N. 22 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 novembre 2022

Ordinanza del 24 novembre 2022 del GIP del Tribunale di Siracusa  nel
procedimento penale a carico di L. C.. 
 
Misure di prevenzione - Misure di prevenzione personali applicate dal
  questore - Avviso orale cosiddetto  rafforzato  -  Possibilita'  di
  imporre il divieto di possedere o utilizzare qualsiasi apparato  di
  comunicazione  radiotrasmittente,  tra  cui,  secondo  il   diritto
  vivente, il  telefono  cellulare  -  Sanzione  penale  in  caso  di
  inosservanza. 
- Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159  (Codice  delle  leggi
  antimafia e delle misure di prevenzione, nonche' nuove disposizioni
  in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1  e
  2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), artt.  3,  comma  4,  e  76,
  comma 2. 
(GU n.10 del 8-3-2023 )
 
                        TRIBUNALE DI SIRACUSA 
           Ufficio del giudice per le indagini preliminari 
 
    Il giudice per le indagini preliminari, Salvatore Palmeri; 
    Letti gli atti del procedimento  penale  n.  1099/21  R.G.N.R.  e
6029/21 R.G.G.I.P. a carico di: L C , nato a il , indagato in  ordine
al seguente reato: , del delitto p. e p. dagli articoli 76,  comma  2
del decreto legislativo n. 159/2011 in  riferimento  all'art.  3  del
decreto legislativo n. 159/2011, perche', essendo destinatario  della
misura di prevenzione  dell'avviso  orale,  emesso  dal  questore  di
Siracusa in data con divieto di  possedere  od  utilizzare  qualsiasi
apparato di comunicazione  radiotrasmittente,  violava  tale  divieto
utilizzando un telefono cellulare IPHONE-11 PRO munito di scheda  SIM
, in , il ; 
    Letta la richiesta del pubblico ministero con cui  si  chiede  il
sequestro preventivo  del  cellulare  IPHONE-11,  gia'  sottoposto  a
sequestro probatorio al fine di accertarne la sicura riconducibilita'
all'indagato, osserva quanto segue. 
    L C , il , veniva fermato dal personale della squadra  mobile  di
Siracusa, sottoposto a perquisizione, e trovato  in  possesso  di  un
telefono cellulare I-PHONE 11 PRO, munito di scheda SIM con il numero
. 
    Il  cellulare  veniva   inizialmente   sottoposto   a   sequestro
probatorio e gli inquirenti appuravano che il dispositivo, acquistato
dalla moglie  dell'indagato,  era  in  realta'  nella  disponibilita'
esclusiva di L C (come confermato dai  tabulati  e  dall'intestazione
della scheda SIM). 
    L'indagato - il - aveva ricevuto la  notifica  dell'avviso  orale
del questore di Siracusa del «con ingiunzione a cambiare condotta  di
vita e con l'avvertenza che in caso di inadempienza  si  dara'  luogo
alla  applicazione  nei  suoi  confronti  di  piu'  gravi  misure  di
prevenzione. Rilevata inoltre, la risultanza a suo carico di condanna
definitiva per delitti non colposi, al suddetto e' fatto  divieto  di
possedere  od  utilizzare   qualsiasi   apparato   di   comunicazione
radiotrasmittente, radar e visori notturni,  indumenti  ed  accessori
per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto  blindati
o modificati, nonche' programmi informatici  ed  altri  strumenti  di
cifratura o criptazione di conversazione o messaggi». 
    La prescrizione evidenziata trae fondamento dall'art. 3, comma  4
del decreto legislativo n. 159/2011 che dispone: «Con l'avviso  orale
il questore, quando ricorrono le condizioni di cui al comma  3,  puo'
imporre alle persone che  risultino  definitivamente  condannate  per
delitti non colposi il divieto di possedere o utilizzare, in tutto  o
in parte,  qualsiasi  apparato  di  comunicazione  radiotrasmittente,
radar e visori notturni, indumenti  e  accessori  per  la  protezione
balistica individuale, mezzi di trasporto blindati  o  modificati  al
fine di aumentarne  la  potenza  o  la  capacita'  offensiva,  ovvero
comunque predisposti al fine di sottrarsi ai  controlli  di  polizia,
armi a modesta capacita' offensiva, riproduzioni di armi di qualsiasi
tipo,  compresi  i  giocattoli  riproducenti  armi,  altre   armi   o
strumenti, in libera vendita,  in  grado  di  nebulizzare  liquidi  o
miscele  irritanti  non  idonei  ad  arrecare  offesa  alle  persone,
prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo, nonche' sostanze infiammabili
e altri mezzi comunque  idonei  a  provocare  lo  sprigionarsi  delle
fiamme, nonche' programmi informatici ed altri strumenti di cifratura
o crittazione di conversazioni e messaggi». 
    Secondo  la  giurisprudenza  di  legittimita'   formatasi   sulla
superiore disposizione legislativa «in tema di misure di  prevenzione
nei confronti di persone socialmente pericolose, deve  ritenersi  che
il  telefono  cellulare  rientri  nella  nozione  di   "apparato   di
comunicazione radiotrasmittente", il cui  possesso  o  utilizzo  puo'
essere inibito dal questore  alle  persone  condannate  con  sentenza
definitiva per delitti non colposi, a  norma  dell'art.  4,  comma  4
della  legge  27  dicembre  1956,  n.  1423,  cosi'  come  modificato
dall'art. 15, comma 1, lettera a) della legge 26 marzo 2001,  n.  128
(poi abrogato dall'art. 120 del decreto  legislativo  n.  159/2011  e
sostituito dall'art. 3 del medesimo decreto legislativo)» (Cassazione
Penale n. 38514 del 1° settembre 2009). 
    Ritiene il giudice che il presente procedimento pone una serie di
dubbi sulla compatibilita' del combinato disposto degli articoli  76,
comma 2 e 3, comma 4 del decreto legislativo n. 159/2011 con  diverse
norme della Costituzione e  della  Convenzione  europea  dei  diritti
dell'uomo. Appare pertanto necessario sospendere il giudizio in corso
e rivolgersi alla Corte  costituzionale  per  chiarire  se  le  norme
citate siano compatibili con l'ordinamento costituzionale, alla  luce
di un'interpretazione cosi' rigorosa del  c.d.  diritto  vivente  che
ricomprende il telefono cellulare e, quindi, anche la possibilita' di
collegarsi alla rete internet, tra i divieti  che  il  questore  puo'
imporre ad un soggetto con l'avviso orale. 
    Preliminarmente deve rilevarsi  che,  sulla  possibilita',  nella
fase  cautelare,  di   sollevare   la   questione   di   legittimita'
costituzionale, si e' pronunciata  la  Corte  costituzionale  con  la
sentenza n. 137/2020 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.
28 dell'8 luglio 2020), affermando,  al  punto  2.1,  che  quando  il
giudice  dubiti  della  legittimita'   delle   norme   che   regolano
l'applicazione di misure restrittive della liberta' personale  e  dei
relativi   presupposti   puo'    promuovere    una    questione    di
costituzionalita'. 
    Nel caso di specie, infatti, il  dubbio  sulla  legittimita'  del
combinato disposto degli articoli 76,  comma  2  e  3,  comma  4  del
decreto legislativo n. 159/2011 impone a questo giudice di promuovere
l'incidente di costituzionalita'. 
1. Rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 
    Nel presente procedimento penale viene richiesto al  giudice  per
le indagini  preliminari  l'emissione  di  un  decreto  di  sequestro
preventivo del telefono  cellulare  dell'indagato.  Secondo  la  tesi
accusatoria,  infatti,  l'essere  L  C  sottoposto  alla  misura   di
prevenzione del c.d. avviso orale aggravato emesso  dal  questore  di
Siracusa il gli preclude la possibilita' di detenere o, comunque,  di
utilizzare un telefono cellulare. Il  pubblico  ministero  interpreta
l'espressione     «qualsiasi      apparato      di      comunicazione
radiotrasmittente»,  conformemente  alla  pronuncia  della  Corte  di
cassazione del 2009  teste'  citata,  come  ricomprendente  qualsiasi
strumento che sia idoneo alle comunicazioni. 
    Il possesso del cellulare da parte dell'indagato, quindi, integra
il fumus commissi delicti - richiesto per l'adozione  di  una  misura
cautelare reale - del reato di cui all'art. 76, comma 2  del  decreto
legislativo n. 159/2011. Si tratta della disposizione che punisce con
la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro  1549  a  euro
5164 chiunque violi i divieti di cui all'art. 3, commi  4  e  5.  Nel
caso di specie viene in rilievo proprio la  violazione  del  comma  4
dell'art. 3 del decreto legislativo n. 159/2011 per avere  l'indagato
posseduto un cellulare nonostante l'esplicito divieto  da  parte  del
questore di Siracusa. 
    Appare   evidente   che   la   questione   sulla   compatibilita'
costituzionale dell'art. 76 del decreto citato in relazione  all'art.
3, comma 4 del decreto citato e' rilevante  per  la  valutazione  che
questo  giudice  deve  compiere  nel  decidere  se  il  comportamento
dell'indagato integri il fumus commissi delicti del delitto  previsto
dal c.d. codice antimafia. 
    A fronte della domanda cautelare avanzata dal pubblico ministero,
volta ad ottenere un titolo finalizzato alla  confisca  del  telefono
cellulare, occorre preliminarmente interrogarsi se il possesso di  un
telefono cellulare da parte di un soggetto passivo di una  misura  di
prevenzione possa ritenersi un comportamento penalmente rilevante  in
rapporto  ai  valori  costituzionali  e  convenzionali   del   nostro
ordinamento giuridico. 
2. Non manifesta infondatezza della questione. 
    Ritiene il  giudice  che  la  questione  non  sia  manifestamente
infondata, poiche' le norme indicate in premessa, a fondamento  della
richiesta di misura cautelare reale, confliggono  con  diverse  norme
costituzionali e convenzionali. 
    Il divieto che viene in considerazione - di  possedere  qualsiasi
apparato di comunicazione  radiotrasmittente,  tra  cui  il  telefono
cellulare - limita profondamente  diversi  diritti  fondamentali  del
cittadino, ove si consideri che viene ricompreso dalla Cassazione  il
telefono cellulare, la televisione, telefoni cordless, i wireless,  e
qualsiasi altro apparecchio idoneo alle comunicazioni (cfr.  Sez.  F,
n. 38514 del 1° settembre 2009, Finizio, Rv. 245301). 
    Viene dunque inciso dall'avviso orale del questore  l'accesso  ad
internet,  comprimendosi  in  modo  significativo  la   liberta'   di
comunicazione  (art.  15  della  Costituzione)  e  la   liberta'   di
espressione (art. 21  della  Costituzione),  anche  nella  dimensione
passiva  -  enucleata  espressamente  dall'art.  10  CEDU   e   dalla
giurisprudenza della Corte di Strasburgo, rilevante  quale  parametro
interposto,  ai  sensi  dell'art.  117  della  Costituzione  -  della
«liberta' di ricevere informazioni». 
    In  particolare,  l'art.  15  della  Costituzione,  nel   sancire
l'inviolabilita' della  corrispondenza  e  di  ogni  altra  forma  di
comunicazione,  prevede  che  «la  loro  limitazione  puo'   avvenire
soltanto per atto motivato dell'autorita' giudiziaria con le garanzie
stabilite dalla legge»: la norma protegge, dunque, qualsiasi forma di
«corrispondenza» e di «comunicazione»,  che,  nella  realta'  sociale
odierna, comprende evidentemente anche le comunicazioni  telefoniche,
per messaggi - SMS o tramite applicativi (WhatsApp, Telegram, ecc.) -
ed il profilo della «liberta'» e' distinto, e piu' ampio, rispetto al
profilo della «segretezza». 
    Secondo   l'interpretazione    consolidata    in    dottrina    e
giurisprudenza l'art. 15 della Costituzione tutela le  «comunicazioni
interpersonali»,  rivolte  a  destinatari  previamente   individuati,
mentre l'art. 21  della  Costituzione,  nel  sancire  il  diritto  di
manifestare   liberamente   il   proprio   pensiero,   protegge    le
«comunicazioni  alla  generalita'».  Il  divieto   di   possedere   e
utilizzare qualsiasi apparecchio  di  comunicazione  comprime,  sotto
aspetti   complementari,   entrambe   le   liberta'    costituzionali
richiamate. 
    Quanto alla liberta' di  manifestazione  del  pensiero,  essa  va
considerata anche nella sua dimensione passiva. Ed invero il  diritto
di manifestare liberamente il proprio pensiero viene declinato  nella
triplice dimensione della liberta' di informare,  della  liberta'  di
essere informati (o di ricevere informazioni)  e  della  liberta'  di
informarsi (o di ricercare informazioni). 
    Nella formulazione dell'art. 10 CEDU, la liberta' di  espressione
comprende,  invece,  esplicitamente  la  liberta'  d'opinione  e   la
liberta' di ricevere  o  di  comunicare  informazioni  o  idee  senza
ingerenze delle autorita' pubbliche e senza limiti  di  frontiera.  A
differenza  dell'art.  21  della  Costituzione,  dunque,   la   norma
convenzionale   tutela   espressamente   anche   il   lato    passivo
dell'informazione, ossia il diritto di ricevere informazioni. 
    La  tutela  della  liberta'   di   espressione   riveste   quindi
un'importanza  fondamentale  nella   delineazione   di   un   sistema
democratico moderno, costituendo un diritto individuale e sociale. Un
diritto  individuale  del  singolo,  «perche'  l'uomo  possa   unirsi
all'altro uomo nel pensiero e col  pensiero»  (secondo  una  classica
dottrina);  un  diritto  sociale,  inteso   quale   pretesa   di   un
comportamento attivo  dello  Stato  alla  formazione  di  un'opinione
pubblica libera e consapevole, funzionale alla  garanzia  del  metodo
democratico   ed   alla   partecipazione   di   tutti   i   cittadini
«all'organizzazione politica, economica e sociale» del Paese (art. 3,
comma 2 della Costituzione), con il  compito  di  «intervenire  anche
positivamente per realizzare e conservare l'esistenza di  un  "libero
mercato delle idee e delle notizie"». 
    Anche la Corte europea dei diritti dell'uomo  ha  evidenziato  la
rilevanza dei moderni mezzi di comunicazione, ed  in  particolare  di
internet,  nella  societa'  odierna.  Le  pronunce  della  Corte   di
Strasburgo costituiscono un parametro interposto di costituzionalita'
ai sensi dell'art.  117  della  Costituzione.  Di  recente  la  Corte
europea, nel caso Ramanaz Demir c. Turchia  (Corte  EDU,  9  febbraio
2021), ha ravvisato una violazione dell'art. 10 CEDU, in relazione al
diritto di ricevere  informazioni  invocato  da  un  cittadino  turco
detenuto, la cui richiesta di accedere ad internet (in particolare  a
siti  web  istituzionali),  sotto  il   controllo   delle   autorita'
carcerarie era stata respinta dalle autorita' nazionali. Al riguardo,
la Corte EDU, evidenziando l'importanza di internet,  non  solo  come
strumento per ricevere informazioni, ma servizio pubblico  funzionale
al godimento di molteplici diritti umani, ha  ritenuto  insufficienti
le giustificazioni dell'interferenza da parte dello Stato  nazionale,
non avendo le autorita' fornito spiegazioni sufficienti  sul  perche'
l'accesso del  ricorrente  a  siti  istituzionali  di  giustizia  non
potesse considerarsi parte della sua formazione e riabilitazione, ne'
sul pericolo che l'accoglimento della richiesta avrebbe  determinato,
trattandosi di una «navigazione»  controllabile  dall'amministrazione
penitenziaria. 
    Analogamente, in quattro sentenze del 23 giugno 2020  concernenti
la Russia (Corte EDU, caso Kharitonov  c.  Russia,  23  giugno  2020;
Corte EDU, caso 000 Flavus e altri c. Russia, 23 giugno  2020;  Corte
EDU, caso Bulgakov c. Russia, 23 giugno 2020; Corte EDU, caso  Engels
c. Russia, 23 giugno 2020), la  Corte  di  Strasburgo  ha  affrontato
questioni  concernenti  la  liberta'  di   trasmettere   e   ricevere
informazioni tramite internet, pregiudicata da misure  preventive  di
«blocco» di siti web. 
    Anche nelle superiori pronunce la Corte europea  ha  sottolineato
l'importanza di internet, che e' diventato uno dei  mezzi  principali
con cui le persone  esercitano  il  loro  diritto  alla  liberta'  di
espressione e di  informazione,  in  quanto  rende  piu'  agevole  la
diffusione delle informazioni al pubblico. I  giudici  di  Strasburgo
hanno ribadito che l'art. 10 CEDU, garantendo a tutti la liberta'  di
ricevere e trasmettere informazioni e idee, si applica  non  solo  al
contenuto delle  informazioni,  ma  anche  ai  mezzi  di  diffusione,
poiche' qualsiasi restrizione imposta a  queste  ultime  interferisce
necessariamente con tale liberta' (in  tal  senso,  gia'  Corte  EDU,
Ahmet Yildirim c. Turchia, 18 marzo 2013, 5 48-54). 
    Peraltro, va evidenziato, ai fini che qui rilevano, che la  Corte
di  Strasburgo,   nel   formulare   il   c.d.   test   di   legalita'
dell'interferenza, oltre all'aspetto «formale» della legge, e' sempre
piu' attenta al profilo della «qualita' della legge», che deve essere
accessibile e prevedibile, in modo che l'individuo possa adattare  la
propria condotta alle prescrizioni legali  (Corte  EDU,  caso  Sunday
Times c. Regno Unito, 26 aprile 1979, 55 47-49). 
    Proprio sotto il profilo della prevedibilita' vi  e'  un'evidente
contraddizione   tra   la   norma   che   attribuisce   all'autorita'
amministrativa il diritto di applicare la  misura  prevenzione  senza
che sia previsto un limite minimo e massimo della durata e: 
        1) l'art. 15 della Costituzione - che garantisce il cittadino
da  ingerenze  esterne  al  proprio  diritto  alla   liberta'   della
corrispondenza, prevedendo  che  la  sua  limitazione  puo'  avvenire
soltanto per  atto  motivato  dell'autorita'  giudiziaria  e  con  le
garanzie stabilite dalla legge; 
        2) l'art. 8 CEDU che tutela la dimensione della comunicazione
interpersonale e il rispetto della «corrispondenza» ed e' finalizzato
a tutelare la riservatezza di ogni  mezzo  di  comunicazione  privata
contro ogni ingerenza pubblica; 
        3) l'art. 10 CEDU che riconosce ad ogni persona il diritto  a
«ricevere o comunicare informazioni o idee senza che vi possa  essere
ingerenza da parte della autorita' pubbliche». 
    Il delitto previsto dall'art. 76, comma 2 del decreto legislativo
n. 159/2011, nella parte in cui fa riferimento alla violazione  della
prescrizione del questore di  non  possedere  qualsiasi  apparato  di
comunicazione radiotrasmittente, punisce un soggetto  che,  come  nel
caso  di  specie,  mediante  il  cellulare  puo':  comunicare  con  i
familiari o con i propri conoscenti,  informarsi  mediante  l'accesso
alla rete internet, compiere attivita' ludiche, rispondere ad annunci
di lavoro, entrare in relazione con altri  soggetti  tramite  i  c.d.
social network, utilizzare i  sistemi  di  messaggistica  istantanea,
ecc. Si tratta quindi di un intervento invasivo sulla sfera personale
di un individuo che, nell'attuale sistema democratico,  lo  priva  di
una  serie  di  possibilita'  relazionali  che  non   erano   neanche
ipotizzabili qualche anno fa. 
    Si tratta di una limitazione che avviene ad opera di un'autorita'
amministrativa e per un periodo di tempo non determinato. Cio' incide
pesantemente  sugli  aspetti  relazionali,  culturali,   informativi,
affettivi di un individuo senza che sia rispettata la doppia  riserva
di legge e di giurisdizione prevista dall'art. 15 della Costituzione.
Non e' infatti un'autorita' giurisdizionale che valuta i  presupposti
per l'applicazione  della  grave  limitazione  della  liberta'  della
corrispondenza e che stabilisce la proporzione  in  concreto  tra  il
rischio da  tutelare  e  la  limitazione  dei  diritti  del  soggetto
passivo. 
    La liberta' di manifestazione del pensiero -  tutelata  dall'art.
21 della Costituzione - e' altresi'  compromessa  gravemente  perche'
anche  attraverso  i  c.d.  smartphone   contemporanei   le   persone
manifestano le  proprie  idee,  partecipando  alla  vita  pubblica  e
politica (ad esempio attraverso  i  social  network  come  Twitter  o
Facebook). 
    La grave menomazione delle liberta'  fondamentali  dell'individuo
colpito dalla misura di prevenzione del c.d. avviso  orale  aggravato
determina  una  discriminazione  dello  stesso  rispetto  agli  altri
cittadini, in contrasto con  l'art.  3  della  Costituzione  sia  con
riferimento alla prima che alla  seconda  parte  della  disposizione,
laddove si assegna  alla  Repubblica  il  compito  di  rimuovere  gli
ostacoli  che  impediscono   la   realizzazione   di   un'uguaglianza
sostanziale. E' evidente che la privazione di' uno strumento  che  ha
assunto  nella  vita  odierna  una   rilevanza   centrale   determina
l'isolamento dell'individuo e la difficolta' di reinserimento sociale
dei soggetti piu' svantaggiati. 
    La disposizione in commento, inoltre, non appare in linea neppure
con  il  principio  di  legalita'  -  tutelato  dall'art.  25   della
Costituzione -  sotto  il  profilo  del  rispetto  del  principio  di
tassativita' in materia  penale.  L'art.  76,  comma  2  del  decreto
citato, infatti, punisce una condotta posta in essere  in  violazione
di  un   divieto   emanato   dall'autorita'   amministrativa.   Anche
prescindendo   dall'affrontare   il   tema    della    compatibilita'
costituzionale delle c.d. norme penali in  bianco.  occorre  rilevare
che nel caso di specie il questore non indica il periodo temporale di
vigenza del divieto, esponendo il  soggetto  passivo  ad  un  rischio
indeterminato nel tempo di  incorrere  nel  reato.  Il  principio  di
tassativita', o sufficiente determinatezza della fattispecie  penale,
svolge  un  ruolo  centrale  nell'orientare  il   comportamento   del
cittadino senza incorrere in violazioni della legge penale. 
    La previsione di un delitto per  sanzionare  il  possesso  di  un
telefono cellulare in violazione di un divieto posto da  un'autorita'
amministrativa appare inoltre non proporzionato rispetto  al  sistema
legale della CEDU. Gli articoli da 8 a  11  della  convenzione,  dopo
avere sancito i diritti o le liberta' (Rispetto della vita privata  e
familiare;  Liberta'  di  pensiero,  di  coscienza  e  di  religione;
Liberta' di espressione; Liberta'  di  riunione  e  di  associazione)
spiegano che le ingerenze o le limitazioni di  tali  diritti  possono
avvenire in presenza di tre condizioni: 
        (1)  che  queste  limitazioni,  condizioni  o,   addirittura,
sanzioni siano previste dalla legge; 
        (2) che queste limitazioni, condizioni o sanzioni siano  tali
da essere accettabili in una societa' democratica; 
        (3) infine, che le stesse siano  necessarie  per  raggiungere
uno scopo determinato dallo stesso comma - ad esempio, la  protezione
della salute o della morale, nonche'  la  protezione  dei  diritti  o
delle liberta' altrui. 
    La Convenzione europea, quindi, richiede  il  rispetto  del  c.d.
principio  di  proporzionalita'.  Occorre  che  vi  sia  un  rapporto
ragionevole tra l'obiettivo  che  si  vuole  raggiungere  e  i  mezzi
utilizzati. 
    Nella fattispecie in esame il sistema normativo che si  sottopone
all'esame della Corte costituzionale appare  sproporzionato  rispetto
allo scopo perseguito. Si introduce un reato punito con la reclusione
per una violazione ad un precetto dell'autorita' amministrativa - che
nella  sostanza  incide  profondamente  sui  diritti  sanciti   dagli
articoli 8 e 10 della Convenzione - per proteggere un bene  giuridico
- la sicurezza pubblica - che  non  appare  effettivamente  leso  dal
possesso di un cellulare.  La  formula  adoperata  per  enunciare  il
divieto   di   utilizzare   qualunque   apparato   di   comunicazione
radiotrasmittente e' verosimilmente riferibile alle radiotrasmittenti
che, in passato, erano usate per intercettare le attivita' di polizia
e captare indicazioni relative alle indagini od  alle  operazioni  in
corso. Occorre valutare se la limitazione del rischio  potenziale  di
un uso del cellulare per fini illeciti valga il prezzo - altissimo  -
di una compromissione delle  liberta'  fondamentali  garantite  dalla
Costituzione e dalla CEDU. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 321 del codice di procedura  penale, 23  della
legge n. 87 dell'11 marzo 1953, 
    dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' degli articoli 76, comma 2 e  3,  comma  4  del  decreto
legislativo n. 159/2011 in riferimento agli articoli 3, 15, 21, 25  e
117 della Costituzione in relazione agli articoli 8 e 10 CEDU; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso; 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata al pubblico ministero, alla Presidente del  Consiglio  dei
ministri  e  sia  comunicata  ai  presidenti  delle  due  camere  del
Parlamento. 
        Siracusa, 24 novembre 2022 
 
                         Il giudice: Palmeri