N. 99 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 maggio 2023

Ordinanza del 24 maggio 2023 della  Corte  d'appello  di  Napoli  nel
procedimento civile promosso da Nnamdi Edeh Andrew  contro  Ministero
della giustizia.. 
 
Processo civile - Equa riparazione per violazione  della  ragionevole
  durata del processo - Controversie  in  materia  di  riconoscimento
  della   protezione   internazionale   -   Termine   ragionevole   -
  Individuazione del  termine  ragionevole  del  processo  nella  non
  eccedenza della durata di tre anni in primo grado, di due  anni  in
  secondo  grado,  di  un  anno  nel  giudizio  di   legittimita'   -
  Applicabilita'  del  termine  triennale  anche  alla   durata   dei
  procedimenti di primo grado  in  materia  di  riconoscimento  della
  protezione internazionale ex art. 35-bis del d.lgs. n. 25 del 2008. 
- Legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in  caso
  di violazione del  termine  ragionevole  del  processo  e  modifica
  dell'articolo 375 del codice di procedura civile),  art.  2,  comma
  2-bis. 
(GU n.33 del 16-8-2023 )
 
                      CORTE DI APPELLO DI NAPOLI 
 
 
                       Settima sezione civile 
 
    Nella persona del consigliere designato, dott. Michele  Magliulo,
nel procedimento iscritto al n. 947/2023 V.G.,  in  materia  di  equa
riparazione ex legge n. 89/2001,  vertente  tra  Edeh  Andrew  Nnamdi
(C.F. DHENRW84C19Z335I), rappresentato e difeso dall'avv.  Giammarino
Giuseppe ricorrente; 
    e Ministero della giustizia, (C.F. 97591110586), in  persona  del
Ministro pro tempore resistente; 
    letto il ricorso presentato in data 22 aprile 2023 da Edeh Andrew
Nnamdi con il quale viene richiesto l'indennizzo per  l'irragionevole
durata del processo di seguito indicato; 
 
                               Osserva 
 
    Il ricorrente, sig. Edeh Andrew Nnamdi, ha  chiesto  l'indennizzo
per l'irragionevole durata del  processo  civile  svoltosi  in  primo
grado dinanzi al  Tribunale  di  Napoli  - Sezione  specializzata  in
materia di immigrazione,  da  lui  introdotto  con  ricorso  ex  art.
35-bis decreto legislativo n. 25/2008 depositato in data  25  ottobre
2018 e conclusosi il 21 marzo 2022 con il  deposito  del  decreto  n.
cron. 2695/2022, che aveva  parzialmente  accolto  - riconoscendo  la
protezione speciale ex art. 32 comma 3 decreto  legislativo  n. 25/08
come decreto-legge   n.   130/20   conv.   in legge   n.   173/20   -
l'impugnazione della  decisione  della  Commissione  Territoriale  di
Caserta, notificata in data 28 settembre 2018, con la quale era stata
negata al richiedente la protezione internazionale ed il permesso  di
soggiorno per motivi umanitari. 
    Il ricorso e' certamente ammissibile ex art. 4 legge n.  89/2011,
in quanto e' stato depositato il 24 aprile 2023, quindi, nel rispetto
del termine semestrale previsto per la proposizione  del  ricorso  ex
legge Pinto. 
    Parte ricorrente ha dedotto che il giudizio presupposto, durato 3
anni,  4  mesi  e  24  giorni,  ha  superato  il  termine  di  durata
ragionevole dei procedimenti  che,  come  per  quello  in  questione,
dovrebbe  identificarsi  in  sei  mesi,  ossia  nel  termine  fissato
dal decreto legislativo n. 150/2011 in 6 mesi per il primo  grado  di
giudizio.  A  sostegno  dell'assunto  del  ricorrente  si  e'   anche
sostenuto che il termine di quattro mesi fissato per la decisione del
Tribunale dall'art. 35  bis  comma  13  decreto  legislativo  del  28
gennaio 2008 n. 25, modificato dal  decreto-legge  17  febbraio  2017
n.13, convertito in legge 13 aprile 2017 n.46,  sia  da  considerarsi
lex specialis rispetto al termine fissato, in via  generale,  in  tre
anni per il primo grado di giudizio dall'art. 2,  comma  2-bis, legge
n. 89/2001. 
    La tesi sostenuta dal ricorrente non risulta condivisibile. 
    L'art. 2, comma 2-bis legge Pinto stabilisce  che  «si  considera
rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1  se  il  processo
non eccede la durata di tre anni in primo grado, due in secondo grado
e un anno nel giudizio di legittimita'». Tali disposizioni sono state
introdotte dall'art. 55, comma 1, lettera a), numero 2), del d.l.  n.
83 del 2012, al fine di adottare una disciplina legale  uniforme  dei
termini entro cui il giudizio deve reputarsi rispettoso del principio
della ragionevole  durata  del  processo,  enunciato  dall'art.  111,
secondo comma, Cost. e dall'art. 6, paragrafo 1, della CEDU. 
    Ad avviso di questo giudice, il superamento del  termine  per  la
decisione  previsto  dalla  normativa  sopra   richiamata,   che   ha
pacificamente natura ordinatoria, non  rileva  di  per  se'  ai  fini
dell'equo indennizzo, perche' non puo' ritenersi  che  tale  termine,
avente  finalita'   meramente   acceleratoria,   possa   considerarsi
sostitutivo e derogatorio di  quello  previsto  specificamente  dalla
legge in materia di equa  riparazione.  Vi  e',  cioe',  un'obiettiva
indipendenza    dei    due    termini    rispettivamente     previsti
dall'ordinamento per la decisione del procedimento de quo  e  per  la
ragionevole durata del processo, di  guisa  che  il  superamento  del
primo di essi e' insufficiente ai fini del riconoscimento del diritto
all'equo indennizzo di cui alla legge n. 89 del 2001. Un ragionamento
analogo a quello  appena  svolto  e'  pacificamente  seguito  per  il
termine di durata ragionevole dei  procedimenti  della  legge  Pinto,
fissato notoriamente in un anno  nonostante  che  l'art.  3  comma  4
preveda che il giudizio debba essere deciso entro trenta  giorni  dal
deposito del ricorso, e l'art. 5 ter comma 5 che la  definizione  del
giudizio  di  opposizione  debba  avvenire  entro  quattro  mesi  dal
deposito del ricorso l'unico termine decisivo resta quello  stabilito
dalla legge Pinto, non potendosi dubitare che l'art. 2,  comma  2-ter
citato si applichi anche al procedimento  in  materia  di  protezione
internazionale perche' esso si estende «ad ogni  procedimento  civile
per cui non  sia  disposto  diversamente,  e  non  solo  al  giudizio
ordinario di cognizione; tanto e'  vero  che,  per  alcune  procedure
speciali, come quella esecutiva, e quella concorsuale,  la  legge  ha
previsto termini diversi e specifici» (cosi' Corte costituzionale  n.
36 del 19 febbraio 2016). 
    Cio'  posto,  vanno,  per  converso,   considerati:   la   natura
personalissima  dei  diritti  umani  coinvolti  (riconosciuti   dalle
convenzioni  internazionali  e  dalla  Costituzione   italiana),   la
peculiarita' del procedimento connotato dalla semplicita' delle forme
e da esigenze di snellezza e sommarieta' delle indagini (cosi'  Cass.
10 settembre 2020, n.18787), la  stessa  previsione  del  termine  di
quattro mesi per la decisione del giudice (peraltro non reclamabile),
nonche' l'indicazione contenuta nel comma 15 dello stesso art. 35-bis
secondo cui la «controversia e' trattata in  ogni  grado  in  via  di
urgenza»; rilievi dai quali si desume, in modo univoco e convergente,
che  la  tutela  in  materia  di  riconoscimento   della   protezione
internazionale debba essere certamente  soddisfatta  con  particolare
rapidita' e celerita'. 
    Alla stregua di tali considerazioni, non  vi  e'  dubbio  che  la
speciale delicatezza e la notevole rilevanza  della  materia  oggetto
dei procedimenti in esame, inerente il  godimento  di  diritti  umani
fondamentali, esigono, nei giudici, un'accentuata  diligenza  ed  una
specifica loro efficienza anche sul piano temporale, con  conseguente
riduzione del parametro di ragionevole durata del processo. Non puo',
percio', ritenersi che,  anche  rispetto  a  tale  procedimento,  sia
adeguato  e  rispettoso  dei  principi  costituzionali   il   termine
triennale  di  durata  ragionevole  previsto  in  via  generale   con
riferimento ai procedimenti civili. 
    Ricapitolando, l'art. 2  comma  2-bis  della  legge  n.  89/2001,
imponendo  di  considerare  ragionevole  la  durata   triennale   del
procedimento di primo grado in materia di protezione  internazionale,
finisce per equiparare e trattare  in  modo  uniforme  procedure  del
tutto  diverse  sotto  l'aspetto  della   congruita'   della   durata
ragionevole dei giudizi, posto che la individuazione di  tale  durata
ex  art.  111  secondo  comma  Cost.  non  puo'   prescindere   dalle
caratteristiche e dalla natura del procedimento.  In  tal  senso,  va
altresi' ricordato che, in sede di  interpretazione  dell'articolo  6
della  Convenzione  europea  sui  diritti  dell'uomo,  la  Corte   di
Strasburgo ha sempre tenuto conto, in particolare, della complessita'
della causa e della rilevanza della «posta in gioco»  al  fine  della
determinazione  del  termine  ragionevole,  e,  tra  gli  esempi   di
categorie  di  cause  che,  per  loro  natura,  esigono   particolare
diligenza e sollecitudine sono fatte rientrare le cause in materia di
stato civile e di capacita' personale  (cfr.  Corte  europea  diritti
dell'uomo sez. I, 5 dicembre 2019, n. 35516). 
    Ne consegue che l'art. 2 comma 2-bis citato, nella parte  in  cui
si  applica  anche  ai  procedimenti   in   materia   di   protezione
internazionale, appare contrastante sia con  l'art.  3,  primo  comma
della Costituzione, sia con gli artt.  111,  secondo  comma,  e  117,
primo  comma,  della  Costituzione,  per  violazione  degli  obblighi
internazionali derivanti dall'art. 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali  che
stabilisce l'analogo principio del «termine ragionevole». 
    Ne' il giudice potrebbe interpretare l'art. 2,  comma  2-bis,  in
senso conforme alla Costituzione, derogando alla suddetta  previsione
normativa e sostituendo al termine triennale un termine inferiore  da
lui  individuato,  ad  esempio,  in  via  analogica,  quello  annuale
previsto per le procedure di legge Pinto, cosi' come deciso in alcuni
precedenti della Corte  di  Appello  di  Napoli.  Al  riguardo,  deve
condividersi l'opinione secondo  la  quale  i  commi  2-bis  e  2-ter
dell'art. 2, nell'affermare che il termine ivi indicato «Si considera
rispettato», sono univoci e non possono che essere intesi  nel  senso
che tale termine debba essere ritenuto  sempre  ragionevole,  perche'
considerato dal legislatore insensibile alla natura del  procedimento
ed  all'eventuale  accertamento  della  maggiore  semplicita'   dello
stesso. Cio' trova conferma nel  fatto  che  questa  affermazione  si
inserisce nell'ambito di un intervento normativo diretto a  sottrarre
alla discrezionalita' giudiziaria la determinazione della  congruita'
del termine,  per  affidarla  invece  ad  una  previsione  legale  di
carattere generale. In tal senso si e'  correttamente  osservato  che
«di fronte all'esplicita previsione normativa, che non prevede durate
diversificate in  ragione  del  diverso  grado  di  complessita'  dei
giudizi,  ogni  argomento  contrario  e'  recessivo»  (cfr.  Cass.  6
dicembre  2021,   n.38471).   Anche   nei   lavori   preparatori   al
decreto-legge n. 83/2012, in particolare all'art. 55,  si  legge  che
l'osservanza dei termini di durata dei  singoli  gradi  di  giudizio,
introdotti dall'art. 2 comma 2-bis, «fa si'  che  sia  rispettato  il
termine  ragionevole  di  durata  del  procedimento  e,  quindi,  non
permette alcuna domanda di indennizzo». 
    Significativo, del resto, e'  che  l'individuazione  del  termine
annuale di durata ragionevole del processo della cd. Legge Pinto  non
e' il frutto di una operazione interpretativa dell'art. 2 comma 2-bis
della stessa  legge,  ma  e'  conseguente  al  necessario  intervento
demolitorio della Corte  costituzionale  che,  con  sentenza  del  19
febbraio 2016, n. 36, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo  -
per violazione degli articoli 111 e 117, comma 1, Cost. -  il  citato
art. 2, comma 2-bis nella parte in cui si  applica  alla  durata  del
processo di primo grado previsto dalla legge  n.  89  del  2001.  Va,
ancora, evidenziato che, nella pronunzia suindicata, la Corte,  sulla
base di  argomentazioni  identiche  a  quelle  sopra  illustrate,  ha
rigettato l'eccezione sollevata dall'Avvocatura generale dello  Stato
secondo  cui  sarebbe  stato  possibile  adottare  un'interpretazione
costituzionalmente conforme  delle  disposizioni  impugnate,  ed  ha,
quindi, disatteso la tesi che il legislatore avrebbe introdotto  solo
«un parametro cui il giudice deve attenersi senza  esserne  vincolato
in termini assoluti», potendone prescindere alla  luce  della  natura
del procedimento. 
    In conclusione, il carattere  vincolante  ed  inderogabile  della
previsione normativa in tema di durata ragionevole  del  procedimento
esclude    la    possibilita'    di    adottare    un'interpretazione
costituzionalmente orientata della  norma  in  esame,  obbligando  il
giudice a sollevare la relativa questione di costituzionalita'. 
    Non si ritiene, poi, compito del giudice a quo indicare quale sia
il termine piu' adeguato al caso di specie, come pure non puo' essere
di ostacolo alla denuncia di illegittimita' co tituzionale il rilievo
che, una volta rimossa la norma  incostituzionale,  l'intervento  del
legislatore possa ritardare o mancare del tutto, potendo l'interprete
sopperire  a  tale  lacuna  utilizzando  i  principi  espressi  dalla
giurisprudenza della Corte di Strasburgo e della Corte di  Cassazione
antecedente alla novella introdotta dal decreto-legge n. 83/2012. 
    Evidente,  infine,  e'   la   rilevanza   della   questione   nel
procedimento in esame, dal momento che l'individuazione della  durata
ragionevole del processo presupposto,  contenuta  nelle  disposizioni
della cui legittimita' costituzionale si dubita,  influisce  in  modo
determinante  sul  diritto  all'indennizzo  richiesto  nonche'  sulla
misura dello stesso, e, di conseguenza, sulla decisione richiesta dal
ricorrente.  
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte di Appello di Napoli, settima sezione civile: 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87: 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 2 comma 2-bis  della  Legge  24
marzo 2001 n. 89, nella parte in cui si applica anche alla durata dei
procedimenti di  primo  grado  in  materia  di  riconoscimento  della
protezione  internazionale  ex  art.  35-bis decreto   legislativo n.
25/2008; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso. 
    Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente  del  Consiglio
dei Ministri, e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati  e
del Senato della Repubblica. 
        Napoli, 22 maggio 2023 
 
                  Il consigliere delegato: Magliulo