N. 101 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 maggio 2023
Ordinanza del 29 maggio 2023 del Tribunale di Torino nel procedimento civile promosso da P. S.. Stato civile - Rettificazione giudiziale di attribuzione di sesso - Effetti della sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso sull'unione civile preesistente - Scioglimento dell'unione civile tra persone dello stesso sesso - Denunciata preclusione della possibilita' di convertire l'unione civile in matrimonio, previa dichiarazione congiunta dell'attore e dell'altro contraente dell'unione, in caso di accoglimento della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei contraenti, senza soluzione di continuita' con il precedente vincolo. - Legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze), art. 1, comma 26. Stato civile - Rettificazione giudiziale di attribuzione di sesso - Effetti della sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso sull'unione civile preesistente - Scioglimento dell'unione civile tra persone dello stesso sesso - Possibilita' che alle parti di un'unione civile, fino alla precisazione delle conclusioni, con dichiarazione congiunta, resa personalmente in udienza, sia consentito esprimere la volonta', in caso di accoglimento della domanda, di unirsi in matrimonio, effettuando le eventuali dichiarazioni riguardanti il regime patrimoniale e la conservazione del cognome comune, nonche' che il Tribunale, con la sentenza di accoglimento della domanda, ordini all'ufficiale di stato civile di iscrivere il matrimonio nel registro degli atti di matrimonio e di annotare le eventuali dichiarazioni rese dalle parti relative alla scelta del cognome e al regime patrimoniale - Omessa previsione. - Decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), art. 31, comma 4-bis, inserito dall'art. 7 del decreto legislativo 19 gennaio 2017, n. 5 (Adeguamento delle disposizioni dell'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, nonche' modificazioni ed integrazioni normative per la regolamentazione delle unioni civili, ai sensi dell'articolo 1, comma 28, lettere a) e c), della legge 20 maggio 2016, n. 76). Stato civile - Rettificazione giudiziale di attribuzione di sesso - Effetti della sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso sull'unione civile preesistente - Scioglimento dell'unione civile tra persone dello stesso sesso - Omessa previsione che l'ufficiale dello stato civile del Comune di costituzione dell'unione civile o di registrazione se costituita all'estero, ricevuta la comunicazione della sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso, proceda alla trascrizione del matrimonio nel registro degli atti di matrimonio, con le eventuali annotazioni relative al cognome e al regime patrimoniale. - Decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), art. 70-octies, comma 5, aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 19 gennaio 2017, n. 5 (Adeguamento delle disposizioni dell'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, nonche' modificazioni ed integrazioni normative per la regolamentazione delle unioni civili, ai sensi dell'articolo 1, comma 28, lettere a) e c), della legge 20 maggio 2016, n. 76).(GU n.34 del 23-8-2023 )
TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO Sezione VII civile Il Tribunale, composto dagli Ill.mi sig.ri: dott. Renata Silva - Presidente dott. Paola Boemio - Giudice dott. Federica Francesca Levrino - Giudice relatore - Estensore nel procedimento civile di primo grado iscritto al n. r.g. 14764/2022 avente ad oggetto: rettificazione anagrafica di attribuzione di sesso ed autorizzazione all'intervento chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali promosso da: P S (C.F. ) elettivamente domiciliato al in presso lo studio dell'avv.to Marco Rapicavoli (c.f. RPCMRC68A07L219Z) che lo rappresenta e difende come da procura in atti parte ricorrente contro pubblico ministero c/o procura generale di Torino parte resistente e contro B S terzo chiamato contumace a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 21 marzo 2023 ha emesso la seguente Ordinanza Premesso in fatto, con atto di citazione ritualmente notificato, P S , avendo allegato disforia di genere e documentato il percorso di transizione dal genere maschile a quello femminile, ha domandato a questo Tribunale di disporre la rettificazione di attribuzione di sesso da maschio a femmina e la rettificazione del prenome da P a «S », nonche', in caso di accoglimento della domanda e ricorrendone le condizioni di legge, di trasformare l'unione civile tra l'attore medesimo e il sig. B S , in matrimonio, con le relative annotazioni di legge nei registri dell'ufficiale dello stato civile del Comune di . Nel contraddittorio con il solo pubblico ministero, non essendo l'attore legato da rapporti di coniugo ne' avendo figli, stante inoltre la contumacia del terzo chiamato B S , unito civilmente con l'attore, cui veniva in ogni caso notificato l'atto di citazione, omessa ogni ulteriore attivita' istruttoria, per essere la causa documentalmente istruita, all'udienza dell'8 novembre 2022, e' stato assegnato un termine a parte attrice per il deposito di memoria autorizzata onde meglio chiarire la richiesta di conversione dell'unione civile in matrimonio. Alla successiva udienza del 21 marzo 2023, sono comparsi personalmente l'attore e il sig. B S ed entrambi congiuntamente hanno dichiarato di intendere costituire e/o trasformare, in caso di accoglimento della domanda di rettifica di sesso, l'unione civile in matrimonio. All'esito, il difensore dell'attore ha precisato le conclusioni richiamando quelle di cui all'atto introduttivo, instando affinche' il Tribunale sollevasse la questione di legittimita' costituzionale con riferimento all'art. 26 della legge n. 76/2016, manifestando l'intenzione del proprio assistito di procedere, in caso di declaratoria di irrilevanza o manifesta infondatezza della questione, alla rinuncia agli atti del giudizio. La domanda di rettificazione anagrafica di attribuzione di sesso dispiegata da P S , a mente di questo Tribunale, appare verosimilmente fondata e meritevole di accoglimento. L'art. 1 legge n. 164/1982 stabilisce che «La rettificazione (di attribuzione di sesso) si fa in forza di sentenza del Tribunale passata in giudicato che attribuisca ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell'atto di nascita a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali». L'art. 31 decreto legislativo n. 150/2011 prevede, inoltre, che «quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, il Tribunale lo autorizza con sentenza passata in giudicato»; tuttavia, la Corte costituzionale, con la sentenza interpretativa di rigetto n. 221 del 5 novembre 2015 nonche' con la successiva sentenza n. 180 del 2017, e la Corte di cassazione, con la sentenza n. 15138/2015, pronunce condivise da questo Tribunale, hanno chiarito, valorizzando il dato testuale di cui all'art. 31, comma 4, decreto legislativo n. 150/2011 («quando risulta necessario»), che per la rettificazione di attribuzione di sesso prevista dall'art. 1 legge n. 164/1982 non deve piu' considerarsi presupposto imprescindibile il trattamento chirurgico di modificazione dei caratteri sessuali anatomici primari, sufficiente essendo il rigoroso accertamento, da parte del giudice di merito, del disturbo di identita' di genere e di un serio, univoco e tendenzialmente irreversibile percorso individuale di acquisizione di una nuova identita' di genere. La Corte costituzionale ha, in particolare, affermato che «il ricorso alla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali risulta, quindi, autorizzabile in funzione di garanzia del diritto alla salute, ossia laddove lo stesso sia volto a consentire alla persona di raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico, in particolare in quei casi nei quali la divergenza tra il sesso anatomico e la psicosessualita' sia tale da determinare un atteggiamento conflittuale e di rifiuto della propria morfologia anatomica. La prevalenza della tutela della salute dell'individuo sulla corrispondenza fra sesso anatomico e sesso anagrafico, porta a ritenere il trattamento chirurgico non quale prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione - come prospettato dal rimettente -, ma come possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico.» (sent. 221/2015). Nella sentenza n. 180/2017, inoltre, il Giudice delle leggi ha, peraltro, sottolineato «la necessita' di un accertamento rigoroso non solo della serieta' e univocita' dell'intento, ma anche dell'intervenuta oggettiva transizione dell'identita' di genere, emersa nel percorso seguito dalla persona interessata; percorso che corrobora e rafforza l'intento cosi' manifestato. Pertanto, in linea di continuita' con i principi di cui alla richiamata sentenza, va escluso che il solo elemento volontaristico possa rivestire prioritario o esclusivo rilievo ai fini dell'accertamento della transizione». Nel caso di specie, ritiene questo Tribunale che sia stata probabilmente raggiunta la prova della serieta' e tendenziale irreversibilita' del percorso di transizione condotto dall'attore, risultando dagli atti di causa, che: P S e' seguito dal Centro interdipartimentale disturbi identita' di genere (C.I.D.I.Ge.M.) dell'Azienda ospedaliera universitaria sin dal ; la relazione clinica conclusiva del C.I.D.I.Ge.M. - dott.ssa C C del attesta la sussistenza della disforia di genere, rilevando come P S viva «il ruolo di genere femminile in contesti privati sociali e professionali» e di come «tale condizione si sia manifestata in eta' adolescenziale ed e' presumibilmente irreversibile»; la relazione psichiatrica del C.I.D.I.Ge.M. - dott.ssa G A - del afferma che «S P «S » presenta un'identita' psicosessuale femminile da considerarsi, al di la' di ogni ragionevole dubbio, stabile ed irreversibile», escludendo, peraltro, la necessita' che la parte si sottoponga ad intervento di vaginoplastica, «sia perche' - l'attore - non prova disforia intensa per il genitale maschile e sia perche' lo ritiene invasivo e pericoloso per le sue condizioni internistiche» e da' atto del «disagio nel doversi pubblicamente giustificare e fornire spiegazioni sulla propria storia personale e sessuale per l'incongruenza tra l'anagrafica maschile ed il genere esperito/espresso femminile»; la relazione endocrinologica del C.I.D.I.Ge.M. - dott.ssa G M - del , da' atto che P S ha iniziato un percorso di approfondimento per disforia di genere presso il Centro nel , riferendo come nel corso del colloquio conoscitivo la parte avesse ammesso di aver assunto in varie fase della vita ed anche in modo autonomo e non medicalmente controllato, terapia ormonale femminilizzante (negli anni , poi negli e infine dal al ) e di come, eseguiti gli approfondimenti diagnostici del caso, considerata la storia clinica dell'attore e le patologie cui e' affetto «si sono evidenziate controindicazioni mediche alla ripresa della terapia ormonale gender affirming femminilizzante. Tale terapia infatti potrebbe potenzialmente peggiorare il gia' fragile stato di salute di »; la stessa relazione endocrinologica, tuttavia, ha attestato che l'attore, nonostante non abbia ripreso il trattamento ormonale iniziato in passato, «vive come soggetto femminile nelle sue realta' sociali con comportamenti adeguati e conformi al suo sentirsi donna», riferendo provare «estremo disagio per l'incongruenza tra il suo aspetto fenotipico femminile e la sua anagrafica maschile». Ritiene, pertanto, il Tribunale che, alla luce delle apparentemente univoche risultanze mediche provenienti da centro pubblico specializzato, il sesso attribuito nell'atto di nascita verosimilmente non corrisponda piu' all'identita' attuale di P S e dovrebbe, pertanto, procedersi alla rettificazione di attribuzione di sesso da maschile a femminile, con conseguente ordine all'ufficiale di stato civile di provvedere alle necessarie rettifiche sul relativo registro. Inoltre, all'attribuzione a parte attrice del sesso femminile dovrebbe conseguire necessariamente anche l'attribuzione di un nuovo nome, corrispondente al sesso. L'attribuzione del nuovo nome - pur non essendo espressamente disciplinata dalla legge n. 164/1982 - consegue infatti all'attribuzione di sesso differente, al fine di evitare una discrepanza inammissibile tra sesso e nome, come, peraltro si evince sia dall'art. 5 legge n. 164/82 («Le attestazioni... sono rilasciate con la sola indicazione del nuovo sesso e nome»), sia dalla normativa in materia di stato civile (art. 35 decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000 n. 396) che prevede che il nome di una persona deve corrispondere al sesso. Il prenome di parte attrice dovrebbe pertanto essere rettificato, conformemente a quanto richiesto, da «P » in «S », risultando quest'ultimo il nome con il quale da molti anni parte attrice sembrerebbe essere conosciuta nel mondo esterno. In forza dell'art. 26 della legge n. 76/2016, «la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso determina lo scioglimento dell'unione civile tra persone dello stesso sesso»; tuttavia parte attrice ha espressamente domandato che in caso di accoglimento della domanda, si proceda alla costituzione dell'unione matrimoniale con conseguente annotazione nei registri dell'ufficiale dello stato civile del Comune di . Questo Tribunale, investito dunque della decisione in ordine alla predetta ultima istanza, apparendo la domanda di attribuzione di rettificazione dei sesso verosimilmente fondata, reputa che la questione di legittimita' costituzionale di cui al combinato disposto degli articoli 1, comma 26, legge 20 maggio 2016 n. 76, art. 31 commi 3 e 4-bis, decreto legislativo 1° settembre 2011 n. 150 e 70-octies, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000 n. 396, in relazione agli articoli 2, 3 e 117 Cost e quali parametri interposti ai sensi di quest'ultima disposizione, agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, sia rilevante e non manifestamente infondata, per i motivi che seguono. Sulla non manifesta infondatezza, con la sentenza n. 170 del 2014 la Corte costituzionale - anteriormente all'entrata in vigore del comma 27 dell'art. 1 del decreto legislativo 76/2016 e dell'inserimento del comma 4-bis all'art. 31 del decreto legislativo n. 150/2011 - ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli articoli 2 e 4 della legge n. 164 del 1982 (e, in via consequenziale, dell'art. 31, comma 6, del decreto legislativo n. 150 del 2011, che ha sostituito l'abrogato art. 4 della predetta legge n. 164 del 1982, riproducendone il contenuto), nella parte in cui non prevedevano che la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che provoca lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, consentisse, ove entrambi lo richiedessero, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata che ne tutelasse, adeguatamente, i diritti e gli obblighi, con modalita' da statuirsi dal legislatore. Ha ritenuto in quell'occasione la Corte come la normativa censurata risolvesse il contrasto tra opposti interessi - da un lato, dello Stato, a non modificare il modello eterosessuale del matrimonio e dall'altro, della coppia, a mantenere in essere la preesistente unione, salvaguardando la liberta' di scelta compiuta dall'un coniuge con il consenso dell'altro, concernente la propria identita' personale - senza operare alcun bilanciamento e, dunque, tutelando esclusivamente l'interesse statuale, senza riconoscere rilevanza al pregresso vissuto della coppia, non piu' eterosessuale, nel contesto di un regolare matrimonio, con la conseguenza di lasciarla automaticamente priva di tutela, non avendo previsto alcuna «forma di comunita'» connotata da «stabile convivenza tra due persone, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione» (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 138/2010). Nello stesso senso si e' anche espressa la Corte di cassazione (si veda, ex multiis, Cassazione civ. Sez. I sentenza, 21 aprile 2015, n. 8097) secondo cui "La rettificazione di attribuzione di sesso di persona coniugata non puo' comportare, a seguito della declaratoria di illegittimita' costituzionale degli articoli 2 e 4 della legge 14 aprile 1982, n. 164, operata con la sentenza, additiva di principio, n. 170 del 2014 della Corte costituzionale, la caducazione automatica del matrimonio, poiche' non e' costituzionalmente tollerabile, attesa la tutela di cui godono le unioni tra persone dello stesso sesso ai sensi dell'art. 2 Cost., una soluzione di continuita' del rapporto, tale da determinare una situazione di massima indeterminatezza del nucleo affettivo gia' costituito, sicche' il vincolo deve proseguire, con conservazione ai coniugi del riconoscimento dei diritti e doveri conseguenti al matrimonio, sino a quando il legislatore non intervenga per consentire alla coppia di mantenere in vita il rapporto con altra forma di convivenza registrata che ne tuteli adeguatamente diritti ed obblighi». In seguito alla citata sentenza del Giudice delle leggi ed alle sollecitazioni ricevute in tal senso anche dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (cfr. sentenza 21.7.2015, e altri contro Italia), il legislatore e' intervenuto introducendo l'istituto dell'unione civile con la legge 76 del 2016; successivamente, in sede di attuazione della delega contenuta nell'art. 1, comma 28, della stessa legge ai fini dell'adeguamento ad essa delle disposizioni dell'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, ha inserito, con l'art. 7 del decreto legislativo n. 5 del 2017, il comma 4-bis all'interno dell'art. 31 del decreto legislativo n. 150 del 2011, che disciplina il rito per i procedimenti di rettificazione dell'attribuzione di sesso. L'introduzione di tale disposizione adegua le norme su detti procedimenti alla previsione del comma 27 dell'art. 1 della legge n. 76 del 2016, secondo il quale «[a]lla rettificazione anagrafica di sesso, ove i coniugi abbiano manifestato la volonta' di non sciogliere il matrimonio o di non cessarne gli effetti civili, consegue l'automatica instaurazione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso». Infine, il decreto legislativo n. 5 del 2017 ha aggiunto al decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 l'art. 70-bis, il quale, al comma 5, dispone che, nella ipotesi di cui all'art. 31, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 150 del 2011, l'ufficiale dello stato civile del Comune di celebrazione del matrimonio o di trascrizione se avvenuto all'estero, ricevuta la comunicazione della sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso, procede alla iscrizione dell'unione civile nel relativo registro, con le eventuali annotazioni relative alla scelta del cognome e al regime patrimoniale. Nell'ambito della riforma, dunque, il legislatore ha avuto modo di recuperare il senso della pronuncia n. 170 del 2014 nella parte in cui, tra l'altro, si preoccupava di evitare il prodursi di un deficit temporale di tutela, avuto riguardo ai diritti ed obblighi della coppia, introducendo, con il citato comma 4-bis, un meccanismo che, destinato ad operare nei giudizi di rettificazione anagrafica del sesso, consente alla persona che ha proposto la domanda di rettificazione di attribuzione di sesso ed al coniuge, di rendere una dichiarazione congiunta, esprimendo la volonta', in caso di accoglimento della domanda, di costituire l'unione civile. Nell'ambito della citata normativa non si rinviene tuttavia analoga disposizione di legge che consenta, qualora la coppia omossessuale sia unita civilmente ed uno dei suoi componenti concluda favorevolmente un giudizio di rettificazione di attribuzione di sesso, di trasformare, con il consenso di entrambi i componenti e senza soluzione di continuita', il precedente rapporto in matrimonio, proprio in ragione dell'acquisita eterosessualita' che costituisce matrice intangibile dell'istituto matrimoniale secondo l'ordinamento interno. Tale vulnus normativo, a mente di questo Tribunale, integra una violazione degli articoli 2 e 3 Cost, laddove introduce una ingiustificata disparita' di trattamento in situazioni analoghe - dal matrimonio all'unione civile ma non viceversa - ed una ingiustificata limitazione alla liberta' fondamentale dell'individuo, considerando l'automatico scioglimento dell'unione civile (in forza del art. 1 comma 26 della legge n. 76/2016), senza contestuale istituzione dell'unione matrimoniale, pur in presenza dei requisiti di validita' previsti dalla legge - capacita', consenso validamente manifestato ed eterosessualita' dei nubendi - con cio' non riconoscendo adeguata protezione e tutela ai suoi componenti, in forza dei doveri solidaristici discendenti dall'essere (stati) essi parte di un gruppo sociale strutturato e legalmente riconosciuto. Sembra, inoltre, profilarsi una violazione, per interposizione normativa di cui all'art. 117 Cost., degli articoli 8 e 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali che tutelano il diritto alla vita privata e familiare, nell'interpretazione consolidatasi nell'ambito della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, laddove si e' giunti a configurare un obbligo positivo per lo Stato di porre in essere un procedimento efficace ed accessibile, atto a consentire al cittadino di far riconoscere legalmente il nuovo sesso pur mantenendo i suoi legami coniugali (si veda sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo Hamalainen comma Finlandia del 16 luglio 2014). Ne consegue che la garanzia accordata, in particolare, dall'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali alla coppia omosessuale legata dal vincolo dell'unione civile registrata, imponga allo Stato di preservare il fulcro dei diritti acquisiti e dei rapporti instaurati durante la vigenza della relazione e cio' anche in seguito all'intervenuta rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei suoi membri, senza soluzione di continuita' e dunque preservandoli anche nelle more della transizione verso la costituzione dell'unione matrimoniale, posto peraltro, come sopra rilevato, che i requisiti per contrarre matrimonio sarebbero di fatto gia' esistenti al momento del passaggio in giudicato della sentenza che attribuisce il sesso diverso al futuro nubendo, assegnando carattere eterosessuale alla precedente unione omoaffettiva. Oggetto della presente doglianza, dunque, e' costituito dal non aver il legislatore previsto anche per i membri dell'unione civile, per l'ipotesi in cui uno di essi abbia positivamente intrapreso il percorso di transizione verso il sesso opposto, la facolta' di mantenere in vita, senza soluzione di continuita', un fulcro di diritti ed obblighi reciproci propri dell'essere (stati) parte di un'unione legalmente riconosciuta e tutelata e cio', dunque, realizzando una irragionevole disparita' di trattamento rispetto alla coppia matrimoniale. Se, infatti, con la sentenza che accoglie la domanda di rettificazione di attribuzione di sesso viene meno il carattere eterosessuale del rapporto precedentemente in essere tra i coniugi e dunque uno dei requisiti costitutivi del matrimonio, con inevitabile scioglimento dello stesso (ai sensi dell'art. 3, comma 2, lettera g) della legge n. 898/70), il legislatore tuttavia ha inteso salvaguardare, peraltro in presenza della sola volonta' concordemente espressa dalle parti nel processo, gli effetti discendenti dal precedente rapporto, senza alcuna interruzione temporale, prevedendo, inoltre, una procedura semplificata di costituzione dell'unione civile. Non cosi' invece nell'ipotesi inversa: laddove venga a mutare il sesso di uno dei partecipanti l'unione civile ma i suoi membri intendano mantenere in vita il precedente consortium vitae e manifestino nel processo la relativa comune decisione, la legge non consente la trasformazione automatica in matrimonio, con la conseguenza di lasciare gli ormai ex partners privi di reciproca tutela per un lasso di tempo a priori indeterminabile ed obbligando gli stessi ad attivarsi, nelle forme ordinarie, per la costituzione dell'unione matrimoniale. Inoltre, la previsione di un trattamento diverso per l'ipotesi dell'unione civile non sembra condivisibile neppure sostenendo che vi siano differenze nella fase di formalizzazione del rapporto che potrebbero impedire l'automatica costituzione del matrimonio, come effetto del passaggio in giudicato della sentenza che accoglie la domanda di rettificazione di attribuzione di sesso, posto che, per un verso, le pubblicazioni matrimoniali (artt. 93-100 codice civile, peraltro omissibili a determinate condizioni, cfr. art. 100 e 101 codice civile) assolvono ad una funzione di mera pubblicita' notizia, finalizzata a consentire ai terzi l'eventuale opposizione in presenza di impedimenti, ma secondo l'orientamento dominante, non incidono sulla validita' o efficacia del rapporto medesimo (si veda in merito Cassazione Cassazione civ. Sez. I, 17 settembre 1993, n. 9578) e, per altro verso, anche per la costituzione dell'unione civile sono prescritte delle formalita' di cui al comma 2 della legge n. 76 del 2016 che, con l'inserimento del successivo comma 27, il legislatore ha ritenuto validamente superate dall'aver i partners reso una dichiarazione comune d'intenti avanti ad un giudice nel corso di un processo, e dal conseguente ordine all'ufficiale dello stato civile, avuta notizia della sentenza che attribuisce il genere diverso, di provvedere alla trascrizione della costituita unione nei pubblici registri, ex art. 70-octies comma 5 decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000 n. 196. Neppure sembra consentito operare un'interpretazione costituzionalmente orientata delle norme in commento posto che l'analogia legis presuppone ex art. 12 comma 2 disp. Prel. Codice civile una lacuna nell'ordinamento, diversamente dal caso in esame in cui, dal combinato disposto delle norme in commento - decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 l'art. 70-bis e comma 27 dell'art. 1 della legge n. 76 del 2016 e art. 31 commi 3 e 4 bis, decreto legislativo 1 settembre 2011 n. 150 - emerge una chiara voluntas legis nel senso di garantire continuita' di tutela alla sola ipotesi dello scioglimento del matrimonio in seguito a rettificazione di sesso di uno dei componenti, mediante trasformazione automatica in unione civile e non viceversa. A tale conclusione si giunge osservando come il legislatore abbia dettato una disciplina delle unioni civili che presenta delle differenze con il matrimonio, sia nella fase genetica (quanto, ad esempio, con riferimento all'eta' dei partners, laddove il comma 2, legge n. 76/2016 richiede la maggiore eta', mentre il matrimonio e' consentito anche all'ultrasedicenne, previa autorizzazione del Tribunale per i Minorenni, come previsto dall'art. 84 c.c.) sia di cessazione (laddove esclude, a differenza del matrimonio, la necessita' che lo scioglimento dell'unione civile sia preceduto da una fase di separazione). Alla luce delle considerazioni che precedono, dunque, deve concludersi nel senso di ritenere che matrimonio e unione civile costituiscano due istituti giuridici diversi, che il legislatore ha disciplinato in maniera differente, con la conseguenza che va esclusa la percorribilita' di un'interpretazione costituzionalmente orientata delle norme esistenti, essendo invece opportuno rimettere ogni valutazione in merito alla legittimita' delle norme in commento alla Corte costituzionale. Sulla rilevanza Nel caso di specie, essendo l'attore unito civilmente al sig. B S , l'accoglimento della domanda dispiegata nel presente giudizio verrebbe a determinare automaticamente lo scioglimento dell'unione civile, con cio' provocando il venir meno di una formazione sociale legalmente riconosciuta che, sulla base dei principi solidaristici di cui all'art. 2 Cost., tutela i propri componenti riconoscendo diritti e obblighi reciproci di assistenza morale e materiale. Orbene, nel lasso di tempo intercorrente tra il passaggio in giudicato della sentenza che dispone il mutamento di attribuzione anagrafica di sesso e l'eventuale celebrazione del matrimonio tra i membri dell'ex unione civile, potrebbe verificarsi un evento nefasto involgente uno dei nubendi, privando l'altro di ogni tutela giuridica e cio' nonostante la volonta' di proseguire il rapporto pur sotto altra veste, in tal senso manifestata da entrambi in udienza ed il fatto che i requisiti per concludere l'unione matrimoniale sarebbero gia' presenti, in quanto verrebbero a costituirsi al momento del passaggio in giudicato della pronuncia costitutiva. Stante il vuoto di tutela predetto, per un lasso di tempo a priori imponderabile - legato anche ad attivita' indipendenti dalla volonta' delle parti e dal mero decorso di termini processuali o di legge - ed il rischio che la parte attrice, nel caso in esame, percepisce concreto - tanto da aver richiesto, per il caso di mancata sollevazione della questione di legittimita' costituzionale, di abbandonare la causa mediante rinuncia agli atti del giudizio - che possa sopraggiungere un peggioramento delle proprie condizioni di salute, ritiene questo Tribunale che la questione di costituzionalita' assuma rilevanza cruciale nella soluzione del caso di specie. Si osserva, infatti, come dall'unione civile derivi, anzitutto, l'obbligo reciproco all'assistenza morale materiale ed alla coabitazione; inoltre, entrambe le parti sono tenute ciascuna in relazione alle proprie sostanze dalla propria capacita' di lavoro professionale e casalingo a contribuire ai bisogni comuni (art. 1 comma 12 legge n. 76/2016) ed il regime patrimoniale dell'unione civile tra persone dello stesso sesso, in mancanza di diversa convenzione patrimoniale, e' costituito dalla comunione dei beni. In caso di morte del prestatore di lavoro le indennita' indicate dagli articoli 2118 e 2120 del codice civile devono corrispondersi anche alla parte dell'unione civile (art. 1 comma 17 legge n. 76/2016). A livello successorio, il comma 21, art. 1, della legge n. 76/2016 estende alle parti dell'unione civile le disposizioni sulle successioni legittime e sulla successione dei legittimari; ne consegue che l'unito civilmente, in quanto erede, avra' diritto alla quota ereditaria spettante al coniuge quale erede necessario e ad abitare nella casa gia' adibita a residenza dei componenti dell'unione civile e potra' inoltre impugnare le donazioni pregresse effettuate dall'altro componente dell'unione civile premorto e che hanno eventualmente leso la sua quota di legittima. Infine, il membro dell'unione civile potra' conseguire, in caso di decesso dell'altro componente, la pensione di reversibilita', facolta' espressamente esclusa dalla Suprema Corte al partner superstite di una coppia omosessuale che, pur avendo stabilmente convissuto per numerosi anni, non aveva formalizzato il rapporto mediante costituzione dell'unione civile, indipendentemente dal fatto che non vi fosse all'epoca alcuna legge che lo consentisse, essendo il decesso di uno dei suoi componenti intervenuto prima dell'entrata in vigore della legge Cirinna' (si veda in merito la sentenza n. 24694/2021, conf. Cassazione civ., Sez. lav., 6 luglio 2016, n. 22318 e Corte costituzionale, 23 ottobre 2000, n. 461 e 8 maggio 2009, n. 140). E' evidente come l'automatico venir meno dell'unione civile e l'assenza di una copertura normativa, che tuteli i partners nel lasso di tempo intercorrente tra il passaggio in giudicato della sentenza che attribuisce il nuovo sesso e la celebrazione dell'unione matrimoniale, determini una irragionevole discriminazione, cancellando di fatto il pregresso legame omoaffettivo, con conseguenti effetti sulla possibilita' di beneficiare concretamente di specifici trattamenti assistenziali, successori e di tutela della salute e della dignita' della persona incapace, normativamente previsti solo per le coppie unite da un legame formalizzato e giuridicamente riconosciuto. Conclusioni L'art. 1, comma 26, legge n. 76/2016, nella parte in cui non lascia alternative ai partners del rapporto omosessuale se non la cessazione del rapporto medesimo, laddove uno di essi, in esito al percorso di transizione personale verso il conseguimento della propria identita' sessuale, ottenga una pronuncia che autorizza la rettificazione del genere, determina, a mente di questo Tribunale, un'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto all'analoga ipotesi disciplinata dal comma successivo che, al contrario, rimette alla sola manifestazione di volonta' dei coniugi la facolta' di instaurare automaticamente l'unione civile omoaffettiva. In altri termini, il legislatore, al contrario di quanto avviene per il matrimonio, non ha previsto per i membri dell'unione civile alcuna opzione che consenta di mantenere in vita e senza alcuna interruzione temporale, il vincolo di coppia, vale a dire nessuna possibilita' di trasformare automaticamente l'unione civile in matrimonio, ma neanche in un istituto giuridico diverso che, in qualche modo, tuteli l'unita' precedente. Peraltro, anche il decreto legislativo n. 5/2017, di adeguamento e coordinamento delle disposizioni vigenti alle norme della legge n. 76/2016, ha disciplinato l'applicazione del comma 27, cioe' delle conseguenze della rettificazione di sesso di uno dei coniugi, senza intervenire nella rettificazione di sesso di una delle parti dell'unione civile. Sono stati, infatti, modificati il comma 5 dell'art. 70-octies, decreto del Presidente della Repubblica n. 396/2000 e l'art. 31, decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, prevedendo che i coniugi che non vogliono sciogliere il matrimonio o farne cessare gli effetti civili, nel corso del giudizio di rettificazione di sesso, rendano manifestazione di volonta' di costituire l'unione civile con la conseguenza che il giudice, una volta definito il procedimento accogliendo la domanda, trasmette all'ufficiale di stato civile del Comune di celebrazione del matrimonio o di trascrizione se avvenuto all'estero, l'ordine di iscrivere l'unione civile nel registro delle unioni civili. Il combinato disposto delle menzionate disposizioni comporta, per la sola ipotesi in cui i coniugi siano uniti da vincolo matrimoniale, che al momento della definitivita' della sentenza di rettificazione di sesso, il matrimonio non si sciolga ma si trasformi automaticamente in unione civile, senza alcuna interruzione temporale. Al momento del passaggio in giudicato della sentenza di rettificazione di sesso e della conseguente annotazione a margine dell'atto di nascita dell'attore, dunque, diviene pienamente efficace anche la dichiarazione di voler mantenere in vita il vincolo precedentemente costituito attraverso l'unione civile; in questo modo, poiche' gia' nel corso del processo e prima dell'emissione della sentenza i coniugi avevano gia' scelto di costituire l'unione civile, viene garantita continuita' al vincolo originario senza generare interruzioni e conseguenti vuoti di tutela. Orbene, appare conforme ai principi solidaristici (art. 2 Cost.) e di non discriminazione (artt. 3 e 117 Cost. e 8 CEDU) che informano l'ordinamento interno, prevedere che tale meccanismo di protezione possa esser accordato anche nel caso in cui il percorso di transizione verso un genere diverso coinvolga il membro di un'unione civile, consentendo anche a tale rapporto, in presenza di concorde volonta' dei partners in tal senso manifestata nel processo, di convertirsi, senza soluzione di continuita', in unione matrimoniale. Nel caso di specie, P S il sig. B S hanno manifestato personalmente in udienza la volonta' di trasformare l'unione civile che li lega da tempo in unione matrimoniale, pertanto, la ritenuta verosimile fondatezza della domanda attorea di rettificazione di attribuzione di sesso, il conseguente effetto demolitorio della pronuncia di accoglimento sul precedente rapporto omoaffettivo, l'assenza di altra copertura normativa analoga per tutto il lasso di tempo intercorrente sino alla celebrazione del futuro matrimonio e l'eventualita' di un possibile evento nefasto che colpisca uno dei partner lasciando l'altro privo di quella tutela connessa all'essere stati parte di una formazione sociale legalmente riconosciuta, non essendo peraltro percorribile altra interpretazione analogica costituzionalmente orientata, inducono questo Tribunale a ritenere opportuno sollevare la questione di legittimita' costituzionale con riferimento alle norme meglio indicate in dispositivo, per violazione dei principi costituzionali e, per parametro interposto, della normativa sovrannazionale della CEDU.
P.Q.M. Il Tribunale di Torino, visti gli articoli 134 Cost, 23 e ss. legge n. 87/1953 dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le seguenti questioni di legittimita' costituzionale: 1) dell'art. 1, comma 26 legge n. 76/2016 nella parte in cui prevede che la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso determina lo scioglimento dell'unione civile tra persone dello stesso sesso, senza alcuna possibilita' di conversione in matrimonio, previa dichiarazione congiunta dell'attore e dell'altro contraente l'unione, in caso di accoglimento della domanda di rettificazione, senza soluzione di continuita' con il precedente vincolo, in relazione all'art. 2 Cost. e, in qualita' di norme interposte, ai sensi dell'art. 117 Cost. degli articoli 8 e 14 della Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo 2) dell'art. 1, comma 26 legge 76/2016, per violazione dell'art. 3 Cost, in quanto dispone lo scioglimento automatico dell'unione civile in caso di rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei contraenti e cio' introducendo un'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a quanto invece previsto dal successivo art. 27 che, nel caso in cui la rettificazione di attribuzione di sesso riguardi una persona legata da vincolo di matrimonio, manifestata la concorde volonta' dei coniugi in tal senso, ammette la trasformazione del matrimonio in unione civile; 3) dell'art. 31 comma 4-bis decreto legislativo n. 150/2011, inserito dall'art. 7 del decreto legislativo 19 gennaio 2017 n. 5, nella parte in cui non prevede che anche la persona che ha proposto la domanda di rettificazione di attribuzione di sesso e l'altro contraente dell'unione civile possano, fino alla precisazione delle conclusioni, con dichiarazione congiunta, resa personalmente in udienza, esprimere la volonta', in caso di accoglimento della domanda, di unirsi in matrimonio, effettuando le eventuali dichiarazioni riguardanti il regime patrimoniale e la conservazione del cognome comune, nonche' nella parte in cui non prevede che il Tribunale, con la sentenza che accoglie la domanda, ordini all'ufficiale dello stato civile del Comune di costituzione dell'unione civile o di registrazione se costituita all'estero, di iscrivere il matrimonio nel registro degli atti di matrimonio e di annotare le eventuali dichiarazioni rese dalle parti relative alla scelta del cognome ed al regime patrimoniale, in relazione agli articoli 2 e 3 Cost. e, in qualita' di norma interposte, ai sensi dell'art. 117 Cost. degli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo; 4) dell'art. 70-octies comma 5 del decreto Presidente della Repubblica del 3 novembre 2000 n. 396 - aggiunto dall'art. 1 comma 1, lettera t) del decreto legislativo 5 del 2017 - nella parte in cui non prevede che anche nell'ipotesi di cui all'art. 31 comma 4-bis del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150, come emendato al punto precedente, l'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di costituzione dell'unione civile o di registrazione se costituita all'estero, ricevuta la comunicazione della sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso, proceda alla trascrizione del matrimonio nel registro degli atti di matrimonio, con le eventuali annotazioni relative al cognome ed al regime patrimoniale, in relazione agli articoli 2 e 3 Cost e, in qualita' di norme interposte, ai sensi dell'art. 117 Cost. degli articoli 8 e 14 della Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo. Dispone l'immediata trasmissione degli atti e della presente ordinanza, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni, alla Corte costituzionale. Sospende il giudizio Ordina la notificazione della presente ordinanza alle parti in causa, al pubblico ministero ed al Presidente del Consiglio dei ministri e la sua comunicazione ai Presidenti delle Camere del Parlamento. Cosi' deciso nella Camera di consiglio della sezione VII civile del Tribunale di Torino in data 2 maggio 2023. Il Presidente: Levrino Il giudice relatore - Estensore: Silva