N. 78 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 marzo 2023
Ordinanza del 27 marzo 2023 del Consiglio di Stato sul ricorso proposto da S. G. contro la Camera di commercio di Taranto. Trasporto pubblico - Servizio di noleggio con conducente - Norme della Regione Puglia - Esame di idoneita' all'esercizio del relativo servizio - Prevista allegazione, alla domanda di partecipazione, di una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorieta', attestante, tra l'altro, l'assenza di carichi pendenti. - Legge della Regione Puglia 3 aprile 1995, n. 14 (Modalita' di attuazione della legge 15 gennaio 1992, n. 21 «Legge-quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea»), art. 8, comma 3.(GU n.24 del 14-6-2023 )
IL CONSIGLIO DI STATO in sede giurisdizionale (sezione quinta) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 590 del 2022, proposto da G. S., rappresentato e difeso dall'avvocato Giorgia Calella, con domicilio digitale come da PEC da registri di Giustizia; Contro Camera di commercio di Taranto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gianluca Prete, con domicilio digitale come da PEC da registri di Giustizia; Per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (sezione terza) n. ... relativa all'impugnativa della determinazione dirigenziale n. ... del ..., a firma del vice segretario generale vicario della Camera di commercio industria artigianato e agricoltura (C.C.I.A.A.) di Taranto, ricevuta in data ..., con cui veniva disposto nei confronti del sig. S. G. l'annullamento/decadenza in via di autotutela, con effetto ex tunc, del superamento dell'esame di idoneita' (sostenuto con esito positivo il ... finalizzato all'iscrizione nel ruolo provinciale dei conducenti dei veicoli e natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea istituito presso la C.C.I.A.A., quale effetto derivante dalla decadenza dai benefici conseguiti sulla scorta delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio rese nel ... e nel ..., ritenute non veritiere, ex articoli 46, 47 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000 e per l'accertata carenza dei requisiti morali previsti dall'art. 8, comma 3, della legge regionale pugliese n. 14/1995 e di tutti i provvedimenti presupposti, consequenziali e/o connessi; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Camera di commercio di Taranto; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2022, il cons. Diana Caminiti e uditi per le parti gli avvocati; Viste le conclusioni delle parti come da verbale; I. Fatto e svolgimento del processo di primo grado. 1. Con atto notificato in data 12 gennaio 2022 e depositato il successivo 24 gennaio G. S. ha interposto appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione terza, n. ... con cui si e' rigettato il ricorso da Egli proposto per l'annullamento della determinazione dirigenziale n. ... del ..., a firma del vice segretario generale vicario della Camera di commercio industria artigianato e agricoltura (C.C.I.A.A.) di Taranto, con cui veniva disposto nei suoi confronti l'annullamento/decadenza in via di autotutela, con effetto ex tunc, del superamento dell'esame di idoneita' (sostenuto con esito positivo il ..., finalizzato all'iscrizione nel ruolo provinciale dei conducenti dei veicoli e natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea, istituito presso la C.C.I.A.A., quale effetto derivante dalla decadenza dai benefici conseguiti sulla scorta delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio rese nel ... e nel ..., ritenute non veritiere, ex articoli 46, 47 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000 e per l'accertata carenza dei requisiti morali previsti dall'art. 8, comma 3, della legge regionale pugliese n. 14/1995. 2. Con il ricorso di primo grado il ricorrente deduceva in punto di fatto: in data ... presentava alla Camera di commercio industria artigianato e agricoltura (C.C.I.A.A.) di Taranto la domanda per essere ammesso a sostenere l'esame di idoneita' all'esercizio del servizio di taxi e di noleggio con conducente, dichiarando, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 46, del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000, di non avere carichi pendenti e di non avere condanne che comportino l'interdizione dai pubblici uffici; sostenuto e superato l'esame suindicato (il ...), in data ... presentava la domanda di iscrizione nel ruolo dei conducenti di veicoli e natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea, istituito presso la Camera di commercio industria artigianato e agricoltura, nuovamente attestando, sotto la propria responsabilita', ai sensi e per gli effetti del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000, di non avere carichi penali pendenti e di non avere condanne comportanti l'interdizione dai pubblici uffici; con due distinte comunicazioni, datate entrambe ..., la Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Taranto, dando atto che in seguito ad accertamenti effettuati era emerso che dal certificato dei carichi pendenti risultava nei suoi confronti un decreto penale di condanna per il reato di cui all'art. 1 della legge n. 211/1994 (decreto penale dell'..., opposto in data ...), nonche' altro decreto penale di condanna per il reato di cui all'art. 388, comma 4, codice penale (decreto penale del ...), lo invitava a presentare deduzioni difensive entro il termine di dieci giorni, scaduti inutilmente i quali, preannunciava l'adozione nei suoi confronti del provvedimento di annullamento/decadenza del superamento dell'esame di idoneita' suindicato e del provvedimento di annullamento/decadenza dell'iscrizione nell'albo provinciale; con determinazione dirigenziale n. ... del ..., notificata in data ..., il vice segretario vicario della Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Taranto disponeva dunque l'annullamento/decadenza in via di autotutela, con effetto ex tunc, del superamento dell'esame di idoneita' finalizzato all'iscrizione nel ruolo provinciale dei conducenti dei veicoli e natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea, quale effetto derivante dalla decadenza dai benefici conseguiti sulla scorta delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio, rese nel ... e nel ..., ritenute non veritiere, ex articoli 46, 47 e 76, del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000 e per l'accertata carenza dei requisiti morali previsti dall'art. 8, comma 3, della legge regionale Puglia n. 14/1995. 3. A sostegno del gravame G. S. con il ricorso di prime cure articolava le censure di seguito rubricate: I - Violazione e/o falsa applicazione di legge, in particolare degli articoli 46 e 76, del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000, nonche' delle disposizioni sugli effetti dei decreti penali di condanna, di cui agli articoli 459 e seguenti, codice procedura penale - falsa applicazione dell'art. 8 della legge regionale n. 14/1995 - Carenza di istruttoria, contraddittorieta', falsa presupposizione ed erroneita' dei presupposti. II - Illegittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge Regione Puglia n. 14/1995, per contrasto con il principio di presunzione di innocenza di cui all'art. 27, secondo comma, Costituzione - Irrazionalita' ed illogicita' manifesta. 4. Il primo giudice ha rigettato il ricorso, ritenendo l'infondatezza del primo motivo sulla base del rilievo che l'amministrazione resistente si era doverosamente attenuta al disposto dell'art. 8, comma 3, n. 1, della legge regionale Puglia 3 aprile 1995, n. 14 recante «Modalita' di attuazione della legge 15 gennaio 1992, n. 21 - legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea» che prevede, a pena di esclusione dall'esame, che alla domanda per sostenere l'esame di idoneita' all'esercizio del servizio taxi e noleggio con conducente, debba essere allegata, fra gli altri documenti, una dichiarazione sostitutiva di notorieta' attestante «l'assenza di carichi pendenti». Segnatamente, secondo il giudice di prime cure, l'istruttoria compiuta dalla Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Taranto aveva evidenziato un decreto penale di condanna dell'... e un coevo decreto dell'... per il reato di cui all'art. 1 della legge n. 211 del 1994, oltre ad altro decreto penale del ... per il reato di cui all'art. 388, codice penale, accertato il .... Il ricorrente aveva pertanto espresso in entrambe le domande (rispettivamente: di ammissione all'esame della idoneita' e di iscrizione nel ruolo provinciale dei conducenti di veicoli e natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea), dichiarazioni sostitutive di atto notorio mendaci - rilevanti ai sensi degli articoli 46, 47 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000 - attestando l'insussistenza (non veritiera) di carichi pendenti (invece esistenti come dimostrato, infine, dal certificato della Procura della Repubblica di ... il ...), non rilevando i successivi sviluppi dei procedimenti penali e la (successiva) depenalizzazione del reato per l'omesso versamento delle ritenute previdenziali, ai sensi di quanto disposto dall'art. 2, comma 2, lettera c), legge n. 67/2014 «tanto piu' che, comunque, ai fini dell'annullamento/decadenza della idoneita' in questione, risultava sufficiente la sussistenza dell'ulteriore carico penale - relativo al decreto penale del ... per il reato di cui all'art. 388, codice penale -pendente alla data della domanda di iscrizione al ruolo predetto e, quindi al momento della dichiarazione mendace suindicata». Quanto al secondo motivo di ricorso, il giudice di prime cure, ha ritenuto la dedotta questione di costituzionalita' dell'art. 8 della legge regionale Puglia n. 14/1995, per asserito contrasto con il principio di presunzione di innocenza (rectius di non colpevolezza) di cui all'art. 27, secondo comma, Costituzione, manifestamente infondata, essendo del tutto estraneo alla presente fattispecie il principio sancito dall'art. 27 della Costituzione circa la presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, atteso che la controversia in esame concerne i requisiti di ammissione all'esame di idoneita' e di iscrizione al ruolo provinciale dei conducenti di veicoli e natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea, la cui individuazione «non attiene ad ipotesi di affermazione di responsabilita' penale», oltre ad essere «estranea al perimetro delle garanzie innanzi ricordate»; peraltro, secondo il giudice di prime cure, il requisito predetto risulterebbe dettato dalla ragionevole esigenza di bilanciamento tra la liberta' di iniziativa economica riconosciuta dall'art. 41 della Costituzione e l'interesse pubblico alla salvaguardia della sicurezza nel settore dei trasporti pubblici e quindi del buon andamento della pubblica amministrazione, nell'ambito della discrezionalita' spettante al legislatore regionale nello stabilire i requisiti morali. II. Il giudizio di appello. 5. Con il presente appello G. S. ha formulato le seguenti censure avverso la sentenza di prime cure: I - Erroneita' della sentenza di I° grado ed ingiustizia della motivazione per il mancato accoglimento del primo motivo di ricorso - Violazione e/o falsa applicazione di legge, in particolare degli articoli 46 e 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000, nonche' delle disposizioni relative agli effetti dei decreti penali di condanna, di cui agli articoli 459 e seguenti, codice procedura civile - Falsa applicazione dell'art. 8, legge regionale della Regione Puglia n. 14/05 - Carenza di istruttoria, contraddittorieta', falsa presupposizione ed erroneita' dei presupposti. L'appellante lamenta l'erroneita' della sentenza di primo grado nel punto in cui fa riferimento alla sussistenza di tre decreti penali di condanna anziche' di due, evidenziando peraltro che l'unico carico penale realmente esistente alla data del ..., ovvero alla data della prima dichiarazione di non avere carichi pendenti (resa ai fini dell'ammissione all'esame di idoneita' oggetto del provvedimento di autotutela gravato), riguardava il procedimento penale per omesso versamento delle ritenute previdenziali, per un importo inferiore ad euro 10.000,00 e come tale successivamente depenalizzato con legge n. 67/2014, ovvero in data antecedente alla data in cui era intervenuto il provvedimento oggetto di impugnativa. Infatti, esaminando il certificato dei carichi pendenti prodotto in primo grado da parte dell'amministrazione resistente, era possibile constatare che alla data del ... nei confronti del ricorrente risultava il procedimento contraddistinto con il numero PM ... GIP ... DIB ... - con le seguenti scansioni: ... richiesta del PM di emissione di decreto penale; ... emissione del decreto penale da parte del GIP con applicazione della multa di euro 3.950,00; ... opposizione da parte del sig. S. G.; ... decreto che disponeva il giudizio immediato - riguardante l'omesso versamento di contributi previdenziali, gia' a tale data depenalizzato; nonche' il procedimento con il numero PM ... GIP ..., per la fattispecie di reato di cui all'art. 388 codice penale, (successivamente estinto per remissione di querela, accettata in data ... come da certificazione in atti), in relazione al quale solo la richiesta da parte del P.M. - risalente al ... - era antecedente alla dichiarazione resa ai fini dell'iscrizione nell'albo provinciale, mentre la sua adozione ad opera del giudice per le indagini preliminari era avvenuta solo successivamente, ovvero in data ... maggio ... . Diversamente da quanto ritenuto dal TAR, pertanto, l'unico carico penale realmente esistente nei confronti del ricorrente alla data del ..., in cui questi aveva reso la dichiarazione di non avere carichi pendenti ai fini dell'ammissione all'esame di idoneita' in questione, riguardava il procedimento penale per omesso versamento delle ritenute previdenziali, per un importo inferiore ad euro 10.000,00 e come tale successivamente depenalizzato con legge n. 67/2014. Gia' per tale motivo, quindi, la sentenza risulta, in tesi di parte appellante, viziata per aver dato rilievo a fatti in realta' non esistenti. L'appellante censura inoltre la motivazione della sentenza in quanto dettata da un rigido formalismo nella valutazione della dichiarazione resa ai fini dell'ammissione all'esame di idoneita', tra l'altro su di un modulo prestampato della C.C.I.A.A. di Taranto, del tutto sproporzionato rispetto al fatto materiale non dichiarato, trattandosi di una fattispecie depenalizzata e al suo significato sociale e giuridico, evidenziando come secondo l'interpretazione della Corte costituzionale per la decadenza o per il diniego del beneficio non sarebbe determinante il profilo formale della falsita' della dichiarazione, bensi' quello sostanziale, costituito dalla mancanza del requisito falsamente dichiarato e come all'esito dell'opposizione, proposta in data ..., ovvero in data antecedente alla prima dichiarazione, gli effetti del decreto penale erano venuti meno. Assume pertanto che alla data della dichiarazione, resa ai fini dell'iscrizione all'esame di abilitazione (..., non esisteva neanche la richiesta di emissione del secondo decreto penale da parte del PM - proc. PM ... GIP ... - e che in ogni caso anche alla data della seconda dichiarazione egli era del tutto ignaro dell'esistenza di tale procedimento, tant'e' che il decreto penale veniva emesso dal GIP solo in data ..., e depositato in cancelleria in data ..., vale a dire, addirittura, due mesi dopo la presentazione della sua domanda di iscrizione nell'elenco provinciale in questione (datata ... e protocollata il ... seguente). Invoca pertanto la figura del falso innocuo, vertendo l'unica dichiarazione falsa su un reato nelle more depenalizzato. II - Erroneita' ed ingiustizia della sentenza impugnata per mancato accoglimento del secondo motivo di ricorso - omessa pronunzia - illegittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge Regione Puglia n. 14/1995, per contrasto con il principio di presunzione di innocenza, di cui all'art. 27, secondo comma, Costituzione, nonche' con i principi in materia di potesta' legislativa concorrente spettante alle regioni, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione - irrazionalita' ed ingiustizia manifesta. L'appellante evidenzia inoltre come la sentenza impugnata, oltre ad essere erronea nel punto in cui aveva ritenuto non fondata la questione di costituzionalita' per contrasto con l'art. 27 Cost., si era trincerata dietro un'omessa pronunzia, relativamente all'ulteriore rilievo di illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 3, legge regionale Puglia n. 14/1995 per contrasto con l'art. 117, terzo comma della Costituzione, rilevando come, nonostante la stessa fosse stata sollevata solo con la memoria conclusiva del 24 aprile, riguardasse una questione di incostituzionalita' della legge regionale, applicata nel caso di specie, rilevabile anche d'ufficio. Lamenta in particolare come la normativa regionale aveva finito per introdurre un requisito di accesso all'iscrizione nel ruolo della figura professionale in esame e, cioe', l'inesistenza di carichi pendenti a carico del richiedente l'ammissione all'esame, ovvero richiedente l'iscrizione nell'elenco provinciale, non previsto dalla legge quadro statale ed in ogni caso del tutto irragionevole. 6. Si e' costituita la Camera di commercio industria ed artigianato di Taranto, eccependo in via preliminare l'improcedibilita' del ricorso in appello dal momento che era stata successivamente adottata la determinazione dirigenziale n. ... del ..., con cui la stessa Camera di commercio aveva disposto in autotutela l'annullamento, ex art, 21-nonies, legge n. 241/1990, dell'iscrizione dell'appellante nel ruolo provinciale dei conducenti dei veicoli e natanti adibiti ad autoservizi non di linea, stante la decadenza dei benefici conseguiti per effetto della mendacio reso nella dichiarazione sostitutiva ex art. 75, decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000, relativamente all'assenza di carichi penali pendenti, nonche' in ogni caso l'assenza dei requisiti morali prescritti dall'art. 8, comma 3, della legge regionale n. 14/1995 ed infine l'intervenuta decadenza del superamento dell'esame. 6.1. L'istanza cautelare, presentata da parte appellante ai fini dell'ottenimento della sospensione dell'esecutivita' della sentenza gravata, e' stata accolta dalla sezione con ordinanza n. 1387/2022 alla stregua dei seguenti rilievi «Ritenuto preliminarmente, ad un primo sommario esame della presente fase cautelare, salvo successivi approfondimenti nella fase di merito, che non sia meritevole di accoglimento l'eccezione di improcedibilita' dell'odierna impugnativa sollevata dall'amministrazione appellata, motivata con la sopravvenuta adozione della determina dirigenziale n. ... del ..., con cui il segretario generale f.f. della Camera di commercio di Taranto ha adottato il provvedimento di cancellazione del ricorrente dal ruolo provinciale dei conducenti di veicoli e natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea, trattandosi di provvedimento meramente consequenziale rispetto al provvedimento di annullamento, con effetto ex tunc del superamento dell'esame di idoneita', ai fini dell'iscrizione nel predetto ruolo provinciale, oggetto di impugnativa in prime cure, con la conseguenza che l'eventuale accoglimento del presente appello avverso la sentenza reiettiva dell'impugnativa dell'atto presupposto farebbe venire meno, con effetto caducante automatico, il provvedimento consequenziale sopravvenuto. Ritenuto peraltro che proprio detto provvedimento sopravvenuto radichi il periculum in mora fatto valere da parte appellante, da ritenersi provato in via presuntiva secondo l'id quod plerumque accidit, venendo meno il titolo abilitativo per lo svolgimento dell'attivita' lavorativa; Ritenuto pertanto, nell'indubbia sussistenza di detto periculum in mora e nel contemperamento degli opposti interessi, che l'istanza di sospensiva sia meritevole di accoglimento, avuto tra l'altro riguardo alla circostanza che l'unico procedimento penale pendente non dichiarato dall'appellante, da ritenersi conosciuto all'epoca in cui sono state rese le dichiarazioni mendaci, atteneva ad un reato gia' depenalizzato alla data in cui e' intervenuto il provvedimento di autotutela oggetto di impugnativa in prime cure». 7. In vista della trattazione del merito dell'appello le parti hanno prodotto memoria difensiva diretta e parte appellante anche memoria di replica, ex art. 73, comma 1, c.p.a. 8. La causa e' stata trattenuta in decisione all'esito dell'udienza pubblica del 20 ottobre 2022. III. Il rilievo della questione di leggittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 3, della legge regione Puglia n. 14/1995, con riferimento agli articoli 3 e 117, comma 3, della Costituzione. 9. Questa sezione, avuto riguardo al secondo motivo di appello, con cui parte appellante censura la sentenza di prime cure in relazione al capo che ha ritenuto manifestamente infondata la prospettata questione di costituzionalita', intende sottoporre alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 3, della legge Regione Puglia n. 14/1995, laddove dispone che «Alla domanda, a pena di esclusione, oltre alla copia autenticata del titolo di studio posseduto e del certificato di abilitazione professionale di cui al comma 1, deve essere allegata una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorieta' attestante: l'assenza di carichi pendenti» per contrasto l'art. 117, comma 3, Cost., nonche' per contrasto con il principio di ragionevolezza sotteso all'art. 3 Cost. Non rileva al riguardo la circostanza che parte ricorrente abbia dedotto in prime cure solo con memoria difensiva il contrasto con l'art. 117, comma 3 Cost - avendo in ogni caso fatto riferimento nel ricorso all'assenza della previsione sospetta di incostituzionalita' nella legge quadro nazionale - ne' la circostanza che non abbia expressis verbis lamentato il contrasto con l'art. 3 Cost., avendo del pari sempre in ricorso lamentato l'irragionevolezza della disposizione legislativa regionale, reiterando detta censura in appello - spettando la qualificazione della questione di costituzionalita', alla luce di quanto dedotto dalle parti, al giudice, per il principio iura novit curia ed essendo in ogni caso la questione di legittimita' costituzionale, come noto, rilevabile d'ufficio ai sensi dell'art. 1, legge Cost. n. 1/1948 e dell'art. 23, comma 3, legge n. 87/1953, laddove il giudice a quo la ritenga rilevante ai fini della decisione e non manifestamente infondata, ai sensi del comma 2 del medesimo disposto normativo. IV. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 10. Ai fini della disamina della rilevanza della questione di costituzionalita' va delibata in limine litis l'eccezione di improcedibilita' dell'appello sollevata dall'Amministrazione appellata, fondata sul rilievo che parte appellante non avrebbe impugnato la determinazione dirigenziale n. ... del ..., con cui la medesima Camera di commercio aveva disposto in autotutela l'annullamento, ex art. 21-nonies, legge n. 241/1990, dell'iscrizione dell'appellante nel ruolo provinciale dei conducenti dei veicoli e natanti adibiti ad autoservizi non di linea. 10.1. L'eccezione, come gia' evidenziato in sede cautelare, e' infondata, essendo il provvedimento sopravvenuto atto meramente consequenziale a quello oggetto del presente giudizio di appello - ovvero la determinazione dirigenziale n. ... del ..., a firma del vice segretario generale vicario della Camera di commercio industria artigianato e agricoltura (C.C.I.A.A.) di Taranto, con cui veniva disposto nei confronti del sig. S. G. l'annullamento/decadenza in via di autotutela, con effetto ex tunc, del superamento dell'esame di idoneita', finalizzato all'iscrizione nel ruolo provinciale dei conducenti dei veicoli e natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea - come evidenziato dall'afferenza di entrambi i provvedimenti ad un unico contesto procedimentale, seppure formalmente avviato con due distinte, ma coeve, comunicazioni di avvio del procedimento e dalla medesimezza delle contestazioni, come di seguito precisato; per cui in ipotesi di accoglimento dell'appello e pertanto di consequenziale accoglimento del giudizio di primo grado con annullamento del provvedimento gravato, verrebbe meno con effetto caducante automatico anche la determinazione dirigenziale n. ... del ..., con cui la Camera di commercio ha disposto in autotutela l'annullamento, ex art. 21-nonies, legge n. 241/1990, dell'iscrizione del ricorrente nel ruolo provinciale dei conducenti dei veicoli e natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea. 10.1.1. Ed invero le contestazioni mosse con la sopravvenuta determinazione si fondano per un verso sull'intervenuta decadenza dall'ammissione all'esame di cui al provvedimento oggetto del presente giudizio - che pertanto si appalesa come atto presupposto - per altro verso sul carattere mendace delle dichiarazioni rese sia ai fini dell'ammissione all'esame di idoneita', sia ai fini dell'iscrizione nell'albo provinciale dei conducenti dei veicoli e natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea, e sull'assenza dei requisiti morali, avuto riguardo ai due decreti penali di condanna innanzi menzionati, ovvero sulle medesime contestazioni contenute nella determinazione oggetto del presente giudizio di appello. 10.1.2. Infatti, come emergente ex actis, in data ... la Camera di commercio di Taranto adottava due distinti avvisi di avvio del procedimento, finalizzati rispettivamente all'annullamento/decadenza dell'ammissione all'esame di idoneita' e all'annullamento/decadenza dell'iscrizione nel ruolo provinciale, fondati sulle medesime contestazioni quanto alla sussistenza di due carichi pendenti - e dunque all'insussistenza delle richieste qualita' morali - derivanti da due distinti decreti penali di condanna - nonche' l'una sul carattere mendace della dichiarazione circa l'assenza di carichi pendenti, resa in sede di richiesta di ammissione all'esame di idoneita', e l'altra sul carattere del pari mendace di quella resa in sede di richiesta di iscrizione nell'albo provinciale. 10.1.3. Peraltro, nonostante le due distinte comunicazioni, con la determinazione dirigenziale n. ... del ..., oggetto del presente giudizio, pur disponendosi la decadenza/annullamento della sola ammissione all'esame di idoneita', viene contestato all'appellante il carattere mendace sia della dichiarazione resa ai fini dell'ammissione all'esame di idoneita', che di quella resa ai fini dell'iscrizione nell'albo provinciale nonche' la sussistenza dei carichi pendenti derivanti da entrambi i decreti penali di condanna, sebbene alla data della dichiarazione resa ai fini dell'ammissione all'esame di idoneita' non fosse stato richiesto ed adottato il secondo decreto penale di condanna, come di seguito precisato. 10.1.4. Appare, pertanto, evidente come, stante per un verso la medesimezza delle contestazioni poste a base della determinazione dirigenziale n. ... del ... - concernenti (al contrario di quanto dedotto dall'amministrazione appellata) non solo la mendacita' della prima dichiarazione, ma anche della seconda dichiarazione, nonche' in ogni caso la sussistenza di carichi pendenti, derivanti dagli indicati due decreti penali di condanna - e della sopravvenuta determinazione dirigenziale n. ... del ..., che si differenzia dalla prima solo per l'ulteriore contestazione dell'intervenuto annullamento/decadenza dell'ammissione all'esame, derivante proprio dalla precedente determinazione, oggetto del presente giudizio, come l'annullamento di tale prima determinazione non possa che far venir meno, con effetto caducante automatico, anche la seconda determinazione non gravata. Il provvedimento oggetto del presente giudizio di appello si configura, in definitiva, alla stregua di atto presupposto del secondo atto non gravato, essendo entrambi gli atti avvinti in un unico contesto procedimentale, come palesato dal coevo avvio del procedimento e dalla medesimezza delle contestazioni e dal rilievo che l'ammissione all'esame, avvenuta in forza della prima dichiarazione mendace, e' finalizzata all'iscrizione nell'albo provinciale, per cui vi e' un indubbio e stretto nesso teleologico fra l'ammissione all'esame e la successiva iscrizione nell'albo provinciale; ne' rileva in senso autonomo la circostanza che la richiesta di iscrizione sia stata asseritamente inficiata da ulteriore falsita' circa l'assenza di carichi pendenti, essendo stata anche detta falsita' - nonche' in ogni caso la sussistenza dell'ulteriore carico pendente - gia' oggetto di contestazione con il provvedimento di cui e' causa. Puo' pertanto applicarsi alla fattispecie de qua la giurisprudenza in materia secondo la quale, pur in presenza di vizi accertati dell'atto presupposto, deve distinguersi tra invalidita' a effetto caducante e invalidita' a effetto viziante, nel senso che nel primo caso l'annullamento dell'atto presupposto si estende automaticamente all'atto consequenziale, anche quando questo non sia stato impugnato, mentre nel secondo caso l'atto conseguenziale e' affetto solo da illegittimita' derivata, e pertanto resta efficace ove non impugnato nel termine di rito. Per la prima ipotesi, quella appunto dell'effetto caducante, ricorre nella sola evenienza in cui l'atto successivo venga a porsi nell'ambito della medesima sequenza procedimentale a guisa di inevitabile conseguenza dell'atto anteriore, il che comporta, dunque, la necessita' di verificare l'intensita' del rapporto di conseguenzialita' tra l'atto presupposto e l'atto successivo, con riconoscimento dell'effetto caducante solo qualora tale rapporto sia immediato, diretto e necessario, nel senso che l'atto successivo si ponga, nell'ambito dello stesso contesto procedimentale, come conseguenza ineluttabile rispetto all'atto precedente, senza necessita' di nuove valutazioni di interessi (cfr., tra le tante: Cons. Stato, V, 26 maggio 2015, n. 2611 e 20 gennaio 2015, n. 163; IV, 6 dicembre 2013, n. 5813, 13 giugno 2013, n. 3272 e 24 maggio 2013, n. 2823; VI, 27 novembre 2012, n. 5986 e 5 settembre 2011, n. 4998; V, 25 novembre 2010, n. 8243). Nell'ipotesi di specie, applicando tali coordinate ermeneutiche, si ravvisa l'indicato vincolo di presupposizione, in grado di comportare, in ipotesi di annullamento del provvedimento oggetto del presente contenzioso, da qualificarsi quale atto presupposto, un effetto caducante automatico dell'atto consequenziale, ovvero della seconda determinazione, relativa all'annullamento/decadenza dell'iscrizione nell'albo provinciale, non gravata. 10.2. Ai fini della disamina della rilevanza della questione di costituzionalita' e' necessario altresi' fare riferimento all'indispensabilita' della stessa, non potendo le ulteriori censure, formulate nel primo motivo di appello, condurre all'accoglimento dello stesso e al consequenziale accoglimento del ricorso di primo grado e dunque all'annullamento della determinazione gravata, avuto riguardo al carattere plurimotivato della stessa determinazione. 10.3. L'atto gravato in prime cure e' stato infatti adottato in asserita applicazione del disposto dell'art. 8 (rubricato Esame di idoneita' all'esercizio del servizio di taxi e di noleggio con conducente) comma 3 della legge Regione Puglia n. 14/1995, la quale dispone sic et simpliciter, senza prevedere un correlativo giudizio valutativo ad opera della commissione provinciale per l'accertamento dei requisiti di idoneita' all'esercizio del servizio, di cui all'art. 7 della medesima legge regionale, che «Alla domanda, a pena di esclusione, oltre alla copia autenticata del titolo di studio posseduto e del certificato di abilitazione professionale di cui al comma 1, deve essere allegata una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorieta' attestante: l'assenza di carichi pendenti; l'assenza di condanne che comportino l'interdizione dai pubblici uffici; l'assenza di procedimenti fallimentari; l'assenza di provvedimenti di revoca o decadenza di precedenti licenze o autorizzazioni; la non appartenenza ad associazioni di tipo mafioso ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modifiche ed integrazioni». 10.3.1. Da tale disposto normativo si evince, claris verbis, come l'assenza dei carichi pendenti, al pari delle altre condizioni ivi elencate, da indicarsi a pena di esclusione nella domanda di ammissione all'esame, risulti un requisito necessario ai fini di detta ammissione e pertanto come, correlativamente, la sussistenza di carichi pendenti risulti ostativa alla stessa. La dichiarazione da rendersi al riguardo, ove risultata poi non veritiera, comporta pertanto, come nella presente fattispecie, l'applicazione del disposto dell'art. 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000, il quale dispone che «Fermo restando quanto previsto dall'art. 76, qualora dal controllo di cui all'art. 71 afferente alle dichiarazioni rese ai sensi dei precedenti articoli 46 e 47 emerga la non veridicita' della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera». 10.3.2. La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che la ratio del citato art. 75, decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 e' quella di semplificare l'azione amministrativa, facendo leva sul principio di autoresponsabilita' del dichiarante; con la conseguenza che la non veridicita' di quanto autodichiarato rileva sotto un profilo oggettivo e conduce alla decadenza dei benefici ottenuti con la dichiarazione non veritiera, indipendentemente da ogni indagine dell'Amministrazione sull'elemento soggettivo del dichiarante, giacche' non vi sono particolari risvolti sanzionatori in gioco, ma solo la necessita' di una spedita esecuzione della legge sottesa al sistema di semplificazione (ex multis, di recente, Cons. Stato, VI, 20 agosto 2019, n. 5761; 20 dicembre 2013, n. 6145). Ne consegue, ulteriormente, che la disposizione non lascia margini di discrezionalita' alle amministrazioni e non chiede alcuna valutazione circa il dolo o la colpa grave del dichiarante (Cons. Stato, V, 15 marzo 2017, n. 1172; 27 aprile 2012, n. 2447). 10.4. Ci in disparte dalla considerazione, che, a prescindere dalla falsita' della dichiarazione e quindi dalla conoscenza del carico pendente, l'accertamento successivo della sussistenza dello stesso, in quanto ostativa all'ammissione all'esame ed alla consequenziale iscrizione nell'albo provinciale, puo' essere posta dall'amministrazione alla base di un atto di annullamento d'ufficio, ex art. 21-nonies, legge n. 241/1990, del pari applicato dalla C.C.I.A.A. di Taranto nell'adozione dell'atto gravato in prime cure. 10.5. La questione di costituzionalita' si presenta, pertanto, come rilevante, posto che il suo accoglimento, determinando l'eliminazione della norma incostituzionale dall'ordinamento con effetto ex tunc, farebbe venir meno il requisito richiesto ai fini dell'ammissione all'esame di idoneita' ed ai fini dell'iscrizione nel registro provinciale. Le pronunce di accoglimento della Corte costituzionale spiegano, infatti, effetto retroattivo, inficiando ab origine la validita' e l'efficacia della norma dichiarata contraria alla Costituzione, salvo il limite delle situazioni giuridiche «consolidate» (cd. «rapporti esauriti») per effetto di eventi che l'ordinamento giuridico riconosce idonei a produrre tale effetto, quali le sentenze passate in giudicato, l'atto amministrativo non piu' impugnabile, la prescrizione e la decadenza. (Cass. civ. sez. III 28 luglio 1997, n. 7057). 10.5.1. Pertanto in ipotesi di accoglimento della questione di costituzionalita' per un verso verrebbe meno la condizione ostativa all'ammissione all'esame e all'iscrizione nell'albo provinciale - ovvero la presenza di carichi pendenti - per altro verso verrebbe a perdere rilievo la dichiarazione mendace, posto che la stessa non avrebbe dovuto neppure essere resa in parte qua, dovendo al riguardo applicarsi alla presente fattispecie la giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo la quale ci che rileva non e' tanto la falsita' formale della dichiarazione ma la sussistenza o meno del requisito dichiarato (Consiglio di Stato, sezione quinta, 17 gennaio 2018, n. 257 e 23 gennaio 2018, n. 418), per cui per la decadenza o per il diniego del beneficio non sarebbe determinante il profilo formale della falsita' della dichiarazione, bensi' quello sostanziale, costituito dalla mancanza del requisito falsamente dichiarato. Pertanto l'accoglimento della questione di costituzionalita' dovrebbe necessariamente condurre all'accoglimento dell'appello, con consequenziale accoglimento del giudizio di primo grado ed annullamento della determinazione gravata, laddove per contro la mancata rimessione della questione di costituzionalita' non potrebbe che condurre al suo rigetto, stante l'inidoneita' delle censure sollevate con il primo motivo di appello a determinare un diverso esito del giudizio. 10.5.2. Ed invero seppure e' vero che erroneamente il giudice di prime cure aveva fatto menzione di tre decreti penali di condanna, anziche' a due - considerando anche la data della richiesta del primo decreto penale di condanna, risultante dal certificato dei carichi pendenti - e che abbia fatto riferimento, nell'indicare il secondo decreto penale di condanna, alla data della sua richiesta - ... (cui del pari fa riferimento l'atto gravato) - anziche' alla data della sua adozione, avvenuta in data ..., risulta evidente come alla data della prima dichiarazione, ..., relativa alla richiesta di ammissione all'esame di idoneita', sussistesse il carico pendente derivante dal primo decreto penale di condanna e come alla data della seconda dichiarazione, ..., sussistesse comunque la richiesta del secondo decreto penale di condanna (anche se non conosciuta), cui va correlata la qualita' di imputato, ex art, 60 codice procedura penale - e pertanto il carico pendente, comunque ostativo all'iscrizione nell'albo provinciale - con conseguente possibilita' di applicazione del disposto dell'art. 21-nonies legge n. 241/1990, come avvenuto ad opera dell'amministrazione appellata con l'atto oggetto di gravame in prime cure; cio' in disparte dalla considerazione che sarebbe stato onere del dichiarante, in base al principio di autoresponsabilita', prima di rendere la dichiarazione, richiedere il certificato dei carichi pendenti, dal quale risultava comunque la richiesta del secondo decreto penale di condanna. 10.6. Ne' rileva la circostanza che il primo decreto penale di condanna sia stato opposto dall'appellante ancor prima di rendere la prima dichiarazione, in quanto l'opposizione al decreto penale di condanna fa venire meno la condanna, ma non il carico pendente, da correlarsi all'assunzione della qualita' di imputato, ex art. 60 codice procedura penale, comportando detta opposizione la (sola) possibilita' per l'imputato di richiedere il giudizio immediato, il giudizio abbreviato oppure l'applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art. 461 comma 3, codice procedura penale. E, invero, la qualita' di imputato - e dunque la sussistenza di carichi pendenti rilevante ai fini dell'ammissione all'esame secondo l'indicata norma regionale sospetta di incostituzionalita' - e' connessa alla richiesta del decreto penale di condanna da parte del pubblico ministero e non alla sua adozione da parte del Giudice delle indagini preliminari, come claris verbis evincibile dal disposto dell'art. 60, codice procedura penale, secondo cui «assume la qualita' di imputato la persona alla quale e' attribuito il reato nella richiesta di rinvio a giudizio, di giudizio immediato, di decreto penale di condanna, di applicazione della pena a norma dell'articolo 447, comma 1, nel decreto di citazione diretta a giudizio e nel giudizio direttissimo». 10.7. Del pari irrilevante si palesa il rilievo che il reato di cui all'art. 1 dellalegge n. 211 del 1994 di cui al primo decreto penale di condanna, sia stato depenalizzato ai sensi dell'art. 2, comma 2, lettera c), legge n. 67/2014 e che all'esito del giudizio di opposizione l'appellante sia stato dunque assolto, posto che alla data della prima dichiarazione, resa ai fini dell'ammissione all'esame di idoneita', sussisteva senza dubbio detto carico pendente, relativo a reato non ancora depenalizzato e ostativo all'ammissione all'esame, per cui, in assenza dalla mendace dichiarazione - rispetto alla quale non rileva, come innanzi precisato, la colpa - l'appellante non avrebbe potuto sostenere l'esame. Questo solo rilievo rende evidente pertanto come, in assenza dalla rimessione della questione di costituzionalita', l'appello non potrebbe trovare accoglimento. 10.8. Cio' in disparte dalla considerazione che parimenti irrilevante si palesa, come innanzi precisato, ai fini dell'accoglimento dell'appello, la deduzione di parte appellante circa la mancata conoscenza, alla data della dichiarazione resa ai fini dell'iscrizione all'albo provinciale (...), del secondo decreto penale di condanna in quanto a tale data neppure adottato, posto che all'epoca sussisteva la richiesta del decreto penale di condanna da parte del P.M. e dunque il carico pendente. 11. Ci posto, ad avviso del collegio, la questione di costituzionalita' appare rilevante, potendo incidere sull'esito del giudizio, ne' potendo pervenirsi ad una diversa interpretazione, costituzionalmente orientata, della norma regionale, a cio' ostando il suo chiaro tenore letterale, per cui non residuano dubbi che la sussistenza di qualsivoglia carico pendente sia una condizione ostativa all'ammissione all'esame di idoneita', laddove detta condizione ostativa contrasta con le previsioni della legge quadro nazionale e viola i criteri di razionalita' e proporzionalita' che costituiscono un limite all'esercizio della discrezionalita' del legislatore, secondo quanto di seguito specificato in punto di disamina della non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita'. V. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 3, legge regionale Puglia n. 14/1995, per contrasto con gli articoli 117, comma 3 e 27 Cost. 12. La questione di costituzionalita' per contrasto con l'art. 27 Cost, quale articolata da parte appellante, si appalesa manifestamente infondata. 12.1. Cio' in quanto deve escludersi in radice la natura sanzionatoria della non ammissione all'esame per il conseguimento dell'abilitazione di cui e' causa per la sussistenza di carichi pendenti, in quanto la fissazione legislativa delle qualita' morali necessarie per il rilascio dei titoli assume una natura latu sensu cautelare e non certamente sanzionatoria, come evincibile dalla corposa giurisprudenza attinente i titoli di polizia. 12.1.1. Pertanto deve ritenersi sul punto corretta la statuizione del giudice di prime cure, non risultando pertinente l'evocazione del riferimento all'art. 27 Cost., quale dedotta da parte appellante, non potendo pervenirsi all'applicabilita' di tale disposto normativo all'ipotesi di specie, neppure per il tramite della giurisprudenza della Corte europea sui criteri per l'attribuibilita' di natura sostanzialmente penale a «sanzioni» non formalmente tali. E' infatti vero che, secondo quanto precisato dalla Corte costituzionale «rispetto a singole sanzioni amministrative che abbiano natura e finalita' "punitiva", il complesso dei principi enucleati dalla Corte di Strasburgo a proposito della "materia penale" non potra' che estendersi anche a tali sanzioni» (da ultimo sentenza n. 198 del 2022; nello stesso senso sentenze n. 68 del 2021, n. 63 del 2019, e n. 193 del 2016). Peraltro, laddove la misura prevista dal legislatore non assuma, come nella specie, carattere sanzionatorio, non potranno applicarsi i principi propri delle sanzioni penali (in tal senso Corte costituzionale, sentenza n. 198 del 2022, relativamente al carattere non sanzionatorio dell'escussione della fideiussione nell'ipotesi di esclusione dell'operatore economico dalla procedura evidenziale, ex art. 48, comma 1, del decreto legislativo n. 163 del 2006, e pertanto alla non applicabilita' del principio della retroattivita' della lex mitior di cui all'art. 2, comma 2, codice penale). 13. La questione di costituzionalita' deve invece ritenersi non manifestamente infondata con riferimento alla violazione dell'art. 117, comma 3 Cost, relativo alla legislazione concorrente, spettando in tale ambito allo Stato la determinazione dei principi, cui la normativa di dettaglio regionale si deve attenere, nonche' con riferimento alla violazione del principio di ragionevolezza, ex art. 3 Cost. 14. Ad avviso della sezione nella logica (appunto non punitiva, ma individuativa delle condizioni soggettive ostative all'ammissione all'esame per il conseguimento del titolo abilitativo de quo, nonche' per l'iscrizione all'albo provinciale) rileva in primis il contrasto della normativa regionale con l'art. 117, comma 3 Cost. 14.1. Ed invero, come evidenziato da parte appellante, dal confronto tra la normativa statale di riferimento, adottata con la legge n. 21/1992 «Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea», che all'art. 6 istituisce il ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea, e l'art. 8, comma 3, della legge Regionale Puglia n. 14/1995, recante attuazione della prima, emerge all'evidenza come la normativa regionale pugliese abbia finito per introdurre un requisito di accesso all'iscrizione nel ruolo della figura professionale in esame, e, cioe' l'inesistenza di carichi pendenti a carico del richiedente l'ammissione all'esame, non previsto dalla legge quadro statale. 14.2. Il trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea e' infatti a tutt'oggi disciplinato dalla legge 15 gennaio 1992, n. 21. L'art. 1 definisce, al comma 1, gli autoservizi pubblici non di linea «quelli che provvedono al trasporto collettivo od individuale di persone, con funzione complementare e integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea ferroviari, automobilistici, marittimi, lacuali ed aerei, e che vengono effettuati, a richiesta dei trasportati o del trasportato, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta»; il comma 2, stabilisce poi: «Costituiscono autoservizi pubblici non di linea: a) il servizio di taxi con autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione animale; b) il servizio di noleggio con conducente e autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione animale». Il successivo art. 4 definisce, al comma 1, le competenze regionali in materia, stabilendo che «Le regioni esercitano le loro competenze in materia di trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea ai sensi del decreto del Presidente delle Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e nel quadro dei principi fissati dalla presente legge». A sua volta, l'art. 6 della stessa legge-quadro n. 21 del 1992, prevede l'istituzione presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, del ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea (comma 1), stabilendo, in particolare, che il ruolo e' istituito dalle regioni (comma 4) e che: «L'iscrizione nel ruolo costituisce requisito indispensabile per il rilascio della licenza per l'esercizio del servizio di taxi e dell'autorizzazione per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente» (comma 5). L'art. 6 della citata legge n. 21/1992, richiede peraltro quale «requisito indispensabile» per l'ammissione all'esame solo il certificato di abilitazione professionale alla guida dei veicoli, secondo il codice della strada - al cui rilascio risultano comunque ostative le fattispecie previste dall'art. 120, comma 1, del medesimo codice - e il superamento dell'esame finalizzato ad accertare l'idoneita' all'esercizio del servizio, «con particolare riferimento alla conoscenza geografica e toponomastica». Nessun riferimento vi e' invece nella legge statale alla necessita' che nei confronti dell'aspirante all'esercizio della professione di conducente di veicoli e natanti per autoservizi non di linea non sussistano carichi pendenti. 14.2.1. Rientrando la materia in esame tra quelle riguardanti le «professioni», per le quali le regioni hanno competenza legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost., la Regione Puglia, con la propria legge non poteva pertanto introdurre, ad avviso della sezione, requisiti ulteriori di accesso alla professione in esame rispetto a quelli stabiliti con la legge quadro adottata con legge n. 21/1992. 14.2.2. Ci in applicazione dell'orientamento piu' volte espresso dalla Corte costituzionale secondo cui «la potesta' legislativa regionale nella materia concorrente delle "professioni" deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, e' riservata per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realta' regionale; e che tale principio, al di la' della particolare attuazione ad opera di singoli precetti normativi, si configura [...] quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale.» (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 209 del 9 ottobre 2020; sentenze n. 98 del 2013, n. 138 del 2009, n. 93 del 2008, n. 300 del 2007, n. 40 del 2006 e n. 424 del 2005). Pertanto in ossequio ai principi enucleati dalla Corte costituzionale con riferimento alla potesta' legislativa concorrente spettante alle regioni nella materia delle «professioni», indicata dall'art. 117, comma, 3, Costituzione, la normativa regionale di cui all'art. 8, comma 3, legge regionale Puglia n. 14/1995, non poteva prescrivere il requisito dell'assenza di carichi pendenti in capo al richiedente l'iscrizione all'esame di abilitazione, in contrasto con i principi fissati dalla legge quadro statale, e, in particolare, con l'art. 6 della legge quadro n. 21/1992, che richiede, invece, come requisiti di accesso alla suddetta professione solo il possesso della patente di guida - il cui rilascio e la cui revoca sono comunque sottoposti alla disciplina dell'art. 120 del codice della strada, da leggersi anche alla stregua delle pronunce della Corte costituzionale, che sono intervenute a dichiarare l'illegittimita' costituzionale del comma 2, relativamente alla revoca della patente, sotto distinti profili - nonche' il superamento di un esame che accerti i requisiti di idoneita' all'esercizio del servizio, con particolare riferimento alla conoscenza geografica e toponomastica, non potendosi avere, con riferimento ai requisiti per l'accesso alla professione de qua, una disciplina differenziata a seconda delle regioni. 15. Parimenti non manifestamente infondata si palesa la questione di costituzionalita' con riferimento alla violazione del principio di ragionevolezza. 15.1. Detto principio, sotteso al disposto dell'art. 3 Cost., come noto rappresenta infatti un naturale corollario del principio di uguaglianza, ed esige che le norme dell'ordinamento, in tutte le loro forme, siano adeguate al fine perseguito. Esso rappresenta pertanto uno stringente limite alla discrezionalita' del legislatore. La ragionevolezza e' il canone di valutazione proprio del giudizio di costituzionalita'. La Corte stessa ha definito la ragionevolezza «razionalita' pratica» (sentenza n. 172 del 1996), potendosi intendere con cio' un uso della ragione che si avvicina al «senso comune» per moderare la discrezionalita' del legislatore. Nella giurisprudenza piu' recente, talvolta la ragionevolezza e' declinata nella formula della «ragionevolezza e proporzionalita'» ovvero del «ragionevole e proporzionato bilanciamento». Queste formulazioni piu' recenti trovano peraltro i loro antecedenti in risalenti sentenze. La sentenza n. 1130 del 1988 definisce il giudizio di ragionevolezza come giudizio di proporzionalita', distinguendolo espressamente dal giudizio di merito. Infatti con tale sentenza la Corte ha expressis verbis affermato che «il giudizio di ragionevolezza, lungi dal comportare il ricorso a criteri di valutazione assoluti e astrattamente prefissati, si svolge attraverso ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita' rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti». E tuttavia «l'impossibilita' di fissare in astratto un punto oltre il quale scelte di ordine quantitativo divengono manifestamente arbitrarie e, come tali, costituzionalmente illegittime, non puo' essere validamente assunta come elemento connotativo di un giudizio di merito, essendo un tratto che si riscontra [...] anche nei giudizi di ragionevolezza». Con la sentenza n. 220 del 1995 la Corte costituzionale ha chiarito che il principio di proporzionalita' «rappresenta una diretta espressione del generale canone di ragionevolezza». La stretta relazione tra ragionevolezza e proporzionalita' e' evidente inoltre nella sentenza n. 227 del 2010, in cui i due termini si presentano in rapporto invertito: ovverosia il difetto di ragionevole giustificazione rende non proporzionata la norma impugnata. Il parametro di ragionevolezza e' stato inoltre preso in considerazione dalla Corte costituzionale nelle recenti sentenze dichiarative dell'illegittimita' costituzionale di diverse parti dell'art. 120, comma 2, del codice della strada, che individua le fattispecie di revoca della patente di guida. 15.1.1. Ed invero con la sentenza n. 22 del 2018 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 («Nuovo codice della strada»), come sostituito dall'art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 («Disposizioni in materia di sicurezza pubblica»), nella parte in cui - con riguardo all'ipotesi di condanna per reati di cui agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 («Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza»), che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida - dispone che il prefetto «provvede» - invece che «puo' provvedere» - alla revoca della patente, cio' sulla base del rilievo della fondatezza della devoluta questione di costituzionalita' per violazione dei principi di eguaglianza, proporzionalita' e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. Cio' in quanto «la disposizione denunciata - sul presupposto di una indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida - ricollega, infatti, in via automatica, il medesimo effetto, la revoca di quel titolo, ad una varieta' di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneita', atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, puo' riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve, entita'. Reati che, per di piu' possono (come nella specie) essere assai risalenti nel tempo, rispetto alla data di definizione del giudizio. Il che dovrebbe escluderne l'attitudine a fondare, nei confronti del condannato, dopo un tale intervallo temporale, un giudizio, di assenza dei requisiti soggettivi per il mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, riferito, in via automatica, all'attualita'. Ulteriore profilo di irragionevolezza della disposizione in esame e', poi, ravvisabile nell'automatismo della «revoca» amministrativa rispetto alla discrezionalita' della parallela misura del «ritiro» della patente che, ai sensi dell'art. 85 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, il giudice che pronuncia la condanna per i reati in questione «puo' disporre», motivandola, «per un periodo non superiore a tre anni». E' pur vero che tali due misure - come gia' evidenziato - operano su piani diversi e rispondono a diverse finalita'. Ma la contraddizione non sta nel fatto che la condanna per reati in materia di stupefacenti possa rilevare come condizione soggettiva ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, agli effetti della sua revocabilita' da parte dell'autorita' amministrativa, anche quando il giudice penale (non ritenendo che detto titolo sia strumentale al reato commesso o che possa agevolare la commissione di nuovi reati, decida di non disporre (ovvero disponga per un piu' breve periodo) la sanzione accessoria del ritiro della patente. La contraddizione sta, invece, in cio' che - agli effetti dell'adozione delle misure di loro rispettiva competenza (che pur si ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in senso identicamente negativo sulla titolarita' della patente) - mentre il giudice penale ha la «facolta'» di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il prefetto ha invece il «dovere» di disporne la revoca». 15.1.2. Con la successiva sentenza n. 24 del 2020, lo stesso comma 2 dell'art. 120 del codice della strada e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale «nella parte in cui dispone che il prefetto "provvede" - invece che "puo' provvedere" - alla revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza personale». Anche in questo caso l'automatismo della revoca della patente, da parte del prefetto, e' stato, infatti, ritenuto contrario a principi di eguaglianza, proporzionalita' e ragionevolezza, attesa la varieta' (per contenuto, durata e prescrizioni) delle misure di sicurezza irrogabili, oltreche' contradditorio rispetto al potere riconosciuto al magistrato di sorveglianza, il quale, nel disporre la misura di sicurezza, «puo'» consentire al soggetto che vi e' sottoposto di continuare - in presenza di determinate condizioni - a fare uso della patente di guida. 15.1.3. Infine con la sentenza n. 99 del 2020 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 2, del codice della strada, come sostituito dall'art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 («Disposizioni in materia di sicurezza pubblica») e come modificato dall'art. 19, comma 2, lettere a) e b), della legge 29 luglio 2010, n. 120 («Disposizioni in materia di sicurezza stradale») e dall'art. 8, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59 (Attuazione delle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la patente di guida), nella parte in cui dispone che il prefetto «provvede» - invece che «puo' provvedere» - alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 («Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonche' nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136»), del pari per contrasto con l'art. 3 Cost, assorbita ogni altra questione. Ci sulla base del rilievo che opossono essere, infatti, sottoposti a misure di prevenzione soggetti condannati o indiziati per ipotesi delittuose di differenti gravita' - che vanno dai reati di elevato allarme sociale (come quelli di terrorismo e associativi di stampo mafioso) a reati di meno intenso pericolo sociale - ovvero anche «coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attivita' delittuose» (art. 1, lettera b, del decreto legislativo n. 159 del 2011). E tale diversita' delle fattispecie, che rilevano come indice di pericolosita' sociale, coerentemente si riflette, sul piano giudiziario, nella diversa durata (da uno a cinque anni) e nella differente modulabilita' della misura di prevenzione adottata dal Tribunale (articoli 6 e 8 del decreto legislativo n. 159 del 2011). Dal che, anche riguardo a tali misure, l'irragionevolezza del meccanismo, previsto dal censurato art. 120, comma 2, codice della strada, che ricollega in via automatica a tale varieta' e diversa gravita' di ipotesi di pericolosita' sociale, l'identico effetto di revoca prefettizia della patente di guida. Effetto, quest'ultimo, suscettibile, per di piu' di innescare un corto circuito all'interno dell'ordinamento, nel caso in cui l'utilizzo della patente sia funzionale alla «ricerca di un lavoro» che al destinatario della misura di prevenzione sia prescritta dal Tribunale ai sensi dell'art. 8, comma 3, del decreto legislativo n. 159 del 2011». 16. La sezione ritiene al riguardo che la previsione di cui all'art. 8, comma 3, della legge Regione Puglia n. 14/1995, nella parte in cui richiede ai fini dell'ammissione all'esame abilitativo l'assenza di carichi pendenti, contrasti con il canone di ragionevolezza e proporzionalita', sotteso all'art. 3 Cost., sotto vari punti di vista. 16.1. In primo luogo occorre evidenziare come sia irragionevole e non proporzionata allo scopo di assicurare la sicurezza dei trasporti pubblici non di linea - anche avendo riguardo all'affidabilita' morale dei soggetti esercenti - la previsione di un'automatica ostativita' all'ammissione all'esame di idoneita' dipendente dalla mera pendenza di un carico penale, a prescindere dalla gravita' dell'ipotesi di reato contestata, al suo eventuale riflesso sulla professione che si intende esercitare e in assenza di qualsivoglia motivata valutazione da parte della deputata commissione di tali aspetti. 16.2. Parimenti irragionevole appare il riferimento alla mera pendenza del carico penale, da connettersi, come innanzi precisato, anche al mero esercizio dell'azione penale da parte del P.M., ex art. 60 codice di procedura penale, in assenza di qualsivoglia vaglio da parte dell'organo giudicante, anche di tipo sommario - quale quello espresso in sede di rinvio a giudizio o in sede di adozione di una misura cautelare personale - ovvero in assenza di una sentenza di condanna anche di primo grado. 16.3. Non proporzionato deve inoltre ritenersi il requisito de quo - che prescinde peraltro dall'adozione di una sentenza di condanna - avendo riguardo agli altri requisiti pure richiesti dal disposto normativo in esame. 16.3.1. Ed invero mentre detta proporzionalita' e' da ravvisarsi, avuto riguardo alla professione che si intende esercitare a seguito del superamento dell'esame di idoneita', nella previsione «dell'assenza di condanne che comportino l'interdizione dai pubblici uffici» - venendo in rilievo comunque lo svolgimento di un pubblico servizio, cui risultano ostative dette condanne, ex art. 28, comma 2, n. 2, codice penale nonche', avendo riguardo all'inaffidabilita' (anche di tipo economico) gia' dimostrata, nella previsione «dell'assenza di provvedimenti di revoca o decadenza di precedenti licenze o autorizzazioni» nonche' in relazione alla previsione «dell'assenza di procedimenti fallimentari», ed infine, avuto riguardo alla gravita' della contestazione, nella previsione della «non appartenenza» - da intendersi di necessita' sottoposta ad un previo vaglio giudiziale o comunque ad un previo giudizio valutativo, a seguito di segnalazioni di polizia, da parte della competente commissione - «ad associazioni di tipo mafioso ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modifiche ed integrazioni», alcuna proporzionalita' e' da ravvisarsi, proprio nel confronto con le altre previsioni, nel requisito de quo e nel correlativo profilo ostativo di carattere automatico; ci avuto altresi' riguardo alla varieta' di fattispecie di reato che possono essere ricomprese nella previsione dei «carichi pendenti» e all'assenza di un previo giudizio valutativo circa la loro offensivita' e il loro riflesso sullo svolgimento della professione, e a prescindere sinanche dal riferimento alla pena massima in astratto irrogabile in riferimento alla fattispecie di reato contestata, che, anche in ipotesi di condanna, potrebbe eventualmente non comportare neanche l'interdizione temporanea dai pubblici uffici, ai sensi dell'art. 29 codice penale o di altre disposizione di legge. Appare pertanto irragionevole che in ipotesi di gia' intervenuto vaglio giudiziale, sia pure non definitivo, sia ritenuta ostativa la sola condanna che comporti l'interdizione dai pubblici uffici, mentre ancora prima della condanna, alcun rilievo assuma il riferimento alla tipologia di reato contestata e/o la relativa gravita', anche avendo riguardo alla pena massima in astratto irrogabile e alla possibilita' di applicare, in ipotesi di condanna, la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici. 16.4. La violazione del criterio di ragionevolezza/proporzionalita', avuto riguardo alle precedenti considerazioni, e' da ravvisarsi anche nel non ragionevole contemperamento degli interessi di rilievo costituzionale, se solo si consideri che la liberta' di iniziativa economica, cui si correla l'esercizio delle professioni, e' garantita dall'art. 41 Cost, purche' non sia in contrasto con l'utilita' sociale o si svolga in modo da non recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza, alla liberta', alla dignita' umana e con la possibilita' di essere assoggettata a programmi e controlli opportuni affinche' «l'attivita' economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali», apparendo irragionevole e non adeguatamente proporzionale alle predette esigenze che la mera pendenza di un carico penale, riferibile a qualsivoglia fattispecie di reato, possa ex se ostacolare l'ammissione all'esame abilitativo. 17. Alla stregua di tutte le considerazioni espresse, deve ritenersi pertanto violata la «clausola generale di ragionevolezza», quale criterio «omnipervasivo della misurazione della legalita' e della adeguatezza della scelta politica» ex art. 3 della Costituzione, avendo riguardo anche al contemperamento degli opposti interessi di rilievo costituzionale. 18. Cio' posto, in considerazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale della previsione dell'art. 8, comma 3, legge Regione Puglia n. 14/1995, nella parte in cui fa riferimento all'assenza di carichi pendenti, per contrasto con gli articoli 117, comma 3 e 3 della Costituzione, il presente giudizio va sospeso e gli atti processuali trasmessi alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quinta); Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, coma 3, della legge Regione Puglia n. 14/1995, con riferimento agli articoli 3 e 117, comma 3, della Costituzione, nella parte in cui fa riferimento all'assenza di carichi pendenti; Dispone pertanto la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Dispone che a cura della segreteria la presente ordinanza venga notificata alle parti in causa ed al Presidente della Giunta regionale della Puglia nonche' comunicata al Presidente del Consiglio regionale; Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'art. 10 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignita' della parte interessata, manda alla segreteria di procedere all'oscuramento delle generalita' nonche' di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte appellante, ivi compresa l'indicazione della sentenza di primo grado. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2022, con l'intervento dei magistrati: Francesco Caringella, Presidente; Giuseppina Luciana Barreca, consigliere; Anna Bottiglieri, consigliere; Giorgio Manca, consigliere; Diana Caminiti, consigliere-estensore; Il Presidente: Caringella L'estensore: Caminiti