N. 6 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 dicembre 2023

Ordinanza del 18 dicembre 2023 del  G.U.P.  presso  il  Tribunale  di
Isernia nel procedimento penale a carico di C. L.. 
 
Processo penale - Incompatibilita' del giudice -  Mancata  previsione
  dell'incompatibilita' alla  funzione  di  trattazione  dell'udienza
  preliminare  del  giudice  dell'udienza   preliminare   che   abbia
  rigettato, per  motivi  concernenti  il  merito,  la  richiesta  di
  applicazione della pena formulata dal medesimo imputato  e  per  il
  medesimo fatto storico, nel medesimo procedimento. 
- Codice di procedura penale, art. 34, comma 2. 
(GU n.6 del 7-2-2024 )
 
                   TRIBUNALE ORDINARIO DI ISERNIA 
           Ufficio del Giudice per le indagini preliminari 
 
    Il Giudice dell'udienza preliminare, dott.ssa Michaela Sapio 
      - letti gli atti del procedimento penale in epigrafe  indicato,
nei confronti di C  L  imputato  in  atti  generalizzato,  difeso  di
fiducia dall'avvocato Fabio Milano del foro di Isernia; 
      sciogliendo la riserva assunta all'udienza, 
 
                              Osserva: 
 
    Con  atto  depositato  in  data  11  novembre  2021  il  pubblico
ministero chiedeva il rinvio a  giudizio  di  C  L  per  i  reati  di
cessione di stupefacente di  tipo  cocaina,  hashish  e  marjuana  ex
articoli 73, comma 1° e 4°, aggravati ex  art.  80  lettera  b),  DPR
309/1990. In data 25 maggio 2023 l'imputato a mezzo del suo difensore
e procuratore speciale, con il consenso del P.M., chiedeva applicarsi
la pena come concordata tra le parti, di mesi sei  di  reclusione  ed
euro 1.000,00 di multa, in continuazione con quella irrogata  con  la
sentenza definitiva n. 73 / 21 emessa da  questo  Giudice  per  fatti
analoghi il 14 ottobre 2021 e divenuta  irrevocabile  il  2  dicembre
2021. Con ordinanza resa all'udienza preliminare del 25  maggio  2023
questo Giudice, ritenuto che l'imputato non  fosse  meritevole  della
concessione delle circostanze attenuanti generiche, per  la  gravita'
delle   molteplici   condotte   contestate   e    la    contestazione
dell'aggravante ex art. 80 lettera b) cit. DPR., rigettava  l'istanza
di patteggiamento e, ritenuta la propria incompatibilita', dichiarava
di astenersi, disponendo la trasmissione degli atti al Presidente del
Tribunale  per  le  determinazioni  di   competenza.   Rigettata   la
dichiarazione di astensione, l'affare  era  riassegnato  al  medesimo
Giudice persona fisica per la trattazione  dell'udienza  preliminare,
alla  quale  la  difesa  deduceva   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 34, comma 2, c.p.p., per violazione degli articoli 3, 24  e
111, Cost., nella parte in cui non prevede  l'incompatibilita'  e  il
conseguente obbligo di astenersi dal trattare  l'udienza  preliminare
del giudice che abbia rigettato la richiesta di applicazione pena  ex
art. 444 codice di procedura penale  e  concludeva  affinche'  questo
Giudice sollevasse la questione di  legittimita'  costituzionale  nei
termini evocati e disponesse, previa  sospensione  del  processo,  la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale ex art.  134  Cost.
Il pubblico ministero si opponeva, concludendo per la  irrilevanza  e
in ogni caso per la manifesta infondatezza della questione, assumendo
la piena conformita' alla Carta costituzionale della norma citata. 
    La questione e' rilevante e non manifestamente infondata. 
    Va sollevata, in riferimento agli articoli 3 comma 1°, 24  e  111
comma  2°,  della  Costituzione,   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 34, comma 2°, c.p.p., nella parte in cui non
prevede l'incompatibilita' alla funzione di trattazione  dell'udienza
preliminare per il Giudice dell'udienza preliminare che nel corso del
medesimo procedimento, abbia rigettato  l'istanza  di  patteggiamento
nei confronti dello stesso imputato e per il medesimo fatto  storico,
avendo valutato nel merito le circostanze del fatto. 
    Al  riguardo  va  rammentato  che  la  Corte  costituzionale   e'
intervenuta piu' volte a dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale
della norma di cui all'art. 34, comma 2°, c.p.p., che e' stata,  come
noto, riscritta da numerose pronunce del Giudice delle leggi  e,  con
particolare  riguardo  al  profilo  qui  censurato,   ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale della norma in questione, nella parte
in cui non prevede l'incompatibilita' del  giudice  per  le  indagini
preliminari che abbia rigettato la richiesta di applicazione di  pena
concordata di cui all'art. 444 c.p.p.,  a  partecipare  al  giudizio,
chiarendo che la sentenza che applica la pena  concordata  presuppone
l'accertamento   negativo   circa   l'esistenza   delle    condizioni
legittimanti «il proscioglimento ex  art.  129  codice  di  procedura
penale nonche' la congruenza alle [...]  risultanze  [delle  indagini
preliminari] della  qualificazione  giuridica  del  fatto  e/o  delle
circostanze ritenute nella richiesta» (cfr. sentenza 186/1992;  sulla
natura di giudizio anche di merito delle statuizioni rese nei casi di
applicazione della pena su richiesta cfr. pure  Corte  costituzionale
nella sentenza n. 155/  1996  che  ha  dichiarato  la  illegittimita'
costituzionale della detta norma e, in particolare  «nella  parte  in
cui non prevede che non possa partecipare al  giudizio  abbreviato  o
disporre l'applicazione  della  pena  su  richiesta  delle  parti  il
giudice per le indagini preliminari che  abbia  disposto  una  misura
cautelare personale o la modifica, la sostituzione o la revoca di una
misura cautelare personale»). 
    Dunque,   e'   gia'   nel   sistema   giuridico    costituzionale
l'incompatibilita' al giudizio del Giudice  che  abbia  rigettato  la
richiesta ex art. 444 c.p.p., sicche' questo  Giudice,  ritenendo  la
propria incompatibilita' ex art. 34 comma 2° cpp,  ha  dichiarato  di
astenersi dalla funzione ex art. 36 cpp con ordinanza del  25  maggio
2023. 
    Questo   Giudice   e'   altresi'   consapevole   che   la   Corte
costituzionale in  altre  pronunce  (v.  per  tutte,  l'ordinanza  n.
123/2004), ha limitato l'incompatibilita' del giudice per le indagini
preliminari che abbia rigettato la  richiesta  di  patteggiamento  al
solo caso in cui si trovi in una diversa fase del giudizio, ritenendo
«decisivo il rilievo secondo cui per la ricorrenza di  un'ipotesi  di
incompatibilita' del giudice occorre che le  precedenti  valutazioni,
anche  di  merito,  siano  state  compiute  in   fasi   diverse   del
procedimento e non nel corso della medesima fase». 
    Cio' posto occorre chiedersi se l'udienza preliminare,  o  meglio
le statuizioni che il Giudice che la celebra puo'  rendere  all'esito
della stessa, siano da qualificarsi giudizio. 
    Sul  punto  va  rammentato  che,  a  seguito  delle   innovazioni
legislative succedutesi nel  tempo,  gli  ambiti  di  intervento  del
Giudice in sede  di  udienza  preliminare  si  sono  progressivamente
ampliati modulando diversamente il rapporto tra il diritto di  difesa
e il principio di immediatezza, prima con la legge n.  105  del  1993
attraverso la soppressione del  requisito  dell'«evidenza»  contenuto
nell'art. 425, comma 1, c.p.p., poi con la  legge  n.  479  del  1999
tramite l'inserimento, all'interno dell'art. 425,  comma  3,  c.p.p.,
della medesima regola gia' prevista  dall'art.  125  disposizioni  di
attuazione  del  codice  di  procedura  penale   per   la   richiesta
d'archiviazione, e da ultimo con il decreto legislativo 150/2022  che
ha riscritto il comma terzo dell'art. 425 c.p.p., che da: «Il giudice
pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi
acquisiti risultano  insufficienti,  contraddittori  o  comunque  non
idonei a sostenere l'accusa in giudizio», oggi  recita:  «Il  giudice
pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi
acquisiti non consentono di formulare una ragionevole  previsione  di
condanna». 
    Gia' all'indomani della riforma di cui alla legge n. 479  del  16
dicembre 1999,  la  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  (v.
sentenza n. 185/2001) aveva evidenziato che la funzione della udienza
preliminare «era e resta quella di verificare - sia pure alla luce di
una valutazione contenutistica piu' penetrante rispetto al  passato -
l'esistenza dei  presupposti  per  l'accoglimento  della  domanda  di
giudizio formulata dal pubblico ministero» e la Corte di cassazione a
Sezioni Unite nel 2002 (v. Cassazione SS UU. n. 39915 del 30  ottobre
2002)  dal  canto  suo,  aveva  statuito  che:  -  il  parametro   di
valutazione del giudice dell'udienza preliminare resta  quello  della
verifica della  sostenibilita'  della  accusa  in  giudizio,  con  la
conseguenza  che  l'insufficienza  e  la   contraddittorieta'   degli
elementi acquisiti preclude il passaggio alla  fase  successiva  solo
quando il materiale dimostrativo dell'accusa  sia  insuscettibile  di
completamento o presenti caratteristiche tali da  non  potere  essere
ragionevolmente considerate superabili e sempre che  il  giudice  dia
conto che l'operato  apprezzamento  in  ordine  alla  prova  positiva
dell'innocenza  o  alla  mancanza   di   prova   della   colpevolezza
dell'imputato e' in grado  di  resistere  a  un  approfondimento  nel
contraddittorio dibattimentale.  Rimangono,  viceversa,  estranei  al
sindacato del giudice della udienza preliminare «quegli apprezzamenti
che si sostanziano nella interpretazione di fonti  di  prova  che  si
prestino  ad  una  molteplicita'  e   alternativita'   di   soluzioni
valutative, e, dunque, nella delibazione  sul  merito  della  pretesa
accusatoria, di competenza esclusiva dei  giudici  della  cognizione»
(cfr. anche Cassazione 4085 del 28.1.2019), essendo il  parametro  di
giudizio del Gup non l'innocenza dell'imputato,  ma  l'impossibilita'
di sostenere l'accusa in giudizio, di talche' «l'insufficienza  e  la
contraddittorieta'   degli   elementi    acquisiti    devono    avere
caratteristiche tali da non potere essere ragionevolmente considerate
superabili nel giudizio» (v. Cassazione Pen. n. 6280 del 23.11.2016). 
    La giurisprudenza costituzionale e di legittimita'  aveva  dunque
evidenziato come l'incremento quantitativo e qualitativo  dei  poteri
riconosciuti  al  giudice  e  alle  parti   e,   corrispondentemente,
l'ampiezza delle valutazioni e del contenuto delle decisioni  che  lo
stesso  giudice  e'  chiamato  a  prendere   all'esito   dell'udienza
preliminare, avessero determinato il venir meno di quei caratteri  di
sommarieta', propri di una decisione  orientata  esclusivamente  allo
svolgimento del processo, che connotavano detta sede  nell'originario
disegno codicistico, competendo piuttosto al Giudice un apprezzamento
nel merito dell'ipotesi accusatoria e del  suo  oggetto  (cfr.  Corte
costituzionale sentenza 335/2002  e  ordinanza  269/2003;  Cassazione
S.U.,  n.  39915/2002);  e  anche  che  l'udienza  preliminare  fosse
divenuta «un momento di "giudizio"» (Corte cost. ordinanza 269  /2003
nonche' sentenza 335/2002, cit.). Invero, la Corte costituzionale  ha
tratto dalla riferita connotazione che anche  l'udienza  preliminare,
ove ne sussistano gli ulteriori presupposti, rientri nelle previsioni
dell'art.  34  codice  di  procedura  penale  le   quali   dispongono
l'incompatibilita'  dell'organo  giurisdizionale  che  si   e'   gia'
pronunciato sulla  stessa  res  iudicanda,  «indipendentemente  dalla
specifica  causa  che  di  volta  in  volta  abbia   determinato   le
reiterazione di detta funzione in capo allo  stesso  giudice  persona
fisica, nell'ambito dello stesso procedimento  e  in  relazione  alla
medesima res  iudicanda»  (cfr.  Corte  costituzionale  ordinanza  n.
269/2003; cfr. pure in  senso  analogo,  sentenze  nn.  367  /2002  e
490/2002), dovendo  il  giudice  a  quo  trarre  le  conseguenze  del
principio sopra richiamato in relazione alle fattispecie concrete. 
    Cio' e' tanto piu' vero  con  riguardo  alla  attuale  regola  di
giudizio, quale  consacrata  dall'art.  425  comma  3°  c.p.p.,  come
riscritto dall'art. 23 comma 1°, lett. l) del decreto legislativo  n.
150/2022, alla luce della quale il Gup valuta gli  atti  al  fine  di
verificare se sussista una ragionevole previsione di condanna secondo
un canone prognostico che e' ora di colpevolezza o di innocenza e con
poteri  decisori  piu'  ampi  anche  in  caso  di  possibili  letture
alternative  del  contesto  probatorio  completo,  e  persino  in  un
contesto  probatorio  non  immutabile  e   ancora   suscettibile   di
evoluzione dibattimentale. 
    Nella   fattispecie   concreta,   questo   Giudice    all'udienza
preliminare  del  25  maggio  2023,  ha  rigettato  la  richiesta  di
patteggiamento della pena ai sensi dell'art. 444 codice di  procedura
penale poiche', investito del  giudizio  su  molteplici  condotte  di
cessione illecita di stupefacenti  quali  contestate  all'imputato  e
considerata il particolare allarme sociale e la negativa personalita'
dell'imputato,  oltre  che  la  ricorrenza  dell'aggravante  speciale
dall'aver consegnato lo stupefacente a un minore di eta' ex  art.  80
cit. DPR, ha ritenuto non meritevole di concessione delle circostanze
attenuanti generiche l'imputato istante e non congrua la pena  finale
come concordata tra le  parti  e  ha  cosi'  rigettato  l'istanza  di
patteggiamento ex art. 444 codice di procedura penale  (cfr.  verbale
dell'udienza cit.), con la conseguenza che, facendo applicazione  dei
principi sopra richiamati, ha ritenuto la propria incompatibilita'  e
ha dichiarato di astenersi dalla trattazione del procedimento. 
    Per  far  fronte  alla  denunciata  situazione  non  appare  piu'
utilizzabile  l'istituto  dell'astensione  perche'  con   la   citata
decisione del Presidente del Tribunale e' stata  rigettata  l'istanza
di astensione di questo  Giudice,  che  pertanto  deve  decidere.  E,
d'altro canto, mentre l'astensione e la ricusazione  mirano  a  porre
rimedio a comportamenti del  Giudice,  anche  estranei  all'esercizio
della  funzione,  che  possano   determinare   un   pregiudizio,   da
apprezzarsi in concreto,  per  l'imparzialita'  del  Giudice  (e,  di
conseguenza,    per     il     «giusto     processo»),     l'istituto
dell'incompatibilita', al di fuori della specifica ipotesi introdotta
dalla sentenza n. 371/1996,  mira  a  garantire  l'imparzialita'  del
Giudice a fronte di atti  adottati  nel  medesimo  procedimento,  con
riguardo allo stesso fatto storico e  nei  confronti  della  medesima
persona, e che determinano, gia' sul piano astratto e  a  prescindere
dalla peculiarita' del caso concreto, un pregiudizio ed a cui occorre
far fronte in via preventiva,  attraverso  atti  organizzativi  dello
svolgimento del processo. 
    Il diritto vivente nella giurisprudenza successiva alla pronuncia
della Corte costituzionale n 186 / 1992 appare poi in  contrasto  con
la Carta costituzionale, all'art. 111, comma 2° Cost. che declina  il
parametro  costituzionale  del  «giusto  processo»  nei  principi  di
terzieta' e imparzialita' del Giudice, esigendo che la  funzione  del
giudicare sia assegnata a un soggetto «terzo»,  non  solo  scevro  da
interessi propri  ma  anche  libero  da  convincimenti  precostituiti
ovvero da  decisioni  pregiudicanti  formatesi  in  ordine  alla  res
judicanda  nel  medesimo  procedimento.  E   infatti,   anche   nella
giurisprudenza di questo Tribunale, si ritiene la insussistenza della
incompatibilita' ex art. 34 comma 2° codice di procedura  penale  del
Giudice dell'udienza preliminare che  abbia  rigettato  l'istanza  di
patteggiamento a trattare l'udienza  preliminare  nei  confronti  del
medesimo imputato e per il medesimo fatto storico, assumendo  che  la
decisione assunta si sia formata nella medesima fase processuale,  ma
trascurando  la  natura  di   «giudizio»   delle   statuizioni   rese
all'udienza preliminare, per le ragioni sopra esposte. 
    Ritiene  questo  Giudice  che  la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 34  comma  2°  codice  di  procedura  penale
prospettata  dalla  difesa  dell'imputato,  sia  non   manifestamente
infondata con riferimento ai parametri costituzionali di cui all'art.
3, primo comma, 24 e  111,  secondo  comma,  della  Costituzione,  in
quanto la mancata previsione della incompatibilita' del Gup che abbia
rigettato l'istanza di patteggiamento per motivi afferenti il fatto e
le sue circostanze e cioe' decidendo il merito della res judicanda, a
trattare  l'udienza  preliminare  del  medesimo   procedimento,   nei
confronti del medesimo imputato e per il medesimo  fatto,  renderebbe
irrazionale il sistema  e  si  risolverebbe  in  una  violazione  del
diritto  di  difesa  e  del  principio  costituzionale  del   «giusto
processo», declinato quale garanzia di terzieta' e imparzialita'  del
Giudice e della serenita' di giudizio. 
    Non e' possibile superare in via interpretativa il rilevato vizio
di legittimita' costituzionale perche' cio' equivarrebbe ad  ampliare
in via analogica il novero delle cause di  incompatibilita',  laddove
per costante giurisprudenza costituzionale, «il  carattere  tassativo
delle ipotesi di incompatibilita' e' di  ostacolo  all'estensione  in
via analogica delle disposizioni che le contemplano a casi diversi da
quelli in esse considerati» (cfr. Corte costituzionale  ordinanza  n.
224/2001). 
    La sopra esposta questione di legittimita' costituzionale e',  ai
sensi  dell'art.  23,  comma  2°,  legge  n.  87/1953,  assolutamente
rilevante nel procedimento pendente  perche'  esso  non  puo'  essere
definito  indipendentemente  dalla  sua  risoluzione,  dovendo,  allo
stato,  questo  Giudice  procedere  alla  celebrazione   dell'udienza
preliminare  nonostante  la  sussistenza  della  predetta  situazione
pregiudicante,  anche  in  considerazione  del  fatto  che   la   sua
dichiarazione di astensione e' stata rigettata. 
    Ricorrono,  quindi,  nella  fattispecie  in  esame,  le  medesime
ragioni  di  incostituzionalita'   che   hanno   indotto   la   Corte
all'accoglimento  di  questioni  analoghe  sollevate   con   riguardo
all'art. 34, comma 2°, codice di procedura penale (cfr.  sentenza  n.
186/1992; n. 269/2003). 
    Tanto considerato, 
    accolta l'istanza della difesa, 
    letto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, 
 
                               P.Q.M. 
 
    Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34,
comma 2°, del codice di procedura penale, in riferimento ai parametri
costituzionali di cui agli articoli 3, comma 1°, 24 e 111  comma  2°,
Cost.,  nella  parte  in  cui  non  prevede  l'incompatibilita'  alla
funzione  di  trattazione  dell'udienza   preliminare   del   giudice
dell'udienza preliminare che abbia rigettato, per motivi  concernenti
il merito, la richiesta di patteggiamento della  pena  formulata  dal
medesimo imputato e per  il  medesimo  fatto  storico,  nel  medesimo
procedimento, e,  per  l'effetto,  dispone  l'immediata  trasmissione
degli atti alla Corte  costituzionale,  sospendendo  il  giudizio  in
corso. 
    Ordina che, a cura della cancelleria, l'ordinanza di trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale sia  notificata  alle  parti  in
causa,  al  pubblico  ministero,  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Cosi' deciso in Isernia il 18 dicembre 2023 
 
                          Il G.U.P.: Sapio