N. 19 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 dicembre 2023

Ordinanza del 18 dicembre  2023  della  Corte  dei  conti  -  Sezione
giurisdizionale  regionale  per   la   Campania   nel   giudizio   di
responsabilita' a carico di T. T. e altri. 
 
Responsabilita' amministrativa  e  contabile  -  Impiego  pubblico  -
  Previsione che, per i fatti  commessi  dalla  data  di  entrata  in
  vigore del decreto-legge n. 76 del 2020 e fino al 30  giugno  2024,
  l'azione di responsabilita' di cui all'art. 1 della legge n. 20 del
  1994 e' limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente
  alla condotta del soggetto agente e' da lui  dolosamente  voluta  e
  che la medesima limitazione di responsabilita' non si applica per i
  danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente. 
- Decreto-legge  16  luglio  2020,  n.  76  (Misure  urgenti  per  la
  semplificazione  e   l'innovazione   digitale),   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, art. 21 comma
  2. 
(GU n.9 del 28-2-2024 )
 
                         LA CORTE DEI CONTI 
          Sezione giurisdizionale regionale per la Campania 
 
    Nel  giudizio  di  responsabilita',  iscritto  al  n.  73565  del
registro  di  segreteria,  promosso  dal  procuratore  regionale  nei
confronti di: 
        1) T.T. (codice fiscale ...), nato a ... (...),  il  ...  ivi
residente alla via ... n. ..., rappresentato e difeso dagli  avvocati
Eleonora Marzano  (pec:  elenora.marzano@pec.it)  e  Francesco  Maria
Caianiello (pec: francescomaria.caianiello@avvocatismcv.it); 
        2) V.M. (codice fiscale ...), nato a ..., il ... e  residente
a ... in ..., non costituito in giudizio; 
        3) C.V. (codice fiscale ...), nato a ..., il ... e  residente
a ... in via ..., rappresentato e difeso dagli avvocati  Massimiliano
Cicoria (pec: massimilianocicoria@avvocatinapoli.legalmail.it) e  dal
prof.       avv.        Gaetano        Di        Martino        (pec:
gaetanodimartino@avvocatinapoli.legalmail.it); 
        4) L.V. (codice fiscale ...), nato a ...,  il  giorno  ...  e
residente a ..., rappresentato e difeso dall'avv. Arturo Testa  (pec:
avv.testa@pec.giuffre.it); 
        5) B.F. (codice fiscale ...), nato a ..., il ... e  residente
a ... in ... rappresentato e difeso  dall'avv.  prof.  Marco  Tiberii
(pec: marcotiberii@avvocatinapoli.legalmail.it); 
        6) R.S. (codice fiscale ...), nato a ..., il ... e  residente
a ... in via ... - quartiere ..., rappresentato  e  difeso  dall'avv.
Luca  Rubinacci  (pec:  lucarubinacci@legpec.it)  e  dall'avv.  Paolo
Rinaldi (pec: av.paolorinaldi@legalmail.it). 
    All'esito dell'udienza collegiale del 16 novembre 2023, udite  le
parti costituite, ha emesso la seguente ordinanza; 
    Premesso in punto di 
 
                                Fatto 
 
    A.  Con  atto  di  citazione  depositato  telematicamente  il  16
settembre 2022, la procura regionale conveniva in giudizio i soggetti
in epigrafe generalizzati  per  sentirli  condannare  in  favore  del
Comando legione carabinieri Campania  al  risarcimento  di  un  danno
erariale quantificato in complessivi euro ... (...) per il brigadiere
T.T., convenuto in via principale a titolo di dolo, nonche'  in  euro
... (...) per i restanti soggetti evocati in via sussidiaria a titolo
di colpa grave (per condotte omissive e/o commissive), in conseguenza
di un ammanco di cassa dovuto a plurime  riscossioni,  da  parte  del
cassiere T. di ... assegni non autorizzati (ossia non  preceduti  ne'
da un ordine di pagamento, ne' seguiti da un ordine  di  riscossione)
di cui, conseguentemente, non vi era  alcuna  traccia  giustificativa
nelle scritture contabili dell'amministrazione danneggiata. 
    L'azione risarcitoria pubblica prendeva le mosse da due  denunce,
prot. n. ... del ... (prot. Cdc ... del ...) e ... del ... (prot. Cdc
... del ...), a firma del ten.  col.  S.R.  e  del  ten.  col.  V.L.,
entrambi in servizio presso  il  Comando  della  legione  Carabinieri
Campania. 
    In citazione i fatti dannosi venivano cosi' ricostruiti: indagini
amministrative avevano portato all'accertamento  di  una  illegittima
sottrazione  di  somme  di  danaro  ai  danni  del  Comando   legione
carabinieri Campania, realizzata attraverso movimentazioni avvenute a
mezzo riscossione  assegni  non  autorizzati  in  un  arco  temporale
andante dal ... al ... 
    Sulla  base  dell'attivita'  svolta  da  un'apposita  commissione
amministrativa d'inchiesta e delle indagini delegate  ai  Carabinieri
del  nucleo  R.O.N.I.  di  Napoli  dalla  competente  procura  penale
militare emergeva che detto ammanco era verosimilmente da attribuirsi
alla condotta dolosa posta in essere dal brigadiere T. che, in quegli
anni, aveva ricoperto il ruolo di cassiere. La scoperta  dell'ammanco
era emersa in data ..., in occasione del controllo sulla contabilita'
del trimestre, chiusosi  al  giugno  ...,  allorquando  sia  il  capo
gestione finanziaria (CGF) sia il capo servizio amministrativo  (CSA)
avevano riscontrato l'esistenza di due ordini di pagamento di importo
complessivo pari ad euro ... (distintamente, euro ...  ed  euro  ...)
generati con il sistema informatico di contabilita' in  uso  all'ente
(SIGD) in data ... (giorno del passaggio  di  consegne  dal  cassiere
brigadiere T., che veniva collocato in quiescenza, al nuovo cassiere,
mar. D.G.), entrambi  a  favore  della  Tesoreria  provinciale  dello
Stato. Ordini rispetto ai quali non risultava essere mai  corrisposta
un'uscita. Venivano quindi disposti  ulteriori  controlli  sui  conti
correnti della Legione dei carabinieri:  in  particolare,  sul  conto
corrente postale n. ... cd. «efficientamento energetico» (vd.  infra)
risultava un saldo pari ad euro ... in luogo di quello risultante  in
contabilita', pari ad euro ... Dai controlli effettuati per  spiegare
tale divergenza tra il saldo giacente sul conto e  quello  risultante
dalle scritture contabili, emergeva come dallo stesso conto  corrente
fossero stati effettuati - senza alcuna  autorizzazione  -  giroconti
per complessivi euro  ...  nelle  seguenti  date  e  per  i  seguenti
importi: per euro ... il ..., e per euro ...  il  ...  Entrambi  tali
prelievi   dal   conto   «efficientamento   energetico»   risultavano
effettuati  a  favore  del  conto  corrente  postale  n.  ...,  conto
ordinario intestato alla Legione carabinieri Campania.  Approfondendo
l'analisi dei movimenti di fondi tra i  tre  conti  correnti  postali
intestati alla medesima legione, emergevano ulteriori  movimenti  non
autorizzati anche a carico del conto corrente  postale  n.  ...  (cd.
«Terra dei fuochi», vd. infra). Su tale ulteriore conto risultava  un
saldo pari ad euro ... in luogo di quello contabile di euro ... 
    Dagli estratti conto emergevano  tre  movimenti  non  autorizzati
sempre a favore del conto corrente postale n.  ...  (conto  ordinario
della legione): uno in uscita, di euro  ...  effettuato  il  ...  gli
altri due (di euro ..., effettuato il ... e di euro ..., in data ...)
in entrata provenienti dallo stesso conto corrente n. ... 
    In sostanza, la somma di euro ...),  prima  sottratta,  risultava
essere stata riaccreditata sul conto «Terra dei fuochi». 
    Considerate le movimentazioni non autorizzate  fra  i  tre  conti
correnti  intestati  alla  legione,  si  era  quindi  proceduto  alla
verifica degli ammanchi. 
    La  commissione  riportava  quanto  accertato  in  una  relazione
amministrativa d'inchiesta, quantificando il danno in euro ...  senza
tener conto della somma di euro ..., ammanco  ascrivibile  a  periodi
antecedenti  all'anno  ...  e  per  il   quale,   stante   l'avvenuta
distruzione della relativa documentazione nel  mese  di  gennaio  ...
(cfr. verbale di distruzione degli scarti di archivio del ... gennaio
...,  all.  10  alla  succitata  relazione  di  inchiesta),  non  era
possibile, per gli ufficiali inquirenti, fornire la prova documentale
della condotta sottrattiva. 
    Nell'arco temporale attenzionato, la sottrazione delle somme  era
avvenuta attraverso negoziazione non autorizzata di ben 78 assegni di
vario importo (indicati nella  relazione  e  riportati  nell'atto  di
citazione) tutti riscossi a valere sul conto corrente postale n.  ...
acceso presso l'ufficio postale n. ..., situato in via ... 
    L'importo di tali assegni, riscossi illecitamente, non era  stato
poi riversato nelle casse del  servizio  amministrativo  del  Comando
legione  carabinieri  Campania,   costituendo   il   danno   erariale
perseguito innanzi a questa corte. 
    Peraltro  le  relative  uscite  di  fondi  dal  conto   corrente,
effettuate materialmente dal T. mediante le negoziazioni  di  assegni
non autorizzati, non erano precedute ne' dall'emissione di un  ordine
di pagamento ne', successivamente al  prelievo  del  contante,  dalla
predisposizione di un ordine di riscossione. 
    Di conseguenza, di tali ... assegni illecitamente negoziati,  non
vi era alcuna  evidenza  in  contabilita'  sicche'  il  cassiere  era
sostanzialmente riuscito ad eludere sia le verifiche giornaliere, sia
le mensili, nonche' quelle straordinarie svolte nel ... 
    In una prima fase le sottrazioni  di  somme  erano  state  celate
attraverso sistematiche ritardate registrazioni delle somme  via  via
accreditate sul conto corrente, e cioe' mediante la formazione  e  la
registrazione contabile di titoli di riscossione  in  data  (di  gran
lunga) successiva alla data dell'accredito. 
    Tanto in difformita' con la normativa di riferimento che  prevede
che gli ordini di  riscossione  devono  essere  registrati  sotto  la
stessa data in cui sono state effettuate le  relative  operazioni  in
modo  che  alla  chiusura  giornaliera  vi  sia  sempre   concordanza
contabile tra le risultanze  del  memoriale  e  quelle  del  registro
giornale. 
    Nella  fase  finale  della  condotta  sottrattiva,  nel   periodo
ricompreso tra il marzo ... ed il marzo del ...,  invece,  il  T.  al
fine di  immettere  liquidita'  solo  apparente  sul  conto  corrente
ordinario  intestato  al  comando  -  facendolo  cosi'  risultare  in
pareggio con le scritture contabili  -  avrebbe  effettuato,  con  le
proprie credenziali informatiche, movimentazioni con altri due  conti
intestati all'amministrazione: «terra dei fuochi» ed «efficientamento
energetico», di cui il Comando carabinieri legione Campania disponeva
a partire dal ... 
    Il compendio probatorio versato in atti dalla procura  a  corredo
della  citazione  includeva  anche  gli  esiti  delle  investigazioni
condotte dai militari del  Comando  provinciale  dei  carabinieri  di
Napoli - R.O.N.I., compendiati nella relazione prot. n. ... del  ...,
agli  atti  del  giudizio,  che  avrebbero  consentito  di  accertare
ulteriori artifizi e falsificazioni poste in essere dal T. al fine di
celare le asserite reiterate condotte sottrattive. 
    Le  indagini  degli  Inquirenti  delegati  dal   giudice   penale
consentivano, in particolare,  di  acquisire  copia  dematerializzata
degli  assegni  fraudolentemente  negoziati,   mediante   accesso   e
sequestro degli atti presso gli uffici bancari e postali coinvolti. 
    La procura contabile (cfr. decreto del P.M. prot. n. ... dell'...
e ... del ...) acquisiva poi  copia  dematerializzata  di  tutti  gli
assegni illecitamente negoziati, con evidenza delle firme di  traenza
tra cui, in tutte, quella del T., nonche' conoscenza degli  operatori
privati presso cui risultavano ancora  custoditi  gli  originali  dei
titoli non andati al macero (prot. Cdc ... del ...). 
    All'esito  del  compendio  probatorio   acquisito,   la   procura
regionale riteneva che, oltre alla responsabilita'  del  cassiere  T.
(convenuto in  via  principale  per  un  danno  di  euro  ....,  pari
all'ammanco subito  dal  Comando  legione  carabinieri  Campania  per
effetto della condotta sottrattiva presuntivamente  perpetrata  negli
anni),  dovesse  essere  sottoposta  al  vaglio  giudiziale,  per  la
pregnanza  delle  funzioni  agli  stessi  intestate  (art.  451   del
T.U.O.M.), la condotta di quei carabinieri che, nell'ampio periodo in
contestazione,  avevano  svolto  il  ruolo  di  capo   del   servizio
amministrativo e di capo della gestione finanziaria, ai quali  veniva
contestato in via sussidiaria un danno di euro ... 
    Secondo la prospettazione accusatoria, gli ufficiali  succedutisi
nella carica di capo  servizio  amministrativo  (C.S.A.)  e  di  capo
sezione gestione finanziaria (C.G.F.), nonostante la  responsabilita'
della gestione  dei  fondi  depositati  sui  conti  correnti  postali
dettagliatamente ricadesse anche su di loro, con condotta  gravemente
colposa,  avevano  totalmente   e   sostanzialmente   abdicato   alle
prerogative, alle funzioni ed  alle  competenze  ad  essi  attribuite
dalla legge, consentendo all'infedele cassiere, anche  e  soprattutto
per il tramite di specifica attivita' commissiva (firma congiunta  di
assegni), la realizzazione ed indisturbata prosecuzione nel tempo del
disegno criminoso. 
    La procura distingueva quindi la contestazione nei confronti  del
cassiere a titolo di dolo, dalle due contestazioni (commissiva per la
firma degli  assegni  e  omissiva  per  il  mancato  controllo  sulla
documentazione contabile e sui conti) a titolo  di  colpa  grave  nei
confronti  dei  responsabili  del  servizio  amministrativo  e  della
gestione finanziaria. 
    Veniva a tal uopo richiamato in citazione, il testo  unico  delle
disposizioni in materia di ordinamento militare  (T.U.O.M.),  decreto
del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, nel quale  sono
state trasfuse, nel libro Terzo del citato testo unico (articoli  446
e seguenti), le norme per l'amministrazione e la  contabilita'  degli
organismi della difesa, dettate  dal  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 167/2006, nonche' le istruzioni tecnico-applicative  al
predetto decreto del Presidente  della  Repubblica  (c.d.  «I.T.A.»),
approvate con decreto del Ministero  della  difesa  del  20  dicembre
2006,  ancora  operative,  che  disciplinano  con  maggior  dettaglio
compiti, funzioni e tenuta della contabilita'. 
    In dette disposizioni i Comandi di legione territoriale dell'Arma
dei carabinieri sono definiti enti  amministrativi,  cioe'  organismi
dotati di autonomia amministrativa che hanno la  gestione  dei  fondi
iscritti in bilancio. 
    La gestione finanziaria e contabile dei comandi  e'  affidata  al
capo del servizio amministrativo  (CSA),  al  capo  sezione  gestione
finanziaria (CGF) e al cassiere secondo  quanto  stabilito  dall'art.
451 del T.U.O.M. (che definisce i compiti del  CSA,  del  CGF  e  del
cassiere) e dalla normativa di rango secondario. 
    In  particolare,  la   procura   agente   evidenziava   come   la
responsabilita'  della  gestione  dei  fondi  depositati  sul   conto
corrente postale dovesse  essere  attribuita  al  capo  del  servizio
amministrativo, al capo sezione gestione finanziaria e  al  cassiere,
che sono autorizzati a firmare gli assegni con firma congiunta cd.  a
due a due (v. art. 503 T.U.O.M.). 
    Infatti, per prevenire l'utilizzo indebito degli  assegni  con  i
quali e' possibile prelevare dai conti postali, sono previste  regole
dirette a controllarne il rilascio, la loro conservazione e riscontro
sull'utilizzo:  per  poterne  ottenere  la  riscossione  dall'ufficio
postale e' sempre necessario che l'assegno sia firmato non  solo  dal
cassiere, ma anche da altro responsabile. 
    La compilazione degli assegni di conto corrente postale spetta al
cassiere, ma l'assegno deve trovare giustificazione in un  ordine  di
pagamento,  alla   cui   emissione   e   formazione   necessariamente
partecipano gli altri due responsabili. Secondo quanto previsto nelle
I.T.A. in merito ai  prelevamenti  nell'ambito  delle  operazioni  di
conto corrente postale, gli organismi, per esigenze di cassa, possono
prelevare dal loro conto corrente postale  il  fabbisogno  necessario
per i pagamenti da farsi in contanti. I prelevamenti di cui  trattasi
costituiscono, percio', passaggi di fondi dal conto corrente  postale
a quello di cassa. 
    Gli  ordini  di  pagamento   da   compilare   a   giustificazione
dell'operazione di prelevamento sono contabilizzati sul memoriale  di
cassa in uscita del conto corrente postale e sul registro-giornale in
uscita del conto corrente. 
    L'operazione  di  prelievo  di   contanti,   quindi,   presuppone
l'esistenza di un fabbisogno della cassa e di un ordine di pagamento,
la cui necessita' e relativa predisposizione compete  al  capo  della
gestione finanziaria. 
    Nella  vicenda  portata  all'attenzione  del  collegio  non  solo
sarebbe inesistente  l'esigenza  di  assicurare  il  fabbisogno,  non
essendovi stato il successivo versamento nella cassa, ma non  sarebbe
stato neppure rinvenuto l'ordine di pagamento vagliato dal  capo  del
servizio amministrativo e dal capo sezione gestione finanziaria. 
    Per la procura risulterebbe inspiegabile,  pertanto,  la  seconda
sottoscrizione dell'assegno oltre quella  fraudolenta  del  cassiere,
dovendo  avere  gli   altri   responsabili   diretta   consapevolezza
dell'inesistenza dell'ordine di pagamento.  Il  capo  della  gestione
finanziaria deve, infatti, eseguire  il  riscontro  delle  operazioni
della giornata sulla scorta del rapporto  giornaliero  di  cassa  che
riepiloga e racchiude  gli  ordini  di  pagamento  e  di  riscossione
eseguiti e i relativi documenti giustificativi (art.  505,  comma  7,
T.U.O.M.). 
    In virtu' di  quanto  indicato  nelle  I.T.A.,  il  cassiere,  al
termine delle operazioni giornaliere, deve riepilogare  nell'apposito
modello rapporto giornaliero le riscossioni e i pagamenti  effettuati
nel corso della giornata, dimostrandovi  i  valori  finali  esistenti
nella cassa corrente e nel conto  corrente  postale  o  bancario,  in
rispondenza con le rimanenze contabili risultanti  dal  memoriale  di
cassa.  Detto  rapporto,  firmato  dal  cassiere  a  comprova   delle
operazioni di pagamento e di riscossione, e' consegnato, con allegati
i relativi titoli, al capo  della  gestione  finanziaria  al  termine
dell'orario  del  servizio  di  cassa.   Il   capo   della   gestione
finanziaria, quindi, si accerta della regolarita' delle  quietanze  e
procede alla contabilizzazione dei titoli nel registro-giornale. 
    L'assenza di un aumento e della conseguente movimentazione  della
cassa avrebbe dovuto,  quantomeno,  insospettire  il  sottoscrittore,
qualora fosse stato il capo sezione gestione finanziaria, ma cio' non
e' avvenuto. 
    Di fronte al rilevato ammanco, ferma restando la  responsabilita'
a titolo doloso del cassiere, ad avviso della procura,  una  prima  e
piu'  consistente  quota  di  responsabilita'  veniva  ricondotta  in
citazione in capo a coloro  che  erano  stati  individuati  per  aver
illecitamente apposto la  seconda  firma  di  traenza  sugli  assegni
determinativi  delle  ingiustificate  e  dannose  fuoriuscite,  senza
operare le debite  verifiche  sulla  regolarita'  e  correttezza  del
procedimento di spesa. 
    Tale contestazione, relativa alla  firma  di  co-traenza,  veniva
mossa ai seguenti soggetti  (cfr.  atto  di  citazione,  pag.  33/36,
tabelle n. 2 e 3): 
        col. V.: ... assegni per un importo di euro ...; 
        col. V.C.: ... assegni per un importo di euro ...; 
        ten. col. V.L.: ... assegni per un importo di euro ... 
    Una seconda quota di  siffatta  concorrente  responsabilita',  di
natura gravemente colposa, veniva, invece, ricondotta alla violazione
dei  peculiari  obblighi  di  controllo  disattesi  dai  responsabili
alternatisi nelle due distinte posizioni di garanzia, e segnatamente: 
        quale capo sezione gestione finanziaria (C.G.F.): 
          col. V.C.: assegni ... euro ...; 
          ten. col. V.L.: assegni ... euro ...; 
          magg. F.B.: assegni ... euro ...; 
          ten. col. S.R.: assegni ... euro ...; 
        quale capo servizio amministrativo (C.S.A.): 
          col. M.V.: assegni ... euro ...; 
          col. V.C.: assegni ... euro ...; 
          ten. col. V.L.: assegni ... euro .... 
    Ai fini che qui interessa,  nel  chiedere  la  condanna,  in  via
principale (per il T.) e  in  via  sussidiaria  di  tutti  gli  altri
soggetti convenuti, la procura regionale chiedeva anche di  sollevare
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 21, comma 2 del
decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, in riferimento  agli  articoli
3,  28,  97,  81  e  103  della  Costituzione,  in  quanto  norma  di
presumibile  applicabilita'  nella   vicenda   ma   irragionevolmente
limitatrice della responsabilita' amministrativa alle sole ipotesi di
condotte attive dolose. 
    Evidenziava, infatti, come, nel  giudizio  cosi'  introdotto,  la
rilevanza della questione si manifestava con evidenza in  riferimento
alle condotte gravemente colpose ascritte ai convenuti L. e R.: 
        il primo, infatti, in quanto convenuto (anche)  a  titolo  di
responsabilita' amministrativa per condotta commissiva (in  relazione
all'apposizione  della  seconda  firma  di  traenza   sugli   assegni
illecitamente negoziati)  finirebbe,  in  applicazione  della  citata
normativa, per  essere  esentato  da  responsabilita'  per  il  danno
erariale connesso alla firma  di  alcuni  assegni  in  quanto  emessi
successivamente al 17 luglio 2020, data  di  entrata  in  vigore  del
decreto semplificazioni del luglio 2020; 
        il secondo (R.), invece, sarebbe chiamato a rispondere  delle
proprie  responsabilita'  erariali  a  titolo  di  colpa  grave,  per
l'intero arco temporale attenzionato e per i  medesimi  fatti  avendo
posto in essere ad una condotta (solo) omissiva (omesso controllo  in
relazione alla formazione ed alla registrazione contabile dei titoli,
firmati dal L., illecitamente negoziati). 
    Ad avviso della procura l'applicazione  della  normativa  di  cui
all'art. 21 del decreto-legge n.  76/2020  alla  vicenda  oggetto  di
odierno  esame  verrebbe  a  creare  una  irrazionale  disparita'  di
trattamento, priva di qualsiasi valida giustificazione ed al di fuori
della stessa ratio che  la  disciplina  intende  perseguire  tale  da
integrare  anche  la  non  manifesta  infondatezza  della   sollevata
problematica. 
    B.  Instauratosi  il  contraddittorio  tutti   i   convenuti   si
costituivano in giudizio, ad eccezione del col. M.V., svolgendo ampia
attivita' difensiva; alcuni  di  essi  (C.  e  L.),  in  particolare,
dichiaravano di disconoscere le firme  di  co-traenza  apposte  sugli
assegni e chiedevano, in via istruttoria, disporsi CTU grafologica. 
    In particolare, nella  memoria  di  costituzione  la  difesa  del
convenuto C. - C.G.F. dal ... al ... e C.S.A. dal ...  al  ...  -  al
quale era contestata la co-firma di traenza di ... assegni (cfr. atto
di citazione, tab. 2,  pagine  da  33  a  36)  -  osservava,  che  in
considerazione «dell'evidente artefazione documentale ad opera del T.
nonche' del rinvenimento di due cliche'  pur  se  relativi  ad  altro
responsabile,  non  potesse  escludersi  la  falsita'   delle   firme
assertivamente apposte dal  dichiarante  sugli  assegni  indicati  in
citazione, firme che, sebbene apparentemente potessero essere  a  lui
riconducibili, ben potrebbero  essere  apocrife  o  apposte  mediante
strumenti meccanici di riproduzione». 
    Dopo aver riferito di essere impossibilitato a  proporre  querela
di falso nei  modi  indicati  dall'art.  14  c.g.c.,  non  disponendo
materialmente degli originali dei titoli  recanti  la  propria  firma
(infruttuosamente richiesti a mezzo pec del ..., in atti),  formulava
la  seguente  richiesta:  «previa   necessaria   acquisizione   degli
originali dei 78 assegni postali di cui alle pagine  34  e  35  della
citazione a giudizio, di disporre la prefissione di un termineex art.
105 CGC entro cui il dichiarante possa proporre innanzi al  tribunale
ordinario competente la querela di falso,  nonche',  previo  deposito
presso la segreteria della sezione dell'avvenuta  proposizione  della
detta querela, di sospendere la decisione fino alla  definizione  del
giudizio di falso». 
    C. Alla pubblica udienza del 16 marzo 2023, dopo la relazione del
magistrato,  venivano  interpellati,  limitatamente  alle   richieste
pregiudiziali ed istruttorie pervenute in atti, le parti presenti. 
    Il pubblico ministero, dopo aver osservato che i convenuti,  come
documentato in atti, non avevano  operato  alcun  disconoscimento  di
firme nei paralleli procedimenti della  Procura  della  Repubblica  e
della Procura militare, presso le quali non era stata disposta alcuna
operazione  peritale,  chiedeva  il  rigetto   della   richiesta   di
sospensione del giudizio. 
    L'avvocato difensore del convenuto C. richiamava la necessita' di
acquisire gli originali degli  assegni  ed  insisteva  nel  richiesto
incidente di  falso,ex  articoli  14  e  105  c.g.c.,  nonche'  nelle
ulteriori richieste istruttorie. Chiedeva inoltre di poter depositare
una ulteriore richiesta di accesso, relativa ai memoriali  di  cassa,
inoltrata all'amministrazione il ... 
    Tutte   le   restanti   difese   insistevano   nelle    richieste
pregiudiziali  ed  istruttorie  articolate  nei  rispettivi   libelli
introduttivi di lite. 
    D. Con ordinanza n. 142/2023, depositata il 23  giugno  2023,  il
collegio disponeva: «... omissis ... 
    Ai sensi dell'art. 105, comma 1, cgc: 
        assegna al convenuto V.C., come rappresentato  e  difeso,  il
termine di giorni trenta dalla ricezione del  presente  provvedimento
per la proposizione di querela di falso  presso  la  cancelleria  del
tribunale ordinario competente; 
    ... omissis ...». 
    E. In data 28 luglio 2023 il convenuto C.  depositava  l'atto  di
citazione per querela di falso tempestivamente  proposto  (secondo  i
termini assegnati dalla richiamata ordinanza) innanzi al Tribunale di
Napoli. 
    F. Alla successiva udienza del 16  novembre  2023,  in  relazione
alle questioni pregiudiziali, il pubblico ministero, preso atto della
proposizione  della  querela  di  falso,  chiedeva  di  limitare   la
sospensione del giudizioex  art.  105,  comma  4,  c.g.c.  alla  sola
posizione del C.  e,  solo  con  riguardo  alla  contestazione  della
condotta relativa alla firma degli  assegni  oggetto  della  querela.
Richiamava  a  supporto  della  sostenuta  richiesta  di  sospensione
parziale la decisione delle SS.RR. della Corte n. 5/2020. 
    Inoltre  il  pubblico  ministero  insisteva  nel  riproporre   la
questione   di   legittimita'   costituzionale   dell'art.   21   del
decreto-legge n. 76/2020, illustrandone le  ragioni  e  chiedendo  al
collegio di portare la relativa problematica  all'esame  del  giudice
delle leggi. I difensori delle parti  contestavano  la  richiesta  di
sospensione parziale dell'attore pubblico, ritenendo che il  giudizio
dovesse essere interamente sospeso senza stralcio della posizione del
C. 
    In particolare, il difensore del convenuto L., ribadiva  di  aver
formulato disconoscimento della firma degli assegniex  art.  214  del
codice di procedura civile, e di aver  chiesto  l'acquisizione  degli
originali. 
    Il  collegio   si   ritirava   per   decidere   sulle   questioni
pregiudiziali sottoposte e, con ordinanza letta e inserita a  verbale
di udienza disponeva: 
        la  separazione  della  causa  relativa  alle   contestazioni
formulate nei confronti del convenuto C. con riferimento  alla  firma
degli assegni oggetto della querela di falso dallo stesso  presentata
innanzi  al  Tribunale  di  Napoli,  demandando  alla  segreteria  la
formazione di autonomo fascicolo, e, conseguentemente, disponendo  la
sospensioneex art. 105, comma 4, c.g.c. di tale separato giudizio; 
        la  prosecuzione  del  giudizio  nei  confronti  degli  altri
convenuti all'esito della  decisione  sulla  sollevata  questione  di
costituzionalita'  da  effettuarsi  con  provvedimento  riservato  da
emettersi fuori udienza, assunto in  questa  sede  sulla  base  delle
seguenti considerazioni in punto di 
 
                               Diritto 
 
    A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 16  novembre
2023, questo collegio ritiene  di  dovere  accogliere  la  richiesta,
formulata dalla procura  regionale,  di  sollevare  la  questione  di
legittimita' costituzionale in relazione all'art.  21,  comma  2  del
decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito con legge 16 novembre
2020, n. 120, per violazione degli articoli 103, 97, 28, 81 e 3 della
Costituzione. 
    Detta questione, peraltro,  ben  poteva  anche  essere  sollevata
d'ufficio rivestendo, ad avviso del collegio, evidenti  caratteri  di
rilevanza nel presente giudizio  e  di  non  manifesta  infondatezza,
cosi' come di seguito esplicitato. 
1. Quadro ordinamentale della responsabilita' erariale. 
    Come spiegato dalla Corte costituzionale (sentenza  n.  203/2022)
la responsabilita' amministrativa trova fondamento nella disposizione
contenuta nell'art. 82, comma 1, regio decreto 18 novembre  1923,  n.
2440, secondo la quale «L'impiegato  che  per  azione  od  omissione,
anche solo colposa, nell'esercizio delle sue funzioni, cagioni  danno
allo Stato, e' tenuto a risarcirlo».  La  relativa  giurisdizione  e'
attribuita alla Corte dei conti ai sensi del successivo art. 83. 
    Con l'entrata in vigore della Costituzione e' stato positivizzato
il principio di responsabilita' dei dipendenti  pubblici  conferendo,
quindi, rango costituzionale ad esso attraverso l'art. 28 che afferma
la diretta responsabilita' dei  funzionari  e  dei  dipendenti  dello
Stato e degli enti  pubblici  secondo  le  leggi  penali,  civili  ed
amministrative per gli atti illegittimi dagli stessi compiuti. 
    La successiva disciplina  positiva  in  tema  di  responsabilita'
amministrativa si rinviene poi  negli  articoli  18  e  seguenti  del
decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio  1957,  n.  3:  in
particolare, in base all'art. 18  l'impiegato  delle  amministrazioni
dello Stato, anche ad ordinamento autonomo,  e'  tenuto  a  risarcire
alle amministrazioni  stesse  i  danni  derivanti  da  violazioni  di
obblighi di servizio. 
    In detta norma  sulla  responsabilita'  amministrativa  da  danno
diretto non si faceva riferimento alla colpa grave e al dolo, essendo
disposta la responsabilita' tout  court  per  i  danni  derivanti  da
violazioni di obblighi di servizio. 
    Con lo stesso decreto del Presidente  della  Repubblica  all'art.
22, si e' imposto al  danneggiante  il  risarcimento  dei  pregiudizi
derivanti a terzi per effetto della propria condotta, stabilendo  che
l'azione di risarcimento nei suoi confronti  puo'  essere  esercitata
congiuntamente     con     l'azione     diretta     nei     confronti
dell'amministrazione qualora, in  base  alle  norme  ed  ai  principi
vigenti dell'ordinamento giuridico, sussista anche la responsabilita'
dello Stato. L'amministrazione, che  abbia  risarcito  il  terzo  del
danno  cagionato  dal  dipendente  si  rivale   contro   quest'ultimo
attraverso il giudizio innanzi alla Corte dei conti. 
    Agli effetti dell'art. 22 e' considerato danno  ingiusto,  quello
derivante da ogni violazione dei diritti dei terzi  che  il  pubblico
dipendente abbia commesso per dolo o per colpa grave, restando  salve
le responsabilita' piu' gravi previste dalle leggi vigenti (art. 23). 
    Dunque solo rispetto al danno indiretto,  erano  stati  posti  in
rilievo il dolo e la colpa grave e tale regime e'  rimasto  invariato
fino alla legge 14 gennaio 1994, n. 20 che, nel testo originario,  ha
ridisciplinato l'azione  di  responsabilita'  amministrativa/erariale
senza   alcuna   specifica   indicazione   sull'elemento   soggettivo
richiesto. 
    Successivamente,  con  l'art.  3,  comma  1,   lettera   a)   del
decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, si  e'  modificato  l'art.  1,
comma 1 della legge  14  gennaio  1994,  n.  20,  prevedendo  che  la
responsabilita' dei  soggetti  sottoposti  alla  giurisdizione  della
Corte dei conti in materia di contabilita' pubblica sia  personale  e
limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o  colpa  grave,
ferma   restando   l'insindacabilita'   nel   merito   delle   scelte
discrezionali. 
    All'interno di un sistema che nel nostro ordinamento in  generale
fonda  la  responsabilita'  su   condotte   connotate   dall'elemento
soggettivo della colpa e del dolo, sia in ambito civilistico  sia  in
ambito penalistico, per la responsabilita' amministrativa/erariale il
legislatore ha inteso limitarla indifferentemente a tutte le condotte
purche' connotate quanto meno dalla colpa grave. 
    In relazione a tale limitazione della responsabilita',  la  Corte
costituzionale chiamata ad esprimersi sulla legittimita' dell'art. 3,
comma 1, lettera a) del decreto-legge 23 ottobre  1996,  n.  543,  ha
avuto  modo  di  affermare  che  «Nella  combinazione   di   elementi
restitutori e di deterrenza, che connotano l'istituto qui  in  esame,
la disposizione risponde,  percio',  alla  finalita'  di  determinare
quanto  del   rischio   dell'attivita'   debba   restare   a   carico
dell'apparato e quanto a carico del dipendente, nella ricerca  di  un
punto di equilibrio tale da rendere, per dipendenti ed amministratori
pubblici, la prospettiva della responsabilita' ragione di stimolo,  e
non di disincentivo»  (Corte  costituzionale  n.  371/1998  e,  nello
stesso  senso,  anche  Corte  costituzionale   n.   203/2022,   Corte
costituzionale n. 123/2023). 
    Secondo tale giurisprudenza, la colpa grave  costituisce  per  la
responsabilita' amministrativa  il  minimum  individuato,  ovvero  il
punto di equilibrio in  un  generale  sistema  della  responsabilita'
fondato sulla colpa e sul dolo. 
    Su tale consolidato  quadro  normativo  e  giurisprudenziale,  e'
intervenuto recentemente l'art. 21,  comma  2  del  decreto-legge  n.
76/2020 e successive modificazioni, prevedendo che «Limitatamente  ai
fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e
fino al 30 giugno 2024, la responsabilita'  dei  soggetti  sottoposti
alla giurisdizione della Corte dei conti in materia  di  contabilita'
pubblica per l'azione di responsabilita'  di  cui  all'art.  1  della
legge 14 gennaio  1994,  n.  20,  e'  limitata  ai  casi  in  cui  la
produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente e'
da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilita' prevista
dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o
inerzia del soggetto agente». 
    Tale norma si colloca all'interno di  interventi  legislativi  di
tipo emergenziale volti alla gestione e al superamento dell'emergenza
da COVID-19. Nella prima versione della norma il periodo  di  vigenza
dell'esenzione da responsabilita' era stabilito  fino  al  31  luglio
2021, termine questo prorogato da ultimo fino al 30 giugno  2024.  Il
comma e'  stato  cosi'  modificato  dalla  legge  di  conversione  11
settembre 2020, n. 120, nonche' dall'art. 51, comma 1, lettera h) del
decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, e, successivamente, dall'art.  1,
comma 12-quinquies, lettera a) del decreto-legge 22 aprile  2023,  n.
44, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2023, n. 74. 
    La giurisprudenza della Corte dei conti con riferimento a  questa
norma ha definito «scriminante» l'esenzione ivi prevista e, per fatti
verificatisi nel periodo sopra  indicato,  l'ha  applicata,  mandando
esenti da responsabilita' coloro che avevano con condotte  commissive
gravemente colpose prodotto  un  danno  erariale  (Corte  dei  conti,
sezione  Emilia-Romagna  n.  72/2022,  Corte   dei   conti,   sezione
Trentino-Alto Adige, sede Trento, n. 19/2023). 
    Inoltre  il  giudice  contabile  ha  spiegato  che  non   possono
ritenersi di tipo omissivo tutte le condotte colpose. E' evidente che
la colpa e' caratterizzata sempre da componenti omissive, perche' sul
piano ontologico essa corrisponde alla mancata  adozione  di  cautele
necessarie  ad  evitare  l'insorgere  dell'evento,  per   negligenza,
imperizia  o  imprudenza,  o  alla  mancata  osservanza   di   regole
cautelari. Ma questo rientra nella struttura dell'elemento soggettivo
colpa e non puo'  essere  confuso  con  la  natura  commissiva  della
condotta posta in essere  (Corte  dei  conti,  sezione  Trentino-Alto
Adige, sede Trento, n. 19/2023). 
    Sono state, dunque, condivise le considerazioni a cui  giunge  la
giurisprudenza penale della Corte di cassazione, in tema di reati, la
quale evidenzia che deve essere tenuta distinta la natura omissiva  o
commissiva del reato e le componenti  omissive  della  colpa.  Se  un
soggetto agente compie un'attivita'  positiva,  allora  la  condotta,
ancorche'  colposa,  deve  essere  qualificata  come   esclusivamente
commissiva (Cassazione, sezione penale IV, n. 32899/2021, Cassazione,
sezione penale IV, n. 7597/2014  e  Cassazione,  sezione  penale  IV,
2390/2012). 
    In  questo  senso,  di  fronte  ad  una  condotta  commissiva  la
giurisprudenza ritiene univocamente di non poterla configurare di per
se' omissiva in quanto colposa (nello stesso senso  anche  Corte  dei
conti, sezione Sicilia, n. 305/2023) con la evidente conseguenza  che
in ipotesi del genere, come quella sulla cui valutazione e'  chiamato
a pronunciarsi questo collegio, non si puo' superare  l'esenzione  da
responsabilita'  prevista  dalla  norma  allegata   a   sospetto   di
costituzionalita', configurando come omissiva ogni condotta colposa. 
    Ne  discende  che  le  condotte  attive  gravemente  colpose,  in
applicazione  della  norma  in  parola,  sonoex  lege   esentate   da
responsabilita' amministrativa, da oltre tre anni e, ad oggi, fino al
30 giugno 2024. 
2. Rilevanza della questione di legittimita' costituzionale dell'art.
21, comma 2 del decreto-legge n. 76/2020 e successive modificazioni. 
    L'art. 21, comma 2 del decreto-legge  n.  76/2020  prevede,  come
visto, una  limitazione  della  responsabilita'  alle  sole  condotte
omissive gravemente colpose, mandando in tal  modo  irragionevolmente
esente da responsabilita' coloro che  hanno  prodotto  un  danno  con
condotte commissive gravemente colpose. 
    Nel  testo  vigente  al  momento  dei  fatti  oggetto  di  questo
giudizio,  dal  17  luglio  2020  (data  di  entrata  in  vigore  del
decreto-legge n. 76/2020) al settembre 2021,  era  previsto  soltanto
una diversa durata dell'applicazione della sopra citata norma,  prima
fino  al  31  luglio  2021  e  poi,  in  sede  di   conversione   del
decreto-legge (avvenuta  con  la  legge  n.  120/2021),  fino  al  31
dicembre 2021. 
    La disposizione normativa in questione e' rilevante ai fini della
decisione di una consistente parte della domanda  giudiziale  a  base
del presente  giudizio.  A  tal  riguardo  occorre  effettuare  delle
doverose  premesse   in   ordine   ai   termini   strutturali   della
prospettazione contenuta  nell'atto  di  citazione  e  delle  domande
formulate. 
    La  procura,  rispetto  alla  fattispecie  di  danno  individuata
nell'ammanco di circa euro ... per il periodo ..., ha contestato: 
        l'intero danno, in via principale, al cassiere  che  avrebbe,
con una condotta dolosa, sottratto  le  somme  e  causato  l'ammanco,
formando  gli  assegni  per  prelevare  le  somme  e   alterando   le
registrazioni contabili; 
        una quota di tale danno, in via sussidiaria,  a  coloro  che,
con colpa grave, avrebbero apposto la  seconda  firma  sugli  assegni
formati dal cassiere, «sulla fiducia», concorrendo a formare i titoli
di pagamento, sulla base dei quali il cassiere prelevava le somme; 
        un'altra quota di danno, in via sussidiaria,  a  coloro  che,
con colpa grave, avrebbero violato gli obblighi  di  controllo  quali
responsabili alternatisi nella posizione di responsabile del servizio
amministrativo e responsabile della gestione finanziaria, non  avendo
fra l'altro effettuato le verifiche sulle  disponibilita'  dei  conti
correnti e non avendo cosi' impedito la sottrazione. 
    Si tratta con ogni evidenza di un processo «cumulato»  sia  sotto
il profilo oggettivo che soggettivo. 
    Proposta la querela di falso da uno dei convenuti  rispetto  alla
firma di ... assegni, questo collegio  ha  ritenuto  di  separare  la
causa avente ad oggetto la condotta allo stesso contestata consistita
in  firme  di  co-traenza  degli  assegni  oggetto   della   querela,
demandando alla segreteria la formazione  di  autonomo  fascicolo,  e
sospendendo ai sensi dell'art. 105, comma 4, c.g.c. il giudizio cosi'
separato. 
    In ossequio al principio di ragionevole durata del  processo,  la
giurisprudenza ritiene che la sussistenza di una causa di sospensione
del giudizio, relativamente ad una  sola  di  piu'  domande  cumulate
nello stesso processo, non sia idonea a giustificare  la  sospensione
del processo per tutte le domande cumulate. Il  giudice  puo'  quindi
separare le cause, evitando che la continuazione della loro  riunione
ritardi o renda piu' gravoso il processo (Cassazione civile,  sezione
6-2, ordinanza 27 novembre 2018, n. 30738; SS.RR. Corte dei conti  n.
5/2020). 
    La separazione delle cause, prevista dall'art. 103, comma  2  del
codice di procedura civile, che e' richiamato  anche  dall'art.  104,
comma 2 del codice di procedura civile, ha la funzione di  assicurare
la  ragionevole  durata  del  processo  (art.  111,  comma  2   della
Costituzione). Ne deriva che  l'art.  103,  comma  2  del  codice  di
procedura civile, e' considerato espressione di un principio generale
e, in quanto tale, ai sensi dall'art. 7 c.g.c. applicabile anche  nel
processo contabile. 
    Orbene, separata la causa la cui decisione dipende da quella  che
sara' resa nel giudizio di falso attivato innanzi al giudice  civile,
il presente giudizio allo stato deve continuare per le altre  domande
formulate dalla procura. 
    Conseguentemente,  dovendo  proseguire  il  giudizio  proprio  in
relazione alla domanda di condanna in via sussidiaria  dei  convenuti
per la condotta  commissiva  gravemente  colposa  della  firma  degli
assegni, acquista evidente rilevanza  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 21, comma 2 del decreto-legge n. 76/2020. 
    In particolare, alcuni di questi assegni (...) sono stati firmati
in data successiva all'entrata in  vigore  della  suddetta  norma  di
chiara natura sostanziale, cioe' dopo  il  17  luglio  2020,  sicche'
questo giudice, per tali episodi e solo per  essi  (a  differenza  di
quelli identici perpetrati prima di tale  data),  dovrebbe  applicare
l'art.  21,  comma  2  del  decreto-legge  n.  76/2020,  che  prevede
un'esenzione da responsabilita' per le condotte commissive gravemente
colpose (es. situazione convenuto L.). 
    Appare  cosi'  evidente  il  nesso  di  pregiudizialita'  fra  la
risoluzione della  questione  di  legittimita'  costituzionale  della
norma richiamata e la  decisione  del  caso  concreto  rispetto  alla
domanda  formulata  dalla  procura,  in   relazione   alla   condotta
commissiva gravemente colposa commessa nel periodo di  vigenza  della
norma. Infatti, laddove questa venisse  dichiarata  incostituzionale,
il collegio giudicante sarebbe titolato a valutare l'intera  condotta
commissiva gravemente colposa, accertando se essa abbia concorso alla
produzione della quota di danno addebitata e stabilendo, se  sussista
o meno la responsabilita' erariale e se  il  convenuto  co-firmatario
degli assegni debba o meno debba  risarcire  in  via  sussidiaria  la
quota di danno  addebitatagli.  Altrimenti,  allo  stato,  applicando
l'art. 21, comma 2 del decreto-legge n. 76/2020 non si  potrebbe  che
mandare esente  da  responsabilita'  il  suddetto  convenuto  per  la
condotta in parola serbata successivamente al 17 luglio 2020 (ma  del
tutto identica a casi precedenti tale data,  egualmente  contestati,)
per l'imposizione di una sorta di «non liquet»  violativo  anche  del
dovere costituzionale di questo giudice naturale di pronunciarsi  sui
casi sottopostigli ex articoli 24 e 103 della Costituzione. 
    La rilevanza della questione manifesta tutta la  sua  attualita',
non potendo prescindere altrimenti  questo  collegio  da  essa  nella
decisione di una  parte  del  giudizio:  le  domande  aventi  analoga
contestazione in relazione alla condotta commissiva della firma degli
assegni, nell'arco temporale dal ... al ... (al netto  degli  assegni
oggetto di querela di falso), dovrebbero quindi trovare diversa sorte
nell'ambito del medesimo giudizio. 
    In altri termini, la valutazione della medesima  condotta,  anche
contestata a convenuti  diversi,  dovrebbe  arrestarsi  temporalmente
agli assegni firmati prima del 17 luglio 2020  (data  di  entrata  in
vigore del decreto-legge n. 76/2020). 
    Non potrebbero dunque trattarsi allo stesso modo condotte uguali,
contestate nell'ambito di questo giudizio. 
    Inoltre, dato il chiaro tenore  letterale  della  norma,  non  e'
possibile una sua diversa interpretazione, che consenta di limitare o
estendere l'esenzione di responsabilita' sancita dalla  norma  stessa
per  le  condotte  commissive  compiute  con  colpa  grave  nell'arco
temporale a decorre dalla data di entrata  in  vigore  dell'art.  21,
comma 2 del decreto-legge n. 76/2020. 
    Conseguentemente, questo collegio ritiene  che  la  questione  di
costituzionalita' sollevata dalla procura regionale sia assolutamente
rilevante anche in considerazione della obiettiva  impossibilita'  di
una  diversa  interpretazione,  costituzionalmente  orientata,  della
norma richiamata. 
    La questione, inoltre, non e'  manifestamente  infondata  per  le
seguenti ulteriori considerazioni. 
3. Violazione dell'art. 103 della Costituzione. 
    Il sistema della responsabilita' nel nostro ordinamento si fonda,
quanto all'elemento soggettivo, sul binomio colpa e dolo, al netto di
ipotesi  di  responsabilita'  oggettiva.  Con   riguardo   a   quella
amministrativa/erariale, si e'  ritenuto  di  discostarsi  da  questo
binomio, individuando nella colpa grave il punto  di  equilibrio  del
sistema tra la colpa e il dolo, come del resto gia'  affermato  dalla
richiamata giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  all'indomani
della modifica legislativa che mandava esenti  da  responsabilita'  i
dipendenti pubblici per condotte connotate da colpa  lieve  (sentenza
n. 371/1998). 
    La misura individuata (colpa grave) indica il quantum di  rischio
che deve ricadere sul datore di lavoro amministrazione pubblica per i
danni causati  dai  dipendenti,  nell'ottica,  da  un  lato,  di  non
disincentivare  l'attivita'   eliminando   l'inerzia   nell'attivita'
amministrativa e, dall'altro, di non incentivare condotte foriere  di
danno. 
    In ragione del sistema delineato dalle norme, tale convinzione e'
stata peraltro ribadita, sempre dalla giurisprudenza  costituzionale,
quando, con legge della Provincia autonoma di Bolzano, si e'  cercato
di introdurre fattispecie di colpa grave  «tipizzate».  La  Corte  al
riguardo si e' espressa affermando chiaramente che non e' conforme ai
principi dell'ordinamento,  quale  configurato  nell'attuale  sistema
normativo, attenuare ulteriormente, in via generale,  le  ipotesi  di
responsabilita' per colpa grave (Corte costituzionale, n. 340/2001). 
    Cio' considerato, la  disposizione  dell'art.  21,  comma  2  del
decreto-legge n. 76/2020, che introduce l'esenzione generalizzata  da
responsabilita' per le condotte  commissive  connotate  dall'elemento
soggettivo della colpa grave,  finisce  per  violare  patentemente  i
principi individuati dalla giurisprudenza  costituzionale  anche  con
riferimento all'art. 103 della Costituzione. 
    La norma e'  inserita  nell'ambito  della  legislazione  di  tipo
emergenziale, che aveva come  scopo  espresso  quello  di  rispondere
all'esigenza di gestione e superamento della pandemia da COVID-19. 
    Essa, pero', si pone in contrasto con i principi sopra  indicati,
perche'  la  sua  portata  ampia  appare  irragionevole  nell'attuale
sistema di  pesi  e  contrappesi  fondato  sull'inscindibile  binomio
potere/responsabilita' tipico anche del diritto euro-unitario. 
    Il suo dichiarato fine era quello di consentire una  piu'  rapida
adozione di provvedimenti  amministrativi  nell'ottica  del  rilancio
dell'economia del Paese duramente penalizzata dal periodo  pandemico,
superando la c.d. «paura della firma» e  la  «burocrazia  difensiva»,
tendenti a bloccare l'azione amministrativa  per  evitare  di  essere
esposti  al  risarcimento  da  danno  erariale  in  caso  di  errore.
Tuttavia, il legislatore non ha limitato l'applicazione  della  norma
all'ambito di attivita' inerente alla gestione dell'emergenza COVID o
all'attivita' che poteva consentire un rilancio  dell'economia.  Come
dimostra la  fattispecie  oggetto  del  presente  giudizio,  gia'  la
originaria portata irragionevolmente ampia della norma  ne  determina
la sua applicazione anche a casi che nulla hanno a che vedere con  la
sua asserita «ratio», vertendosi qui in  materia  di  sottrazione  di
somme dell'amministrazione  avvenuta  in  un  contesto  assolutamente
estraneo alle attivita' collegate all'emergenza COVID-19. 
    Nel   valutare   la   legislazione    emergenziale    la    Corte
costituzionale, per stabilirne la legittimita' costituzionale, ha del
resto verificato rispetto  alla  singola  disposizione  normativa  la
ragionevolezza, la  non  sproporzione  della  misura  adottata  e  la
funzionalita'  alle  finalita'  perseguite   (pronunce   su   obbligo
vaccinale n. 14, n. 15 e n. 16 del 2023). 
    Applicando tali canoni, dunque, la norma in questione  nella  sua
connotazione generalista appare irragionevole,  sproporzionata  nella
misura e non funzionale alla finalita' dichiaratamente perseguita. 
    Innanzitutto la norma e' irragionevole  perche'  comprende  tutti
gli ambiti dell'agire dell'amministrazione senza limitarsi  a  quelli
strettamente inerenti  o,  strettamente  influenzati,  dall'emergenza
COVID-19 realizzando un generalizzato «scudo erariale»  incompatibile
con la decretazione d'urgenza. 
    E   con   riguardo   a   tutti   gli   ambiti   di   operativita'
dell'amministrazione, a ben vedere, non si e' trattato di spostare la
soglia  di  responsabilita'  verso  l'alto,  ma  si  e'  finito   per
ridisegnare - si sottolinea con decretazione  d'urgenza  -  tutto  il
sistema della responsabilita' erariale, sicche', ad esempio, nel caso
oggetto del giudizio «a quo», colui  che  pone  in  essere  attivita'
illegittimita'   o   illecita   (non   riconducibile    assolutamente
all'emergenza   pandemica)   con   colpa   grave   va    esente    da
responsabilita',  mentre  colui  che  ha  obbligo  di  controllo   su
quest'ultimo puo' essere ritenuto responsabile del danno causato  per
l'omissione del doveroso controllo connotata da colpa grave. 
    Detto in altri termini, per il danno prodotto all'amministrazione
con colpa grave da Tizio, paga Caio che doveva  «solo»  controllarlo.
Si fa cosi' ricadere il danno non su chi ha con colpa grave  compiuto
l'attivita' dannosa, ma sul suo controllore che ha omesso i  doverosi
controlli. 
    Tale incongrua conseguenza, a cui si giunge applicando  la  norma
censurata, e' con ogni evidenza irragionevole e contraria  al  comune
sentire e l'avere consentito tale conseguenza in tutti gli ambiti  di
attivita'  dell'amministrazione  e'  sproporzionato   rispetto   alla
finalita' di una  disposizione  nata  nel  contesto  emergenziale  da
COVID-19. 
    L'art. 21, comma 2 del decreto-legge  n.  76/2020  finirebbe  per
trovare dunque applicazione nel caso di specie, avente ad oggetto  la
sottrazione   fraudolenta   e   per   scopi   personali   di    somme
dell'amministrazione, senza che eserciti alcuna influenza  sui  fatti
la circostanza che essi si sono succeduti anche durante la  pandemia.
Nella prospettazione della procura la firma, con colpa  grave,  degli
assegni ha consentito ad  un  cassiere  di  appropriarsi  di  risorse
pubbliche e non puo' ragionevolmente pensarsi che tale condotta possa
essere «scriminata» in ragione dell'emergenza da COVID-19. 
    Allo stesso  tempo,  la  norma  non  e'  funzionale  allo  scopo.
Infatti, attraverso la volonta' di  arginare  la  c.d.  «paura  della
firma»,  si  e'  pero'  estensivamente  disciplinata  l'esenzione  da
responsabilita',  includendo  qualunque  condotta  attiva  gravemente
colposa. In  particolare,  scontano  l'esenzione  da  responsabilita'
anche le condotte,  che  non  rientrano  in  quelle  di  adozione  di
provvedimenti amministrativi attraverso la loro firma, ovvero  sconta
l'esenzione qualunque condotta fattuale, come ad esempio  la  rottura
con colpa grave di un macchinario ospedaliero, il danneggiamento  con
colpa  grave  di  auto  dell'amministrazione,  il   danno   indiretto
provocato da un  medico  che  dimentica  la  garza  nell'addome  dopo
un'operazione, etc. 
    Inoltre, se si  tiene  conto  che  le  finalita'  indicate  nelle
premesse del decreto-legge n. 76/2020, quali necessita' e urgenza  di
introdurre   interventi   di   semplificazione    in    materia    di
responsabilita'  del  personale  delle  amministrazioni  al  fine  di
fronteggiare  le  ricadute  economiche  pregiudizievoli   conseguenti
all'emergenza epidemiologica da COVID-19, bisogna evidenziare che  un
conto e' «alleggerire» le conseguenze della  lesione  dei  diritti  e
interessi dei terzi  nell'esercizio  dell'attivita'  provvedimentale,
negoziale, materiale, altro e' abbassare la soglia della  «diligentia
quam in suis» nei rapporti interni. 
    Non puo' non tenersi a mente la distinzione tra il danno  diretto
prodotto direttamente all'amministrazione e il danno indiretto, cioe'
quello  prodotto  a  terzi  che  l'amministrazione  e'  condannata  a
risarcire. Tale  distinzione,  quanto  all'elemento  soggettivo,  era
presente  al  legislatore  quando  disciplinando  la  responsabilita'
amministrativa con il decreto del Presidente della  Repubblica  n.  3
del 1957 prevedeva differenti disposizioni per il danno diretto e per
il danno indiretto (articoli 18, 22 e 23 -  gia'  sopra  richiamati).
Per il primo la responsabilita' sussisteva quando si  determinava  un
danno violando  obblighi  di  servizio.  Per  il  secondo  invece  la
responsabilita' sorgeva per il dipendente e l'amministrazione  poteva
rifarsi sullo stesso, dopo aver risarcito il  terzo,  solo  se  erano
state poste in essere condotte con colpa grave o dolo. 
    La fattispecie del presente giudizio  mostra  come  nei  rapporti
interni  e  nei   danni   diretti,   cioe'   provocati   direttamente
all'amministrazione nella gestione della propria attivita', la soglia
di attenzione o diligenza richiesta  non  puo'  essere  abbassata  e,
soprattutto,  tale  abbassamento   non   puo'   essere   giustificato
attraverso la necessita' di fronteggiare  le  conseguenze  economiche
dell'emergenza  COVID-19:  trattasi  di  un  ulteriore   profilo   di
irragionevolezza connesso  all'eccessiva  ampiezza  della  norma  che
ricomprende indistintamente tutte le condotte fonte  di  danno  anche
quando non siano legate «ictu oculi» al superamento dell'emergenza. 
    L'esenzione, cosi' disciplinata dalla  norma,  viola  l'art.  103
della Costituzione, sottraendo alla  giurisdizione  della  Corte  dei
conti l'assoggettabilita' a  responsabilita'  delle  condotte  attive
gravemente colpose a far data dalla sua entrata in vigore. 
4. Violazione degli articoli 97, 28 e 81 della Costituzione. 
    Quanto appena  detto  viene  in  rilievo  anche  come  violazione
dell'art. 97, comma 2 della Costituzione, nel  quale  e'  sancito  il
principio del buon  andamento  e  dell'imparzialita'  della  pubblica
amministrazione. 
    Da un lato, la  verifica  di  rispondenza  della  norma  al  buon
andamento consiste nella verifica della non arbitrarieta' o della non
irragionevolezza rispetto allo scopo di assicurare il buon andamento.
Dall'altro, la violazione del principio di buon andamento si  traduce
anche nella violazione di altri principi sanciti in diversi  articoli
della Costituzione. 
    La valutazione, ai fini del rispetto dell'art. 97, comma 2  della
Costituzione, impone che si verifichi anche  l'impatto  della  scelta
legislativa sul buon  andamento  e  sul  rendimento  del  lavoro  dei
dipendenti pubblici. 
    Il buon andamento si declina come buona amministrazione, sia  nel
senso di assicurare un'attivita' amministrativa  nel  rispetto  della
legge, sia nel  senso  di  assicurare  l'efficienza  e  l'adeguatezza
dell'agire amministrativo.  Considerato  lo  stretto  legame  tra  il
principio di buon andamento e di  imparzialita'  e  il  principio  di
legalita'  (Corte  costituzionale  n.  333/1993),  e'  evidente   che
l'esenzione da responsabilita' amministrativa prevista dall'art.  21,
comma 2 del decreto-legge n. 76/2020 e  successive  modificazioni  ed
integrazioni, non favorisce la legalita' dell'azione  amministrativa.
Tale  esenzione  «rende  legittime  o  lecite»  condotte   gravemente
colpose, con la convinzione in colui che agisce che, in  assenza  del
dolo, non ha alcun rilievo se agisca  legittimamente  o  lecitamente,
tanto non sara' tenuto a risarcire i danni prodotti. 
    E' una norma che disincentiva il pubblico dipendente,  sia  nella
fase della continua formazione tesa ad acquisire nuove  competenze  o
conoscenze,   sia   nella   fase   dell'adozione   di   provvedimenti
amministrativi, «legalizzando» l'agire  a  prescindere  dal  rispetto
delle norme minime cautelari e delle regole di  prudenza,  perizia  e
diligenza,  senza  apportare  alcun  beneficio   alla   funzionalita'
dell'amministrazione, anzi fortemente incidendo sulla stessa come  ha
evidenziato l'esperienza sin qui maturata sotto  il  censurato  nuovo
sistema di responsabilita'. 
    Tali conseguenze, che si pongono  in  contrasto  con  l'art.  97,
comma 2 della Costituzione, non possono certo trovare giustificazione
nell'avere la norma carattere emergenziale e straordinario. Cio'  sia
in ragione del  fatto  che  proprio  nella  gestione  delle  esigenze
derivanti da COVID-19, l'agire amministrativo  doveva  essere  semmai
piu' attento sia perche', come gia' ripetuto  piu'  volte,  la  norma
prevede    un'esenzione    generalizzata    a    tutta    l'attivita'
amministrativa, anche non inerente alla gestione dell'emergenza o  al
rilancio dell'economia,  per  tutto  il  lasso  di  tempo  della  sua
vigenza, ad oggi pari a circa quattro anni. 
    Nel caso portato alla valutazione del collegio, e'  evidente  che
la sottrazione di somme dell'amministrazione, avvenuta nella gestione
ordinaria della  cassa  dell'amministrazione,  determina  un  cattivo
andamento, i cui danni non possono essere addebitati, seppur  in  via
sussidiaria, al soggetto che ha concorso a produrli con colpa grave. 
    Inoltre, sotto quest'ultimo profilo, viene in  rilievo  anche  il
principio di efficienza dell'amministrazione, come endiadi  del  buon
andamento (Corte costituzionale n. 104/2007), nonche' il principio di
cui al primo comma dell'art. 97 della Costituzione, in base al  quale
la pubblica amministrazione deve assicurare l'equilibrio di  bilancio
e la sostenibilita' del debito pubblico (unitamente all'art. 81 della
Costituzione). Spiega la Corte costituzionale che  «il  principio  di
efficienza dell'amministrazione trova esplicazione in  una  serie  di
regole, che vanno da quella di  una  razionale  organizzazione  degli
uffici a quella di assicurarne il corretto funzionamento; a quella di
garantire la regolarita' e la continuita' dell'azione  amministrativa
e, in particolare,  dei  pubblici  servizi,  anche  al  mutare  degli
assetti politici ... (omissis)» (sentenza n. 104/2007). 
    E' ben chiaro che la sottrazione di risorse,  come  nel  caso  di
specie    anche    cospicue,    e'    sintomo     di     inefficienza
dell'amministrazione,    di    una    irregolarita'    dell'attivita'
amministrativa e concorre all'inefficienza complessiva del sistema il
fatto    che    l'assetto    normativo    attuale    non     consenta
all'amministrazione di ricevere adeguato ristoro nel caso di condotte
attive causative di danno  e  connotate  da  inescusabile  imperizia,
negligenza, etc. 
    L'errore grave e inescusabile del  dipendente  pubblico  resta  a
carico dell'amministrazione, se non  determinato  da  un'omissione  e
rimane  frustrato  l'interesse  pubblico  all'azione  efficiente   ed
economica della P.A. L'esenzione da tale responsabilita',  che  aveva
come  scopo  quello  di  evitare  rallentamenti  ed   inerzie   nello
svolgimento   dell'attivita'   amministrativa,   si   rivela   invece
produttivo di ulteriore inefficienza per una  sorta  di  «eterogenesi
dei fini» finendo per cagionare il rischio concreto di un complessivo
abbassamento della soglia  di  «attenzione  amministrativa»  per  una
gestione  oculata  delle  risorse  pubbliche,   di   cui   si   sente
estremamente bisogno. 
    Senza contare che,  anche  ove  la  norma  fosse  stata  limitata
all'attivita' amministrativa legata alla  gestione  emergenziale  del
COVID-19, comunque non sarebbe accettabile la dispersione di  risorse
o il loro utilizzo senza l'adozione delle regole minime di  prudenza,
perizia, diligenza  o  delle  regole  cautelari.  La  sottrazione  di
risorse  significa  sottrarre  risorse  che  l'amministrazione   puo'
utilizzare nell'interesse pubblico al cui perseguimento e' deputata. 
    Infine il principio del buon  andamento  e'  collegato  anche  al
principio  di  responsabilita'  dei  pubblici   dipendenti,   sancito
dall'art.  28  della  Costituzione,  laddove  si  stabilisce  che   i
funzionari e i dipendenti dello Stato  e  degli  enti  pubblici  sono
direttamente  responsabili,  secondo  le  leggi  penali,   civili   e
amministrative, degli atti compiuti in violazione dei diritti. 
    Se  il  legislatore  puo'  perimetrare   discrezionalmente   tale
responsabilita',  dando  contenuto  all'art.  28  della  Costituzione
attraverso la legge, non puo' eliminarla tout court per  le  condotte
colpose, svuotandola di gran parte del suo  contenuto  riferibile  ai
danni erariali, che non poco contribuiscono ai  deficit  dei  bilanci
pubblici. Con riferimento poi ai c.d. danni indiretti,  si  consideri
che  l'amministrazione,  nei  confronti  dei  terzi,  e'  tenuta   al
risarcimento del danno, alla luce delle regole civilistiche del  dolo
e della colpa. Risarcito il danno al terzo, la stessa pero' non  puo'
rifarsi nei confronti del dipendente che ha provocato il danno se  la
condotta attiva di questi era colposa (lievemente e  gravemente).  Si
ottiene  cosi'  il  risultato  di  deresponsabilizzare  il   pubblico
dipendente  in  modo  non   congruo   rispetto   al   sistema   della
responsabilita'  fondato  nel   nostro   ordinamento   essenzialmente
sull'elemento soggettivo della colpa e del dolo. 
    L'errore del dipendente gravemente  inescusabile,  si  ribadisce,
resta irragionevolmente e totalmente a carico dell'amministrazione se
la condotta e' attiva. 
    Peraltro,  in  difformita'  dal  settore   privato,   ne   deriva
l'impossibilita' per il datore di lavoro  pubblico  di  attenuare  le
lesioni subite in caso di condotte colpose. Se e'  pur  vero  che  il
legislatore puo' operare scelte discrezionali nella disciplina  della
responsabilita' dei pubblici dipendenti, le  leggi  disciplinanti  la
responsabilita' dei  pubblici  dipendenti  sono  sindacabili,  quanto
meno, sotto il profilo della ragionevolezza della disciplina adottata
e  delle  differenziazioni  introdotte   (Corte   costituzionale   n.
1032/1988). E per le ragioni indicate sopra, non  appare  ragionevole
la deresponsabilizzazione dei dipendenti pubblici tout court  per  le
condotte attive gravemente colpose. 
    Alla luce di quanto detto appare evidente la violazione dell'art.
97, commi 1 e 2 della Costituzione e dello stesso articolo unitamente
agli articoli 81 e 28 della Costituzione. 
5. Violazione dell'art. 3 della Costituzione sotto plurimi profili. 
    Ultimo aspetto da mettere in evidenza e' la violazione  dell'art.
3 della Costituzione, nella misura in cui con l'art. 21, comma 2  del
decreto-legge  n.  76/2020  si  crea  una  evidente  discriminazione,
risultando la  norma  irragionevolmente  ampia  nel  suo  comprendere
qualunque condotta commissiva  gravemente  colposa  che  esula  dalle
finalita' per le quali la norma era stata prevista. 
    Ai sensi dell'art. 21, comma 2 del decreto-legge n. 76/2020, come
gia' detto, nel periodo dall'entrata in vigore  del  decreto-legge  e
fino, nel testo attuale della norma, al 30 giugno 2024, per  i  fatti
commessi  dai  soggetti  sottoposti  alla   giurisdizione   contabile
l'azione di responsabilita'  e'  limitata  alle  condotte  commissive
compiute con dolo e alle condotte omissive compiute con dolo o  colpa
grave. 
    L'applicazione  di  tale  norma  comporta  che   questo   giudice
nell'ambito del medesimo giudizio possa giudicare sussistente o  meno
la  responsabilita'  erariale  solo  per   le   condotte   commissive
gravemente colpose poste in essere fino al 17 luglio  2020  (data  di
entrata in vigore del decreto). 
    Appare evidente la discriminazione  che  si  verrebbe  a  creare,
poiche' nell'ambito del giudizio, rispetto  al  medesimo  soggetto  o
anche a soggetti diversi, la stessa reiterata  condotta  fino  al  17
luglio  2020  assurge  a  presupposto  di   (allo   stato   presunta)
responsabilita' erariale e da  quella  data  in  poi  e'  sicuramente
esenteex lege da essa. 
    La  discriminazione  creata  deve  essere  vagliata   secondo   i
parametri di ragionevolezza, congruita'  della  misura  e  della  non
contraddittorieta'. 
    Il collegio e' conscio della  discrezionalita'  di  cui  gode  il
legislatore nel determinare che  da  un  certo  momento  in  poi  una
condotta sia rilevante o meno ai  fini  della  tutela  dell'interesse
pubblico all'utilizzo corretto delle risorse  di  un'amministrazione,
tuttavia, la ratio della norma  in  contestazione,  evincibile  anche
dall'originario arco temporale limitato  di  vigenza  della  relativa
disciplina, come in questa  ordinanza  e'  stato  gia'  ribadito,  e'
rinvenibile nel dover essere una disposizione esclusivamente inerente
alla gestione dell'emergenza pandemica  da  COVID-19.  L'intento  del
legislatore  e'  stato  quello  di  voler   agevolare   il   rilancio
dell'economia, in crisi a causa della pandemia,  ponendo  un  rimedio
alla ormai nota c.d. «paura della firma» e  consentendo  ai  pubblici
dipendenti  di  poter  cosi'  adottare  provvedimenti  senza   alcuna
eccessiva preoccupazione. 
    La ratio della norma  appare  quindi  collegata  a  migliorare  o
escludere   l'inefficienza   della   pubblica   amministrazione   nel
rispondere a bisogni contingenti del  Paese,  consentendo  l'adozione
dei provvedimenti a cio' utili. 
    Considerata tale ratio, il caso di specie  oggetto  del  giudizio
mostra chiaramente la portata irragionevolmente  ampia  della  norma,
tale da comprendere e  mandare  esente  da  responsabilita'  erariale
anche situazioni, per  le  quali,  con  ogni  evidenza,  non  sarebbe
giustificabile detta esenzione. 
    In relazione alla condotta commissiva connotata  da  colpa  grave
consistente nell'ingiustificata apposizione della  firma  su  assegni
per prelevare fondi in favore di un cassiere, non puo' dirsi  che  la
esenzioneex lege da responsabilita' per l'autore della  stessa  possa
giustificarsi alla luce della necessita' di sopperire  alle  esigenze
di  celerita'  ed   efficienza   dell'amministrazione,   che   doveva
approntare con la propria attivita' una pronta risposta all'emergenza
COVID. 
    L'esenzione da responsabilita'  per  colpa  grave  nella  vicenda
oggetto del giudizio per le condotte successive al 17 luglio 2020 non
trova alcuna giustificazione nell'esigenza di garantire  un'attivita'
piu' celere e snella  dell'amministrazione  nel  gestire  l'emergenza
COVID-19: con la firma  degli  assegni  si  e'  consentito  ad  altro
soggetto  di   commettere   un   reato   e   nessuna   esenzione   da
responsabilita' penale e' stata prevista in ragione dell'emergenza da
COVID-19. 
    Alla luce di quanto detto, la norma nella sua irragionevole ampia
portata  crea  una  discriminazione  non  razionale   in   violazione
dell'art. 3 della Costituzione, che e' ravvisabile anche sotto  altro
profilo. 
    La contestazione sull'ammanco di danaro effettuata dalla  procura
riguarda, da un lato, la condotta dolosa del cassiere che  formava  i
titoli di pagamento, ovvero gli assegni e,  dall'altro,  riguarda  le
condotte   gravemente   colpose   dei   responsabili   del   servizio
amministrativo e della gestione finanziaria che hanno presumibilmente
contribuito alla causazione del danno con la rispettiva condotta: 
        a) omissiva  per  non  avere  effettuato  le  verifiche  e  i
controlli dei documenti contabili e dei conti correnti, in violazione
degli stessi obblighi a loro intestati dalle norme; 
        b) commissiva gravemente colposa consistita  nell'apposizione
della firma sugli assegni formando  in  questo  modo,  unitamente  al
cassiere,  i  titoli  di  pagamento  che  consentivano  a  questi  di
incassare le somme dell'amministrazione e poi trattenerle per se'. 
    Orbene, nella prospettazione dell'attore  pubblico,  distinguendo
per periodi di tempo e importi, alla produzione del  danno  accertato
ha concorso sia l'omissione  dei  controlli  addebitabile  ad  alcuni
soggetti, sia la formazione dei titoli di  pagamento  addebitabile  a
quelli che hanno sottoscritto gli assegni. 
    Si e' gia' argomentato in ordine al dubbio  di  costituzionalita'
per tale  ultima  situazione  ma  esso  costituisce  solo  una  parte
dell'intera  problematica  connessa  all'applicazione  dell'art.  21,
comma 2 del decreto-legge n. 76/2020: detta norma,  infatti,  fa  si'
che rispetto al danno  costituito  dall'ammanco  delle  somme  subito
dall'amministrazione,  questo  giudice   contabile   sarebbe   sempre
abilitato  a  valutare  la  sussistenza  o  meno  della   prospettata
responsabilita' erariale di  coloro  che  hanno  omesso  la  doverosa
attivita' di controllo ad essi  commessa,  mentre  nei  confronti  di
coloro che hanno posto in essere il titolo di pagamento,  co-firmando
gli assegni, potrebbe valutarla solo per il periodo anteriore  al  17
luglio 2020. 
    Si  coglie  con  tutta  evidenza,  anche  sotto  questo   profilo
soggettivo, la discriminazione irragionevole operata dalla norma  fra
coloro  che  nell'ambito  dell'amministrazione  hanno   obblighi   di
controllo e vigilanza e coloro che  hanno  la  gestione  attiva  e  i
compiti di  predisporre  i  provvedimenti  amministrativi.  In  altri
termini, va esente da responsabilita' colui che con colpa grave  pone
in essere l'atto illegittimo ovvero l'attivita' illecita per i  fatti
commessi dopo l'entrata in vigore della norma censurata, e invece non
e'  esente  da  responsabilita'  per  gli  identici  fatti   commessi
antecedentemente   nonche'   chi   aveva   «solo»   il   compito   di
controllare/vigilare sullo stesso. 
    Da ultimo, in relazione all'art. 3 della  Costituzione  non  puo'
che sottolinearsi anche la discriminazione che si verrebbe ad  acuire
tra lavoratori del settore privato e lavoratori del settore  pubblico
(anche privatizzato) perche', rispetto ai primi, i secondi, che  gia'
godono di un'esenzione per colpa lieve, nell'attualita'  sono  ancora
piu' avvantaggiati essendo responsabili nel periodo di vigenza  della
norma solo per condotte attive dolose o omissive gravemente colpose. 
    Ne   risulta   svantaggiata   irragionevolmente    la    pubblica
amministrazione, quale datore di  lavoro  pubblico.  Pertanto,  anche
sotto    quest'ultimo    profilo    si    rileva    un'ingiustificata
discriminazione di trattamento. 
6. Conclusioni. 
    Alla luce delle suesposte considerazioni, il collegio reputa  che
l'art. 21, comma 2 del decreto-legge  n.  76/2020,  convertito  nella
legge n. 120/2020 e successive  modificazioni  ed  integrazioni,  sia
costituzionalmente illegittimo per violazione degli articoli 103,  3,
97, 28 e 81 della Costituzione, nella parte in cui  prevede  che  dal
periodo  di  entrata  in  vigore  del   decreto-legge   l'azione   di
responsabilita' di cui all'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20,
sia limitata ai soli casi in cui la produzione del danno  conseguente
alla condotta del soggetto agente e' da lui dolosamente voluta e tale
limitazione di responsabilita' prevista  dal  primo  periodo  non  si
applichi solo per i  danni  cagionati  da  omissione  o  inerzia  del
soggetto agente. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte dei conti,  Sezione  giurisdizionale  regionale  per  la
Campania, visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 della  legge
11 marzo 1953, n. 87: 
 
                              Dichiara 
 
rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  in  riferimento   agli
articoli 103, 97, 28, 81 e 3  della  Costituzione,  la  questione  di
legittimita' costituzionale l'art. 21, comma 2 del  decreto-legge  n.
76/2020 convertito con legge n. 120/2020, nella parte in cui  prevede
che dal periodo di entrata in vigore del  decreto-legge  l'azione  di
responsabilita' di cui all'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20,
sia limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente  alla
condotta del soggetto agente e' da  lui  dolosamente  voluta  e  tale
limitazione di responsabilita' prevista  dal  primo  periodo  non  si
applica solo per  i  danni  cagionati  da  omissione  o  inerzia  del
soggetto agente; 
 
                              Dispone: 
 
    La sospensione del giudizio di  responsabilita'  n.  73565  e  la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale  per  la  pronuncia
sulla questione di legittimita' costituzionale di cui in premessa; 
 
                               Ordina: 
 
    Che,  a  cura  della  segreteria,  la  presente   ordinanza   sia
notificata alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei  deputati
e del Senato della Repubblica. 
    Manda alla segreteria per gli adempimenti di competenza. 
      Cosi' deciso in Napoli nella camera di  consiglio  in  data  16
novembre 2023. 
 
                       Il Presidente: Oricchio 
 
 
                                                 L'Estensore: Corrado