N. 81 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 marzo 2023

Ordinanza del 27 marzo 2023 del Tribunale di Napoli nel  procedimento
civile promosso da DE.CAV. S.r.l. contro Regione Campania. 
 
Miniere, cave e torbiere - Tributi - Norme della Regione  Campania  -
  Previsto obbligo del versamento, per i titolari di autorizzazione e
  di concessione alla coltivazione di  giacimenti  per  attivita'  di
  cava, di un contributo annuo commisurato all'entita' del  materiale
  estratto e destinato al finanziamento dei lavori di completamento e
  avvio dell'attivita' dell'aeroporto di Pontecagnano (SA) nonche' di
  tutte le attivita' di gestione societaria -  Previsto  obbligo  del
  versamento,  per  i  titolari  di  autorizzazioni   e   concessioni
  estrattive, di un ulteriore contributo ambientale annuo commisurato
  al tipo e alla quantita' dei materiali estratti,  con  destinazione
  del cinquanta per cento del contributo ad alimentare il  Fondo  per
  la  eco-sostenibilita'  e  del  restante  cinquanta  per  cento  al
  finanziamento di azioni amministrative di settore. 
- Legge della Regione Campania 11 agosto 2005,  n.  15  (Disposizioni
  per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della  Regione
  Campania - Legge finanziaria regionale 2005), art. 17; legge  della
  Regione Campania  30  gennaio  2008,  n.  1  (Disposizioni  per  la
  formazione  del  bilancio  annuale  e  pluriennale  della   Regione
  Campania - Legge finanziaria 2008), art. 19. 
(GU n.25 del 21-6-2023 )
 
                         TRIBUNALE DI NAPOLI 
                          X Sezione civile 
 
    Il  Tribunale,  in  composizione  monocratica,  in  persona   del
giudice, dott. Ulisse Forziati, ha pronunciato la seguente  ordinanza
nella causa civile iscritta al numero di ruolo n. 18308/2021 di r.g.,
promossa con atto di citazione in riassunzione notificato in data  12
luglio 2021, da DE.CAV. S.r.l., partita IVA 01032210658,  in  persona
del legale rappresentante pro tempore, sig.ra  Anna  Maria  De  Rosa,
elettivamente domiciliata in Napoli, via Posillipo n. 349, presso  lo
studio  dell'avv.  Giancarlo  Sorrentino,  rappresentata   e   difesa
dall'avv. Demetrio Fenucciu in virtu' di procura in calce all'atto di
citazione - attrice, contro Regione Campania - convenuta - contumace. 
 
                               Osserva 
 
    § 1. Con ricorso proposto  dinanzi  alla  Commissione  tributaria
provinciale di Napoli,  la  DE.CAV.  S.r.l.  (di  seguito  Decav)  ha
impugnato il decreto dirigenziale n. 22/825 del 20 gennaio 2017,  con
cui  la  Regione  Campania  l'aveva   autorizzata,   parzialmente   e
provvisoriamente, in via di  autotutela,  a  svolgere  una  serie  di
lavori di messa in sicurezza della cava sita in localita' «Fiumillo»,
nel Comune  di  Battipaglia,  e  a  commercializzare  una  parte  dei
materiali movimentati. 
    In particolare, l'attrice ha censurato il decreto nella parte  in
cui:  a)  sancisce  che  l'autorizzazione,  a  pena  di  revoca   del
provvedimento, comporta l'impegno da parte della ditta  a  provvedere
entro il 31 dicembre di  ogni  anno,  al  versamento  del  contributo
ambientale ex art. 19 della legge regionale n. 1 del 30 gennaio  2008
e del contributo previsto dall'art. 17 della legge  regionale  n.  15
dell'11 agosto 2005, relativamente ai volumi  effettivamente  scavati
nel  periodo;  b)  dispone  che  Decav,  sempre  a  pena  di   revoca
dell'autorizzazione, ottemperi,  prima  dell'inizio  dei  lavori,  al
pagamento delle somme dovute per le medesime  causali  in  forza  del
decreto n. 240/616 del 19 luglio 2011, somme pari, per gli  anni  dal
2007 al 2011, a euro 17.069,78 (contributo ai sensi della legge n. 15
del 2005) e a euro 97.626,93 (contributo ai sensi della  legge  n.  1
del 2008). 
    Con sentenza n. 5766/2021 del  18  maggio  2021,  la  Commissione
tributaria provinciale ha dichiarato il difetto di giurisdizione  del
giudice tributario in favore del giudice ordinario. 
    La Decav  ha  quindi  riassunto  il  giudizio  dinanzi  a  questo
Tribunale,  ritenendo  di  non  dovere  nulla  alla  Regione  per   i
contributi previsti dalle leggi regionali in precedenza indicate.  In
particolare, l'attrice ha dedotto che: -  i  contributi  relativi  al
periodo 2007-2011 non erano dovuti,  in  quanto  nel  suddetto  lasso
temporale non aveva svolto attivita' estrattiva,  essendosi  limitata
ad eseguire un intervento di messa in sicurezza dell'area autorizzato
dalla Regione, la quale aveva imposto il  trattamento  del  materiale
prodotto    come     rifiuto,     vietandone     espressamente     la
commercializzazione; - le pretese relative ai suddetti anni erano  in
ogni caso  prescritte,  in  quanto  il  provvedimento  le  era  stato
comunicato soltanto in data 4 ottobre 2016; - l'art. 17  della  legge
n. 15/2005 aveva cessato di avere efficacia in data 31 dicembre 2008,
in quanto  inserito  nella  legge  finanziaria  regionale,  che,  per
espresso disposto dell'art. 1, aveva efficacia  triennale;  -  non  a
caso l'aeroporto di Pontecagnano era stato avviato alla scadenza  del
triennio, ossia nel 2008; - la Regione non aveva dato prova  di  aver
costituito un Fondo per la ecosostenibilita', ne' di  aver  destinato
somme di  denaro  al  completamento  e  all'avvio  dell'aeroporto  di
Pontecagnano; - le leggi che avevano imposto i contributi in  oggetto
erano costituzionalmente illegittime per violazione  degli  artt.  3,
117, comma 1, 41, 117, comma 1 e comma 2, lettera e) ed s), ed  erano
in contrasto con il diritto comunitario (artt. 26,  28-37  e  56  del
Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea).  Cio'  dedotto,  ha
chiesto  l'accoglimento  delle  seguenti  conclusioni:   «Voglia   il
Tribunale adito, accertata l'illegittimita' del decreto  dirigenziale
n.  22/825/2017  del  20  gennaio  2017,   per   l'effetto,   previa,
all'occorrenza,  rimessione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale
secondo quanto innanzi argomentato: - dichiarare che nulla e'  dovuto
a titolo di contributi estrattivi da parte di Decav; - in  ogni  caso
ridurre nei limiti dell'equo e del giusto l'avversa pretesa». 
    La Regione e' rimasta contumace. 
    § 2. Il Tribunale ritiene di sollevare questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 17  della  legge  regionale  n.  15  dell'11
agosto 2005 e dell'art. 19 della legge regionale n. 1 del 30  gennaio
2008 per violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
    Le   suddette   questioni   sono   rilevanti   e   non   appaiono
manifestamente infondate per le ragioni di seguito esposte. 
    § 3. L'attivita' estrattiva in Regione Campania e'  sottoposta  a
tre prelievi economici, uno a favore del Comune ove ha sede la  cava,
gli altri due da corrispondere alla Regione. 
    In particolare, l'art. 18 della legge regionale della Campania n.
54 del  31  dicembre  1985,  stabilisce  quanto  segue:  «1.  Fra  il
richiedente l'autorizzazione o la concessione e il Comune o i  Comuni
interessati, viene stipulata una convenzione, secondo lo schema  tipo
approvato dalla Giunta regionale, nel quale  sara'  previsto  che  il
titolare dell'autorizzazione o della concessione e' tenuto a versare,
in unica soluzione entro il 31 dicembre di ogni anno, al Comune o  ai
Comuni interessati, un contributo  sulla  spesa  necessaria  per  gli
interventi pubblici  ulteriori,  rispetto  alla  mera  ricomposizione
dell'area.  2.  Il  suddetto  contributo   verra'   determinato   dal
Presidente della Giunta regionale o  suo  delegato  in  relazione  al
tipo, qualita' o quantita' del materiale  estratto  nell'anno  ed  in
conformita' alle tariffe stabilite  dalla  Giunta  regionale.  3.  Le
somme introitate dai Comuni, ai sensi del precedente comma 2, debbono
essere  prioritariamente  utilizzate  dai  Comuni  medesimi  per   la
realizzazione di interventi e di opere connesse  alla  ricomposizione
ambientale o alla riutilizzazione delle aree interessate da attivita'
di cava. 4. Il mancato pagamento comporta, comunque, la revoca  della
concessione o dell'autorizzazione». 
    Viene poi in rilievo  l'art.  17  della  legge  regionale  n.  15
dell'11  agosto  2005,  a  mente  del  quale  «1.  Il   titolare   di
autorizzazione e di concessione alla coltivazione di  giacimenti  per
attivita' di cava di cui alla legge regionale n. 54/85, e  successive
modificazioni, e' tenuto a versare alla Regione Campania, in un'unica
soluzione, entro il 31 dicembre di ogni anno, un contributo annuo  di
euro 1,00 per ogni 10 metri cubi di materiale estratto con decorrenza
dalla data di entrata in vigore della presente legge. 2. Le somme  di
cui al comma 1 quantificabili per l'anno 2005 in euro 800.000,00 sono
iscritte nel Bilancio regionale a decorrere  dal  corrente  esercizio
finanziario alla unita' previsionale di base 9.31.71 della entrata ed
alla  unita'  previsionale  di  base  1.55.97  della  spesa  per   il
finanziamento nella misura dell'importo effettivamente  riscosso  dei
lavori di completamento ed  avvio  dell'attivita'  dell'aeroporto  di
Pontecagnano-Sa». 
    L'art. 5, comma 7, della legge regionale 18 gennaio 2016, n.  17,
ha  aggiunto   al   comma   2,   dell'art.   17,   dopo   le   parole
«Pontecagnano-Sa»,  le  seguenti  parole:  «nonche'  per   tutte   le
attivita' di gestione societaria». 
    La norma in esame e' stata modificata anche dall'art.  15,  comma
1, lettere a) e b), della legge regionale 20 gennaio 2017, n. 3, che:
- ha soppresso, al primo comma, le parole «in un'unica soluzione»  e,
sempre al  primo  comma,  ha  sostituito  la  parola  «dicembre»  con
«marzo»; - ha introdotto  il  comma  1-bis,  a  mente  del  quale  «I
contributi dovuti ai sensi del comma 1 e  dell'art.  19  della  legge
regionale 30 gennaio 2008, n. 1 (Disposizioni per la  formazione  del
bilancio  annuale  e  pluriennale  della  Regione  Campania  -  Legge
finanziaria 2008) possono essere versati in quattro rate  trimestrali
di pari importo, di cui la prima deve  essere  versata  entro  il  31
marzo  dell'anno  successivo  all'anno  di  riferimento  del   volume
estratto». 
    Infine, l'art. 19 della legge regionale n. 1 del 30 gennaio  2008
ha  stabilito  che  «i  titolari  di  autorizzazioni  e   concessioni
estrattive sono tenuti annualmente, in aggiunta ai contributi di  cui
all'art. 18  della  legge  regionale  13  dicembre  1985,  n.  54,  e
dell'art. 17  della  legge  regionale  11  agosto  2005,  n.  15,  al
pagamento alla Regione Campania di  un  contributo  ambientale  cosi'
determinato: a) euro 1,50/mc per le pietre  ad  uso  ornamentale;  b)
euro 0,90/mc per sabbie e ghiaie;  c)  euro  0,75/mc  per  gli  altri
materiali. 2. Il contributo indicato al comma 1 e' corrisposto, entro
il 31 marzo di ogni anno, sulla scorta dei volumi estratti nel  corso
dell'anno solare precedente  in  forza  del  titolo  legittimante  la
coltivazione rilasciato in  conformita'  del  piano  regionale  delle
attivita' estrattive. L'entita' del contributo e' aggiornata ogni due
anni in relazione alle variazioni  biennali  intervenute  nell'indice
ISTAT del costo della vita. 3. L'importo dei  contributi  di  cui  al
comma 1, quantificato in euro 1 milione 500  mila,  e'  iscritto  nel
Bilancio regionale a decorrere  dal  corrente  esercizio  finanziario
alla UPB 11.81.80 della entrata ed e' destinato per il 50  per  cento
ad alimentare il Fondo per la ecosostenibilita' di cui  all'art.  15,
per il restante 50 per cento al finanziamento  delle  spese  iscritte
alla UPB 2.68.156 concernenti i lavori  di  recupero  ambientale,  la
redazione del progetto unitario  di  gestione  del  comparto,  se  lo
stesso non e' redatto dai titolari  di  attivita'  estrattiva,  e  al
finanziamento delle attivita' di controllo dell'organo  di  vigilanza
in materia di cave». 
    La stessa legge, art. 15, delinea poi i contenuti  del  Fondo  di
ecosostenibilita', specificando  che  lo  stesso  e'  finalizzato  al
sostegno delle azioni  regionali  tese  a  promuovere  la  diffusione
dell'impiego, nei processi produttivi  e  commerciali,  di  materiali
ecocompatibili,  biodegradabili  e  riciclabili  e  a   favorire   la
rimozione e lo smaltimento dei rifiuti di natura diversa. 
    § 2.1. Secondo quanto  statuito  dalla  Corte  di  cassazione,  i
prelievi di cui si discute non hanno natura di  tributi,  atteso  che
non sono collegati alla redditivita' dell'attivita' di gestione delle
cave, ma trovano la loro  ratio  «nell'esigenza  di  indennizzare  la
collettivita' per il disagio comunque correlato allo sfruttamento del
suolo, essendo certa l'incidenza negativa  dell'attivita'  estrattiva
sul paesaggio e sull'ambiente inerenti alle zone limitrofe  a  quelle
di  collocazione  della  cava,  cio'   collegandosi   altresi'   alla
circostanza che il costo di un siffatto disagio finisce per  gravare,
coerentemente, su chi lo produce, in  linea  con  le  indicazioni  di
principio  derivanti,  in  materia  ambientale,  dall'art.  191   del
Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea,  come  modificato
dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del  13  dicembre»  (cfr.  Cass.,
sez. un., 21 gennaio 2020, n. 1182). 
    Siamo  dunque  in  presenza  di   contribuzioni   finalizzate   a
compensare i danni, legittimamente prodotti, al bene  ambiente  dallo
sfruttamento della cava,  fornendo  all'autorita'  amministrativa  la
provvista  necessaria  a  ripristinare  le  condizioni  ambientali  e
territoriali pregiudicate dall'attivita' di estrazione  (cfr.  Cass.,
sez. un., 21 gennaio 2020, n. 1182; Cass. 9 giugno  2021,  n.  16025;
Cass. 23 gennaio 2023, n. 1915, tutte relative ai contributi  di  cui
si discute). 
    Come osservato dalla Corte costituzionale nella  sentenza  n.  52
dell'8 marzo 2018, la natura indennitaria dei contributi  in  oggetto
e' confermata dall'art. 19 della legge regionale n. 1 del 30  gennaio
2008, che specifica che il contributo ambientale da  esso  introdotto
si aggiunge ai contributi gia'  previsti  dall'art.  18  della  legge
regionale  n.  54  del  1985,  sulla  cui  natura  indennitaria   non
sussistono dubbi, e a quelli previsti dalla legge n. 15 del 2005. 
    Inoltre, il richiamo effettuato dall'art. 19 cit.  ai  contributi
previsti dall'art. 17 della legge n. 15 del 2005  esclude  in  radice
ogni dubbio circa la loro  debenza  anche  per  gli  anni  successivi
all'entrata in vigore della legge regionale n. 1 del 2008 (cfr. Cass.
23 gennaio 2023, n. 1915). Del resto, come in precedenza evidenziato,
l'art. 17 e' stato modificato nel  2016  e  nel  2017,  ad  ulteriore
conferma della sua vigenza anche oltre il triennio 2005-2008. 
    Non sembra dunque  condivisibile  l'argomento  di  parte  attrice
secondo cui il contributo ex art. 17 sarebbe dovuto soltanto sino  al
2008. 
    § 3. Le altre argomentazioni della  Decav,  secondo  cui  non  vi
sarebbe stata attivita' estrattiva nel periodo  2007-2011  e  secondo
cui le pretese  della  Regione  rispetto  a  tale  periodo  sarebbero
prescritte non escludono la rilevanza della questione di legittimita'
costituzionale che si intende sollevare, in quanto,  laddove  fossero
fondate, riguarderebbero  soltanto  il  suddetto  periodo  di  tempo,
mentre  la  domanda  dell'attrice  mira  ad  escludere  l'obbligo  di
pagamento dei contributi di cui  si  discute  anche  per  il  periodo
successivo. 
    Resta quindi necessario stabilire se le  leggi  che  impongono  i
suddetti contributi siano o meno costituzionalmente legittime. 
    § 3.1. In ogni caso gli argomenti relativi al  periodo  2007-2011
non sembrano condivisibili. 
    Lo sfruttamento del  giacimento  anche  nel  lasso  di  tempo  in
precedenza indicato risulta confermato, in primo luogo,  dal  decreto
regionale n. 31 del 21 marzo 2007, che ha  autorizzato  espressamente
l'attivita'   estrattiva,   senza   prevedere   alcun   divieto    di
commercializzazione  dei  materiali  estratti  e  precisando  che  il
recupero ambientale e i lavori di messa in sicurezza riguardavano  la
sola zona «B» dell'area di cava (cfr. doc. 2 attrice). 
    In secondo luogo, i documenti prodotti al n. 12 del fascicolo  di
parte  attrice  attestano  l'esecuzione   di   attivita'   estrattiva
finalizzata alla commercializzazione del materiale  estratto  con  la
sola eccezione degli anni 2012 e 2013, che pero' non sono interessati
dalla richiesta di pagamento degli arretrati avanzata  dalla  Regione
con il decreto n. 22/825.  Soltanto  rispetto  agli  anni  da  ultimo
menzionati il materiale estratto non fu commercializzato, perche'  in
parte stoccato in loco per procedere alla ricomposizione ambientale e
in parte destinato a rifiuto, mentre rispetto agli anni 2007-2011, il
materiale fu  in  parte  stoccato  temporaneamente  in  loco  per  la
ricomposizione  ambientale,  mentre  per   la   restante   parte   fu
commercializzato. 
    §  3.2.  Altrettanto  non  condivisibile  e'  la  tesi  circa  la
prescrizione quinquennale degli importi reclamati dalla Regione. 
    Occorre premettere che  «la  prescrizione  quinquennale  prevista
dall'art. 2948, n. 4 del codice  civile,  per  tutto  cio'  che  deve
pagarsi periodicamente  ad  un  anno  o  in  termini  piu'  brevi  si
riferisce alle obbligazioni periodiche o  di  durata,  caratterizzate
dalla pluralita' e dalla periodicita' delle  prestazioni,  aventi  un
titolo unico ma ripetute  nel  tempo,  ma  non  e'  applicabile  alle
obbligazioni nelle quali la periodicita' si riferisce  esclusivamente
alla presentazione di rendiconti e non anche al pagamento dei  debiti
accertati e liquidati nei rendiconti medesimi, ne'  alle  prestazioni
derivanti da un unico debito rateizzato in piu' versamenti periodici,
per le quali opera la ordinaria prescrizione decennale» (cfr. Cass. 6
dicembre 2006, n. 26161). 
    Inoltre, e' stato precisato che le obbligazioni periodiche  o  di
durata  sono  «caratterizzate  dal  fatto  che  la   prestazione   e'
suscettibile di adempimento solo col decorso del tempo, di guisa  che
soltanto con il protrarsi dell'adempimento nel tempo si  realizza  la
causa del rapporto obbligatorio e puo' essere soddisfatto l'interesse
del creditore per il tramite della  ricezione  di  piu'  prestazioni,
aventi un titolo unico, ma ripetute nel  tempo  ed  autonome  le  une
dalle altre» (cfr. Cass. 3 settembre 1993, n. 9295). 
    Nel caso in esame i contributi  si  riferiscono  alla  produzione
annuale della cava, ma manca il  requisito  della  periodicita',  nel
senso che l'interesse del creditore non e' collegato al protrarsi nel
tempo dell'adempimento. In altre parole, siamo in presenza di pretese
autonome che riguardano il singolo anno di coltivazione della cava  e
che possono non sorgere, laddove  la  coltivazione  sia  mancata.  Ad
avviso del Tribunale ai contributi in esame possono essere  applicati
gli stessi principi  relativi  a  tributi  quali  IRPEF,  IVA,  IRAP,
rispetto ai quali si sostiene  che  «l'obbligazione  tributaria,  pur
consistendo in  una  prestazione  a  cadenza  annuale,  ha  carattere
autonomo ed unitario ed il pagamento non e' mai legato ai  precedenti
bensi' risente di  nuove  ed  autonome  valutazione  in  ordine  alla
sussistenza dei presupposti impositivi» (da ultimo, Cass.  26  giugno
2020, n. 12740). 
    Pertanto, trattandosi  di  prestazioni  autonome  ed  istantanee,
prive della caratteristica della necessaria protrazione nel tempo, la
prescrizione applicabile e' quella decennale, che e' stata interrotta
in data 4 ottobre  2016,  come  ammesso  da  parte  attrice  a  p.  7
dell'atto di citazione in riassunzione. 
    § 3.4. Infine, il pagamento del contributo ex art. 17 della legge
n.  17/2005  non  e'  in   alcun   modo   subordinato   all'effettiva
destinazione dei fondi all'aeroporto di Pontecagnano. Nessun elemento
testuale   presente   nella   norma   consente   di   inferire   tale
subordinazione, sicche' e' del tutto irrilevante che la  Regione  non
abbia provato di aver destinato il gettito del contributo all'avvio e
alla gestione dell'aeroporto di Pontecagnano. 
    Identico discorso deve essere fatto con riferimento al contributo
previsto dalla legge n. 1/2008; esso deve essere pagato a prescindere
dall'effettiva istituzione del Fondo per la ecosostenibilita'. 
    Peraltro, entrambe le norme indicano gli  specifici  capitoli  di
bilancio su cui dovranno confluire le somme versate dalle imprese del
settore. 
    §  4.  Chiarito  quindi  che   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale sono rilevanti ai fini della decisione, in quanto  non
vi sono ragioni per non applicare all'attrice l'art. 17  della  legge
regionale n. 15 del 2005 e l'art. 19 della legge regionale n.  1  del
2008,  occorre  ora  affrontare   il   tema   della   non   manifesta
infondatezza. 
    A tal fine e' d'obbligo richiamare la  ratio  dei  contributi  in
esame, che secondo il diritto  vivente  (vedi  la  giurisprudenza  di
legittimita' richiamata al paragrafo n. 2 della  presente  ordinanza,
nonche' Corte costituzionale n. 52/2018) e' quella di  compensare  la
collettivita'  dei  pregiudizi   causati   all'ambiente   circostante
dall'attivita'  di  estrazione,  dotando  la  P.A.  della   provvista
necessaria a porre in essere gli interventi volti a mitigare i  danni
ambientali connessi allo sfruttamento dei  giacimenti  estrattivi  da
parte delle imprese concessionarie o autorizzate. 
    Orbene, la suddetta ratio risulta soddisfatta dall'art. 18  della
legge regionale della Campania  n.  54  del  31  dicembre  1985,  che
destina il contributo da essa  previsto,  in  via  prioritaria,  alla
«realizzazione di interventi e di opere connesse alla  ricomposizione
ambientale o alla riutilizzazione delle aree interessate da attivita'
di cava». 
    Il contributo imposto dall'art. 17 della legge  regionale  n.  15
del 2005 e' invece del tutto avulso dalla logica indennitaria che  lo
dovrebbe sorreggere, in quanto non e' destinato ne' a  finanziare  le
azioni amministrative tese a  ridurre  il  danno  ambientale  causato
dalla coltivazione della cava, ne' a supportare azioni comunque volte
al  miglioramento  dell'ambiente  e  del  paesaggio   nei   territori
limitrofi a quelli ove e' presente il giacimento estrattivo. 
    Il gettito ricavato dal contributo in esame e' infatti  vincolato
alla  realizzazione,  all'avvio   e   alla   gestione   di   un'opera
infrastrutturale, quale l'aeroporto di Pontecagnano (SA), che non  ha
alcun rapporto con l'attivita'  estrattiva,  ne'  puo'  svolgere  una
funzione di compensazione del danno ambientale da essa causato, posto
che, oltre ad essere collocato in altro Comune rispetto a quello  ove
e' presente la cava gestita dall'attrice, e' a  sua  volta  fonte  di
inquinamento ambientale (quanto meno acustico)  e  di  pregiudizi  di
tipo paesaggistico all'area circostante. 
    Rispetto alla norma in esame si registra quindi  uno  scollamento
tra lo scopo in tesi perseguito (compensazione dei pregiudizi causati
all'ambiente e al paesaggio delle zone limitrofe a quella in  cui  si
svolge  l'attivita'  di  cava)   e   quello   in   concreto   attuato
(realizzazione e gestione di un'infrastruttura aereoportuale). 
    Difetta pertanto  quella  funzione  indennitaria  che  giustifica
l'applicazione di un siffatto contributo, con la conseguenza  che  la
norma viola l'art. 3 sia perche' irragionevole ed esuberante rispetto
alla finalita' perseguita, sia perche' discriminatoria rispetto  alle
imprese che svolgono attivita' estrattiva,  le  quali,  a  differenza
delle imprese  dedite  ad  altre  attivita',  devono  contribuire  al
finanziamento dell'aeroporto di Pontecagnano, in assenza  di  ragioni
idonee a imporre tale trattamento differenziato. 
    La finalita' di compensazione del pregiudizio ambientale  causato
dall'attivita'  estrattiva  manca   pure   rispetto   al   contributo
ambientale introdotto dall'art. 19 della legge regionale n. 1 del  30
gennaio 2008. 
    Le somme ricavate a tale titolo sono destinate  «per  il  50  per
cento ad alimentare il Fondo per la ecosostenibilita' di cui all'art.
15, per il  restante  50  per  cento  al  finanziamento  delle  spese
iscritte  alla  UPB  2.68.156  concernenti  i  lavori   di   recupero
ambientale, la  redazione  del  progetto  unitario  di  gestione  del
comparto, se lo stesso non  e'  redatto  dai  titolari  di  attivita'
estrattiva,  e  al  finanziamento  delle   attivita'   di   controllo
dell'organo di vigilanza in materia di cave». 
    In base a quanto previsto dall'art. 15 della legge regionale n. 1
del 2008, il  Fondo  per  la  ecosostenibilita'  e'  «finalizzato  al
sostegno delle azioni  regionali  tese  a  promuovere  la  diffusione
dell'impiego nei  processi  produttivi  e  commerciali  di  materiali
ecocompatibili,  biodegradabili  e  riciclabili  e  a   favorire   la
rimozione e lo smaltimento dei rifiuti di natura diversa». 
    Orbene, si tratta sicuramente di azioni amministrative che  hanno
una valenza ambientale, ma non mirano in alcun modo a  compensare  il
danno causato dall'attivita' di coltivazione delle cave,  riguardando
settori economici del tutto diversi. 
    In  effetti,  come  osservato  dalla  difesa   dell'attrice,   il
contributo dovrebbe essere posto a carico  di  chi  si  occupa  della
produzione di imballaggi e di chi produce  rifiuti  e  non  a  carico
delle imprese che gestiscono le cave. Far contribuire quest'ultime ad
un fondo teso a mitigare danni ambientali relativi ad  altri  settori
produttivi appare sicuramente  irragionevole,  oltre  che  del  tutto
slegato dalla funzione indennitaria che dovrebbe essere alla base del
contributo di cui di discute. 
    Come efficacemente affermato da parte attrice,  «e'  come  se  si
imponesse ai produttori di pneumatici  o  frigoriferi  un  contributo
finalizzato (non a consentire il  miglior  smaltimento  dei  relativi
prodotti e a progettarne di meno impattanti, ma) a mitigare l'impatto
della cave attive su un determinato territorio. Si tratterebbe di una
norma assolutamente irragionevole cui non  potrebbe  riconoscersi  la
funzione di indennizzare le comunita' su cui impattano la  produzione
e l'uso di frigoriferi e pneumatici dai  relativi  oneri  ambientali.
Allo stesso modo e' irragionevole e sproporzionata la norma in  esame
allorquando fa gravare sull'attivita' di cava un  contributo  teso  a
mitigare l'impatto di attivita' di impresa diverse  ed  ulteriori  le
quali,  invece,  sarebbero  le  naturali  destinatarie  di  una  tale
imposizione  secondo  un  ordinario  criterio  di  ragionevolezza   e
proporzionalita', clamorosamente violato». 
    Quanto al restante 50 per cento del gettito del contributo,  esso
e' finalizzato a sovvenzionare «i lavori di recupero  ambientale,  la
redazione del progetto unitario  di  gestione  del  comparto,  se  lo
stesso non e' redatto dai titolari  di  attivita'  estrattiva,  e  al
finanziamento delle attivita' di controllo dell'organo  di  vigilanza
in materia di cave». 
    Stavolta  si  tratta  di  attivita'   collegate   alla   gestione
amministrativa del settore, ma, quanto alle prime  due  destinazioni,
esse sono gia' coperte, da un punto  di  vista  finanziario,  sicche'
chiedere  un'ulteriore  contribuzione  appare,  ancora   una   volta,
irragionevole. 
    Ed invero, l'art. 17 della legge regionale n. 54  del  1985  pone
l'attivita' di recupero ambientale a carico di chi sfrutta la cava; a
garanzia di tale obbligazione e' previsto l'obbligo  di  versare  una
cauzione o altra idonea garanzia. L'art. 6 della legge  regionale  n.
54 del  1984,  stabilisce,  infatti,  che  al  momento  del  rilascio
dell'autorizzazione, «viene inoltre disposto  il  versamento  di  una
cauzione o la prestazione di idonee garanzie a carico del richiedente
relativamente agli interventi atti  a  garantire  il  recupero  o  la
ricomposizione del paesaggio naturale alterato» (comma  2).  Inoltre,
«nel caso  di  inadempienza  del  soggetto  autorizzato,  la  Regione
impiega il suddetto deposito per la ricomposizione  ambientale  o  il
recupero, entro novanta  giorni  dalla  notificazione  della  diffida
inviata al soggetto titolare,  fermo  il  diritto  a  richiedere  gli
eventuali ulteriori danni» (comma 4). 
    Quanto al progetto unitario del comparto,  l'art.  23,  comma  7,
delle norme tecniche del Piano regionale delle  attivita'  estrattive
stabilisce che laddove sia necessario compilarlo d'ufficio, «il costo
sostenuto per la  sua  redazione  e'  posto  a  totale  carico  degli
esercenti l'attivita' estrattiva in proporzione ai volumi complessivi
dei materiali coltivabili con le singole autorizzazioni e concessioni
estrattive ed il relativo pagamento avviene al momento  del  rilascio
dei titoli legittimanti l'attivita' estrattiva». 
    Dunque, l'art. 19 della legge regionale n.  1  del  2008,  da  un
lato, destina il 50 per cento del contributo ad azioni amministrative
in campo ambientale, che nulla hanno a che vedere con l'attivita'  di
sfruttamento della cave, dall'altro, vincola il restante 50 per cento
ad azioni amministrative del settore, che sono pero' gia'  finanziate
in base ad altre disposizioni normative, che pongono i relativi costi
comunque  a  carico  delle  imprese  estrattive.   Deriva   da   cio'
l'irragionevolezza del contributo ambientale di cui si discute,  che,
in violazione dell'art. 3 della Costituzione, e' privo della funzione
indennitaria, che lo dovrebbe caratterizzare, oltre a tradursi in  un
ulteriore inutile costo a carico delle aziende del settore, che  gia'
contribuiscono  alla  compensazione  del  danno  ambientale  da  esse
prodotto attraverso il versamento dei contributi previsti dalla legge
regionale n. 54 del 1985. 
    E'  vero  che  una  parte  del  contributo   e'   destinato   «al
finanziamento delle attivita' di controllo dell'organo  di  vigilanza
in materia di cave», ma tale specifica finalita'  non  puo'  da  sola
sopperire  alla  sostanziale  mancanza  di  natura  indennitaria  del
prelievo. 
    A quanto precede va aggiunto, per ragioni  di  completezza  e  in
replica  agli  altri  rilievi  sollevati  da  parte  attrice,  che  i
contributi  in  esame  non   sembrano   violare   il   Trattato   sul
funzionamento dell'Unione europea, ne' la competenza esclusiva  dello
Stato  in  materia  di  concorrenza,  in  quanto  essi  si  applicano
indistintamente  a  tutte  le  imprese   che   svolgono   l'attivita'
estrattiva in Regione Campania e non pongono limiti alla circolazione
delle merci e  alla  liberta'  di  stabilimento,  mentre  il  maggior
aggravio economico che si registra rispetto a quanto avviene in altre
regioni, e' conseguenza fisiologica dell'attribuzione  della  materia
de qua alla competenza legislativa regionale (cfr. Cass.  23  gennaio
2023, n. 1915). 
    In conclusione,  in  base  a  quanto  sino  ad  ora  esposto,  il
Tribunale solleva questione di legittimita' costituzionale  dell'art.
17 della legge della Regione Campania n. 15  dell'11  agosto  2005  e
dell'art. 19 della legge della Regione Campania n. 1 del  30  gennaio
2008 per violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
    Soltanto la caducazione delle suddette disposizioni e'  in  grado
di riportare alla razionalita'  il  settore,  ponendo  un  limite  al
potere del legislatore regionale  di  imporre  «balzelli»  privi,  in
concreto, della funzione indennitaria, che li giustificherebbe in via
astratta. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli artt. 134 e  137  della  Costituzione,  1  della  legge
costituzionale n. 1 del 1948  e  23  della  legge  n.  87  del  1953,
dichiara rilevanti e non manifestamente  infondate  le  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 17 della  legge  della  Regione
Campania n. 15 dell'11 agosto 2005 e dell'art. 19 della  legge  della
Regione Campania n. 1 del 30 gennaio 2008 per contrasto con l'art.  3
della Costituzione. 
    Ordina che il presente provvedimento, a cura  della  cancelleria,
sia notificato alle parti in  causa  e  al  Presidente  della  Giunta
regionale  della  Campania,  nonche'  comunicato  al  Presidente  del
Consiglio regionale della Campania e, all'esito, sia  trasmesso  alla
Corte costituzionale insieme al fascicolo processuale e con la  prova
delle avvenute regolari predette notificazioni e comunicazioni. 
    Sospende il presente giudizio. 
        Napoli, 27 marzo 2023 
 
                        Il Giudice: Forziati