N. 6 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 febbraio 2023
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 27 febbraio 2023 (della Regione Emilia-Romagna). Istruzione - Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di bilancio 2023 - Organizzazione scolastica - Criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le Regioni - Definizione dei predetti criteri, su base triennale, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata, da adottare entro il 31 maggio dell'anno solare precedente l'anno scolastico di riferimento - Trasmissione, ai fini dell'accordo, dello schema di decreto alla Conferenza unificata entro il 15 aprile - Previsione che le Regioni, sulla base dei parametri individuati dal predetto decreto, provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno - Previsione che gli uffici scolastici regionali, sentite le Regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato - Previsione che, decorso inutilmente il termine del 31 maggio, il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le Regioni sono definiti sulla base di criteri specificamente individuati, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno - Previsione che gli uffici scolastici regionali, sentite le Regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato - Previsione di una norma transitoria per l'anno scolastico 2023-2024 e di criteri di determinazione del contingente organico per i successivi anni scolastici - Destinazione dei risparmi di spesa in un fondo istituito presso il Ministero dell'istruzione e del merito - Previsione che le risorse del fondo sono ripartite annualmente con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - Stanziamento di 1 milione di euro, per l'anno 2023, per il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico gia' esistente - Previsione che, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, sono definiti i criteri e le modalita' di ripartizione delle risorse stanziate - Istituzione di un fondo, con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per l'anno 2023, finalizzato alla valorizzazione del personale scolastico - Previsione che con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, sentite le organizzazioni sindacali, sono definiti i criteri di utilizzo delle predette risorse. - Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), art. 1, commi 557, 558, 560 e 561.(GU n.12 del 22-3-2023 )
Ricorso della Regione Emilia-Romagna (codice fiscale 80062590379), in persona del Presidente della Regione pro tempore Stefano Bonaccini, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale del 20 febbraio 2023, n. 236 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale in calce al presente ricorso, congiuntamente e disgiuntamente, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (codice fiscale FLCGDM45C06L736E) del Foro di Padova, con studio in Padova, via San Gregorio Barbarigo n. 4, telefono 049/660231, fax 049/8776503, PEC: giandomenico.falcon@ordineavvocatipadova.it e dall'avv. Andrea Manzi (codice fiscale MNZNDR64T26I804V) del Foro di Roma, con studio in Roma, via Alberico II n. 33, telefono 06/3200355, fax 06/3211370, PEC: andreamanzi@ordineavvocatiroma.org con domicilio eletto presso lo studio del secondo dei nominati difensori, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 557, 558, 560 e 561, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 303 del 29 dicembre 2022 - Supplemento ordinario n. 43/L, per violazione degli artt. 3, 5, 117, 97 secondo comma, 117 primo e terzo comma, 118 primo e secondo comma, 119 e 120 secondo comma, della Costituzione, nonche' dei principi di leale collaborazione e di ragionevolezza. Fatto Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 29 dicembre 2022, n. 303, Supplemento ordinario n. 43/L, e' stata pubblicata la legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025». L'art. 1, nei commi da 557 a 561, contiene disposizioni relative alla organizzazione del servizio scolastico, che interessano dunque la materia dell'istruzione, la quale e' di competenza regionale ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Piu' precisamente, il comma 557 contiene norme sulla organizzazione del servizio, mentre i successivi commi 558, 560 e 561 dettano norme che istituiscono fondi di settore. Il contenuto dispositivo dell'art. 1, comma 557. L'art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, inserisce nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, come convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies. L'articolo del decreto-legge oggetto della integrazione e' rubricato «Razionalizzazione della spesa relativa all'organizzazione scolastica» e, nei commi 4 e seguenti, reca diverse disposizioni relative al dimensionamento della rete scolastica. Per quanto qui piu' rileva, il comma 5-ter (che precede immediatamente quelli aggiunti dal comma 557 della legge n. 197 del 2022 qui impugnato) stabilisce quanto segue: «A decorrere dall'anno scolastico 2014-2015, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, nonche' per la sua distribuzione tra le regioni, sono definiti con decreto, avente natura non regolamentare, del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, fermi restando gli obiettivi finanziari di cui ai commi 5 e 5-bis del presente articolo. Le regioni provvedono autonomamente al dimensionamento scolastico sulla base dell'accordo di cui al periodo precedente. Fino al termine dell'anno scolastico nel corso del quale e' adottato l'accordo si applicano le regole di cui ai commi 5 e 5-bis». I commi 5 e 5-bis, cui fa riferimento il comma 5-ter, dettano regole valevoli per gli anni scolastici 2012/13 e 2013/14, e individuano i parametri per il dimensionamento delle istituzioni scolastiche autonome cui sono assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato, identificate come plessi con un numero di alunni non inferiore a 600 unita', ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche. In questo sistema, in cui il compito di determinare i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e per la distribuzione di tale contingente tra le regioni e' affidato al Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata, si innestano i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies, oggetto della presente impugnazione. Il comma 5-quater, riprendendo il sistema gia' previsto, stabilisce anzitutto al primo periodo (un periodo, invero, di complessa lettura) che «al fine di dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista dalla missione 4, componente 1, del citato Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonche' della necessita' di salvaguardare le specificita' delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche, anche prevedendo forme di compensazione interregionale, sono definiti, su base triennale con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro il 31 maggio dell'anno solare precedente all'anno scolastico di riferimento». Il terzo, quarto e quinto periodo del comma 5-quater regolano le fasi successive stabilendo, rispettivamente, che «le regioni, sulla base dei parametri individuati dal decreto di cui al primo periodo, provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto» (terzo periodo), che «con deliberazione motivata della regione puo' essere determinato un differimento temporale di durata non superiore a trenta giorni» (quarto periodo), e che «gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato» (quinto periodo). Il secondo periodo del comma 5-quater e la prima parte del primo periodo del comma 5-quinquies, invece, procedimentalizzano il meccanismo per la determinazione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e per la distribuzione di questo personale tra le regioni, stabilendo il momento della trasmissione dello schema di decreto alla Conferenza unificata, il termine per l'accordo e il termine - scaduto inutilmente il primo - per il decreto addottato in assenza di accordo. Precisamente, il secondo periodo del comma 5-quater stabilisce che «ai fini del raggiungimento dell'accordo, lo schema del decreto e' trasmesso dal Ministero dell'istruzione e del merito alla Conferenza unificata entro il 15 aprile», mentre la prima parte del primo periodo del comma 5-quinquies prevede che «decorso inutilmente il termine del 31 maggio di cui al primo periodo del comma 5-quater» - ovvero trascorsi quarantasei giorni - «il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni sono definiti con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno». Cosi' definita la tempistica, sempre il primo periodo del comma 5-quinquies detta norme relative al contenuto del decreto ministeriale, destinate a valere, secondo la lettera della disposizione, solo nel caso che il decreto sia emanato a seguito del mancato accordo con le regioni. In tale caso il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni sono definiti «sulla base di un coefficiente indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto dell'anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densita' degli abitanti per chilometro quadrato, ferma restando la necessita' di salvaguardare le specificita' delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche, nonche' da un parametro perequativo, determinato in maniera da garantire a tutte le regioni, nell'anno scolastico 2024/2025, almeno il medesimo numero di istituzioni scolastiche calcolato sulla base del parametro di cui al comma 5 e comunque entro i limiti del contingente complessivo a livello nazionale individuato ai sensi del secondo periodo». Il comma 5-quinquies detta poi, nel secondo periodo, ulteriori norme, di carattere transitorie (se cosi' si puo' dire di una durata di sette anni), relative al contenuto del decreto ministeriale, stabilendo che «al fine di garantire una riduzione graduale del numero delle istituzioni scolastiche per ciascuno degli anni scolastici considerati si applica, per i primi sette anni scolastici, un correttivo non superiore al 2 per cento anche prevedendo forme di compensazione interregionale». Il terzo periodo del comma 5-quinquies, infine, ripete, per il caso di decreto ministeriale in assenza di previo accordo con le regioni, quanto il quinto periodo del comma 5-quater prevedeva per l'attuazione del decreto a seguito di accordo, cioe' che «gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato». Il comma 5-sexies, che consta anch'esso, come il precedente, di tre periodi, nel primo contiene altre disposizioni transitorie relative ai limiti del contingente di personale, disponendo che «in sede di prima applicazione, per l'anno scolastico 2023/2024, restano ferme le disposizioni dei commi 5, 5-bis e 5-ter del presente articolo, con i parametri indicati all'articolo 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n. 178», mentre «per l'anno scolastico 2024/2025, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies del presente articolo definisce un contingente organico comunque non superiore a quello determinato mediante l'applicazione dei commi 5 e 5-bis». Il secondo periodo contiene invece la disposizione «a regime», stabilendo che «a decorrere dall'anno scolastico 2025/2026, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies definisce un contingente organico comunque non superiore a quello determinato sulla base dei criteri definiti nell'anno scolastico precedente». In questi termini, il dimensionamento dell'anno accademico 2024/2025 viene a rappresentare il «tetto», insuperabile per tutti gli anni a venire sino a nuova normazione. Infine, il terzo periodo del comma 5-sexies specifica che le «eventuali situazioni di esubero trovano compensazione nell'ambito della definizione del contingente». Il contenuto dispositivo dell'art. 1, commi 558, 560 e 561. I commi 558, 560 e 561 sono accomunati dal loro oggetto finanziario, e dal fatto che delle risorse in questione, sempre attinenti al sistema scolastico, si dispone con decreto ministeriale, senza alcuna partecipazione delle regioni: ed e' naturalmente tale omissione che forma oggetto della presente impugnazione. Secondo il comma 558, primo periodo, «i risparmi conseguiti mediante l'applicazione della disciplina di cui al comma 557 confluiscono, previo accertamento degli stessi, in un fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito e possono essere destinati ad incrementare il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all'articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il Fondo unico nazionale per la dirigenza scolastica, il Fondo integrativo di istituto, anche con riferimento alle indennita' destinate ai direttori dei servizi generali e amministrativi, il fondo di cui all'articolo 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107, nonche' al pagamento delle supplenze brevi e saltuarie del personale scolastico». Il secondo periodo precisa che «nel fondo istituito ai sensi del primo periodo confluiscono le eventuali economie derivanti dall'applicazione dell'articolo 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n. 178». Il terzo periodo affida, come accennato, al Ministro dell'istruzione e del merito (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze), il compito di ripartire annualmente con proprio decreto «le risorse del fondo istituito ai sensi del primo periodo». Secondo il comma 560, primo periodo, «al fine di assicurare il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico gia' esistente, e' stanziata la somma di 1 milione di euro, per l'anno 2023, per avviare attivita' di ricognizione e valutazione delle strutture scolastiche in dismissione, dotate di apposito certificato di agibilita', presenti su tutto il territorio nazionale, da destinare allo svolgimento delle attivita' scolastiche per l'anno scolastico 2023/2024». Anche in questo caso la disposizione affida ad un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, senza alcuna interlocuzione regionale il compito di definire «i criteri e le modalita' di ripartizione delle risorse di cui al presente comma» (secondo periodo). Il comma 561, a sua volta, stabilisce che «nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito e' istituito un fondo, con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per l'anno 2023, finalizzato alla valorizzazione del personale scolastico, con particolare riferimento alle attivita' di orientamento, di inclusione e di contrasto della dispersione scolastica, ivi comprese quelle volte a definire percorsi personalizzati per gli studenti, nonche' di quelle svolte in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza». Ed anche in questo caso il secondo periodo specifica che «con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, sentite le organizzazioni sindacali», siano definiti «i criteri di utilizzo delle risorse di cui al presente comma». Ad avviso della Regione Emilia-Romagna le disposizioni sopra esposte sono costituzionalmente illegittime per i seguenti motivi di Diritto I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557. Premessa. La Regione Emilia-Romagna impugna l'art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, che introduce i nuovi commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies nell'art. 19 del decreto-legge n. 98 del 2011, come convertito, per i seguenti profili: (i) nella parte in cui le nuove disposizioni sostanzialmente estromettono le regioni dalla concertazione in ordine alla fissazione dei criteri per la determinazione del contingente dei dirigenti e al riparto di tale contingente tra le regioni, prevedendo il passaggio alla semplice competenza ministeriale ove entro una data predeterminata non sia raggiunto l'accordo in Conferenza unificata (effetto «ghigliottina»); (ii) nella parte in cui prevedono, con norme di dettaglio, criteri rigidi, irragionevoli e contraddittori per la determinazione del predetto contingente; (iii) nelle parti in cui degradano ad un mero parere la partecipazione regionale al riparto, all'interno della regione, del contingente dei dirigenti scolastici assegnato. I.1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557, nella parte in cui introduce il comma 5-quinquies, primo periodo, nell'art. 19 del decreto-legge n. 98 del 2011, come convertito in legge, stabilendo che il semplice decorso del breve termine previsto senza che sia stato raggiunto l'accordo in Conferenza unificata consente allo Stato di provvedere unilateralmente, in violazione del principio di leale collaborazione (artt. 5 e 120, secondo comma, della Costituzione), e delle competenze amministrative della Regione in materia di istruzione (art. 118, primo e secondo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione). Risulta illegittima, anzitutto, la previsione del meccanismo a ghigliottina secondo il quale il mero decorso del tempo determina la concentrazione in capo al Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, della competenza ad adottare il decreto relativo al contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e alla sua distribuzione tra le regioni. Va premesso che la sussistenza di una competenza regionale in materia continua ad essere riconosciuta dallo stesso legislatore statale, almeno programmaticamente (o meglio «a parole»), perche' il comma 5-ter stabilisce tuttora che il decreto in parola deve essere adottato «previo accordo in sede di Conferenza unificata». Cio' che piu' conta e' che la garanzia di una concertazione con le regioni nella adozione del decreto e' imposta dall'evidente competenza costituzionale delle regioni in relazione all'organizzazione del servizio scolastico, oggetto al centro del quale sta il dimensionamento della rete scolastica, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Infatti, fin dalla sentenza n. 13 del 2004 codesta Ecc.ma Corte ha chiarito come «una volta attribuita l'istruzione alla competenza concorrente, il riparto imposto dall'art. 117 postula che, in tema di programmazione scolastica e di gestione amministrativa del relativo servizio, compito dello Stato sia solo quello di fissare principi», precisando che «la distribuzione del personale tra le istituzioni scolastiche, che certamente non e' materia di norme generali sulla istruzione, riservate alla competenza esclusiva dello Stato, in quanto strettamente connessa alla programmazione della rete scolastica, tuttora di competenza regionale, non puo' essere scorporata da questa e innaturalmente riservata per intero allo Stato; sicche', anche in relazione ad essa, la competenza statale non puo' esercitarsi altro che con la determinazione dei principi organizzativi che spetta alle regioni svolgere con una propria disciplina». Ora, e' vero che la giurisprudenza costituzionale successiva ha affermato, proprio con specifico riferimento ai dirigenti scolastici, che tale personale e' costituito da dipendenti pubblici statali e non da dipendenti regionali e che quindi su tale oggetto insiste la competenza legislativa dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione (sentenze n. 147 del 2012 e n. 76 del 2013); ma tale assunto si e' accompagnato al rilievo secondo cui la dotazione di dirigenti «incide in modo significativo sulla condizione della rete scolastica», tant'e' che, nel caso, la norma impugnata e' stata ritenuta non lesiva delle competenze regionali sul rilievo che essa non sopprimeva i posti di dirigente, «limitandosi a stabilirne un diverso modo di copertura» (cosi' la gia' citata sentenza n. 147 del 2012). Proprio in forza degli innegabili condizionamenti che le determinazioni sul contingente dei dirigenti scolastici importano a carico delle decisioni relative al dimensionamento delle istituzioni scolastiche, decisioni che sono riservate alle regioni (sentenza n. 220 del 2009, ripresa anche dalla sentenza n. 147 del 2012), ma anche per il diretto coinvolgimento degli enti regionali in relazione alla ripartizione di tale contingente tra le regioni, che costituisce l'altro contenuto del decreto ministeriale, il concorso di competenze statali con quelle regionali deve trovare composizione tramite i moduli della leale collaborazione, secondo il noto insegnamento di codesta Corte in punto di funzioni amministrative che si trovano all'incrocio di competenze dello Stato e delle regioni. Il principio di leale collaborazione, pero', e' certamente violato da una previsione secondo cui il mancato raggiungimento dell'accordo in Conferenza unificata per il mero decorso di un termine predefinito autorizza lo Stato ad agire unilateralmente, e declassa la partecipazione regionale al ruolo di un mero apporto consultivo. Secondo la consolidata giurisprudenza di codesta Corte, infatti, «il principio di leale collaborazione non consente che l'assunzione unilaterale dell'atto da parte dell'autorita' centrale sia mera conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell'intesa entro un determinato periodo di tempo (ex plurimis, sentenze n. 239 del 2013, n. 179 del 2012, n. 165 del 2011) - specie quando il termine previsto e', come nel caso, alquanto breve» (sentenza n. 1 del 2016). Anche in precedenza, nella sentenza n. 39 del 2013, codesta Corte aveva ricapitolato i precetti che discendono dal principio di leale collaborazione, osservando (i) che «nei casi in cui sia prescritta una intesa "in senso forte" tra Stato e regioni - ad esempio, per l'esercizio unitario statale, in applicazione del principio di sussidiarieta', di funzioni attribuite alla competenza regionale - il mancato raggiungimento dell'accordo non legittima, di per se', l'assunzione unilaterale di un provvedimento»; (ii) che «non e' sufficiente, in ogni caso, il formale riferimento alla necessaria osservanza del principio di leale collaborazione», dovendo invece «essere previste procedure di reiterazione delle trattative, con l'impiego di specifici strumenti di mediazione (ad esempio, la designazione di commissioni paritetiche o di soggetti "terzi"), ai quali possono aggiungersi ulteriori garanzie della bilateralita', come, ad esempio, la partecipazione della Regione alle fasi preparatorie del provvedimento statale (sentenze n. 33 e n. 165 del 2011)»; (iii) che «l'assunzione unilaterale dell'atto non puo' pertanto essere prevista come "mera conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell'intesa", con sacrificio della sfera di competenza costituzionalmente attribuita alla Regione e violazione, per l'effetto, del principio di leale collaborazione (sentenza n. 179 del 2012)». La pregnanza di quest'ultimo corollario del principio di lealta' e' tale che di esso codesta Ecc.ma Corte ha fatto applicazione anche al di fuori dei rapporti interistituzionali Stato-regioni, riconoscendo ad esso una valenza generale e logicamente necessitata, la' dove ha reputato incompatibile con gli imperativi di collaborazione «la drastica previsione, in caso di mancata intesa, della decisivita' della volonta' di una sola delle parti, la quale riduce all'espressione di un parere il ruolo dell'altra» (sentenza n. 24 del 2007). Palese e' dunque la lesione del principio di leale collaborazione, e con essa la violazione delle competenze amministrative - almeno partecipative - della Regione in materia di istruzione, compresse da una disciplina che consente un intervento statale unilaterale decorso un breve termine in assenza di accordo. Tenuto conto dal fatto che la norma impugnata istituisce un potere che presenta anche profili sostitutivi, l'incostituzionalita' della disciplina risalta inoltre anche in riferimento alla specifica evocazione del principio di leale collaborazione nell'art. 120, secondo comma, della Costituzione, il quale richiede che i poteri sostitutivi siano «esercitati nel rispetto del principio di sussidiarieta' e del principio di leale collaborazione». I.2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557, nella parte in cui introduce il comma 5-quinquies, primo periodo, e 5-sexies, nell'art. 19 del decreto-legge n. 98 del 2011, come convertito in legge, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, delle competenze amministrative della Regione in materia di istruzione (art. 118, primo e secondo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione), dei principi di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) e di buon andamento della amministrazione (art. 97, secondo comma, della Costituzione) e dell'art. 117, primo comma, della Costituzione. Illegittimi risultano, ad avviso della Regione Emilia-Romagna, anche il comma 557 nella parte in cui prevede - introducendo nell'art. 19 del decreto-legge n. 98 del 2011, come convertito, il comma 5-quinquies, primo periodo, e il comma 5-sexies - parametri fissi e rigidi che valgono per il decreto ministeriale adottato in assenza di accordo (comma 5-quinquies) o comunque parametri in riduzione del personale dirigenziale, per tutti gli anni scolastici a venire e indipendentemente da ogni altro fattore (comma 5-sexies). Piu' precisamente, come esposto in Fatto, il comma 5-quinquies, primo periodo, stabilisce che decorso inutilmente il termine del 31 maggio di cui al primo periodo del comma 5-quater, il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni sono definiti con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, «sulla base di un coefficiente indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto dell'anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densita' degli abitanti per chilometro quadrato, ferma restando la necessita' di salvaguardare le specificita' delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche, nonche' da un parametro perequativo, determinato in maniera da garantire a tutte le regioni, nell'anno scolastico 2024/2025, almeno il medesimo numero di istituzioni scolastiche calcolato sulla base del parametro di cui al comma 5 e comunque entro i limiti del contingente complessivo a livello nazionale individuato ai sensi del secondo periodo». Invero, il comma 5-quinquies, secondo periodo, tempera la rigidita' del criterio dettato al primo periodo ponendo - se si e' intesa bene la norma - un tetto del 2 per cento alla riduzione del personale. La disposizione, infatti, stabilisce che «al fine di garantire una riduzione graduale del numero delle istituzioni scolastiche per ciascuno degli anni scolastici considerati si applica, per i primi sette anni scolastici, un correttivo non superiore al 2 per cento anche prevedendo forme di compensazione interregionale». Nonostante tale temperamento, e' certo che i parametri dettati dal nuovo comma 5-quinquies, primo periodo, sono diretti a ridurre il personale dirigenziale e il personale amministrativo collegato, e dunque inevitabilmente a ridurre il numero di plessi scolastici dotati di autonomia. Alla medesima ratio risponde anche il comma 5-sexies, il quale stabilisce che «in sede di prima applicazione, per l'anno scolastico 2023/2024, restano ferme le disposizioni dei commi 5, 5-bis e 5-ter del presente articolo, con i parametri indicati all'art. 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e, per l'anno scolastico 2024/2025, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies del presente articolo definisce un contingente organico comunque non superiore a quello determinato mediante l'applicazione dei commi 5 e 5-bis» (primo periodo) e che «a decorrere dall'anno scolastico 2025/2026, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies definisce un contingente organico comunque non superiore a quello determinato sulla base dei criteri definiti nell'anno scolastico precedente» (secondo periodo), con le «eventuali situazioni di esubero» che «trovano compensazione nell'ambito della definizione del contingente» (terzo periodo). Che lo scopo delle disposizioni appena illustrate sia quello di ridurre la spesa di personale dirigenziale attraverso la riduzione del numero di dirigenti scolastici e quindi del numero di istituzioni scolastiche risulta anche dal successivo comma 558, che imprime una nuova e specifica destinazione alle risorse derivanti dalla applicazione delle misure di cui al comma 557, presupponendo dunque che le misure sull'organico producano economie di spesa. Tale conclusione e' suffragata anche dalle simulazioni per l'applicazione delle norme, che dimostrano come il numero di plessi scolastici dotati di dirigenti sara' progressivamente ridotto in una percentuale molto significativa, in modo differenziato per le diverse regioni. Senonche' le previsioni impugnate - sia quelle che riguardano il decreto assunto unilateralmente, sia quelle del comma 5-sexies che valgono in ogni caso - appaiono illegittime per diversi profili. Anzitutto, le norme impugnate appaiono eccedere strutturalmente il carattere delle norme di principio. Questo e' vero, in particolare, per quanto prevede il nuovo comma 5-quinquies, che reca parametri fissi e rigidi che richiedono una mera esecuzione, del tutto analoghi a quelli ritenuti illegittimi dalla sentenza n. 147 del 2012. E' ben vero, come ricordato sopra, che quella pronuncia aveva fatto salve le norme del decreto-legge n. 98 del 2011 in materia di contingente dei dirigenti scolastici in ragione della presenza di una competenza statale sul personale dipendente dallo Stato, ma in quella occasione codesta Corte aveva valorizzato come la norma sui dirigenti non incidesse sul dimensionamento della rete scolastica, mentre in questo caso e' vero l'opposto. In secondo luogo le norme impugnate, ponendo parametri fissi o un tetto rigido, condizionano indirettamente (comma 5-quinquies) o direttamente (comma 5-sexies, giacche' la volonta' delle regioni in sede di Conferenza e' comunque astretta dalla impossibilita' di fissare un contingente di dirigenti superiori a quello indicato per l'anno precedente) l'esercizio delle funzioni amministrative della Regione in materia di dimensionamento della rete scolastica, in violazione dell'art. 118, primo e secondo comma, della Costituzione, in combinazione con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Sotto tale profilo, le norme qui contestate sembrano svolgere una funzione di indirizzo e coordinamento dell'amministrazione regionale, funzione che nel titolo V riformato nel 2001 non ha piu' spazio, come riconosciuto dallo stesso legislatore statale nell'art. 8, comma 6, secondo periodo, della legge n. 131 del 2003 («Nelle materie di cui all'articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112»). Ancora, le disposizioni in esame appaiono irragionevoli e incompatibili con il principio di buon andamento della p.a. Infatti, esse determinano un effetto di riduzione del personale dirigenziale e dunque del numero di istituzioni scolastiche (comma 5-quinquies) o un obbligo di invarianza (comma 5-sexies, che vale sia per il decreto assunto a seguito di accordo sia per il decreto assunto unilateralmente), che - lo si noti bene - e' stabilito in via generale e per un tempo illimitato, a «decorrere dall'anno scolastico 2025/2026 ...». L'irragionevolezza del comma 5-quinquies e la sua contrarieta' al principio di buon andamento si evidenzia nella contraddittorieta' della norma rispetto a quanto previsto per il caso in cui vi sia accordo in Conferenza. L'irragionevolezza e' massima per il limite minimo del coefficiente, quello che impone per il caso del mancato accordo un dimensionamento degli istituti ben superiore a quello attualmente vigente. Posto che il compito esercitato dal Ministro dell'istruzione e del merito d'intesa con quello dell'economia e delle finanze, e' il medesimo sia con l'accordo delle regioni che in assenza di esso, non vi e' ragione per il quale, in caso di mancato accordo in Conferenza, il numero delle istituzioni scolastiche debba essere comunque ridotto in applicazione di quei parametri, impedendosi al Ministro ogni apprezzamento della situazione in concreto, con irrazionale sacrificio dell'interesse ad una buona gestione del servizio. D'altronde, neppure e' chiaro come si possano «salvaguardare le specificita' delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche» rispettando nello stesso tempo i coefficienti rigidi stabiliti dalla disposizione. Quanto al comma 5-sexies, esso comporta che indipendentemente da ogni possibile evenienza, l'amministrazione non potra' mai disporre un aumento del contingente di dirigenti, anche qualora vi siano oggettive esigenze che lo richiederebbero. In particolare, la previsione di un tetto fisso potrebbe giustificarsi come misura temporanea, in un'ottica di contingente contenimento della spesa oppure sulla base di una previsione dello stato di fatto, ma e' manifestamente irrazionale se si traduce in norma a carattere stabile e duraturo. Di qui la violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, per la irragionevolezza, e la lesione dell'imperativo di buon andamento della pubblica amministrazione, posto che la norma impedisce all'azione amministrativa di perseguire in modo efficace i suoi fini. Evidente e' la ridondanza della violazione sulle funzioni amministrative e legislative della Regione in materia scolastica, radicate negli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione. La Regione, infatti, sara' costretta a dimensionare la propria rete scolastica secondo parametri che non hanno attinenza con le esigenze del servizio, come apprezzate dall'ente competente. Nel concreto, si osserva che il comma 5-quinquies produrrebbe in Regione una riduzione degli istituti scolastici - gia' dimensionati dall'ente regionale in strutture medio-grandi - di un ulteriore 2-3 % e che il comma 5-sexies, come si e' gia' detto, impedisce pro futuro ogni intervento in aumento. Infine, la Regione ricorrente evidenzia come le norme impugnate si dichiarino funzionali alla missione 4, componente 1 (Potenziamento dell'offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle universita') del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma eludano la ratio di tale misura. Infatti, il punto n. 1.3 di tale missione, relativo alla «Riforma dell'organizzazione del sistema scolastico», non contempla affatto interventi di riduzione della spesa per il personale e quindi di riduzione del numero delle strutture - quali sono quelli disposti dalle norme impugnate - bensi' prefigura riforme che dovrebbero andare in direzione esattamente opposta, come risulta sia dalla natura generale del Piano, che e' incentrato su investimenti, sia da quanto dice il Piano stesso al punto 1.3 della misura 4, componente 1. Quest'ultimo, a proposito della organizzazione scolastica, precisa infatti che «la riforma consente di ripensare all'organizzazione del sistema scolastico con l'obiettivo di fornire soluzioni concrete a due tematiche in particolare: la riduzione del numero degli alunni per classe e il dimensionamento della rete scolastica. In tale ottica si pone il superamento dell'identita' tra classe demografica e aula, anche al fine di rivedere il modello di scuola. Cio', consentira' di affrontare situazioni complesse sotto numerosi profili, ad esempio le problematiche scolastiche nelle aree di montagna, nelle aree interne e nelle scuole di vallata. Il processo normativo sara' avviato dal Ministero dell'istruzione e concluso nel 2021». Ora, l'evocazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) non e' un riferimento pronto a tutti gli usi o un lasciapassare in bianco per le norme statali nelle materie regionali, esattamente come il riferimento dell'interesse nazionale, nel vigore del precedente titolo V, non poteva essere una mera formula magica sufficiente, una volta pronunciata, a creare una competenza dello Stato. Occorre invece, ovviamente, accertare che vi sia effettiva conformita' tra quanto disposto dalla legge statale e quanto richiesto dal PNRR, e anche in caso affermativo occorre che l'intervento statale sia effettivamente necessario e proporzionato in relazione alla attuazione del PNRR, in una logica analoga a quella della «chiamata in sussidiarieta'», visto che anche nella attuazione degli obblighi europei va osservato l'ordine costituzionale delle competenze, come si ricava dall'art. 117, commi primo e quinto, della Costituzione, e come codesta Corte costituzionale ha in piu' occasioni confermato. Nel presente caso la Regione osserva che le disposizioni impugnate non sono affatto funzionali al PNRR ma anzi ne eludono lo specifico obiettivo di cui alla misura 4, comma 1, che vorrebbe un potenziamento e non un indebolimento della rete scolastica, sicche' si evidenzia piuttosto una violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli obblighi europei collegati al carattere vincolante del PNRR, come previsto dal regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza. Anche per questa violazione e' palese la ridondanza sulle funzioni normative ed amministrative della Regione (artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione) in materia di istruzione, in ragione degli effetti che le norme impugnate hanno sul dimensionamento della rete scolastica, che e' oggetto di competenza regionale. I.3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557, nella parte in cui introduce il comma 5-quater, ultimo periodo, e 5-quinquies, ultimo periodo, nell'art. 19 del decreto-legge n. 98 del 2011, come convertito in legge, i quali, stabilendo che gli uffici scolastici regionali provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato «sentite le regioni», anziche' «d'intesa con le regioni», violano il principio di leale collaborazione (artt. 5 e 120, secondo comma, della Costituzione), il principio di sussidiarieta' (art. 118, primo comma, della Costituzione) e le competenze amministrative della Regione in materia di istruzione (art. 118, primo e secondo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione). I nuovi commi 5-quater e 5-quinquies del decreto-legge n. 98 del 2011, come convertito, contengono nel loro ultimo periodo la disposizione secondo cui «gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato». La Regione osserva che tale funzione deve essere esercitata d'intesa con la Regione stessa, giacche' se la competenza statale si giustifica (provvisoriamente, come codesta Corte ha chiarito nella sentenza n. 13 del 2004) con il carattere ancora statale del relativo personale la riduzione della partecipazione regionale ad un apporto consultivo e' lesiva del principio di leale collaborazione, del principio di sussidiarieta' e delle competenze amministrative della Regione in materia di organizzazione del servizio scolastico (art. 118, primo e secondo comma, della Costituzione, in relazione alla materia istruzione di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione). Infatti, considerato (i) che la dimensione regionale dell'interesse e' dichiarata dalla intestazione della funzione all'ufficio scolastico regionale, organo periferico del Ministero della istruzione e del merito; (ii) che la scelta delle istituzioni nelle quali allocare il personale dirigenziale tocca l'organizzazione del servizio e non i profili che attengono allo status del personale o al rapporto d'impiego; (iii) che la perdurante intestazione del potere in capo ad organo statale risponde al ritardo nella regionalizzazione del personale, a sua volta connessa con la mancata piena attuazione dei principi di cui all'art. 119 della Costituzione; ne consegue che la Regione non puo' legittimamente essere estromessa dall'esercizio di questa funzione. Per tale ragione si chiede la dichiarazione di incostituzionalita' delle due disposizioni impugnate, nella parte in cui prevedono che gli uffici scolastici regionali provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato «sentite le regioni», anziche' «d'intesa con le regioni» (intendendosi, in questo caso, ciascuna regione interessata). II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 558, terzo periodo, 560, secondo periodo e 561, secondo periodo, della legge n. 197 del 2022. II.1. Premessa comune all'impugnazione dei tre commi. Ferme restando le censure rivolte al comma 557, la Regione Emilia-Romagna prende atto della circostanza che i diversi fondi finanziati con le risorse derivanti dai risparmi conseguiti mediante l'applicazione del comma 557 sono destinati, in prevalenza, alla spesa per il personale scolastico, che e' tuttora personale statale. Tuttavia, essa ritiene che alle decisioni sulla loro destinazione debbano essere chiamate a partecipare le regioni, secondo i principi che sia consentito qui di riassumere. Come ben noto, i principi costituzionali in materia di autonomia finanziaria, scolpiti nell'art. 119 della Costituzione, (i) garantiscono agli enti territoriali, e per quanto qui di interesse alle regioni, una «autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci» (primo comma); (ii) assicurano la titolarita' di «risorse autonome», il potere di stabilire ed applicare «tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» e la disponibilita' di «compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio» (secondo comma, rispettivamente primo, secondo e terzo periodo); (iii) precisano che «le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai comuni, alle province, alle citta' metropolitane e alle regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite» (quarto comma); (iv) consentono allo Stato, per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarieta' sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, di destinare «risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali in favore di determinati comuni, province, citta' metropolitane e regioni» (quinto comma). In applicazione di tali disposizioni la costante giurisprudenza di codesta Corte costituzionale ha ritenuto illegittima, in linea di principio, la previsione di fondi settoriali nelle materie di competenza regionale, tranne che per l'ipotesi particolare delle risorse aggiuntive e degli interventi speciali regolata dal comma quinto dell'art. 119 della Costituzione (misure che pero' sono destinate a singoli e determinati enti). Tale divieto di principio deve ritenersi se possibile ancora piu' rigoroso dopo la modifica dell'art. 119 della Costituzione operata dalla legge costituzionale n. 2 del 2022, la quale ha introdotto, come comma sesto della disposizione in esame, la norma programmatica secondo cui «la Repubblica riconosce le peculiarita' delle isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall'insularita'». Tale norma, prevedendo una possibilita' ulteriore di intervento dello Stato - in quanto componente della Repubblica - in favore dei territori isolani e finalizzando tale intervento alla compensazione degli svantaggi della insularita', rappresenta, infatti, una ulteriore conferma del divieto generale per lo Stato di interferire con le competenze regionali mediante fondi di settore. Pur a fronte di tale regola generale, codesta Ecc.ma Corte, in via sistematica, ha enucleato casi di deroga ulteriori rispetto a quelli espressamente previsti dall'art. 119 della Costituzione, ammettendo che lo Stato possa intervenire direttamente tramite fondi nelle materie regionali (i) nel caso di funzioni attratte in sussidiarieta' e (ii) nel caso di intreccio, o di concorso, tra materie statali e materie regionali. In entrambe le ipotesi, tuttavia, la giurisprudenza costituzionale ha invariabilmente richiesto, quale condizione di legittimita' costituzionale della previsione legislativa di tali fondi, che fosse rispettato il principio di leale collaborazione, in particolare mediante la previsione di una necessaria intesa con la Conferenza Stato-regioni. Riassumendo e confermando i propri indirizzi in materia, nella sentenza n. 179 del 2022, punto 6, la Corte ricorda di avere «piu' volte affermato la necessita' di applicare il principio di leale collaborazione nei casi in cui lo Stato preveda un finanziamento, con vincolo di destinazione, incidente su materie di competenza regionale (residuale o concorrente): ipotesi nella quale, ai fini della salvaguardia di tali competenze, la legge statale deve prevedere strumenti di coinvolgimento delle regioni nella fase di attuazione della normativa, nella forma dell'intesa o del parere, in particolare quanto alla determinazione dei criteri e delle modalita' del riparto delle risorse destinate agli enti territoriali (da ultimo, sentenze n. 123 e n. 114 del 2022)». La medesima pronuncia ha altresi' ricordato che la necessita' di predisporre simili strumenti partecipativi ricorre principalmente in due casi: «in primo luogo, quando vi sia un intreccio (ovvero una interferenza o concorso) di competenze legislative, che non permetta di individuare un "ambito materiale che possa considerarsi nettamente prevalente sugli altri" (sentenza n. 71 del 2018; in senso analogo, sentenze n. 114 e n. 40 del 2022, n. 104 del 2021, n. 74 e n. 72 del 2019 e n. 185 del 2018); in secondo luogo, nei casi in cui la disciplina del finanziamento trovi giustificazione nella cosiddetta attrazione in sussidiarieta' della stessa allo Stato, ai sensi dell'art. 118, primo comma, della Costituzione (ex plurimis, sentenze n. 123, n. 114 e n. 40 del 2022, n. 74 del 2019, n. 71 e n. 61 del 2018)». II.2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 558, terzo periodo, nella parte in cui assegna ad un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di ripartire annualmente le risorse di cui al primo periodo della disposizione, senza prevedere il necessario coinvolgimento delle regioni, per violazione del principio di leale collaborazione (artt. 5 e 120, secondo comma, della Costituzione), delle competenze legislative ed amministrative in materia di istruzione (art. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione), nonche' dei principi costituzionali in materia di autonomia finanziaria delle regioni (art. 119 della Costituzione). Come esposto in narrativa, il comma 558 prevede, nei suoi primi due periodi, che i risparmi conseguiti mediante l'applicazione della disciplina di cui al comma 557, nonche' le eventuali economie derivanti dall'applicazione dell'art. 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 confluiscano in un fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito, e che tali risorse possano essere destinate ad incrementare il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all'art. 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il Fondo unico nazionale per la dirigenza scolastica, il Fondo integrativo di istituto, il fondo di cui all'art. 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107, nonche' al pagamento delle supplenze brevi e saltuarie del personale scolastico. Oggetto di impugnazione e' il terzo periodo, nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con cui sono ripartite le risorse rivenienti dai risparmi conseguiti in applicazione del comma 557, sia adottato con il coinvolgimento delle regioni. Osserva, infatti, che i fondi finanziabili menzionati nel secondo periodo non si esauriscono nella provvista di spesa per il personale e, soprattutto, che l'allocazione delle risorse finanziarie tra i diversi fondi e' una scelta che si intreccia indissolubilmente con l'organizzazione del servizio scolastico, trattandosi di decisione - di natura essenzialmente politica, come e' confermato dal carattere facoltizzante della norma impugnata - con la quale si stabiliscono priorita' e dunque si individuano interessi da perseguire. Cosi', non e' certo indifferente, per la stessa organizzazione del servizio scolastico, che si decida di finanziare in prevalenza le attivita' aggiuntive dei docenti o del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, coperte dal Fondo integrativo di istituto, o di favorire il miglioramento della istruzione mediante l'incremento del Fondo «La Buona Scuola», oppure ancora di aumentare la provvista per le supplenze brevi e occasionali. Proprio il carattere settoriale e particolare dei fondi considerati dal secondo periodo del comma 558, che sono fondi distinti da quello ordinario per la retribuzione del personale, dimostra l'intento del legislatore di attribuire al Ministero il compito di orientare il servizio scolastico in diverse possibili direzioni con scelte attuative diverse ed alternative; ma tale opzione, per essere compatibile con le competenze normative ed amministrative sulla scuola garantite alla Regione dagli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione, deve assicurare, in osservanza del principio di leale collaborazione che sin dalla sentenza n. 303 del 2003 accompagna l'attrazione al centro di competenze in sussidiarieta', anche la partecipazione regionale. E' chiaro, infatti, che la decisione sul riparto delle risorse tra i vari fondi non puo' vedere escluse le regioni, non potendo la competenza regionale sulla organizzazione del servizio scolastico - che costituisce il nucleo della materia di competenza concorrente della «istruzione» - essere sovrascritta dalla competenza statale sul personale, la quale, per di piu', rimane in linea di principio una competenza provvisoria, secondo quanto affermato dalla sentenza n. 13 del 2014. Il ritardo nella attuazione dell'art. 119 della Costituzione, imputabile allo Stato, non puo' dare a questo titolo giuridico per governare in solitaria il sistema scolastico, sul presupposto che il relativo personale e' ancora retribuito dallo Stato. Vale quanto si e' gia' osservato sopra in relazione alla esigenza di assicurare il principio di leale collaborazione, attraverso la previsione del necessario coinvolgimento delle regioni, ogni volta che lo Stato, in forza di titoli propri che si intreccino a competenze regionale, vada a condizionare o ad orientare funzioni regionali attraverso il finanziamento di fondi settoriali. In conclusione, la Regione ricorrente ritiene che l'omessa previsione della partecipazione regionale alla formazione del decreto, nella forma dell'intesa in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome, o in subordine nella forma che codesta Ecc.ma Corte ritenga costituzionalmente dovuta, sia incostituzionale, in quanto (i) lesiva delle competenze amministrative della Regione in materia di organizzazione del servizio scolastico; (ii) elusiva dei precetti dell'art. 119 della Costituzione in materia di autonomia finanziaria della Regione e di limiti alla previsione di fondi di settore; (iii) comunque irrispettosa del principio di leale collaborazione, sancito dagli artt. 5 e 120, secondo comma, della Costituzione. Per tali ragioni la Regione Emilia-Romagna chiede che la disposizione impugnata sia dichiarata costituzionalmente illegittima in parte qua. III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 560 nella parte in cui prevede che il decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, che definisce i criteri e le modalita' di ripartizione delle risorse di cui allo stesso comma 560, sia adottato senza la necessaria concertazione con le regioni, per violazione del principio di leale collaborazione (artt. 5 e 120, secondo comma, della Costituzione), delle competenze legislative ed amministrative in materia di istruzione (artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione), nonche' dei principi costituzionali in materia di autonomia finanziaria delle regioni (art. 119 della Costituzione). L'art. 1, comma 560, primo periodo, della legge n. 197 del 2022, in vista del recupero e della riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico gia' esistente, stanzia per il 2023 la somma di 1 milione di euro, per «avviare attivita' di ricognizione e valutazione delle strutture scolastiche in dismissione», per consentirne la destinazione «allo svolgimento delle attivita' scolastiche per l'anno scolastico 2023/2024». Il secondo periodo affida ad un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito la definizione dei criteri e delle modalita' di ripartizione delle risorse contestualmente stanziate dalla norma. La Regione Emilia-Romagna impugna tale secondo periodo in quanto esso non prevede alcuna forma di concertazione regionale sul decreto ministeriale, e in particolare non prevede che l'atto sia emanato previa intesa con le regioni. Sembra alla Regione Emilia-Romagna chiaro che il mancato coinvolgimento regionale nella gestione di un fondo settoriale sia evidentemente affetto da illegittimita' costituzionale, trattandosi di risorse destinate - come dice la stessa norma - «in vista del recupero e della riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico gia' esistente» e dunque allocate in un ambito di sicura competenza regionale, quale e' l'edilizia scolastica, che si pone all'incrocio delle competenze concorrenti sul governo del territorio, sulla energia, sulla protezione civile, oltre che naturalmente sulla stessa istruzione. Specificamente, l'omessa previsione della partecipazione regionale nella definizione, tramite decreto del Ministro della istruzione e del merito, dei criteri per la gestione delle risorse, vizia la disposizione, per violazione di diversi parametri: (i) il principio, ricavato dall'art. 119 della Costituzione, secondo cui le risorse per l'esercizio delle funzioni amministrative vanno trasferite alla Regione senza vincolo di destinazione; (ii) l'art. 118, primo e secondo comma, in combinazione con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, disposizioni in forza delle quali le funzioni amministrative nelle materie di competenza regionale vanno allocate secondo criteri di sussidiarieta' e sono regolate dalla legge regionale, nel quadro dei principi fondamentali della materia stabiliti dalla legge dello stato; (iii) il principio di leale collaborazione, fondato sull'art. 5 della Costituzione e sancito dall'art. 120, secondo comma, della Costituzione, principio che esige, quale condizione di legittimita' delle norme statali che prevedono fondi a destinazione vincolata nelle materie regionali residuali o concorrenti, la partecipazione regionale nella determinazione delle modalita' di gestione di tali fondi. La disposizione, dunque, puo' essere ricondotta a legittimita' costituzionale solo tramite la previsione della necessita' del coinvolgimento delle regioni, nella forma della intesa. L'interesse della Regione ricorrente, infatti, e' di vedere salvaguardate le proprie competenze normative ed amministrative attraverso la partecipazione al procedimento di formazione del decreto ministeriale, partecipazione che e' imposta dal principio di leale collaborazione e che invece e' stata pretermessa nella previsione impugnata, nella forma piu' intensa possibile, considerati l'alto livello di discrezionalita' della scelta (si tratta della determinazione dei criteri, oltre che delle modalita', di destinazione delle risorse) e l'ascrivibilita' dell'intervento ad una materia pienamente regionale (l'edilizia scolastica, oggetto che e' un elemento importante dell'organizzazione scolastica, e che e' stata ricondotta dalla giurisprudenza costituzionale anche alle materie, sempre di competenza regionale concorrente, quali il «governo del territorio», la «energia» e la «protezione civile»: in questo senso si vedano la sentenza n. 71 del 2018, punto 4, e la sentenza n. 284 del 2016, punto 11.2). Quanto alla sede dell'intesa, la Regione ritiene che questa debba essere individuata nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, come gia' affermato, a proposito di un precedente fondo settoriale in materia di edilizia scolastica dalla sentenza n. 71 del 2018 o in subordine, rilevando anche il coinvolgimento delle competenze comunali e provinciali in relazione alla gestione dei locali scolastici, nella Conferenza unificata. Solo in ulteriore subordine, per compiutezza di domanda, la Regione chiede che, ove codesta Ecc.ma Corte dovesse ritenere non dovuta la vera e propria intesa, la partecipazione delle regioni alle decisioni venga assicurata almeno con un parere obbligatorio e necessario delle stesse conferenze. IV. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 561, nella parte in cui affida ad un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito il compito di definire i criteri di utilizzo delle risorse di cui allo stesso comma 561, senza prevedere che tale decreto sia adottato previa la necessaria intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, o in subordine senza il necessario coinvolgimento delle regioni, per violazione del principio di leale collaborazione (artt. 5 e 120, secondo comma, della Costituzione), delle competenze legislative ed amministrative in materia di istruzione (artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione), nonche' dei principi costituzionali in materia di autonomia finanziaria delle regioni (art. 119 della Costituzione). L'art. 1, comma 561, primo periodo, della legge n. 197 del 2022 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito un fondo, con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per l'anno 2023, finalizzato alla valorizzazione del personale scolastico «con particolare riferimento alle attivita' di orientamento, di inclusione e di contrasto della dispersione scolastica, ivi comprese quelle volte a definire percorsi personalizzati per gli studenti», nonche' a «quelle svolte in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza». Il secondo periodo dello stesso comma 561 dispone che i criteri di utilizzo delle risorse riversate nel predetto fondo sono stabiliti, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 197 del 2022, da un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, «sentite le organizzazioni sindacali». Ad avviso della ricorrente Regione, tale disposizione e' costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede alcuna forma di concertazione regionale sul decreto ministeriale, e in particolare la necessita' di intesa, da assumere in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome o, in subordine, altra forma di partecipazione regionale necessaria al procedimento di formazione del decreto. Le ragioni che fondano tale illegittimita' corrispondono in larga misura a quelle esposte nel motivo di impugnazione del comma 560, svolto al punto precedente, nel quale si sono ricostruiti i principi costituzionali che condizionano l'intervento dello Stato con fondi di settore nelle materie di competenza regionale alle quali, dunque, per ragioni di sinteticita' espositiva si fa rinvio. Ribadito dunque che nelle materie regionali di competenza residuale e concorrente i Fondi statali a destinazione vincolata, fuori della ipotesi degli interventi speciali previsti dall'art. 119, quinto comma, della Costituzione, sono ammessi solo (i) in presenza di esigenze di esercizio unitario di una funzione, secondo lo schema della chiamata in sussidiarieta', ovvero (ii) nel caso di intreccio con competenze esclusive dello Stato, e che in entrambe queste ipotesi e' necessario il rispetto del principio di leale collaborazione assicurato dal necessario coinvolgimento regionale nella gestione delle risorse, risulta agevole osservare che la disposizione impugnata non soddisfa quest'ultimo requisito. Sotto tale profilo, e dunque per l'omesso coinvolgimento delle regioni nella procedura di adozione del decreto ministeriale, il comma impugnato e' incostituzionale (i) in quanto lede la autonomia finanziaria della Regione, strutturata dai principi dell'art. 119 della Costituzione come ricostruiti supra; (ii) perche' condiziona, tramite lo stanziamento di risorse e la loro allocazione a mezzo di un decreto ministeriale, l'esercizio di funzioni amministrative regionali in materia di organizzazione del servizio scolastico, funzioni che spettano alla Regione ai sensi degli artt. 118, primo e secondo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione; (iii) perche' e' incompatibile con il principio di leale collaborazione (artt. 5 e 120, secondo comma, della Costituzione), che impone di recuperare in sede di esercizio della funzione amministrativa la partecipazione dell'ente che si e' visto sottratta la funzione in vista di esigenze di esercizio unitario ovvero in ragione della compresenza di interessi affidati alla cura dello Stato dall'art. 117, secondo comma, della Costituzione. E' certo, del resto, che la disposizione riguarda la gestione di un fondo settoriale in una materia di sicura competenza regionale, quale e' l'istruzione scolastica e segnatamente l'organizzazione scolastica. Si tratta, infatti, di un fondo teleologicamente orientato a promuovere iniziative di orientamento, di inclusione e di contrasto della dispersione scolastica, compresa la definizione di percorsi personalizzati per gli studenti, nonche' - genericamente - al finanziamento delle iniziative svolte in attuazione del PNRR: cioe', in altre parole, di interventi sicuramente ascrivibili al servizio scolastico. Il fatto che le risorse stanziate dal comma 561 siano destinate a tali iniziative per il tramite della «valorizzazione del personale scolastico» non puo' certo valere a rimuovere la competenza regionale sul servizio scolastico. Posto, infatti, che il servizio scolastico e' affidato in larga parte a risorse umane, considerare estraneo alla potesta' regionale in materia di istruzione tutto cio' che si connette al rapporto di servizio che lega il personale docente e quello ausiliario al Ministero condurrebbe al completo assorbimento della competenza regionale nella competenza statale sulla organizzazione amministrativa dello Stato. Questo e' tanto piu' vero nel presente caso, visto che non si tratta qui di una astratta e generica «valorizzazione del personale scolastico», ma di una valorizzazione finalizzata al compimento delle funzioni caratteristiche della scuola e dell'istruzione. Tale dato riporta le corrispondenti attivita' in modo prevalente, o comunque in modo ineludibile, nell'ambito della materia istruzione, e richiede dunque il coinvolgimento delle regioni. Al piu', la competenza statale sul personale statale per gli aspetti legati al rapporto di lavoro puo' portare a riconoscere un concorso di competenze, ma tale intreccio, appunto, consente la previsione di un fondo vincolato a condizione che sia previsto un coinvolgimento partecipativo regionale nella gestione delle risorse: condizione che, come si e' esposto, non e' qui osservata. La disposizione potra' essere dunque ricondotta a legittimita' costituzionale solo tramite la previsione delle necessita' del coinvolgimento delle regioni, nella forma della intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Infatti, considerata la politicita' della scelta (si tratta della determinazione di criteri generali di destinazione di risorse, alle quali la legge si limita ad imprimere una finalizzazione molto generica) e l'appartenenza degli interventi - almeno nei qualificanti profili teleologici (la' dove il dato finanziario e' per definizione «neutro») - alla competenza regionale, si impone qui un modulo vocazionalmente paritetico di collaborazione. Solo in subordine, la Regione chiede che sia comunque garantita la partecipazione regionale nelle forme, diverse dalla intesa, che codesta Ecc.ma Corte ritenesse comunque adeguate per la salvaguardia delle competenze costituzionali della ricorrente, lese dalla disposizione impugnata.
P.Q.M. Per le esposte ragioni, la Regione Emilia-Romagna, come sopra rappresentata e difesa, chiede voglia codesta Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 557, 558, 560 e 561, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025», nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Padova-Roma, 27 febbraio 2023 Gli Avvocati: Falcon-Manzi