N. 22 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 luglio 2023
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 3 luglio 2023 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Sanita' pubblica - Livelli essenziali di assistenza (LEA) - Norme della Regione autonoma Sardegna - Medici del ruolo unico dell'assistenza primaria - Previsione che e' autorizzato, nelle more dell'approvazione dell'accordo integrativo regionale di categoria, l'innalzamento del massimale fino al limite massimo di 1.800 scelte, su base volontaria, per i medesimi medici operanti in aree disagiate individuate dalla Regione nelle quali tale innalzamento si rende necessario per garantire l'assistenza. - Legge della Regione autonoma Sardegna 5 maggio 2023, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di assistenza primaria), art. 1, comma 1.(GU n.33 del 16-8-2023 )
Ricorso ex art. 127 Cost. per la Presidenza del Consiglio dei ministri (c.f. 97163520584), in persona del Presidente pro tempore, ex lege rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f. 80224030587), presso i cui uffici domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12, pec ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it nei confronti della Regione Sardegna, in persona del Presidente pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge della Regione Sardegna n. 5 del 5 maggio 2023, pubblicata nel B.U.R. n. 24 del 5 maggio 2023, recante: «Disposizioni urgenti in materia di assistenza primaria». Premessa. Legge della Regione Sardegna n. 5 del 5 maggio 2023, pubblicata nel B.U.R. n. 24 del 5 maggio 2023, recante: «Disposizioni urgenti in materia di assistenza primaria», presenta profili di illegittimita' costituzionale; come da delibera del Consiglio dei ministri in data 22 giugno 2023 viene pertanto proposto il presente ricorso ex art. 127 Cost. per i seguenti motivi. La legge della Regione Sardegna n. 5 del 5 maggio 2023, recante «Disposizioni urgenti in materia di assistenza primaria», pubblicata nel B.U.R. n. 24 del 5 maggio 2023, presenta profili di illegittimita' costituzionale con riferimento all'art. 1, comma 1, in quanto eccede dalle competenze statutarie della regione Sardegna (articoli 3, 4 e 5, legge costituzionale n. 3 del 1948) e, ponendosi in contrasto con la normativa statale di riferimento, dispone in violazione della competenza statale esclusiva in materia di «ordinamento civile», di cui all'art. 117, comma secondo, lettera I), Cost.) e altresi' in violazione dell'esigenza connessa al precetto costituzionale di eguaglianza (art. 3, Cost.). In particolare, l'art. 1, comma 1, della legge in esame prevede che «E' autorizzato, nelle more dell'approvazione dell'accordo integrativo regionale di categoria, l'innalzamento del massimale fino al limite massimo di 1.800 scelte, su base volontaria, per i medici del ruolo unico dell'assistenza primaria che operano in aree disagiate individuate dalla Regione nelle quali tale innalzamento si rende necessario per garantire l'assistenza». Al riguardo, si rileva che l'art. 38 dell'Accordo collettivo nazionale dei medici di medicina generale del 28 aprile 2022, ai commi 1 e 2, stabilisce che: «1. I medici del ruolo unico di assistenza primaria iscritti negli elenchi possono acquisire un numero massimo di scelte pari a 1.500 unita'. Eventuali deroghe al massimale possono essere autorizzate in relazione a particolari situazioni locali, ai sensi dell'art. 48, comma 3, punto 5, della legge n. 833/1978, per un tempo determinato, non superiore comunque a sei mesi. 2. In attuazione della programmazione regionale, l'AIR (Accordo integrativo regionale) puo' prevedere l'innalzamento del massimale di cui al comma 1 fino al limite massimo di 1.800 scelte esclusivamente per i medici che operano nell'ambito delle forme organizzative multiprofessionali del ruolo unico di assistenza primaria, con personale di segreteria e infermieri ed eventualmente altro personale sanitario, per assicurare la continuita' dell'assistenza, come previsto dall'art. 35, comma 5 e/o in aree disagiate individuate dalla regione nelle quali tale innalzamento si rende necessario per garantire l'assistenza». Cio' premesso, al fine di comprendere le censure che afferiscono alla suindicata disposizione regionale, e' opportuno procedere ad una preliminare disamina dell'assetto regolatorio del rapporto di lavoro tra il Servizio sanitario nazionale e i medici di medicina generale. Gia' con la legge 23 dicembre 1978, n. 833 («Istituzione del servizio sanitario nazionale»), il legislatore ha disciplinato il rapporto di lavoro de quo, al fine di garantire di necessaria uniformita' sul territorio nazionale, assicurata attraverso la piena conformita' delle convenzioni alle previsioni dettate dagli accordi collettivi. Si segnala, in particolare, che l'art. 48 (Personale a rapporto convenzionale) della legge n. 833 del 1978, stabilisce che «l'uniformita' del trattamento economico e normativo del personale sanitario a rapporto convenzionale e' garantita sull'intero territorio nazionale da convenzioni, aventi durata triennale, del tutto conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati tra il Governo, le regioni e l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative in campo nazionale di ciascuna categoria. (...)». L'art. 8, comma 1, del decreto legislativo n. 502 del 1992 («Disciplina dei rapporti per l'erogazione delle prestazioni assistenziali»), poi, ripropone tale principio (configurandosi quale norma interposta), precisando che il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta e' disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali. L'art. 2-nonies del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81 («Interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica»), infine, ha confermato la cosi' delineata struttura di regolazione del contratto del personale sanitario a rapporto convenzionale, «garantito sull'intero territorio nazionale da convenzioni conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati mediante il procedimento di contrattazione collettiva definito con l'accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano previsto dall'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni», precisando che «tale accordo nazionale e' reso esecutivo con intesa nella citata Conferenza permanente, di cui all'art. 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281». Cosi' perimetrato il contesto normativo della materia di che trattasi, e' possibile rilevare che la disciplina del rapporto di lavoro del personale medico di medicina generale in regime di convenzione, sebbene sia di natura professionale, risulta demandata all'intervento della negoziazione collettiva, il cui procedimento e' stato modellato dal legislatore con espresso richiamo a quello previsto per la contrattazione collettiva dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 («Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche») per il personale della pubblica amministrazione il cui rapporto e' stato privatizzato. In materia di rapporto tra i diversi livelli di negoziazione collettiva (nazionale, regionale e aziendale), assume particolare rilievo il richiamo, ad opera dall'art. 4 della legge n. 412 del 1991, all'art. 40 («Contratti collettivi nazionali e integrativi») del decreto legislativo n. 165 del 2001. Detta disposizione prevede che la contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono. E' lo stesso art. 40, poi, a disporre, a garanzia del rispetto di tali stringenti vincoli, la nullita' e l'inapplicabilita' di clausole dei contratti collettivi integrativi difformi dalle previsioni del livello nazionale. In attuazione delle citate disposizioni statali, e' intervenuto l'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale che, a sua volta, individua gli specifici aspetti rimessi alla definizione della negoziazione regionale. Dal quadro normativo cosi' delineato emerge chiaramente come alle regioni sia preclusa l'adozione di una normativa che incida su un rapporto di lavoro gia' sorto e, nel regolarne il trattamento giuridico ed economico, di sostituirsi alla contrattazione collettiva, fonte imprescindibile di disciplina (cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 20 del 2021; n. 157/2019; n. 153/2021), si citano, richiamandoli integralmente, in particolare i seguenti principi affermati nelle citate sentenze: sentenza 153/2021: «Come questa Corte ha gia' chiarito, «il principio di riserva di contrattazione collettiva non puo' essere derogato nemmeno in via provvisoria» (sentenza n. 81 del 2019, punto 3.6. del Considerato in diritto)»; sentenza 20/2021. «L'esigenza di garantire l'uniformita', nel territorio nazionale, delle regole che presiedono alla determinazione del trattamento economico dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni giustifica l'inerenza della relativa disciplina alla materia «ordinamento civile» ... sara' pur sempre la contrattazione collettiva, nella sua evoluzione dinamica, a definire il trattamento retributivo dei dipendenti pubblici»; sentenza 157/2019: «il rapporto convenzionale dei medici di medicina generale costituisce un rapporto privatistico di lavoro autonomo di tipo professionale con la pubblica amministrazione; rapporto riconducibile dunque all'art. 2222 del codice civile, che per la sua particolare disciplina si configura in termini di "parasubordinazione"» (Corte di cassazione, sezioni unite, ordinanza 21 ottobre 2005, n. 20344; sezione lavoro, sentenza 8 aprile 2008, n. 9142). 2.2. La disciplina del rapporto di lavoro in oggetto e' stata configurata, fin dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio sanitario nazionale), in termini di necessaria uniformita' sul territorio nazionale, assicurata attraverso la piena conformita' delle convenzioni alle previsioni dettate dagli accordi collettivi.». In particolare appare di esemplare chiarezza e completezza la motivazione di quest'ultima sentenza, che giunge alle predette conclusioni attraverso una puntuale ricostruzione normativa che si snoda attraverso la citazione dell'art. 48 (Personale a rapporto convenzionale) della legge n. 833 del 1978, del comma 1 dell'art. 8 (Disciplina dei rapporti per l'erogazione delle prestazioni assistenziali) del decreto legislativo n. 502 del 1992, del comma 9 dell'art. 4 (Assistenza sanitaria) della legge n. 412 del 1991, dell'art. 52, comma 27, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)», dell'art. 2-nonies del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81 (Interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica). Alla luce di quanto rappresentato, e' chiaro come il legislatore regionale, con le previsioni di cui all'art. 1, comma 1, della legge regionale in esame, abbia inteso esercitare una competenza che esula da quelle che gli sono riconosciute dalla legge statale di riferimento, dal momento che autorizza una deroga in aumento al numero massimo di assisiti, sostituendosi alle previsioni della contrattazione integrativa e, al contempo, discostandosi da quelle della contrattazione collettiva nazionale. Ed invero, quando - come nel caso all'esame - un contratto collettivo nazionale determina, negli ambiti di disciplina ad esso riservati da una legge dello Stato, le materie e i limiti entro i quali deve svolgersi la contrattazione collettiva integrativa, non e' consentito ad una legge regionale derogare a quanto in tal senso disposto dal contratto collettivo nazionale. La norma eccede dalle competenze statutarie attribuite alla regione dal suo statuto speciale, di cui agli articoli 3, 4 e 5 della legge costituzionale n. 3/1948, in quanto la previsione regionale configura una violazione della competenza statale esclusiva in materia di «ordinamento civile», atteso che, come sopra illustrato, la normativa statale (l'art. 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992), riserva ad apposite convenzioni di durata triennale, conformi agli accordi collettivi nazionali, la disciplina del rapporto di servizio sanitario con i medici di medicina generale e l'art. 48 della legge n. 833/1978, in particolare, riserva la disciplina dei medici in regime di convenzione, quali sono i medici del ruolo unico di assistenza primaria, a convenzioni triennali stipulate tra il Governo, l'ANCI e i sindacati, anche a garanzia dell'uniformita' di trattamento normativo ed economico sull'intero territorio nazionale. Conseguentemente, l'Accordo collettivo nazionale dei medici di medicina generale del 28 aprile 2022, all'art. 38, comma 2, riserva all'Accordo integrativo regionale - AIR, l'innalzamento a 1800 assistiti del massimale fissato dal comma 1 del medesimo articolo. Risulta quindi evidente che l'innalzamento dei massimali in questione non poteva in alcun caso essere autorizzato con norma regionale. Ne deriva che, con il proprio intervento, il legislatore regionale ha violato le norme della contrattazione collettiva nazionale sostituendosi alla contrattazione integrativa. In conclusione, l'art. 1, comma 1, della legge in esame eccede dalle competenze attribuite alla regione dal suo statuto speciale, si pone in contrasto con la normativa statale di riferimento sopracitata, che demanda la disciplina del rapporto di lavoro del personale medico in regime di convenzione all'intervento della negoziazione collettiva e, pertanto, si pone in violazione dell'art. 117, comma secondo, lettera I) della Costituzione che riserva alla competenza statale esclusiva la materia «ordinamento civile» nonche' in violazione dell'esigenza connessa al precetto costituzionale di eguaglianza (art. 3, Cost.), di garantire l'uniformita', sul territorio nazionale, delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti in questione. Per i motivi esposti, la legge regionale in epigrafe, limitatamente alle disposizioni di cui all'art. 1, comma 1, viene con il presente atto impugnata dinanzi alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 127 Cost., come da attestazione della delibera del Consiglio dei ministri in data 22 giugno 2023 che si deposita, unitamente alla proposta di impugnativa.
P. Q. M. Si conclude affinche' sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale, nei sensi sopra esposti, dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Sardegna n. 5 del 5 maggio 2023, pubblicata nell BUR n. 24 del 5 maggio 2023, recante: «Disposizioni urgenti in materia di assistenza primaria». Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno i seguenti atti e documenti: 1. attestazione relativa alla approvazione, da parte del Consiglio dei ministri della determinazione di impugnare la legge della Regione Sardegna in epigrafe secondo i termini e per le motivazioni di cui alla allegata relazione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie; 2. copia della legge regionale impugnata pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Sardegna. Con riserva di illustrare ulteriormente e sviluppare in prosieguo i motivi di ricorso anche alla luce delle difese avversarie. Roma, 28 giugno 2023 Il vice avvocato generale: De Giovanni