N. 21 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 febbraio 2023

Ordinanza contro Ministero dell'interno ed Ufficio  territoriale  del
Governo di  PerugiaOrdinanza  del  1°  febbraio  2023  del  Tribunale
amministrativo regionale per l'Umbria sul ricorso proposto da S. F.. 
 
Straniero  -  Immigrazione  -  Emersione  di  rapporti  di  lavoro  -
  Disciplina - Adozione di un decreto interministeriale con cui  sono
  stabilite le modalita' di presentazione dell'istanza di emersione e
  i  limiti  di  reddito  del  datore   di   lavoro   richiesti   per
  l'instaurazione del rapporto di lavoro  -  Mancata  previsione  che
  l'amministrazione, in caso di esito sfavorevole della procedura  di
  emersione dovuto esclusivamente a fatti e condotte  ascrivibili  al
  datore di lavoro, debba rilasciare al  lavoratore  un  permesso  di
  soggiorno per attesa occupazione o un altro  titolo  corrispondente
  alla situazione lavorativa, anche sopravvenuta,  che  l'interessato
  riesca a comprovare - Previsione che, nel disporre  l'adozione  del
  medesimo decreto, non indica le norme  generali  regolatrici  della
  materia, ne'  i  principi  direttivi  o,  comunque,  una  qualunque
  delimitazione della discrezionalita' amministrativa in merito  alle
  modalita' di individuazione del reddito minimo per  l'accesso  alla
  procedura di emersione. 
- Decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in  materia  di
  salute, sostegno al lavoro e  all'economia,  nonche'  di  politiche
  sociali  connesse  all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),
  convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020,  n.  77,
  art. 103, commi 4, 5 e 6. 
(GU n.10 del 8-3-2023 )
 
                     IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO 
                       REGIONALE PER L'UMBRIA 
                            Sezione prima 
 
    Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  l'Umbria,  Sezione
prima, ha pronunciato la presente Ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  325  del  2022,  proposto  dal  signor   S.   F.,
rappresentato e difeso dall'avvocato  Catia  Mosconi,  con  domicilio
eletto presso il suo  studio  in  Perugia,  via  del  Sole  n.  8,  e
domicilio digitale come da Pec da Registri di giustizia; 
    Contro il Ministero dell'interno, in  persona  del  Ministro  pro
tempore, e l'Ufficio territoriale del Governo di Perugia, in  persona
del  legale  rappresentante  pro  tempore,  rappresentati  e   difesi
dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Perugia, nella  cui  sede
in Perugia, via degli Offici n. 14, sono ex lege domiciliati,  e  con
domicilio digitale come da Pec da Registri di giustizia; 
    Per l'annullamento previa sospensione cautelare dell'efficacia, 
        del provvedimento prot. n. ... del ...  della  Prefettura  di
Perugia, emesso a seguito dell'annullamento del  provvedimento  prot.
n. ..., con cui e' stata rigettata istanza di emersione  rapporti  di
lavoro ai sensi dell'art. 103, comma 1, del decreto-legge  19  maggio
2020, n. 34; 
        nonche' di ogni altro atto presupposto, connesso,  altrimenti
collegato e comunque  consequenziale,  ancorche'  di  data  e  tenore
sconosciuto, che incida sfavorevolmente sulla posizione giuridica del
ricorrente, se ed in quanto lesivo degli interessi del ricorrente; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto  l'atto  di  costituzione   in   giudizio   del   Ministero
dell'interno e dell'Ufficio territoriale del Governo di Perugia; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  24  gennaio  2023  il
dott. Davide De  Grazia  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
  1. - Le circostanze di fatto 
    1.1 - In  data  ...,  il  sig.  Q.  M.,  in  qualita'  di  legale
rappresentante della societa' cooperativa sociale «...» con  sede  in
..., presentava nell'interesse del cittadino  pakistano  sig.  S.  F.
istanza di emersione dal lavoro irregolare ai  sensi  dell'art.  103,
comma 1, del decreto-legge 19 maggio  2020,  n.  34,  convertito  con
modificazioni dalla legge  17  luglio  2020,  n.  77.  Risulta  dalla
documentazione agli  atti  del  giudizio  che  la  suddetta  societa'
cooperativa inviava all'Agenzia regionale per le politiche attive del
lavoro (ARPAL) dell'Umbria la comunicazione di assunzione del sig. F.
come bracciante agricolo con contratto di lavoro a tempo determinato,
come da relativa ricevuta del ... . 
    Il sig. F. riceveva il pagamento della retribuzione  relativa  ai
mesi di agosto, settembre, ottobre e novembre  2020,  come  attestato
dalle buste paga depositate in atti. 
    Il legale rappresentante della  societa'  datrice  di  lavoro  si
sarebbe poi reso irreperibile ed inadempiente rispetto  al  pagamento
della retribuzione relativa  al  mese  di  dicembre  2020,  tanto  da
indurre il sig. F.  a  rivolgersi  all'Ispettorato  territoriale  del
lavoro, come  risulta  dalla  richiesta  di  intervento  sottoscritta
davanti al funzionario dell'Ispettorato il ... . 
    1.2. - Con provvedimento del ..., notificato il ..., lo Sportello
unico per l'immigrazione di Perugia rigettava l'istanza di  emersione
sulla base del parere non  favorevole  dell'Ispettorato  territoriale
del lavoro motivato dal rilievo che «i redditi certificati  risultano
inferiori rispetto al parametro di legge (ex art. 9, comma 2, decreto
interministeriale del 29 maggio 2020, in attuazione del decreto-legge
n. 34/2020; cfr. circ. congiunta Min. interno M.L.P.S.  n.  prot.  n.
1395 del  20  maggio  2020)  previsto  per  accogliere  l'istanza  di
emersione in oggetto, tenuto anche conto del personale in forza». 
    1.3. - Con ricorso n. 619/2021, il sig. F. impugnava  dinnanzi  a
questo Tribunale amministrativo regionale il suddetto provvedimento e
ne chiedeva l'annullamento, previa sospensione cautelare. 
    1.4. - Con ordinanza n. 180 del 27 ottobre 2021, resa nel ricorso
di cui al punto che precede, questo  Tribunale  accoglieva  l'istanza
cautelare ai  fini  della  verifica,  da  parte  dell'Amministrazione
intimata,  delle  condizioni  per  l'emissione  di  un  permesso   di
soggiorno  per  attesa  occupazione   alla   luce   delle   circolari
ministeriali emanate in materia. 
    1.5. - Con atto del ..., la Prefettura di  Perugia  annullava  in
autotutela il provvedimento impugnato  e  disponeva  il  riavvio  del
procedimento amministrativo e la riapertura dell'istruttoria. 
    1.6. - Di conseguenza, con sentenza del 22 giugno 2022,  n.  485,
questo  Tribunale  dichiarava  l'improcedibilita'  del   ricorso   n.
619/2021 proposto dal sig. F. ... . 
    1.7.  -  Con  provvedimento  del  ...,  lo  Sportello  unico  per
l'immigrazione di  Perugia  concludeva  il  procedimento  come  sopra
riavviato confermando il rigetto dell'istanza di emersione dal lavoro
irregolare presentata in favore del sig. F. ... . 
    Il nuovo diniego era motivato sulla base dei seguenti elementi: 
        la  conferma,  da  parte  dell'Ispettorato  territoriale  del
lavoro, con nota del ..., del  parere  precedentemente  espresso,  in
considerazione  della  «mancanza  di   capacita'   economica   idonea
all'assunzione di tutti e diciotto i  lavoratori»  per  i  quali  era
stata avanzata la richiesta di emersione; 
        la considerazione  della  possibilita'  del  rilascio  di  un
titolo di soggiorno per  attesa  occupazione  solo  condizionatamente
all'acquisizione del parere  positivo  dell'Ispettorato  del  lavoro,
secondo quanto previsto dal comma 15 dell'art. 103 del  decreto-legge
n. 34/2020; 
        la circolare del Ministero dell'interno n. 3020 del 21 aprile
2021, secondo la quale «nel caso in cui il datore di lavoro non abbia
ne' l'intenzione  di  voler  prorogare  il  rapporto,  ne'  di  voler
nuovamente assumere  il  lavoratore,  il  predetto  Dipartimento  non
ritiene possibile rilasciare un  permesso  di  soggiorno  per  attesa
occupazione»; 
        la circolare del Ministero dell'interno e del  Ministero  del
lavoro e delle politiche sociali n. 2399 del 24 luglio 2020, che, nel
disciplinare le ipotesi di interruzione del rapporto  di  lavoro  per
causa di forza maggiore, stabilisce che «[r]ientrano in tale  ipotesi
il caso di decesso dell'assistito o  del  datore  di  lavoro  (per  i
settori di cui all'art. 103, comma 3, lettere b e c) o  quello  della
cessazione o fallimento dell'azienda (per i settori di  cui  all'art.
103, comma 3, lettera a). Nei casi di interruzione  del  rapporto  di
lavoro per sopravvenuta causa di forza  maggiore,  e'  consentito  il
subentro di un componente del nucleo familiare del defunto  o  di  un
altro datore di lavoro, eventualmente anche modificando  il  rapporto
di  lavoro,  purche'  si  resti  nell'ambito  dei  settori   previsti
dall'art. 103, comma 3, e sussistano  gli  altri  requisiti  previsti
dalla norma», tra cui quelli relativi alla  capacita'  reddituale  in
capo al datore di lavoro; 
        la circolare  del  Ministero  dell'interno  n.  4623  del  17
novembre   2020,   secondo   la   quale   «[a]l   lavoratore,   vista
l'interruzione del rapporto di lavoro, potra'  essere  rilasciato  un
permesso di soggiorno per attesa occupazione, previa una  valutazione
da parte degli Sportelli unici volta ad escludere che la  domanda  di
emersione  sia  stata  inoltrata  strumentalmente,  proprio  per  far
ottenere al cittadino  straniero  il  permesso  di  soggiorno»  cosi'
confermando l'indefettibilita' del requisito reddituale ai  fini  del
rilascio anche del permesso per attesa occupazione; 
        la circolare  del  Ministero  dell'interno  n.  3625  dell'11
maggio 2021, che, nel confermare la possibilita' del rilascio  di  un
permesso per attesa occupazione laddove non sia possibile il subentro
di un diverso datore di lavoro per cause indipendenti dalla  volonta'
del lavoratore, ribadisce la necessita' degli «opportuni accertamenti
ai fini di una valutazione volta  ad  escludere  che  la  domanda  di
emersione sia stata inoltrata strumentalmente e che  il  rapporto  di
lavoro si  sia  instaurato  in  modo  fittizio»,  stabilendo  che  e'
comunque «necessario procedere alla convocazione presso lo  Sportello
sia del datore di lavoro che aveva avanzato istanza di emersione  che
del  lavoratore   per   il   perfezionamento   della   procedura   di
sottoscrizione del contratto relativo al rapporto di lavoro cessato»,
con conferma, seppur implicita, della indispensabilita' del  possesso
da parte del  datore  di  lavoro  dei  requisiti,  anche  reddituali,
richiesti ai fini della procedura di emersione; 
        la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato,  sezione  III,
17 dicembre 2021, n. 8422) restrittiva in relazione alla possibilita'
del rilascio di un permesso per attesa  occupazione,  atteso  che  la
disciplina della emersione  di  rapporti  lavoro  irregolari  dettata
dall'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020, a differenza di quella di
cui all'art. 5, comma 11-bis, del decreto  legislativo  n.  109/2012,
limita l'applicazione delle disposizioni di cui  all'art.  22,  comma
11, del decreto legislativo n. 286/1998 al solo caso di  «cessazione»
del rapporto di lavoro e non contempla la possibilita' di  rilasciare
il permesso in esame nel diverso caso  in  cui  la  dichiarazione  di
emersione sia rigettata  per  cause  imputabili  al  solo  datore  di
lavoro,  con  il  corollario  che  il  carattere  eccezionale   della
disciplina  de  qua,  derogatoria   di   quella   ordinaria,   impone
un'applicazione restrittiva, nel rispetto dei casi  e  dei  tempi  in
essa contemplati (anche TAR Campania, Napoli, sezione  IV,  25  marzo
2022, n. 2026; TAR Toscana, sezione II, 14 gennaio 2022, n.  15;  TAR
Lombardia, Milano, sezione III, 4 novembre 2021, n. 2424); 
        la  considerazione,  in  conclusione,  che  alla  luce  della
normativa vigente, della recente giurisprudenza  in  merito  e  delle
circolari  ministeriali  sopra  richiamate,  non  possono   ritenersi
sussistenti i presupposti per il rilascio del permesso  di  soggiorno
per attesa occupazione nel caso in cui il datore  di  lavoro  che  ha
presentato istanza di emersione da lavoro  irregolare  risulti  privo
dei requisiti reddituali richiesti. 
2. - Lo svolgimento del processo 
    2.1. - Con il ricorso oggi in esame, notificato il 13 giugno 2022
e depositato il 14 giugno 2022, il sig. F. ... ha impugnato  dinnanzi
a questo  Tribunale  amministrativo  regionale  il  provvedimento  da
ultimo citato e ne  ha  chiesto  l'annullamento,  previa  sospensione
cautelare. 
    A sostegno del gravame il ricorrente ha articolato  i  motivi  di
seguito sintetizzati. Con i primi due motivi di ricorso, il  sig.  F.
... ha denunciato l'eccesso  di  potere  per  errata  e  travisata  o
comunque incompleta valutazione dei fatti e per contraddittorieta' ed
illogicita'  della  motivazione,  deducendo   che   l'Amministrazione
avrebbe posto a fondamento del diniego impugnato l'insussistenza  del
requisito  della  previa  instaurazione  del  rapporto   di   lavoro,
nonostante nella motivazione del medesimo  provvedimento  si  darebbe
conto  degli  accertamenti  ispettivi   compiuti   dal   Nucleo   dei
Carabinieri dell'Ispettorato territoriale del lavoro,  dai  quali  si
evincerebbe l'effettiva esecuzione della prestazione  lavorativa  del
ricorrente. 
    Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'art.
103  del  decreto-legge  n.  34/2020  e  dell'art.  22  del   decreto
legislativo n. 286/1998 e l'eccesso di potere sotto  diversi  profili
sintomatici,  deducendo  che  il  provvedimento   impugnato   sarebbe
illegittimo per il mancato rilascio del  permesso  di  soggiorno  per
attesa  occupazione,  dovendo  applicarsi  la  disposizione  di   cui
all'art. 103, comma 4, del decreto-legge n. 34/2020 (secondo la quale
«se il rapporto di lavoro  cessa,  anche  nel  caso  di  contratto  a
carattere stagionale, trovano applicazione  le  disposizioni  di  cui
all'art. 22, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
e successive modificazioni, al fine dello  svolgimento  di  ulteriore
attivita' lavorativa») quale che sia il motivo della  cessazione  del
rapporto di lavoro e senza che debba  necessariamente  ricorrere  una
causa di forza maggiore,  il  decesso  del  datore  di  lavoro  o  il
fallimento dell'azienda, come invece  richiesto  dalla  circolare  n.
4623 del 2020. 
    Con il quarto motivo e' denunziata  la  perplessita'  dell'azione
amministrativa:  secondo  il  ricorrente,  il  nuovo   provvedimento,
successivo all'annullamento d'ufficio del precedente diniego disposto
dall'Amministrazione, sarebbe stato emesso sulla base di  valutazioni
pienamente sovrapponibili a quelle gia' svolte, eludendo  l'ordinanza
cautelare emessa da questo Tribunale, che esigeva la  verifica  delle
condizioni per l'emissione di un permesso  di  soggiorno  per  attesa
occupazione. 
    Con il quinto ed ultimo motivo  viene  denunciata  la  violazione
dell'art. 10-bis della legge n. 241/1990 per omessa comunicazione  al
lavoratore  dei  motivi  ostativi  all'accoglimento  dell'istanza  di
emersione  o  di  rilascio  del  permesso  di  soggiorno  per  attesa
occupazione. 
    2.2. - Il Ministero intimato si e'  costituito  in  giudizio  per
resistere al ricorso sostenendo la correttezza del proprio operato. 
    2.3. - Con ordinanza del 14 luglio 2022, n. 95, questo  Tribunale
amministrativo regionale  ha  ritenuto  che,  nel  bilanciamento  dei
contrapposti  interessi,  le  esigenze   cautelari   del   ricorrente
potessero essere adeguatamente  soddisfatte  mediante  la  fissazione
della discussione del merito ai sensi  dell'art.  55,  comma  10  del
codice di procedura amministrativa ed ha provveduto di conseguenza. 
    2.4. -  All'udienza  pubblica  del  24  gennaio  2023,  viste  le
conclusioni delle parti come da verbale, la causa e' stata trattenuta
in decisione. 
3. - I  presupposti  processuali  e  le  condizioni  dell'azione  del
giudizio a quo 
    3.1. - Secondo  la  giurisprudenza  costituzionale,  la  verifica
della sussistenza dei  presupposti  processuali  e  delle  condizioni
dell'azione compete al giudice rimettente. I presupposti processuali,
infatti, sono oggetto del giudizio  di  rilevanza  dell'incidente  di
costituzionalita' e, ove la loro ritenuta sussistenza sia sorretta da
una motivazione non implausibile, non sono  suscettibili  di  riesame
(ex plurimis Corte costituzionale n. 262 del 2015; n. 200 del 2014). 
    3.2. - Cio'  premesso,  il  Collegio  ritiene  che  la  questione
oggetto della presente  ordinanza  rientri  nella  giurisdizione  del
giudice amministrativo. 
    Con il ricorso di cui trattasi, infatti, e' stata esercitata,  ai
sensi dell'art. 29 del codice di procedura  amministrativa,  l'azione
di annullamento, per violazione di legge ed eccesso di potere, di  un
provvedimento amministrativo di rigetto dell'istanza di emersione dal
lavoro irregolare. Detta azione  e'  riservata  alla  cognizione  del
giudice amministrativo in quanto  rivolta  avverso  un  provvedimento
rispetto al quale il cittadino straniero e' titolare di una posizione
di interesse legittimo. Nessuna eccezione in rito e' stata  sollevata
dall'Amministrazione resistente. 
    Il ricorso, stante  la  ritualita'  della  notifica  e,  piu'  in
generale, il  rispetto  dei  termini  processuali,  e'  da  ritenersi
ammissibile. 
4. - Il quadro normativo di riferimento 
    4.1. - Per quanto di rilievo ai fini della decisione, si  riporta
l'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020, convertito con modificazioni
dalla legge n. 77/2020, in  materia  di  «Emersione  di  rapporti  di
lavoro», nel testo vigente all'epoca dell'adozione del  provvedimento
impugnato. 
    «1. Al fine di garantire livelli adeguati di tutela della  salute
individuale  e  collettiva  in  conseguenza  della   contingente   ed
eccezionale emergenza sanitaria  connessa  alla  calamita'  derivante
dalla diffusione del contagio da -COVID-19 e favorire l'emersione  di
rapporti  di  lavoro  irregolari,  i  datori  di  lavoro  italiani  o
cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero i datori di
lavoro  stranieri  in  possesso  del  titolo  di  soggiorno  previsto
dall'art. 9 del  decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286,  e
successive  modificazioni,  possono  presentare   istanza,   con   le
modalita' di cui ai commi 4, 5, 6 e 7, per concludere un contratto di
lavoro subordinato con cittadini stranieri  presenti  sul  territorio
nazionale ovvero per dichiarare la  sussistenza  di  un  rapporto  di
lavoro  irregolare,  tuttora  in  corso,  con  cittadini  italiani  o
cittadini stranieri. A tal fine, i cittadini stranieri devono  essere
stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell'8 marzo 2020
ovvero  devono  aver  soggiornato  in  Italia  precedentemente   alla
suddetta data, in forza della  dichiarazione  di  presenza,  resa  ai
sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68 o di attestazioni  costituite
da documentazione di data certa proveniente da organismi pubblici; in
entrambi i casi, i cittadini stranieri non devono  aver  lasciato  il
territorio nazionale dall'8 marzo 2020. 
    [Omissis]. 
    3. Le disposizioni di cui al presente articolo, si  applicano  ai
seguenti settori di attivita': 
        a) agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura
e attivita' connesse; 
        b) assistenza alla persona per il  datore  di  lavoro  o  per
componenti della sua famiglia, ancorche' non conviventi,  affetti  da
patologie o handicap che ne limitino l'autosufficienza; 
        c) lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare. 
    4. Nell'istanza di cui al comma 1 sono  indicate  la  durata  del
contratto di lavoro e la  retribuzione  convenuta,  non  inferiore  a
quella prevista dal contratto collettivo  di  lavoro  di  riferimento
stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente
piu' rappresentative sul piano nazionale. Nei casi di cui ai commi  1
e 2, se il rapporto di lavoro cessa, anche nel caso  di  contratto  a
carattere stagionale, trovano applicazione  le  disposizioni  di  cui
all'art. 22, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
e successive modificazioni, al fine dello  svolgimento  di  ulteriore
attivita' lavorativa. 
    5. Le istanze di cui ai commi 1 e 2 sono presentate dal 1° giugno
2020 al 15 agosto 2020, con le modalita' stabilite  con  decreto  del
Ministro dell'interno di concerto con  il  Ministro  dell'economia  e
delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche  sociali,  ed
il Ministro delle  politiche  agricole,  alimentari  e  forestali  da
adottarsi entro dieci giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  del
presente decreto, presso: 
        a) l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per i
lavoratori italiani o per i cittadini di uno Stato membro dell'Unione
europea; 
        b) lo sportello unico per l'immigrazione, di cui all'art.  22
del  decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  e   successive
modificazioni per i lavoratori stranieri, di cui al comma 1; 
        c) la Questura per il rilascio dei permessi di soggiorno,  di
cui al comma 2. 
    6. Con il medesimo decreto  di  cui  al  comma  5  sono  altresi'
stabiliti i limiti di reddito del  datore  di  lavoro  richiesti  per
l'instaurazione del rapporto di lavoro, la  documentazione  idonea  a
comprovare l'attivita' lavorativa di  cui  al  comma  16  nonche'  le
modalita' di dettaglio di svolgimento del  procedimento.  Nelle  more
della definizione  dei  procedimenti  di  cui  ai  commi  1  e  2  la
presentazione delle istanze consente  lo  svolgimento  dell'attivita'
lavorativa; nell'ipotesi di cui al comma  1  il  cittadino  straniero
svolge l'attivita'  di  lavoro  esclusivamente  alle  dipendenze  del
datore di lavoro che ha presentato l'istanza. 
    [Omissis]. 
    15.   Lo   sportello   unico   per   l'immigrazione,   verificata
l'ammissibilita' della dichiarazione di cui al comma 1 e acquisito il
parere  della  questura   sull'insussistenza   di   motivi   ostativi
all'accesso  alle  procedure  ovvero  al  rilascio  del  permesso  di
soggiorno, nonche' il parere del competente Ispettorato  territoriale
del lavoro in ordine alla capacita' economica del datore di lavoro  e
alla congruita' delle condizioni  di  lavoro  applicate,  convoca  le
parti per la stipula del contratto di soggiorno, per la comunicazione
obbligatoria di assunzione e  la  compilazione  della  richiesta  del
permesso  di   soggiorno   per   lavoro   subordinato.   La   mancata
presentazione  delle  parti  senza   giustificato   motivo   comporta
l'archiviazione del procedimento. 
    [Omissis]». 
    4.2. - Con decreto ministeriale del 27 maggio  2020,  emanato  in
attuazione dei commi 5 e 6 dell'art.  103,  sono  state  definite  le
modalita' di presentazione dell'istanza di emersione di  rapporti  di
lavoro. 
    L'art. 9 del  decreto,  dedicato  ai  «Requisiti  reddituali  del
datore di lavoro», stabilisce quanto segue. 
    «1. L'ammissione alla  procedura  di  emersione  e'  condizionata
all'attestazione del possesso, da parte del datore di lavoro  persona
fisica, ente o societa', di un reddito imponibile o di  un  fatturato
risultante dall'ultima dichiarazione dei redditi o  dal  bilancio  di
esercizio precedente non inferiore  a  30.000,00  euro  annui,  salvo
quanto previsto al comma 2. 
    2. Per la dichiarazione di emersione di un lavoratore addetto  al
lavoro domestico di sostegno al bisogno  familiare  o  all'assistenza
alla persona per se stessi o per componenti della  propria  famiglia,
ancorche' non conviventi, affetti da patologie o disabilita'  che  ne
limitino l'autosufficienza,  il  reddito  imponibile  del  datore  di
lavoro non puo' essere inferiore a 20.000,00 euro annui  in  caso  di
nucleo familiare composto da un solo soggetto percettore di  reddito,
ovvero non inferiore  a  27.000,00  euro  annui  in  caso  di  nucleo
familiare inteso come famiglia anagrafica composta da  piu'  soggetti
conviventi. Il coniuge ed i parenti entro il  secondo  grado  possono
concorrere alla determinazione del reddito anche se non conviventi. 
    3. Nella valutazione della  capacita'  economica  del  datore  di
lavoro puo' essere presa in considerazione anche la disponibilita' di
un reddito esente da dichiarazione annuale e/o  CU  (es:  assegno  di
invalidita'). Tale reddito deve comunque essere certificato. 
    4.  In  caso  di  dichiarazione  di  emersione  presentata   allo
Sportello unico dal medesimo datore di lavoro per piu' lavoratori, ai
fini della sussistenza del requisito reddituale di cui ai commi  1  e
2, la congruita' della capacita' economica del datore  di  lavoro  in
rapporto  al  numero  delle   richieste   presentate,   e'   valutata
dall'Ispettorato territoriale  del  lavoro,  ai  sensi  del  comma  8
dell'art. 30-bis del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  31
agosto 1999, n. 394, sulla base dei contratti  collettivi  di  lavoro
indicati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali  e  delle
tabelle del costo medio orario del lavoro emanate dal  Ministero  del
lavoro e delle politiche sociali  adottate  ai  sensi  dell'art.  23,
comma 16 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Nel  caso  in
cui la capacita' economica del datore di lavoro non  risulti  congrua
in relazione alla  totalita'  delle  istanze  presentate,  le  stesse
possono essere accolte limitatamente ai lavoratori per  i  quali,  in
base  all'ordine  cronologico  di  presentazione  delle  istanze,   i
requisiti reddituali risultano congrui. Per  l'imprenditore  agricolo
possono essere valutati anche gli indici di  capacita'  economica  di
tipo analitico  risultanti  dalla  dichiarazione  IVA,  prendendo  in
considerazione il volume d'affari al netto degli  acquisti,  o  dalla
dichiarazione  Irap  e  i  contributi  comunitari  documentati  dagli
organismi erogatori. 
    5. La verifica dei requisiti reddituali di cui al comma 2 non  si
applica al datore di lavoro affetto da patologie o disabilita' che ne
limitano l'autosufficienza, il quale  effettua  la  dichiarazione  di
emersione per un unico lavoratore addetto alla sua assistenza». 
5. - I dubbi di costituzionalita' 
    5.1. - Il Collegio dubita della legittimita' costituzionale delle
norme  contenute  nell'art.  103  del   decreto-legge   n.   34/2020,
convertito con modificazioni dalla legge n. 77/2020, ritenendole, nei
termini che si esporranno, in contrasto con gli articoli 3,  10,  35,
76, 97 e 113 della Costituzione. 
    5.2. - In sintesi, viene in  primo  luogo  in  considerazione  la
possibile  illegittimita'  costituzionale  per  contrasto   con   gli
articoli 3 e 35 della Costituzione,  nei  sensi  che  saranno  meglio
precisati al paragrafo 7,  della  disposizione  di  cui  al  comma  4
dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 nella  parte  in  cui  non
prevede che l'amministrazione, in caso  di  esito  sfavorevole  della
procedura di emersione  dovuto  esclusivamente  a  fatti  e  condotte
ascrivibili al datore  di  lavoro  (quale  il  mancato  possesso  del
requisito  reddituale  minimo  di  cui   all'art.   9   del   decreto
ministeriale 27 maggio  2020),  debba  rilasciare  al  lavoratore  un
permesso di soggiorno  per  attesa  occupazione  o  un  altro  titolo
corrispondente alla situazione lavorativa - anche sopravvenuta -  che
l'interessato riesca a comprovare,  alle  stesse  condizioni  di  cui
all'art. 5, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 109/2012. 
    5.3. - Inoltre, il Collegio esprime il dubbio della  legittimita'
costituzionale, per contrasto con gli articoli 10, 76, 97 e 113 della
Costituzione, delle disposizioni di cui al comma 6 del medesimo  art.
103, rilevante anche ai fini del rilascio del permesso  di  soggiorno
per attesa occupazione, nella parte in cui, nel prevedere che con  il
decreto di cui al comma 5 sono «stabiliti i  limiti  di  reddito  del
datore di  lavoro  richiesti  per  l'instaurazione  del  rapporto  di
lavoro», non indica le norme generali regolatrici della materia,  ne'
i principi direttivi o, comunque, una qualunque  delimitazione  della
discrezionalita'  amministrativa  in   merito   alle   modalita'   di
individuazione del reddito minimo per  l'accesso  alla  procedura  di
emersione. 
6. - La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale 
    6.1. - In punto di rilevanza, deve evidenziarsi  che  il  rigetto
dell'istanza di emersione presentata nell'interesse del ricorrente e'
motivato dalla conferma della mancanza di idonea capacita' reddituale
in  capo  al  datore  di  lavoro   e   dalla   conseguente   ritenuta
inaccoglibilita' della domanda di rilascio del permesso di  soggiorno
per attesa occupazione. 
    I primi due motivi di ricorso non appaiono fondati,  dal  momento
che non si ravvisano nella motivazione  del  provvedimento  impugnato
gli elementi di contraddittorieta' denunziati da parte ricorrente. 
    Le  determinazioni  dell'Amministrazione  resistente  riguardanti
l'impossibilita' del rilascio del  titolo  di  soggiorno  per  attesa
occupazione costituiscono oggetto del terzo e del  quarto  motivo  di
ricorso.  Al  riguardo  si  osserva   che,   qualora   i   dubbi   di
costituzionalita' espressi  da  questo  Tribunale  fossero  condivisi
dalla Corte costituzionale, l'annullamento delle disposizioni qui  in
esame determinerebbe una pronuncia favorevole all'odierno ricorrente,
dovendo in  tal  caso  l'Amministrazione  resistente  procedere  alla
rivalutazione della sua posizione quanto meno al fine  di  verificare
la sussistenza delle condizioni per il rilascio  di  un  permesso  di
soggiorno per attesa occupazione. 
    Il quinto motivo di ricorso (relativo alla  violazione  dell'art.
10-bis della legge n. 241/1990) appare al Collegio fondato,  ma  cio'
non toglie rilevanza alla questione di  legittimita'  costituzionale,
essendo   dovere   del   giudice,   in    ossequio    al    principio
dell'effettivita' della  tutela  (art.  1  del  codice  di  procedura
amministrativa), pronunciarsi su tutti i  motivi  e  non  fermarsi  a
quello riguardante un vizio meramente formale  o  procedimentale,  il
cui scrutinio in senso favorevole  al  ricorrente,  ove  accompagnato
dall'assorbimento  delle  censure   relative   a   vizi   di   natura
sostanziale,  lascerebbe   comunque   l'Amministrazione   libera   di
confermare l'esito finale del procedimento, limitandosi  ad  emendare
il vizio di mera forma rilevato con la sentenza  (cfr.  Cons.  Stato,
Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5). 
    6.2.  -  Sempre  in  punto  di  rilevanza  della  questione   qui
sollevata, e' necessario evidenziare che, con ordinanza n. 680 del 14
novembre 2022 (reg. ord. n. 149 del 2022, pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale del 21 dicembre 2022, n. 51),  il  TAR  per  le  Marche  ha
sollevato la quesitone di legittimita'  costituzionale  delle  stesse
disposizioni qui in esame. 
    Il TAR Marche, pero', ha posto la questione di  costituzionalita'
della mancata previsione della possibilita' di rilasciare il permesso
di soggiorno per attesa occupazione solo in via subordinata  rispetto
a quella della omissione, da  parte  del  legislatore  primario,  dei
principi  direttivi  ai  fini  della  determinazione,   con   decreto
ministeriale, delle soglie minime di reddito in  capo  al  datore  di
lavoro per l'accesso alla procedura di emersione. 
    Di  conseguenza,  nell'esame   dell'incidente   costituzionalita'
promosso  dal  TAR  Marche,  lo  scrutinio  della   questione   della
legittimita' delle norme che precludono la possibilita' del  rilascio
di  un  titolo  di  soggiorno  per  attesa   occupazione,   che   qui
maggiormente interessa, sara' solo eventuale. 
    Occorre, pertanto, che quest'ultima questione sia  specificamente
esaminata dalla  Corte  costituzionale,  essendo  essa  di  immediata
rilevanza ai fini della definizione del presente giudizio. 
7. - La non manifesta infondatezza della  questione  di  legittimita'
costituzionale 
    7.1. - La catena di rimandi contenuta nelle diverse  disposizioni
dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 fa si' che la possibilita'
del rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione in caso
di esito sfavorevole del procedimento di  emersione  sia  soggetta  a
stringenti condizioni, che l'Amministrazione resistente  ha  ritenuto
non sussistenti nel caso che forma oggetto di giudizio. 
    In particolare, il comma 4 dell'art. 103 stabilisce che,  «se  il
rapporto di lavoro cessa, anche nel caso  di  contratto  a  carattere
stagionale, trovano applicazione le disposizioni di cui all'art.  22,
comma 11, del decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286»  (che
consentono al lavoratore straniero che  perde  il  posto  di  lavoro,
anche per dimissioni, di iscriversi nelle liste di  collocamento  per
il periodo di residua validita' del permesso di soggiorno, e comunque
per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto  il  periodo
di  durata  della  prestazione  di  sostegno  al   reddito,   qualora
superiore), e cio' «al fine dello svolgimento di ulteriore  attivita'
lavorativa». 
    L'applicazione  del  citato  art.  22,  comma  11,  del   decreto
legislativo n. 286/1998 e' pero' limitata ai «casi di cui ai commi  1
e 2» dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020. 
    Per quanto qui interessa,  il  comma  1  richiede  una  serie  di
condizioni relative  alla  pregressa  presenza  dello  straniero  sul
territorio dello Stato («i cittadini stranieri  devono  essere  stati
sottoposti a  rilievi  fotodattiloscopici  prima  dell'8  marzo  2020
ovvero  devono  aver  soggiornato  in  Italia  precedentemente   alla
suddetta data, in forza della  dichiarazione  di  presenza,  resa  ai
sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68 o di attestazioni  costituite
da documentazione di data certa proveniente da organismi pubblici; in
entrambi i casi, i cittadini stranieri non devono  aver  lasciato  il
territorio nazionale  dall'8  marzo  2020»);  inoltre,  l'istanza  di
emersione deve essere finalizzata a concludere un contratto di lavoro
subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale
o a dichiarare la sussistenza di un rapporto  di  lavoro  irregolare,
tuttora in corso,  con  cittadini  italiani  o  cittadini  stranieri;
infine, l'istanza deve essere presentata «con le modalita' di cui  ai
commi 4, 5, 6 e 7». 
    Il contenuto dei commi 4, 5 e 6 e  del  decreto  ministeriale  di
attuazione, con il quale sono state definite le soglie di reddito del
datore  di  lavoro  necessarie  per  l'accesso  alla   procedura   di
emersione, e' stato riportato  sopra  al  paragrafo  4,  dedicato  al
quadro normativo di riferimento. 
    7.2. - La giurisprudenza amministrativa che si e' confrontata con
l'applicazione delle disposizioni adesso all'esame ha interpretato in
senso rigoroso le condizioni poste dal legislatore  per  il  rilascio
del permesso di soggiorno per attesa occupazione  in  caso  di  esito
sfavorevole della procedura di emersione. 
    In particolare, e'  stato  negato  (cfr.  TAR  Campania,  Napoli,
sezione VI, 25 marzo 2022, n. 2026) che alle fattispecie di emersione
ai sensi dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 possa  applicarsi
quanto disposto dal comma 11-bis dell'art. 5 del decreto  legislativo
n.  109/2012  (la  c.d.  «emersione  2012»),  che   stabilisce,   con
riferimento   alla   sanatoria   degli   stranieri   irregolari   ivi
disciplinata, che «nei casi in cui la dichiarazione di emersione  sia
rigettata per cause imputabili esclusivamente al  datore  di  lavoro,
previa verifica da parte dello  sportello  unico  per  l'immigrazione
della sussistenza del rapporto di lavoro,  dimostrata  dal  pagamento
delle somme di cui al comma 5, e del requisito della presenza  al  31
dicembre 2011 di cui al comma 1, al lavoratore  viene  rilasciato  un
permesso di soggiorno per attesa occupazione». Infatti, secondo detta
giurisprudenza, a tale  ultima  previsione  -  al  pari  delle  norme
disciplinanti sanatorie e/o condoni  -  deve  riconoscersi  carattere
eccezionale e, pertanto, essa non puo' applicarsi oltre i  casi  e  i
tempi da esse considerati. D'altro canto, la mancanza  nell'art.  103
del decreto-legge n. 34/2020 di una  disposizione  analoga  a  quella
appena sopra citata e la previsione nel comma 4 dell'art.  103  della
possibilita' di concessione del permesso per attesa occupazione  solo
nel caso di interruzione del rapporto di lavoro,  troverebbe  la  sua
giustificazione - oltre che nella circostanza che la «emersione 2020»
trova applicazione anche nel caso di datore  di  lavoro  che  intenda
sottoscrivere un contratto di lavoro con uno straniero (che  potrebbe
oltretutto essere regolarmente presente nel  territorio  nazionale  e
titolare di un permesso di soggiorno che permetta lo  svolgimento  di
attivita' lavorativa e  che  non  sia  convertibile  in  permesso  di
soggiorno per lavoro dipendente) - nella volonta' del legislatore del
2020 di prevenire facili abusi dello strumento in esame. 
    Inoltre, dalla normativa e dalle succitate circolari emanate  per
disciplinare  la  sanatoria  del  2020  dovrebbe  desumersi  che   la
titolarita' in capo al datore  di  lavoro  di  reddito  nella  misura
indicata  dall'art.  9  del  decreto  ministeriale  27  maggio   2020
costituisce un presupposto indefettibile per la definizione in  senso
positivo della procedura, dato che la titolarita' di tali redditi  ha
la funzione  di  dimostrare  l'effettivita'  e/o  sostenibilita'  del
rapporto di lavoro da parte di colui che si afferma datore di  lavoro
ovvero si propone come tale. 
    A cio' dovrebbe aggiungersi: 
        che la possibilita' di  rilasciare  il  permesso  per  attesa
occupazione nel caso di interruzione del rapporto di lavoro  prevista
dal comma  4  dell'art.  103  e  dalle  circolari  ha  comunque  come
presupposto una istanza di  emersione  presentata  da  un  datore  di
lavoro in possesso dei requisiti richiesti; 
        che la circolare del 24 luglio  2020,  nel  disciplinare  gli
effetti della cessazione del rapporto di lavoro «per causa  di  forza
maggiore», identifica la forza maggiore con la morte dell'assistito o
del datore di lavoro (per i settori dell'assistenza ai disabili e del
lavoro domestico) e con la cessazione o fallimento dell'azienda  (per
i settori dell'agricoltura,  dell'allevamento  e  zootecnia  e  della
pesca e acquacoltura e attivita' connesse) e prevede la  possibilita'
di  subentro  di  altro  datore,  espressamente  subordinandola  alla
condizione che «sussistano gli altri requisiti previsti dalla  norma»
(tra cui evidentemente il reddito); 
        che solo nel caso in cui il subentro non  sia  possibile  per
fatto non dipendente dalla volonta' del  lavoratore,  tale  circolare
prevede  la  possibilita'  di  richiedere  il  permesso  per   attesa
occupazione; 
        che   la   circolare   17   novembre   2020    conferma    la
indefettibilita' del requisito reddituale ai fini anche del  rilascio
del permesso per attesa occupazione. 
    L'art. 103, comma 4, del  decreto-legge  n.  34/2020,  dunque,  a
differenza della  precedente  normativa  di  cui  all'art.  5,  comma
11-bis, del decreto legislativo n. 109/2012, limita  la  possibilita'
di rilasciare il permesso di soggiorno per attesa occupazione ex art.
22, comma 11, del decreto legislativo n. 286/1998  al  solo  caso  di
cessazione del rapporto di lavoro e non contempla il diverso caso  in
cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause  imputabili
esclusivamente al datore di lavoro,  dato  il  carattere  eccezionale
della disciplina, derogatoria di  quella  ordinaria,  che  ne  impone
un'applicazione  restrittiva,  e  la  conseguente  necessita'   della
sussistenza ab origine  delle  condizioni  poste  dall'art.  103  del
decreto-legge n. 34/2020 per il perfezionamento della procedura (cfr.
TAR Campania, Napoli, sezione VI, 11  gennaio  2023,  n.  224;  Cons.
Stato, sezione III, 15 settembre 2022, n. 8006;  TAR  Emilia-Romagna,
Parma, sezione I, 20 ottobre 2022,  n.  302;  TAR  Campania,  Napoli,
sezione VI, 15 aprile 2022, n. 2610). 
    7.3. - Il Collegio dubita  che  la  normativa  cui  si  e'  fatto
riferimento al paragrafo 7.1, nel suo rigore, sia conforme ai  canoni
costituzionali di uguaglianza  e  di  ragionevolezza  (art.  3  della
Costituzione) ed alle esigenze di tutela  costituzionale  del  lavoro
(art. 35 della Costituzione). 
    Deve premettersi che la procedura di cui all'art. 103,  comma  1,
del decreto-legge n. 34/2020 e' stata congegnata dal legislatore  non
soltanto per la  regolarizzazione  di  rapporti  irregolari  gia'  in
essere ad una certa  data  («per  dichiarare  la  sussistenza  di  un
rapporto di  lavoro  irregolare,  tuttora  in  corso,  con  cittadini
italiani o cittadini stranieri»), ma anche («ovvero») per  consentire
la  regolarizzazione  della  presenza  di  cittadini  extracomunitari
attraverso la stipulazione di contratti di lavoro («per concludere un
contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti  sul
territorio nazionale»). 
    Al di la' delle diverse finalita' perseguite  nelle  due  ipotesi
sopra indicate, la distinzione assume specifico rilievo in  relazione
alle condizioni dell'emersione. 
    Infatti, laddove il rapporto di lavoro sia ancora da iniziare  e'
certamente  necessario  che  il  datore   di   lavoro   dimostri   la
«sostenibilita'» dell'assunzione, mentre,  per  converso,  non  viene
logicamente in rilievo la possibile  fittizieta'  del  rapporto,  che
ancora deve essere instaurato. 
    Ma se  il  rapporto  di  lavoro  e'  gia'  in  essere,  in  forma
irregolare e/o con cittadini stranieri  irregolarmente  presenti  sul
territorio dello Stato, assume centrale rilievo l'accertamento  della
sua effettiva esistenza e non fittizieta',  essendo  la  ratio  della
disciplina quella di fare «emergere» rapporti  di  lavoro  irregolari
con cittadini italiani o cittadini stranieri. 
    7.4. -  Quanto  sopra  considerato,  il  Tribunale  dubita  della
legittimita'  costituzionale  dell'art.  103  del  decreto-legge   n.
34/2020 nella parte in cui il legislatore, a differenza di quanto era
accaduto per la c.d. «emersione 2012», non ha previsto  che,  laddove
il rigetto della dichiarazione di emersione sia dovuta esclusivamente
a fatti e condotte ascrivibili al datore di  lavoro  (quale  e',  con
riferimento al caso di specie,  il  mancato  possesso  del  requisito
reddituale minimo di cui  all'art.  9  del  decreto  ministeriale  27
maggio 2020) e per di piu' laddove il rapporto di lavoro abbia  avuto
un inizio di esecuzione (con tanto di  pagamento  delle  retribuzioni
per  alcuni  dei  mesi   pattuiti)   ma   si   sia   interrotto   per
l'inadempimento datoriale, al lavoratore vada comunque rilasciato  un
permesso di soggiorno  per  attesa  occupazione  o  un  altro  titolo
corrispondente alla situazione lavorativa - anche sopravvenuta -  che
l'interessato riesca a comprovare. 
    Al riguardo va evidenziato che: 
        nel  caso  dell'emersione  del  2012   tale   previsione   fu
introdotta ad opera dell'art.  9,  comma  10,  del  decreto-legge  28
giugno 2013, n. 76, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n.  99  (si
veda il comma 11-bis dell'art. 5 del decreto legislativo n. 109/2012,
il quale, per la parte di interesse, dispone che «[n]ei casi  in  cui
la dichiarazione di emersione  sia  rigettata  per  cause  imputabili
esclusivamente al datore di lavoro, previa verifica  da  parte  dello
sportello unico per l'immigrazione della sussistenza del rapporto  di
lavoro, dimostrata dal pagamento delle somme di cui al comma 5, e del
requisito della presenza al 31 dicembre 2011 di cui al  comma  1,  al
lavoratore viene rilasciato  un  permesso  di  soggiorno  per  attesa
occupazione»); 
        il Tribunale, in cio' concordando con la giurisprudenza sopra
citata, non ritiene che il giudice abbia il potere di  introdurre  ex
officio nell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020  una  disposizione
analoga, sia perche', in generale, non e' ammissibile tale  opera  di
creazione  pretoria,  sia  perche'  la  norma  in  questione  non  e'
evincibile dal contesto normativo  del  2020,  essendo  a  tale  fine
eventualmente  necessaria   una   sentenza   additiva   della   Corte
costituzionale; 
        l'«addizione» della possibilita' del rilascio del permesso di
soggiorno  per  attesa   occupazione   laddove   il   rigetto   della
dichiarazione di emersione ex art. 103 del decreto-legge  n.  34/2020
sia dovuto esclusivamente a fatti e condotte ascrivibili al datore di
lavoro avrebbe, a  parere  di  questo  Tribunale,  precisi  punti  di
riferimento normativo gia' rinvenibili nel sistema legislativo (Corte
costituzionale n. 236 del 2016) e, in particolare, nel citato art. 5,
comma 11-bis, del decreto  legislativo  n.  109/2012,  come  aggiunto
dall'art. 9, comma 10, del decreto-legge n. 76/2013, convertito dalla
legge n. 99/2013; 
        le norme contenute nelle disposizioni da ultimo evocate,  non
direttamente applicabili alla fattispecie in esame per  il  carattere
di eccezionalita' che le connota  secondo  quanto  considerato  dalla
giurisprudenza sopra citata, costituiscono cionondimeno preciso punto
di riferimento normativo - anche quale  tertium  comparationis  -  ai
fini della valutazione di  ragionevolezza  della  disciplina  di  cui
all'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020, convertito dalla legge  n.
77/2020; 
        diversamente opinando, laddove il rigetto della dichiarazione
di emersione ex art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 fosse dovuta al
mancato possesso del requisito reddituale minimo di  cui  all'art.  9
del decreto ministeriale 27 maggio 2020,  per  di  piu'  in  presenza
dell'avvio del rapporto di  lavoro,  il  mancato  riconoscimento  del
diritto del lavoratore al rilascio di un permesso  di  soggiorno  per
attesa  occupazione  o  di  un  altro  titolo   corrispondente   alla
situazione lavorativa anche sopravvenuta si tradurrebbe infatti in un
irragionevole   pregiudizio    per    il    lavoratore    determinato
esclusivamente da fatti e condotte ascrivibili al datore  di  lavoro,
non essendo il lavoratore straniero in condizione di verificare se il
proprio datore di  lavoro  sia  o  meno  in  possesso  del  requisito
reddituale minimo, per cui egli verrebbe a subire (oltretutto  in  un
momento in cui ha accettato di  rivelare  all'autorita'  di  P.S.  la
propria posizione di irregolare) le conseguenze  sfavorevoli  di  una
vicenda che attiene esclusivamente alla sfera del datore di lavoro. 
    7.5. - Sotto altro punto di vista, sempre per quanto  di  rilievo
al fine di escludere la possibilita' del rilascio di un  permesso  di
soggiorno per attesa occupazione (profilo in relazione al quale, come
si  e'  visto,  la  parte  ricorrente   ha   articolato   motivi   di
impugnazione),   deve   inoltre    dubitarsi    della    legittimita'
costituzionale delle disposizioni di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 103
del decreto-legge n. 34/2020, convertito dalla legge n. 77/2020. 
    Rileva a tal fine l'assenza, nei suddetti commi dell'art. 103  e,
in particolare, nel comma 6, di qualsiasi criterio direttivo  per  il
legislatore secondario  delegato  ai  fini  della  definizione  delle
soglie minime di reddito del datore di lavoro per  l'ammissione  alla
procedura di emersione. 
    Al riguardo deve osservarsi che la materia  di  cui  trattasi  e'
coperta dalla riserva relativa di legge di cui all'art. 10, comma  2,
della   Costituzione,   che   assegna   alla   fonte   primaria    la
regolamentazione della condizione giuridica dello straniero. 
    Cio' premesso, la Corte  costituzionale  ha  affermato,  in  piu'
occasioni, «l'imprescindibile necessita' che in ogni conferimento  di
poteri amministrativi  venga  osservato  il  principio  di  legalita'
sostanziale, posto a base dello Stato di diritto. Tale principio  non
consente «l'assoluta indeterminatezza»  del  potere  conferito  dalla
legge ad una  autorita'  amministrativa,  che  produce  l'effetto  di
attribuire, in pratica, una «totale liberta'» al soggetto  od  organo
investito  della  funzione  (sentenza  n.  307  del  2003;  in  senso
conforme, ex plurimis, sentenze n. 32 del 2009 e n.  150  del  1982).
Non e' sufficiente che il potere sia  finalizzato  dalla  legge  alla
tutela di un bene o di un valore, ma e'  indispensabile  che  il  suo
esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalita', in modo da
mantenere costantemente  una,  pur  elastica,  copertura  legislativa
dell'azione amministrativa». Anche laddove la riserva di legge  abbia
carattere relativo, tale carattere  «non  relega  tuttavia  la  legge
sullo sfondo, ne' puo' costituire giustificazione sufficiente per  un
rapporto  con  gli  atti  amministrativi  concreti  ridotto  al  mero
richiamo  formale  ad  una  prescrizione   normativa   «in   bianco»,
genericamente   orientata   ad   un   principio-valore,   senza   una
precisazione, anche non dettagliata, dei contenuti e modi dell'azione
amministrativa  limitativa  della  sfera  generale  di  liberta'  dei
cittadini» (Corte costituzionale n. 115 del 2011). 
    L'art. 103, comma 6, del decreto-legge n. 34/2020, nel  prevedere
che con il decreto di cui al comma 5  sono  «stabiliti  i  limiti  di
reddito del  datore  di  lavoro  richiesti  per  l'instaurazione  del
rapporto di lavoro» senza  indicare  le  norme  generali  regolatrici
della materia o, quantomeno, i principi direttivi  o,  comunque,  una
qualunque  delimitazione  della  discrezionalita'  amministrativa  in
merito alle  modalita'  di  individuazione  del  reddito  minimo  per
l'accesso alla procedura di emersione, appare dunque in contrasto con
il principio di legalita' sostanziale, desumibile dall'art. 97  della
Costituzione, nonche' dall'art. 113 della Costituzione,  in  base  al
quale l'azione della  pubblica  amministrazione  deve  trovare  nella
legge non solo il proprio fondamento, ma anche i  limiti  sostanziali
volti  a  garantire  il  soddisfacimento,  da  parte  della  pubblica
amministrazione,   del   pubblico   interesse   secondo   i    canoni
dell'imparzialita' e del buon andamento, in un ambito  coperto,  come
si e' detto, dalla riserva di legge di  cui  all'art.  10,  comma  2,
della Costituzione 
    Per le stesse ragioni la succitata disposizione di  cui  all'art.
103,  comma  6,  del  decreto-legge  n.  34/2020  appare  inoltre  in
contrasto con il principio generale  desumibile  dall'art.  76  della
Costituzione (oltre che dall'art. 17, commi 2 e  3,  della  legge  n.
400/1988), secondo il quale, laddove  l'organo  titolare  del  potere
legislativo decida di delegare tale potere all'esecutivo, devono  pur
sempre  essere  imposti  limiti  all'esercizio  della  delega,   pena
altrimenti il rischio di arbitrarieta' delle norme delegate. 
8. - Conclusioni 
    Alla stregua delle precedenti considerazioni, deve  disporsi,  ai
sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n.  87,  la  sospensione  del
giudizio e  la  rimessione  alla  Corte  costituzionale  delle  sopra
formulate questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  103,
commi 4, 5 e 6, del decreto-legge 19 maggio 2020, n.  34,  convertito
con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n.  77,  per  contrasto
con gli articoli 3, 10, 35, 76, 97  e  113  della  Costituzione,  non
potendo la presente controversia  essere  definita  indipendentemente
dalla risoluzione delle stesse. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  l'Umbria  (Sezione
prima), visto l'art. 134 della Costituzione e visti  gli  articoli  1
della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11
marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata,
in  relazione  agli  articoli  3,  10,  35,  76,  97  e   113   della
Costituzione,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale,   nei
termini di cui in motivazione, dell'art. 103, commi 4,  5  e  6,  del
decreto-legge 19 maggio 2020, n.  34,  convertito  con  modificazioni
dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, sospende il giudizio  in  corso  e
ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Riserva ogni altra decisione in rito, nel merito e sulle spese. 
    Ordina che a cura della  Segreteria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio  dei  ministri  e
comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e  della  Camera
dei deputati. 
    Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1
e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli
5 e 6 del regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo  e  del
Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della  dignita'
della  parte  interessata,  manda  alla   Segreteria   di   procedere
all'oscuramento delle generalita' della parte ricorrente. 
    Cosi' deciso in Perugia nella camera di consiglio del  giorno  24
gennaio 2023 con l'intervento dei magistrati: 
        Raffaele Potenza, Presidente; 
        Enrico Mattei, Consigliere; 
        Davide De Grazia, Referendario, Estensore. 
 
                       Il Presidente: Potenza 
 
 
                                              L'Estensore: De Grazia