N. 101 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 maggio 2023

Ordinanza del 29 maggio 2023 del Tribunale di Torino nel procedimento
civile promosso da P. S.. 
 
Stato civile - Rettificazione giudiziale di attribuzione di  sesso  -
  Effetti della sentenza di rettificazione di attribuzione  di  sesso
  sull'unione civile preesistente - Scioglimento  dell'unione  civile
  tra persone dello  stesso  sesso  -  Denunciata  preclusione  della
  possibilita' di convertire l'unione civile  in  matrimonio,  previa
  dichiarazione  congiunta  dell'attore   e   dell'altro   contraente
  dell'unione,   in   caso   di   accoglimento   della   domanda   di
  rettificazione di attribuzione di  sesso  di  uno  dei  contraenti,
  senza soluzione di continuita' con il precedente vincolo. 
-  Legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni  civili
  tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze), art.
  1, comma 26. 
Stato civile - Rettificazione giudiziale di attribuzione di  sesso  -
  Effetti della sentenza di rettificazione di attribuzione  di  sesso
  sull'unione civile preesistente - Scioglimento  dell'unione  civile
  tra persone dello stesso sesso - Possibilita'  che  alle  parti  di
  un'unione civile, fino alla  precisazione  delle  conclusioni,  con
  dichiarazione  congiunta,  resa  personalmente  in   udienza,   sia
  consentito esprimere la volonta', in  caso  di  accoglimento  della
  domanda,  di  unirsi  in  matrimonio,  effettuando   le   eventuali
  dichiarazioni riguardanti il regime patrimoniale e la conservazione
  del cognome comune, nonche' che il Tribunale, con  la  sentenza  di
  accoglimento della domanda, ordini all'ufficiale di stato civile di
  iscrivere il matrimonio nel registro degli atti di matrimonio e  di
  annotare le eventuali dichiarazioni rese dalle parti relative  alla
  scelta del cognome e al regime patrimoniale - Omessa previsione. 
- Decreto  legislativo  1°  settembre  2011,  n.  150   (Disposizioni
  complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione
  e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione,  ai  sensi
  dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), art. 31, comma
  4-bis, inserito dall'art. 7  del  decreto  legislativo  19  gennaio
  2017, n. 5 (Adeguamento delle disposizioni  dell'ordinamento  dello
  stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e  annotazioni,
  nonche'   modificazioni   ed   integrazioni   normative   per    la
  regolamentazione delle unioni civili,  ai  sensi  dell'articolo  1,
  comma 28, lettere a) e c), della legge 20 maggio 2016, n. 76). 
Stato civile - Rettificazione giudiziale di attribuzione di  sesso  -
  Effetti della sentenza di rettificazione di attribuzione  di  sesso
  sull'unione civile preesistente - Scioglimento  dell'unione  civile
  tra persone dello stesso sesso - Omessa previsione che  l'ufficiale
  dello stato civile del Comune di costituzione dell'unione civile  o
  di   registrazione   se   costituita   all'estero,   ricevuta    la
  comunicazione della sentenza di rettificazione di  attribuzione  di
  sesso, proceda alla trascrizione del matrimonio nel registro  degli
  atti di  matrimonio,  con  le  eventuali  annotazioni  relative  al
  cognome e al regime patrimoniale. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 3  novembre  2000,  n.  396
  (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento
  dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della  legge
  15  maggio  1997,  n.  127),  art.  70-octies,  comma  5,  aggiunto
  dall'art. 1, comma  1,  lettera  t),  del  decreto  legislativo  19
  gennaio 2017, n. 5 (Adeguamento delle disposizioni dell'ordinamento
  dello  stato  civile  in  materia  di  iscrizioni,  trascrizioni  e
  annotazioni, nonche' modificazioni ed integrazioni normative per la
  regolamentazione delle unioni civili,  ai  sensi  dell'articolo  1,
  comma 28, lettere a) e c), della legge 20 maggio 2016, n. 76). 
(GU n.34 del 23-8-2023 )
 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO 
 
                         Sezione VII civile 
 
    Il Tribunale, composto dagli Ill.mi sig.ri: 
      dott. Renata Silva - Presidente 
      dott. Paola Boemio - Giudice 
      dott. Federica Francesca Levrino - Giudice relatore - Estensore 
    nel procedimento civile  di  primo  grado  iscritto  al  n.  r.g.
14764/2022  avente   ad   oggetto:   rettificazione   anagrafica   di
attribuzione di sesso ed autorizzazione all'intervento chirurgico  di
adeguamento dei caratteri sessuali promosso da: 
      P           S                   (C.F.                          
 )       elettivamente       domiciliato        al                   
 in                  presso lo studio  dell'avv.to  Marco  Rapicavoli
(c.f. RPCMRC68A07L219Z) che lo rappresenta e difende come da  procura
in atti                    parte ricorrente contro pubblico ministero
c/o  procura  generale  di   Torino   parte   resistente   e   contro
B                           S                        terzo   chiamato
contumace a scioglimento della riserva  assunta  all'udienza  del  21
marzo 2023 
    ha emesso la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    Premesso in fatto, con atto di citazione ritualmente notificato, 
P            S           ,  avendo  allegato  disforia  di  genere  e
documentato il percorso di transizione dal genere maschile  a  quello
femminile,  ha  domandato  a  questo   Tribunale   di   disporre   la
rettificazione di attribuzione di sesso da maschio  a  femmina  e  la
rettificazione del  prenome  da  P  a  «S  »,  nonche',  in  caso  di
accoglimento della domanda e ricorrendone le condizioni di legge,  di
trasformare  l'unione  civile  tra  l'attore  medesimo  e   il   sig.
B                 S                 , in matrimonio, con le  relative
annotazioni di legge nei registri dell'ufficiale dello  stato  civile
del Comune di                                  . 
    Nel contraddittorio con il solo pubblico ministero,  non  essendo
l'attore legato da rapporti  di  coniugo  ne'  avendo  figli,  stante
inoltre  la   contumacia   del   terzo   chiamato   B                
S                 , unito civilmente con l'attore, cui veniva in ogni
caso notificato l'atto di citazione, omessa ogni ulteriore  attivita'
istruttoria,  per   essere   la   causa   documentalmente   istruita,
all'udienza dell'8 novembre 2022, e' stato  assegnato  un  termine  a
parte attrice per il deposito  di  memoria  autorizzata  onde  meglio
chiarire  la  richiesta  di   conversione   dell'unione   civile   in
matrimonio. 
    Alla  successiva  udienza  del  21  marzo  2023,  sono   comparsi
personalmente l'attore e il sig. B                     S             
 ed entrambi congiuntamente hanno dichiarato di intendere  costituire
e/o trasformare, in caso di accoglimento della domanda  di  rettifica
di sesso, l'unione civile in matrimonio. 
    All'esito, il difensore dell'attore ha precisato  le  conclusioni
richiamando quelle di cui all'atto introduttivo,  instando  affinche'
il Tribunale sollevasse la questione di  legittimita'  costituzionale
con riferimento all'art. 26  della  legge  n.  76/2016,  manifestando
l'intenzione  del  proprio  assistito  di  procedere,  in   caso   di
declaratoria di irrilevanza o manifesta infondatezza della questione,
alla rinuncia agli atti del giudizio. 
    La domanda di rettificazione anagrafica di attribuzione di  sesso
dispiegata da P                      S                  , a mente  di
questo Tribunale,  appare  verosimilmente  fondata  e  meritevole  di
accoglimento. 
    L'art. 1 legge n. 164/1982 stabilisce che «La rettificazione  (di
attribuzione di sesso) si fa  in  forza  di  sentenza  del  Tribunale
passata in giudicato che attribuisca ad una persona sesso diverso  da
quello enunciato  nell'atto  di  nascita  a  seguito  di  intervenute
modificazioni dei suoi caratteri sessuali». 
    L'art. 31 decreto legislativo n. 150/2011 prevede,  inoltre,  che
«quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri  sessuali  da
realizzare mediante trattamento medico-chirurgico,  il  Tribunale  lo
autorizza con sentenza passata  in  giudicato»;  tuttavia,  la  Corte
costituzionale, con la sentenza interpretativa di rigetto n. 221  del
5 novembre 2015 nonche' con la successiva sentenza n. 180 del 2017, e
la Corte di cassazione,  con  la  sentenza  n.  15138/2015,  pronunce
condivise da questo Tribunale, hanno chiarito, valorizzando  il  dato
testuale di cui all'art. 31, comma 4, decreto legislativo n. 150/2011
(«quando  risulta  necessario»),  che  per   la   rettificazione   di
attribuzione di sesso prevista dall'art. 1 legge n. 164/1982 non deve
piu'  considerarsi   presupposto   imprescindibile   il   trattamento
chirurgico di modificazione dei caratteri sessuali anatomici primari,
sufficiente essendo il rigoroso accertamento, da parte del giudice di
merito, del disturbo di identita' di genere e di un serio, univoco  e
tendenzialmente irreversibile percorso individuale di acquisizione di
una nuova identita' di genere. 
    La Corte costituzionale ha, in  particolare,  affermato  che  «il
ricorso alla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali risulta,
quindi, autorizzabile  in  funzione  di  garanzia  del  diritto  alla
salute, ossia laddove lo stesso sia volto a consentire  alla  persona
di raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico, in particolare  in
quei casi nei quali  la  divergenza  tra  il  sesso  anatomico  e  la
psicosessualita'   sia   tale   da   determinare   un   atteggiamento
conflittuale e di rifiuto  della  propria  morfologia  anatomica.  La
prevalenza   della   tutela   della   salute   dell'individuo   sulla
corrispondenza fra  sesso  anatomico  e  sesso  anagrafico,  porta  a
ritenere  il  trattamento  chirurgico  non  quale  prerequisito   per
accedere al procedimento di rettificazione  -  come  prospettato  dal
rimettente -, ma come possibile mezzo, funzionale al conseguimento di
un pieno benessere psicofisico.» (sent. 221/2015). 
    Nella sentenza n. 180/2017, inoltre, il Giudice delle  leggi  ha,
peraltro, sottolineato «la necessita' di un accertamento rigoroso non
solo   della   serieta'   e   univocita'   dell'intento,   ma   anche
dell'intervenuta  oggettiva  transizione  dell'identita'  di  genere,
emersa nel percorso seguito dalla persona interessata;  percorso  che
corrobora e rafforza l'intento cosi' manifestato. Pertanto, in  linea
di continuita' con i principi di cui  alla  richiamata  sentenza,  va
escluso  che  il  solo  elemento   volontaristico   possa   rivestire
prioritario o  esclusivo  rilievo  ai  fini  dell'accertamento  della
transizione». 
    Nel caso di  specie,  ritiene  questo  Tribunale  che  sia  stata
probabilmente  raggiunta  la  prova  della  serieta'  e   tendenziale
irreversibilita' del percorso di  transizione  condotto  dall'attore,
risultando dagli atti di causa, che: 
      P                  S                  e'  seguito  dal   Centro
interdipartimentale  disturbi  identita'  di  genere  (C.I.D.I.Ge.M.)
dell'Azienda ospedaliera universitaria sin dal                 ; 
      la relazione clinica conclusiva del  C.I.D.I.Ge.M.  -  dott.ssa
C                 C                 del attesta la sussistenza  della
disforia    di    genere,    rilevando     come     P                
S                 viva «il ruolo  di  genere  femminile  in  contesti
privati sociali e professionali» e di come «tale  condizione  si  sia
manifestata   in   eta'   adolescenziale   ed   e'    presumibilmente
irreversibile»; 
      la  relazione  psichiatrica  del   C.I.D.I.Ge.M.   -   dott.ssa
G                    A                    -    del    afferma     che
«S                   P                    «S                       » 
presenta un'identita' psicosessuale femminile da considerarsi, al  di
la'  di  ogni  ragionevole   dubbio,   stabile   ed   irreversibile»,
escludendo, peraltro, la necessita' che la  parte  si  sottoponga  ad
intervento di vaginoplastica, «sia perche' -  l'attore  -  non  prova
disforia intensa per il genitale maschile e sia  perche'  lo  ritiene
invasivo e pericoloso per le sue condizioni internistiche» e da' atto
del  «disagio  nel  doversi  pubblicamente  giustificare  e   fornire
spiegazioni  sulla  propria   storia   personale   e   sessuale   per
l'incongruenza   tra   l'anagrafica    maschile    ed    il    genere
esperito/espresso femminile»; 
      la relazione endocrinologica del C.I.D.I.Ge.M. - dott.ssa G M -
del , da' atto che P                 S                 ha iniziato un
percorso di approfondimento per disforia di genere presso il 
    Centro nel              , riferendo come nel corso del  colloquio
conoscitivo la parte avesse ammesso di aver  assunto  in  varie  fase
della vita ed anche in modo autonomo e non medicalmente  controllato,
terapia  ormonale  femminilizzante  (negli  anni              ,   poi
negli                e infine dal              al            )  e  di
come, eseguiti gli approfondimenti diagnostici del caso,  considerata
la storia clinica dell'attore e le patologie cui e' affetto «si  sono
evidenziate controindicazioni  mediche  alla  ripresa  della  terapia
ormonale  gender  affirming  femminilizzante.  Tale  terapia  infatti
potrebbe potenzialmente peggiorare il gia' fragile  stato  di  salute
di             »; 
      la stessa relazione endocrinologica, tuttavia, ha attestato che
l'attore,  nonostante  non  abbia  ripreso  il  trattamento  ormonale
iniziato in passato, «vive come soggetto femminile nelle sue  realta'
sociali con comportamenti adeguati e conformi al suo sentirsi donna»,
riferendo provare «estremo disagio  per  l'incongruenza  tra  il  suo
aspetto fenotipico femminile e la sua anagrafica maschile». 
    Ritiene,  pertanto,   il   Tribunale   che,   alla   luce   delle
apparentemente univoche  risultanze  mediche  provenienti  da  centro
pubblico specializzato, il  sesso  attribuito  nell'atto  di  nascita
verosimilmente  non  corrisponda  piu'   all'identita'   attuale   di
P                 S                 e dovrebbe, pertanto,  procedersi
alla rettificazione di attribuzione di sesso da maschile a femminile,
con conseguente ordine all'ufficiale di stato  civile  di  provvedere
alle necessarie rettifiche sul relativo registro. 
    Inoltre, all'attribuzione a parte  attrice  del  sesso  femminile
dovrebbe conseguire necessariamente anche l'attribuzione di un  nuovo
nome, corrispondente al sesso. 
    L'attribuzione del nuovo nome -  pur  non  essendo  espressamente
disciplinata   dalla   legge   n.   164/1982   -   consegue   infatti
all'attribuzione  di  sesso  differente,  al  fine  di  evitare   una
discrepanza inammissibile tra sesso e nome, come, peraltro si  evince
sia dall'art. 5 legge n. 164/82 («Le attestazioni... sono  rilasciate
con la sola indicazione del nuovo sesso e nome»), sia dalla normativa
in materia di stato civile (art.  35  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 3 novembre 2000 n. 396) che prevede che  il  nome  di  una
persona deve corrispondere al sesso. 
    Il prenome di parte attrice dovrebbe pertanto essere rettificato,
conformemente a quanto richiesto, da «P         »  in  «S            
 », risultando quest'ultimo il nome con il quale da molti anni  parte
attrice sembrerebbe essere conosciuta nel mondo esterno. 
    In forza dell'art. 26 della legge n.  76/2016,  «la  sentenza  di
rettificazione di attribuzione di  sesso  determina  lo  scioglimento
dell'unione civile tra persone dello stesso  sesso»;  tuttavia  parte
attrice ha espressamente domandato che in caso di accoglimento  della
domanda, si proceda alla costituzione  dell'unione  matrimoniale  con
conseguente  annotazione  nei  registri  dell'ufficiale  dello  stato
civile del Comune di . 
    Questo Tribunale, investito dunque della decisione in ordine alla
predetta ultima istanza, apparendo  la  domanda  di  attribuzione  di
rettificazione  dei  sesso  verosimilmente  fondata,  reputa  che  la
questione di legittimita' costituzionale di cui al combinato disposto
degli articoli 1, comma 26, legge 20 maggio 2016 n. 76, art. 31 commi
3 e 4-bis, decreto legislativo 1° settembre 2011 n. 150 e  70-octies,
comma 5, decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre  2000  n.
396, in relazione agli articoli 2, 3 e 117  Cost  e  quali  parametri
interposti ai sensi di quest'ultima disposizione, agli articoli  8  e
14  della  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei   diritti
dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,  sia  rilevante  e   non
manifestamente infondata, per i motivi che seguono. 
    Sulla non manifesta infondatezza, con la sentenza n. 170 del 2014
la Corte costituzionale - anteriormente  all'entrata  in  vigore  del
comma  27   dell'art.   1   del   decreto   legislativo   76/2016   e
dell'inserimento del comma 4-bis all'art. 31 del decreto  legislativo
n. 150/2011 - ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  degli
articoli 2 e 4 della legge n. 164 del 1982 (e, in via consequenziale,
dell'art. 31, comma 6, del decreto legislativo n. 150 del  2011,  che
ha sostituito l'abrogato art. 4 della predetta legge n. 164 del 1982,
riproducendone il contenuto), nella parte in cui non prevedevano  che
la sentenza di rettificazione di attribuzione di  sesso  di  uno  dei
coniugi, che provoca lo scioglimento o la  cessazione  degli  effetti
civili del matrimonio, consentisse, ove entrambi lo richiedessero, di
mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente  regolato  con
altra forma di convivenza registrata che ne tutelasse, adeguatamente,
i diritti e gli obblighi, con modalita' da statuirsi dal legislatore. 
    Ha  ritenuto  in  quell'occasione  la  Corte  come  la  normativa
censurata risolvesse il contrasto tra opposti interessi - da un lato,
dello Stato, a non modificare il modello eterosessuale del matrimonio
e dall'altro, della coppia, a mantenere  in  essere  la  preesistente
unione, salvaguardando la liberta' di scelta compiuta dall'un coniuge
con  il  consenso  dell'altro,  concernente  la   propria   identita'
personale - senza operare alcun bilanciamento  e,  dunque,  tutelando
esclusivamente l'interesse statuale, senza riconoscere  rilevanza  al
pregresso vissuto della coppia, non piu' eterosessuale, nel  contesto
di  un  regolare  matrimonio,  con  la   conseguenza   di   lasciarla
automaticamente priva di tutela, non avendo previsto alcuna «forma di
comunita'» connotata da «stabile convivenza tra due persone, idonea a
consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita  di
relazione» (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 138/2010). 
    Nello stesso senso si e' anche espressa la  Corte  di  cassazione
(si veda, ex multiis, Cassazione civ.  Sez.  I  sentenza,  21  aprile
2015, n. 8097) secondo cui  "La  rettificazione  di  attribuzione  di
sesso di persona coniugata  non  puo'  comportare,  a  seguito  della
declaratoria di illegittimita' costituzionale degli articoli  2  e  4
della legge 14 aprile 1982, n. 164, operata con la sentenza, additiva
di  principio,  n.  170  del  2014  della  Corte  costituzionale,  la
caducazione   automatica   del    matrimonio,    poiche'    non    e'
costituzionalmente tollerabile, attesa la tutela  di  cui  godono  le
unioni tra persone dello stesso sesso ai sensi dell'art. 2 Cost., una
soluzione di  continuita'  del  rapporto,  tale  da  determinare  una
situazione di massima  indeterminatezza  del  nucleo  affettivo  gia'
costituito, sicche' il vincolo deve proseguire, con conservazione  ai
coniugi del  riconoscimento  dei  diritti  e  doveri  conseguenti  al
matrimonio,  sino  a  quando  il  legislatore  non   intervenga   per
consentire alla coppia di mantenere in vita  il  rapporto  con  altra
forma di convivenza registrata che ne tuteli adeguatamente diritti ed
obblighi». 
    In seguito alla citata sentenza del Giudice delle leggi  ed  alle
sollecitazioni ricevute in tal senso anche dalla giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell'uomo (cfr. sentenza 21.7.2015, e altri
contro Italia), il legislatore e' intervenuto introducendo l'istituto
dell'unione civile con la legge 76 del 2016; successivamente, in sede
di attuazione della delega contenuta nell'art.  1,  comma  28,  della
stessa legge ai fini  dell'adeguamento  ad  essa  delle  disposizioni
dell'ordinamento  dello  stato  civile  in  materia  di   iscrizioni,
trascrizioni e annotazioni, ha inserito, con  l'art.  7  del  decreto
legislativo n. 5 del 2017, il comma 4-bis  all'interno  dell'art.  31
del decreto legislativo n. 150 del 2011, che disciplina il rito per i
procedimenti di rettificazione dell'attribuzione di sesso. 
    L'introduzione di tale disposizione  adegua  le  norme  su  detti
procedimenti alla previsione del comma 27 dell'art. 1 della legge  n.
76 del 2016, secondo il quale «[a]lla  rettificazione  anagrafica  di
sesso,  ove  i  coniugi  abbiano  manifestato  la  volonta'  di   non
sciogliere il matrimonio  o  di  non  cessarne  gli  effetti  civili,
consegue l'automatica instaurazione dell'unione  civile  tra  persone
dello stesso sesso». 
    Infine, il decreto legislativo n.  5  del  2017  ha  aggiunto  al
decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  396  del  2000  l'art.
70-bis, il quale, al comma 5,  dispone  che,  nella  ipotesi  di  cui
all'art. 31, comma 4-bis, del decreto legislativo n.  150  del  2011,
l'ufficiale  dello  stato  civile  del  Comune  di  celebrazione  del
matrimonio o di trascrizione  se  avvenuto  all'estero,  ricevuta  la
comunicazione della sentenza di  rettificazione  di  attribuzione  di
sesso,  procede  alla  iscrizione  dell'unione  civile  nel  relativo
registro, con le  eventuali  annotazioni  relative  alla  scelta  del
cognome e al regime patrimoniale. 
    Nell'ambito della riforma, dunque, il legislatore ha  avuto  modo
di recuperare il senso della pronuncia n. 170 del 2014 nella parte in
cui, tra l'altro, si preoccupava di evitare il prodursi di un deficit
temporale di tutela, avuto riguardo  ai  diritti  ed  obblighi  della
coppia, introducendo, con il citato comma 4-bis, un  meccanismo  che,
destinato ad operare nei giudizi  di  rettificazione  anagrafica  del
sesso,  consente  alla  persona  che  ha  proposto  la   domanda   di
rettificazione di attribuzione di sesso ed al coniuge, di rendere una
dichiarazione  congiunta,  esprimendo  la  volonta',   in   caso   di
accoglimento della domanda, di costituire l'unione civile. 
    Nell'ambito della  citata  normativa  non  si  rinviene  tuttavia
analoga  disposizione  di  legge  che  consenta,  qualora  la  coppia
omossessuale sia unita civilmente ed uno dei suoi componenti concluda
favorevolmente un  giudizio  di  rettificazione  di  attribuzione  di
sesso, di trasformare, con il consenso di  entrambi  i  componenti  e
senza soluzione di continuita', il precedente rapporto in matrimonio,
proprio in ragione dell'acquisita  eterosessualita'  che  costituisce
matrice intangibile dell'istituto matrimoniale secondo  l'ordinamento
interno. 
    Tale vulnus normativo, a mente di questo Tribunale,  integra  una
violazione  degli  articoli  2  e  3  Cost,  laddove  introduce   una
ingiustificata disparita' di trattamento in situazioni analoghe - dal
matrimonio all'unione civile ma non viceversa - ed una ingiustificata
limitazione alla liberta' fondamentale  dell'individuo,  considerando
l'automatico scioglimento dell'unione civile (in  forza  del  art.  1
comma 26 della  legge  n.  76/2016),  senza  contestuale  istituzione
dell'unione matrimoniale, pur in presenza dei requisiti di  validita'
previsti dalla legge - capacita', consenso validamente manifestato ed
eterosessualita' dei nubendi - con  cio'  non  riconoscendo  adeguata
protezione  e  tutela  ai  suoi  componenti,  in  forza  dei   doveri
solidaristici discendenti dall'essere (stati) essi parte di un gruppo
sociale strutturato e legalmente riconosciuto. 
    Sembra, inoltre, profilarsi una  violazione,  per  interposizione
normativa di cui all'art. 117 Cost., degli  articoli  8  e  14  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali che tutelano il diritto  alla  vita  privata  e
familiare,  nell'interpretazione  consolidatasi   nell'ambito   della
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, laddove  si
e' giunti a configurare un obbligo positivo per lo Stato di porre  in
essere un procedimento efficace ed accessibile, atto a consentire  al
cittadino di far riconoscere legalmente il nuovo sesso pur mantenendo
i suoi legami coniugali (si veda sentenza  della  Corte  europea  dei
diritti dell'uomo Hamalainen comma Finlandia del 16 luglio 2014). 
    Ne consegue che la garanzia accordata, in particolare,  dall'art.
8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle liberta' fondamentali  alla  coppia  omosessuale  legata  dal
vincolo  dell'unione  civile  registrata,  imponga  allo   Stato   di
preservare il fulcro dei diritti acquisiti e dei rapporti  instaurati
durante  la  vigenza  della  relazione  e  cio'  anche   in   seguito
all'intervenuta rettificazione di attribuzione di sesso  di  uno  dei
suoi membri, senza soluzione di continuita'  e  dunque  preservandoli
anche nelle more della transizione verso la costituzione  dell'unione
matrimoniale, posto peraltro, come sopra rilevato,  che  i  requisiti
per contrarre matrimonio sarebbero di fatto gia' esistenti al momento
del passaggio in giudicato della sentenza che  attribuisce  il  sesso
diverso al futuro nubendo, assegnando  carattere  eterosessuale  alla
precedente unione omoaffettiva. 
    Oggetto della presente doglianza, dunque, e' costituito  dal  non
aver il legislatore previsto anche per i membri  dell'unione  civile,
per l'ipotesi in cui uno di essi abbia  positivamente  intrapreso  il
percorso di transizione  verso  il  sesso  opposto,  la  facolta'  di
mantenere in vita, senza  soluzione  di  continuita',  un  fulcro  di
diritti ed obblighi reciproci propri  dell'essere  (stati)  parte  di
un'unione  legalmente  riconosciuta  e  tutelata  e   cio',   dunque,
realizzando una irragionevole disparita' di trattamento rispetto alla
coppia matrimoniale. 
    Se,  infatti,  con  la  sentenza  che  accoglie  la  domanda   di
rettificazione di attribuzione  di  sesso  viene  meno  il  carattere
eterosessuale del rapporto precedentemente in essere tra i coniugi  e
dunque uno dei requisiti costitutivi del matrimonio, con  inevitabile
scioglimento dello stesso (ai sensi dell'art. 3, comma 2, lettera  g)
della  legge  n.  898/70),  il   legislatore   tuttavia   ha   inteso
salvaguardare, peraltro in presenza della sola volonta' concordemente
espressa dalle  parti  nel  processo,  gli  effetti  discendenti  dal
precedente rapporto, senza alcuna interruzione temporale, prevedendo,
inoltre,  una  procedura  semplificata  di  costituzione  dell'unione
civile. 
    Non cosi' invece nell'ipotesi inversa: laddove venga a mutare  il
sesso di uno dei  partecipanti  l'unione  civile  ma  i  suoi  membri
intendano  mantenere  in  vita  il  precedente  consortium  vitae   e
manifestino nel processo la relativa comune decisione, la  legge  non
consente  la  trasformazione  automatica  in   matrimonio,   con   la
conseguenza di lasciare gli ormai  ex  partners  privi  di  reciproca
tutela per un lasso di tempo a priori indeterminabile  ed  obbligando
gli stessi ad attivarsi, nelle forme ordinarie, per  la  costituzione
dell'unione matrimoniale. 
    Inoltre, la previsione di un trattamento  diverso  per  l'ipotesi
dell'unione civile non sembra condivisibile neppure sostenendo che vi
siano differenze nella  fase  di  formalizzazione  del  rapporto  che
potrebbero impedire l'automatica costituzione  del  matrimonio,  come
effetto del passaggio in giudicato della  sentenza  che  accoglie  la
domanda di rettificazione di attribuzione di sesso, posto che, per un
verso, le pubblicazioni matrimoniali  (artt.  93-100  codice  civile,
peraltro omissibili a determinate condizioni, cfr.  art.  100  e  101
codice civile) assolvono ad una funzione di mera pubblicita' notizia,
finalizzata a consentire ai terzi l'eventuale opposizione in presenza
di impedimenti, ma secondo  l'orientamento  dominante,  non  incidono
sulla validita' o efficacia del rapporto medesimo (si veda in  merito
Cassazione Cassazione civ. Sez. I, 17 settembre 1993, n. 9578) e, per
altro verso,  anche  per  la  costituzione  dell'unione  civile  sono
prescritte delle formalita' di cui al comma 2 della legge n.  76  del
2016 che, con l'inserimento del successivo comma 27,  il  legislatore
ha ritenuto  validamente  superate  dall'aver  i  partners  reso  una
dichiarazione comune d'intenti avanti ad un giudice nel corso  di  un
processo, e dal conseguente ordine all'ufficiale dello stato  civile,
avuta notizia della sentenza che attribuisce il  genere  diverso,  di
provvedere alla trascrizione della  costituita  unione  nei  pubblici
registri, ex art. 70-octies comma  5  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 3 novembre 2000 n. 196. 
    Neppure    sembra    consentito    operare     un'interpretazione
costituzionalmente  orientata  delle  norme  in  commento  posto  che
l'analogia legis presuppone ex art. 12 comma  2  disp.  Prel.  Codice
civile una lacuna nell'ordinamento, diversamente dal caso in esame in
cui, dal combinato disposto delle norme in  commento  -  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 l'art. 70-bis e comma  27
dell'art. 1 della legge n. 76 del 2016 e art. 31 commi  3  e  4  bis,
decreto legislativo 1 settembre 2011  n.  150  -  emerge  una  chiara
voluntas legis nel senso di garantire continuita' di tutela alla sola
ipotesi dello scioglimento del matrimonio in seguito a rettificazione
di sesso di uno dei componenti, mediante trasformazione automatica in
unione civile e non viceversa. 
    A tale conclusione si giunge osservando come il legislatore abbia
dettato  una  disciplina  delle  unioni  civili  che  presenta  delle
differenze con il matrimonio, sia nella  fase  genetica  (quanto,  ad
esempio, con riferimento all'eta' dei partners, laddove il  comma  2,
legge n. 76/2016 richiede la maggiore eta', mentre il  matrimonio  e'
consentito  anche  all'ultrasedicenne,  previa   autorizzazione   del
Tribunale per i Minorenni, come previsto dall'art. 84  c.c.)  sia  di
cessazione  (laddove  esclude,  a  differenza  del   matrimonio,   la
necessita' che lo scioglimento dell'unione civile  sia  preceduto  da
una fase di separazione). 
    Alla  luce  delle  considerazioni  che  precedono,  dunque,  deve
concludersi nel senso di ritenere  che  matrimonio  e  unione  civile
costituiscano due istituti giuridici diversi, che il  legislatore  ha
disciplinato in maniera differente, con la conseguenza che va esclusa
la percorribilita' di un'interpretazione costituzionalmente orientata
delle  norme  esistenti,  essendo  invece  opportuno  rimettere  ogni
valutazione in merito alla legittimita' delle norme in commento  alla
Corte costituzionale. 
Sulla rilevanza 
    Nel caso di specie, essendo l'attore  unito  civilmente  al  sig.
B                 S                 ,  l'accoglimento  della  domanda
dispiegata   nel   presente   giudizio   verrebbe    a    determinare
automaticamente  lo  scioglimento  dell'unione   civile,   con   cio'
provocando  il  venir  meno  di  una  formazione  sociale  legalmente
riconosciuta che,  sulla  base  dei  principi  solidaristici  di  cui
all'art. 2 Cost., tutela i propri componenti riconoscendo  diritti  e
obblighi reciproci di assistenza morale e materiale. 
    Orbene, nel lasso di tempo  intercorrente  tra  il  passaggio  in
giudicato della sentenza che dispone  il  mutamento  di  attribuzione
anagrafica di sesso e l'eventuale celebrazione del matrimonio  tra  i
membri dell'ex unione civile, potrebbe verificarsi un evento  nefasto
involgente uno dei nubendi, privando l'altro di ogni tutela giuridica
e cio' nonostante la volonta' di proseguire  il  rapporto  pur  sotto
altra veste, in tal senso manifestata da entrambi in  udienza  ed  il
fatto che i requisiti per concludere l'unione matrimoniale  sarebbero
gia' presenti, in quanto verrebbero  a  costituirsi  al  momento  del
passaggio in giudicato della pronuncia costitutiva. 
    Stante il vuoto di tutela predetto,  per  un  lasso  di  tempo  a
priori imponderabile - legato anche ad attivita'  indipendenti  dalla
volonta' delle parti e dal mero decorso di termini processuali  o  di
legge - ed il rischio che  la  parte  attrice,  nel  caso  in  esame,
percepisce concreto - tanto da aver richiesto, per il caso di mancata
sollevazione  della  questione  di  legittimita'  costituzionale,  di
abbandonare la causa mediante rinuncia agli atti del giudizio  -  che
possa sopraggiungere un peggioramento  delle  proprie  condizioni  di
salute,   ritiene   questo   Tribunale   che    la    questione    di
costituzionalita' assuma rilevanza cruciale nella soluzione del  caso
di specie. 
    Si osserva, infatti, come dall'unione civile  derivi,  anzitutto,
l'obbligo  reciproco  all'assistenza   morale   materiale   ed   alla
coabitazione; inoltre, entrambe le  parti  sono  tenute  ciascuna  in
relazione alle proprie sostanze dalla  propria  capacita'  di  lavoro
professionale e casalingo a contribuire ai  bisogni  comuni  (art.  1
comma 12 legge n. 76/2016)  ed  il  regime  patrimoniale  dell'unione
civile tra  persone  dello  stesso  sesso,  in  mancanza  di  diversa
convenzione patrimoniale, e' costituito dalla comunione dei beni. 
    In caso di morte del prestatore di lavoro le indennita'  indicate
dagli articoli 2118 e 2120 del codice  civile  devono  corrispondersi
anche alla parte  dell'unione  civile  (art.  1  comma  17  legge  n.
76/2016). 
    A livello successorio, il  comma  21,  art.  1,  della  legge  n.
76/2016 estende alle parti dell'unione civile le  disposizioni  sulle
successioni  legittime  e  sulla  successione  dei  legittimari;   ne
consegue che l'unito civilmente, in quanto erede, avra' diritto  alla
quota ereditaria spettante al coniuge quale  erede  necessario  e  ad
abitare  nella  casa  gia'  adibita  a   residenza   dei   componenti
dell'unione civile e potra' inoltre impugnare le donazioni  pregresse
effettuate dall'altro componente dell'unione civile  premorto  e  che
hanno eventualmente leso la sua quota di legittima. 
    Infine, il membro dell'unione civile potra' conseguire,  in  caso
di decesso dell'altro  componente,  la  pensione  di  reversibilita',
facolta'  espressamente  esclusa  dalla  Suprema  Corte  al   partner
superstite di una coppia  omosessuale  che,  pur  avendo  stabilmente
convissuto per numerosi anni,  non  aveva  formalizzato  il  rapporto
mediante costituzione dell'unione civile, indipendentemente dal fatto
che non vi fosse all'epoca alcuna legge che lo  consentisse,  essendo
il decesso di uno dei suoi componenti intervenuto prima  dell'entrata
in vigore della legge Cirinna' (si veda  in  merito  la  sentenza  n.
24694/2021, conf. Cassazione civ., Sez. lav., 6 luglio 2016, n. 22318
e Corte costituzionale, 23 ottobre 2000, n. 461 e 8 maggio  2009,  n.
140). 
    E' evidente come l'automatico venir  meno  dell'unione  civile  e
l'assenza di una copertura normativa, che tuteli i partners nel lasso
di tempo intercorrente tra il passaggio in giudicato  della  sentenza
che  attribuisce  il  nuovo  sesso  e  la  celebrazione   dell'unione
matrimoniale,   determini    una    irragionevole    discriminazione,
cancellando  di  fatto  il   pregresso   legame   omoaffettivo,   con
conseguenti effetti sulla possibilita' di  beneficiare  concretamente
di specifici trattamenti assistenziali, successori e di tutela  della
salute  e  della  dignita'  della  persona  incapace,  normativamente
previsti solo per  le  coppie  unite  da  un  legame  formalizzato  e
giuridicamente riconosciuto. 
Conclusioni 
    L'art. 1, comma 26, legge n. 76/2016,  nella  parte  in  cui  non
lascia alternative ai partners del rapporto  omosessuale  se  non  la
cessazione del rapporto medesimo, laddove uno di essi,  in  esito  al
percorso  di  transizione  personale  verso  il  conseguimento  della
propria identita' sessuale, ottenga una pronuncia  che  autorizza  la
rettificazione del genere, determina, a mente  di  questo  Tribunale,
un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  rispetto  all'analoga
ipotesi disciplinata dal comma successivo che, al contrario,  rimette
alla sola manifestazione di  volonta'  dei  coniugi  la  facolta'  di
instaurare automaticamente l'unione civile omoaffettiva. 
    In altri termini, il legislatore, al contrario di quanto  avviene
per il matrimonio, non ha previsto per i  membri  dell'unione  civile
alcuna opzione che consenta di  mantenere  in  vita  e  senza  alcuna
interruzione temporale, il vincolo di coppia,  vale  a  dire  nessuna
possibilita'  di  trasformare  automaticamente  l'unione  civile   in
matrimonio, ma neanche in  un  istituto  giuridico  diverso  che,  in
qualche modo, tuteli l'unita' precedente. 
    Peraltro, anche il decreto legislativo n. 5/2017, di  adeguamento
e coordinamento delle disposizioni vigenti alle norme della legge  n.
76/2016, ha disciplinato l'applicazione del  comma  27,  cioe'  delle
conseguenze della rettificazione di sesso di uno dei  coniugi,  senza
intervenire  nella  rettificazione  di  sesso  di  una  delle   parti
dell'unione civile. 
    Sono stati, infatti, modificati il comma 5  dell'art.  70-octies,
decreto del Presidente della Repubblica  n.  396/2000  e  l'art.  31,
decreto legislativo 1° settembre  2011,  n.  150,  prevedendo  che  i
coniugi che non vogliono sciogliere il matrimonio o farne cessare gli
effetti civili, nel corso del giudizio di  rettificazione  di  sesso,
rendano manifestazione di volonta' di costituire l'unione civile  con
la conseguenza che il giudice, una  volta  definito  il  procedimento
accogliendo la domanda, trasmette all'ufficiale di stato  civile  del
Comune di celebrazione del matrimonio o di trascrizione  se  avvenuto
all'estero, l'ordine di iscrivere l'unione civile nel registro  delle
unioni civili. 
    Il combinato disposto delle menzionate disposizioni comporta, per
la sola ipotesi in cui i coniugi siano uniti da vincolo matrimoniale,
che al momento della definitivita' della sentenza  di  rettificazione
di  sesso,  il  matrimonio   non   si   sciolga   ma   si   trasformi
automaticamente  in  unione   civile,   senza   alcuna   interruzione
temporale. 
    Al  momento  del  passaggio  in  giudicato  della   sentenza   di
rettificazione di sesso e della  conseguente  annotazione  a  margine
dell'atto di nascita dell'attore, dunque, diviene pienamente efficace
anche  la  dichiarazione  di  voler  mantenere  in  vita  il  vincolo
precedentemente costituito  attraverso  l'unione  civile;  in  questo
modo, poiche' gia' nel corso  del  processo  e  prima  dell'emissione
della sentenza i coniugi avevano gia' scelto di  costituire  l'unione
civile, viene  garantita  continuita'  al  vincolo  originario  senza
generare interruzioni e conseguenti vuoti di tutela. 
    Orbene, appare conforme ai principi solidaristici (art. 2  Cost.)
e di non discriminazione (artt. 3 e 117 Cost. e 8 CEDU) che informano
l'ordinamento interno, prevedere che tale  meccanismo  di  protezione
possa  esser  accordato  anche  nel  caso  in  cui  il  percorso   di
transizione verso un genere diverso coinvolga il membro di  un'unione
civile, consentendo anche a tale rapporto, in  presenza  di  concorde
volonta' dei partners in  tal  senso  manifestata  nel  processo,  di
convertirsi, senza soluzione di continuita', in unione matrimoniale. 
    Nel caso di specie, P                     S              il  sig.
B               S          hanno manifestato personalmente in udienza
la volonta' di trasformare l'unione civile che li lega  da  tempo  in
unione matrimoniale,  pertanto,  la  ritenuta  verosimile  fondatezza
della domanda attorea di rettificazione di attribuzione di sesso,  il
conseguente effetto demolitorio della pronuncia di  accoglimento  sul
precedente  rapporto  omoaffettivo,  l'assenza  di  altra   copertura
normativa analoga per tutto il lasso di tempo intercorrente sino alla
celebrazione del futuro matrimonio e l'eventualita' di  un  possibile
evento nefasto che colpisca uno dei partner lasciando  l'altro  privo
di quella tutela connessa all'essere stati parte  di  una  formazione
sociale legalmente riconosciuta, non  essendo  peraltro  percorribile
altra   interpretazione   analogica   costituzionalmente   orientata,
inducono questo Tribunale a ritenere opportuno sollevare la questione
di legittimita' costituzionale  con  riferimento  alle  norme  meglio
indicate in dispositivo, per violazione dei  principi  costituzionali
e, per parametro interposto, della  normativa  sovrannazionale  della
CEDU.  
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale di Torino, visti gli articoli 134  Cost,  23  e  ss.
legge n. 87/1953 dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le
seguenti questioni di legittimita' costituzionale: 
      1) dell'art. 1, comma 26 legge n. 76/2016 nella  parte  in  cui
prevede che la sentenza di rettificazione di  attribuzione  di  sesso
determina lo scioglimento dell'unione civile tra persone dello stesso
sesso, senza alcuna possibilita' di conversione in matrimonio, previa
dichiarazione congiunta dell'attore e dell'altro contraente l'unione,
in caso  di  accoglimento  della  domanda  di  rettificazione,  senza
soluzione di continuita' con  il  precedente  vincolo,  in  relazione
all'art. 2 Cost.  e,  in  qualita'  di  norme  interposte,  ai  sensi
dell'art. 117 Cost. degli articoli 8 e 14 della  Convenzione  Europea
dei diritti dell'Uomo 
      2)  dell'art.  1,  comma  26  legge  76/2016,  per   violazione
dell'art. 3  Cost,  in  quanto  dispone  lo  scioglimento  automatico
dell'unione civile in caso di rettificazione di attribuzione di sesso
di  uno  dei  contraenti  e   cio'   introducendo   un'ingiustificata
disparita' di trattamento  rispetto  a  quanto  invece  previsto  dal
successivo art.  27  che,  nel  caso  in  cui  la  rettificazione  di
attribuzione di sesso riguardi  una  persona  legata  da  vincolo  di
matrimonio, manifestata la  concorde  volonta'  dei  coniugi  in  tal
senso, ammette la trasformazione del matrimonio in unione civile; 
      3) dell'art. 31 comma 4-bis decreto  legislativo  n.  150/2011,
inserito dall'art. 7 del decreto legislativo 19 gennaio  2017  n.  5,
nella parte in cui non prevede che anche la persona che  ha  proposto
la domanda di rettificazione  di  attribuzione  di  sesso  e  l'altro
contraente dell'unione civile possano, fino alla  precisazione  delle
conclusioni,  con  dichiarazione  congiunta,  resa  personalmente  in
udienza,  esprimere  la  volonta',  in  caso  di  accoglimento  della
domanda,  di  unirsi  in   matrimonio,   effettuando   le   eventuali
dichiarazioni riguardanti il regime patrimoniale e  la  conservazione
del cognome comune, nonche' nella parte in cui  non  prevede  che  il
Tribunale,  con  la  sentenza  che  accoglie   la   domanda,   ordini
all'ufficiale  dello  stato  civile  del   Comune   di   costituzione
dell'unione civile o di registrazione se  costituita  all'estero,  di
iscrivere il matrimonio nel registro degli atti di  matrimonio  e  di
annotare le eventuali dichiarazioni rese dalle  parti  relative  alla
scelta del cognome ed  al  regime  patrimoniale,  in  relazione  agli
articoli 2 e 3 Cost. e, in qualita' di  norma  interposte,  ai  sensi
dell'art. 117 Cost. degli articoli 8 e 14 della  Convenzione  europea
dei diritti dell'Uomo; 
      4) dell'art. 70-octies comma 5  del  decreto  Presidente  della
Repubblica del 3 novembre 2000 n. 396 - aggiunto dall'art. 1 comma 1,
lettera t) del decreto legislativo 5 del 2017 - nella  parte  in  cui
non prevede che anche nell'ipotesi di cui all'art. 31 comma 4-bis del
decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150, come emendato al  punto
precedente, l'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di costituzione
dell'unione civile  o  di  registrazione  se  costituita  all'estero,
ricevuta  la  comunicazione  della  sentenza  di  rettificazione   di
attribuzione di sesso, proceda alla trascrizione del  matrimonio  nel
registro degli atti  di  matrimonio,  con  le  eventuali  annotazioni
relative al cognome ed al  regime  patrimoniale,  in  relazione  agli
articoli 2 e 3 Cost e, in qualita'  di  norme  interposte,  ai  sensi
dell'art. 117 Cost. degli articoli 8 e 14 della  Convenzione  Europea
dei diritti dell'Uomo. 
    Dispone l'immediata trasmissione  degli  atti  e  della  presente
ordinanza,   comprensivi   della   documentazione    attestante    il
perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni,  alla
Corte costituzionale. 
 
                        Sospende il giudizio 
 
    Ordina la notificazione della presente ordinanza  alle  parti  in
causa, al pubblico ministero  ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e la  sua  comunicazione  ai  Presidenti  delle  Camere  del
Parlamento. 
    Cosi' deciso nella Camera di consiglio della sezione  VII  civile
del Tribunale di Torino in data 2 maggio 2023. 
 
                       Il Presidente: Levrino 
 
                              Il giudice relatore - Estensore: Silva