N. 6 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 febbraio 2023

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 27 febbraio 2023 (della Regione Emilia-Romagna). 
 
Istruzione - Bilancio e contabilita' pubblica  -  Legge  di  bilancio
  2023 - Organizzazione scolastica - Criteri per la  definizione  del
  contingente organico dei dirigenti scolastici e dei  direttori  dei
  servizi generali e amministrativi e la  sua  distribuzione  tra  le
  Regioni - Definizione dei predetti criteri, su base triennale,  con
  decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto  con
  il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo  in  sede
  di Conferenza unificata, da adottare entro il 31  maggio  dell'anno
  solare precedente l'anno scolastico di riferimento -  Trasmissione,
  ai fini dell'accordo,  dello  schema  di  decreto  alla  Conferenza
  unificata entro il 15 aprile - Previsione  che  le  Regioni,  sulla
  base dei parametri individuati  dal  predetto  decreto,  provvedono
  autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il  30
  novembre di ogni  anno  -  Previsione  che  gli  uffici  scolastici
  regionali, sentite le Regioni,  provvedono  alla  ripartizione  del
  contingente dei dirigenti scolastici assegnato  -  Previsione  che,
  decorso inutilmente  il  termine  del  31  maggio,  il  contingente
  organico dei dirigenti  scolastici  e  dei  direttori  dei  servizi
  generali e amministrativi e la sua  distribuzione  tra  le  Regioni
  sono definiti sulla base di criteri specificamente individuati, con
  decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto  con
  il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il  30
  giugno - Previsione che gli uffici scolastici regionali, sentite le
  Regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti
  scolastici assegnato - Previsione  di  una  norma  transitoria  per
  l'anno scolastico 2023-2024 e  di  criteri  di  determinazione  del
  contingente  organico  per   i   successivi   anni   scolastici   -
  Destinazione dei risparmi di spesa in un fondo istituito presso  il
  Ministero dell'istruzione e del merito - Previsione che le  risorse
  del fondo sono  ripartite  annualmente  con  decreto  del  Ministro
  dell'istruzione  e  del  merito,  di  concerto  con   il   Ministro
  dell'economia e delle finanze - Stanziamento di 1 milione di  euro,
  per  l'anno  2023,  per  il  recupero  e  la  riqualificazione  del
  patrimonio edilizio scolastico gia' esistente - Previsione che, con
  decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, sono definiti  i
  criteri e le modalita' di ripartizione delle  risorse  stanziate  -
  Istituzione di un fondo, con una dotazione iniziale di 150  milioni
  di euro  per  l'anno  2023,  finalizzato  alla  valorizzazione  del
  personale scolastico - Previsione  che  con  decreto  del  Ministro
  dell'istruzione e del merito, sentite le organizzazioni  sindacali,
  sono definiti i criteri di utilizzo delle predette risorse. 
- Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2023-2025), art. 1, commi 557, 558, 560 e 561. 
(GU n.12 del 22-3-2023 )
    Ricorso   della   Regione    Emilia-Romagna    (codice    fiscale
80062590379), in persona del Presidente  della  Regione  pro  tempore
Stefano  Bonaccini,  autorizzato  con  deliberazione   della   Giunta
regionale del 20 febbraio 2023, n.  236  (doc.  1),  rappresentata  e
difesa, come da  procura  speciale  in  calce  al  presente  ricorso,
congiuntamente e disgiuntamente, dall'avv. prof. Giandomenico  Falcon
(codice fiscale FLCGDM45C06L736E) del Foro di Padova, con  studio  in
Padova, via San Gregorio Barbarigo n.  4,  telefono  049/660231,  fax
049/8776503,   PEC:   giandomenico.falcon@ordineavvocatipadova.it   e
dall'avv. Andrea Manzi (codice fiscale MNZNDR64T26I804V) del Foro  di
Roma, con studio in Roma, via Alberico II n. 33, telefono 06/3200355,
fax 06/3211370, PEC: andreamanzi@ordineavvocatiroma.org con domicilio
eletto presso lo studio del secondo dei nominati  difensori,  per  la
dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi
557, 558, 560 e 561, della legge 29 dicembre 2022,  n.  197,  recante
«Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2023  e
bilancio pluriennale per il  triennio  2023-2025»,  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie  generale  -  n.
303 del 29  dicembre  2022  -  Supplemento  ordinario  n.  43/L,  per
violazione degli artt. 3, 5, 117, 97 secondo comma, 117 primo e terzo
comma, 118 primo e secondo comma, 119  e  120  secondo  comma,  della
Costituzione, nonche' dei  principi  di  leale  collaborazione  e  di
ragionevolezza. 
 
                                Fatto 
 
    Nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  del   29
dicembre 2022, n.  303,  Supplemento  ordinario  n.  43/L,  e'  stata
pubblicata la legge 29 dicembre 2022, n. 197,  recante  «Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2023  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2023-2025». 
    L'art. 1, nei commi da 557 a 561, contiene disposizioni  relative
alla organizzazione del servizio scolastico, che  interessano  dunque
la materia dell'istruzione, la quale e' di  competenza  regionale  ai
sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    Piu'  precisamente,   il   comma   557   contiene   norme   sulla
organizzazione del servizio, mentre i successivi commi 558, 560 e 561
dettano norme che istituiscono fondi di settore. 
Il contenuto dispositivo dell'art. 1, comma 557. 
    L'art. 1, comma 557, della  legge  n.  197  del  2022,  inserisce
nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, come  convertito
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, i commi 5-quater,  5-quinquies  e
5-sexies. 
    L'articolo  del  decreto-legge  oggetto  della  integrazione   e'
rubricato «Razionalizzazione della spesa relativa  all'organizzazione
scolastica» e, nei commi 4  e  seguenti,  reca  diverse  disposizioni
relative al dimensionamento della rete scolastica. 
    Per  quanto  qui  piu'  rileva,  il  comma  5-ter  (che   precede
immediatamente quelli aggiunti dal comma 557 della legge n.  197  del
2022 qui impugnato) stabilisce quanto segue: «A  decorrere  dall'anno
scolastico 2014-2015, i criteri per la  definizione  del  contingente
organico  dei  dirigenti  scolastici  e  dei  direttori  dei  servizi
generali e amministrativi, nonche' per la sua  distribuzione  tra  le
regioni, sono definiti con decreto, avente natura non  regolamentare,
del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e  della  ricerca,  di
concerto con  il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  previo
accordo in sede di Conferenza unificata di  cui  all'articolo  8  del
decreto  legislativo  28  agosto   1997,   n.   281,   e   successive
modificazioni, fermi restando gli  obiettivi  finanziari  di  cui  ai
commi  5  e  5-bis  del  presente  articolo.  Le  regioni  provvedono
autonomamente al dimensionamento scolastico sulla  base  dell'accordo
di cui al periodo precedente. Fino al  termine  dell'anno  scolastico
nel corso del quale e' adottato l'accordo si applicano le  regole  di
cui ai commi 5 e 5-bis». 
    I commi 5 e 5-bis, cui fa riferimento  il  comma  5-ter,  dettano
regole  valevoli  per  gli  anni  scolastici  2012/13  e  2013/14,  e
individuano i parametri  per  il  dimensionamento  delle  istituzioni
scolastiche autonome cui  sono  assegnati  dirigenti  scolastici  con
incarico a tempo  indeterminato,  identificate  come  plessi  con  un
numero di alunni non inferiore a 600 unita', ridotto fino a  400  per
le istituzioni site nelle piccole isole, nei  comuni  montani,  nelle
aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche. 
    In questo sistema, in cui il compito di determinare i criteri per
la definizione del contingente organico dei  dirigenti  scolastici  e
dei  direttori  dei  servizi  generali  e  amministrativi  e  per  la
distribuzione di tale contingente  tra  le  regioni  e'  affidato  al
Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze, previo accordo in sede  di  Conferenza  unificata,  si
innestano i commi 5-quater, 5-quinquies  e  5-sexies,  oggetto  della
presente impugnazione. 
    Il  comma  5-quater,  riprendendo  il  sistema   gia'   previsto,
stabilisce  anzitutto  al  primo  periodo  (un  periodo,  invero,  di
complessa  lettura)  che   «al   fine   di   dare   attuazione   alla
riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano  nazionale
di ripresa e resilienza, a decorrere dall'anno scolastico  2024/2025,
i criteri per la definizione del contingente organico  dei  dirigenti
scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la
sua distribuzione tra le regioni, tenendo conto del  parametro  della
popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista
dalla missione 4, componente 1, del citato Piano nazionale di ripresa
e  resilienza,  nonche'  della   necessita'   di   salvaguardare   le
specificita'  delle  istituzioni  scolastiche  situate   nei   comuni
montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche  caratterizzate
da specificita' linguistiche, anche prevedendo forme di compensazione
interregionale,  sono  definiti,  su  base  triennale  con  eventuali
aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del
merito, di concerto con il Ministro dell'economia  e  delle  finanze,
previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo  8
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro  il
31  maggio  dell'anno  solare  precedente  all'anno   scolastico   di
riferimento». 
    Il terzo, quarto e quinto periodo del comma 5-quater regolano  le
fasi successive stabilendo, rispettivamente, che «le  regioni,  sulla
base dei parametri individuati dal decreto di cui al  primo  periodo,
provvedono autonomamente al  dimensionamento  della  rete  scolastica
entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale
individuato  dal  medesimo  decreto»  (terzo   periodo),   che   «con
deliberazione motivata  della  regione  puo'  essere  determinato  un
differimento temporale di  durata  non  superiore  a  trenta  giorni»
(quarto periodo), e che «gli uffici scolastici regionali, sentite  le
regioni, provvedono alla ripartizione del contingente  dei  dirigenti
scolastici assegnato» (quinto periodo). 
    Il secondo periodo del comma 5-quater e la prima parte del  primo
periodo  del  comma  5-quinquies,  invece,   procedimentalizzano   il
meccanismo  per  la  determinazione  del  contingente  organico   dei
dirigenti  scolastici  e  dei  direttori  dei  servizi   generali   e
amministrativi e per la distribuzione  di  questo  personale  tra  le
regioni, stabilendo il momento della  trasmissione  dello  schema  di
decreto alla Conferenza unificata, il  termine  per  l'accordo  e  il
termine - scaduto inutilmente il primo - per il decreto addottato  in
assenza di accordo. 
    Precisamente, il secondo periodo del  comma  5-quater  stabilisce
che «ai fini del raggiungimento dell'accordo, lo schema  del  decreto
e'  trasmesso  dal  Ministero  dell'istruzione  e  del  merito   alla
Conferenza unificata entro il 15 aprile», mentre la prima  parte  del
primo periodo del comma 5-quinquies prevede che «decorso  inutilmente
il termine del 31 maggio di cui al primo periodo del comma  5-quater»
- ovvero trascorsi quarantasei giorni - «il contingente organico  dei
dirigenti  scolastici  e  dei  direttori  dei  servizi   generali   e
amministrativi e la sua distribuzione tra le  regioni  sono  definiti
con decreto del Ministro dell'istruzione e del  merito,  di  concerto
con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare  entro  il
30 giugno». 
    Cosi' definita la tempistica, sempre il primo periodo  del  comma
5-quinquies  detta  norme   relative   al   contenuto   del   decreto
ministeriale,  destinate  a  valere,   secondo   la   lettera   della
disposizione, solo nel caso che il decreto sia emanato a seguito  del
mancato accordo con le regioni. In tale caso il contingente  organico
dei dirigenti scolastici e  dei  direttori  dei  servizi  generali  e
amministrativi e la sua distribuzione tra le  regioni  sono  definiti
«sulla base di un coefficiente indicato  dal  decreto  medesimo,  non
inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri,
su base regionale, relativi al numero  degli  alunni  iscritti  nelle
istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto  dell'anno
scolastico di riferimento, integrato  dal  parametro  della  densita'
degli abitanti per chilometro quadrato, ferma restando la  necessita'
di  salvaguardare  le  specificita'  delle  istituzioni   scolastiche
situate  nei  comuni  montani,  nelle  piccole  isole  e  nelle  aree
geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche,  nonche'  da
un parametro perequativo, determinato in maniera da garantire a tutte
le regioni, nell'anno scolastico 2024/2025, almeno il medesimo numero
di istituzioni scolastiche calcolato sulla base del parametro di  cui
al comma 5 e comunque entro i limiti del  contingente  complessivo  a
livello nazionale individuato ai sensi del secondo periodo». 
    Il comma 5-quinquies detta poi, nel  secondo  periodo,  ulteriori
norme, di carattere transitorie (se cosi' si puo' dire di una  durata
di sette anni),  relative  al  contenuto  del  decreto  ministeriale,
stabilendo che «al fine  di  garantire  una  riduzione  graduale  del
numero  delle  istituzioni  scolastiche  per  ciascuno   degli   anni
scolastici considerati si applica, per i primi sette anni scolastici,
un correttivo non superiore al 2 per cento anche prevedendo forme  di
compensazione interregionale». 
    Il terzo periodo del comma 5-quinquies, infine,  ripete,  per  il
caso di decreto ministeriale in assenza  di  previo  accordo  con  le
regioni, quanto il quinto periodo del comma  5-quater  prevedeva  per
l'attuazione del decreto a seguito di accordo, cioe' che «gli  uffici
scolastici   regionali,   sentite   le   regioni,   provvedono   alla
ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato». 
    Il comma 5-sexies, che consta anch'esso, come il  precedente,  di
tre  periodi,  nel  primo  contiene  altre  disposizioni  transitorie
relative ai limiti del contingente di personale, disponendo  che  «in
sede di prima applicazione, per l'anno scolastico 2023/2024,  restano
ferme le disposizioni  dei  commi  5,  5-bis  e  5-ter  del  presente
articolo, con i parametri indicati all'articolo 1, comma  978,  della
legge 30 dicembre  2020,  n.  178»,  mentre  «per  l'anno  scolastico
2024/2025, il decreto di cui al comma 5-quater o  quello  di  cui  al
comma 5-quinquies del  presente  articolo  definisce  un  contingente
organico  comunque  non  superiore  a  quello  determinato   mediante
l'applicazione dei commi 5 e 5-bis». 
    Il secondo periodo contiene invece la  disposizione  «a  regime»,
stabilendo  che  «a  decorrere  dall'anno  scolastico  2025/2026,  il
decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies
definisce un contingente organico comunque  non  superiore  a  quello
determinato sulla base  dei  criteri  definiti  nell'anno  scolastico
precedente».  In  questi  termini,   il   dimensionamento   dell'anno
accademico 2024/2025 viene a rappresentare il  «tetto»,  insuperabile
per tutti gli anni a venire sino a nuova normazione. 
    Infine, il terzo periodo del  comma  5-sexies  specifica  che  le
«eventuali situazioni di esubero  trovano  compensazione  nell'ambito
della definizione del contingente». 
Il contenuto dispositivo dell'art. 1, commi 558, 560 e 561. 
    I  commi  558,  560  e  561  sono  accomunati  dal  loro  oggetto
finanziario, e dal fatto  che  delle  risorse  in  questione,  sempre
attinenti al sistema scolastico, si dispone con decreto ministeriale,
senza alcuna partecipazione delle regioni: ed  e'  naturalmente  tale
omissione che forma oggetto della presente impugnazione. 
    Secondo il comma  558,  primo  periodo,  «i  risparmi  conseguiti
mediante  l'applicazione  della  disciplina  di  cui  al  comma   557
confluiscono, previo accertamento degli stessi, in un fondo istituito
nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del  merito
e  possono  essere  destinati  ad  incrementare  il  Fondo   per   il
funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui  all'articolo  1,
comma 601, della legge 27 dicembre  2006,  n.  296,  il  Fondo  unico
nazionale per  la  dirigenza  scolastica,  il  Fondo  integrativo  di
istituto,  anche  con  riferimento  alle  indennita'   destinate   ai
direttori dei servizi generali e  amministrativi,  il  fondo  di  cui
all'articolo 1, comma 202,  della  legge  13  luglio  2015,  n.  107,
nonche' al pagamento delle supplenze brevi e saltuarie del  personale
scolastico». 
    Il secondo periodo precisa che «nel fondo istituito ai sensi  del
primo  periodo   confluiscono   le   eventuali   economie   derivanti
dall'applicazione dell'articolo 1, comma 978, della legge 30 dicembre
2020, n. 178». Il terzo periodo affida, come accennato,  al  Ministro
dell'istruzione  e  del  merito  (di   concerto   con   il   Ministro
dell'economia e delle finanze), il compito di  ripartire  annualmente
con proprio decreto «le risorse del  fondo  istituito  ai  sensi  del
primo periodo». 
    Secondo il comma 560, primo periodo, «al fine  di  assicurare  il
recupero e la riqualificazione  del  patrimonio  edilizio  scolastico
gia' esistente, e' stanziata la somma  di  1  milione  di  euro,  per
l'anno 2023, per avviare  attivita'  di  ricognizione  e  valutazione
delle  strutture  scolastiche  in  dismissione,  dotate  di  apposito
certificato di agibilita', presenti su tutto il territorio nazionale,
da destinare allo svolgimento delle attivita' scolastiche per  l'anno
scolastico 2023/2024». Anche in questo caso la disposizione affida ad
un decreto del Ministro dell'istruzione e del  merito,  senza  alcuna
interlocuzione regionale il compito  di  definire  «i  criteri  e  le
modalita' di ripartizione delle risorse di  cui  al  presente  comma»
(secondo periodo). 
    Il comma 561,  a  sua  volta,  stabilisce  che  «nello  stato  di
previsione del Ministero dell'istruzione e del merito e' istituito un
fondo, con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro  per  l'anno
2023, finalizzato alla valorizzazione del personale  scolastico,  con
particolare riferimento alle attivita' di orientamento, di inclusione
e di contrasto della  dispersione  scolastica,  ivi  comprese  quelle
volte a definire percorsi personalizzati per gli studenti, nonche' di
quelle  svolte  in  attuazione  del  Piano  nazionale  di  ripresa  e
resilienza». Ed anche in questo caso il secondo periodo specifica che
«con decreto del Ministro dell'istruzione e del  merito,  sentite  le
organizzazioni sindacali», siano  definiti  «i  criteri  di  utilizzo
delle risorse di cui al presente comma». 
    Ad avviso della  Regione  Emilia-Romagna  le  disposizioni  sopra
esposte sono costituzionalmente illegittime per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557. 
Premessa. 
    La Regione Emilia-Romagna impugna  l'art.  1,  comma  557,  della
legge n.  197  del  2022,  che  introduce  i  nuovi  commi  5-quater,
5-quinquies e 5-sexies nell'art. 19 del decreto-legge n. 98 del 2011,
come convertito, per i seguenti profili: (i) nella parte  in  cui  le
nuove disposizioni  sostanzialmente  estromettono  le  regioni  dalla
concertazione  in  ordine  alla  fissazione  dei   criteri   per   la
determinazione del contingente dei dirigenti e  al  riparto  di  tale
contingente tra le regioni, prevedendo  il  passaggio  alla  semplice
competenza ministeriale ove entro una  data  predeterminata  non  sia
raggiunto l'accordo in Conferenza unificata (effetto «ghigliottina»);
(ii) nella parte in cui prevedono, con norme  di  dettaglio,  criteri
rigidi, irragionevoli e  contraddittori  per  la  determinazione  del
predetto contingente; (iii) nelle parti in cui degradano ad  un  mero
parere la partecipazione  regionale  al  riparto,  all'interno  della
regione, del contingente dei dirigenti scolastici assegnato. 
I.1. Illegittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma  557,  nella
parte in cui introduce il comma 5-quinquies, primo periodo, nell'art.
19 del decreto-legge n.  98  del  2011,  come  convertito  in  legge,
stabilendo che il semplice decorso del breve termine  previsto  senza
che sia stato raggiunto l'accordo in  Conferenza  unificata  consente
allo Stato di provvedere unilateralmente, in violazione del principio
di  leale  collaborazione  (artt.  5  e  120,  secondo  comma,  della
Costituzione), e delle competenze  amministrative  della  Regione  in
materia di  istruzione  (art.  118,  primo  e  secondo  comma,  della
Costituzione,  in  relazione  all'art.  117,   terzo   comma,   della
Costituzione). 
    Risulta illegittima, anzitutto, la previsione  del  meccanismo  a
ghigliottina secondo il quale il mero decorso del tempo determina  la
concentrazione in capo al Ministro dell'istruzione e del  merito,  di
concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  della
competenza ad adottare il decreto relativo  al  contingente  organico
dei dirigenti scolastici e  dei  direttori  dei  servizi  generali  e
amministrativi e alla sua distribuzione tra le regioni. 
    Va premesso che la sussistenza di  una  competenza  regionale  in
materia continua ad  essere  riconosciuta  dallo  stesso  legislatore
statale, almeno programmaticamente (o meglio «a parole»), perche'  il
comma 5-ter stabilisce tuttora che il decreto in parola  deve  essere
adottato «previo accordo in sede di Conferenza unificata». 
    Cio' che piu' conta e' che la garanzia di una  concertazione  con
le regioni  nella  adozione  del  decreto  e'  imposta  dall'evidente
competenza    costituzionale    delle    regioni     in     relazione
all'organizzazione del servizio scolastico,  oggetto  al  centro  del
quale  sta  il  dimensionamento  della  rete  scolastica,  ai   sensi
dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    Infatti, fin dalla sentenza n. 13 del 2004 codesta  Ecc.ma  Corte
ha chiarito come «una volta attribuita l'istruzione  alla  competenza
concorrente, il riparto imposto dall'art. 117 postula che, in tema di
programmazione scolastica e di gestione amministrativa  del  relativo
servizio, compito dello Stato sia solo quello di  fissare  principi»,
precisando che «la distribuzione del  personale  tra  le  istituzioni
scolastiche, che certamente non e' materia di  norme  generali  sulla
istruzione, riservate  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato,  in
quanto  strettamente  connessa   alla   programmazione   della   rete
scolastica,  tuttora  di  competenza  regionale,  non   puo'   essere
scorporata da questa  e  innaturalmente  riservata  per  intero  allo
Stato; sicche', anche in relazione ad essa, la competenza statale non
puo'  esercitarsi  altro  che  con  la  determinazione  dei  principi
organizzativi che  spetta  alle  regioni  svolgere  con  una  propria
disciplina». 
    Ora, e' vero che la giurisprudenza costituzionale  successiva  ha
affermato, proprio con specifico riferimento ai dirigenti scolastici,
che tale personale e' costituito da dipendenti pubblici statali e non
da dipendenti regionali e che  quindi  su  tale  oggetto  insiste  la
competenza legislativa dello Stato ai sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera g), della Costituzione (sentenze n. 147 del 2012 e  n.
76 del 2013); ma tale assunto si e' accompagnato al  rilievo  secondo
cui la dotazione di dirigenti «incide  in  modo  significativo  sulla
condizione della rete scolastica», tant'e' che, nel  caso,  la  norma
impugnata e' stata ritenuta non lesiva delle competenze regionali sul
rilievo che essa non sopprimeva i posti di dirigente, «limitandosi  a
stabilirne un diverso  modo  di  copertura»  (cosi'  la  gia'  citata
sentenza n. 147 del 2012). 
    Proprio  in  forza  degli  innegabili  condizionamenti   che   le
determinazioni sul contingente dei dirigenti scolastici  importano  a
carico delle decisioni relative al dimensionamento delle  istituzioni
scolastiche, decisioni che sono riservate alle regioni  (sentenza  n.
220 del 2009, ripresa anche dalla sentenza n. 147 del 2012), ma anche
per il diretto coinvolgimento degli enti regionali in relazione  alla
ripartizione di tale contingente  tra  le  regioni,  che  costituisce
l'altro contenuto del decreto ministeriale, il concorso di competenze
statali con quelle regionali  deve  trovare  composizione  tramite  i
moduli della leale collaborazione, secondo il  noto  insegnamento  di
codesta Corte in punto di  funzioni  amministrative  che  si  trovano
all'incrocio di competenze dello Stato e delle regioni. 
    Il  principio  di  leale  collaborazione,  pero',  e'  certamente
violato da una  previsione  secondo  cui  il  mancato  raggiungimento
dell'accordo in Conferenza  unificata  per  il  mero  decorso  di  un
termine predefinito autorizza lo Stato ad  agire  unilateralmente,  e
declassa la partecipazione regionale al  ruolo  di  un  mero  apporto
consultivo. 
    Secondo la consolidata giurisprudenza di codesta Corte,  infatti,
«il principio di leale collaborazione non consente  che  l'assunzione
unilaterale dell'atto  da  parte  dell'autorita'  centrale  sia  mera
conseguenza automatica del mancato raggiungimento  dell'intesa  entro
un determinato periodo di tempo (ex plurimis,  sentenze  n.  239  del
2013, n. 179 del 2012, n. 165 del 2011) - specie  quando  il  termine
previsto e', come nel caso, alquanto breve» (sentenza n. 1 del 2016). 
    Anche in precedenza, nella sentenza n. 39 del 2013, codesta Corte
aveva ricapitolato i precetti che discendono dal principio  di  leale
collaborazione, osservando (i) che «nei casi in  cui  sia  prescritta
una intesa "in senso forte" tra Stato e regioni  -  ad  esempio,  per
l'esercizio  unitario  statale,  in  applicazione  del  principio  di
sussidiarieta', di funzioni attribuite alla competenza regionale - il
mancato  raggiungimento  dell'accordo  non  legittima,  di  per  se',
l'assunzione unilaterale di  un  provvedimento»;  (ii)  che  «non  e'
sufficiente, in ogni caso, il  formale  riferimento  alla  necessaria
osservanza del principio di  leale  collaborazione»,  dovendo  invece
«essere previste procedure  di  reiterazione  delle  trattative,  con
l'impiego di  specifici  strumenti  di  mediazione  (ad  esempio,  la
designazione di commissioni paritetiche o di  soggetti  "terzi"),  ai
quali possono aggiungersi  ulteriori  garanzie  della  bilateralita',
come,  ad  esempio,  la  partecipazione  della  Regione   alle   fasi
preparatorie del provvedimento statale (sentenze n. 33 e n.  165  del
2011)»;  (iii)  che  «l'assunzione  unilaterale  dell'atto  non  puo'
pertanto  essere  prevista  come  "mera  conseguenza  automatica  del
mancato raggiungimento dell'intesa", con sacrificio  della  sfera  di
competenza costituzionalmente attribuita alla Regione  e  violazione,
per l'effetto, del principio di leale collaborazione (sentenza n. 179
del 2012)». 
    La pregnanza di quest'ultimo corollario del principio di  lealta'
e' tale che di esso codesta Ecc.ma Corte ha fatto applicazione  anche
al  di   fuori   dei   rapporti   interistituzionali   Stato-regioni,
riconoscendo ad esso una valenza generale e logicamente  necessitata,
la'  dove  ha  reputato   incompatibile   con   gli   imperativi   di
collaborazione «la drastica previsione, in caso  di  mancata  intesa,
della decisivita' della volonta' di una sola delle  parti,  la  quale
riduce all'espressione di un parere il ruolo dell'altra» (sentenza n.
24 del 2007). 
    Palese  e'   dunque   la   lesione   del   principio   di   leale
collaborazione,  e  con   essa   la   violazione   delle   competenze
amministrative - almeno partecipative - della Regione in  materia  di
istruzione, compresse da una disciplina che  consente  un  intervento
statale unilaterale decorso un breve termine in assenza di accordo. 
    Tenuto conto dal fatto  che  la  norma  impugnata  istituisce  un
potere che presenta anche profili sostitutivi,  l'incostituzionalita'
della disciplina risalta inoltre anche in riferimento alla  specifica
evocazione del  principio  di  leale  collaborazione  nell'art.  120,
secondo comma, della Costituzione, il quale  richiede  che  i  poteri
sostitutivi  siano  «esercitati  nel  rispetto   del   principio   di
sussidiarieta' e del principio di leale collaborazione». 
I.2. Illegittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma  557,  nella
parte in  cui  introduce  il  comma  5-quinquies,  primo  periodo,  e
5-sexies, nell'art.  19  del  decreto-legge  n.  98  del  2011,  come
convertito in legge, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della
Costituzione,  delle  competenze  amministrative  della  Regione   in
materia di  istruzione  (art.  118,  primo  e  secondo  comma,  della
Costituzione,  in  relazione  all'art.  117,   terzo   comma,   della
Costituzione),  dei  principi  di  ragionevolezza   (art.   3   della
Costituzione) e di buon andamento  della  amministrazione  (art.  97,
secondo comma, della Costituzione)  e  dell'art.  117,  primo  comma,
della Costituzione. 
    Illegittimi risultano, ad avviso  della  Regione  Emilia-Romagna,
anche il  comma  557  nella  parte  in  cui  prevede  -  introducendo
nell'art. 19 del decreto-legge n. 98 del 2011,  come  convertito,  il
comma 5-quinquies, primo periodo, e il  comma  5-sexies  -  parametri
fissi e rigidi che valgono per il decreto  ministeriale  adottato  in
assenza di  accordo  (comma  5-quinquies)  o  comunque  parametri  in
riduzione del personale dirigenziale, per tutti gli anni scolastici a
venire e indipendentemente da ogni altro fattore (comma 5-sexies). 
    Piu' precisamente, come esposto in Fatto, il  comma  5-quinquies,
primo periodo, stabilisce che decorso inutilmente il termine  del  31
maggio di cui al primo periodo del  comma  5-quater,  il  contingente
organico  dei  dirigenti  scolastici  e  dei  direttori  dei  servizi
generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni  sono
definiti con decreto del Ministro dell'istruzione e  del  merito,  di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,  «sulla  base
di un coefficiente indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900
e non superiore a  1000,  e  tenuto  conto  dei  parametri,  su  base
regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni
scolastiche statali e dell'organico di diritto  dell'anno  scolastico
di riferimento, integrato dal parametro della densita' degli abitanti
per  chilometro   quadrato,   ferma   restando   la   necessita'   di
salvaguardare le specificita' delle istituzioni  scolastiche  situate
nei comuni montani, nelle piccole  isole  e  nelle  aree  geografiche
caratterizzate da specificita' linguistiche, nonche' da un  parametro
perequativo, determinato in maniera da garantire a tutte le  regioni,
nell'anno  scolastico  2024/2025,  almeno  il  medesimo   numero   di
istituzioni scolastiche calcolato sulla base del parametro di cui  al
comma 5 e comunque entro  i  limiti  del  contingente  complessivo  a
livello nazionale individuato ai sensi del secondo periodo». 
    Invero,  il  comma  5-quinquies,  secondo  periodo,  tempera   la
rigidita' del criterio dettato al primo periodo ponendo -  se  si  e'
intesa bene la norma - un tetto del 2 per cento  alla  riduzione  del
personale. La disposizione,  infatti,  stabilisce  che  «al  fine  di
garantire  una  riduzione  graduale  del  numero  delle   istituzioni
scolastiche  per  ciascuno  degli  anni  scolastici  considerati   si
applica, per  i  primi  sette  anni  scolastici,  un  correttivo  non
superiore al 2 per cento  anche  prevedendo  forme  di  compensazione
interregionale». 
    Nonostante tale temperamento, e' certo che  i  parametri  dettati
dal nuovo comma 5-quinquies, primo periodo, sono diretti a ridurre il
personale dirigenziale e il  personale  amministrativo  collegato,  e
dunque inevitabilmente a  ridurre  il  numero  di  plessi  scolastici
dotati di autonomia. 
    Alla medesima ratio risponde anche il comma  5-sexies,  il  quale
stabilisce che «in sede di prima applicazione, per l'anno  scolastico
2023/2024, restano ferme le disposizioni dei commi 5, 5-bis  e  5-ter
del presente articolo, con i parametri  indicati  all'art.  1,  comma
978, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e, per  l'anno  scolastico
2024/2025, il decreto di cui al comma 5-quater o  quello  di  cui  al
comma 5-quinquies del  presente  articolo  definisce  un  contingente
organico  comunque  non  superiore  a  quello  determinato   mediante
l'applicazione dei  commi  5  e  5-bis»  (primo  periodo)  e  che  «a
decorrere dall'anno scolastico 2025/2026, il decreto di cui al  comma
5-quater  o  quello  di  cui  al  comma  5-quinquies   definisce   un
contingente organico comunque  non  superiore  a  quello  determinato
sulla base dei  criteri  definiti  nell'anno  scolastico  precedente»
(secondo periodo), con  le  «eventuali  situazioni  di  esubero»  che
«trovano compensazione nell'ambito della definizione del contingente»
(terzo periodo). 
    Che lo scopo delle disposizioni appena illustrate sia  quello  di
ridurre la spesa di personale dirigenziale  attraverso  la  riduzione
del numero di dirigenti scolastici e quindi del numero di istituzioni
scolastiche risulta anche dal successivo comma 558, che  imprime  una
nuova  e  specifica  destinazione  alle   risorse   derivanti   dalla
applicazione delle misure di cui al comma 557,  presupponendo  dunque
che le misure sull'organico producano economie di spesa. 
    Tale  conclusione  e'  suffragata  anche  dalle  simulazioni  per
l'applicazione delle norme, che dimostrano come il numero  di  plessi
scolastici dotati di dirigenti sara' progressivamente ridotto in  una
percentuale molto significativa, in modo differenziato per le diverse
regioni. 
    Senonche' le previsioni impugnate - sia quelle che riguardano  il
decreto assunto unilateralmente, sia quelle del  comma  5-sexies  che
valgono in ogni caso - appaiono illegittime per diversi profili. 
    Anzitutto, le norme impugnate appaiono  eccedere  strutturalmente
il  carattere  delle  norme  di  principio.  Questo   e'   vero,   in
particolare, per quanto prevede il nuovo comma 5-quinquies, che  reca
parametri fissi e rigidi che  richiedono  una  mera  esecuzione,  del
tutto analoghi a quelli ritenuti illegittimi dalla  sentenza  n.  147
del 2012. E' ben vero, come ricordato  sopra,  che  quella  pronuncia
aveva fatto salve le norme  del  decreto-legge  n.  98  del  2011  in
materia di contingente dei  dirigenti  scolastici  in  ragione  della
presenza di una competenza statale  sul  personale  dipendente  dallo
Stato, ma in quella occasione codesta Corte aveva valorizzato come la
norma sui dirigenti non  incidesse  sul  dimensionamento  della  rete
scolastica, mentre in questo caso e' vero l'opposto. 
    In secondo luogo le norme impugnate, ponendo parametri fissi o un
tetto  rigido,  condizionano  indirettamente  (comma  5-quinquies)  o
direttamente (comma 5-sexies, giacche' la volonta' delle  regioni  in
sede di Conferenza  e'  comunque  astretta  dalla  impossibilita'  di
fissare un contingente di dirigenti superiori a quello  indicato  per
l'anno precedente) l'esercizio delle  funzioni  amministrative  della
Regione in materia  di  dimensionamento  della  rete  scolastica,  in
violazione dell'art. 118, primo e secondo comma, della  Costituzione,
in combinazione con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    Sotto tale profilo, le norme qui contestate sembrano svolgere una
funzione di indirizzo e coordinamento dell'amministrazione regionale,
funzione che nel titolo V riformato nel 2001 non ha piu' spazio, come
riconosciuto dallo stesso legislatore statale nell'art. 8,  comma  6,
secondo periodo, della legge n. 131 del 2003 («Nelle materie  di  cui
all'articolo 117,  terzo  e  quarto  comma,  della  Costituzione  non
possono essere adottati gli atti di indirizzo e di  coordinamento  di
cui all'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all'articolo 4
del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112»). 
    Ancora,  le  disposizioni  in  esame  appaiono  irragionevoli   e
incompatibili con il principio di buon andamento della p.a. 
    Infatti, esse determinano un effetto di riduzione  del  personale
dirigenziale e dunque del numero di  istituzioni  scolastiche  (comma
5-quinquies) o un obbligo di invarianza (comma 5-sexies, che vale sia
per il decreto assunto a  seguito  di  accordo  sia  per  il  decreto
assunto unilateralmente), che - lo si noti bene - e' stabilito in via
generale e per un tempo illimitato, a «decorrere dall'anno scolastico
2025/2026 ...». 
    L'irragionevolezza del comma 5-quinquies e la sua contrarieta' al
principio di buon andamento  si  evidenzia  nella  contraddittorieta'
della norma rispetto a quanto previsto per il  caso  in  cui  vi  sia
accordo in Conferenza. 
    L'irragionevolezza  e'  massima  per   il   limite   minimo   del
coefficiente, quello che impone per il caso del  mancato  accordo  un
dimensionamento degli istituti ben  superiore  a  quello  attualmente
vigente. Posto che il compito esercitato dal Ministro dell'istruzione
e del merito d'intesa con quello dell'economia e delle finanze, e' il
medesimo sia con l'accordo delle regioni che in assenza di esso,  non
vi e' ragione per il quale, in caso di mancato accordo in Conferenza,
il numero delle istituzioni scolastiche debba essere comunque ridotto
in applicazione di  quei  parametri,  impedendosi  al  Ministro  ogni
apprezzamento  della  situazione   in   concreto,   con   irrazionale
sacrificio dell'interesse ad una buona gestione del servizio. 
    D'altronde, neppure e' chiaro come si possano  «salvaguardare  le
specificita'  delle  istituzioni  scolastiche  situate   nei   comuni
montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche  caratterizzate
da  specificita'  linguistiche»  rispettando  nello  stesso  tempo  i
coefficienti rigidi stabiliti dalla disposizione. 
    Quanto al comma 5-sexies, esso comporta che indipendentemente  da
ogni possibile evenienza, l'amministrazione non potra'  mai  disporre
un aumento del contingente  di  dirigenti,  anche  qualora  vi  siano
oggettive esigenze che lo richiederebbero. 
    In  particolare,  la  previsione  di  un  tetto  fisso   potrebbe
giustificarsi come misura temporanea,  in  un'ottica  di  contingente
contenimento della spesa oppure sulla base di  una  previsione  dello
stato di fatto, ma e' manifestamente irrazionale  se  si  traduce  in
norma a carattere stabile e duraturo. 
    Di  qui  la  violazione   dell'art.   3,   primo   comma,   della
Costituzione, per la irragionevolezza, e la  lesione  dell'imperativo
di buon andamento della pubblica amministrazione, posto che la  norma
impedisce all'azione amministrativa di perseguire in modo efficace  i
suoi fini. 
    Evidente  e'  la  ridondanza  della  violazione  sulle   funzioni
amministrative e legislative della  Regione  in  materia  scolastica,
radicate negli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo  comma,
della Costituzione. 
    La Regione, infatti, sara' costretta a  dimensionare  la  propria
rete scolastica secondo parametri che  non  hanno  attinenza  con  le
esigenze del servizio, come apprezzate dall'ente competente. 
    Nel concreto, si osserva che il comma 5-quinquies produrrebbe  in
Regione una riduzione degli istituti scolastici -  gia'  dimensionati
dall'ente regionale in strutture medio-grandi - di un ulteriore 2-3 %
e che il comma 5-sexies, come si e' gia' detto, impedisce pro  futuro
ogni intervento in aumento. 
    Infine, la Regione ricorrente evidenzia come le  norme  impugnate
si dichiarino funzionali alla missione 4, componente 1 (Potenziamento
dell'offerta  dei  servizi  di  istruzione:  dagli  asili  nido  alle
universita') del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma  eludano
la ratio di tale misura. 
    Infatti, il punto n. 1.3 di tale missione, relativo alla «Riforma
dell'organizzazione del sistema scolastico»,  non  contempla  affatto
interventi di riduzione della spesa per  il  personale  e  quindi  di
riduzione del numero delle strutture -  quali  sono  quelli  disposti
dalle norme impugnate  -  bensi'  prefigura  riforme  che  dovrebbero
andare in direzione  esattamente  opposta,  come  risulta  sia  dalla
natura generale del Piano, che e' incentrato su investimenti, sia  da
quanto dice il Piano stesso al punto 1.3 della misura  4,  componente
1. 
    Quest'ultimo,  a  proposito  della   organizzazione   scolastica,
precisa   infatti   che   «la   riforma   consente    di    ripensare
all'organizzazione del sistema scolastico con l'obiettivo di  fornire
soluzioni concrete a due tematiche in particolare: la  riduzione  del
numero degli alunni  per  classe  e  il  dimensionamento  della  rete
scolastica. In tale ottica si pone il superamento dell'identita'  tra
classe demografica e aula, anche al fine di rivedere  il  modello  di
scuola. Cio', consentira' di affrontare  situazioni  complesse  sotto
numerosi profili, ad esempio le problematiche scolastiche nelle  aree
di montagna, nelle  aree  interne  e  nelle  scuole  di  vallata.  Il
processo normativo sara'  avviato  dal  Ministero  dell'istruzione  e
concluso nel 2021». 
    Ora, l'evocazione del Piano nazionale  di  ripresa  e  resilienza
(PNRR)  non  e'  un  riferimento  pronto  a  tutti  gli  usi   o   un
lasciapassare in bianco per le norme statali nelle materie regionali,
esattamente come il riferimento dell'interesse nazionale, nel  vigore
del precedente titolo V, non poteva essere una  mera  formula  magica
sufficiente, una volta pronunciata, a  creare  una  competenza  dello
Stato. Occorre invece, ovviamente, accertare  che  vi  sia  effettiva
conformita'  tra  quanto  disposto  dalla  legge  statale  e   quanto
richiesto  dal  PNRR,  e  anche  in  caso  affermativo  occorre   che
l'intervento statale sia effettivamente necessario e proporzionato in
relazione alla attuazione del PNRR, in una logica  analoga  a  quella
della «chiamata in sussidiarieta'», visto che anche nella  attuazione
degli obblighi europei va  osservato  l'ordine  costituzionale  delle
competenze, come si ricava dall'art. 117, commi primo e quinto, della
Costituzione,  e  come  codesta  Corte  costituzionale  ha  in   piu'
occasioni confermato. 
    Nel  presente  caso  la  Regione  osserva  che  le   disposizioni
impugnate non sono affatto funzionali al PNRR ma anzi ne  eludono  lo
specifico obiettivo di cui alla misura 4, comma 1,  che  vorrebbe  un
potenziamento e non un indebolimento della rete  scolastica,  sicche'
si evidenzia piuttosto una violazione  dell'art.  117,  primo  comma,
della Costituzione, in relazione agli obblighi europei  collegati  al
carattere vincolante del PNRR, come  previsto  dal  regolamento  (UE)
2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio  2021
che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza. 
    Anche  per  questa  violazione  e'  palese  la  ridondanza  sulle
funzioni normative ed amministrative della Regione (artt. 117,  terzo
comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione)  in  materia
di istruzione, in ragione degli effetti che le norme impugnate  hanno
sul  dimensionamento  della  rete  scolastica,  che  e'  oggetto   di
competenza regionale. 
I.3. Illegittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma  557,  nella
parte  in  cui  introduce  il  comma  5-quater,  ultimo  periodo,   e
5-quinquies, ultimo periodo, nell'art. 19 del decreto-legge n. 98 del
2011, come convertito in legge, i quali, stabilendo  che  gli  uffici
scolastici regionali provvedono alla ripartizione del contingente dei
dirigenti  scolastici  assegnato  «sentite  le   regioni»,   anziche'
«d'intesa  con  le  regioni»,   violano   il   principio   di   leale
collaborazione (artt. 5 e 120, secondo comma, della Costituzione), il
principio  di  sussidiarieta'   (art.   118,   primo   comma,   della
Costituzione) e le competenze amministrative della Regione in materia
di istruzione (art. 118, primo e secondo comma,  della  Costituzione,
in relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione). 
    I nuovi commi 5-quater e 5-quinquies del decreto-legge n. 98  del
2011,  come  convertito,  contengono  nel  loro  ultimo  periodo   la
disposizione secondo cui «gli uffici scolastici regionali, sentite le
regioni provvedono alla ripartizione del  contingente  dei  dirigenti
scolastici assegnato». 
    La Regione osserva  che  tale  funzione  deve  essere  esercitata
d'intesa con la Regione stessa, giacche' se la competenza statale  si
giustifica (provvisoriamente, come codesta Corte  ha  chiarito  nella
sentenza n. 13 del 2004) con il carattere ancora statale del relativo
personale la riduzione della partecipazione regionale ad  un  apporto
consultivo e' lesiva  del  principio  di  leale  collaborazione,  del
principio di sussidiarieta' e delle competenze  amministrative  della
Regione in materia di organizzazione del  servizio  scolastico  (art.
118, primo e secondo comma, della  Costituzione,  in  relazione  alla
materia  istruzione  di  cui  all'art.  117,   terzo   comma,   della
Costituzione). 
    Infatti,   considerato   (i)   che   la   dimensione    regionale
dell'interesse  e'  dichiarata  dalla  intestazione  della   funzione
all'ufficio scolastico regionale,  organo  periferico  del  Ministero
della istruzione e del merito; (ii) che la scelta  delle  istituzioni
nelle quali allocare il personale dirigenziale tocca l'organizzazione
del servizio e non i profili che attengono allo status del  personale
o al rapporto d'impiego; (iii) che  la  perdurante  intestazione  del
potere  in  capo  ad  organo  statale  risponde  al   ritardo   nella
regionalizzazione del personale, a sua volta connessa con la  mancata
piena attuazione dei principi di cui all'art. 119 della Costituzione;
ne consegue che la Regione non puo' legittimamente essere  estromessa
dall'esercizio di questa funzione. 
    Per   tale   ragione    si    chiede    la    dichiarazione    di
incostituzionalita' delle due disposizioni impugnate, nella parte  in
cui prevedono che gli uffici  scolastici  regionali  provvedono  alla
ripartizione  del  contingente  dei  dirigenti  scolastici  assegnato
«sentite  le   regioni»,   anziche'   «d'intesa   con   le   regioni»
(intendendosi, in questo caso, ciascuna regione interessata). 
II. Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi  558,  terzo
periodo, 560, secondo periodo e 561, secondo periodo, della legge  n.
197 del 2022. 
II.1. Premessa comune all'impugnazione dei tre commi. 
    Ferme restando le  censure  rivolte  al  comma  557,  la  Regione
Emilia-Romagna prende atto della  circostanza  che  i  diversi  fondi
finanziati con le risorse derivanti dai risparmi conseguiti  mediante
l'applicazione del comma 557  sono  destinati,  in  prevalenza,  alla
spesa per il personale scolastico, che e' tuttora personale statale. 
    Tuttavia, essa ritiene che alle decisioni sulla loro destinazione
debbano essere chiamate a partecipare le regioni, secondo i  principi
che sia consentito qui di riassumere. 
    Come ben noto, i principi costituzionali in materia di  autonomia
finanziaria,  scolpiti  nell'art.   119   della   Costituzione,   (i)
garantiscono agli enti territoriali, e per quanto  qui  di  interesse
alle regioni, una «autonomia finanziaria di entrata e di  spesa,  nel
rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci»  (primo  comma);  (ii)
assicurano  la  titolarita'  di  «risorse  autonome»,  il  potere  di
stabilire ed applicare «tributi ed entrate propri, in armonia con  la
Costituzione e secondo i  principi  di  coordinamento  della  finanza
pubblica  e  del  sistema  tributario»   e   la   disponibilita'   di
«compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al  loro
territorio» (secondo comma, rispettivamente primo,  secondo  e  terzo
periodo); (iii) precisano che «le risorse derivanti  dalle  fonti  di
cui ai commi precedenti consentono ai  comuni,  alle  province,  alle
citta' metropolitane e alle regioni di  finanziare  integralmente  le
funzioni pubbliche loro attribuite» (quarto comma);  (iv)  consentono
allo Stato, per promuovere lo sviluppo economico, la  coesione  e  la
solidarieta'  sociale,  per  rimuovere  gli  squilibri  economici   e
sociali,  per  favorire  l'effettivo  esercizio  dei  diritti   della
persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle
loro  funzioni,  di  destinare  «risorse  aggiuntive  ed   effettuare
interventi speciali in favore di determinati comuni, province, citta'
metropolitane e regioni» (quinto comma). 
    In applicazione di tali disposizioni la  costante  giurisprudenza
di codesta Corte costituzionale ha ritenuto illegittima, in linea  di
principio,  la  previsione  di  fondi  settoriali  nelle  materie  di
competenza regionale, tranne  che  per  l'ipotesi  particolare  delle
risorse aggiuntive e degli interventi  speciali  regolata  dal  comma
quinto dell'art.  119  della  Costituzione  (misure  che  pero'  sono
destinate a singoli e determinati enti). Tale  divieto  di  principio
deve ritenersi se possibile ancora piu'  rigoroso  dopo  la  modifica
dell'art. 119 della Costituzione operata dalla  legge  costituzionale
n. 2 del 2022,  la  quale  ha  introdotto,  come  comma  sesto  della
disposizione  in  esame,  la  norma  programmatica  secondo  cui  «la
Repubblica riconosce le peculiarita' delle isole e promuove le misure
necessarie a rimuovere  gli  svantaggi  derivanti  dall'insularita'».
Tale norma, prevedendo una possibilita' ulteriore di intervento dello
Stato - in  quanto  componente  della  Repubblica  -  in  favore  dei
territori isolani e finalizzando tale intervento  alla  compensazione
degli  svantaggi  della  insularita',   rappresenta,   infatti,   una
ulteriore conferma del divieto generale per lo Stato  di  interferire
con le competenze regionali mediante fondi di settore. 
    Pur a fronte di tale regola generale, codesta  Ecc.ma  Corte,  in
via sistematica, ha enucleato casi di  deroga  ulteriori  rispetto  a
quelli  espressamente  previsti  dall'art.  119  della  Costituzione,
ammettendo che lo Stato possa intervenire direttamente tramite  fondi
nelle  materie  regionali  (i)  nel  caso  di  funzioni  attratte  in
sussidiarieta' e (ii) nel caso  di  intreccio,  o  di  concorso,  tra
materie statali e materie regionali. 
    In   entrambe   le   ipotesi,   tuttavia,    la    giurisprudenza
costituzionale ha  invariabilmente  richiesto,  quale  condizione  di
legittimita' costituzionale  della  previsione  legislativa  di  tali
fondi, che fosse rispettato il principio di leale collaborazione,  in
particolare mediante la previsione di una necessaria  intesa  con  la
Conferenza Stato-regioni. 
    Riassumendo e confermando i propri indirizzi  in  materia,  nella
sentenza n. 179 del 2022, punto 6, la Corte ricorda  di  avere  «piu'
volte affermato la necessita' di  applicare  il  principio  di  leale
collaborazione nei casi in cui lo Stato preveda un finanziamento, con
vincolo di destinazione, incidente su materie di competenza regionale
(residuale  o  concorrente):  ipotesi  nella  quale,  ai  fini  della
salvaguardia di tali competenze,  la  legge  statale  deve  prevedere
strumenti di coinvolgimento delle regioni nella  fase  di  attuazione
della normativa, nella forma dell'intesa o del parere, in particolare
quanto alla determinazione dei criteri e delle modalita' del  riparto
delle risorse destinate agli enti territoriali (da  ultimo,  sentenze
n. 123 e n. 114 del 2022)». 
    La medesima pronuncia ha altresi' ricordato che la necessita'  di
predisporre simili strumenti partecipativi ricorre principalmente  in
due casi: «in primo luogo, quando vi sia  un  intreccio  (ovvero  una
interferenza o concorso) di competenze legislative, che non  permetta
di individuare un "ambito materiale che possa considerarsi nettamente
prevalente sugli altri" (sentenza n. 71 del 2018; in  senso  analogo,
sentenze n. 114 e n. 40 del 2022, n. 104 del 2021, n. 74 e n. 72  del
2019 e n. 185 del 2018);  in  secondo  luogo,  nei  casi  in  cui  la
disciplina del finanziamento trovi giustificazione  nella  cosiddetta
attrazione in  sussidiarieta'  della  stessa  allo  Stato,  ai  sensi
dell'art. 118, primo comma, della Costituzione (ex plurimis, sentenze
n. 123, n. 114 e n. 40 del 2022, n. 74 del 2019, n. 71 e  n.  61  del
2018)». 
II.2. Illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  558,  terzo
periodo, nella parte in  cui  assegna  ad  un  decreto  del  Ministro
dell'istruzione  e  del  merito,  di   concerto   con   il   Ministro
dell'economia e delle finanze, il compito di ripartire annualmente le
risorse di cui al primo periodo della disposizione,  senza  prevedere
il  necessario  coinvolgimento  delle  regioni,  per  violazione  del
principio di leale collaborazione (artt.  5  e  120,  secondo  comma,
della Costituzione), delle competenze legislative  ed  amministrative
in materia di istruzione (art. 117,  terzo  comma,  e  118,  primo  e
secondo   comma,   della   Costituzione),   nonche'   dei    principi
costituzionali in materia  di  autonomia  finanziaria  delle  regioni
(art. 119 della Costituzione). 
    Come esposto in narrativa, il comma 558 prevede, nei  suoi  primi
due periodi, che i risparmi conseguiti mediante l'applicazione  della
disciplina di  cui  al  comma  557,  nonche'  le  eventuali  economie
derivanti dall'applicazione dell'art. 1, comma 978,  della  legge  30
dicembre 2020, n. 178 confluiscano in un fondo istituito nello  stato
di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito, e che  tali
risorse possano essere destinate ad  incrementare  il  Fondo  per  il
funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all'art. 1, comma
601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il Fondo  unico  nazionale
per la dirigenza scolastica, il Fondo  integrativo  di  istituto,  il
fondo di cui all'art. 1, comma 202, della legge 13  luglio  2015,  n.
107, nonche' al pagamento  delle  supplenze  brevi  e  saltuarie  del
personale scolastico. 
    Oggetto di impugnazione e' il terzo periodo, nella parte  in  cui
non prevede che il decreto del Ministro dell'istruzione e del merito,
di concerto con il Ministro dell'economia e delle  finanze,  con  cui
sono ripartite le  risorse  rivenienti  dai  risparmi  conseguiti  in
applicazione del comma 557, sia adottato con il coinvolgimento  delle
regioni. 
    Osserva, infatti, che i fondi finanziabili menzionati nel secondo
periodo non si esauriscono nella provvista di spesa per il  personale
e, soprattutto, che l'allocazione delle  risorse  finanziarie  tra  i
diversi fondi e' una scelta che si  intreccia  indissolubilmente  con
l'organizzazione del servizio scolastico, trattandosi di decisione  -
di natura essenzialmente politica, come e' confermato  dal  carattere
facoltizzante della norma impugnata - con la  quale  si  stabiliscono
priorita' e dunque si individuano interessi da perseguire. 
    Cosi', non e' certo indifferente, per  la  stessa  organizzazione
del servizio scolastico, che si decida di finanziare in prevalenza le
attivita' aggiuntive dei  docenti  o  del  personale  amministrativo,
tecnico e ausiliario, coperte dal Fondo integrativo di istituto, o di
favorire il miglioramento della istruzione mediante l'incremento  del
Fondo «La Buona Scuola», oppure ancora di aumentare la provvista  per
le supplenze brevi e occasionali. 
    Proprio  il  carattere  settoriale  e   particolare   dei   fondi
considerati dal  secondo  periodo  del  comma  558,  che  sono  fondi
distinti da quello  ordinario  per  la  retribuzione  del  personale,
dimostra l'intento del legislatore  di  attribuire  al  Ministero  il
compito di orientare il  servizio  scolastico  in  diverse  possibili
direzioni con  scelte  attuative  diverse  ed  alternative;  ma  tale
opzione, per  essere  compatibile  con  le  competenze  normative  ed
amministrative sulla scuola garantite alla Regione dagli  artt.  117,
terzo comma, e 118, primo e secondo comma, della  Costituzione,  deve
assicurare, in osservanza del principio di leale  collaborazione  che
sin dalla sentenza n. 303 del 2003 accompagna l'attrazione al  centro
di competenze in sussidiarieta', anche la partecipazione regionale. 
    E' chiaro, infatti, che la decisione sul  riparto  delle  risorse
tra i vari fondi non puo' vedere escluse le regioni, non  potendo  la
competenza regionale sulla organizzazione del servizio  scolastico  -
che costituisce il nucleo della  materia  di  competenza  concorrente
della «istruzione» - essere sovrascritta dalla competenza statale sul
personale, la quale, per di piu', rimane in linea  di  principio  una
competenza provvisoria, secondo quanto affermato dalla sentenza n. 13
del 2014. 
    Il ritardo nella attuazione  dell'art.  119  della  Costituzione,
imputabile allo Stato, non puo' dare a questo  titolo  giuridico  per
governare in solitaria il sistema scolastico, sul presupposto che  il
relativo personale e' ancora retribuito dallo Stato. 
    Vale quanto si e' gia' osservato sopra in relazione alla esigenza
di assicurare il principio di  leale  collaborazione,  attraverso  la
previsione del necessario coinvolgimento delle  regioni,  ogni  volta
che lo  Stato,  in  forza  di  titoli  propri  che  si  intreccino  a
competenze regionale, vada a condizionare  o  ad  orientare  funzioni
regionali attraverso il finanziamento di fondi settoriali. 
    In  conclusione,  la  Regione  ricorrente  ritiene  che  l'omessa
previsione  della  partecipazione  regionale  alla   formazione   del
decreto, nella forma  dell'intesa  in  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni  e  le  provincie  autonome,  o  in
subordine   nella   forma   che   codesta   Ecc.ma   Corte    ritenga
costituzionalmente dovuta, sia incostituzionale, in quanto (i) lesiva
delle  competenze  amministrative  della  Regione   in   materia   di
organizzazione del servizio scolastico;  (ii)  elusiva  dei  precetti
dell'art. 119 della Costituzione in materia di autonomia  finanziaria
della Regione e di limiti alla previsione di fondi di settore;  (iii)
comunque irrispettosa del principio di leale collaborazione,  sancito
dagli artt. 5 e 120, secondo comma, della Costituzione. 
    Per  tali  ragioni  la  Regione  Emilia-Romagna  chiede  che   la
disposizione impugnata sia dichiarata costituzionalmente  illegittima
in parte qua. 
III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 560 nella parte
in cui prevede che il decreto  del  Ministro  dell'istruzione  e  del
merito, che definisce i criteri e le modalita' di ripartizione  delle
risorse  di  cui  allo  stesso  comma  560,  sia  adottato  senza  la
necessaria concertazione con le regioni, per violazione del principio
di  leale  collaborazione  (artt.  5  e  120,  secondo  comma,  della
Costituzione), delle  competenze  legislative  ed  amministrative  in
materia di istruzione (artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo
comma, della Costituzione), nonche' dei  principi  costituzionali  in
materia di  autonomia  finanziaria  delle  regioni  (art.  119  della
Costituzione). 
    L'art. 1, comma 560, primo periodo, della legge n. 197 del  2022,
in  vista  del  recupero  e  della  riqualificazione  del  patrimonio
edilizio scolastico gia' esistente, stanzia per il 2023 la somma di 1
milione di euro, per «avviare attivita' di ricognizione e valutazione
delle strutture  scolastiche  in  dismissione»,  per  consentirne  la
destinazione «allo svolgimento delle attivita' scolastiche per l'anno
scolastico 2023/2024». 
    Il  secondo  periodo  affida   ad   un   decreto   del   Ministro
dell'istruzione e del merito  la  definizione  dei  criteri  e  delle
modalita' di ripartizione  delle  risorse  contestualmente  stanziate
dalla norma. 
    La Regione Emilia-Romagna impugna tale secondo periodo in  quanto
esso non prevede alcuna forma di concertazione regionale sul  decreto
ministeriale, e in particolare non prevede  che  l'atto  sia  emanato
previa intesa con le regioni. 
    Sembra  alla  Regione  Emilia-Romagna  chiaro  che   il   mancato
coinvolgimento regionale nella gestione di un  fondo  settoriale  sia
evidentemente affetto da illegittimita'  costituzionale,  trattandosi
di risorse destinate - come dice la stessa  norma  -  «in  vista  del
recupero e della riqualificazione del patrimonio edilizio  scolastico
gia' esistente» e dunque allocate in un ambito di  sicura  competenza
regionale, quale e' l'edilizia scolastica, che si  pone  all'incrocio
delle  competenze  concorrenti  sul  governo  del  territorio,  sulla
energia, sulla protezione civile, oltre che naturalmente sulla stessa
istruzione. 
    Specificamente,   l'omessa   previsione   della    partecipazione
regionale nella  definizione,  tramite  decreto  del  Ministro  della
istruzione e del merito, dei criteri per la gestione  delle  risorse,
vizia la disposizione, per violazione di diversi  parametri:  (i)  il
principio, ricavato dall'art. 119 della Costituzione, secondo cui  le
risorse  per  l'esercizio   delle   funzioni   amministrative   vanno
trasferite alla Regione senza vincolo di  destinazione;  (ii)  l'art.
118, primo e secondo comma, in combinazione  con  l'art.  117,  terzo
comma, della Costituzione,  disposizioni  in  forza  delle  quali  le
funzioni amministrative nelle materie di competenza  regionale  vanno
allocate secondo criteri di  sussidiarieta'  e  sono  regolate  dalla
legge regionale, nel quadro dei principi fondamentali  della  materia
stabiliti dalla legge  dello  stato;  (iii)  il  principio  di  leale
collaborazione, fondato sull'art.  5  della  Costituzione  e  sancito
dall'art. 120,  secondo  comma,  della  Costituzione,  principio  che
esige, quale condizione  di  legittimita'  delle  norme  statali  che
prevedono fondi a  destinazione  vincolata  nelle  materie  regionali
residuali  o   concorrenti,   la   partecipazione   regionale   nella
determinazione delle modalita' di gestione di tali fondi. 
    La disposizione, dunque, puo' essere  ricondotta  a  legittimita'
costituzionale  solo  tramite  la  previsione  della  necessita'  del
coinvolgimento delle regioni, nella forma della  intesa.  L'interesse
della Regione ricorrente, infatti,  e'  di  vedere  salvaguardate  le
proprie  competenze  normative  ed   amministrative   attraverso   la
partecipazione   al   procedimento   di   formazione   del    decreto
ministeriale, partecipazione che e' imposta dal  principio  di  leale
collaborazione e che invece e'  stata  pretermessa  nella  previsione
impugnata, nella forma piu'  intensa  possibile,  considerati  l'alto
livello  di  discrezionalita'   della   scelta   (si   tratta   della
determinazione  dei  criteri,   oltre   che   delle   modalita',   di
destinazione delle risorse) e l'ascrivibilita' dell'intervento ad una
materia pienamente regionale (l'edilizia scolastica, oggetto  che  e'
un elemento importante dell'organizzazione scolastica, e che e' stata
ricondotta dalla giurisprudenza costituzionale  anche  alle  materie,
sempre di competenza regionale concorrente,  quali  il  «governo  del
territorio», la «energia» e la «protezione civile»: in  questo  senso
si vedano la sentenza n. 71 del 2018, punto 4, e la sentenza  n.  284
del 2016, punto 11.2). 
    Quanto alla sede dell'intesa, la Regione ritiene che questa debba
essere individuata nella Conferenza permanente per i rapporti tra  lo
Stato, le regioni e le province  autonome,  come  gia'  affermato,  a
proposito di un precedente fondo settoriale in  materia  di  edilizia
scolastica dalla sentenza n. 71 del 2018 o  in  subordine,  rilevando
anche il coinvolgimento delle competenze comunali  e  provinciali  in
relazione alla  gestione  dei  locali  scolastici,  nella  Conferenza
unificata. 
    Solo in ulteriore  subordine,  per  compiutezza  di  domanda,  la
Regione chiede che, ove codesta Ecc.ma  Corte  dovesse  ritenere  non
dovuta la vera e propria intesa, la partecipazione delle regioni alle
decisioni venga  assicurata  almeno  con  un  parere  obbligatorio  e
necessario delle stesse conferenze. 
IV. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 561, nella parte
in cui affida ad un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito
il compito di definire i criteri di utilizzo  delle  risorse  di  cui
allo stesso comma 561, senza prevedere che tale decreto sia  adottato
previa la necessaria  intesa  con  la  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le  province  autonome,  o  in
subordine senza  il  necessario  coinvolgimento  delle  regioni,  per
violazione del principio di leale  collaborazione  (artt.  5  e  120,
secondo comma, della Costituzione), delle competenze  legislative  ed
amministrative in materia di istruzione (artt. 117,  terzo  comma,  e
118, primo e secondo comma, della Costituzione), nonche' dei principi
costituzionali in materia  di  autonomia  finanziaria  delle  regioni
(art. 119 della Costituzione). 
    L'art. 1, comma 561, primo periodo, della legge n. 197  del  2022
istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione  e
del merito un fondo, con una dotazione iniziale  di  150  milioni  di
euro per l'anno 2023, finalizzato alla valorizzazione  del  personale
scolastico   «con   particolare   riferimento   alle   attivita'   di
orientamento,  di  inclusione  e  di  contrasto   della   dispersione
scolastica,  ivi  comprese   quelle   volte   a   definire   percorsi
personalizzati  per  gli  studenti»,  nonche'  a  «quelle  svolte  in
attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza». 
    Il secondo periodo dello stesso comma 561 dispone che  i  criteri
di  utilizzo  delle  risorse  riversate  nel  predetto   fondo   sono
stabiliti, entro centottanta giorni dalla data di entrata  in  vigore
della  legge  n.  197  del  2022,  da   un   decreto   del   Ministro
dell'istruzione e del merito, «sentite le organizzazioni sindacali». 
    Ad  avviso  della  ricorrente  Regione,  tale   disposizione   e'
costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede  alcuna
forma di concertazione  regionale  sul  decreto  ministeriale,  e  in
particolare  la  necessita'  di  intesa,  da  assumere  in  sede   di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome o, in  subordine,  altra  forma  di  partecipazione
regionale necessaria al procedimento di formazione del decreto. 
    Le ragioni che fondano tale illegittimita' corrispondono in larga
misura a quelle esposte nel motivo di  impugnazione  del  comma  560,
svolto al punto precedente, nel quale si sono ricostruiti i  principi
costituzionali che condizionano l'intervento dello Stato con fondi di
settore nelle materie di competenza regionale alle quali, dunque, per
ragioni di sinteticita' espositiva si fa rinvio. 
    Ribadito  dunque  che  nelle  materie  regionali  di   competenza
residuale e concorrente i Fondi  statali  a  destinazione  vincolata,
fuori della ipotesi degli interventi speciali previsti dall'art. 119,
quinto comma, della Costituzione, sono ammessi solo (i)  in  presenza
di esigenze di esercizio unitario di una funzione, secondo lo  schema
della chiamata in sussidiarieta', ovvero (ii) nel caso  di  intreccio
con competenze esclusive  dello  Stato,  e  che  in  entrambe  queste
ipotesi  e'  necessario  il   rispetto   del   principio   di   leale
collaborazione assicurato  dal  necessario  coinvolgimento  regionale
nella gestione  delle  risorse,  risulta  agevole  osservare  che  la
disposizione impugnata non soddisfa quest'ultimo requisito. 
    Sotto tale profilo, e dunque per  l'omesso  coinvolgimento  delle
regioni nella procedura di  adozione  del  decreto  ministeriale,  il
comma impugnato e' incostituzionale (i) in quanto lede  la  autonomia
finanziaria della Regione, strutturata  dai  principi  dell'art.  119
della Costituzione come ricostruiti supra; (ii)  perche'  condiziona,
tramite lo stanziamento di risorse e la loro allocazione a  mezzo  di
un  decreto  ministeriale,  l'esercizio  di  funzioni  amministrative
regionali in  materia  di  organizzazione  del  servizio  scolastico,
funzioni che spettano alla Regione ai sensi degli artt. 118, primo  e
secondo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione; (iii)  perche'
e' incompatibile con il principio di leale collaborazione (artt. 5  e
120, secondo comma, della Costituzione), che impone di recuperare  in
sede di esercizio della  funzione  amministrativa  la  partecipazione
dell'ente che si e' visto sottratta la funzione in vista di  esigenze
di  esercizio  unitario  ovvero  in  ragione  della  compresenza   di
interessi affidati alla  cura  dello  Stato  dall'art.  117,  secondo
comma, della Costituzione. 
    E' certo, del resto, che la disposizione riguarda la gestione  di
un fondo settoriale in una materia di  sicura  competenza  regionale,
quale e'  l'istruzione  scolastica  e  segnatamente  l'organizzazione
scolastica.  Si  tratta,  infatti,  di  un   fondo   teleologicamente
orientato a promuovere iniziative di orientamento, di inclusione e di
contrasto della dispersione scolastica, compresa  la  definizione  di
percorsi personalizzati per gli studenti, nonche' -  genericamente  -
al finanziamento delle iniziative  svolte  in  attuazione  del  PNRR:
cioe', in altre parole,  di  interventi  sicuramente  ascrivibili  al
servizio scolastico. 
    Il fatto che le risorse stanziate dal comma 561 siano destinate a
tali iniziative per il tramite della  «valorizzazione  del  personale
scolastico» non puo' certo valere a rimuovere la competenza regionale
sul servizio scolastico. Posto, infatti, che il  servizio  scolastico
e' affidato in larga parte a risorse umane, considerare estraneo alla
potesta' regionale  in  materia  di  istruzione  tutto  cio'  che  si
connette al rapporto di servizio che  lega  il  personale  docente  e
quello ausiliario al Ministero condurrebbe al  completo  assorbimento
della   competenza   regionale   nella   competenza   statale   sulla
organizzazione amministrativa dello Stato. Questo e' tanto piu'  vero
nel presente caso, visto che non si tratta  qui  di  una  astratta  e
generica  «valorizzazione  del  personale  scolastico»,  ma  di   una
valorizzazione   finalizzata    al    compimento    delle    funzioni
caratteristiche della scuola e dell'istruzione. Tale dato riporta  le
corrispondenti attivita' in  modo  prevalente,  o  comunque  in  modo
ineludibile, nell'ambito della materia istruzione, e richiede  dunque
il coinvolgimento delle regioni. 
    Al piu', la competenza statale  sul  personale  statale  per  gli
aspetti legati al rapporto di lavoro puo' portare  a  riconoscere  un
concorso di competenze,  ma  tale  intreccio,  appunto,  consente  la
previsione di un fondo vincolato a condizione  che  sia  previsto  un
coinvolgimento partecipativo regionale nella gestione delle  risorse:
condizione che, come si e' esposto, non e' qui osservata. 
    La disposizione potra' essere dunque  ricondotta  a  legittimita'
costituzionale  solo  tramite  la  previsione  delle  necessita'  del
coinvolgimento  delle  regioni,  nella  forma  della  intesa  con  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome. 
    Infatti, considerata la politicita' della scelta (si tratta della
determinazione di criteri generali di destinazione di  risorse,  alle
quali la legge  si  limita  ad  imprimere  una  finalizzazione  molto
generica) e l'appartenenza degli interventi - almeno nei qualificanti
profili teleologici (la' dove il dato finanziario e' per  definizione
«neutro») - alla  competenza  regionale,  si  impone  qui  un  modulo
vocazionalmente paritetico di collaborazione. 
    Solo in subordine, la Regione chiede che sia  comunque  garantita
la partecipazione regionale nelle forme, diverse  dalla  intesa,  che
codesta Ecc.ma Corte ritenesse comunque adeguate per la  salvaguardia
delle  competenze  costituzionali  della   ricorrente,   lese   dalla
disposizione impugnata. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Per le esposte ragioni, la  Regione  Emilia-Romagna,  come  sopra
rappresentata e difesa, chiede voglia  codesta  Corte  costituzionale
dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  commi  557,
558, 560 e 561,  della  legge  29  dicembre  2022,  n.  197,  recante
«Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2023  e
bilancio pluriennale per il triennio  2023-2025»,  nelle  parti,  nei
termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. 
        Padova-Roma, 27 febbraio 2023 
 
                     Gli Avvocati: Falcon-Manzi