N. 93 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 marzo 2023

Ordinanza del 10 marzo 2023 della  Corte  d'appello  di  Firenze  nel
procedimento civile promosso da  J.M. contro Regione Toscana e Comune
di Arezzo. 
 
Assistenza e solidarieta' sociale - Disabilita' - Norme della Regione
  Toscana - Contributo a  favore  delle  famiglie  con  figli  minori
  disabili - Requisiti per la concessione del contributo -  Residenza
  del genitore e del figlio  minore  disabile  in  Toscana,  in  modo
  continuativo, in strutture non  occupate  abusivamente,  da  almeno
  ventiquattro mesi antecedenti la data del primo  gennaio  dell'anno
  di riferimento del contributo. 
- Legge della Regione Toscana 27 dicembre 2018, n.  73  (Disposizioni
  di carattere finanziario. Collegato alla legge  di  stabilita'  per
  l'anno 2019), art. 5, comma 4, lettera b). 
(GU n.28 del 12-7-2023 )
 
                    LA CORTE D'APPELLO DI FIRENZE 
                           Sezione lavoro 
 
    composta dai magistrati: 
        dott. Flavio Baraschi, Presidente; 
        dott.ssa Elisabetta Tarquini, consigliera; 
        dott.ssa Paola Mazzeo, consigliera relatrice; 
    ha emesso la  seguente  ordinanza  nella  causa  iscritta  al  n.
434/2021 del ruolo generale,  promossa  da  J.  M.,  rappresentata  e
difesa dagli avv.ti Roberta Randellini e Alberto Guariso, appellante; 
    nei confronti di: 
        Regione Toscana,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Nicola
Gentini, appellata; 
        Comune di Arezzo, rappresentato e difeso dagli  avv.ti  Lucia
Rulli e Stefano Pasquini, appellato. 
    Letti gli atti ed i documenti di causa, osserva quanto segue. 
    La sig. J. M., cittadina  albanese,  ha  proposto  azione  civile
contro la discriminazione dei disabili ex art.  3  legge  n.  67/2006
dinanzi al Tribunale di Arezzo in funzione  di  giudice  del  lavoro,
convenendo la Regione Toscana ed il Comune di Arezzo. 
    Ha esposto di aver richiesto al  suddetto  comune  il  contributo
economico previsto dall'art. 5 della legge regionale della Toscana n.
73/2018  in  favore  delle  famiglie  con  figli   minori   disabili,
dell'importo di euro 700 all'anno; contributo che e' a  carico  della
regione, ma viene assegnato dal comune  di  residenza.  Ha  lamentato
che, nonostante suo figlio minore  sia  gravemente  disabile  perche'
affetto da ..., e nonostante che il nucleo familiare abbia un reddito
Isee inferiore a 30.000 euro all'anno (come  richiesto  dal  suddetto
art. 5, al comma 4, lettera c), essa si e' vista rigettare la domanda
di contributo per l'anno ..., presentata  il  ...,  perche'  mancante
dell'ulteriore requisito previsto dall'art. 5, comma 4,  lettera  b):
sia il genitore richiedente, sia il figlio, devono avere la residenza
anagrafica  in  Toscana  da  almeno  ventiquattro  mesi  continuativi
antecedenti al 1°  gennaio  dell'anno  in  cui  viene  presentata  la
domanda. La ricorrente, invero, e' divenuta residente nel  Comune  di
Arezzo solo il ..., quindi da meno di ventiquattro mesi. 
    M. ha dedotto il carattere discriminatorio di tale requisito,  in
ragione della  disabilita'  ed  in  ragione  della  nazionalita'.  Ha
dedotto, inoltre l'incostituzionalita' del suddetto comma 4,  lettera
b) per contrasto con gli articoli 3 e 120 della Costituzione. 
    Ha concluso chiedendo  accertarsi  il  carattere  discriminatorio
della  condotta  della  Regione  Toscana  e  del  Comune  di  Arezzo,
consistente, per la prima, nel pretendere da M.  il  requisito  della
residenza in Toscana fin dal 1° gennaio 2018, e per  il  secondo  nel
negarle la prestazione richiesta; condannarsi  entrambi  gli  enti  a
pagarle il contributo richiesto, o in subordine di  risarcimento  del
danno,  sempre  dell'importo  di  euro  700;  adottare  un  piano  di
rimozione  volto  ad  evitare  il  ripetersi  della  discriminazione;
ordinarsi la pubblicazione della  decisione  sui  siti  istituzionale
della regione e del comune. 
    Gli enti convenuti si sono costituiti chiedendo  il  rigetto  del
ricorso. Hanno argomentato variamente che il requisito de quo per  la
concessione del contributo non ha carattere discriminatorio, ma serve
a selezionare i richiedenti per assicurare ai destinatari un  importo
di una qualche consistenza economica, tenuto conto della  limitatezza
delle risorse disponibili. Il comune ha anche eccepito, comunque, che
M. non  ha  presentato  una  vera  domanda  di  contributo,  in  sede
amministrativa, ma si  e'  limitata  a  rivolgere  una  richiesta  di
informazioni, senza compilare ed inviare l'apposito modulo pubblicato
sul sito web  del  Comune;  e  che  M.,  in  ogni  caso,  non  poteva
presentare tale  domanda  perche'  dall'iscrizione  all'anagrafe  non
risulta essere madre del minore A., ma semplicemente  convivente  con
lo stesso. 
    Con ordinanza del 21 aprile 2021 n.  965  resa  ex  art.  702-bis
c.p.c., il Tribunale  ha  respinto  le  domande  di  M.  Il  giudice,
accogliendo le difese degli enti, ha ritenuto che,  da  un  lato,  il
requisito della residenza anagrafica in Toscana da  almeno  due  anni
non  contrasti  con  il  principio   di   uguaglianza   e   non   sia
irragionevole; dall'altro lato, che il comma 4, lettera b)  dell'art.
5 legge  regionale  n.  73/2018  non  puo'  essere  disapplicato  per
incompatibilita'  con  le  norme   sovranazionali   segnalate   dalla
ricorrente, cioe' l'art. 21  della  Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione europea, l'art.  14  della  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali,  e
la  Convenzione  ONU  sui  diritti  delle  persone  con  disabilita',
trattandosi  di   disposizioni   non   sufficientemente   precise   e
dettagliate. 
    La ricorrente ha impugnato tale ordinanza dinanzi a questa  Corte
d'appello. Ha criticato in primo luogo la declaratoria  di  manifesta
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art.
5, comma 4, lettera b), in quanto, anche  in  base  alla  consolidata
giurisprudenza  costituzionale,  la   limitazione   dell'accesso   al
contributo non puo' ritenersi ragionevole, avulsa com'e' dal  bisogno
specifico  che  la  norma  intende  tutelare.  In  secondo  luogo  ha
lamentato che il  Tribunale  abbia  considerato  prive  di  efficacia
diretta le fonti sovranazionali sopra indicate, che  in  realta',  in
quanto vietano le  discriminazioni  in  danno  dei  disabili,  devono
ritenersi di per se' precise ed incondizionate. Gli enti convenuti si
sono costituiti, ribadendo le difese gia' esposte in primo grado. 
    All'udienza del 17 novembre 2022  questa  Corte  ha  disposto  lo
scambio delle comparse conclusionali e delle memorie  di  replica  ai
sensi dell'art.  352  codice  di  procedura  civile  Le  parti  hanno
depositato i rispettivi atti. 
    Recita l'art. 5 legge regionale Toscana n.  73/2018,  per  quanto
interessa in questa sede: 
        «1. La Regione, al fine di sostenere le  famiglie  con  figli
disabili minori di diciotto anni, istituisce  un  contributo  annuale
per il triennio 2019-2021 pari a euro 700,00 a favore delle  famiglie
in possesso dei requisiti di cui al comma 4, per ogni minore disabile
ed  in  presenza  di  un'accertata  sussistenza  nel  disabile  della
condizione di handicap grave di cui all'art. 3 comma 3, della legge 5
febbraio 1992 n. 104 (Legge-quadro per  l'assistenza,  l'integrazione
sociale e i diritti delle persone handicappate). 
        2. (...) 
        3. I contributi di cui al comma 1 sono concessi dal comune di
residenza del richiedente a seguito di istanza presentata entro il 30
giugno di ciascun anno di riferimento del  contributo.  L'istanza  di
concessione del contributo e' presentata dalla madre o dal padre  del
minore disabile, o da chi esercita la responsabilita' genitoriale.  I
contributi concessi sono comunicati alla  regione,  che  provvede  ai
relativi pagamenti. 
        3-bis. (...) 
        4. I requisiti per  la  concessione  del  contributo  sono  i
seguenti: 
          a) il genitore che presenta  domanda  deve  far  parte  del
medesimo nucleo familiare del figlio minore disabile per il quale  e'
richiesto il contributo; 
          b) sia il genitore sia il  figlio  minore  disabile  devono
essere residenti in Toscana, in modo continuativo, in  strutture  non
occupate abusivamente, da almeno  ventiquattro  mesi  antecedenti  la
data del 1° gennaio dell'anno di riferimento del contributo; 
          c) il genitore che presenta  domanda  e  il  figlio  minore
disabile devono far parte di un nucleo familiare  convivente  con  un
valore dell'indicatore della situazione economica equivalente  (ISEE)
non superiore ad euro 29.999,00; 
          d) (abrogato). 
        5. Le  istanze  di  concessione  dei  benefici  sono  redatte
secondo uno schema-tipo approvato con decreto del responsabile  della
competente struttura  regionale,  e  sono  corredate  da  certificato
comprovante l'handicap grave di cui all'art. 3, comma 3  della  legge
n.  104/1992  e  dall'attestazione  Isee  aggiornata  in   corso   di
validita'. La modulistica e' pubblicata sul sito istituzionale  della
regione. 
        6. (...) 
        6-bis. (...). 
    Ad avviso di questa Corte, la questione di  costituzionalita'  di
tale norma, precisamente della lettera b) del comma 4, e' rilevante e
non manifestamente infondata, con riguardo all'art. 3 Cost. 
    Di seguito vengono  esposte  le  ragioni  della  rilevanza  della
questione nel presente giudizio. 
    1. J. M. ha regolarmente presentato la domanda amministrativa  di
contributo, condizione per il  riconoscimento  del  diritto.  Risulta
infatti dai documenti di causa che  essa,  dopo  aver  effettivamente
richiesto tramite mail il .... mere informazioni al Comune di  Arezzo
circa la possibilita' di  ottenere  il  beneficio,  in  data  ...  ha
inviato  una  nuova  mail  che  conteneva,  in  allegato,  il  modulo
predisposto dal comune da lei compilato,  oltre  alla  documentazione
necessaria (Isee, codice fiscale del minore, verbale di  accertamento
della  sua  condizione  di  persona  handicappata  in  situazione  di
gravita'). Non  rileva  il  fatto  che  la  mail  sia  stata  inviata
all'indirizzo di posta elettronica  della  funzionaria  del  servizio
sociale dott.ssa ..., anziche'  al  diverso  indirizzo  indicato  dal
comune nel proprio sito istituzionale: la legge non prevede modalita'
vincolanti per inoltro dell'istanza, che comunque ha avuto luogo. 
    2. Deve ritenersi provato che la ricorrente sia madre del  minore
A. M., risultando tale qualita' dal decreto del Tribunale  di  minori
di Firenze  n.  ...,  in  atti,  con  cui  e'  stata  autorizzata  la
permanenza in Italia per tre anni ai sensi  dell'art.  31,  comma  3,
decreto legislativo n. 286/1998 (ossia per «gravi motivi connessi con
lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'eta' e  delle  condizioni
di salute del minore ...)». Il rapporto di  mera  convivenza  di  cui
riferisce il Comune di Arezzo  e',  in  realta',  di  convivenza  con
l'intestatario della scheda anagrafica, diverso da J. M. 
    Superate tali due eccezioni logicamente  pregiudiziali,  e  nella
pacifica ricorrenza degli altri requisiti previsti dall'art. 5, comma
4, deve poi darsi atto che non e' possibile la disapplicazione  della
lettera b) di tale comma  per  contrasto  con  fonti  sovranazionali,
quali l'art. 21 della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea o l'art. 14 della Convenzione europea dei diritti  dell'uomo;
disapplicazione che, eliminando il requisito della  residenza  almeno
biennale nel  territorio  regionale,  condurrebbe  di  per  se'  alla
decisione del giudizio con l'accoglimento della domanda di M , il cui
petitum principale, come si e' detto, e' la condanna dei convenuti al
pagamento  del  contributo.  Tali  norme  sanciscono  il  divieto  di
discriminazione fondata, tra l'altro,  sull'handicap  o  comunque  su
qualsiasi condizione personale. Ma M. non e' discriminata  in  quanto
disabile o in quanto madre di un  disabile.  La  sua  esclusione  dal
contributo dipende invece, dal fatto che ha la  residenza  anagrafica
in Toscana da meno  di  due  anni  prima  della  presentazione  della
domanda. 
    Per questo motivo, la disapplicazione non  e'  possibile  neppure
per contrasto con la Convenzione  delle  Nazioni  Unite  sui  diritti
delle persone con disabilita', ratificata dall'Italia  con  legge  n.
18/2009, trattato che impegna gli  Stati  contraenti  a  tutelare  in
vario modo le persone disabili dalle discriminazioni di  cui  possono
essere vittime  in  ragione,  appunto,  della  loro  disabilita'.  La
ricorrente sostiene che, comunque, la sua esclusione  dal  contributo
integra una discriminazione  ai  sensi  dell'art.  2  della  suddetta
Convenzione ONU, perche' costituisce  rifiuto  di  un  «accomodamento
ragionevole».  Nella  sua  prospettazione,   la   stessa   previsione
legislativa di un contributo economico in favore delle  famiglie  con
minori disabili costituirebbe un «accomodamento ragionevole»,  quindi
l'ente pubblico non potrebbe negarlo sulla base di criteri che  nulla
hanno a che vedere con la disabilita', perche' cio' violerebbe l'art.
5 comma III della Convenzione («Al fine di  promuovere  l'uguaglianza
ed eliminare la discriminazione, gli stati  Parti  adottano  tutti  i
provvedimento  appropriati,   per   garantire   che   siano   forniti
accomodamenti ragionevoli»). Senonche', ad avviso di questa Corte una
misura  legislativa  di  carattere  generale  come  quella   prevista
dall'art. 5, legge regionale n. 73/2018 non rientra nella nozione  di
«accomodamento  ragionevole»,  fornita  dallo  stesso  art.  2  della
Convenzione («per accomodamento ragionevole si intendono le misure  e
gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano  un  onere
sproporzionato o eccessivo, adottati, ove ve  ne  sia  necessita'  in
casi particolari, per  garantire  alle  persone  con  disabilita'  il
godimento e l'esercizio, su base di uguaglianza  con  gli  altri,  di
tutti i diritti umani e delle liberta'  fondamentali»)  e  confermata
dall'art. 23  della  stessa,  in  materia  di  diritto  dei  disabili
all'istruzione («Nell'attuazione di tale  diritto,  gli  Stati  Parti
devono  assicurare  che:  ...  c)  venga  fornito  un   accomodamento
ragionevole in funzione dei bisogni di ciascuno»). La disposizione in
esame, finalizzata a sostenere il reddito delle famiglie  con  minori
disabili in ragione delle maggiori spese di cura e di assistenza  che
devono  sostenere,  pare  piuttosto  rientrare  nell'art.   4   della
Convenzione, in base al quale «Con riferimento ai diritti  economici,
sociali e culturali, ogni Stato Parte si impegna a  prendere  misure,
fino al massimo delle risorse di cui dispone e, ove  necessario,  nel
quadro della  cooperazione  internazionale,  al  fine  di  conseguire
progressivamente  la  piena  realizzazione  di  tali  diritti,  senza
pregiudizio per gli obblighi contenuti nella presente Convenzione che
siano  immediatamente   applicabili   in   conformita'   al   diritto
internazionale.». Tale disposto, tuttavia,  nel  prevedere  l'obbligo
degli  Stati  membri  di  adottare  azioni  positive  in  favore  dei
disabili, non ha effetto diretto nel diritto interno.  Certamente  la
Convenzione fa parte del  diritto  dell'Unione  europea,  che  vi  ha
aderito con la decisione  del  Consiglio  del  26  novembre  2009  n.
2010/48/CE, come sottolinea la difesa appellante, ma il contenuto del
citato  art.  4  non  e'   sufficientemente   preciso,   e   non   e'
incondizionato, perche' presuppone necessariamente una  normativa  di
attuazione. 
    La  norma  in  questione  non  puo'   essere   neppure   ritenuta
discriminatoria per motivi di nazionalita', e  quindi  disapplicabile
per questa via. Se e' vero che, secondo  i  dati  statistici  forniti
dalla difesa appellante, e' piu' difficile per gli stranieri maturare
un requisito di «lungoresidenza» avendo un  tasso  di  mobilita'  sul
territorio nazionale piu' elevato di quello dei  cittadini  italiani,
tale maggior difficolta' non sembra rilevare quando la  durata  della
residenza richiesta e' di due anni, ma piuttosto quando  -  come  nei
casi richiamati dalla stessa difesa - la si esige  per  periodi  piu'
lunghi, tali da  interferire  effettivamente  con  le  necessita'  di
spostamento sul territorio nazionale per motivi legati al lavoro. 
    Pertanto, alla luce di tali considerazioni, e tenuto conto  delle
conclusioni della  ricorrente,  risulta  ineludibile  ai  fini  della
decisione l'applicazione dell'art. 5, legge regionale n. 73/2018,  ed
in particolare del suo comma 4, lettera b). Si  sottolinea  che  tale
norma introduce  un  requisito  dirimente,  per  l'ottenimento  della
prestazione, e non un semplice criterio  preferenziale.  In  mancanza
del  requisito  della  residenza  anagrafica   almeno   biennale   la
ricorrente non puo' ottenere  il  contributo,  indipendentemente  dal
fatto che suo figlio minore  sia  stato  dichiarato  handicappato  in
situazione di  gravita'  dalla  competente  commissione  dell'Azienda
sanitaria pubblica, e indipendentemente  dal  fatto  che  l'ISEE  del
nucleo familiare sia inferiore a 30.000 euro. 
    Non e' possibile un'interpretazione costituzionalmente  orientata
di tale disposizione, anzi non e'  possibile  alcuna  interpretazione
che sia diversa da quella fatta palese dal significato proprio  delle
sue  parole,  semplici  ed  inequivocabili  («I  requisiti   per   la
concessione sono i seguenti: ...»; «b) sia il genitore sia il  figlio
minore  disabile  devono  essere  residenti  in  Toscana,   in   modo
continuativo ... da almeno ventiquattro mesi antecedenti la data  del
1° gennaio dell'anno di riferimento del contributo». 
    Quanto alla non manifesta infondatezza, si osserva quanto  segue.
Alla luce del principio di uguaglianza  espresso  dall'art.  3  della
Costituzione, l'esclusione della ricorrente dal contributo appare  un
trattamento ingiustificatamente deteriore, rispetto  a  quello  delle
altre famiglie con minori disabili che risiedono in Toscana da almeno
due  anni  prima  del  1°  gennaio  dell'anno  in  cui  chiedono   il
contributo. La mancanza di giustificazione si vede in due aspetti. Il
primo e' che la residenza almeno biennale in Toscana  non  ha  a  che
vedere con la condizione di svantaggio che la legge  regionale  vuole
alleviare, cioe' quella della disabilita' unita ad un reddito  medio-
basso, sicche' non si vede perche', in relazione a  tale  condizione,
dovrebbero essere preferite le famiglie residenti da almeno due  anni
nella Regione a quelle che invece, per vicende casuali  di  vita,  di
lavoro etc.,  non  hanno  ancora  maturato  questa  stanzialita'.  Il
secondo aspetto e' che le famiglie residenti da almeno due anni - che
costituiscono appunto il tertium comparationis - potrebbero avere  al
loro interno minori con un grado di disabilita' meno grave di  quello
di A. M., oppure potrebbero possedere un reddito piu' elevato  -  sia
pur entro la soglia di 30.000 euro - e  nonostante  cio'  fruirebbero
del contributo. 
    Non e' qui in discussione il potere  discrezionale  dell'ente  di
limitare  l'erogazione  del  contributo   economico,   tenuto   conto
evidentemente delle risorse finanziarie disponibili. Ma  il  criterio
di limitazione deve essere pur sempre ragionevole, e quindi correlato
alla  disabilita',  eventualmente  associata  al  bisogno  economico.
Sicche', come osserva la difesa della ricorrente, sarebbe ragionevole
riservare il contributo alle famiglie con minori che  presentano  una
disabilita' particolarmente accentuata, o che presentano  determinati
bisogni di inserimento, oppure alle famiglie che versano in stato  di
bisogno economico piu'  stringente,  ma  non  limitarlo  in  base  al
criterio della residenza almeno biennale. Ne' puo' ritenersi  che  il
requisito  della   residenza   almeno   biennale   serva   a   negare
legittimamente il contributo a chi scelga di abitare in Toscana  solo
per approfittare  di  tale  prestazione  economica;  e'  improbabile,
infatti, che una famiglia sposti la sua abitazione da una regione  ad
un'altra, con tutto cio' che comporta un trasferimento -  soprattutto
avendo al proprio interno un minore disabile - solo per fruire di  un
assegno di 700 euro all'anno. 
    La giurisprudenza costituzionale  si  e'  gia'  pronunciata  piu'
volte sulla compatibilita' con l'art. 3  Cost.  del  requisito  della
residenza piu' o meno prolungata sul territorio di una  regione,  per
l'accesso a prestazioni sociali. Ed ha ritenuto  tale  compatibilita'
soltanto  alla  condizione  che,  appunto,  sussista  un  ragionevole
collegamento tra detto requisito e la funzione del servizio  offerto,
dichiarando invece illegittime le  norme  di  legge  -  quasi  sempre
regionale - che lo prevedono senza alcuna  coerenza  con  l'obiettivo
dell'intervento sociale. Cosi' le sentenze n. 7/2021, n. 44/2020,  n.
281/2020, n. 107/2018; nonche' la sentenza n. 222/2013, in cui,  come
nel caso in esame, la durata della residenza  «legittimante»  era  di
due anni. Si legge in particolare, in tale sentenza:  «Questa  Corte,
relativamente alla analoga violazione del  canone  di  ragionevolezza
determinata  dalla  esclusione  da  un  beneficio  per  tutti  coloro
(italiani  e  stranieri)  che  non  siano  residenti  da  un  periodo
protratto e continuativo nel territorio regionale, ha  osservato  che
la legittimita' di  una  simile  scelta  non  esclude  che  i  canoni
selettivi  adottati  debbano  comunque  rispondere  al  principio  di
ragionevolezza, in quanto l'introduzione di regimi  differenziati  e'
consentita solo in presenza di una causa  normativa  non  palesemente
irrazionale  o  arbitraria,  che  sia  cioe'  giustificata   da   una
ragionevole  correlazione  tra  la  condizione  cui  e'   subordinata
l'attribuzione del beneficio e gli altri peculiari requisiti  che  ne
condizionano il riconoscimento e ne definiscono la ratio (sentenza n.
172/2013). Bisogna ora aggiungere che, diversamente che  nell'ipotesi
di discriminazione introdotte tra cittadino e straniero, un  elemento
che qui caratterizza il  giudizio  di  ragionevolezza  e'  costituito
dalla rilevanza che assume la dimensione regionale nella  concessione
o nel diniego di una prestazione sociale. La regione, in quanto  ente
esponenziale  della  comunita'  operante  sul  territorio,  ben  puo'
infatti   favorire,   entro   i   limiti    della    non    manifesta
irragionevolezza, i propri residenti, anche in rapporto al contributo
che essi hanno apportato al progresso della comunita' operandosi  per
un non indifferente lasso di tempo,  purche'  tale  profilo  non  sia
destinato a  soccombere,  a  fronte  di  provvidenze  intrinsecamente
legate ai bisogni della persona, piuttosto che al sostegno dei membri
della  comunita'....  E'  percio'  manifestamente  irragionevole,  ed
incongruo, negare l'erogazione della prestazione a chiunque abbia  la
(sola)  residenza  nella  regione,  posto  che  non  vi   e'   alcuna
correlazione tra il soddisfacimento dei bisogni  primari  dell'essere
umano insediatosi nel territorio regionale e la protrazione nel tempo
di tale insediamento». 
    Per quanto detto,  va  sollevata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 5, comma 4, lettera b) nella  parte  in  cui
subordina la concessione del  contributo  di  cui  al  comma  1  alla
residenza  nella  Regione  Toscana  da   almeno   ventiquattro   mesi
antecedenti la data del  1°  gennaio  dell'anno  di  riferimento  del
contributo, con  riferimento  al  principio  di  uguaglianza  di  cui
all'art. 3 della Costituzione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    visti gli articoli 137 Cost. e 23 legge n. 87/1953; 
    dichiara non manifestamente infondata, in  relazione  all'art.  3
Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma
4, lettera b) legge regionale della Toscana n.  73  del  27  dicembre
2018 nella parte in cui subordina la concessione  del  contributo  di
cui al primo comma dello stesso articolo alla residenza  continuativa
nel territorio regionale per  almeno  ventiquattro  mesi  antecedenti
alla data del 1° gennaio dell'anno di riferimento del contributo; 
    sospende il presente giudizio; 
    manda la cancelleria per la trasmissione degli  atti  alla  Corte
costituzionale; 
    manda la cancelleria per la  notifica  della  presente  ordinanza
alle parti, al presidente della giunta regionale e al presidente  del
Consiglio regionale della Toscana. 
        Firenze, 10 marzo 2023 
 
                       Il Presidente: Baraschi 
 
 
                                                  L'estensore: Mazzeo