N. 22 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 novembre 2022
Ordinanza del 24 novembre 2022 del GIP del Tribunale di Siracusa nel procedimento penale a carico di L. C.. Misure di prevenzione - Misure di prevenzione personali applicate dal questore - Avviso orale cosiddetto rafforzato - Possibilita' di imporre il divieto di possedere o utilizzare qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, tra cui, secondo il diritto vivente, il telefono cellulare - Sanzione penale in caso di inosservanza. - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonche' nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), artt. 3, comma 4, e 76, comma 2.(GU n.10 del 8-3-2023 )
TRIBUNALE DI SIRACUSA Ufficio del giudice per le indagini preliminari Il giudice per le indagini preliminari, Salvatore Palmeri; Letti gli atti del procedimento penale n. 1099/21 R.G.N.R. e 6029/21 R.G.G.I.P. a carico di: L C , nato a il , indagato in ordine al seguente reato: , del delitto p. e p. dagli articoli 76, comma 2 del decreto legislativo n. 159/2011 in riferimento all'art. 3 del decreto legislativo n. 159/2011, perche', essendo destinatario della misura di prevenzione dell'avviso orale, emesso dal questore di Siracusa in data con divieto di possedere od utilizzare qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, violava tale divieto utilizzando un telefono cellulare IPHONE-11 PRO munito di scheda SIM , in , il ; Letta la richiesta del pubblico ministero con cui si chiede il sequestro preventivo del cellulare IPHONE-11, gia' sottoposto a sequestro probatorio al fine di accertarne la sicura riconducibilita' all'indagato, osserva quanto segue. L C , il , veniva fermato dal personale della squadra mobile di Siracusa, sottoposto a perquisizione, e trovato in possesso di un telefono cellulare I-PHONE 11 PRO, munito di scheda SIM con il numero . Il cellulare veniva inizialmente sottoposto a sequestro probatorio e gli inquirenti appuravano che il dispositivo, acquistato dalla moglie dell'indagato, era in realta' nella disponibilita' esclusiva di L C (come confermato dai tabulati e dall'intestazione della scheda SIM). L'indagato - il - aveva ricevuto la notifica dell'avviso orale del questore di Siracusa del «con ingiunzione a cambiare condotta di vita e con l'avvertenza che in caso di inadempienza si dara' luogo alla applicazione nei suoi confronti di piu' gravi misure di prevenzione. Rilevata inoltre, la risultanza a suo carico di condanna definitiva per delitti non colposi, al suddetto e' fatto divieto di possedere od utilizzare qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni, indumenti ed accessori per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto blindati o modificati, nonche' programmi informatici ed altri strumenti di cifratura o criptazione di conversazione o messaggi». La prescrizione evidenziata trae fondamento dall'art. 3, comma 4 del decreto legislativo n. 159/2011 che dispone: «Con l'avviso orale il questore, quando ricorrono le condizioni di cui al comma 3, puo' imporre alle persone che risultino definitivamente condannate per delitti non colposi il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni, indumenti e accessori per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto blindati o modificati al fine di aumentarne la potenza o la capacita' offensiva, ovvero comunque predisposti al fine di sottrarsi ai controlli di polizia, armi a modesta capacita' offensiva, riproduzioni di armi di qualsiasi tipo, compresi i giocattoli riproducenti armi, altre armi o strumenti, in libera vendita, in grado di nebulizzare liquidi o miscele irritanti non idonei ad arrecare offesa alle persone, prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo, nonche' sostanze infiammabili e altri mezzi comunque idonei a provocare lo sprigionarsi delle fiamme, nonche' programmi informatici ed altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi». Secondo la giurisprudenza di legittimita' formatasi sulla superiore disposizione legislativa «in tema di misure di prevenzione nei confronti di persone socialmente pericolose, deve ritenersi che il telefono cellulare rientri nella nozione di "apparato di comunicazione radiotrasmittente", il cui possesso o utilizzo puo' essere inibito dal questore alle persone condannate con sentenza definitiva per delitti non colposi, a norma dell'art. 4, comma 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, cosi' come modificato dall'art. 15, comma 1, lettera a) della legge 26 marzo 2001, n. 128 (poi abrogato dall'art. 120 del decreto legislativo n. 159/2011 e sostituito dall'art. 3 del medesimo decreto legislativo)» (Cassazione Penale n. 38514 del 1° settembre 2009). Ritiene il giudice che il presente procedimento pone una serie di dubbi sulla compatibilita' del combinato disposto degli articoli 76, comma 2 e 3, comma 4 del decreto legislativo n. 159/2011 con diverse norme della Costituzione e della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Appare pertanto necessario sospendere il giudizio in corso e rivolgersi alla Corte costituzionale per chiarire se le norme citate siano compatibili con l'ordinamento costituzionale, alla luce di un'interpretazione cosi' rigorosa del c.d. diritto vivente che ricomprende il telefono cellulare e, quindi, anche la possibilita' di collegarsi alla rete internet, tra i divieti che il questore puo' imporre ad un soggetto con l'avviso orale. Preliminarmente deve rilevarsi che, sulla possibilita', nella fase cautelare, di sollevare la questione di legittimita' costituzionale, si e' pronunciata la Corte costituzionale con la sentenza n. 137/2020 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 28 dell'8 luglio 2020), affermando, al punto 2.1, che quando il giudice dubiti della legittimita' delle norme che regolano l'applicazione di misure restrittive della liberta' personale e dei relativi presupposti puo' promuovere una questione di costituzionalita'. Nel caso di specie, infatti, il dubbio sulla legittimita' del combinato disposto degli articoli 76, comma 2 e 3, comma 4 del decreto legislativo n. 159/2011 impone a questo giudice di promuovere l'incidente di costituzionalita'. 1. Rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. Nel presente procedimento penale viene richiesto al giudice per le indagini preliminari l'emissione di un decreto di sequestro preventivo del telefono cellulare dell'indagato. Secondo la tesi accusatoria, infatti, l'essere L C sottoposto alla misura di prevenzione del c.d. avviso orale aggravato emesso dal questore di Siracusa il gli preclude la possibilita' di detenere o, comunque, di utilizzare un telefono cellulare. Il pubblico ministero interpreta l'espressione «qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente», conformemente alla pronuncia della Corte di cassazione del 2009 teste' citata, come ricomprendente qualsiasi strumento che sia idoneo alle comunicazioni. Il possesso del cellulare da parte dell'indagato, quindi, integra il fumus commissi delicti - richiesto per l'adozione di una misura cautelare reale - del reato di cui all'art. 76, comma 2 del decreto legislativo n. 159/2011. Si tratta della disposizione che punisce con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 1549 a euro 5164 chiunque violi i divieti di cui all'art. 3, commi 4 e 5. Nel caso di specie viene in rilievo proprio la violazione del comma 4 dell'art. 3 del decreto legislativo n. 159/2011 per avere l'indagato posseduto un cellulare nonostante l'esplicito divieto da parte del questore di Siracusa. Appare evidente che la questione sulla compatibilita' costituzionale dell'art. 76 del decreto citato in relazione all'art. 3, comma 4 del decreto citato e' rilevante per la valutazione che questo giudice deve compiere nel decidere se il comportamento dell'indagato integri il fumus commissi delicti del delitto previsto dal c.d. codice antimafia. A fronte della domanda cautelare avanzata dal pubblico ministero, volta ad ottenere un titolo finalizzato alla confisca del telefono cellulare, occorre preliminarmente interrogarsi se il possesso di un telefono cellulare da parte di un soggetto passivo di una misura di prevenzione possa ritenersi un comportamento penalmente rilevante in rapporto ai valori costituzionali e convenzionali del nostro ordinamento giuridico. 2. Non manifesta infondatezza della questione. Ritiene il giudice che la questione non sia manifestamente infondata, poiche' le norme indicate in premessa, a fondamento della richiesta di misura cautelare reale, confliggono con diverse norme costituzionali e convenzionali. Il divieto che viene in considerazione - di possedere qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, tra cui il telefono cellulare - limita profondamente diversi diritti fondamentali del cittadino, ove si consideri che viene ricompreso dalla Cassazione il telefono cellulare, la televisione, telefoni cordless, i wireless, e qualsiasi altro apparecchio idoneo alle comunicazioni (cfr. Sez. F, n. 38514 del 1° settembre 2009, Finizio, Rv. 245301). Viene dunque inciso dall'avviso orale del questore l'accesso ad internet, comprimendosi in modo significativo la liberta' di comunicazione (art. 15 della Costituzione) e la liberta' di espressione (art. 21 della Costituzione), anche nella dimensione passiva - enucleata espressamente dall'art. 10 CEDU e dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, rilevante quale parametro interposto, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione - della «liberta' di ricevere informazioni». In particolare, l'art. 15 della Costituzione, nel sancire l'inviolabilita' della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, prevede che «la loro limitazione puo' avvenire soltanto per atto motivato dell'autorita' giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge»: la norma protegge, dunque, qualsiasi forma di «corrispondenza» e di «comunicazione», che, nella realta' sociale odierna, comprende evidentemente anche le comunicazioni telefoniche, per messaggi - SMS o tramite applicativi (WhatsApp, Telegram, ecc.) - ed il profilo della «liberta'» e' distinto, e piu' ampio, rispetto al profilo della «segretezza». Secondo l'interpretazione consolidata in dottrina e giurisprudenza l'art. 15 della Costituzione tutela le «comunicazioni interpersonali», rivolte a destinatari previamente individuati, mentre l'art. 21 della Costituzione, nel sancire il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, protegge le «comunicazioni alla generalita'». Il divieto di possedere e utilizzare qualsiasi apparecchio di comunicazione comprime, sotto aspetti complementari, entrambe le liberta' costituzionali richiamate. Quanto alla liberta' di manifestazione del pensiero, essa va considerata anche nella sua dimensione passiva. Ed invero il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero viene declinato nella triplice dimensione della liberta' di informare, della liberta' di essere informati (o di ricevere informazioni) e della liberta' di informarsi (o di ricercare informazioni). Nella formulazione dell'art. 10 CEDU, la liberta' di espressione comprende, invece, esplicitamente la liberta' d'opinione e la liberta' di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenze delle autorita' pubbliche e senza limiti di frontiera. A differenza dell'art. 21 della Costituzione, dunque, la norma convenzionale tutela espressamente anche il lato passivo dell'informazione, ossia il diritto di ricevere informazioni. La tutela della liberta' di espressione riveste quindi un'importanza fondamentale nella delineazione di un sistema democratico moderno, costituendo un diritto individuale e sociale. Un diritto individuale del singolo, «perche' l'uomo possa unirsi all'altro uomo nel pensiero e col pensiero» (secondo una classica dottrina); un diritto sociale, inteso quale pretesa di un comportamento attivo dello Stato alla formazione di un'opinione pubblica libera e consapevole, funzionale alla garanzia del metodo democratico ed alla partecipazione di tutti i cittadini «all'organizzazione politica, economica e sociale» del Paese (art. 3, comma 2 della Costituzione), con il compito di «intervenire anche positivamente per realizzare e conservare l'esistenza di un "libero mercato delle idee e delle notizie"». Anche la Corte europea dei diritti dell'uomo ha evidenziato la rilevanza dei moderni mezzi di comunicazione, ed in particolare di internet, nella societa' odierna. Le pronunce della Corte di Strasburgo costituiscono un parametro interposto di costituzionalita' ai sensi dell'art. 117 della Costituzione. Di recente la Corte europea, nel caso Ramanaz Demir c. Turchia (Corte EDU, 9 febbraio 2021), ha ravvisato una violazione dell'art. 10 CEDU, in relazione al diritto di ricevere informazioni invocato da un cittadino turco detenuto, la cui richiesta di accedere ad internet (in particolare a siti web istituzionali), sotto il controllo delle autorita' carcerarie era stata respinta dalle autorita' nazionali. Al riguardo, la Corte EDU, evidenziando l'importanza di internet, non solo come strumento per ricevere informazioni, ma servizio pubblico funzionale al godimento di molteplici diritti umani, ha ritenuto insufficienti le giustificazioni dell'interferenza da parte dello Stato nazionale, non avendo le autorita' fornito spiegazioni sufficienti sul perche' l'accesso del ricorrente a siti istituzionali di giustizia non potesse considerarsi parte della sua formazione e riabilitazione, ne' sul pericolo che l'accoglimento della richiesta avrebbe determinato, trattandosi di una «navigazione» controllabile dall'amministrazione penitenziaria. Analogamente, in quattro sentenze del 23 giugno 2020 concernenti la Russia (Corte EDU, caso Kharitonov c. Russia, 23 giugno 2020; Corte EDU, caso 000 Flavus e altri c. Russia, 23 giugno 2020; Corte EDU, caso Bulgakov c. Russia, 23 giugno 2020; Corte EDU, caso Engels c. Russia, 23 giugno 2020), la Corte di Strasburgo ha affrontato questioni concernenti la liberta' di trasmettere e ricevere informazioni tramite internet, pregiudicata da misure preventive di «blocco» di siti web. Anche nelle superiori pronunce la Corte europea ha sottolineato l'importanza di internet, che e' diventato uno dei mezzi principali con cui le persone esercitano il loro diritto alla liberta' di espressione e di informazione, in quanto rende piu' agevole la diffusione delle informazioni al pubblico. I giudici di Strasburgo hanno ribadito che l'art. 10 CEDU, garantendo a tutti la liberta' di ricevere e trasmettere informazioni e idee, si applica non solo al contenuto delle informazioni, ma anche ai mezzi di diffusione, poiche' qualsiasi restrizione imposta a queste ultime interferisce necessariamente con tale liberta' (in tal senso, gia' Corte EDU, Ahmet Yildirim c. Turchia, 18 marzo 2013, 5 48-54). Peraltro, va evidenziato, ai fini che qui rilevano, che la Corte di Strasburgo, nel formulare il c.d. test di legalita' dell'interferenza, oltre all'aspetto «formale» della legge, e' sempre piu' attenta al profilo della «qualita' della legge», che deve essere accessibile e prevedibile, in modo che l'individuo possa adattare la propria condotta alle prescrizioni legali (Corte EDU, caso Sunday Times c. Regno Unito, 26 aprile 1979, 55 47-49). Proprio sotto il profilo della prevedibilita' vi e' un'evidente contraddizione tra la norma che attribuisce all'autorita' amministrativa il diritto di applicare la misura prevenzione senza che sia previsto un limite minimo e massimo della durata e: 1) l'art. 15 della Costituzione - che garantisce il cittadino da ingerenze esterne al proprio diritto alla liberta' della corrispondenza, prevedendo che la sua limitazione puo' avvenire soltanto per atto motivato dell'autorita' giudiziaria e con le garanzie stabilite dalla legge; 2) l'art. 8 CEDU che tutela la dimensione della comunicazione interpersonale e il rispetto della «corrispondenza» ed e' finalizzato a tutelare la riservatezza di ogni mezzo di comunicazione privata contro ogni ingerenza pubblica; 3) l'art. 10 CEDU che riconosce ad ogni persona il diritto a «ricevere o comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte della autorita' pubbliche». Il delitto previsto dall'art. 76, comma 2 del decreto legislativo n. 159/2011, nella parte in cui fa riferimento alla violazione della prescrizione del questore di non possedere qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, punisce un soggetto che, come nel caso di specie, mediante il cellulare puo': comunicare con i familiari o con i propri conoscenti, informarsi mediante l'accesso alla rete internet, compiere attivita' ludiche, rispondere ad annunci di lavoro, entrare in relazione con altri soggetti tramite i c.d. social network, utilizzare i sistemi di messaggistica istantanea, ecc. Si tratta quindi di un intervento invasivo sulla sfera personale di un individuo che, nell'attuale sistema democratico, lo priva di una serie di possibilita' relazionali che non erano neanche ipotizzabili qualche anno fa. Si tratta di una limitazione che avviene ad opera di un'autorita' amministrativa e per un periodo di tempo non determinato. Cio' incide pesantemente sugli aspetti relazionali, culturali, informativi, affettivi di un individuo senza che sia rispettata la doppia riserva di legge e di giurisdizione prevista dall'art. 15 della Costituzione. Non e' infatti un'autorita' giurisdizionale che valuta i presupposti per l'applicazione della grave limitazione della liberta' della corrispondenza e che stabilisce la proporzione in concreto tra il rischio da tutelare e la limitazione dei diritti del soggetto passivo. La liberta' di manifestazione del pensiero - tutelata dall'art. 21 della Costituzione - e' altresi' compromessa gravemente perche' anche attraverso i c.d. smartphone contemporanei le persone manifestano le proprie idee, partecipando alla vita pubblica e politica (ad esempio attraverso i social network come Twitter o Facebook). La grave menomazione delle liberta' fondamentali dell'individuo colpito dalla misura di prevenzione del c.d. avviso orale aggravato determina una discriminazione dello stesso rispetto agli altri cittadini, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione sia con riferimento alla prima che alla seconda parte della disposizione, laddove si assegna alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono la realizzazione di un'uguaglianza sostanziale. E' evidente che la privazione di' uno strumento che ha assunto nella vita odierna una rilevanza centrale determina l'isolamento dell'individuo e la difficolta' di reinserimento sociale dei soggetti piu' svantaggiati. La disposizione in commento, inoltre, non appare in linea neppure con il principio di legalita' - tutelato dall'art. 25 della Costituzione - sotto il profilo del rispetto del principio di tassativita' in materia penale. L'art. 76, comma 2 del decreto citato, infatti, punisce una condotta posta in essere in violazione di un divieto emanato dall'autorita' amministrativa. Anche prescindendo dall'affrontare il tema della compatibilita' costituzionale delle c.d. norme penali in bianco. occorre rilevare che nel caso di specie il questore non indica il periodo temporale di vigenza del divieto, esponendo il soggetto passivo ad un rischio indeterminato nel tempo di incorrere nel reato. Il principio di tassativita', o sufficiente determinatezza della fattispecie penale, svolge un ruolo centrale nell'orientare il comportamento del cittadino senza incorrere in violazioni della legge penale. La previsione di un delitto per sanzionare il possesso di un telefono cellulare in violazione di un divieto posto da un'autorita' amministrativa appare inoltre non proporzionato rispetto al sistema legale della CEDU. Gli articoli da 8 a 11 della convenzione, dopo avere sancito i diritti o le liberta' (Rispetto della vita privata e familiare; Liberta' di pensiero, di coscienza e di religione; Liberta' di espressione; Liberta' di riunione e di associazione) spiegano che le ingerenze o le limitazioni di tali diritti possono avvenire in presenza di tre condizioni: (1) che queste limitazioni, condizioni o, addirittura, sanzioni siano previste dalla legge; (2) che queste limitazioni, condizioni o sanzioni siano tali da essere accettabili in una societa' democratica; (3) infine, che le stesse siano necessarie per raggiungere uno scopo determinato dallo stesso comma - ad esempio, la protezione della salute o della morale, nonche' la protezione dei diritti o delle liberta' altrui. La Convenzione europea, quindi, richiede il rispetto del c.d. principio di proporzionalita'. Occorre che vi sia un rapporto ragionevole tra l'obiettivo che si vuole raggiungere e i mezzi utilizzati. Nella fattispecie in esame il sistema normativo che si sottopone all'esame della Corte costituzionale appare sproporzionato rispetto allo scopo perseguito. Si introduce un reato punito con la reclusione per una violazione ad un precetto dell'autorita' amministrativa - che nella sostanza incide profondamente sui diritti sanciti dagli articoli 8 e 10 della Convenzione - per proteggere un bene giuridico - la sicurezza pubblica - che non appare effettivamente leso dal possesso di un cellulare. La formula adoperata per enunciare il divieto di utilizzare qualunque apparato di comunicazione radiotrasmittente e' verosimilmente riferibile alle radiotrasmittenti che, in passato, erano usate per intercettare le attivita' di polizia e captare indicazioni relative alle indagini od alle operazioni in corso. Occorre valutare se la limitazione del rischio potenziale di un uso del cellulare per fini illeciti valga il prezzo - altissimo - di una compromissione delle liberta' fondamentali garantite dalla Costituzione e dalla CEDU.
P. Q. M. Visti gli articoli 321 del codice di procedura penale, 23 della legge n. 87 dell'11 marzo 1953, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' degli articoli 76, comma 2 e 3, comma 4 del decreto legislativo n. 159/2011 in riferimento agli articoli 3, 15, 21, 25 e 117 della Costituzione in relazione agli articoli 8 e 10 CEDU; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al pubblico ministero, alla Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai presidenti delle due camere del Parlamento. Siracusa, 24 novembre 2022 Il giudice: Palmeri