N. 81 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 marzo 2023
Ordinanza del 27 marzo 2023 del Tribunale di Napoli nel procedimento civile promosso da DE.CAV. S.r.l. contro Regione Campania. Miniere, cave e torbiere - Tributi - Norme della Regione Campania - Previsto obbligo del versamento, per i titolari di autorizzazione e di concessione alla coltivazione di giacimenti per attivita' di cava, di un contributo annuo commisurato all'entita' del materiale estratto e destinato al finanziamento dei lavori di completamento e avvio dell'attivita' dell'aeroporto di Pontecagnano (SA) nonche' di tutte le attivita' di gestione societaria - Previsto obbligo del versamento, per i titolari di autorizzazioni e concessioni estrattive, di un ulteriore contributo ambientale annuo commisurato al tipo e alla quantita' dei materiali estratti, con destinazione del cinquanta per cento del contributo ad alimentare il Fondo per la eco-sostenibilita' e del restante cinquanta per cento al finanziamento di azioni amministrative di settore. - Legge della Regione Campania 11 agosto 2005, n. 15 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania - Legge finanziaria regionale 2005), art. 17; legge della Regione Campania 30 gennaio 2008, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania - Legge finanziaria 2008), art. 19.(GU n.25 del 21-6-2023 )
TRIBUNALE DI NAPOLI X Sezione civile Il Tribunale, in composizione monocratica, in persona del giudice, dott. Ulisse Forziati, ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al numero di ruolo n. 18308/2021 di r.g., promossa con atto di citazione in riassunzione notificato in data 12 luglio 2021, da DE.CAV. S.r.l., partita IVA 01032210658, in persona del legale rappresentante pro tempore, sig.ra Anna Maria De Rosa, elettivamente domiciliata in Napoli, via Posillipo n. 349, presso lo studio dell'avv. Giancarlo Sorrentino, rappresentata e difesa dall'avv. Demetrio Fenucciu in virtu' di procura in calce all'atto di citazione - attrice, contro Regione Campania - convenuta - contumace. Osserva § 1. Con ricorso proposto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli, la DE.CAV. S.r.l. (di seguito Decav) ha impugnato il decreto dirigenziale n. 22/825 del 20 gennaio 2017, con cui la Regione Campania l'aveva autorizzata, parzialmente e provvisoriamente, in via di autotutela, a svolgere una serie di lavori di messa in sicurezza della cava sita in localita' «Fiumillo», nel Comune di Battipaglia, e a commercializzare una parte dei materiali movimentati. In particolare, l'attrice ha censurato il decreto nella parte in cui: a) sancisce che l'autorizzazione, a pena di revoca del provvedimento, comporta l'impegno da parte della ditta a provvedere entro il 31 dicembre di ogni anno, al versamento del contributo ambientale ex art. 19 della legge regionale n. 1 del 30 gennaio 2008 e del contributo previsto dall'art. 17 della legge regionale n. 15 dell'11 agosto 2005, relativamente ai volumi effettivamente scavati nel periodo; b) dispone che Decav, sempre a pena di revoca dell'autorizzazione, ottemperi, prima dell'inizio dei lavori, al pagamento delle somme dovute per le medesime causali in forza del decreto n. 240/616 del 19 luglio 2011, somme pari, per gli anni dal 2007 al 2011, a euro 17.069,78 (contributo ai sensi della legge n. 15 del 2005) e a euro 97.626,93 (contributo ai sensi della legge n. 1 del 2008). Con sentenza n. 5766/2021 del 18 maggio 2021, la Commissione tributaria provinciale ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice tributario in favore del giudice ordinario. La Decav ha quindi riassunto il giudizio dinanzi a questo Tribunale, ritenendo di non dovere nulla alla Regione per i contributi previsti dalle leggi regionali in precedenza indicate. In particolare, l'attrice ha dedotto che: - i contributi relativi al periodo 2007-2011 non erano dovuti, in quanto nel suddetto lasso temporale non aveva svolto attivita' estrattiva, essendosi limitata ad eseguire un intervento di messa in sicurezza dell'area autorizzato dalla Regione, la quale aveva imposto il trattamento del materiale prodotto come rifiuto, vietandone espressamente la commercializzazione; - le pretese relative ai suddetti anni erano in ogni caso prescritte, in quanto il provvedimento le era stato comunicato soltanto in data 4 ottobre 2016; - l'art. 17 della legge n. 15/2005 aveva cessato di avere efficacia in data 31 dicembre 2008, in quanto inserito nella legge finanziaria regionale, che, per espresso disposto dell'art. 1, aveva efficacia triennale; - non a caso l'aeroporto di Pontecagnano era stato avviato alla scadenza del triennio, ossia nel 2008; - la Regione non aveva dato prova di aver costituito un Fondo per la ecosostenibilita', ne' di aver destinato somme di denaro al completamento e all'avvio dell'aeroporto di Pontecagnano; - le leggi che avevano imposto i contributi in oggetto erano costituzionalmente illegittime per violazione degli artt. 3, 117, comma 1, 41, 117, comma 1 e comma 2, lettera e) ed s), ed erano in contrasto con il diritto comunitario (artt. 26, 28-37 e 56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea). Cio' dedotto, ha chiesto l'accoglimento delle seguenti conclusioni: «Voglia il Tribunale adito, accertata l'illegittimita' del decreto dirigenziale n. 22/825/2017 del 20 gennaio 2017, per l'effetto, previa, all'occorrenza, rimessione degli atti alla Corte costituzionale secondo quanto innanzi argomentato: - dichiarare che nulla e' dovuto a titolo di contributi estrattivi da parte di Decav; - in ogni caso ridurre nei limiti dell'equo e del giusto l'avversa pretesa». La Regione e' rimasta contumace. § 2. Il Tribunale ritiene di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17 della legge regionale n. 15 dell'11 agosto 2005 e dell'art. 19 della legge regionale n. 1 del 30 gennaio 2008 per violazione dell'art. 3 della Costituzione. Le suddette questioni sono rilevanti e non appaiono manifestamente infondate per le ragioni di seguito esposte. § 3. L'attivita' estrattiva in Regione Campania e' sottoposta a tre prelievi economici, uno a favore del Comune ove ha sede la cava, gli altri due da corrispondere alla Regione. In particolare, l'art. 18 della legge regionale della Campania n. 54 del 31 dicembre 1985, stabilisce quanto segue: «1. Fra il richiedente l'autorizzazione o la concessione e il Comune o i Comuni interessati, viene stipulata una convenzione, secondo lo schema tipo approvato dalla Giunta regionale, nel quale sara' previsto che il titolare dell'autorizzazione o della concessione e' tenuto a versare, in unica soluzione entro il 31 dicembre di ogni anno, al Comune o ai Comuni interessati, un contributo sulla spesa necessaria per gli interventi pubblici ulteriori, rispetto alla mera ricomposizione dell'area. 2. Il suddetto contributo verra' determinato dal Presidente della Giunta regionale o suo delegato in relazione al tipo, qualita' o quantita' del materiale estratto nell'anno ed in conformita' alle tariffe stabilite dalla Giunta regionale. 3. Le somme introitate dai Comuni, ai sensi del precedente comma 2, debbono essere prioritariamente utilizzate dai Comuni medesimi per la realizzazione di interventi e di opere connesse alla ricomposizione ambientale o alla riutilizzazione delle aree interessate da attivita' di cava. 4. Il mancato pagamento comporta, comunque, la revoca della concessione o dell'autorizzazione». Viene poi in rilievo l'art. 17 della legge regionale n. 15 dell'11 agosto 2005, a mente del quale «1. Il titolare di autorizzazione e di concessione alla coltivazione di giacimenti per attivita' di cava di cui alla legge regionale n. 54/85, e successive modificazioni, e' tenuto a versare alla Regione Campania, in un'unica soluzione, entro il 31 dicembre di ogni anno, un contributo annuo di euro 1,00 per ogni 10 metri cubi di materiale estratto con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge. 2. Le somme di cui al comma 1 quantificabili per l'anno 2005 in euro 800.000,00 sono iscritte nel Bilancio regionale a decorrere dal corrente esercizio finanziario alla unita' previsionale di base 9.31.71 della entrata ed alla unita' previsionale di base 1.55.97 della spesa per il finanziamento nella misura dell'importo effettivamente riscosso dei lavori di completamento ed avvio dell'attivita' dell'aeroporto di Pontecagnano-Sa». L'art. 5, comma 7, della legge regionale 18 gennaio 2016, n. 17, ha aggiunto al comma 2, dell'art. 17, dopo le parole «Pontecagnano-Sa», le seguenti parole: «nonche' per tutte le attivita' di gestione societaria». La norma in esame e' stata modificata anche dall'art. 15, comma 1, lettere a) e b), della legge regionale 20 gennaio 2017, n. 3, che: - ha soppresso, al primo comma, le parole «in un'unica soluzione» e, sempre al primo comma, ha sostituito la parola «dicembre» con «marzo»; - ha introdotto il comma 1-bis, a mente del quale «I contributi dovuti ai sensi del comma 1 e dell'art. 19 della legge regionale 30 gennaio 2008, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania - Legge finanziaria 2008) possono essere versati in quattro rate trimestrali di pari importo, di cui la prima deve essere versata entro il 31 marzo dell'anno successivo all'anno di riferimento del volume estratto». Infine, l'art. 19 della legge regionale n. 1 del 30 gennaio 2008 ha stabilito che «i titolari di autorizzazioni e concessioni estrattive sono tenuti annualmente, in aggiunta ai contributi di cui all'art. 18 della legge regionale 13 dicembre 1985, n. 54, e dell'art. 17 della legge regionale 11 agosto 2005, n. 15, al pagamento alla Regione Campania di un contributo ambientale cosi' determinato: a) euro 1,50/mc per le pietre ad uso ornamentale; b) euro 0,90/mc per sabbie e ghiaie; c) euro 0,75/mc per gli altri materiali. 2. Il contributo indicato al comma 1 e' corrisposto, entro il 31 marzo di ogni anno, sulla scorta dei volumi estratti nel corso dell'anno solare precedente in forza del titolo legittimante la coltivazione rilasciato in conformita' del piano regionale delle attivita' estrattive. L'entita' del contributo e' aggiornata ogni due anni in relazione alle variazioni biennali intervenute nell'indice ISTAT del costo della vita. 3. L'importo dei contributi di cui al comma 1, quantificato in euro 1 milione 500 mila, e' iscritto nel Bilancio regionale a decorrere dal corrente esercizio finanziario alla UPB 11.81.80 della entrata ed e' destinato per il 50 per cento ad alimentare il Fondo per la ecosostenibilita' di cui all'art. 15, per il restante 50 per cento al finanziamento delle spese iscritte alla UPB 2.68.156 concernenti i lavori di recupero ambientale, la redazione del progetto unitario di gestione del comparto, se lo stesso non e' redatto dai titolari di attivita' estrattiva, e al finanziamento delle attivita' di controllo dell'organo di vigilanza in materia di cave». La stessa legge, art. 15, delinea poi i contenuti del Fondo di ecosostenibilita', specificando che lo stesso e' finalizzato al sostegno delle azioni regionali tese a promuovere la diffusione dell'impiego, nei processi produttivi e commerciali, di materiali ecocompatibili, biodegradabili e riciclabili e a favorire la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti di natura diversa. § 2.1. Secondo quanto statuito dalla Corte di cassazione, i prelievi di cui si discute non hanno natura di tributi, atteso che non sono collegati alla redditivita' dell'attivita' di gestione delle cave, ma trovano la loro ratio «nell'esigenza di indennizzare la collettivita' per il disagio comunque correlato allo sfruttamento del suolo, essendo certa l'incidenza negativa dell'attivita' estrattiva sul paesaggio e sull'ambiente inerenti alle zone limitrofe a quelle di collocazione della cava, cio' collegandosi altresi' alla circostanza che il costo di un siffatto disagio finisce per gravare, coerentemente, su chi lo produce, in linea con le indicazioni di principio derivanti, in materia ambientale, dall'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, come modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre» (cfr. Cass., sez. un., 21 gennaio 2020, n. 1182). Siamo dunque in presenza di contribuzioni finalizzate a compensare i danni, legittimamente prodotti, al bene ambiente dallo sfruttamento della cava, fornendo all'autorita' amministrativa la provvista necessaria a ripristinare le condizioni ambientali e territoriali pregiudicate dall'attivita' di estrazione (cfr. Cass., sez. un., 21 gennaio 2020, n. 1182; Cass. 9 giugno 2021, n. 16025; Cass. 23 gennaio 2023, n. 1915, tutte relative ai contributi di cui si discute). Come osservato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 52 dell'8 marzo 2018, la natura indennitaria dei contributi in oggetto e' confermata dall'art. 19 della legge regionale n. 1 del 30 gennaio 2008, che specifica che il contributo ambientale da esso introdotto si aggiunge ai contributi gia' previsti dall'art. 18 della legge regionale n. 54 del 1985, sulla cui natura indennitaria non sussistono dubbi, e a quelli previsti dalla legge n. 15 del 2005. Inoltre, il richiamo effettuato dall'art. 19 cit. ai contributi previsti dall'art. 17 della legge n. 15 del 2005 esclude in radice ogni dubbio circa la loro debenza anche per gli anni successivi all'entrata in vigore della legge regionale n. 1 del 2008 (cfr. Cass. 23 gennaio 2023, n. 1915). Del resto, come in precedenza evidenziato, l'art. 17 e' stato modificato nel 2016 e nel 2017, ad ulteriore conferma della sua vigenza anche oltre il triennio 2005-2008. Non sembra dunque condivisibile l'argomento di parte attrice secondo cui il contributo ex art. 17 sarebbe dovuto soltanto sino al 2008. § 3. Le altre argomentazioni della Decav, secondo cui non vi sarebbe stata attivita' estrattiva nel periodo 2007-2011 e secondo cui le pretese della Regione rispetto a tale periodo sarebbero prescritte non escludono la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale che si intende sollevare, in quanto, laddove fossero fondate, riguarderebbero soltanto il suddetto periodo di tempo, mentre la domanda dell'attrice mira ad escludere l'obbligo di pagamento dei contributi di cui si discute anche per il periodo successivo. Resta quindi necessario stabilire se le leggi che impongono i suddetti contributi siano o meno costituzionalmente legittime. § 3.1. In ogni caso gli argomenti relativi al periodo 2007-2011 non sembrano condivisibili. Lo sfruttamento del giacimento anche nel lasso di tempo in precedenza indicato risulta confermato, in primo luogo, dal decreto regionale n. 31 del 21 marzo 2007, che ha autorizzato espressamente l'attivita' estrattiva, senza prevedere alcun divieto di commercializzazione dei materiali estratti e precisando che il recupero ambientale e i lavori di messa in sicurezza riguardavano la sola zona «B» dell'area di cava (cfr. doc. 2 attrice). In secondo luogo, i documenti prodotti al n. 12 del fascicolo di parte attrice attestano l'esecuzione di attivita' estrattiva finalizzata alla commercializzazione del materiale estratto con la sola eccezione degli anni 2012 e 2013, che pero' non sono interessati dalla richiesta di pagamento degli arretrati avanzata dalla Regione con il decreto n. 22/825. Soltanto rispetto agli anni da ultimo menzionati il materiale estratto non fu commercializzato, perche' in parte stoccato in loco per procedere alla ricomposizione ambientale e in parte destinato a rifiuto, mentre rispetto agli anni 2007-2011, il materiale fu in parte stoccato temporaneamente in loco per la ricomposizione ambientale, mentre per la restante parte fu commercializzato. § 3.2. Altrettanto non condivisibile e' la tesi circa la prescrizione quinquennale degli importi reclamati dalla Regione. Occorre premettere che «la prescrizione quinquennale prevista dall'art. 2948, n. 4 del codice civile, per tutto cio' che deve pagarsi periodicamente ad un anno o in termini piu' brevi si riferisce alle obbligazioni periodiche o di durata, caratterizzate dalla pluralita' e dalla periodicita' delle prestazioni, aventi un titolo unico ma ripetute nel tempo, ma non e' applicabile alle obbligazioni nelle quali la periodicita' si riferisce esclusivamente alla presentazione di rendiconti e non anche al pagamento dei debiti accertati e liquidati nei rendiconti medesimi, ne' alle prestazioni derivanti da un unico debito rateizzato in piu' versamenti periodici, per le quali opera la ordinaria prescrizione decennale» (cfr. Cass. 6 dicembre 2006, n. 26161). Inoltre, e' stato precisato che le obbligazioni periodiche o di durata sono «caratterizzate dal fatto che la prestazione e' suscettibile di adempimento solo col decorso del tempo, di guisa che soltanto con il protrarsi dell'adempimento nel tempo si realizza la causa del rapporto obbligatorio e puo' essere soddisfatto l'interesse del creditore per il tramite della ricezione di piu' prestazioni, aventi un titolo unico, ma ripetute nel tempo ed autonome le une dalle altre» (cfr. Cass. 3 settembre 1993, n. 9295). Nel caso in esame i contributi si riferiscono alla produzione annuale della cava, ma manca il requisito della periodicita', nel senso che l'interesse del creditore non e' collegato al protrarsi nel tempo dell'adempimento. In altre parole, siamo in presenza di pretese autonome che riguardano il singolo anno di coltivazione della cava e che possono non sorgere, laddove la coltivazione sia mancata. Ad avviso del Tribunale ai contributi in esame possono essere applicati gli stessi principi relativi a tributi quali IRPEF, IVA, IRAP, rispetto ai quali si sostiene che «l'obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non e' mai legato ai precedenti bensi' risente di nuove ed autonome valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi» (da ultimo, Cass. 26 giugno 2020, n. 12740). Pertanto, trattandosi di prestazioni autonome ed istantanee, prive della caratteristica della necessaria protrazione nel tempo, la prescrizione applicabile e' quella decennale, che e' stata interrotta in data 4 ottobre 2016, come ammesso da parte attrice a p. 7 dell'atto di citazione in riassunzione. § 3.4. Infine, il pagamento del contributo ex art. 17 della legge n. 17/2005 non e' in alcun modo subordinato all'effettiva destinazione dei fondi all'aeroporto di Pontecagnano. Nessun elemento testuale presente nella norma consente di inferire tale subordinazione, sicche' e' del tutto irrilevante che la Regione non abbia provato di aver destinato il gettito del contributo all'avvio e alla gestione dell'aeroporto di Pontecagnano. Identico discorso deve essere fatto con riferimento al contributo previsto dalla legge n. 1/2008; esso deve essere pagato a prescindere dall'effettiva istituzione del Fondo per la ecosostenibilita'. Peraltro, entrambe le norme indicano gli specifici capitoli di bilancio su cui dovranno confluire le somme versate dalle imprese del settore. § 4. Chiarito quindi che le questioni di legittimita' costituzionale sono rilevanti ai fini della decisione, in quanto non vi sono ragioni per non applicare all'attrice l'art. 17 della legge regionale n. 15 del 2005 e l'art. 19 della legge regionale n. 1 del 2008, occorre ora affrontare il tema della non manifesta infondatezza. A tal fine e' d'obbligo richiamare la ratio dei contributi in esame, che secondo il diritto vivente (vedi la giurisprudenza di legittimita' richiamata al paragrafo n. 2 della presente ordinanza, nonche' Corte costituzionale n. 52/2018) e' quella di compensare la collettivita' dei pregiudizi causati all'ambiente circostante dall'attivita' di estrazione, dotando la P.A. della provvista necessaria a porre in essere gli interventi volti a mitigare i danni ambientali connessi allo sfruttamento dei giacimenti estrattivi da parte delle imprese concessionarie o autorizzate. Orbene, la suddetta ratio risulta soddisfatta dall'art. 18 della legge regionale della Campania n. 54 del 31 dicembre 1985, che destina il contributo da essa previsto, in via prioritaria, alla «realizzazione di interventi e di opere connesse alla ricomposizione ambientale o alla riutilizzazione delle aree interessate da attivita' di cava». Il contributo imposto dall'art. 17 della legge regionale n. 15 del 2005 e' invece del tutto avulso dalla logica indennitaria che lo dovrebbe sorreggere, in quanto non e' destinato ne' a finanziare le azioni amministrative tese a ridurre il danno ambientale causato dalla coltivazione della cava, ne' a supportare azioni comunque volte al miglioramento dell'ambiente e del paesaggio nei territori limitrofi a quelli ove e' presente il giacimento estrattivo. Il gettito ricavato dal contributo in esame e' infatti vincolato alla realizzazione, all'avvio e alla gestione di un'opera infrastrutturale, quale l'aeroporto di Pontecagnano (SA), che non ha alcun rapporto con l'attivita' estrattiva, ne' puo' svolgere una funzione di compensazione del danno ambientale da essa causato, posto che, oltre ad essere collocato in altro Comune rispetto a quello ove e' presente la cava gestita dall'attrice, e' a sua volta fonte di inquinamento ambientale (quanto meno acustico) e di pregiudizi di tipo paesaggistico all'area circostante. Rispetto alla norma in esame si registra quindi uno scollamento tra lo scopo in tesi perseguito (compensazione dei pregiudizi causati all'ambiente e al paesaggio delle zone limitrofe a quella in cui si svolge l'attivita' di cava) e quello in concreto attuato (realizzazione e gestione di un'infrastruttura aereoportuale). Difetta pertanto quella funzione indennitaria che giustifica l'applicazione di un siffatto contributo, con la conseguenza che la norma viola l'art. 3 sia perche' irragionevole ed esuberante rispetto alla finalita' perseguita, sia perche' discriminatoria rispetto alle imprese che svolgono attivita' estrattiva, le quali, a differenza delle imprese dedite ad altre attivita', devono contribuire al finanziamento dell'aeroporto di Pontecagnano, in assenza di ragioni idonee a imporre tale trattamento differenziato. La finalita' di compensazione del pregiudizio ambientale causato dall'attivita' estrattiva manca pure rispetto al contributo ambientale introdotto dall'art. 19 della legge regionale n. 1 del 30 gennaio 2008. Le somme ricavate a tale titolo sono destinate «per il 50 per cento ad alimentare il Fondo per la ecosostenibilita' di cui all'art. 15, per il restante 50 per cento al finanziamento delle spese iscritte alla UPB 2.68.156 concernenti i lavori di recupero ambientale, la redazione del progetto unitario di gestione del comparto, se lo stesso non e' redatto dai titolari di attivita' estrattiva, e al finanziamento delle attivita' di controllo dell'organo di vigilanza in materia di cave». In base a quanto previsto dall'art. 15 della legge regionale n. 1 del 2008, il Fondo per la ecosostenibilita' e' «finalizzato al sostegno delle azioni regionali tese a promuovere la diffusione dell'impiego nei processi produttivi e commerciali di materiali ecocompatibili, biodegradabili e riciclabili e a favorire la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti di natura diversa». Orbene, si tratta sicuramente di azioni amministrative che hanno una valenza ambientale, ma non mirano in alcun modo a compensare il danno causato dall'attivita' di coltivazione delle cave, riguardando settori economici del tutto diversi. In effetti, come osservato dalla difesa dell'attrice, il contributo dovrebbe essere posto a carico di chi si occupa della produzione di imballaggi e di chi produce rifiuti e non a carico delle imprese che gestiscono le cave. Far contribuire quest'ultime ad un fondo teso a mitigare danni ambientali relativi ad altri settori produttivi appare sicuramente irragionevole, oltre che del tutto slegato dalla funzione indennitaria che dovrebbe essere alla base del contributo di cui di discute. Come efficacemente affermato da parte attrice, «e' come se si imponesse ai produttori di pneumatici o frigoriferi un contributo finalizzato (non a consentire il miglior smaltimento dei relativi prodotti e a progettarne di meno impattanti, ma) a mitigare l'impatto della cave attive su un determinato territorio. Si tratterebbe di una norma assolutamente irragionevole cui non potrebbe riconoscersi la funzione di indennizzare le comunita' su cui impattano la produzione e l'uso di frigoriferi e pneumatici dai relativi oneri ambientali. Allo stesso modo e' irragionevole e sproporzionata la norma in esame allorquando fa gravare sull'attivita' di cava un contributo teso a mitigare l'impatto di attivita' di impresa diverse ed ulteriori le quali, invece, sarebbero le naturali destinatarie di una tale imposizione secondo un ordinario criterio di ragionevolezza e proporzionalita', clamorosamente violato». Quanto al restante 50 per cento del gettito del contributo, esso e' finalizzato a sovvenzionare «i lavori di recupero ambientale, la redazione del progetto unitario di gestione del comparto, se lo stesso non e' redatto dai titolari di attivita' estrattiva, e al finanziamento delle attivita' di controllo dell'organo di vigilanza in materia di cave». Stavolta si tratta di attivita' collegate alla gestione amministrativa del settore, ma, quanto alle prime due destinazioni, esse sono gia' coperte, da un punto di vista finanziario, sicche' chiedere un'ulteriore contribuzione appare, ancora una volta, irragionevole. Ed invero, l'art. 17 della legge regionale n. 54 del 1985 pone l'attivita' di recupero ambientale a carico di chi sfrutta la cava; a garanzia di tale obbligazione e' previsto l'obbligo di versare una cauzione o altra idonea garanzia. L'art. 6 della legge regionale n. 54 del 1984, stabilisce, infatti, che al momento del rilascio dell'autorizzazione, «viene inoltre disposto il versamento di una cauzione o la prestazione di idonee garanzie a carico del richiedente relativamente agli interventi atti a garantire il recupero o la ricomposizione del paesaggio naturale alterato» (comma 2). Inoltre, «nel caso di inadempienza del soggetto autorizzato, la Regione impiega il suddetto deposito per la ricomposizione ambientale o il recupero, entro novanta giorni dalla notificazione della diffida inviata al soggetto titolare, fermo il diritto a richiedere gli eventuali ulteriori danni» (comma 4). Quanto al progetto unitario del comparto, l'art. 23, comma 7, delle norme tecniche del Piano regionale delle attivita' estrattive stabilisce che laddove sia necessario compilarlo d'ufficio, «il costo sostenuto per la sua redazione e' posto a totale carico degli esercenti l'attivita' estrattiva in proporzione ai volumi complessivi dei materiali coltivabili con le singole autorizzazioni e concessioni estrattive ed il relativo pagamento avviene al momento del rilascio dei titoli legittimanti l'attivita' estrattiva». Dunque, l'art. 19 della legge regionale n. 1 del 2008, da un lato, destina il 50 per cento del contributo ad azioni amministrative in campo ambientale, che nulla hanno a che vedere con l'attivita' di sfruttamento della cave, dall'altro, vincola il restante 50 per cento ad azioni amministrative del settore, che sono pero' gia' finanziate in base ad altre disposizioni normative, che pongono i relativi costi comunque a carico delle imprese estrattive. Deriva da cio' l'irragionevolezza del contributo ambientale di cui si discute, che, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, e' privo della funzione indennitaria, che lo dovrebbe caratterizzare, oltre a tradursi in un ulteriore inutile costo a carico delle aziende del settore, che gia' contribuiscono alla compensazione del danno ambientale da esse prodotto attraverso il versamento dei contributi previsti dalla legge regionale n. 54 del 1985. E' vero che una parte del contributo e' destinato «al finanziamento delle attivita' di controllo dell'organo di vigilanza in materia di cave», ma tale specifica finalita' non puo' da sola sopperire alla sostanziale mancanza di natura indennitaria del prelievo. A quanto precede va aggiunto, per ragioni di completezza e in replica agli altri rilievi sollevati da parte attrice, che i contributi in esame non sembrano violare il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ne' la competenza esclusiva dello Stato in materia di concorrenza, in quanto essi si applicano indistintamente a tutte le imprese che svolgono l'attivita' estrattiva in Regione Campania e non pongono limiti alla circolazione delle merci e alla liberta' di stabilimento, mentre il maggior aggravio economico che si registra rispetto a quanto avviene in altre regioni, e' conseguenza fisiologica dell'attribuzione della materia de qua alla competenza legislativa regionale (cfr. Cass. 23 gennaio 2023, n. 1915). In conclusione, in base a quanto sino ad ora esposto, il Tribunale solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17 della legge della Regione Campania n. 15 dell'11 agosto 2005 e dell'art. 19 della legge della Regione Campania n. 1 del 30 gennaio 2008 per violazione dell'art. 3 della Costituzione. Soltanto la caducazione delle suddette disposizioni e' in grado di riportare alla razionalita' il settore, ponendo un limite al potere del legislatore regionale di imporre «balzelli» privi, in concreto, della funzione indennitaria, che li giustificherebbe in via astratta.
P.Q.M. Visti gli artt. 134 e 137 della Costituzione, 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948 e 23 della legge n. 87 del 1953, dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 17 della legge della Regione Campania n. 15 dell'11 agosto 2005 e dell'art. 19 della legge della Regione Campania n. 1 del 30 gennaio 2008 per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Ordina che il presente provvedimento, a cura della cancelleria, sia notificato alle parti in causa e al Presidente della Giunta regionale della Campania, nonche' comunicato al Presidente del Consiglio regionale della Campania e, all'esito, sia trasmesso alla Corte costituzionale insieme al fascicolo processuale e con la prova delle avvenute regolari predette notificazioni e comunicazioni. Sospende il presente giudizio. Napoli, 27 marzo 2023 Il Giudice: Forziati