N. 57 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 marzo 2023
Ordinanza del 23 marzo 2023 del Tribunale di Nola nel procedimento penale a carico di D. S.. Reati e pene - Danneggiamento - Reato di danneggiamento commesso su cose esposte alla pubblica fede - Regime di procedibilita'. - Decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonche' in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari), art. 2, comma 1, lettera n), in combinato disposto con l'art. 635, quinto comma, del codice penale, come novellato, in relazione all'art. 625, primo comma, numero 7), del medesimo codice.(GU n.18 del 3-5-2023 )
TRIBUNALE DI NOLA Sezione penale Il Giudice monocratico, dott. Raffaele Muzzica, all'esito dell'udienza del 23 marzo 2023, ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale a carico di D S , nato a res.te a alla via Libero - non comparso, gia' assente difeso di fiducia dall'avv. Felice Iovino. Imputato a) Dei reati pp. e pp. dagli artt. 81 cpv., 660, 612 cpv. c.p. perche', con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, commesse anche in tempi diversi, per petulanza e per il biasimevole motivo di voler manifestare il proprio disappunto per non aver ricevuto le informazioni richieste sul conto di M M , figlia di R d P , recava molestie e disturbo alla predetta D P ed al convivente di quest'ultima, F M , mediante reiterate ed insist enti telefonate sull'utenza fissa dell'abitazione della coppia, nel corso delle quali rivolgeva ad entrambi ingiurie e minacce di morte del seguente tenore: In , il b) Del reato p. e p. dall'art. 635 co. 1 e 2 n. 1 c.p. per avere, reso in parte inservibile l'autovettura Lancia Dedra, targata , di proprieta' di F M , bene esposto per consuetudine e necessita' alla pubblica fede in quanto lasciata in sosta lungo la pubblica via, mandandone in frantumi il parabrezza nonche' danneggiandone il fanalino posteriore sinistro e lo sportello posteriore destro; In , il Con recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale nei confronti di: M F , nato a il ,residente a in via gia' presente, non comparso D P R, nata a il , ivi residente in via non comparsa per sollevare questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2 co. 1 lett. n) d.lgs. 150/2022 e 635 co. 5 c.p. come novellato, nella parte in cui non prevedono la procedibilita' a querela per il reato di danneggiamento di cui all'art. 635 co. 2 n. 1) avente ad oggetto cose esposte alla pubblica fede di cui all'art. 625 n. 7 c.p., per violazione degli artt. 3, 27 co. 3, 111 e 117 Cost. in relazione all'art. 6 CEDU 1. Svolgimento del procedimento Nel procedimento in epigrafe indicato il PM emetteva in data 24 febbraio 2022 decreto di citazione diretta a giudizio nei confronti dell'imputato, in ordine ai reati indicati in epigrafe, per l'udienza del 29 settembre 2022 da celebrarsi dinnanzi al Tribunale in composizione monocratica di Nola. In quella sede il Giudice disponeva la rinnovazione della notifica nei confronti del D per l'udienza del 9 febbraio 2023 nella quale, stante la ricevuta notifica a mani proprie da parte dell'imputato, il Giudice disponeva procedersi in sua assenza. In assenza di questioni o eccezioni preliminari, il Giudice dichiarava aperto il dibattimento e, con il consenso delle parti, venivano acquisiti tutti gli atti di indagine, pertanto utilizzabili ai fini della decisione. La persona offesa querelante, M F , dichiarava di rimettere la querela nei confronti dell'imputato. Pertanto il difensore dell'imputato sollecitava questo Giudice a sollevare la questione di legittimita' tratteggiata in epigrafe. Il PM si riservava di interloquire alla successiva udienza ed il Giudice, pertanto, si riservava sulla decisione, dapprima all'udienza del 27 aprile 2023, poi anticipata con decreto comunicato alle parti, all'udienza del 23 marzo 2023. In questa sede il Giudice, sentite le parti, sollevava la questione di legittimita' oggetto della presente ordinanza, disponendo gli adempimenti di legge consequenziali. 2. La rilevanza della questione In primo luogo, deve osservarsi che la questione di legittimita' costituzionale sollevata e' rilevante nel presente giudizio, per le ragioni che saranno di seguito esposte. In data M F presentava apposita denuncia querela nei confronti dell'imputato D S soggetto a lui gia' noto. Il M , infatti, riferiva di aver ricevuto, nell'arco della giornata del , svariate telefonate, all'incirca una ventina, da D S , che chiedeva informazioni sul conto di tale M M , figlia della moglie del denunciante. Il M riferiva che nel corso delle telefonate, da lui ascoltate in viva voce, il D profferiva minacce e improperi e, nello specifico, ebbe a pronunciare le seguenti frasi: La mattina del inoltre, il M riferiva di aver ritrovato la propria autovettura Lancia Dedra 1.6. targata danneggiata. In particolare, la vettura presentava il parabrezza anteriore ed il fanalino posteriore sinistro lesionati, oltre ad una bordura nello sportello posteriore destro. Il M , pertanto, chiedeva ad un vicino di visionare le immagini di videosorveglianza, dalla cui visione riconosceva con evidenza il D intento a danneggiare l'autovettura. Inoltre il denunciante consegnava alle forze dell'ordine un cilindro di ferro di colore nero, rinvenuto in prossimita'. della sua autovettura, ed un pen-drive contenente il filmato di videosorveglianza, poi visionato dalla polizia giudiziaria in servizio presso il Commissariato di P.S. di Nola; gli operanti confermavano quanto riscontrato dal denunciante e riconoscevano il D - soggetto pregiudicato noto ai loro uffici - come l'autore del danneggiamento della vettura del M . Orbene, cosi' ricostruiti fatti, all'udienza del 9 febbraio 2023 M F rimetteva dinnanzi a questo Giudice la querela sporta nei confronti dell'imputato, dichiarando di averlo perdonato. In primo luogo, non emergono dagli atti elementi dai quali desumere, ai sensi dell'art. 129 co. 2 c.p.p., l'evidenza di un proscioglimento nel merito nei confronti dell'imputato; per converso, dagli atti acquisiti con il Consenso delle parti - il cui contenuto e' stato sinteticamente esposto nel presente paragrafo - emergono plurimi elementi comprovanti la responsabilita' del D . In secondo luogo, non rileva la possibile individuazione, quale persona offesa del reato, anche di D P R , in tale veste indicata nell'atto introduttivo del giudizio, sebbene non querelante. In tal senso, il chiaro disposto dell'art. 154 co. 2 c.p. stabilisce che se tra piu' persone offese da un reato taluna soltanto ha proposto querela, la remissione del querelante non pregiudica il diritto di querela delle altre: soltanto nell'ipotesi - non ricorrente nel Caso di specie di una querela presentata da piu' persone offese, la remissione deve provenire da tutte queste per sprigionare efficacia estintiva del reato. Nel caso in esame, ferma restando la presentazione della querela da parte del solo M F , risulta comunque spirato l'eventuale termine di presentazione della querela da parte della seconda persona offesa D P R , ai sensi dell'art. 124 c.p., edotta dei fatti di causa al piu' tardi all'atto della presentazione della querela da parte del coniuge. Inoltre, a nulla rileva che in atti non vi sia un'espressa accettazione dell'intervenuta remissione di querela da parte dell'imputato. Questo Giudice, infatti, si conforma al consolidato orientamento di legittimita', secondo cui «Ai fini dell'efficacia della remissione di querela non e' indispensabile l'accettazione, essendo sufficiente che, da parte del querelato, non vi sia un rifiuto espresso o tacito della remissione. Ne consegue che, in assenza di altri elementi, anche la contumacia dell'imputato puo' essere apprezzata quale indice dell'assenza della volonta' di coltivare il processo». (Sez. 5, Sentenza n. 7072 del 12 gennaio 2011 Ud. (dep. 23/02/2011) Rv. 249412-01). Tale orientamento, consolidatosi anteriormente alla riforma del processo penale di cui alla legge n. 67 del 28 aprile 2014 e percio' gia' applicabile all'imputato dichiarato contumace, appare a fortiori condivisibile rispetto all'ipotesi di accettazione in forma tacita della remissione della querela da parte dell'imputato dichiarato assente ex art. 420-bis c.p.p., attesa la considerevole tutela apprestata dal legislatore alla consapevolezza e alla libera scelta dell'imputato mediante l'introduzione dell'istituto della assenza che, come e' noto, presuppone la prova della conoscenza del processo da parte sua. Nel presente processo l'imputato D S raggiunto a mani proprie dalla notifica dell'atto introduttivo del presente giudizio, rappresentato da un difensore di' fiducia che nulla ha eccepito in ordine all'intervenuta remissione di querela ed anzi ha sollecitato il rilievo da parte di questo Giudice di una questione di legittimita' che presuppone implicitamente l'accettazione della remissione, non ha fatto pervenire alcuna dichiarazione contraria di espresso rifiuto. Tali fatti, ritiene questo Giudice, rappresentano indici inequivoci di un mancato rifiuto della remissione di querela da parte dell'imputato. Infine, deve rilevarsi come nel presente processo la (perdurante) procedibilita' ufficiosa del reato di danneggiamento aggravato dall'esposizione della res alla pubblica fede, contestato al capo B) dell'imputazione, assume carattere rilevante in quanto e' idonea ad impedire la pronuncia di una immediata sentenza di non doversi procedere per estinzione dei reati ascritti all'imputato in ragione dell'intervenuta remissione di querela. Con riferimento al contestato reato di cui all'art. 660 c.p., l'art. 3 co. 1 lett. b) n. 1 del d.lgs. 150 del 2022 ha espressamente introdotto la procedibilita' a querela: ne consegue che, ai sensi dell'art. 2 co. 4 c.p., l'innovazione normativa, in quanto lex mitior, e' applicabile al caso di specie, in tutti i suoi coronari applicativi, non da ultimo l'estinguibilita' del reato mediante remissione. Con riferimento al contestato reato di cui all'art. 612 cpv. c.p. - impregiudicata l'effettiva sussistenza. del connotato della «gravita'» delle minacce nel caso di specie l'art. 2 co. 1 lett. f) del d.lgs. 150/2022 ha delimitato la procedibilita' ufficiosa del reato alle sole ipotesi di cui all'art. 339 c.p. (non ricorrenti ne' contestate nel caso di specie) ovvero ai casi in cui «la minaccia e' grave e ricorrono circostanze aggravanti ad effetto speciale diverse dalla recidiva, ovvero se la persona e' incapace per eta' o per infermita'». Nessuna di tali ipotesi ricorre nel caso di specie - al D e' contestata la sola recidiva ex art. 99 co. 4 c.p. quale circostanza aggravante ad effetto speciale - e pertanto, in applicazione del disposto dell'art. 2 co. 4 c.p., anche il suddetto reato contestato all'imputato deve considerarsi procedibile a querela. Ne consegue, dunque, che solo in ragione della perdurante procedibilita' ufficiosa del reato di cui all'art. 635 co. 2 n. 1 c.p. l'immediata pronuncia di una sentenza di non doversi procedere e' inibita a questo Giudice. 2.1. La residua fattispecie di cui all'art. 635 co. 1 e 2 n. 1 c.p. Ritiene questo Giudice che il fatto, cosi' come ricostruito, sia correttamente inquadrato nella fattispecie incriminatrice ipotizzata dall'Ufficio del pubblico ministero. Quanto alla fattispecie oggettiva del delitto in questione, non vi e' dubbio che l'imputato abbia reso in parte inservibile la vettura della persona offesa, arrecando una lesione non trascurabile al bene giuridico protetto dalla norma, alterando il connotato strutturale e funzionale della res («Il delitto di danneggiamento si differenzia da quello di deturpamento e imbrattamento di cose altrui non gia' in ragione del carattere irreversibile dagli effetti dell'azione dannosa ma per la diversa tipologia dell'alterazione, che, ove impedisca anche parzialmente l'uso delle cose, rendendo necessario un intervento ripristinatorio, connota il delitto di danneggiamento.» (Sez. 2, Sentenza n. 2768 del 2 dicembre 2008 Ud. (dep. 21/01/2009) Rv. 242708 - 01). Le modalita' del fatto, come descritte dalla persona offesa e confermate dalla visione delle immagini di videosorveglianza, non lasciano dubbio alcuno in ordine all'elemento soggettivo del reato in contestazione ed alla sua riconducibilita' all'imputato («Il dolo del delitto di danneggiamento richiede la mera coscienza e volonta' di danneggiare, senza essere qualificato dal fine specifico di nuocere.» (Sez. 6, Sentenza n. 35898 del 18 settembre 2012 Ud. (dep. 19/09/2012) Rv. 253350 - 01). Pacificamente sussistente, inoltre, e' la sussistenza della aggravante o rectius della nota modale della condotta prevista dal dettato normativo, in quanto il titolare della vettura non era in condizioni di assicurare sulla stessa, parcheggiata nottetempo sulla pubblica via, una persistente ed adeguata sorveglianza (cfr. «Ai fini della configurabilita' dell'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede e' necessario che il titolare del diritto di proprieta' sulla cosa oggetto dell'azione delittuosa non possa esercitare una vigilanza continua sul bene. (In applicazione del principio, la Corte ha riconosciuto l'aggravante in un caso di danneggiamento di un 'autovettura parcheggiata sulla pubblica via mentre il proprietario si trovava all'interno di un cortile antistante alla stessa). (Sez. 2, Sentenza n. 42023 del 19 giugno 2019 Ud. (dep. 14/10/2019) Rv. 277046 - 01). Dagli atti utilizzabili ai fini della decisione, infine, non emerge la sussistenza di cause di giustificazione o di cause di non punibilita' lato sensu intese. Segnatamente, appare impraticabile il riconoscimento della causa di non punibilita' per particolare tenuita' del fatto nei confronti dell'imputato, recidivo reiterato e specifico, gravato da precedenti per reati violenti commessi senza soluzione di continuita' («La causa di esclusione della punibilita' per particolare tenuita' del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non puo' essere applicata in caso di riconoscimento della recidiva reiterata specifica, elemento sintomatico della accentuata pericolosita' sociale dell'imputato per l'elevato grado di colpevolezza che essa implica.» (Sez. 5, Sentenza n. 1489 del 19 ottobre 2020 Ud. (dep. 14/01/2021) Rv. 280250 - 01). 3. La non manifesta infondatezza della questione: le rationes del d.lgs. 150/2022 Tanto premesso in punto di rilevanza della questione, ritiene lo scrivente che la perdurante procedibilita' ufficiosa del reato di danneggiamento di cose esposte alla pubblica fede sia contraria al principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), nonche' al finalismo rieducativo della pena (art. 27, comma 3 Cost.) ed al principio di ragionevole durata del processo (art. 111. Cost e 6 CEDU, per il tramite dell'art. 117 Cost.). L'art. 1 co. 15 della legge delega prevedeva, come specifico criterio direttivo perii legislatore delegato, l'estensione del regime di procedibilita' a querela a specifici reati contro la persona o contro il patrimonio nell'ambito di quelli puniti con pena edittale detentiva non superiore nel minimo a due anni. Come e' possibile desumere dalla lettura della Relazione illustrativa al d.lgs. 150/2022, «La legge delega ha individuato l'area di estensione della procedibilita' a querela in rapporto a reati, di non particolare gravita', posti a tutela di beni individuali, personali e patrimoniali. Il bene giuridico tutelato, in via esclusiva o prevalente dalla norma incriminatrice, e' pertanto il criterio guida per l'individuazione degli specifici reati cui estendere il regime di procedibilita' a querela. Si e' pertanto conservata la procedibilita' a d'ufficio nelle ipotesi in cui viene in rilievo una dimensione sovra-individuale dell'offesa (beni pubblici o a titolarita' diffusa) o vi e' una particolare esigenza di tutela delle vittime, che potrebbero essere condizionate e non libere nella scelta processuale di presentare una querela.» (pag. 320 della Relazione illustrativa). La dimensione individuale dell'offesa, inoltre, oltre ad inverarsi nella procedibilita' a querela tramite la scelta rimessa alla persona offesa di intraprendere la via penalistica, si salda con importanti risvolti processuali, come parimenti sottolineato in sede di Relazione («Una delle linee di fondo della l. n. 134/2021 e' infatti quella di incentivare tali condotte in vista della estinzione del reato prima della celebrazione del processo, a beneficio dell'imputato, della vittima e del sistema giudiziario. Estendere la procedibilita' a querela a reati contro la persona e contro il patrimonio, di frequente contestazione, come ad esempio nel caso delle lesioni personali e del furto, rappresenta un forte incentivo alla riparazione dell'offesa nonche' alla definizione anticipata del procedimento penale attraverso la remissione della querela o l'attivazione della causa estintiva di cui all'art. 162-ter c.p.» (pag. 321 della Relazione illustrativa). Nei settori interessati dall'intervento legislativo delegato, dunque, la procedibilita' ufficiosa funge inopinatamente da zavorra. «che in non pochi casi lega oggi irragionevolmente le mani tanto alle parti quanto al giudice, con enorme dispendio di energie e risorse che potrebbero essere utilmente impiegate per perseguire altri reati e per ridurre tempi complessivi medi di definizione dei procedimenti penali» (pag. 321 della Relazione illustrativa). Nel perseguire tali e valide ragioni di politica criminale, con riferimento al reato di furto il legislatore delegato ha limitato la procedibilita' d'ufficio - prima prevista in tutti i casi in cui ricorreva una o piu' delle circostanze aggravanti speciali di cui all'art. 625 c.p. - alle sole circostanze aggravanti previste dai numeri 7 (esclusa l'ipotesi dell'esposizione della res alla fede pubblica) e 7-bis. Il legislatore delegato, in altri termini, ha ritenuto opportuno conservare la procedibilita' d'ufficio solo in relazione a quelle circostanze aggravanti connesse ad una dimensione pubblicistica dell'oggetto materiale della condotta. Il furto resta procedibile d'ufficio, pertanto, se il fatto e' commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilita', difesa o reverenza (art. 625, n. 7 c.p.); ovvero se il fatto e' commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica (art. 625, n. 7-bis). Diviene, invece, procedibile a querela il furto aggravato dalla mera esposizione delle cose alla pubblica fede. Con riferimento, invece, al reato di danneggiamento, il legislatore delegato ha introdotto la procedibilita' a querela di parte, limitatamente all'ipotesi prevista dal primo comma dell'art. 635 (fatto commesso con violenza alla persona o con minaccia), in cui il reato si sostanzia in un'offesa di natura spiccatamente patrimoniale e privatistica, oltre che personale (violenza/minaccia), con la sola eccezione - in piena attuazione del dettato della legge delega - del fatto commesso ai danni di persona offesa incapace per eta' o per infermita'. Le ipotesi previste nei successivi commi dell'art. 635 c.p. permangono procedibili d'ufficio, cosi' come resta ferma l'a procedibilita' d'ufficio del reato commesso in occasione del delitto previsto dall'art. 331 c.p. (interruzione di un pubblico servizio). Come e' evidente, il legislatore delegato, nel solco delle rationes politico - criminali prima esposte, ha conservato la procedibilita' ufficiosa per le ipotesi di danneggiamento di beni pubblici o, comunque, di interesse o utilita' pubblica. Il limitato caso del danneggiamento di cose esposte alla pubblica fede, tuttora procedibile d'ufficio, non e' stato oggetto di un puntuale intervento normativo da parte del legislatore delegato. Tale lacuna legislativa, oggetto della presente ordinanza, presenta evidenti profili di irragionevolezza. Questo Giudice non ignora che il legislatore conserva un margine di discrezionalita' nell'intervenire nell'ambito del sistema sanzionatorio (cfr. ordinanza Corte cost. n. 238 del 2019). Tuttavia, anche in tali ambiti le scelte legislative devono rispettare il limite della ragionevolezza, come pure la stessa Corte costituzionale ha piu' volte ribadito [ex multis, sentenza n. 185 del 2015: «Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, l'individuazione delle condotte punibili e la configurazione del relativo trattamento sanzionatorio rientrano nella discrezionalita' legislativa, il cui esercizio non puo' formare oggetto di sindacato, sul piano della legittimita' costituzionale, salvo che si traduca in scelte manifestamente irragionevoli o arbitrarie (ex multis; sentenze n. 68 del 2012, n. 47 del 2010, n. 161 del 2009, n. 22 del 2007 e n. 394 del 2006)»]. Ebbene, come subito piu' dettagliatamente si illustrera' facendo applicazione dei suddetti criteri direttivi tracciati dalla Corte, la perdurante procedibilita' officiosa per il reato in questione sembra costituire una di quelle «manifeste ragioni di irrazionalita' o discriminazioni prive di fondamento giuridico, che sole potrebbero consentire di sindacare [l'] ampio potere discrezionale riservato al legislatore» (Sent. 175 del 1997, ma anche 416 del 1996; nn. 295 e 188 del 1995), in riferimento alla quale sarebbe consentita alla Corte «una valutazione di legittimita' costituzionale [...] fondata soltanto su una irrazionalita' manifesta, irrefutabile» (Sent. n. 46 del 1993, ma anche n. 236 del 2008, n. 81 del 1992, 206 del 1999). Ed infatti la procedibilita' officiosa per il reato di danneggiamento di cose esposte alla pubblica fede non sembra avere alcuna ratio giustificatrice. Basti considerare che per una fattispecie analoga ma piu' grave lo stesso legislatore delegato, con il medesimo intervento normativo, ha introdotto la procedibilita' a querela. Ed infatti, il furto aggravato dall'esposizione delle cose alla pubblica fede, per diritto vivente consolidato, e' considerato una fattispecie dotata di maggiore gravita', in quanto volta a deprivare il titolare della sfera di dominio sulla res, piuttosto che a comprimere le facolta' godimento di un bene che permane nella sua sfera giuridica. Si trae conferma di tale evidente constatazione nell'orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, che statuisce l'assorbimento della fattispecie meno grave in quella piu' grave («Il delitto di furto aggravato dalla violenza sulle cose non concorre con il reato di danneggiamento delle medesime cose ma lo assorbe, in quanto la violenza si trova in rapporto funzionale con l'esecuzione della condotta di furto. (nella specie la violenza era consistita nella rottura del vetro di una autovettura dalla quale erano stati sottratti tergicristalli, fari e antenne)». (Sez. 5, Sentenza n. 49571 del 23 settembre 2014 Ud. (dep. 27/11/2014) Rv. 26-1732 - 01). Gia' solo per tale ragione l'omessa modifica del regime di procedibilita' del reato di danneggiamento aggravato appare caratterizzato da un'irragionevolezza estrinseca, giacche' determina un irragionevole trattamento differenziato di situazioni omogenee e percio' sotto tale profilo si pone in contrasto con l'art. 3 Cost. Ma vi e' di piu'. La perdurante procedibilita' ufficiosa del reato di danneggiamento di cose esposte alla pubblica fede produce di per se' effetti distonici rispetto agli scopi prefissati dal legislatore e, pertanto, sproporzionati ed irragionevoli, nell'accezione fatta propria dalla giurisprudenza della Corte costituzionale («il giudizio di ragionevolezza, lungi dal comportare il ricorso a criteri di valutazione assoluti e astrattamente prefissati, si svolge attraverso ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita' rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti» cfr. Corte cost. sent. 1130 del 1988; Corte cost. sent. 264 del 1996). D'altronde, come da tempo la stessa Corte costituzionale ha inequivocabilmente affermato «Il principio di proporzionalita' [va] inteso [...] anche e soprattutto, quale 'criterio generale' di congruenza degli strumenti normativi rispetto alle finalita' da perseguire» (Corte cost., sentenza n. 487 del 1989). Il perdurante regime di procedibilita' officiosa per il reato di danneggiamento aggravato dall'esposizione alla pubblica fede «costringe» il giudice ad imbastire un processo finalizzato all'applicazione di una pena sproporzionata nell'an ancor prima che nel quantum, poiche' da applicare ad un fatto che, in base ai criteri generali fissati dal medesimo legislatore delegante, non ne e' invece 'bisognoso', secondo la libera valutazione della persona offesa: cio' risulta ancor piu' evidente nel caso di specie, ove la persona offesa, rimettendo la querela, dichiarava di aver perdonato l'imputato. L'assunto determina una evidente violazione non soltanto del principio di uguaglianza, sub specie di ragionevolezza e proporzione, ma anche della finalita' rieducativa della pena di cui all'art. 27, commi 1 e 3, Cost. Infatti, l'individualizzazione del trattamento sanzionatorio costituisce evidente attuazione del «mandato costituzionale di «personalita'» della responsabilita' penale di cui all'art. 27, primo comma, Cost.» (Corte cost., sentenza n. 222 del 2018); al contempo, «...una pena non proporzionata alla gravita' del fatto (e non percepita come tale dal condannato) si risolve in un ostacolo alla sua funzione rieducativa» (Corte cost., ult. cit.; ma v. gia', ex multis, sentenza n. 236 del 2016 e n. 68 del 2012). E come ormai da tempo la Corte, superando la concezione c.d. polifunzionale della pena, ha inequivocabilmente affermato, il rispetto della finalita' rieducativa della pena di cui all'art. 27 comma 3 della Costituzione implica e al contempo impone un «"principio di proporzione" tra qualita' e quantita' della sanzione, da una parte, e offesa, dall'altra» e, «lungi dal rappresentare una mera generica tendenza riferita al solo trattamento, indica invece proprio una delle qualita' essenziali e generali che caratterizzano la pena nel suo contenuto ontologico e l'accompagnano da quando nasce, nell'astratta previsione normativa, fino a quando in concreto si estingue» (Corte cost., sentenza n. 313 del 1990). Come, da ultimo, la giurisprudenza costituzionale ha vigorosamente rimarcato «...allorche' le pene comminate appaiano manifestamente sproporzionate rispetto alla gravita' del fatto previsto quale reato, si profila un contrasto con gli art. 3 e 27 Cost., giacche' una pena non proporzionata alla gravita' del fatto si risolve in un ostacolo alla sua funzione rieducativa (ex multis, sentenze n. 236 del 2016, n. 68 del 2012 e n. 341 del 1994). I principi di cui agli artt. 3 e 27 Cost. "esigono di contenere la privazione della liberta' e la sofferenza inflitta alla persona umana nella misura necessaria e sempre allo scopo di favorirne il cammino di recupero, riparazione, riconciliazione e reinserimento sociale" (sentenza n. 179 del 2017) in vista del "progressivo reinserimento armonico della persona nella societa', che costituisce l'essenza della finalita' rieducativa" della pena (da ultimo, sentenza n. 149 del 2018). Al raggiungimento di tale impegnativo obiettivo posto dai principi costituzionali e' di ostacolo l'espiazione di una pena oggettivamente non proporzionata alla gravita' del fatto, quindi, soggettivamente percepita come ingiusta e inutilmente vessatoria e, dunque, destinata a non realizzare lo scopo rieducativo verso cui obbligatoriamente deve tendere» (sentenza n. 40 del 2019; v., da ultimo, sentenza n. 102/2020). Ebbene, la potenziale applicazione di una pena, anche minima (mediante un processo, anche breve) all'autore di un illecito che, per la dimensione esclusivamente privatistica dell'offesa e secondo l'insindacabile giudizio della vittima - per espressa volonta' legislativa, assurta quale «autonomo misuratore» della necessitas puniendi - non e' bisognoso di pena, costituisce una reazione sproporzionata dell'ordinamento, che sacrifica e banalizza la liberta' personale dell'individuo, dichiarata «inviolabile» dall'art. 13 Cost., a fronte di fatti che non dimostrano alcun reale bisogno di pena; cio' realizzerebbe, pertanto, un ingiustificato, inutile e intollerabile sacrificio della liberta' personale, in violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalita', di personalita' della responsabilita' penale e di rieducazione, oltre che di sussidiarieta' del diritto penale o extrema ratio, il quale esige che la sanzione piu' grave di cui l'ordinamento dispone sia attivata esclusivamente in relazione a fatti realmente bisognosi di pena, in mancanza di strumenti alternativi di tutela (cfr., per tutte, la sentenza n. 364 del 1988). Piuttosto, l'applicazione di una pena sproporzionata in se' - non residuando a disposizione del Giudice concreti strumenti alternativi, stante l'inapplicabilita' al caso di specie della causa di non punibilita' dell'art. 131-bis c.p. - giacche' non necessaria per il perseguimento delle finalita' di risocializzazione di cui all'art. 27, comma 3 Cost., in uno con la celebrazione del relativo processo, nulla apporta alla concreta tutela dei diritti fondamentali dei soggetti coinvolti. Tra gli effetti distorsivi della perdurante procedibilita' ufficiosa del reato di danneggiamento di cose esposte alla pubblica fede - indici del carattere di irragionevolezza intrinseca della norma - molteplici investono il versante processuale. Il regime di procedibilita' qui censurato si pone in contrasto con il principio di ragionevole durata del processo e, di conseguenza, con la finalita' di deflazione processuale posta a fondamento delle modifiche in tema di procedibilita' a querela sostenute dal legislatore delegato. Come considerato dalla giurisprudenza costituzionale, la ragionevole durata e' oggetto «oltreche' di un interesse collettivo, di un diritto di tutte le parti, costituzionalmente tutelato non meno di quello ad un giudizio equo e imparziale, come oggi espressamente risulta dal dettato dell'art. 111 co. 2 Cost.» (C. cost., 21 marzo 2002 n. 78, altresi' C. cost., 26 aprile 2018 n. 88). La garanzia in esame e' funzionale, come piu' volte affermato anche dalla giurisprudenza sovranazionale, a tutelare il relativo titolare «dal rischio di restare troppo a lungo nell'incertezza della propria sorte» (C. eur., 10 novembre 1969, Stogmuller c. Austria, § 5: «in criminal matters, especially, it is designed to avoid that a person charged should remain too long in a state of uncertainty about his fate»), sul presupposto che tale condizione nel processo penale - a prescindere dall'esito piu' o meno fausto - sia di per se' fonte di sofferenza individuale. Il principio, come e' noto, affonda le sue radici non solo nell'art. 111 co. 2 Cost., ma altresi' in una congerie di norme internazionale, parimenti violate ad opinione dello scrivente (artt. 6 CEDU per il tramite dell'art. 117 Cost, art 47 CDFUE, nonche' art 14 lett. c) del Patto internazionale sui diritti civili e politici) e, per pacifica giurisprudenza costituzionale e convenzionale, si estende altresi' a tutela dell'indagato che abbia avuto conoscenza del procedimento e non del. solo imputato (Corte EDU, 15 luglio 1982, Eckle c. Germania, § 73, secondo cui i termini 'charge' e 'charged' alludono a: «the official notification given to an individuai by the competent authority of an allegation that he has committed a criminal offence, a definition that also corresponds to the test whether "the situation of the [suspect] has been substantially affected"». V. anche C. eur., 10 dicembre 1982, C c. Italia, § 34. Piu' di recente, Corte EDU, 5 ottobre 2017, Kaleja c. Lettonia, § 36: «The Court reiterates that in criminal matters, the "reasonable time" referred to in Article 6 § 1 begins to run as soon as a person is "charged". A "criminal charge" exists from the moment that an individual is officially notified by the competent authority of an allegation that he has committed a criminal offence, or from the point at which his situation has been substantially affected by actions taken by the authorities as a result of a suspicion against him»; cfr. anche, da ultimo, Corte EDU, 20 giugno 2019, Chiarello c. Germania, § 44). Il principio della ragionevole durata del processo, come interpretato dalla giurisprudenza convenzionale, obbliga gli Stati membri, in primo luogo, «a organizzare il loro sistema giudiziario in modo che le giurisdizioni possano assolvere all'esigenza di celebrare i processi in termini ragionevoli» (C. eur., GC, 29 marzo 2006, S c. cit., in particolare §§ 183-187), prescrivendo al legislatore di porre le condizioni ordinamentali, organizzative e processuali piu' idonee al conseguimento degli obiettivi connessi ad un congruo accertamento processuale. Cio' premesso, la perdurante procedibilita' ufficiosa del reato di danneggiamento di cose esposte alla pubblica fede non soltanto non consente di raggiungere le finalita' di deflazione processuale - come e' evidente nel caso di specie, in cui la persona offesa rimetteva la querela dinnanzi a questo Giudice, non potendosi tuttavia procedere ad una pronuncia ex art. 129 c.p.p. per le ragioni sopraesposte - ma in misura deteriore il procedimento assume una durata contraria alle sue stesse finalita' e, per cio' solo, irragionevole. Tutto cio' premesso,
P.Q.M. Dichiara d'ufficio rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 2 co. 1 lett. n) d.lgs. 150/2022 e 635 co. 5 c.p. come novellato, nella parte in cui non prevedono la procedibilita' a querela per il reato di danneggiamento di cui all'art. 635 co. 2 n. 1) avente ad oggetto cose esposte alla pubblica fede di cui all'art. 625 n. 7 c.p., per violazione degli artt. 3, 27 co. 3, 111 e 117 Cost. in relazione all'art. 6 CEDU. Sospende il giudizio; Ordina l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della presente ordinanza e degli atti del giudizio, insieme con la prova delle comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso; Dispone che la presente ordinanza sia notificata all'imputato, alla persona offesa e al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati; Nola, 23 marzo 2023 Il Giudice: Muzzica