto di lavoro, potra' essere rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione, previa una valutazione da parte degli Sportelli unici volta ad escludere che la domanda di emersione sia stata inoltrata strumentalmente, proprio per far ottenere al cittadino straniero il permesso di soggiorno» cosi' confermando l'indefettibilita' del requisito reddituale ai fini del rilascio anche del permesso per attesa occupazione; la circolare del Ministero dell'interno n. 3625 dell'11 maggio 2021, che, nel confermare la possibilita' del rilascio di un permesso per attesa occupazione laddove non sia possibile il subentro di un diverso datore di lavoro per cause indipendenti dalla volonta' del lavoratore, ribadisce la necessita' degli «opportuni accertamenti ai fini di una valutazione volta ad escludere che la domanda di emersione sia stata inoltrata strumentalmente e che il rapporto di lavoro si sia instaurato in modo fittizio», stabilendo che e' comunque «necessario procedere alla convocazione presso lo Sportello sia del datore di lavoro che aveva avanzato istanza di emersione che del lavoratore per il perfezionamento della procedura di sottoscrizione del contratto relativo al rapporto di lavoro cessato», con conferma, seppur implicita, della indispensabilita' del possesso da parte del datore di lavoro dei requisiti, anche reddituali, richiesti ai fini della procedura di emersione; la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sezione III, 17 dicembre 2021, n. 8422) restrittiva in relazione alla possibilita' del rilascio di un permesso per attesa occupazione, atteso che la disciplina della emersione di rapporti lavoro irregolari dettata dall'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020, a differenza di quella di cui all'art. 5, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 109/2012, limita l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 22, comma 11, del decreto legislativo n. 286/1998 al solo caso di «cessazione» del rapporto di lavoro e non contempla la possibilita' di rilasciare il permesso in esame nel diverso caso in cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause imputabili al solo datore di lavoro, con il corollario che il carattere eccezionale della disciplina de qua, derogatoria di quella ordinaria, impone un'applicazione restrittiva, nel rispetto dei casi e dei tempi in essa contemplati (anche TAR Campania, Napoli, sezione IV, 25 marzo 2022, n. 2026; TAR Toscana, sezione II, 14 gennaio 2022, n. 15; TAR Lombardia, Milano, sezione III, 4 novembre 2021, n. 2424); la considerazione, in conclusione, che alla luce della normativa vigente, della recente giurisprudenza in merito e delle circolari ministeriali sopra richiamate, non possono ritenersi sussistenti i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione nel caso in cui il datore di lavoro che ha presentato istanza di emersione da lavoro irregolare risulti privo dei requisiti reddituali richiesti. 2. - Lo svolgimento del processo 2.1. - Con il ricorso oggi in esame, notificato il 13 giugno 2022 e depositato il 14 giugno 2022, il sig. F. ... ha impugnato dinnanzi a questo Tribunale amministrativo regionale il provvedimento da ultimo citato e ne ha chiesto l'annullamento, previa sospensione cautelare. A sostegno del gravame il ricorrente ha articolato i motivi di seguito sintetizzati. Con i primi due motivi di ricorso, il sig. F. ... ha denunciato l'eccesso di potere per errata e travisata o comunque incompleta valutazione dei fatti e per contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione, deducendo che l'Amministrazione avrebbe posto a fondamento del diniego impugnato l'insussistenza del requisito della previa instaurazione del rapporto di lavoro, nonostante nella motivazione del medesimo provvedimento si darebbe conto degli accertamenti ispettivi compiuti dal Nucleo dei Carabinieri dell'Ispettorato territoriale del lavoro, dai quali si evincerebbe l'effettiva esecuzione della prestazione lavorativa del ricorrente. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 e dell'art. 22 del decreto legislativo n. 286/1998 e l'eccesso di potere sotto diversi profili sintomatici, deducendo che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo per il mancato rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione, dovendo applicarsi la disposizione di cui all'art. 103, comma 4, del decreto-legge n. 34/2020 (secondo la quale «se il rapporto di lavoro cessa, anche nel caso di contratto a carattere stagionale, trovano applicazione le disposizioni di cui all'art. 22, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni, al fine dello svolgimento di ulteriore attivita' lavorativa») quale che sia il motivo della cessazione del rapporto di lavoro e senza che debba necessariamente ricorrere una causa di forza maggiore, il decesso del datore di lavoro o il fallimento dell'azienda, come invece richiesto dalla circolare n. 4623 del 2020. Con il quarto motivo e' denunziata la perplessita' dell'azione amministrativa: secondo il ricorrente, il nuovo provvedimento, successivo all'annullamento d'ufficio del precedente diniego disposto dall'Amministrazione, sarebbe stato emesso sulla base di valutazioni pienamente sovrapponibili a quelle gia' svolte, eludendo l'ordinanza cautelare emessa da questo Tribunale, che esigeva la verifica delle condizioni per l'emissione di un permesso di soggiorno per attesa occupazione. Con il quinto ed ultimo motivo viene denunciata la violazione dell'art. 10-bis della legge n. 241/1990 per omessa comunicazione al lavoratore dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di emersione o di rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione. 2.2. - Il Ministero intimato si e' costituito in giudizio per resistere al ricorso sostenendo la correttezza del proprio operato. 2.3. - Con ordinanza del 14 luglio 2022, n. 95, questo Tribunale amministrativo regionale ha ritenuto che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, le esigenze cautelari del ricorrente potessero essere adeguatamente soddisfatte mediante la fissazione della discussione del merito ai sensi dell'art. 55, comma 10 del codice di procedura amministrativa ed ha provveduto di conseguenza. 2.4. - All'udienza pubblica del 24 gennaio 2023, viste le conclusioni delle parti come da verbale, la causa e' stata trattenuta in decisione. 3. - I presupposti processuali e le condizioni dell'azione del giudizio a quo 3.1. - Secondo la giurisprudenza costituzionale, la verifica della sussistenza dei presupposti processuali e delle condizioni dell'azione compete al giudice rimettente. I presupposti processuali, infatti, sono oggetto del giudizio di rilevanza dell'incidente di costituzionalita' e, ove la loro ritenuta sussistenza sia sorretta da una motivazione non implausibile, non sono suscettibili di riesame (ex plurimis Corte costituzionale n. 262 del 2015; n. 200 del 2014). 3.2. - Cio' premesso, il Collegio ritiene che la questione oggetto della presente ordinanza rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo. Con il ricorso di cui trattasi, infatti, e' stata esercitata, ai sensi dell'art. 29 del codice di procedura amministrativa, l'azione di annullamento, per violazione di legge ed eccesso di potere, di un provvedimento amministrativo di rigetto dell'istanza di emersione dal lavoro irregolare. Detta azione e' riservata alla cognizione del giudice amministrativo in quanto rivolta avverso un provvedimento rispetto al quale il cittadino straniero e' titolare di una posizione di interesse legittimo. Nessuna eccezione in rito e' stata sollevata dall'Amministrazione resistente. Il ricorso, stante la ritualita' della notifica e, piu' in generale, il rispetto dei termini processuali, e' da ritenersi ammissibile. 4. - Il quadro normativo di riferimento 4.1. - Per quanto di rilievo ai fini della decisione, si riporta l'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77/2020, in materia di «Emersione di rapporti di lavoro», nel testo vigente all'epoca dell'adozione del provvedimento impugnato. «1. Al fine di garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale e collettiva in conseguenza della contingente ed eccezionale emergenza sanitaria connessa alla calamita' derivante dalla diffusione del contagio da -COVID-19 e favorire l'emersione di rapporti di lavoro irregolari, i datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno previsto dall'art. 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, possono presentare istanza, con le modalita' di cui ai commi 4, 5, 6 e 7, per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri. A tal fine, i cittadini stranieri devono essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell'8 marzo 2020 ovvero devono aver soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data, in forza della dichiarazione di presenza, resa ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68 o di attestazioni costituite da documentazione di data certa proveniente da organismi pubblici; in entrambi i casi, i cittadini stranieri non devono aver lasciato il territorio nazionale dall'8 marzo 2020. [Omissis]. 3. Le disposizioni di cui al presente articolo, si applicano ai seguenti settori di attivita': a) agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attivita' connesse; b) assistenza alla persona per il datore di lavoro o per componenti della sua famiglia, ancorche' non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l'autosufficienza; c) lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare. 4. Nell'istanza di cui al comma 1 sono indicate la durata del contratto di lavoro e la retribuzione convenuta, non inferiore a quella prevista dal contratto collettivo di lavoro di riferimento stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, se il rapporto di lavoro cessa, anche nel caso di contratto a carattere stagionale, trovano applicazione le disposizioni di cui all'art. 22, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni, al fine dello svolgimento di ulteriore attivita' lavorativa. 5. Le istanze di cui ai commi 1 e 2 sono presentate dal 1° giugno 2020 al 15 agosto 2020, con le modalita' stabilite con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ed il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali da adottarsi entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, presso: a) l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per i lavoratori italiani o per i cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea; b) lo sportello unico per l'immigrazione, di cui all'art. 22 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni per i lavoratori stranieri, di cui al comma 1; c) la Questura per il rilascio dei permessi di soggiorno, di cui al comma 2. 6. Con il medesimo decreto di cui al comma 5 sono altresi' stabiliti i limiti di reddito del datore di lavoro richiesti per l'instaurazione del rapporto di lavoro, la documentazione idonea a comprovare l'attivita' lavorativa di cui al comma 16 nonche' le modalita' di dettaglio di svolgimento del procedimento. Nelle more della definizione dei procedimenti di cui ai commi 1 e 2 la presentazione delle istanze consente lo svolgimento dell'attivita' lavorativa; nell'ipotesi di cui al comma 1 il cittadino straniero svolge l'attivita' di lavoro esclusivamente alle dipendenze del datore di lavoro che ha presentato l'istanza. [Omissis]. 15. Lo sportello unico per l'immigrazione, verificata l'ammissibilita' della dichiarazione di cui al comma 1 e acquisito il parere della questura sull'insussistenza di motivi ostativi all'accesso alle procedure ovvero al rilascio del permesso di soggiorno, nonche' il parere del competente Ispettorato territoriale del lavoro in ordine alla capacita' economica del datore di lavoro e alla congruita' delle condizioni di lavoro applicate, convoca le parti per la stipula del contratto di soggiorno, per la comunicazione obbligatoria di assunzione e la compilazione della richiesta del permesso di soggiorno per lavoro subordinato. La mancata presentazione delle parti senza giustificato motivo comporta l'archiviazione del procedimento. [Omissis]». 4.2. - Con decreto ministeriale del 27 maggio 2020, emanato in attuazione dei commi 5 e 6 dell'art. 103, sono state definite le modalita' di presentazione dell'istanza di emersione di rapporti di lavoro. L'art. 9 del decreto, dedicato ai «Requisiti reddituali del datore di lavoro», stabilisce quanto segue. «1. L'ammissione alla procedura di emersione e' condizionata all'attestazione del possesso, da parte del datore di lavoro persona fisica, ente o societa', di un reddito imponibile o di un fatturato risultante dall'ultima dichiarazione dei redditi o dal bilancio di esercizio precedente non inferiore a 30.000,00 euro annui, salvo quanto previsto al comma 2. 2. Per la dichiarazione di emersione di un lavoratore addetto al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare o all'assistenza alla persona per se stessi o per componenti della propria famiglia, ancorche' non conviventi, affetti da patologie o disabilita' che ne limitino l'autosufficienza, il reddito imponibile del datore di lavoro non puo' essere inferiore a 20.000,00 euro annui in caso di nucleo familiare composto da un solo soggetto percettore di reddito, ovvero non inferiore a 27.000,00 euro annui in caso di nucleo familiare inteso come famiglia anagrafica composta da piu' soggetti conviventi. Il coniuge ed i parenti entro il secondo grado possono concorrere alla determinazione del reddito anche se non conviventi. 3. Nella valutazione della capacita' economica del datore di lavoro puo' essere presa in considerazione anche la disponibilita' di un reddito esente da dichiarazione annuale e/o CU (es: assegno di invalidita'). Tale reddito deve comunque essere certificato. 4. In caso di dichiarazione di emersione presentata allo Sportello unico dal medesimo datore di lavoro per piu' lavoratori, ai fini della sussistenza del requisito reddituale di cui ai commi 1 e 2, la congruita' della capacita' economica del datore di lavoro in rapporto al numero delle richieste presentate, e' valutata dall'Ispettorato territoriale del lavoro, ai sensi del comma 8 dell'art. 30-bis del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, sulla base dei contratti collettivi di lavoro indicati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e delle tabelle del costo medio orario del lavoro emanate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali adottate ai sensi dell'art. 23, comma 16 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Nel caso in cui la capacita' economica del datore di lavoro non risulti congrua in relazione alla totalita' delle istanze presentate, le stesse possono essere accolte limitatamente ai lavoratori per i quali, in base all'ordine cronologico di presentazione delle istanze, i requisiti reddituali risultano congrui. Per l'imprenditore agricolo possono essere valutati anche gli indici di capacita' economica di tipo analitico risultanti dalla dichiarazione IVA, prendendo in considerazione il volume d'affari al netto degli acquisti, o dalla dichiarazione Irap e i contributi comunitari documentati dagli organismi erogatori. 5. La verifica dei requisiti reddituali di cui al comma 2 non si applica al datore di lavoro affetto da patologie o disabilita' che ne limitano l'autosufficienza, il quale effettua la dichiarazione di emersione per un unico lavoratore addetto alla sua assistenza». 5. - I dubbi di costituzionalita' 5.1. - Il Collegio dubita della legittimita' costituzionale delle norme contenute nell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77/2020, ritenendole, nei termini che si esporranno, in contrasto con gli articoli 3, 10, 35, 76, 97 e 113 della Costituzione. 5.2. - In sintesi, viene in primo luogo in considerazione la possibile illegittimita' costituzionale per contrasto con gli articoli 3 e 35 della Costituzione, nei sensi che saranno meglio precisati al paragrafo 7, della disposizione di cui al comma 4 dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 nella parte in cui non prevede che l'amministrazione, in caso di esito sfavorevole della procedura di emersione dovuto esclusivamente a fatti e condotte ascrivibili al datore di lavoro (quale il mancato possesso del requisito reddituale minimo di cui all'art. 9 del decreto ministeriale 27 maggio 2020), debba rilasciare al lavoratore un permesso di soggiorno per attesa occupazione o un altro titolo corrispondente alla situazione lavorativa - anche sopravvenuta - che l'interessato riesca a comprovare, alle stesse condizioni di cui all'art. 5, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 109/2012. 5.3. - Inoltre, il Collegio esprime il dubbio della legittimita' costituzionale, per contrasto con gli articoli 10, 76, 97 e 113 della Costituzione, delle disposizioni di cui al comma 6 del medesimo art. 103, rilevante anche ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione, nella parte in cui, nel prevedere che con il decreto di cui al comma 5 sono «stabiliti i limiti di reddito del datore di lavoro richiesti per l'instaurazione del rapporto di lavoro», non indica le norme generali regolatrici della materia, ne' i principi direttivi o, comunque, una qualunque delimitazione della discrezionalita' amministrativa in merito alle modalita' di individuazione del reddito minimo per l'accesso alla procedura di emersione. 6. - La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale 6.1. - In punto di rilevanza, deve evidenziarsi che il rigetto dell'istanza di emersione presentata nell'interesse del ricorrente e' motivato dalla conferma della mancanza di idonea capacita' reddituale in capo al datore di lavoro e dalla conseguente ritenuta inaccoglibilita' della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione. I primi due motivi di ricorso non appaiono fondati, dal momento che non si ravvisano nella motivazione del provvedimento impugnato gli elementi di contraddittorieta' denunziati da parte ricorrente. Le determinazioni dell'Amministrazione resistente riguardanti l'impossibilita' del rilascio del titolo di soggiorno per attesa occupazione costituiscono oggetto del terzo e del quarto motivo di ricorso. Al riguardo si osserva che, qualora i dubbi di costituzionalita' espressi da questo Tribunale fossero condivisi dalla Corte costituzionale, l'annullamento delle disposizioni qui in esame determinerebbe una pronuncia favorevole all'odierno ricorrente, dovendo in tal caso l'Amministrazione resistente procedere alla rivalutazione della sua posizione quanto meno al fine di verificare la sussistenza delle condizioni per il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione. Il quinto motivo di ricorso (relativo alla violazione dell'art. 10-bis della legge n. 241/1990) appare al Collegio fondato, ma cio' non toglie rilevanza alla questione di legittimita' costituzionale, essendo dovere del giudice, in ossequio al principio dell'effettivita' della tutela (art. 1 del codice di procedura amministrativa), pronunciarsi su tutti i motivi e non fermarsi a quello riguardante un vizio meramente formale o procedimentale, il cui scrutinio in senso favorevole al ricorrente, ove accompagnato dall'assorbimento delle censure relative a vizi di natura sostanziale, lascerebbe comunque l'Amministrazione libera di confermare l'esito finale del procedimento, limitandosi ad emendare il vizio di mera forma rilevato con la sentenza (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5). 6.2. - Sempre in punto di rilevanza della questione qui sollevata, e' necessario evidenziare che, con ordinanza n. 680 del 14 novembre 2022 (reg. ord. n. 149 del 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 dicembre 2022, n. 51), il TAR per le Marche ha sollevato la quesitone di legittimita' costituzionale delle stesse disposizioni qui in esame. Il TAR Marche, pero', ha posto la questione di costituzionalita' della mancata previsione della possibilita' di rilasciare il permesso di soggiorno per attesa occupazione solo in via subordinata rispetto a quella della omissione, da parte del legislatore primario, dei principi direttivi ai fini della determinazione, con decreto ministeriale, delle soglie minime di reddito in capo al datore di lavoro per l'accesso alla procedura di emersione. Di conseguenza, nell'esame dell'incidente costituzionalita' promosso dal TAR Marche, lo scrutinio della questione della legittimita' delle norme che precludono la possibilita' del rilascio di un titolo di soggiorno per attesa occupazione, che qui maggiormente interessa, sara' solo eventuale. Occorre, pertanto, che quest'ultima questione sia specificamente esaminata dalla Corte costituzionale, essendo essa di immediata rilevanza ai fini della definizione del presente giudizio. 7. - La non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale 7.1. - La catena di rimandi contenuta nelle diverse disposizioni dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 fa si' che la possibilita' del rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione in caso di esito sfavorevole del procedimento di emersione sia soggetta a stringenti condizioni, che l'Amministrazione resistente ha ritenuto non sussistenti nel caso che forma oggetto di giudizio. In particolare, il comma 4 dell'art. 103 stabilisce che, «se il rapporto di lavoro cessa, anche nel caso di contratto a carattere stagionale, trovano applicazione le disposizioni di cui all'art. 22, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286» (che consentono al lavoratore straniero che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, di iscriversi nelle liste di collocamento per il periodo di residua validita' del permesso di soggiorno, e comunque per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito, qualora superiore), e cio' «al fine dello svolgimento di ulteriore attivita' lavorativa». L'applicazione del citato art. 22, comma 11, del decreto legislativo n. 286/1998 e' pero' limitata ai «casi di cui ai commi 1 e 2» dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020. Per quanto qui interessa, il comma 1 richiede una serie di condizioni relative alla pregressa presenza dello straniero sul territorio dello Stato («i cittadini stranieri devono essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell'8 marzo 2020 ovvero devono aver soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data, in forza della dichiarazione di presenza, resa ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68 o di attestazioni costituite da documentazione di data certa proveniente da organismi pubblici; in entrambi i casi, i cittadini stranieri non devono aver lasciato il territorio nazionale dall'8 marzo 2020»); inoltre, l'istanza di emersione deve essere finalizzata a concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale o a dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri; infine, l'istanza deve essere presentata «con le modalita' di cui ai commi 4, 5, 6 e 7». Il contenuto dei commi 4, 5 e 6 e del decreto ministeriale di attuazione, con il quale sono state definite le soglie di reddito del datore di lavoro necessarie per l'accesso alla procedura di emersione, e' stato riportato sopra al paragrafo 4, dedicato al quadro normativo di riferimento. 7.2. - La giurisprudenza amministrativa che si e' confrontata con l'applicazione delle disposizioni adesso all'esame ha interpretato in senso rigoroso le condizioni poste dal legislatore per il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione in caso di esito sfavorevole della procedura di emersione. In particolare, e' stato negato (cfr. TAR Campania, Napoli, sezione VI, 25 marzo 2022, n. 2026) che alle fattispecie di emersione ai sensi dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 possa applicarsi quanto disposto dal comma 11-bis dell'art. 5 del decreto legislativo n. 109/2012 (la c.d. «emersione 2012»), che stabilisce, con riferimento alla sanatoria degli stranieri irregolari ivi disciplinata, che «nei casi in cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro, previa verifica da parte dello sportello unico per l'immigrazione della sussistenza del rapporto di lavoro, dimostrata dal pagamento delle somme di cui al comma 5, e del requisito della presenza al 31 dicembre 2011 di cui al comma 1, al lavoratore viene rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione». Infatti, secondo detta giurisprudenza, a tale ultima previsione - al pari delle norme disciplinanti sanatorie e/o condoni - deve riconoscersi carattere eccezionale e, pertanto, essa non puo' applicarsi oltre i casi e i tempi da esse considerati. D'altro canto, la mancanza nell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 di una disposizione analoga a quella appena sopra citata e la previsione nel comma 4 dell'art. 103 della possibilita' di concessione del permesso per attesa occupazione solo nel caso di interruzione del rapporto di lavoro, troverebbe la sua giustificazione - oltre che nella circostanza che la «emersione 2020» trova applicazione anche nel caso di datore di lavoro che intenda sottoscrivere un contratto di lavoro con uno straniero (che potrebbe oltretutto essere regolarmente presente nel territorio nazionale e titolare di un permesso di soggiorno che permetta lo svolgimento di attivita' lavorativa e che non sia convertibile in permesso di soggiorno per lavoro dipendente) - nella volonta' del legislatore del 2020 di prevenire facili abusi dello strumento in esame. Inoltre, dalla normativa e dalle succitate circolari emanate per disciplinare la sanatoria del 2020 dovrebbe desumersi che la titolarita' in capo al datore di lavoro di reddito nella misura indicata dall'art. 9 del decreto ministeriale 27 maggio 2020 costituisce un presupposto indefettibile per la definizione in senso positivo della procedura, dato che la titolarita' di tali redditi ha la funzione di dimostrare l'effettivita' e/o sostenibilita' del rapporto di lavoro da parte di colui che si afferma datore di lavoro ovvero si propone come tale. A cio' dovrebbe aggiungersi: che la possibilita' di rilasciare il permesso per attesa occupazione nel caso di interruzione del rapporto di lavoro prevista dal comma 4 dell'art. 103 e dalle circolari ha comunque come presupposto una istanza di emersione presentata da un datore di lavoro in possesso dei requisiti richiesti; che la circolare del 24 luglio 2020, nel disciplinare gli effetti della cessazione del rapporto di lavoro «per causa di forza maggiore», identifica la forza maggiore con la morte dell'assistito o del datore di lavoro (per i settori dell'assistenza ai disabili e del lavoro domestico) e con la cessazione o fallimento dell'azienda (per i settori dell'agricoltura, dell'allevamento e zootecnia e della pesca e acquacoltura e attivita' connesse) e prevede la possibilita' di subentro di altro datore, espressamente subordinandola alla condizione che «sussistano gli altri requisiti previsti dalla norma» (tra cui evidentemente il reddito); che solo nel caso in cui il subentro non sia possibile per fatto non dipendente dalla volonta' del lavoratore, tale circolare prevede la possibilita' di richiedere il permesso per attesa occupazione; che la circolare 17 novembre 2020 conferma la indefettibilita' del requisito reddituale ai fini anche del rilascio del permesso per attesa occupazione. L'art. 103, comma 4, del decreto-legge n. 34/2020, dunque, a differenza della precedente normativa di cui all'art. 5, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 109/2012, limita la possibilita' di rilasciare il permesso di soggiorno per attesa occupazione ex art. 22, comma 11, del decreto legislativo n. 286/1998 al solo caso di cessazione del rapporto di lavoro e non contempla il diverso caso in cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro, dato il carattere eccezionale della disciplina, derogatoria di quella ordinaria, che ne impone un'applicazione restrittiva, e la conseguente necessita' della sussistenza ab origine delle condizioni poste dall'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 per il perfezionamento della procedura (cfr. TAR Campania, Napoli, sezione VI, 11 gennaio 2023, n. 224; Cons. Stato, sezione III, 15 settembre 2022, n. 8006; TAR Emilia-Romagna, Parma, sezione I, 20 ottobre 2022, n. 302; TAR Campania, Napoli, sezione VI, 15 aprile 2022, n. 2610). 7.3. - Il Collegio dubita che la normativa cui si e' fatto riferimento al paragrafo 7.1, nel suo rigore, sia conforme ai canoni costituzionali di uguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) ed alle esigenze di tutela costituzionale del lavoro (art. 35 della Costituzione). Deve premettersi che la procedura di cui all'art. 103, comma 1, del decreto-legge n. 34/2020 e' stata congegnata dal legislatore non soltanto per la regolarizzazione di rapporti irregolari gia' in essere ad una certa data («per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri»), ma anche («ovvero») per consentire la regolarizzazione della presenza di cittadini extracomunitari attraverso la stipulazione di contratti di lavoro («per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale»). Al di la' delle diverse finalita' perseguite nelle due ipotesi sopra indicate, la distinzione assume specifico rilievo in relazione alle condizioni dell'emersione. Infatti, laddove il rapporto di lavoro sia ancora da iniziare e' certamente necessario che il datore di lavoro dimostri la «sostenibilita'» dell'assunzione, mentre, per converso, non viene logicamente in rilievo la possibile fittizieta' del rapporto, che ancora deve essere instaurato. Ma se il rapporto di lavoro e' gia' in essere, in forma irregolare e/o con cittadini stranieri irregolarmente presenti sul territorio dello Stato, assume centrale rilievo l'accertamento della sua effettiva esistenza e non fittizieta', essendo la ratio della disciplina quella di fare «emergere» rapporti di lavoro irregolari con cittadini italiani o cittadini stranieri. 7.4. - Quanto sopra considerato, il Tribunale dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 nella parte in cui il legislatore, a differenza di quanto era accaduto per la c.d. «emersione 2012», non ha previsto che, laddove il rigetto della dichiarazione di emersione sia dovuta esclusivamente a fatti e condotte ascrivibili al datore di lavoro (quale e', con riferimento al caso di specie, il mancato possesso del requisito reddituale minimo di cui all'art. 9 del decreto ministeriale 27 maggio 2020) e per di piu' laddove il rapporto di lavoro abbia avuto un inizio di esecuzione (con tanto di pagamento delle retribuzioni per alcuni dei mesi pattuiti) ma si sia interrotto per l'inadempimento datoriale, al lavoratore vada comunque rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione o un altro titolo corrispondente alla situazione lavorativa - anche sopravvenuta - che l'interessato riesca a comprovare. Al riguardo va evidenziato che: nel caso dell'emersione del 2012 tale previsione fu introdotta ad opera dell'art. 9, comma 10, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 99 (si veda il comma 11-bis dell'art. 5 del decreto legislativo n. 109/2012, il quale, per la parte di interesse, dispone che «[n]ei casi in cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro, previa verifica da parte dello sportello unico per l'immigrazione della sussistenza del rapporto di lavoro, dimostrata dal pagamento delle somme di cui al comma 5, e del requisito della presenza al 31 dicembre 2011 di cui al comma 1, al lavoratore viene rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione»); il Tribunale, in cio' concordando con la giurisprudenza sopra citata, non ritiene che il giudice abbia il potere di introdurre ex officio nell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 una disposizione analoga, sia perche', in generale, non e' ammissibile tale opera di creazione pretoria, sia perche' la norma in questione non e' evincibile dal contesto normativo del 2020, essendo a tale fine eventualmente necessaria una sentenza additiva della Corte costituzionale; l'«addizione» della possibilita' del rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione laddove il rigetto della dichiarazione di emersione ex art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 sia dovuto esclusivamente a fatti e condotte ascrivibili al datore di lavoro avrebbe, a parere di questo Tribunale, precisi punti di riferimento normativo gia' rinvenibili nel sistema legislativo (Corte costituzionale n. 236 del 2016) e, in particolare, nel citato art. 5, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 109/2012, come aggiunto dall'art. 9, comma 10, del decreto-legge n. 76/2013, convertito dalla legge n. 99/2013; le norme contenute nelle disposizioni da ultimo evocate, non direttamente applicabili alla fattispecie in esame per il carattere di eccezionalita' che le connota secondo quanto considerato dalla giurisprudenza sopra citata, costituiscono cionondimeno preciso punto di riferimento normativo - anche quale tertium comparationis - ai fini della valutazione di ragionevolezza della disciplina di cui all'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020, convertito dalla legge n. 77/2020; diversamente opinando, laddove il rigetto della dichiarazione di emersione ex art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 fosse dovuta al mancato possesso del requisito reddituale minimo di cui all'art. 9 del decreto ministeriale 27 maggio 2020, per di piu' in presenza dell'avvio del rapporto di lavoro, il mancato riconoscimento del diritto del lavoratore al rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione o di un altro titolo corrispondente alla situazione lavorativa anche sopravvenuta si tradurrebbe infatti in un irragionevole pregiudizio per il lavoratore determinato esclusivamente da fatti e condotte ascrivibili al datore di lavoro, non essendo il lavoratore straniero in condizione di verificare se il proprio datore di lavoro sia o meno in possesso del requisito reddituale minimo, per cui egli verrebbe a subire (oltretutto in un momento in cui ha accettato di rivelare all'autorita' di P.S. la propria posizione di irregolare) le conseguenze sfavorevoli di una vicenda che attiene esclusivamente alla sfera del datore di lavoro. 7.5. - Sotto altro punto di vista, sempre per quanto di rilievo al fine di escludere la possibilita' del rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione (profilo in relazione al quale, come si e' visto, la parte ricorrente ha articolato motivi di impugnazione), deve inoltre dubitarsi della legittimita' costituzionale delle disposizioni di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020, convertito dalla legge n. 77/2020. Rileva a tal fine l'assenza, nei suddetti commi dell'art. 103 e, in particolare, nel comma 6, di qualsiasi criterio direttivo per il legislatore secondario delegato ai fini della definizione delle soglie minime di reddito del datore di lavoro per l'ammissione alla procedura di emersione. Al riguardo deve osservarsi che la materia di cui trattasi e' coperta dalla riserva relativa di legge di cui all'art. 10, comma 2, della Costituzione, che assegna alla fonte primaria la regolamentazione della condizione giuridica dello straniero. Cio' premesso, la Corte costituzionale ha affermato, in piu' occasioni, «l'imprescindibile necessita' che in ogni conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di legalita' sostanziale, posto a base dello Stato di diritto. Tale principio non consente «l'assoluta indeterminatezza» del potere conferito dalla legge ad una autorita' amministrativa, che produce l'effetto di attribuire, in pratica, una «totale liberta'» al soggetto od organo investito della funzione (sentenza n. 307 del 2003; in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 32 del 2009 e n. 150 del 1982). Non e' sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma e' indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalita', in modo da mantenere costantemente una, pur elastica, copertura legislativa dell'azione amministrativa». Anche laddove la riserva di legge abbia carattere relativo, tale carattere «non relega tuttavia la legge sullo sfondo, ne' puo' costituire giustificazione sufficiente per un rapporto con gli atti amministrativi concreti ridotto al mero richiamo formale ad una prescrizione normativa «in bianco», genericamente orientata ad un principio-valore, senza una precisazione, anche non dettagliata, dei contenuti e modi dell'azione amministrativa limitativa della sfera generale di liberta' dei cittadini» (Corte costituzionale n. 115 del 2011). L'art. 103, comma 6, del decreto-legge n. 34/2020, nel prevedere che con il decreto di cui al comma 5 sono «stabiliti i limiti di reddito del datore di lavoro richiesti per l'instaurazione del rapporto di lavoro» senza indicare le norme generali regolatrici della materia o, quantomeno, i principi direttivi o, comunque, una qualunque delimitazione della discrezionalita' amministrativa in merito alle modalita' di individuazione del reddito minimo per l'accesso alla procedura di emersione, appare dunque in contrasto con il principio di legalita' sostanziale, desumibile dall'art. 97 della Costituzione, nonche' dall'art. 113 della Costituzione, in base al quale l'azione della pubblica amministrazione deve trovare nella legge non solo il proprio fondamento, ma anche i limiti sostanziali volti a garantire il soddisfacimento, da parte della pubblica amministrazione, del pubblico interesse secondo i canoni dell'imparzialita' e del buon andamento, in un ambito coperto, come si e' detto, dalla riserva di legge di cui all'art. 10, comma 2, della Costituzione Per le stesse ragioni la succitata disposizione di cui all'art. 103, comma 6, del decreto-legge n. 34/2020 appare inoltre in contrasto con il principio generale desumibile dall'art. 76 della Costituzione (oltre che dall'art. 17, commi 2 e 3, della legge n. 400/1988), secondo il quale, laddove l'organo titolare del potere legislativo decida di delegare tale potere all'esecutivo, devono pur sempre essere imposti limiti all'esercizio della delega, pena altrimenti il rischio di arbitrarieta' delle norme delegate. 8. - Conclusioni Alla stregua delle precedenti considerazioni, deve disporsi, ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la sospensione del giudizio e la rimessione alla Corte costituzionale delle sopra formulate questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 103, commi 4, 5 e 6, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, per contrasto con gli articoli 3, 10, 35, 76, 97 e 113 della Costituzione, non potendo la presente controversia essere definita indipendentemente dalla risoluzione delle stesse.
P. Q. M. Il Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria (Sezione prima), visto l'art. 134 della Costituzione e visti gli articoli 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 3, 10, 35, 76, 97 e 113 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale, nei termini di cui in motivazione, dell'art. 103, commi 4, 5 e 6, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, sospende il giudizio in corso e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Riserva ogni altra decisione in rito, nel merito e sulle spese. Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignita' della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalita' della parte ricorrente. Cosi' deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2023 con l'intervento dei magistrati: Raffaele Potenza, Presidente; Enrico Mattei, Consigliere; Davide De Grazia, Referendario, Estensore. Il Presidente: Potenza L'Estensore: De Grazia