N. 5 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 dicembre 2023

Ordinanza del 4 dicembre 2023 della Corte di giustizia tributaria  di
primo grado di Milano sul ricorso proposto da Engie italia spa contro
Agenzia entrate direzione regionale Lombardia.. 
 
Tributi - Energia - Prevista istituzione,  per  l'anno  2022,  di  un
  contributo straordinario contro il caro  bollette  a  carico  delle
  imprese  operanti  nel  settore  energetico  -  Individuazione  dei
  soggetti passivi - Quantificazione della base imponibile - Criterio
  di determinazione  costituito  dall'incremento  del  saldo  tra  le
  operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo  dal
  1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al  saldo  del  periodo
  dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021 - Previsione che, in caso  di
  saldo negativo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30  aprile  2021,
  ai fini del calcolo della  base  imponibile  per  tale  periodo  e'
  assunto un valore di riferimento pari a  zero  -  Applicazione  del
  contributo nella misura del  25  per  cento  nei  casi  in  cui  il
  suddetto incremento sia superiore a euro 5.000.000,  mentre  se  e'
  inferiore al  10  per  cento  non  e'  dovuto  alcun  contributo  -
  Assunzione, ai fini del calcolo  del  medesimo  saldo,  del  totale
  delle operazioni attive e  del  totale  delle  operazioni  passive,
  entrambe al netto dell'IVA - Previsione  che  non  concorrono  alla
  determinazione della base imponibile del  contributo  straordinario
  le operazioni attive non soggette a IVA per carenza del presupposto
  territoriale, se e  nella  misura  in  cui  gli  acquisti  ad  esse
  afferenti siano territorialmente non rilevanti ai fini dell'IVA. 
- Decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (Misure urgenti per  contrastare
  gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina), convertito,
  con modificazioni, nella legge 20 maggio 2022, n. 51, art. 37 e, in
  particolare, comma 3-ter, inserito dall'art. 1, comma 120,  lettera
  c), della legge 29 dicembre 2022, n. 197  (Bilancio  di  previsione
  dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale  per
  il triennio 2023-2025). 
(GU n.5 del 31-1-2024 )
 
      LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI MILANO 
                             Sezione 12 
 
    Riunita in udienza il 23 ottobre  2023  alle  ore  14,30  con  la
seguente composizione collegiale: 
        Mietto Massimo, Presidente; 
        Cozzi Stefano Celeste, relatore; 
        Salvo Michele, giudice; 
    in data 23 ottobre 2023 ha pronunciato la seguente ordinanza  sul
ricorso n. 1462/2023 depositato il 29 marzo 2023; 
    proposto da Engie Italia S.p.a. - 06289781004; 
    difeso da: 
        Paolo Biagi - BGIPLA67A03L833K; 
        Davide De Girolamo - DGRDVD77A24H501P; 
        Livia Salvini - SLVLVI57H67H501M; 
    rappresentato   da   Monica   Iacono   -   CNIMNC69E58F205V    ed
elettivamente domiciliato presso paolo.biagi@pec.it 
    Contro   Agenzia   entrate    Direzione    regionale    Lombardia
elettivamente                   domiciliato                    presso
dr.lombardia.gtpec@pce.agenziaentrate.it 
    Avente  ad  oggetto  l'impugnazione  di:  silenzio  rifiut   caro
bollette 2022 a seguito di discussione in pubblica udienza. 
 
                     Elementi in fatto e diritto 
 
    Engie Italia S.p.a. e' una societa' che  fa  capo  ad  un  gruppo
industriale  francese  che  svolge  attivita'  afferenti  ai  mercati
dell'energia. 
    Con il ricorso in esame, tale societa' impugna  il  provvedimento
tacito di rigetto formatosi, ai sensi dell'art.  22,  secondo  comma,
del decreto legislativo  n.  546  del  1992,  sulla  sua  istanza  di
rimborso delle somme versate a titolo  di  «contributo  straordinario
contro il caro bollette» previsto dall'art. 37 del  decreto-legge  n.
21 del 2022, per un importo di euro 290.151.089,80,  oltre  interessi
maturati e maturandi. 
    Si e' costituita in giudizio, per resistere al ricorso, l'Agenzia
delle entrate. 
    La causa e' stata trattenuta in decisione in esito alla  pubblica
udienza del 23 ottobre 2023. 
    Ritiene il collegio che  non  siano  manifestamente  infondati  i
seguenti profili di illegittimita' costituzionale del citato art.  37
del decreto-legge n. 21 del 2022 evidenziati dalla ricorrente. 
1. Genericita', indeterminatezza e irragionevolezza del presupposto. 
    Il citato art. 37 del decreto-legge n. 21  del  2022,  convertito
con legge n.  51  del  2022,  ha  introdotto,  per  l'anno  2022,  un
contributo straordinario contro il caro bollette posto a carico delle
impresse che svolgono attivita' nel campo energetico. Il primo ed  il
secondo comma di tale norma  individuano  i  soggetti  passivi  ed  i
criteri di calcolo del tributo (base imponibile  e  aliquota),  senza
pero' specificare quale  sia  il  suo  presupposto,  con  conseguente
impossibilita' di identificare  con  certezza  la  manifestazione  di
capacita' contributiva che l'imposta intende colpire. 
    Solo dalla lettura dei  lavori  preparatori  sembrerebbe  potersi
dedurre che il contributo in  esame  dovrebbe  intercettare  asseriti
«extraprofitti» di cui le imprese del comparto dell'energia avrebbero
beneficiato, in relazione all'aumento dei prezzi e delle tariffe  del
settore verificatosi a causa della crisi  internazionale  conseguente
all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. 
    La mancata indicazione nella norma dello scopo del tributo  rende
pero' incerto il presupposto e tale incertezza si potrebbe  porre  in
contrasto con l'art. 23 Cost., che, prevedendo una chiara riserva  di
legge  in  relazione  alle  prestazioni   patrimoniali,   impone   al
legislatore di individuare  gli  elementi  essenziali  identificativi
della prestazione  tributaria.  Risulterebbero  inoltre  violati  gli
articoli 3  e  53  Cost.,  dal  momento  che,  pur  rientrando  nella
discrezionalita' del legislatore la determinazione dei singoli  fatti
espressivi della capacita' contributiva, che puo' essere  desunta  da
qualsiasi   indice   che   sia   rivelatore   di   ricchezza,    tale
discrezionalita' incontra il limite della non arbitrarieta'. 
2. Inidoneita' della base imponibile ad incidere sugli  extraprofitti
correlati al settore energetico. 
    Anche ammettendo che  la  ratio  del  contributo  sia  quella  di
colpire gli extraprofitti, la sua struttura sembrerebbe inidonea allo
scopo,  con  conseguente  ulteriore  profilo  di  contrasto  con  gli
articoli 3 e 57 Cost. 
    A questo proposito, si  rileva  che  l'art.  37,  secondo  comma,
decreto-legge n. 21 del 2022 collega la base imponibile  del  tributo
all'incremento del saldo tra le operazioni  attive  e  le  operazioni
passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30  aprile  2022,
rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile  2021.
La norma richiama quindi la disciplina in materia  di  IVA,  e  nello
specifico quella delle relative liquidazioni periodiche (LIPE). 
    In tal modo pero', il tributo non pare in grado di incidere sugli
extraprofitti posto che  il  differenziale  tra  «saldi  IVA»  e'  il
semplice risultato della somma algebrica delle poste attive e passive
relative a determinate operazioni che si realizzano in uno  specifico
periodo, risultato che non sembra mettere in evidenza la  sussistenza
di un incremento degli utili, ne'  tantomeno  la  sussistenza  di  un
incremento degli utili di  tipo  congiunturale  dovuto  ad  attivita'
speculativa o comunque estranea all'impresa. 
    A questo riguardo va innanzitutto evidenziato,  da  un  punto  di
vista generale, che la struttura dell'IVA non consente  di  correlare
le componenti attive con le corrispondenti componenti passive. 
    Per tale  imposta,  infatti,  non  si  applica  il  principio  di
competenza economica che impone la correlazione tra costi e ricavi al
fine di calcolare un preciso risultato  economico  realizzato  in  un
determinato lasso di tempo. Nel  sistema  dell'IVA,  l'imposta  grava
sulle singole operazioni e si disinteressa di eventuali  collegamenti
tra  le  masse  di  operazioni  attive   e   passive,   non   essendo
strutturalmente demandata ad intercettare la formazione di un utile. 
    Quanto sopra risulta particolarmente  evidente  per  i  costi  di
acquisto dei beni strumentali, per  i  quali,  a  fini  IVA,  non  si
applica l'ammortamento venendo tali costi contabilizzati  per  intero
al momento dell'acquisto.  Questo  metodo  di  contabilizzazione  non
consente  evidentemente  di  intercettare  il   risultato   economico
dell'attivita' di impresa posto che l'onere economico  sostenuto  per
l'acquisto dei beni strumentali incide per diverse annualita' su tale
risultato. 
    Inoltre, per come configurata la base imponibile  del  contributo
per la quale assumono  rilievo  esclusivamente  le  contabilizzazioni
effettuate nei periodi 1° ottobre 2021-30 aprile 2022  e  1°  ottobre
2020-30 aprile 2021, il costo di acquisto dei beni  strumentali  puo'
incidere o non incidere sulla determinazione  della  base  imponibile
del tributo in base ad un elemento del tutto casuale:  il  fatto  che
l'acquisto sia stato o meno effettuato nei succitati periodi. 
    Altro elemento casuale e' dato dalle «fatture di  fine  anno»  le
quali, per ragioni appunto del tutto casuali legate a  variabili  non
prevedibili dell'impresa (ad  esempio  i  tempi  di  emissione),  non
confluiscono nelle  LIPE  ma  solo  nella  dichiarazione  finale  IVA
dell'anno di competenza) e non sono percio' rilevanti ai  fini  della
determinazione della base imponibile del contributo. 
    Va poi considerato che le norme in materia  di  IVA  non  tengono
conto di alcuni rilevantissimi elementi di  costo  che  insistono  in
maniera  significativa  sui  profitti,  e  quindi   sugli   ipotetici
«sovraprofitti» del settore. 
    Si  pensi,  in  particolare,  ai  costi   di   personale   e   ai
differenziali  realizzati  su  contratti  derivati  che,  in   quanto
considerati non soggetti ad IVA, non sono  computabili  ai  fini  del
contributo. 
    Per quanto concerne  in  particolare  i  contratti  derivati,  si
sottolinea che i relativi costi, non rappresentando corrispettivi  di
una controprestazione, secondo quanto chiarito dalle  indicazioni  di
prassi dell'Amministrazione finanziaria (risoluzione MEF n. 77 del 16
luglio  1998),  non  concorrono   all'ammontare   complessivo   delle
operazioni passive ai fini dell'IVA. 
    Questi  costi  tuttavia  rilevano  sicuramente  ai   fini   della
determinazione del risultato  economico  dell'attivita'  di  impresa,
soprattutto per cio' che concerne le imprese esercenti  attivita'  in
campo energetico le quali sono solite  stipulare  tale  tipologia  di
contratti  a  copertura  dei  rischi   legati   all'andamento   delle
quotazioni dei beni che costituiscono materie prime o prodotti finiti
(l'esigenza ad essi sottesa e', in sostanza, quella  di  evitare  che
tali quotazioni possano causare l'erosione dei  margini  di  guadagno
per  effetto  dell'aumento  del  prezzo  di  materie  prime  o  della
contrazione del prezzo dei prodotti oggetto dell'attivita'). 
    Non puo' quindi dubitarsi che  tali  componenti  di  costo  siano
direttamente riconducibili all'attivita' di impresa,  trattandosi  di
costi specificamente riferibili al suo oggetto: conseguentemente, non
puo' nemmeno dubitarsi che essi concorrano, sia  in  senso  economico
che giuridico, alla produzione di profitti e,  quindi,  di  eventuali
«sovraprofitti» realizzati nell'esercizio di quella stessa attivita'. 
    E cio' senza contare che effetto dei contratti derivati - la  cui
funzione si ripete e' quella di assicurare un  andamento  equilibrato
dell'attivita'  economica  mettendola  al   riparo   da   contingenti
variazioni di mercato - puo' essere  proprio  quello  di  elidere  il
profitto che l'impresa consegue in momenti di eccezionale favore. 
    Anche  sotto  tale  aspetto,  la  struttura  del  tributo  appare
inidonea a rappresentare correttamente  il  supposto  «sovraprofitto»
che intende colpire. 
    Va poi osservato che il contributo, gravando sul  fatturato  IVA,
incide su elementi radicalmente estranei alla definizione di profitto
in senso economico o fiscale, come tipicamente accade con gli importi
riferiti  alle  accise  traslate  sui  clienti,   che   rappresentano
componenti fiscali  in  definitiva  riversate  allo  Stato,  che  non
rientrano nella definizione di profitto in senso economico o fiscale,
sicche'  non  possono  rappresentare  in  alcun  modo  un  incremento
rilevante di «ricchezza» tassabile. 
    Inoltre, poiche' secondo  l'interpretazione  dell'Amministrazione
finanziaria (circolare n. 22/E del 23 giugno 2022), il contributo  in
esame si applica sull'interezza del fatturato ritratto  da  tutte  le
attivita' esercitate, anche nel caso di soggetti operanti anche al di
fuori dell'ambito energetico, l'imposizione fiscale puo' estendersi a
redditi maturati in settori di attivita' totalmente diversi da quello
di  interesse,  che  in  nessun  modo  si  presuppongono  beneficiati
dall'andamento del prezzo dei prodotti energetici. 
    Per quanto riguarda l'aspetto temporale, si  deve  rilevare  che,
come ripetuto, l'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022, stabilisce
che, per determinare la base imponibile del tributo, occorre prendere
a riferimento i differenziali dei saldi IVA relativi  ai  periodi  1°
ottobre 2021-30 aprile 2022 e 1° ottobre 2020-30 aprile 2021. 
    Tali periodi potrebbero rivelarsi  eccessivamente  brevi  essendo
ben  possibile  che,  a  fronte  di  un  dato   risultato   economico
consuntivato nel periodo temporale rilevante ai fini del  contributo,
le societa' realizzino negli altri periodi  dell'anno  rilevantissime
perdite o rilevantissimi guadagni. 
    A  cio'  si  aggiunga  che  gli  extraprofitti   realizzati   nel
2021-2022, rispetto al corrispondente periodo  2020-2021,  potrebbero
essere  dovuti  al  fatto  che,  durante  la  pandemia,  le  societa'
energetiche hanno subito rilevanti contrazioni delle  vendite  dovute
al calo dei consumi. 
    Va da ultimo evidenziato che, se  lo  scopo  del  legislatore  e'
quello di porre rimedio al caro bollette, vi e' il forte rischio  che
il contributo consegua il risultato  opposto  qualora  gli  operatori
riversino sui clienti finali il relativo onere economico. E' ben vero
che, per evitare questo  risultato,  il  comma  8  dell'art.  37  del
decreto-legge n. 21 del  2022  assoggetta  gli  stessi  operatori  al
controllo dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato,  ma
non e' detto che  tale  controllo  sia  effettivamente  in  grado  di
stabilire quando un aumento dei  prezzi  sia  correlato  a  oggettive
ragioni di mercato ovvero  alla  volonta'  di  scaricare  sull'utenza
l'onere del contributo. 
    Tutto  quanto  sin  qui  illustrato  porta   a   dubitare   della
compatibilita' dell'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022 con  gli
articoli  3  e  53  Cost.  posto  che,  come  chiarito  dalla   Corte
costituzionale con la sentenza n. 10 del 2015 (in tema di Robin Tax),
vi deve essere sempre coerenza fra il presupposto  economico  che  il
legislatore intende colpire e la struttura del tributo. 
3. Violazione del principio di uguaglianza. 
    La mancata correlazione fra scopo del tributo e  struttura  dello
stesso potrebbe anche comportare problemi rilevanti sotto il  profilo
del rispetto del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. 
    Si e' visto, ad esempio, che  la  rilevanza  dei  costi  connessi
all'acquisto dei beni strumentali ai fini della determinazione  della
base imponibile dipende da elementi del tutto casuali: il  fatto  che
l'acquisto sia stato effettuato nei periodi presi  in  considerazione
dall'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022. 
    L'imposta potrebbe quindi andare ad incidere in  maniera  casuale
sugli operatori del settore, colpendo magari chi non  ha  beneficiato
in nessun modo dell'ascesa dei prezzi e  delle  tariffe  energetiche,
con conseguente violazione del suddetto principio. 
    Va poi osservato che la medesima  norma  esenta  da  imposta  gli
operatori che hanno realizzato extraprofitti per importi inferiori  a
5 milioni di euro o in una percentuale inferiore  al  10  per  cento.
Anche questa previsione potrebbe rivelarsi discriminatoria posto  che
introduce un regime fiscale differenziato pur a fronte di  situazioni
del tutto comparabili (si pensi al caso dell'operatore  che  realizza
extraprofitti di importo di poco inferiore a 5 milioni di  euro,  che
non  deve  versare   alcunche',   e   dell'operatore   che   realizza
extraprofitti di poco superiori a tale soglia il quale  e'  tenuto  a
versare una somma superiore ad un milione di euro). 
    A tutto cio' si puo' aggiungere che il  contributo  non  colpisce
soggetti che operano in altri settori bancario  e  farmaceutico)  che
ugualmente   potrebbero    aver    beneficiato    della    situazione
congiunturale. 
4. Violazione degli articoli 53  e  42  della  Costituzione,  nonche'
dell'art. 117 Cost. in relazione  all'art.  1  del  Primo  Protocollo
CEDU. 
    Il secondo comma dell'art. 37 del decreto-legge n. 21  del  2022,
stabilisce che il contributo si applica nella misura del 25 per cento
della  base  imponibile  la  quale,  come  ripetuto,  e'   costituita
dall'incremento del saldo tra le operazioni attive  e  le  operazioni
passive, riferito ai periodi 1° ottobre  2021-30  aprile  2022  e  1°
ottobre 2020-30 aprile 2021. 
    Si e' detto sopra che la  struttura  della  base  imponibile  non
sembra in grado di mettere in evidenza il reale  andamento  economico
dell'impresa. 
    La  combinazione  di  questi  elementi   (base   imponibile   non
rappresentativa di un utile economico e aliquota pari al 25 per cento
di tale base imponibile) potrebbe comportare, quale conseguenza, che,
per far fronte all'imposta, il soggetto passivo  debba  attingere  in
maniera rilevante alle proprie risorse patrimoniali. 
    Parte  ricorrente  porta  ad  esempio  la   propria   situazione,
rilevando che l'importo del tributo che essa  e'  stata  obbligata  a
versare, non solo incide su una societa' in perdita, ma  erode  quasi
completamente il suo patrimonio netto. 
    Si  potrebbe  quindi  ritenere  che,  per  come  configurato,  il
contributo  possa  avere  effetti  ablativi  anche  integrali   della
capacita' economica del soggetto inciso, con  conseguente  violazione
degli articoli 42 e 53 Cost. 
    Con riferimento all'art. 42 Cost., si osserva che la  norma  pone
una garanzia alla proprieta' privata, prevendendo  che  questa  possa
essere espropriata solo per ragioni di  interesse  generale  e  salvo
pagamento di un indennizzo. La sottoposizione ad  una  tassazione  in
grado di incidere fortemente  sul  patrimonio  del  soggetto  passivo
sarebbe dunque in contrasto con questa disposizione in quanto  avente
sostanzialmente effetti espropriativi. 
    Analogo ragionamento puo' essere formulato in relazione  all'art.
53 Cost. il  quale,  come  noto,  pone  il  limite  della  «capacita'
contributiva» del soggetto passivo. Questa norma opera,  infatti,  da
baluardo contro prelievi fiscali configurati in modo tale da generare
l'erosione progressiva dell'oggetto cui e' riferita l'imposta, oppure
contro prelievi che sottraggono  integralmente  la  stessa  ricchezza
tassata  o  in  una  misura   che   possa   fondatamente   minacciare
l'equilibrio  tra  i  bisogni  finanziari  del  settore  pubblico   e
l'interesse dei singoli. 
    Per questo profilo viene anche in  rilievo  l'art.  1  del  Primo
Protocollo  CEDU,  il  quale  costituisce  parametro  interposto  nei
giudizi  di   costituzionalita'   riguardanti   le   norme   primarie
dell'ordinamento italiano, ai sensi dell'art. 117, primo comma, Cost.
(cfr. Corte costituzionale, 20 ottobre 2007, n. 348). 
    L'art. 1 del Primo Protocollo CEDU e' anch'esso posto a  presidio
della tutela proprietaria, prevedendo al primo comma, primo  periodo,
la regola secondo cui «ogni persona fisica o giuridica ha diritto  al
rispetto dei suoi beni» e  cosi'  vietando,  in  via  generale,  ogni
compressione  al  libero  godimento  dei  beni  stessi.   I   periodi
successivi  del  testo  della  disposizione  autorizzano,   a   certe
condizioni, la limitazione del diritto di proprieta': 
        il secondo periodo del  primo  comma  prevede,  infatti,  che
«nessuno puo' essere privato della sua proprieta' se non per causa di
pubblica utilita' e nelle  condizioni  previste  dalla  legge  e  dai
principi generali del diritto internazionale». 
    Il secondo  comma  dispone  a  sua  volta  che  «le  disposizioni
precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in
vigore le leggi da essi ritenute necessarie  per  disciplinare  l'uso
dei beni in modo conforme all'interesse generale o per assicurare  il
pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende». 
    La Corte EDU ha chiarito che le ragioni  di  ordine  fiscale  non
consentono l'introduzione, da parte  del  legislatore  nazionale,  di
«imposte  confiscatorie»,  tali  cioe'  da  azzerare   o,   comunque,
diminuire  fortemente  la  manifestazione  di  ricchezza   che   esse
intendono colpire, alterando cosi' in maniera  radicale  l'equilibrio
tra interesse fiscale  e  diritto  alla  tutela  proprietaria  (CEDU,
N.K.M. vs. Hungary, sentenza del 14 maggio 2013). 
    Tanto premesso, si puo' osservare che  il  contributo  in  esame,
nella misura in cui potrebbe  determinare  l'erosione  di  una  parte
rilevante  del  patrimonio  netto  sociale,  si  potrebbe  porre   in
contrasto con questa norma. 
5.   Profili    di    illegittimita'    costituzionale    riguardanti
specificamente il comma 3-ter dell'art. 37 del  decreto-legge  n.  21
del 2022. 
    L'art. 37,  comma  3-ter,  del  decreto-legge  n.  21  del  2022,
introdotto dall'art. 1, comma 120, lettera c), della legge n. 197 del
2022, stabilisce che non concorrono alla  determinazione  della  base
imponibile del tributo di cui si discute «...  le  operazioni  attive
non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale [...]  se
e  nella  misura  in  cui  gli  acquisti  ad  esse  afferenti   siano
territorialmente non rilevanti ai fini dell'IVA». 
    Con questa disposizione il legislatore ha inteso far si'  che  le
voci attive correlate alle vendite estere (sempre escluse  dal  campo
di applicazione dell'IVA nonostante inserite nelle LIPE  per  ragioni
di controllo) vengano escluse dalla base  imponibile  del  contributo
solo   se   gli   «acquisti   afferenti»   siano,   a   loro   volta,
extraterritoriali. 
    Va pero' osservato che,  come  evidenziato  sopra,  la  struttura
dell'IVA (e di  conseguenza  quella  del  contributo  in  esame)  non
consente di correlare le  componenti  attive  con  le  corrispondenti
componenti passive, essendo la  sua  base  imponibile  calcolata  con
riferimento al differenziale di  due  masse  non  collegate  che  non
riflettono percio' l'andamento economico dell'impresa. 
    Si  potrebbe  quindi  ritenere  che  la  disposizione   contenuta
nell'art. 37, comma 3-ter, del decreto-legge n. 21 del 2022  presenti
profili di irrazionalita' laddove  pretende  che,  al  solo  fine  di
attribuire  irrilevanza  ai   proventi   derivanti   dalle   cessioni
extraterritoriali, il contribuente  debba  individuare  gli  acquisti
«afferenti». 
    Inoltre,  come  visto,  la  base  imponibile  del  contributo  si
determina con riferimento a  due  periodi  ben  determinati,  con  la
conseguenza che sono irrilevanti le operazioni compiute al  di  fuori
di tali periodi. 
    Se gli acquisti afferenti sono effettuati in periodi  diversi  da
quelli presi in considerazione dalla norma, l'entrata derivante dalla
vendita extraterritoriale ad essi correlata dovrebbe quindi  comunque
computarsi ai fini della determinazione della base imponibile. 
    La rilevanza delle operazioni di vendita extraterritoriale  sulla
determinazione della base  imponibile  si  aggancia  pertanto  ad  un
elemento del tutto causale: la data di acquisto del bene afferente. 
    Questi elementi potrebbero far ritenere che  anche  la  specifica
previsione ora esaminata presenti profili di irragionevolezza  e  sia
percio' in contrasto con gli articoli 3 e 53 Cost. 
6. Rilevanza della questione di costituzionalita'. 
    Ritiene il collegio che le questioni di  costituzionalita'  sopra
illustrate siano rilevanti  ai  fini  della  decisione  del  presente
giudizio posto la presenza dell'art. 37 del decreto-legge n.  21  del
2022 nell'ordinamento giuridico, osta al richiesto rimborso. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte sospende il giudizio. 
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Ordina alla Segreteria che la presente ordinanza  sia  notificata
alle Parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri  e  comunicata
al Presidente del Senato della  Repubblica  ed  al  Presidente  della
Camera dei deputati. 
 
                        Il Presidente: Mietto 
 
 
                                                   L'estensore: Cozzi