N. 107 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 giugno 2023
Ordinanza del 27 giugno 2023 del Tribunale di Marsala sulla richiesta di riesame proposta da A. D.V.. Processo penale - Attuazione della legge n. 134 del 2021, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonche' in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari - Disposizioni transitorie in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi - Preclusione ai condannati a pena detentiva non superiore a quattro anni i cui procedimenti penali, al momento dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni, erano "solo formalmente" pendenti in grado di appello (in quanto il giudice del gravame aveva gia' emesso il dispositivo di sentenza) della facolta' di presentare al giudice dell'esecuzione ex art. 666 cod. proc. pen., entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, istanza di applicazione di una delle pene sostitutive delle pene detentive brevi. - Decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonche' in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari), art. 95.(GU n.35 del 30-8-2023 )
TRIBUNALE DI MARSALA Sezione penale Il giudice dell'esecuzione Fabrizio Guercio ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale nell'ambito procedimento indicato in epigrafe nei confronti di D. V. A., nato a..., il...; in atto detenuto presso la Casa circondariale di..., in esecuzione della sentenza del Tribunale di Marsala n. 632/2022 del 20 aprile 2022, divenuta irrevocabile in data 25 marzo 2023; difeso di fiducia dall'avv. Luisa Calamia del Foro di Marsala. Per una migliore intelligibilita' della presente ordinanza, appare anzitutto necessaria una premessa in ordine alla genesi dell'odierno procedimento di esecuzione. D. V. A. e' stato condannato, con sentenza n. 632/2022, emessa dal Tribunale di Marsala in data 20 aprile 2022, alla pena di anno uno e mesi cinque di reclusione in ordine ai reati di atti persecutori e lesioni personali ascrittigli e ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione, senza la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. In data 9 novembre 2022 la Corte di appello di Palermo ha integralmente confermato, con sentenza n. 5976/2022, la pronuncia di primo grado, fissando in giorni novanta - ex art. 544, comma 3 del Codice di procedura penale - il termine per il deposito della sentenza. Il 13 dicembre 2022 (dunque, ampiamente prima del decorso del suddetto termine, che sarebbe maturato in data 7 febbraio 2023) il giudice di secondo grado ha depositato la sentenza avverso la quale non e' stato proposto gravame nei termini: per l'effetto, la sentenza del Tribunale di Marsala n. 632/2022 del 20 aprile 2022, integralmente confermata in appello, e' divenuta irrevocabile in data 25 marzo 2023. In esecuzione della stessa - come indicato dalla difesa nella propria istanza - e' stato emesso nei confronti del D. V. l'ordine di esecuzione per la carcerazione n. 252/2023 S.I.E.P. (tant'e' che il predetto e' in atto detenuto presso la Casa circondariale di...). Entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della succitata sentenza del Tribunale di Marsala (segnatamente, in data 2 maggio 2023) l'avv. Luisa Calamia ha presentato istanza di applicazione «in executivis» di una delle pene sostitutive delle pene detentive brevi: tale istanza e' stata fatta pervenire al sottoscritto il 16 maggio 2023 e in pari data e' stato emesso il relativo decreto di fissazione del procedimento in Camera di consiglio. All'udienza del 15 giugno 2023 il difensore del D. V. ha sollecitato questo giudice a sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022 per violazione dell'art. 3 della Costituzione; sentito il P.M., che nulla ha osservato, lo scrivente si e' riservato e il giorno seguente ha rimesso la causa sul ruolo, «ravvisando l'assoluta necessita' di acquisire la sentenza della Corte di appello di Palermo del 9 novembre 2022 (con espressa indicazione della data di deposito), con la quale e' stata confermata la sentenza n. 632/22 emessa dal Tribunale di Marsala il 20 aprile 2022, divenuta definitiva il 25 marzo 2023». Infine, all'odierna udienza del 27 giugno 2023, dopo aver acquisito la predetta documentazione e - sentito il P.M., che nulla ha osservato - quella prodotta dalla difesa, il Tribunale ha invitata le parti a concludere e si e' ritirato in Camera di consiglio, all'esito della quale ha dato lettura della presente ordinanza. Tutto cio' premesso, il Tribunale di Marsala ritiene di sollevare questione di legittimita' costituzionale - per contrasto con gli articoli 3, 24 e 27 della Carta costituzionale dell'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022 (rubricato «Disposizioni transitorie in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi»), nella parte in cui non consente di presentare al giudice dell'esecuzione ex art. 666 del codice di procedura penale, entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui all'art. 20-bis Codice penale ai condannati a pena detentiva non superiore a quattro anni nei confronti dei quali, al momento dell'entrata in vigore del succitato decreto, pendeva dinanzi alla Corte di appello il termine per il deposito della sentenza. Com'e' noto, infatti, il decreto legislativo n. 150 del 10 ottobre 2022 (c.d. «Riforma Cartabia») ha riformato in modo organico la disciplina delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi di cui al Capo III della legge n. 689/1981, al fine precipuo di favorire la risocializzazione dei condannati, «consent[endo] al giudice di cognizione di applicare pene, diverse da quella detentiva, destinate a essere eseguite immediatamente, dopo la definitivita' della condanna, senza essere sostituite con misure alternative da parte del tribunale di sorveglianza, spesso a distanza di molto tempo dalla condanna stessa (come testimonia l'allarmante fenomeno dei c.d liberi sospesi)» (cosi', in termini, la «Relazione Illustrativa» al decreto legislativo n. 150/2022, pubblicato in Supplemento straordinario n. 5 alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2022). La disposizione normativa censurata (l'art. 95 delle disposizioni transitorie) - nel dettare un regime intertemporale chiaramente ispirato al principio del «favor rei» - prevede testualmente che «Le norme previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, se piu' favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell'entrata in vigore del presente decreto, Il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all'esito di un procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione all'entrata in vigore del presente decreto, puo' presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, al giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 666 del codice di procedura penale, entro trenta giorni dalla irrevocabilita' della sentenza. Nel giudizio di esecuzione si applicano, in quanto compatibili, le norme del Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del codice di procedura penale relative alle pene sostitutive. In caso di annullamento con rinvio provvede il giudice del rinvio». 1. Condizioni di ammissibilita' della Questione: le nozioni di «Giudice» e «giudizio» L'art. 1 della legge costituzionale n. l del 9 febbraio 1948 individua come condizioni di ammissibilita' del vaglio incidentale di legittimita' costituzionale che la questione sorga dinanzi ad un «Giudice» e nell'ambito di un «giudizio». L'evoluzione della giurisprudenza costituzionale ha permesso di ritenere ammissibile la questione di legittimita' costituzionale sulla base di un'interpretazione sostanziale e non meramente formale dei suddetti termini: la Consulta, quindi, puo' procedere ad un esame nel merito della questione prospettatale, ove quest'ultima sia proposta da un soggetto chiamato ad applicare il diritto a casi concreti e in condizione di autonomia, neutralita' e indipendenza da altri poteri, nell'esercizio di attribuzioni che attengono alla tutela di diritti e interessi legittimi e che vengono esercitate nel rispetto di regole che garantiscano il diritto di difesa. L'accezione non restrittiva sopra indicata ha trovato la sua prima affermazione nella sentenza n. 129 del 1957, con la quale e' stata ritenuta ammissibile la questione di legittimita' costituzionale proposta nell'ambito di un procedimento di volontaria giurisdizione, per poi giungersi, con la sentenza n. 226 del 1976 a motivare tale scelta con la finalita' di evitare «zone franche di incostituzionalita'», che potrebbero determinare l'impossibilita' di porre rimedio a violazioni che, soprattutto in caso di diritti fondamentali, risulterebbero intollerabili. Alla luce di quanto suesposto, non puo' che concludersi nel senso dell'ammissibilita' della questione di legittimita' proposta dal rimettente in questa sede. In via del tutto preliminare, infatti, non v'e' dubbio che - al di la' del «nomen» - quello dell'esecuzione sia un «Giudice» (nell'accezione sopra descritta) e che il procedimento camerale di cui agli articoli 666 del codice di procedura penale e ss. sia un «giudizio». Peraltro, qualora si considerasse inammissibile la questione sollevata in questa sede, si priverebbero i condannati i cui procedimenti penali, al momento dell'entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia, erano solo formalmente «pendenti in grado di appello» - essendo gia' stato emesso nei loro confronti il dispositivo di condanna - della possibilita' di richiedere a un qualunque giudice di applicare una delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi. Tale species di condannati, infatti, non potrebbero rivolgersi: ne' alla Corte di appello, che con la lettura del dispositivo si e' definitivamente «spogliata» del potere decisionale (nel caso di specie, peraltro, la Corte aveva gia' depositato anche la motivazione della sentenza); ne' alla Corte di cassazione, dinanzi alla quale - in base al disposto dello stesso art. 95 delle disposizioni transitorie - non potrebbero richiedere per la prima volta l'applicazione di una sanzione sostitutiva (1) , ne' tantomeno potrebbero impugnare la sentenza di secondo grado sotto il profilo della mancata concessione di una sanzione sostitutiva, trattandosi di una statuizione di merito antecedente all'entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia; ne', infine, al giudice dell'esecuzione, ostandovi la formulazione letterale della disposizione normativa in commento. Il che creerebbe una «zona franca» del controllo di costituzionalita' delle leggi che la Consulta vuole proprio evitare, soprattutto laddove si verta, come nel caso di specie, in materia di diritti, fondamentali e inviolabili (e invero, la facolta' di richiedere l'applicazione di una sanzione sostitutiva di una pena detentiva breve trova un addentellato normativa nell'art. 27 della Carta costituzionale, che - nel riconoscere la finalita' rieducativa della pena - ribadisce l'inviolabilita' della liberta' personale, scolpita a chiare lettere nell'art. 13 della Costituzione). Ne' puo' ritenersi tardiva, nel caso di specie, la proposizione della questione di legittimita', atteso che, per potersi pronunciare sull'istanza della difesa, avente ad oggetto l'applicazione «in executivis» di una sanzione sostitutiva, il rimettente si trova a doverne preliminarmente vagliare l'ammissibilita', facendo all'uopo applicazione dell'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022, che - come sopra illustrato - ne detta rigidamente le condizioni. Del resto, il D. V. non avrebbe certamente potuto sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022 dinanzi alla Corte di appello, che - al momento dell'entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia - si era gia' «spogliata» della causae cognitio, avendo emesso il dispositivo della sentenza e finanche depositato la relativa motivazione. Quand'anche poi il D. V. avesse sollevato tale questione dinanzi alla suprema Corte, quest'ultima - a parere dello scrivente - avrebbe dovuto dichiararla «irrilevante», poiche' l'imputato non puo' dolersi, col ricorso per cassazione, del fatto di non potere richiedere al giudice dell'esecuzione, ex art. 666 del codice di procedura penale, l'applicazione di una sanzione sostitutiva. 2. La rilevanza della questione nel presente giudizio Il dubbio di legittimita' costituzionale, che in questa sede lo scrivente si trova a sollevare, discende dalla necessita' di decidere sull'istanza di applicazione di una sanzione sostitutiva di pene detentive brevi avanzata dall'avv. Luisa Calamia, ai sensi dell'art. 666 del codice di procedura penale, nell'interesse di D. V. A., come sopra generalizzato, in atto detenuto presso la Casa circondariale di esecuzione della sentenza del Tribunale di Marsala n. 632/2022 del 20 aprile 2022, divenuta irrevocabile in data 25 marzo 2023 (giusto ordine di esecuzione per la carcerazione n. 252/2023 S.I.E.P.). In particolare, questo giudice si trova nella condizione di dover valutare, alla luce dei requisiti indicati dall'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022, l'ammissibilita' dell'istanza difensiva, dacche' - come inequivocabilmente desumibile dal combinato disposto dei commi 2 e 4 dell'art. 666 del codice di procedura penale (in modo peraltro conforme ai principi fondamentali della «logica giuridica») - ogni valutazione «nel merito» da parte del giudice dell'esecuzione presuppone un vaglio preliminare in ordine alla «non manifesta infondatezza» della questione prospettatagli. Orbene, facendo rigorosa applicazione dell'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022 dovrebbe pervenirsi ad una declaratoria di inammissibilita', dell'istanza in commento, atteso che, al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 150/2022, il procedimento penale a carico del D. V. - che pure ha presentato la propria istanza ex art. 666 del codice di procedura penale entro il termine di giorni novanta dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti - non pendeva dinanzi alla Corte di cassazione, bensi' dinanzi alla Corte di appello. Sennonche' - ed e' questa la ragione per la quale lo scrivente dubita della legittimita' costituzionale della disposizione normativa in commento - alla data del 30 dicembre 2022, giorno in cui e' entrato in vigore del decreto legislativo n. 150/2022, il processo penale a carico del D. V. era solo formalmente pendente in appello, poiche' il giudice del gravame aveva gia' emesso il dispositivo (il 9 novembre 2022) e addirittura - anzitempo rispetto alla scadenza del termine per il deposito della sentenza, indicato dalla Corte in giorni novanta - redatto la relativa motivazione (depositata il 13 dicembre 2022). In termini maggiormente esplicativi, dal momento che la Corte di appello aveva indicato in giorni novanta il termine per il deposito della sentenza (poi per vero depositata in poco piu' di trenta giorni), al momento dell'entrata in vigore della novella normativa, ossia il 30 dicembre 2022, pendeva ancora il termine per la redazione della motivazione della sentenza di' secondo grado, che sarebbe spirato il 7 febbraio 2023. Cionondimeno - come anzidetto - il D. V. non poteva piu' avanzare alcuna richiesta ne' proporre alcuna istanza alla Corte di appello, dal momento che la stessa aveva «consumato» il proprio potere decisionale (depositando finanche la motivazione della sentenza): e cio' - si badi - per il semplice fatto che il giudice di secondo grado, ritenendo particolarmente complessa la stesura della motivazione, aveva indicato nel dispositivo un termine piu' lungo per il deposito della sentenza, ex art. 544, comma 3 del codice di procedura penale. Tant'e' vero che, con provvedimento del 13 febbraio 2023 (acquisito, col consenso delle parti, all'odierna udienza del 27 giugno 2023) la Corte di appello di Palermo, facendo applicazione della disciplina transitoria dettata dall'art. 95 decreto legislativo n. 150/2022, ha dichiarato inammissibile «istanza presentata via PEC il 21 gennaio 2023 dal difensore di fiducia di D. V. A., in atti generalizzato, diretta a sostituire la misura della custodia cautelare in carcere con una delle pene sostitutive previste dall'art. 20-bis del codice penale, alla luce anche della ratio della c.d. riforma Cartabia di favorire misure alternative al carcere», sul presupposto che «il giudizio di appello si e' concluso in epoca antecedente al 30 dicembre 2022». Per le suesposte ragioni, dunque, un'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022 avrebbe senz'altro rilevanza nell'odierno procedimento, in quanto consentirebbe allo scrivente di poter ritenere ammissibile l'istanza avanzata nell'interesse del D. V. e, per l'effetto, di potersi pronunciarsi sul merito della stessa. Non sussistono nel caso di specie, infatti, ulteriori ragioni - di tipo oggettivo o soggettivo - per ritenere «manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge», ex art. 666, comma 2 del codice di procedura penale, la richiesta del condannato. 3. La non manifesta infondatezza della questione A parere del sottoscritto, la disposizione normativa, la cui legittimita' costituzionale si chiede alla Consulta di vagliare, risulta in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in relazione agli articoli 24 e 27 della Costituzione. E invero, il rigido dettato normativo dell'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022 determina una violazione del «principio di ragionevolezza» scolpito nell'art. 3 della Costituzione, atteso che, ricorrendone i presupposti di legge (ex articoli 53 e ss. legge n. 689/1981, come da ultimo novellata): consente agli imputati i cui processi - al momento dell'entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia - erano pendenti in primo grado o in appello di chiedere al giudice della cognizione l'applicazione di una sanzione sostitutiva delle pene detentive brevi (posto che, alla stregua della disposizione de qua, «Le norme previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, se piu' favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell'entrata in vigore del presente decreto»); consente ai condannati i cui processi erano «pendent[i] innanzi la Corte di cassazione all'entrata in vigore dei presente decreto ...[di] presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, al giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 666 del codice di procedura penale, entro trenta giorni dalla irrevocabilita' della sentenza» (termine discrezionalmente individuato dal legislatore); non consente agli imputati i cui processi erano solo «formalmente» «pendenti .... in grado di appello» - poiche' il giudice del gravame aveva gia' emesso il dispositivo, «spogliandosi» conseguentemente del potere decisionale - di presentare analoga istanza innanzi al giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 666 del codice di procedura penale, entro il succitato termine di giorni trenta dal passaggio in giudicato della sentenza. Orbene, premesso che - a parere di chi scrive - si tratta di un'evidente lacuna normativa di tipo involontario, quand'anche cosi' non fosse, dovrebbe cionondimeno concludersi nel senso della illegittimita' costituzionale della previsione normativa di cui trattasi, dalla cui applicazione discende un trattamento assolutamente irragionevole e discriminatorio: ai sensi e per gli effetti dell'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022, infatti, un imputato impossibilitato a chiedere al giudice della cognizione (in primo grado o in appello) l'applicazione di una sanzione sostitutiva puo' rivolgersi al giudice dell'esecuzione (entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza) soltanto se - al momento dell'entrata in vigore della novella normativa - il procedimento penale a suo carico era pendente dinanzi alla Corte di cassazione, ma non anche nell'ipotesi in cui - in quello stesso momento - pendeva nei suoi confronti il termine per il deposito della sentenza di secondo grado da parte della Corte di appello. In altri termini, non ravvisa lo scrivente alcuna «ragionevolezza» nella diversita' di trattamento tra l'ipotesi dell'imputato il cui procedimento penale era pendente in Cassazione al momento dell'entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia e quella dell'imputato il cui procedimento penale, in quello stesso frangente temporale, era solo formalmente «pendente in appello», poiche' - per l'appunto - non era ancora spirato il termine per il deposito della sentenza da parte della Corte. Alla stregua della disposizione normativa in questione, infatti, due posizioni sostanzialmente analoghe (id est, due imputati impossibilitati a chiedere al giudice della cognizione l'applicazione di una sanzione sostitutiva) riceverebbero, in modo del tutto irragionevole, un diverso trattamento giuridico, a detrimento di quello il cui procedimento penale - al momento dell'entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia - pendeva solo formalmente in appello, essendo gia' stato emesso nei suoi confronti il dispositivo di sentenza o financo la motivazione (come nel caso di specie): quest'ultimo, invero, a differenza dell'altro imputato (il cui procedimento penale - al momento dell'entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia - pendeva dinanzi alla Corte di cassazione), non puo' piu' avanzare alcuna richiesta ne' proporre alcuna istanza alla Corte di appello (che s'e' gia' «spogliata» dalla cognizione della causa), non puo' richiedere l'applicazione di una sanzione sostitutiva alla suprema Corte e, infine, non puo' promuovere un incidente di esecuzione ex art. 666 del codice di procedura penale. Il che determina una violazione degli articoli 24 e 27 della Costituzione. Con riguardo a questo primo profilo, invero, l'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022 preclude ad alcuni imputati soltanto (quelli il cui procedimento penale, al momento dell'entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia, pendeva solo formalmente in appello) la facolta' di richiedere al giudice dell'esecuzione l'applicazione di una sanzione sostitutiva della pena detentiva breve irrogata nei loro confronti all'esito del giudizio di cognizione, con un'irragionevole compressione del loro diritto di difesa, che - per espressa previsione costituzionale - e' «inviolabile in ogni stato e grado del procedimento». Inoltre, questa immotivata diversita' di trattamento collide con l'art. 27 della Costituzione e, in particolare, con la finalita' rieducativa della pena, cui peraltro e' ispirata la stessa novella legislativa, uno dei cui obiettivi - come anzidetto e' quello di consentire al giudice della cognizione (ed eccezionalmente, ai sensi dell'art. 95 delle disposizioni transitorie, a quello dell'esecuzione) di applicare delle pene, diverse da quella detentiva, destinate a essere eseguite immediatamente dopo la definitivita' della condanna, in modo da «diversificare» la risposta punitiva dello Stato e renderla piu' effettiva e tempestiva. Avuto riguardo al caso in esame, peraltro, l'irragionevolezza della norma in commento si puo' agevolmente apprezzare se sol si considera che D. V. A. non potrebbe richiedere ad alcun giudice l'applicazione di una sanzione sostitutiva per il semplice fatto che la Corte di appello, ritenendo particolarmente complessa la stesura della motivazione, aveva indicato nel dispositivo un termine piu' lungo per il deposito della sentenza, ai sensi dell'art. 544, comma 3 del codice di procedura penale. 4. L'impossibilita' di un'interpretazione costituzionalmente orientata I tentativi di interpretazione «secundum constitutionem» della disposizione normativa di cui trattasi operati da questo giudice non hanno consentito di giungere ad una soluzione ermeneutica idonea a superare le problematiche individuate nel paragrafo precedente della presente ordinanza. E invero, la littera legis dell'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022 e' chiara nell'affermare che possono richiedere al giudice dell'esecuzione l'applicazione di una sanzione sostitutiva (entro trenta giorni dall'intervenuta irrevocabilita' della sentenza) soltanto i condannati a pena detentiva non superiore a quattro anni i cui procedimenti penali, al momento dell'entrata in vigore del suddetto decreto legislativo, erano pendenti dinanzi alla Corte di cassazione. Ritenere ammissibile l'istanza del D. V. (il cui procedimento penale - lo si ribadisce - era pendente, al momento dell'entrata in vigore della novella, dinanzi alla Corte di appello di Palermo, ancorche' solo «formalmente») significherebbe interpretare analogicamente la disposizione normativa in commento: il che e' precluso in radice dall'art. 14 delle preleggi, alla stregua del quale «Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati». In altri termini, in quanto norma «eccezionale» (perche' di natura «intertemporale»), l'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022 non puo' essere interpretato analogicamente. Ne consegue che, anche a fronte di quella che lo scrivente ritiene essere una lacuna normativa di tipo involontario, l'unica soluzione per rendere la disposizione in esame compatibile con la Carta costituzionale e' quella di dichiararla, in parte qua, costituzionalmente illegittima. Peraltro - quand'anche non si fosse trattato di una lacuna involontaria, bensi' di una scelta discrezionale del legislatore - dovrebbe cionondimeno concludersi, a parere di chi scrive, nel senso della parziale incostituzionalita' della norma in commento, per violazione dell'art. 3 della Costituzione e, segnatamente, del «principio di ragionevolezza», in relazione agli articoli 24 e 27 della Costituzione. 5. Conclusioni e petitum Alla luce delle argomentazioni che precedono, ritiene questo giudice che non si possa decidere in ordine all'istanza avanzata dalla difesa del D. V. indipendentemente dalla risoluzione della questione relativa alla legittimita' costituzionale dell'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022. Si ritiene, in particolare, che la disposizione normativa indicata debba essere dichiarata costituzionalmente illegittima, per violazione degli articoli 3, 24 e 27 della Costituzione, nella parte in cui non consente di presentare al giudice dell'esecuzione ex art. 666 del codice di procedura penale, entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, istanza di applicazione di una delle «pene sostitutive delle pene detentive brevi» ai condannati a pena detentiva non superiore a quattro anni i cui procedimenti penali, al momento dell'entrata in vigore del presente decreto, erano solo formalmente «pendenti .... in grado di appello», in quanto il giudice del gravame aveva gia' emesso il dispositivo di sentenza, «consumando» il proprio potere decisionale. Si rappresenta alla Corte, infine, l'estrema urgenza della deliberazione, atteso che il D. V. e' in atto detenuto in esecuzione della sentenza oggetto della sua istanza di esecuzione e che, conseguentemente, i tempi di definizione del presente procedimento, nelle more sospeso, incidono sulla liberta' personale dell'imputato. (1) Ne e' prova il fatto che i condannati a pena detentiva non superiore a quattro anni i cui procedimenti penali - al momento dell'entrata in vigore del succitato decreto - erano pendenti innanzi la Corte di cassazione devono attendere l'esito del giudizio e, in caso di condanna, promuovere un incidente di esecuzione, ex art. 666 del codice di procedura penale, entro trenta giorni dall'intervenuta irrevocabilita' della stessa.
P.Q.M. Ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022, in relazione agli articoli 3, 24 e 27 della Costituzione; Rilevata l'impossibilita' di procedere ad un'interpretazione costituzionalmente conforme della questione e in assenza di un diritto vivente; Sospende il presente procedimento a carico di D. V. A. come sopra generalizzato; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, affinche', ove ne ravvisi i presupposti, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 95 delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022 per violazione degli articoli 3, 24 e 27 della Costituzione; Che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai presidenti delle due camere del Parlamento. Marsala, 27 giugno 2023 Il Giudice: Guercio