N. 66 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 marzo 2023

Ordinanza del 15 marzo 2023 del Tribunale di Siena  nel  procedimento
civile promosso da S. F. contro Comune di Siena . 
 
Impiego pubblico - Segretario comunale - Abrogazione dei  diritti  di
  rogito - Previsione che, anche in combinato disposto con l'art. 10,
  comma 1, del decreto-legge n. 90 del 2014, limita l'attribuzione di
  una quota di tali diritti, spettanti all'ente locale, ai  segretari
  comunali che non abbiano  qualifica  dirigenziale  o  che  prestino
  servizio  in  enti  locali  privi  di   personale   con   qualifica
  dirigenziale, anziche' prevederla per tutti i segretari comunali  e
  provinciali. 
- Decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  90  (Misure  urgenti  per  la
  semplificazione e la trasparenza amministrativa e per  l'efficienza
  degli uffici  giudiziari),  convertito,  con  modificazioni,  nella
  legge 11 agosto 2014, n.  114,  art.  10,  comma  2-bis,  anche  in
  combinato disposto con il comma 1 del medesimo articolo. 
(GU n.21 del 24-5-2023 )
 
                         TRIBUNALE DI SIENA 
                           sezione lavoro 
 
    Il Tribunale di Siena, in funzione di Giudice del lavoro; 
    Sciogliendo la riserva assunta all'udienza 16 novembre 2022; 
    Nella causa iscritta al n. 143/2020 rgl promossa da S. F.; 
    Contro il Comune di  Siena,  a  mezzo  ricorso  depositato  il  7
febbraio 2020, contenente le seguenti conclusioni (pp. 17-18): 
        «Accertare e dichiarare il diritto dell'odierna ricorrente  a
percepire i diritti di segreteria  relativi  all'attivita'  rogatoria
svolta presso il Comune di Siena nel periodo compreso dal ... al  ...
e quindi condannare il Comune di Siena  al  pagamento  alla  medesima
ricorrente dei suddetti  diritti,  nella  misura  riconosciuta  dallo
stesso comune, pari rispettivamente a euro 3.006,74 per il  ...  e  a
euro 5.643,22 per il ... o in quella diversa che  sara'  quantificata
nel presente giudizio, sulla base di quanto normativamente  previsto,
oltre agli accessori di legge  dal  di'  del  dovuto  al  saldo.  Con
vittoria di spese, onorari e competenze come per legge». 
    Dato atto della costituzione del Comune di Siena che ha  concluso
(memoria difensiva, p. 22): 
        «1. Respingere  integralmente  il  ricorso  proposto  poiche'
palesemente  e  manifestamente  infondato  in  fatto  ed  in  diritto
oltreche'  destituito  del  benche'  minimo  fondamento  giuridico  e
elemento probatorio; 
        2.  Dichiarare,  per  l'effetto,  pienamente   legittima   ed
efficace l'azione amministrativa del Comune di  Siena  espletata  nei
confronti di parte ricorrente». 
    Rileva,  osserva  e  argomenta,  in  ordine  alla  questione   di
legittimita'   costituzionale   dell'art.   10,   comma   2-bis   del
decreto-legge 2014, n. 90,  convertito  con  modificazioni  in  legge
2014, n. 114, anche in combinato disposto con il comma 1. 
    Con decreto sindacale n. ... del ..., la dott.ssa ..., inquadrata
nella fascia «A», veniva nominata segretario generale del  Comune  di
Siena a decorrere dal ..., incarico che ha svolto fino al ... (doc. 4
conv.). 
    Dopo  la  cessazione  dal   servizio   presso   l'Amministrazione
comunale,  con  nota  del  ...,  reiterata  il  ...,  la  lavoratrice
ricorrente chiedeva al dirigente del settore personale del Comune  di
Siena il riconoscimento e la liquidazione  della  quota  dei  diritti
dovuti alla medesima per gli atti rogitati dopo l'entrata  in  vigore
della normativa implicata e appena sopra richiamata. 
    A   tale   richiesta   veniva    dato    riscontro    da    parte
dell'Amministrazione, nella persona del sindaco pro tempore, con nota
del ..., nella quale testualmente si affermava: «... si conferma  che
per effetto della cosiddetta riforma Renzi di cui al decreto-legge 24
giugno 2014, n. 90, come modificato dalla  legge  di  conversione  11
agosto 2014, n. 114, non e' consentito il riconoscimento dei  diritti
di segreteria inerenti  l'attivita'  di  rogito  da  lei  svolta  nel
periodo dal ... al ..., in quanto il Comune  di  Siena  e'  ente  che
dispone di dipendenti con  qualifica  dirigenziale.  L'ammontare  dei
diritti di segreteria  percepiti  al  Comune  di  Siena  nel  periodo
suddetto, fino alla concorrenza  del  quinto  del  suo  stipendio  di
godimento, e' stimato in euro 3.006,74 relativamente all'anno  ...  e
in euro 5.643,22 per  l'anno  ...  importi  entrambi  comprensivi  di
oneri» (doc. 8 conv.). 
    Costituisce pertanto dato non controverso tra le parti e in  atti
documentato,  che  nell'esercizio  delle  funzioni   affidatele,   la
lavoratrice ha rogato un significativo numero di atti senza  ricevere
i correlati diritti di rogito. 
    Ed e' espressamente in applicazione  della  norma  in  questione,
come  letteralmente  formulata,  che  i  diritti   non   sono   stati
corrisposti, secondo quanto  risulta  anche  dalla  stessa  nota  del
Comune di Siena, cit. 
    L'art. 10 del decreto-legge n. 90 del 2014, come sopra convertito
in legge, rubricato «Abrogazione dei diritti di rogito del segretario
comunale e provinciale e abrogazione della ripartizione del  provento
annuale  dei  diritti  di   segreteria»,   dispose,   al   comma   1,
l'abrogazione dell'art. 41, quarto comma, della legge 11 luglio 1980,
n. 312 («Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile  e
militare dello Stato»), che, da ultimo, aveva attribuito ai segretari
comunali e provinciali una quota dei diritti di segreteria  spettanti
al comune o alla provincia ai  sensi  dell'art.  30,  secondo  comma,
della legge 15 novembre 1973, n.  734  («Concessione  di  un  assegno
perequativo ai  dipendenti  civili  dello  Stato  e  soppressione  di
indennita' particolari»). 
    Il comma  2-bis  dello  stesso  art.  10,  inserito  in  sede  di
conversione, stabili' quanto  segue:  «Negli  enti  locali  privi  di
dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari
comunali che non hanno qualifica dirigenziale, una quota del provento
annuale spettante al comune ai sensi  dell'art.  30,  secondo  comma,
della legge 15 novembre 1973, n. 734, come sostituito dal comma 2 del
presente articolo, per gli atti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 della
tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962,  n.  604,  e  successive
modificazioni, e'  attribuita  al  segretario  comunale  rogante,  in
misura non superiore a un quinto dello stipendio in godimento». 
    La lavoratrice e' un segretario di fascia «A», dirigenziale,  che
ha operato in un Comune, Siena, la cui dotazione  organica  prevedeva
al suo interno diverse figure dirigenziali anche al tempo in cui  era
in servizio la medesima (doc. 10 conv.). 
    Viene pertanto a sussistere la condizione  che  esclude  in  base
allo specifico  enunciato  normativo,  cit.,  la  corresponsione  dei
diritti di rogito. La questione scaturisce, dunque, nell'ambito di un
giudizio nel quale la corresponsione dei diritti di rogito e' pretesa
da un segretario di fascia «A»  o  «B»  operante  in  un  comune  con
dirigenti. 
    La  normativa  qui   investita   dal   dubbio   di   legittimita'
costituzionale, individua puntualmente le situazioni  che  consentono
il mantenimento dei diritti di rogito, pur a  fronte  della  generale
soppressione degli stessi per  intervenuta  abrogazione  della  norma
che, da ultimo, li aveva introdotti (l'art. 41, quarto  comma,  della
legge n. 312 del 1980, per l'appunto abrogato dal comma  1  dell'art.
10 in esame). Tali situazioni, in base al testo del comma  2-bis  del
richiamato art. 10,  concernono,  da  un  lato,  «tutti  i  segretari
comunali che non hanno qualifica dirigenziale» e, dall'altro,  quelli
che prestano servizio presso gli «enti locali privi di dipendenti con
qualifica dirigenziale». Come precisato  anche  dalla  giurisprudenza
della Corte dei conti, alla stregua della  disposizione  in  esame  i
diritti di rogito, nei limiti stabiliti dalla legge, competono sia ai
segretari  comunali  di  fascia  «C»,  non  aventi  cioe'   qualifica
dirigenziale, sia a quelli appartenenti alle fasce professionali  «A»
e «B», aventi cioe' qualifica  dirigenziale,  purche'  esercitino  le
loro funzioni presso enti nei quali siano assenti figure dirigenziali
(Corte dei conti, sezione per le autonomie, delibera 30 luglio  2018,
n. 18). 
    La   lavoratrice   ricorrente,   segretario   di   fascia    «A»,
dirigenziale, che  ha  operato  in  un  comune  dotato  di  personale
dirigenziale, non rientrava in alcuna delle  due  categorie  indicate
dalla norma e, pertanto, non le potevano  piu'  essere  attribuiti  i
diritti di rogito, in applicazione della medesima norma censurata. 
    La lavoratrice ricorrente - per affrontare un  ulteriore  aspetto
decisivo ai fini dell'apprezzamento, anzitutto, del  requisito  della
rilevanza  -  non  ha   beneficiato   di   allineamento   stipendiale
(comunemente «galleggiamento»). 
    Infatti, la norma in rilievo ai fini  della  decisione  del  caso
concreto si e' preteso  giustificare  con  una  ipotizzata  finalita'
«perequativa», sostenendo che, ai  segretari  operanti  in  enti  con
dirigenti si applichi  l'istituto  del  «galleggiamento»  al  livello
retributivo  accessorio  piu'  elevato  dirigenziale  (in  quanto   i
segretari,  anche  rivestenti  qualifica   dirigenziale,   hanno   un
trattamento retributivo equiparato a quello dei dirigenti quanto alla
retribuzione  tabellare,  ma  non   quanto   alla   retribuzione   di
posizione). In applicazione dell'istituto in parola, la  retribuzione
di posizione del segretario e'  innalzata  fino  a  quella  stabilita
dalla contrattazione collettiva per  la  funzione  dirigenziale  piu'
elevata nell'ente. L'istituto e'  stato  previsto,  per  i  segretari
comunali  e  provinciali,  dall'art.  41,  comma  5,  del   contratto
collettivo nazionale di lavoro dei segretari comunali  e  provinciali
per il quadriennio normativo 1998-2001 e  per  il  biennio  economico
1998-1999  (come,  oggi,  richiamato  dall'art.  107,  comma  2,  del
contratto  collettivo  nazionale  di  lavoro  relativo  al  personale
dell'area  delle  funzioni  locali,  per   il   triennio   2016-2018,
sottoscritto il 17 dicembre 2020). 
    Simile   riassetto   retributivo   -   peraltro   non    operante
automaticamente secondo la disciplina della fonte collettiva citata e
spesso non realizzato, come nel caso concreto  -  porrebbe  quindi  i
segretari operanti in enti muniti di dirigenti in una situazione tale
da  non  rendere  necessaria  la  corresponsione   dei   diritti   di
segreteria, che svolgerebbero invece una funzione «perequativa» per i
segretari di fascia «A» e «B» operanti in comuni privi  di  dirigenti
(che non possono pertanto «galleggiare») e per quelli di fascia «C». 
    La legge ostativa al riconoscimento del diritto della lavoratrice
ricorrente - art. 10, comma 2-bis  del  decreto-legge  2014,  n.  90,
convertito  con  modificazioni  in  legge  2014,  n.  114,  anche  in
combinato disposto con il  comma  1  -  nella  parte  in  cui  limita
l'attribuzione di una quota dei diritti di rogito spettanti  all'ente
locale ai segretari comunali che non abbiano qualifica dirigenziale o
che prestino servizio in enti locali privi di personale con qualifica
dirigenziale, anziche' prevederla per tutti i  segretari  comunali  e
provinciali,  non  e'  manifestamente  infondato  ritenere  porsi  in
contrasto con piu' norme costituzionali: a) l'art. 3; b)  l'art.  36;
c) l'art. 97; d) l'art. 77. 
    a) Con la disposizione di  legge  censurata,  il  legislatore  ha
attribuito al  compenso  per  le  attivita'  rogatorie  una  funzione
«perequativa» anziche' remuneratoria. 
    L'attribuzione  ai  segretari  comunali   e   provinciali   della
competenza a rogare gli atti dell'ente locale risale al regio decreto
3 marzo 1934, n. 383. In particolare, esso prevedeva, all'art. 89, la
possibilita' per  i  segretari  di  rogare  nell'esclusivo  interesse
dell'amministrazione comunale gli atti e i contratti di cui  all'art.
87  (cioe'  i  contratti   di   alienazioni,   locazioni,   acquisti,
somministrazioni od appalti di opere). Si trattava, come e' evidente,
di una possibilita'  attribuita  autonomamente  rispetto  alle  altre
funzioni di competenza del segretario in servizio presso l'ente,  per
cui pienamente ragionevole il riconoscimento di un autonomo compenso. 
    Successivamente, e' intervenuta la legge 15 maggio 1997, n.  127,
che, all'art. 17, comma 68, ha previsto, tra altro, che il segretario
«puo'  rogare  tutti  i  contratti  nei  quali  l'ente  e'  parte  ed
autenticare scritture  private  ed  atti  unilaterali  nell'interesse
dell'ente». Tale norma e'  stata  riprodotta  nell'art.  97,  decreto
legislativo n. 267/2000, testo unico  degli  enti  locali,  approvato
anche con l'obiettivo di riordinare la materia. 
    Ulteriormente, e' intervenuta la  novella  di  cui  all'art.  10,
comma 2-quater, decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito,  con
modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114,  che  ha  previsto
che il segretario «roga, su  richiesta  dell'ente,  i  contratti  nei
quali  l'ente  e'  parte  e  autentica  scritture  private  ed   atti
unilaterali nell'interesse dell'ente», sembrando mirare a superare la
circostanza per cui l'attivita' e' comunque  rimessa  alla  richiesta
dell'ente e alla positiva risposta  del  segretario,  anche  se  tali
caratteristiche parrebbero comunque insite nell'attivita' di rogito. 
    Appare quindi del tutto  ragionevole  che  sia  riconosciuta  una
specifica voce stipendiale, commisurata all'attivita'  effettivamente
svolta, rispetto a questa funzione, nel cui esercizio  il  segretario
svolge le funzioni di pubblico ufficiale, in alternativa a quelle  di
un notaio (al quale  l'altra  parte  contrattuale  potrebbe  comunque
decidere di rivolgersi), seppure con specifico riferimento agli  atti
in cui il  comune  (o  la  provincia)  sia  parte  e  alle  scritture
unilaterali nell'interesse dell'ente. 
    Sin  dall'origine,  come  emerge  anche  dalla  normativa   sopra
richiamata, questa attivita' si e' posta come autonoma  e  del  tutto
specifica rispetto alle altre funzioni  che  il  segretario  esercita
alle dipendenze dell'ente  locale,  rappresentando  l'alternativa  al
ricorso a liberi professionisti quali  i  notai  e  implicando  anche
diverse  e  specifiche  responsabilita',  eccedenti  l'ambito   delle
attribuzioni normalmente riconducibili  al  pubblico  impiego  (Cons.
St., sez. V, 12 novembre 2015, n. 5183 e,  in  senso  sostanzialmente
analogo, C. Conti, sez. autonomie, deliberazione 28 ottobre 2008,  n.
15)  e  per  l'esercizio  di  tale  autonoma  competenza   e'   stato
riconosciuto uno specifico compenso, che - nella  versione  contenuta
nella legge 11 luglio 1980, n. 312 - era configurato secondo  criteri
di razionalita' e ragionevolezza. 
    Infatti, si  prevedeva  che,  della  parte  trattenuta  dall'ente
locale (pari prima al 70% e poi, dal 1981,  al  90%),  al  segretario
comunale o provinciale venisse erogato il 75%, ritenendo di mantenere
alla struttura una quota che, pur nell'ambito della  discrezionalita'
del legislatore, poteva considerarsi ragionevolmente giustificata dal
fatto che l'ufficiale rogante, in questo caso, operava per  l'ente  e
avvalendosi delle strutture dello stesso. 
    D'altronde,  proprio  il  carattere  accessorio  di  questa   pur
delicata e rilevante competenza aveva ragionevolmente determinato  la
previsione di un limite  massimo  calcolato  in  proporzione  (di  un
terzo) allo stipendio, corrisposto per  lo  svolgimento  delle  altre
funzioni, pistrettamente riconducibili alla dipendenza di servizio. 
    E' in questa temperie normativa che viene a  calare  l'intervento
del legislatore del 2014 che,  a  mezzo  decretazione  d'urgenza,  ha
lasciato agli enti locali l'intero importo dei diritti di  segreteria
(senza pi prevedere il trasferimento del 10% al fondo  del  Ministero
dell'interno), eliminando, a  differenza  di  quanto  previsto  anche
dalla  contrattazione  collettiva,  l'erogazione  di  una  quota   ai
segretari comunali o provinciali. 
    Tale soluzione fu giudicata inappropriata in sede di conversione,
quando si tento' una (almeno parziale) marcia indietro, che  produsse
l'approvazione del gia' ricordato comma 2-bis, con cui si  tornava  a
riconoscere ai segretari una quota dei diritti di segreteria, seppure
nel limite complessivo del  quinto  (e  non  piu'  del  terzo)  dello
stipendio, ma a condizione che si trattasse di segretari privi  della
qualifica  dirigenziale  o  comunque  operanti  in  comuni  privi  di
dirigenti,   secondo   una   interpretazione   letterale   largamente
accreditata in giurisprudenza. 
    La norma denunciata, sia in relazione al profilo dell'uguaglianza
che a quello della ragionevolezza, crea tra i  segretari  comunali  e
provinciali,  che  svolgano   la   medesima   funzione,   trattamenti
differenziati senza  razionale  giustificazione  che  discenda  dalla
esigenza  di  tutela  di  valori  diversi   meritevoli   di   tutela,
costituzionalmente rilevanti. 
    Alla norma si e'  preteso  attribuire  una  ipotizzata  finalita'
«perequativa», sostenendo, come sopra gia'  diffusamente  analizzato,
che  ai  segretari  operanti  in  enti  con  dirigenti  si   applichi
l'istituto del «galleggiamento»  al  livello  retributivo  accessorio
piu' elevato dirigenziale. 
    Ma,  piu'  correttamente,  la  norma  non  puo'  svolgere  quella
funzione  «perequativa»  rispetto  alle  posizioni  con  retribuzione
inferiore. 
    In proposito, deve in primo luogo ribadirsi che la corresponsione
dei diritti di  segreteria  non  e'  stata  introdotta  con  funzione
«perequativa» di diversi  trattamenti  retributivi,  ma  compensativa
dello svolgimento di un'attivita' ulteriore e  specifica,  se  ed  in
quanto effettivamente svolta. 
    Ne' appare razionale assegnare una  funzione  perequativa  a  una
voce di per se' variabile  e  potenzialmente  comunque  assente.  Se,
infatti, in  determinate  circostanze,  questa  attivita'  venisse  a
mancare o a ridursi ai minimi termini a causa di scarse occasioni  di
rogare, essa determinerebbe il  venir  meno  della  pretesa  funzione
perequativa. 
    In ogni caso, il c.d. «galleggiamento» si  dovrebbe  applicare  a
tutti i segretari, anche di fascia «C», e pertanto se la ratio  della
norma   in   discussione   fosse   stata   quella   sostitutiva   del
«galleggiamento» insussistente, sarebbe stato necessario  individuare
proprio questo discrimine  attributivo,  riconoscendo  i  diritti  di
rogito solo in assenza del medesimo. 
    A parte merita, poi, di essere riportata la considerazione  della
inidoneita' e  irragionevolezza  del  riconoscimento  ai  diritti  di
rogito  di  una  funzione  perequativa   e   della   irragionevolezza
dell'alternativita' tra «galleggiamento»  e  diritti  di  rogito,  in
ragione della differenza dei presupposti, essendo quella in questione
una voce eventuale, variabile e prevista per una funzione specifica e
separata dalle altre. 
    Inoltre,  l'utilizzazione  dei   diritti   di   rogito   a   fini
«perequativi», ove non sussista il «galleggiamento» puo' produrre  in
concreto effetti del tutto irragionevolmente sperequati. 
    Infatti, ad esempio, un segretario comunale che svolga le proprie
funzioni in piu'  comuni  (come  spesso  accade)  potrebbe  avere  il
«galleggiamento» per la presenza di dirigenti anche in uno  solo  dei
comuni presso i quali presta servizio, ma otterrebbe poi i diritti di
rogito nell'altro o negli altri comuni privi di dirigenti,  cumulando
cosi'   questi   ultimi   all'allineamento   stipendiale   a   quello
dirigenziale. 
    Per converso, un segretario comunale  o  provinciale  di  analoga
fascia professionale, titolare in uno o piu'  comuni  con  dirigenti,
sicuramente non riceve i diritti  di  rogito,  anche  in  assenza  di
«galleggiamento». 
    A cio' si aggiunga che, ove la  ipotizzata  funzione  perequativa
fosse considerata tra i segretari di fascia «C» e  quelli  di  fascia
«A» e  «B»  che  godono  dell'allineamento  stipendiale  risulterebbe
ulteriormente irragionevole: infatti, a fronte di una carriera  nella
quale si procede attraverso  concorsi  (meglio,  corsi-concorsi),  si
verrebbe a ritenere necessaria una funzione perequativa rispetto agli
emolumenti  del  livello  piu'  basso  della  carriera  stessa,   con
conseguente vanificazione, rispetto allo specifico trattamento, della
progressione in carriera e perfino con possibile  disincentivo  della
stessa. 
    La norma in questione, pertanto, determina  un  fascio  di  assai
frequenti  applicazioni  concrete  foriere  di   irragionevolezza   e
discriminatorieta'  in  assenza  di  obiettive  giustificazioni,   in
violazione dell'art. 3 Cost. 
    b) La limitazione della corresponsione dei diritti di segreteria,
gia' prevista dall'art. 41, comma 4,  della  legge  n.  312/1980,  da
parte dell'art. 10, comma 2-bis, anche in combinato disposto  con  il
comma 1, del decreto-legge n. 90/2014, convertito  con  modificazioni
in legge n. 114/2014, risulta poi  in  contrasto  con  il  diritto  a
ricevere un compenso  per  le  proprie  prestazioni,  secondo  quanto
prescritto  dall'art.  36  della  Costituzione,  per  il  quale   «il
lavoratore  ha  diritto  ad  una  retribuzione   proporzionata   alla
quantita' e qualita' del suo lavoro e in  ogni  caso  sufficiente  ad
assicurare a se'  e  alla  propria  famiglia  un'esistenza  libera  e
dignitosa». 
    Il  precetto  costituzionale  non   puo'   ritenersi   osservato,
all'evidenza, azzerando nel caso concreto completamente  il  compenso
per una specifica e peraltro assai delicata  attivita'.  In  effetti,
come accennato, il Consiglio di Stato, sez. V, 12 novembre  2015,  n.
5183, ha precisato che «i diritti di rogito  hanno  una  funzione  di
remunerazione di una particolare attivita' alla  quale  e'  correlata
una responsabilita' di ordine  speciale  e  sorgono  con  l'effettiva
estrinsecazione della funzione di  rogante  la  quale,  ancorche'  di
carattere obbligatorio, eccede l'ambito delle attribuzioni di  lavoro
normalmente riconducibili al pubblico impiego». 
    Con la norma del 2014, quindi, si elimina nella  generalita'  dei
casi e salvo le eccezioni previste, la remunerazione di una specifica
attivita' lavorativa effettivamente svolta. 
    Non si tratta in questo caso di una riduzione di voci  «premiali»
rispetto allo svolgimento di attivita' di servizio per le quali si e'
gia' retribuiti, ma della eliminazione di uno specifico corrispettivo
per   una   specifica   attivita'   con   distinte   responsabilita',
effettivamente svolta e non remunerata. 
    A cio' si aggiunga che la proporzionalita'  e  sufficienza  della
retribuzione e' normalmente verificata avuto  riguardo  al  contratto
collettivo che, nel caso, prevede la corresponsione  dei  diritti  di
segreteria (il cui ammontare e' poi determinato dalla legge). 
    c) La norma in esame appare contrastare inoltre  con  l'art.  97,
comma 2 Cost., in quanto la limitazione categoriale  dei  diritti  di
segreteria rappresenta  un  concreto  disincentivo  al  ricorso  alla
rogatoria degli atti da parte di segretari comunali e provinciali  di
fascia «A» e «B», o di quelli che svolgono la  propria  attivita'  in
enti  con  personale  dirigenziale,  incidendo  negativamente   sulle
esigenze funzionali di buon andamento della pubblica amministrazione,
valorizzate dal precetto costituzionale. 
    Al contempo,  sempre  sotto  il  medesimo  profilo  di  disvalore
costituzionale, la  limitazione  analizzata  viene  indirettamente  e
potenzialmente, ma in misura efficiente, a disincentivare come  sopra
esposto l'ambizione alla progressione in carriera di  una  importante
categoria di funzionari pubblici. 
    d) Ulteriore vizio  di  costituzionalita'  puo'  prospettarsi  in
relazione alla fonte normativa prescelta per la sua introduzione,  il
decreto-legge, la cui adozione e' subordinata, dall'art. 77 Cost., al
ricorrere di casi straordinari di necessita' e urgenza, che nel  caso
risultano inidoneamente motivati rispetto alla disciplina in  oggetto
e comunque insussistenti. 
    In particolare, tra i tre  ordini  di  motivazione  espressi  nel
preambolo del decreto-legge, puo' plausibilmente verificarsi soltanto
se la disciplina in oggetto possa  rientrare  nell'ambito  del  primo
ordine di motivi, relativo all'introduzione di «disposizioni volte  a
favorire la piu' razionale utilizzazione dei dipendenti  pubblici,  a
realizzare   interventi   di   semplificazione    dell'organizzazione
amministrativa dello Stato e degli  enti  pubblici  e  ad  introdurre
ulteriori misure di semplificazione per  l'accesso  dei  cittadini  e
delle imprese ai servizi della pubblica amministrazione». 
    Tuttavia, anche in correlazione all'unico  motivo  possibile,  la
limitazione  della  corresponsione  dei  diritti  di  segreteria  per
l'attivita' di rogito ai segretari comunali e provinciali soltanto in
presenza di determinate condizioni non appare finalizzata ne' ad  una
piu' razionale utilizzazione  dei  dipendenti  pubblici  ne'  ad  una
semplificazione dell'azione amministrativa. 
    La  normativa  censurata,  pertanto,  si  palesa  anzitutto  come
disomogenea rispetto al contenuto del decreto-legge. 
    Manca, infine, qualunque ragione idonea a giustificare il ricorso
al decreto-legge, considerata l'assenza di un caso  straordinario  di
necessita' e urgenza. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti l'art. 134 Cost., e la legge 1953, n. 87, art. 23; 
    Ritenuto   che   il   giudizio   non   possa   essere    definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
costituzionale, non manifestamente infondata per le argomentazioni in
motivazione espresse; 
    Solleva questione di legittimita', per contrarieta' agli articoli
3, 36, 97, 77 della Costituzione,  dell'art.  10,  comma  2-bis,  del
decreto-legge 2014, n. 90,  convertito  con  modificazioni  in  legge
2014, n. 114, anche in combinato disposto con il comma 1. 
    Sospende il giudizio e  dispone  l'immediata  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale. 
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata,  a  cura  della
cancelleria, alle parti, e alla Presidenza del Consiglio dei ministri
e comunicata anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Siena, 15 marzo 2023 
 
                       Il Giudice: Cammarosano