N. 70 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 febbraio 2023
Ordinanza . Ambiente - Rifiuti - Norme della Regione Lazio - Funzioni amministrative delle Province - Previsione che delega alle Province l'approvazione dei progetti e l'autorizzazione a realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero dei rifiuti previsti. - Legge della Regione Lazio 9 luglio 1998, n. 27 (Disciplina regionale della gestione dei rifiuti), art. 5, comma 2.(GU n.22 del 31-5-2023 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Seconda) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale n. 7194 del 2020, proposto da Game.Fer S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Naccarato e Davide Gambetta, con domicilio digitale in atti e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Tagliamento n. 76; contro Citta' Metropolitana di Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sabrina Barra, con domicilio digitale in atti; Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio Ciavarella, con domicilio digitale in atti; Ministero per i beni e le attivita' culturali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; nei confronti Impreme Sud S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Valeri e Francesco Sementilli, con domicilio digitale in atti e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 11; per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia - della determinazione dirigenziale di Citta' Metropolitana di Roma Capitale, Dipartimento 04, Servizio 01 - Gestione Rifiuti, R.U. 1499 del 4 giugno 2020, prot. 8 giugno 2020 n. 89023, comunicata in data 8 giugno 2020, di conclusione negativa del procedimento di rilascio di autorizzazione all'esercizio dell'attivita' di rottamazione ai sensi dell'art. 208 del decreto legislativo n. 152/2006; - dei pareri negativi di Roma Capitale e, in particolare: i) prot. QI 44302 del 2 aprile 2020 di Roma Capitale - Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica - Direzione Pianificazione Generale; ii) prot. QI 57972 del 26 maggio 2020 di Roma Capitale - Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica - Direzione Pianificazione Generale; iii) parere unico negativo nota prot. QL 36276 del 28 maggio 2020 di Roma Capitale Direzione Rifiuti, Risanamenti e Inquinamenti; iv) del parere negativo del Ministero per i beni e le attivita' culturali - Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma prot. n. 23754 del 27 giugno 2019; v) di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, compresi, la nota CMRC prot. n. 9830 del 20 gennaio 2020, di preavviso di rigetto, la nota Roma Capitale prot. RA/7597 del 6 febbraio 2020 di nomina del Rappresentante Unico di Roma Capitale; i verbali della conferenza dei servizi del 5 marzo 2019 e dell'11 giugno 2019; - del Programma Riqualificazione Urbana (P.R.U.) del Centro Servizi Prenestino di cui all'Accordo di Programma approvato con ordinanza del sindaco di Roma 27 maggio 2010, n. 132 e della relativa convenzione stipulata con atto rep. 7117, racc. n. 3514, del 28 dicembre 2010 e successiva convenzione integrativa stipulata con atto rep. n. 239933, racc. n. 38654, del 18 giugno 2012, compresi gli atti presupposti, connessi e conseguenti, tra cui la delibera del Consiglio Comunale n. 205 del 27 ottobre 2003; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Citta' Metropolitana di Roma Capitale, di Roma Capitale, del Ministero per i beni e le attivita' culturali e della Impreme Sud S.r.l.; Relatore nella Camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2022 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale. 1. Con il presente gravame, la Game.Fer S.r.l. - titolare dell'impianto di rottamazione di rifiuti metallici (diversi da quelli provenienti dalla demolizione degli autoveicoli a motore e rimorchi o dalla rottamazione dei macchinari e delle apparecchiature deteriorati ed obsoleti), sito in Roma, via Palmiro Togliatti, 1009 (all'angolo con via Prenestina) - impugna la determinazione dirigenziale con cui Citta' Metropolitana di Roma Capitale le ha negato il rilascio dell'autorizzazione ex art. 208 del decreto legislativo n. 152/2006, respingendo la relativa istanza da costei avanzata in relazione a detto impianto, nonche' i presupposti pareri negativi espressi dal Ministero per i beni e le attivita' culturali e da Roma Capitale in sede di relativa conferenza di servizi decisoria. La societa' ricorrente - nel premettere di aver fino ad allora esercitato la relativa attivita' di rottamazione in forza di una relativa autorizzazione provvisoria - impugna tali atti, assumendone l'illegittimita' (tra l'altro) per incompetenza della Citta' Metropolitana di Roma Capitale, per l'effetto chiedendo al Collegio di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 2, della legge della Regione Lazio n. 27/1998, nella parte in cui statuisce che «Sono delegate alle province: a) l'approvazione dei progetti degli impianti per la gestione dei rifiuti ad eccezione di quelli previsti dall'art. 4, comma 1, lettere g) ed h) e dall'art. 6, comma 2, lettere a) e b), nonche' l'approvazione dei progetti di varianti sostanziali in corso di esercizio; b) l'autorizzazione relativa alla realizzazione degli impianti e delle varianti di cui alla lettera a); c) l'autorizzazione all'esercizio delle attivita' di smaltimento e di recupero dei rifiuti, fatto salvo quanto previsto dall'art. 4, comma 1, lettere g) ed h), dall'art. 6, comma 2, lettera c) e dall'art. 20 (...)», per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, come sostituito dall'art. 3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 - ai sensi del quale «Lo Stato ha legislazione esclusiva nella seguenti materie: ... (tra cui) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» - in relazione agli artt. 196, comma 1, lettere d) ed e), e 208 del decreto legislativo n. 152/2006 (c.d. «Codice dell'ambiente»), di attribuzione alle Regioni di tali competenze. In particolare, parte ricorrente - nel richiamare il contenuto delle ordinanze questo Tribunale n. 7850/2021 e n. 7851/2020, di rimessione alla Corte costituzionale della questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2, della stessa legge regionale Lazio, di conferimento ai comuni di analoghe funzioni amministrative in materia di approvazione dei progetti e di autorizzazione a realizzare e gestire nuovi impianti per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti provenienti dalla demolizione degli autoveicoli - prospetta un dubbio di legittimita' costituzionale della previsione, da parte del legislatore regionale, di quello stesso modello di distribuzione delle competenze decisionali che individua (questa volta) nella Provincia territorialmente competente l'ente al quale e' assegnata la cura dei procedimenti di approvazione dei progetti e di autorizzazione dell'attivita' degli «impianti per la gestione dei rifiuti ad eccezione di quelli previsti dall'art. 4, comma 1, lettere g) ed h) e dall'art. 6, comma 2, lettere a) e b)», stabilendo, invece, il legislatore nazionale - al quale spetta in via esclusiva disciplinare la materia della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» - che rientra tra i compiti della Regione quello di approvare i progetti e di autorizzare la realizzazione e la gestione dei nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, ivi compresi gli impianti di rottamazione (ottavo motivo di ricorso). La ricorrente formula, inoltre, nei confronti della gravata determinazione di rigetto e dei presupposti pareri negativi una serie di altre censure, quali, in particolare: i) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 14-ter e 14-quater della legge n. 241/1990 e art. 208 del decreto legislativo n. 152/2006); Difetto di istruttoria e di motivazione, censurandosi la determinazione impugnata nella parte in cui ha ritenuto «sovraordinato e vincolante» e, dunque, assorbente e preclusivo il parere negativo del Ministero per i beni e le attivita' culturali, in spregio agli articoli 14-ter e 14-quater, che nella formulazione vigente, imporrebbero all'amministrazione procedente una valutazione complessiva degli interessi coinvolti, escludendo il «veto» delle amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili, come originariamente previsto dall'ordinamento; ii) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, disparita' di trattamento, illogicita' manifesta, incompetenza, violazione del principio di proporzionalita', contestandosi nel merito il contenuto del parere espresso dal Ministero in termini di «inidoneita' dell'impianto», in relazione al «non risulta(re) il vincolo di corso d'acqua» ne' al «sussist(ere) beni puntuali di rilevanza archeologica nell'area su cui insiste l'impianto, ne' (all'essere) il lotto ... classificato di rilevanza archeologica dal PTPR», anche considerata la posizione gia' espressa da tale ente con riferimento alle iniziative della Impreme Sud S.p.a., proprietaria di un vasto compendio immobiliare limitrofo all'impianto della ricorrente; iii) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 208 del decreto legislativo n. 152/2006; articoli 6 e 14 e segg. della legge n. 241/1990); Difetto di istruttoria di motivazione; travisamento dei fatti, in particolare evidenziandosi come anche la previsione di un «ipotetico» progetto di parco pubblico non costituirebbero elemento ostativo al rilascio dell'autorizzazione richiesta «se non dopo puntuale verifica di compatibilita'/incompatibilita'», in tesi non eseguita in sede di conferenza di servizi; iv) Violazione e falsa applicazione di legge (legge regionale Lazio n. 47/1985; art. 208 del decreto legislativo n. 152/2006); Violazione dell'art. 28, comma 12, della legge n. 1150/1942; Violazione degli articoli 208 del decreto legislativo n. 152/2006 e 15 del decreto legislativo n. 209/2003; Eccesso di potere per difetto di istruttori e di motivazione, travisamento dei fatti, violazione del principio di proporzionalita', lamentandosi come il parere unico negativo di Roma Capitale (di asserita incompatibilita' con la destinazione urbanistica di zona) ometta di considerare la possibilita' di rilasciare l'autorizzazione, prescrivendo delle modifiche del progetto di impianto (con eventuale riperimetrazione e/o adattamento dello stesso) ovvero del Programma di Riqualificazione Urbana (PRU) denominato «Centro Servizi Prenestino» in cui e' compreso l'impianto della ricorrente (con lo stralcio della porzione di area su cui esso insiste), o ancora di verificare la possibilita' di approvare il progetto eventualmente in variante urbanistica, come consentito dall'art. 208 del decreto legislativo n. 152/2006; v) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327/2001; art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001); Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicita', contraddittorieta' e ingiustizia manifesta, travisamento dei fatti, violazione del principio di inapplicabilita' alle preesistenze, per intervenuta decadenza della «destinazione Y1 (riqualificazione dell'edificio esistente e/o demolizione e trasformazione della SUL esistente) e a verde pubblico e verde attrezzato» trattandosi (in tesi) di un« vincolo pre-espropriativo in funzione dell'ablazione totale ... del diritto dominicale del proprietario dell'area data in locazione alla ricorrente»; vi) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 28 della legge n. 1150/1942; art. 832 del codice civile; art. 1372 del codice civile), affermando come il citato PRU (anch'esso ritenuto ostativo al rilascio dell'autorizzazione di cui si discorre) sarebbe «illegittimo e/o non ancora operativo per mancata sottoscrizione della convenzione da parte di tutti i proprietari interessati, a nulla rilevando la previsione di espropriazione delle aree dei proprietari dissenzienti»; vii) Violazione e falsa applicazione degli articoli 208 del decreto legislativo n. 152/2006 e 15 del decreto legislativo n. 209/2003, nonche' del PRU e delle condizioni attuative, sostenendo come l'amministrazione avrebbe potuto rilasciare l'autorizzazione quantomeno fino alla delocalizzazione dell'impianto, eventualmente con obbligo di ripristino dello stato dei luoghi alla scadenza e con riespansione della destinazione urbanistica prevista da detto strumento attuativo. 2. Citta' Metropolitana di Roma Capitale si costituiva in giudizio, contestando il ricorso e chiedendone il rigetto, senza nulla argomentare in merito alla dedotta questione di illegittimita' costituzionale, bensi' evidenziando di aver adottato la contestata determinazione nel rispetto delle competenze a costei attribuite dal legislatore regionale. Anche il Ministero per i beni e le attivita' culturali si costituiva, ampiamente argomentando sulla legittimita' del parere espresso, al pari di Roma Capitale che versava in atti nota del proprio Dipartimento Tutela Ambientale, in cui si ribadivano le motivazioni poste a fondamento del proprio parere negativo di compatibilita' urbanistica. Si costituiva anche la Impreme Sud. S.r.l. sempre nell'intento di avversare il gravame proposto. 3. La ricorrente con successivo atto - nell'evidenziare l'intervento nelle more del giudizio della sentenza della Corte costituzionale n. 180 del 7 ottobre 2020, dichiarativa dell'illegittimita' costituzionale del gia' citato art. 6, comma 2, lettere b) e c), della legge regionale Lazio n. 27/1998, di delega ai comuni delle funzioni (analoghe a quelle esercitate dall'amministrazione provinciale mediante l'adozione del gravato provvedimento di diniego) di approvazione dei progetti e di autorizzazione all'esercizio delle attivita' di smaltimento e recupero dei rifiuti provenienti dalla demolizione degli autoveicoli a motore - chiedeva l'adozione delle misure cautelari piu' opportune e, ove possibile, la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata sull'unica questione della incompetenza della Citta' Metropolitana di Roma Capitale ad assumere il gravato provvedimento di diniego di autorizzazione all'esercizio dell'attivita' di rottamazione ai sensi dell'art. 208 del decreto legislativo n. 152/2006, gia' formulata in sede di ricorso introduttivo (ottavo motivo di ricorso), sostanzialmente postulando l'immediata inapplicabilita' dell'art. 5, comma 2, per effetto della declaratoria di illegittimita' costituzionale del successivo art. 6, comma 2. In prossimita' della camera di consiglio, le parti depositavano, infine, relative memorie, in cui ciascuna brevemente ribadiva le proprie difese. Alla camera di consiglio del 21 dicembre 2022 la causa passava, dunque, in decisione. 4. Il Collegio condivide i dubbi di legittimita' costituzionale prospettati dalla ricorrente con l'ottavo motivo di ricorso, ritenendo rilevante ai fini della decisione della presente controversia e non manifestamente infondata la questione attinente alla compatibilita' dell'art. 5, comma 2, della legge della Regione Lazio 9 luglio 1998, n. 27, recante la «Disciplina regionale dei rifiuti» - come modificata per effetto della successiva legge regionale 5 dicembre 2006, n. 23 - con l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, come sostituito dall'art. 3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 5. Per cio' che attiene alla rilevanza della questione nel presente giudizio, osserva il Collegio come la questione di legittimita' costituzionale del citato art. 5, comma 2, debba essere affrontata in via prioritaria rispetto a tutte le ulteriori censure articolate in ricorso, anche a prescindere dalla chiara graduazione delle stesse successivamente operata dalla ricorrente in sede di istanza cautelare, diretta ad attribuire un profilo prioritario alla prospettata incompetenza. Essa assume, infatti, carattere pregiudiziale in ragione della tipologia del vizio di legittimita' ad essa sotteso, vale a dire la compatibilita' della norma attributiva del potere esercitato da Citta' Metropolitana di Roma Capitale con la Carta costituzionale e, quindi, la competenza di tale amministrazione ad adottare gli atti impugnati, con la logica conseguenza che il suo positivo scrutinio da parte della Consulta implicherebbe necessariamente l'accoglimento del gravame sotto tale profilo, con assorbimento di ogni altro proposto motivo di ricorso. In tal senso depone anche quanto affermato dal Consiglio di Stato nell'Adunanza Plenaria n. 5/2015, secondo la quale lo stesso potere del ricorrente di graduare i motivi di ricorso incontra un limite nel vizio di incompetenza poiche' «se il potere e' stato esercitato da un'autorita' incompetente, il giudice sul piano logico non puo' fare altro che rilevare il vizio di incompetenza, ma non puo' dettare le regole dell'azione amministrativa, posto che l'azione amministrativa non e' ancora stata esercitata dall'organo preposto» e «l'accoglimento del ricorso giurisdizionale per la riconosciuta sussistenza del vizio di incompetenza comporta l'assorbimento degli ulteriori motivi di impugnazione, in quanto la valutazione del merito della controversia si risolverebbe in un giudizio meramente ipotetico sull'ulteriore attivita' amministrativa dell'organo competente, cui spetta l'effettiva valutazione della vicenda e che potrebbe emanare, o non, l'atto in questione e comunque, provvedere con un contenuto diverso». L'Adunanza Plenaria ha ritenuto, infatti, che «nonostante sia formalmente scomparsa la previsione dell'art. 26, comma 2, l. T. a. r., con il nuovo c.p.a. i termini del dibattito restano invariati e, anzi, si amplia il novero dei vizi che impediscono alla parte di graduare ad libitum i relativi motivi, a tal fine richiamando il disposto dell'art. 34, comma 2, c.p.a., ai sensi del quale «in nessun caso il giudice puo' pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati». 6. Ne' la prospettata antinomia tra la suddetta norma regionale di delega delle funzioni autorizzative alle Province e la successiva normativa nazionale di cui agli artt. 196, comma 1, lettere d) ed e), e 208 del Codice dell'ambiente, attributivi delle medesime funzioni alle Regioni, sarebbe in tesi risolvibile in ossequio all'ordinario criterio secondo cui lex posterior derogat priori, con conseguente cessazione di efficacia della norma precedente e inapplicabilita' ed irrilevanza (nel caso di specie) della delega prevista dall'art. 5, comma 1, della legge regionale n. 27/1998. Al riguardo il Collegio osserva che la legge regionale applicabile alla controversia in esame, per quanto anteriore alla riforma del Titolo V della Costituzione e al Codice dell'ambiente, e' stata oggetto di intervento ad opera del legislatore regionale che, con la legge n. 23 del 5 dicembre 2006, «nelle more della revisione organica della legge regionale 9 luglio 1998, n. 27 (Disciplina regionale della gestione dei rifiuti) e successive modifiche, in conformita' alle disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), ... (ha) apportat(o) alla suddetta legge regionale specifiche modifiche per l'adeguamento dell'assetto organizzativo delle funzioni in materia di bonifica dei siti contaminati alle nuove procedure previste dal decreto stesso» (in tal senso, il relativo art. 1). Ne discende, dunque, che per effetto della legge regionale del 2006 la preesistente legge regionale n. 27/1998 e' stata convalidata sul presupposto della compatibilita' delle relative previsioni con il sopravvenuto assetto di riparto delle competenze definito dal legislatore nazionale nell'esercizio della potesta' legislativa esclusiva attribuitagli dall'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione. La suddetta convalida, operata dalla legge regionale n. 23 del 2006, esplica i propri effetti, per quel che qui interessa, anche in relazione al piu' volte citato art. 5, comma 2, la cui efficacia, pur in assenza di uno specifico intervento di adeguamento, risulta confermata, con conseguente applicabilita' della disposizione anche ai procedimenti di autorizzazione successivi all'entrata in vigore del Codice dell'ambiente. A seguito dell'adozione della legge regionale n. 23/2006, non e' dunque configurabile nel caso di specie il contrasto tra norme giuridiche poste da fonti normative di pari livello risolvibile in via interpretativa mediante l'applicazione dell'invocato criterio cronologico. Ne consegue, dunque, come spetti alla Corte costituzionale dirimere la questione della compatibilita' della delega contenuta nel piu' volte citato art. 5, comma 2, con i principi di cui all'art. 117 della Costituzione, che, nell'ambito del rinnovato sistema di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, attribuisce al primo la competenza esclusiva sulla «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e dei beni culturali», con conseguente. 7. Il Collegio, poi, nemmeno ritiene di poter condividere la ricostruzione proposta da parte ricorrente, che in sede di istanza cautelare insiste per l'accoglimento del ricorso - con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 del cod. proc. amm. - sotto il profilo dell'incompetenza della Citta' Metropolitana di Roma Capitale ad adottare il provvedimento di diniego, per aver la Corte costituzionale, con la richiamata pronuncia n. 180 del 7 ottobre 2020, gia' dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2, della legge regionale Lazio n. 27/1998, ovvero della norma regionale di delega ai comuni di quelle stesse funzioni di autorizzazione degli impianti di autodemolizione che il precedente art. 5, comma 2, della stessa legge regionale conferisce alle Province per quel che riguarda i diversi impianti di rottamazione e che risultano essere state esercitate nel caso di specie dall'amministrazione provinciale. Osserva, infatti, il Collegio come non ricorra nel caso di specie l'ipotesi di invalidita' conseguenziale, prevista dall'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, venendo in considerazione una norma che, non ponendosi in un rapporto di complementarita' e insieme di subordinazione funzionale rispetto a quella gia' interessata dalla declaratoria di illegittimita' costituzionale, appare suscettibile di applicazione autonoma, cosi' da dover formare oggetto di un autonomo giudizio di legittimita' costituzionale, non potendo la sua disapplicazione essere ritenuta una conseguenza automatica della dichiarazione di incompatibilita' con la Carta costituzionale gia' resa dalla Consulta nella sentenza n. 180/2020, che possa essere direttamente valutata dal giudice del merito. L'art. 5, comma 2 - pur indubbiamente replicando lo stesso modello di distribuzione delle competenze decisionali gia' censurato dalla Corte costituzionale nella cennata pronuncia - non rappresenta, in altri termini, una norma secondaria o altrimenti strumentale rispetto al successivo art. 6, comma 2, inverandosi in essa una delega in favore delle Province che si configura come autonoma e indipendente rispetto a quella prevista dallo stesso legislatore regionale in favore dei comuni, riguardante l'esercizio di funzioni amministrative che - seppur analoghe - si riferiscono alla cura di procedimenti di approvazione dei progetti e di autorizzazione dell'attivita' di impianti di gestione e smaltimento rifiuti, tra di loro ben distinti in ragione dei differenti materiali ivi trattati. Ne discende come, diversamente da quanto vorrebbe parte ricorrente, non possa sostenersi che l'art. 5, comma 2 sia divenuto inapplicabile per effetto della declaratoria di illegittimita' costituzionale del successivo art. 6, comma 2, ben potendo la prima norma continuare ad essere applicata pur a fronte dell'intervenuta caducazione erga omnes della seconda, cosi' da non poter essere per l'effetto resa oggetto di diretta disapplicazione da parte di questo giudice, con conseguente indispensabile scrutinio della Corte costituzionale sulla questione. Alla luce delle considerazioni sin qui esposte il Collegio ritiene, dunque, di non potersi esimere dal sottoporre alla Consulta la questione di legittimita' costituzionale concernente il contrasto dell'art. 5, comma 2, della legge regionale Lazio n. 27/1998, come modificata dalla legge regionale n. 23/2006, con l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, laddove la stessa conferisce alle Province le funzioni amministrative in materia di approvazione dei progetti e di autorizzazione a realizzare e gestire i nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti ivi previsti. 8. Quanto al concorrente profilo della non manifesta infondatezza della questione, il Collegio ritiene opportuno riepilogare - seppur brevemente - il contesto normativo di riferimento. La Regione Lazio, con l'art. 5, comma 2, della legge regionale n. 27/1998, ha delegato alle Province (per quel che qui interessa): «a) l'approvazione dei progetti degli impianti per la gestione dei rifiuti ad eccezione di quelli previsti dall'art. 4, comma 1, lettere g) ed h) e dall'art. 6, comma 2, lettere a) e b), nonche' l'approvazione dei progetti di varianti sostanziali in corso di esercizio; b) l'autorizzazione relativa alla realizzazione degli impianti e delle varianti di cui alla lettera a); c) l'autorizzazione all'esercizio delle attivita' di smaltimento e di recupero dei rifiuti, fatto salvo quanto previsto dall'art. 4, comma 1, lettere g) ed h) dall'art. 6, comma 2, lettera c) e dall'art. 20 (...)». A livello nazionale, l'art. 196, comma 1, lettere d) ed e) del decreto legislativo n. 152/2006 - nel sostituirsi al previgente art. 19 del decreto legislativo n. 22/1997 - ha stabilito che «Sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ...: d) l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, anche pericolosi, e l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali di cui all'art. 195, comma 1, lettera f), e di cui all'art. 7, comma 4-bis; e) l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero di rifiuti, anche pericolosi, fatte salve le competenze statali di cui all'art. 7, comma 4-bis». Il successivo art. 208, rubricato «Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti», ha previsto che «I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute, di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda e' altresi' allegata la comunicazione del progetto all'autorita' competente ai predetti fini ...» (comma 1), stabilendo che «Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi: a) procede alla valutazione dei progetti; b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilita' del progetto con quanto previsto dall'art. 177, comma 4; c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilita' ambientale; d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla regione (comma 4). L'art. 177, comma 4, dello medesimo Codice dell'ambiente, richiamato dal comma 4 del successivo art. 208, afferma, infine, che «I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare: a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonche' per la fauna e la flora; b) senza causare inconvenienti da rumori o odori; c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente». Infine, il legislatore regionale con la legge regionale n. 23/2006, in ragione del rinnovato assetto organizzativo delle funzioni come delineato nel decreto legislativo n. 152/2006, ha apportato alla piu' volte citata legge regionale n. 27/1998 alcune specifiche modifiche, confermandone per il resto le disposizioni, sulla scorta di una valutazione di conformita' delle stesse al sopravvenuto Codice dell'ambiente. 9. Cio' posto, il Collegio - ritenuto che l'art. 117, comma 2 lettera s), della Costituzione e le norme statali passate in rassegna confermano che le Province, nella loro qualita' di enti esponenziali della relativa comunita', non sono titolari, in materia ambientale, di funzioni amministrative proprie - e' dell'avviso che il legislatore regionale del Lazio, nel attribuire alle proprie Province le funzioni specificate all'art. 5, comma 2, della legge regionale n. 27/1998 e successive modifiche e integrazioni, introduca un modello di distribuzione delle competenze decisionali che viola la riserva della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, in quanto contrastante con l'art. 208 del decreto legislativo n. 152/2006 che, nel disciplinare puntualmente il procedimento di autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, assegna alla Regione territorialmente competente (quella in cui ricade l'impianto) il compito di approvarne il progetto e di autorizzarne la realizzazione e la gestione. Diversamente opinando ne risulterebbe pregiudicato lo scopo perseguito dal legislatore nazionale di garantire, anche in attuazione della normativa comunitaria, la regolarita' della messa in esercizio dei predetti impianti attraverso la fissazione di livelli di tutela uniformi «proprio in considerazione dei valori della salute e dell'ambiente che si intendono tutelare in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale» (cfr. in tal senso, Corte costituzionale, sentenza 24 luglio 2009, n. 249). L'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, nello stabilire che «Lo Stato ha legislazione esclusiva nella seguenti materie: ... (tra cui) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», fornisce una chiara e univoca indicazione della sola fonte legislativa legittimata ad operare la distribuzione delle connesse funzioni amministrative tra i vari livelli territoriali, sicche' deve escludersi che il Codice dell'ambiente, nel conferire alle Regioni la relativa competenza, ne abbia anche consentito l'allocazione ad un diverso livello amministrativo, escludendo, pertanto, la possibilita' di delegare tali funzioni alle Province insistenti nel proprio territorio. Quanto fin qui osservato induce a ritenere che, nella materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» - nella quale , per costante giurisprudenza costituzionale, rientra anche la disciplina dei rifiuti (cosi', ex multis, le sentenze n. 373 del 2010, n. 127 del 2010 e n. 61 del 2009) - non possono essere ammesse iniziative del legislatore regionale di regolamentazione, nel proprio ambito territoriale, delle funzioni amministrative che modifichino l'assetto delle competenze come delineato dalla legge statale, ponendosi la relativa normativa quale limite insuscettibile di deroga anche da parte Regioni, nonostante siano abilitate a farlo in altre materie di legislazione concorrente, quali ad esempio la tutela della salute ed il governo del territorio (cfr. in tal senso, Corte costituzionale, sentenze n. 314 del 2009 e n. 62 del 2008). Orbene, applicando siffatti principi alla controversia in esame, emerge che il legislatore della Regione Lazio nel 2006 ha inteso confermare, in sede di revisione della legge regionale n. 27/1998, la delega alle Province del proprio territorio delle funzioni amministrative relative ai procedimenti finalizzati all'approvazione dei progetti e all'autorizzazione, alla realizzazione e all'esercizio degli «impianti per la gestione dei rifiuti ad eccezione di quelli previsti dall'art. 4, comma 1, lettere g) ed h) e dall'art. 6, comma 2, lettere a) e b)», nonostante il piu' volte rammentato art. 208 del decreto legislativo n. 152/2006 avesse, viceversa, individuato nella Regione il soggetto pubblico al quale tali funzioni sono specificamente assegnate, con conseguente illegittima alterazione del riparto delle competenze delineato dal legislatore nazionale. A supporto della dedotta incompatibilita' della norma regionale in questione con l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione e con la normativa statale, rappresentata dal decreto legislativo n. 152/2006 milita, innanzi tutto, la citata recente sentenza della Corte costituzionale n. 180 del 7 ottobre 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale in data 13 ottobre 2021, con cui la Consulta, nell'aderire alla ricostruzione proposta dalla Sezione nelle ordinanze di rimessione n. 7850/2021 e n. 7851/2020, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale, a far data dal 29 aprile 2006 (data di entrata in vigore del Codice dell'ambiente), dell'art. 6, comma 2, lettere b) e c), quest'ultima limitatamente al riferimento alla lettera b), della legge regionale Lazio n. 27/1998, nella considerazione che «con la disposizione ora in scrutinio la Regione Lazio, delegando ai comuni la funzione amministrativa - attinente alla cura del procedimento di autorizzazione alla realizzazione e gestione degli impianti di smaltimento e recupero di rifiuti derivanti dall'autodemolizione e rottamazione di macchinari e apparecchiature deteriorati e obsoleti - ad essa conferita con legge nazionale, ha inciso, senza esservi abilitata da tale fonte normativa, su una competenza istituita dallo Stato nell'esercizio della sua potesta' legislativa esclusiva ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione», per l'effetto introducendo «una deroga all'ordine delle competenze stabilito dalla legge statale» in materia di autorizzazione alla gestione e al trattamento dei rifiuti (articoli 196, comma 1, lettere d) ed e), e 208 del decreto legislativo n. 152/2006) «in assenza - sia nell'ordito costituzionale, sia nel codice dell'ambiente - di una disposizione che abiliti alla descritta riallocazione». La Corte costituzionale, nell'esprimere considerazioni estendibili anche al caso di specie, ha, dunque, statuito come la potesta' legislativa esclusiva in materia ambientale comporti, dunque, la legittimazione del solo legislatore nazionale a definire l'organizzazione delle corrispondenti funzioni amministrative, sicche' deve escludersi che le funzioni amministrative, gia' conferite dallo Stato alla Regione, possano essere da quest'ultima riallocate presso altro ente infraregionale, comportando una modifica, mediante un atto legislativo regionale, dell'assetto di competenze inderogabilmente stabilito dalla legge nazionale con l'art. 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006 che, infatti, attribuisce alle Regioni la competenza ad autorizzare la realizzazione di impianti di smaltimento rifiuti. In tal senso, depone altresi' anche la piu' risalente pronuncia della Corte costituzionale n. 187 del 15 giugno 2011 che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 42, commi 7 e 9, della legge regionale Marche n. 16/2010 nella parte in cui il legislatore regionale aveva attribuito ai Comuni territorialmente competenti le procedure relative all'affidamento del servizio di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico, sul presupposto che in materia di rifiuti, «laddove la legge dello Stato ... ha ... individuato nella Regione il soggetto pubblico cui tale funzione e' assegnata», alla Regione non spetta la facolta' di «allocare, con un suo atto legislativo, la funzione amministrativa» medesima «presso l'ente territoriale Comune» (in tal senso, quanto si legge al paragrafo 4 della pronuncia). Il predetto principio e' stato riaffermato anche nella successiva sentenza 27 giugno 2012, n. 159 che, sempre con rifermento alla materia dei rifiuti, ha ritenuto «la inderogabilita' da parte della legislazione regionale» della disciplina nazionale che ha attribuito alle Regioni le funzioni relative all'affidamento del relativo servizio di gestione, «con conseguente illegittimita' costituzionale della norma legislativa che aveva allocato ad un diverso livello amministrativo la relativa funzione». Appare, pertanto, acquisito nell'orientamento della Corte costituzionale il principio secondo il quale, nelle materie riservate dalla Costituzione alla competenza legislativa dello Stato, una discrasia normativa tra la norma statale (che stabilisce un determinato assetto di attribuzione delle funzioni) e la norma regionale (che finisce per alterarne, entro il proprio ambito territoriale, il riparto) giustifica di per se' l'illegittimita' costituzionale di quest'ultima per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s), che a livello costituzionale ne attribuisce la disciplina al legislatore nazionale. 10. Il Collegio rileva, infine, che altre Regioni al fine di adeguarsi all'orientamento espresso dalla Corte costituzionale nelle succitate pronunce hanno provveduto a ridefinire il quadro delle competenze amministrativa in materia di gestione di rifiuti, riallocando in capo alla Regione le funzioni amministrative che lo Stato le ha attribuito senza possibilita' di delega. Al riguardo si richiama la legge regionale Toscana n. 61/2014 che ha provveduto a riattribuire alla Regione le funzioni delegate con la legge regionale n. 25/1998 alle Province e, segnatamente le autorizzazioni per la realizzazione e l'esercizio degli impianti di gestione dei rifiuti. 11. Conclusivamente, per tutte le ragioni esposte, questo Tribunale ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione attinente alla compatibilita' con l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione dell'ar. 5, comma 2, della legge regionale Lazio 9 luglio 1998, n. 27, come implicitamente convalidato dalla legge regionale Lazio n. 23/2006, nella parte in cui dispone che «Sono delegate alle province: a) l'approvazione dei progetti degli impianti per la gestione dei rifiuti ad eccezione di quelli previsti dall'art. 4, comma 1, lettere g) ed h) e dall'art. 6, comma 2, lettere a) e b), nonche' l'approvazione dei progetti di varianti sostanziali in corso di esercizio; b) l'autorizzazione relativa alla realizzazione degli impianti e delle varianti di cui alla lettera a); c) l'autorizzazione all'esercizio delle attivita' di smaltimento e di recupero dei rifiuti, fatto salvo quanto previsto dall'art. 4, comma 1, lettere g) ed h), dall'art. 6, comma 2, lettera c) e dall'art. 20 (...)». Conseguentemente, il Collegio dispone la sospensione del presente giudizio e la rimessione della predetta questione alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, contestualmente respingendo l'istanza di sospensione cautelare avanzata da parte ricorrente con atto depositato il 18 novembre 2022, in quanto non assistita - in un'ottica di comparazione con l'interesse pubblico perseguito con l'impugnato provvedimento - dal prescritto requisito del periculum in mora, anche in ragione della mancata adeguata dimostrazione del riferito «rischi(o) di cessazione definitiva dell'attivita' per insostenibilita' economica».
P. Q. M. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda) rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale illustrata in motivazione, relativa all'art. 5, comma 2, della legge della Regione Lazio 9 luglio 1998, n. 27. Dispone, conseguentemente, la sospensione del presente giudizio, con rinvio al definitivo per ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite, e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Respinge l'istanza di sospensione cautelare avanzata da parte ricorrente con atto depositato il 18 novembre 2022. Cosi' deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 21 dicembre 2022 e 25 gennaio 2023, con l'intervento dei magistrati: Francesco Riccio, Presidente; Eleonora Monica, consigliere, estensore; Luca Iera, referendario. Il Presidente: Riccio L'estensore: Monica