N. 9 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 marzo 2024

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 1° marzo 2024 (della Regione Campania). 
 
Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Finanza  pubblica  -  Legge  di
  bilancio 2024 - Previsione  che  le  regioni  a  statuto  ordinario
  assicurano, per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028, un contributo
  alla finanza pubblica pari a 350 milioni di euro annui,  ripartito,
  entro il 30 aprile  2024,  in  sede  di  autocoordinamento  tra  le
  regioni - Previsione che, in assenza di accordo in  tale  sede,  il
  riparto e' effettuato, entro il 31 maggio  2024,  con  decreto  del
  Presidente del Consiglio dei ministri,  su  proposta  del  Ministro
  dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per  gli
  affari regionali e le autonomie, in  proporzione  agli  impegni  di
  spesa corrente al netto delle  spese  relative  alla  missione  12,
  Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, e alla missione  13,
  Tutela della salute, degli schemi di bilancio delle  regioni,  come
  risultanti dal rendiconto generale 2022 o, in mancanza, dall'ultimo
  rendiconto  approvato  -  Previsione  che  le  regioni  a   statuto
  ordinario sono tenute a versare i determinati importi del  concorso
  alla finanza pubblica all'entrata del bilancio dello Stato sul capo
  X - capitolo n. 3465 - art. 2 ("Rimborsi e concorsi diversi  dovuti
  dalle regioni a statuto ordinario"), entro il 30 giugno di ciascuno
  degli anni dal 2024 al 2028 - Previsione che, qualora il versamento
  di cui al periodo precedente non sia effettuato  entro  il  termine
  previsto, il Dipartimento della  Ragioneria  generale  dello  Stato
  provvede  al  recupero  mediante  corrispondente  riduzione   delle
  risorse a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione. 
Sanita' pubblica - Servizio sanitario nazionale - Legge  di  bilancio
  2024  -  Istituzione  del  fondo  per  i  test  di  Next-Generation
  Sequencing per la diagnosi delle malattie rare -  Destinazione  del
  fondo al potenziamento dei test - Previsione che il Ministro  della
  salute, con proprio decreto adottato di concerto  con  il  Ministro
  dell'economia e delle finanze, individua i criteri e  le  modalita'
  di riparto del fondo medesimo, nonche' il sistema  di  monitoraggio
  dell'impiego delle somme. 
- Legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2024-2026), art. 1, commi 527 e 557. 
(GU n.14 del 3-4-2024 )
    Ricorso ai sensi dell'art. 127 della Costituzione per la  Regione
Campania (c.f. 80011990636), in persona del Presidente  della  giunta
regionale, on.le Vincenzo De Luca, quale legale rapp.te pro  tempore,
rapp.ta e difesa dagli avv.ti Almerina Bove (c.f. BVOLRN70C46I262Z) e
Angelo Marzocchella (c.f. MRZNGL70D24F839Y) dell'Avvocatura regionale
(pec:                           almerinabove@pec.regione.campania.it;
angelomarzocchella@pec.regione.campania.it; - fax  0817963684  presso
cui desiderano ricevere ogni comunicazione ex art. 136 del codice  di
procedura civile) domiciliati in Roma, alla via Poli n. 29, in virtu'
di  procura  speciale  e  provvedimento  autorizzativo  di  cui  alla
deliberazione di giunta regionale n. 92 del 22 febbraio 2024; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore;  per
la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  commi
527 e  557  della  legge  30  dicembre  2023,  n.  213  «Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2024  e  bilancio
pluriennale per il triennio  2024-2026»,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana del 30 dicembre 2023, n. 303, per
violazione degli articoli 3, 5, 97, 81, 114, 117, comma 3, 118, 119 e
120 della Costituzione. 
    1. Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 30 dicembre
2023, n. 303 e' stata pubblicata la legge 30 dicembre  2023,  n.  213
«Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2024  e
bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026». 
    Per quanto di interesse ai fini del presente giudizio,  il  comma
527 dell'art. 1 della legge citata dispone che «Ai fini della  tutela
dell'unita'  economica  della  Repubblica,  in  considerazione  delle
esigenze di contenimento della spesa  pubblica  e  nel  rispetto  dei
principi di coordinamento della finanza pubblica,  nelle  more  della
definizione delle nuove regole della governance economica europea, le
regioni a statuto ordinario, per ciascuno  degli  anni  dal  2024  al
2028, assicurano un contributo  alla  finanza  pubblica  pari  a  350
milioni di euro annui. Il riparto del concorso alla finanza  pubblica
di cui al periodo precedente e' effettuato, entro il 30 aprile  2024,
in sede di autocoordinamento tra le regioni, formalizzato con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta  del  Ministro
dell'economia e delle finanze, di concerto con il  Ministro  per  gli
affari regionali e le autonomie. In assenza di  accordo  in  sede  di
autocoordinamento, il riparto e' effettuato, entro il 31 maggio 2024,
con decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri,  su  proposta
del Ministro dell'economia  e  delle  finanze,  di  concerto  con  il
Ministro per gli affari regionali e le autonomie, in proporzione agli
impegni di spesa corrente al netto delle spese relative alla Missione
12, Diritti sociali, politiche sociali e famiglia,  e  alla  Missione
13, Tutela della salute, degli schemi di bilancio delle regioni, come
risultanti dal rendiconto generale  2022  o,  in  caso  di  mancanza,
dall'ultimo rendiconto approvato. Le regioni a statuto ordinario sono
tenute a versare gli importi del concorso alla finanza pubblica, come
determinati ai sensi dei periodi precedenti, all'entrata del bilancio
dello Stato sul Capo X - capitolo n.  3465  -  art.  2  ("Rimborsi  e
concorsi diversi dovuti dalle regioni a statuto ordinario") entro  il
30  giugno  di  ciascuno  degli  anni  dal  2024  al  2028,   dandone
comunicazione  al  Ministero  dell'economia   e   delle   finanze   -
Dipartimento  della  Ragioneria  generale  dello  Stato.  Qualora  il
versamento di cui al periodo precedente non sia effettuato  entro  il
termine previsto, il Dipartimento  della  Ragioneria  generale  dello
Stato provvede al recupero mediante  corrispondente  riduzione  delle
risorse a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione.». 
    2. Il comma 556 del medesimo art. 1 della legge 30 dicembre 2023,
n. 213, istituisce nello stato  di  previsione  del  Ministero  della
salute, un fondo denominato «Fondo  per  i  test  di  Next-Generation
Sequencing per la diagnosi delle malattie rare»,  con  una  dotazione
pari a 1 milione di euro per l'anno 2024.; e il successivo comma  557
dispone  che  «Il  Fondo  di  cui  al  comma  556  e'  destinato   al
potenziamento dei test di Next-Generation Sequencing di  profilazione
genomica  come  indagine  di  prima  scelta  o  come  approfondimento
diagnostico nelle  malattie  rare  per  le  quali  sono  riconosciute
evidenza e appropriatezza, o nei casi sospetti di malattia  rara  non
identificata» e che «Entro sessanta giorni dalla data di  entrata  in
vigore della presente legge, il Ministro della  salute,  con  proprio
decreto adottato di concerto con il Ministro  dell'economia  e  delle
finanze, individua i criteri e le modalita' di riparto del  fondo  di
cui al comma 556, nonche' il  sistema  di  monitoraggio  dell'impiego
delle somme.». 
    Le riportate disposizioni di cui all'art. 1,  commi  527  e  557,
della legge 30 dicembre 2023, n. 213 «Bilancio  di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2024  e  bilancio  pluriennale  per  il
triennio 2024-2026» sono gravemente lesive delle  attribuzioni  della
regione ricorrente e costituzionalmente illegittime e,  pertanto,  si
promuove questione di legittimita' costituzionale, ai sensi dell'art.
127 della Costituzione e delle  relative  disposizioni  di  cui  alla
legge 11 marzo 1953, n. 87, nei sensi di quanto di seguito precisato,
per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 527, della  legge
30 dicembre 2023, n. 213 per violazione degli articoli 3, 5, 97,  81,
114, 117, comma 3, 118, 119 e  120  della  Costituzione  nonche'  dei
principi di ragionevolezza e di leale collaborazione. 
    1. La disposizione di cui all'art. 1, comma 527  della  legge  30
dicembre 2023, n. 213, come sopra  rilevato,  dispone  un  contributo
alla finanza pubblica da parte delle regioni a statuto ordinario, per
ciascuno degli anni dal 2024 al 2028, pari  a  350  milioni  di  euro
annui  e  prevede  che  il  riparto  venga  effettuato  in  sede   di
autocoordinamento tra le regioni ovvero  -  in  caso  di  assenza  di
accordo in sede di  autocoordinamento  -  con  decreto  del  Ministro
dell'economia e delle finanze, di concerto con il  Ministro  per  gli
affari regionali e le autonomie, in proporzione agli impegni di spesa
corrente al netto delle spese correlate ai settori  diritti  sociali,
politiche sociali e famiglia (Missione  12)  e  tutela  della  salute
(Missione 13), come risultanti dal rendiconto generale regionale 2022
o, in mancanza, dall'ultimo rendiconto approvato. La norma fa obbligo
altresi' alle regioni di  versare  gli  importi,  cosi'  determinati,
all'entrata del bilancio dello Stato - sul Capo X - capitolo n.  3465
- art. 2 («Rimborsi e concorsi diversi dovuti dalle regioni a statuto
ordinario») entro il 30 giugno di ciascuno degli  anni  dal  2024  al
2028 e dispone che,  in  mancanza  di  riversamento  da  parte  della
regione,  il  Dipartimento  della  Ragioneria  generale  dello  Stato
provveda al recupero mediante corrispondente riduzione delle  risorse
a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione. 
    Le indicate disposizioni violano patentemente le  norme  indicate
in rubrica e ledono gravemente le prerogative  e  attribuzioni  delle
regioni, e, in particolare, della  ricorrente  Regione  Campania,  in
quanto impongono un contributo regionale in difetto  dei  presupposti
di legittimita' individuati dalla giurisprudenza  di  codesta  Corte,
con  modalita'  che  frustrano  gravemente  l'autonomia  regionale  e
compromettono l'esercizio delle attribuzioni regionali a tutela della
comunita' amministrata. 
    2. Per meglio inquadrare la portata e  gli  effetti  delle  norme
impugnate, valga premettere da subito che la Regione Campania  e'  in
piano di rientro ventennale, ai sensi dell'art. 1,  comma  779  della
legge del 27 dicembre 2017, n. 205,  per  i  disavanzi  emersi  negli
esercizi  finanziari  2014  e  2015,  nonche'  in  piano  di  rientro
trentennale del disavanzo in sede di riaccertamento straordinario dei
residui, ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo 23 giugno 2011,
n. 118. 
    In  conformita'  alla   disciplina   vigente,   l'amministrazione
regionale e' pertanto tenuta ad iscrivere  nel  proprio  bilancio  di
previsione, per tutta la durata dei piani di rientro,  una  quota  di
disavanzo da ripianare pari a euro 128.365.175,41 annui; e in sede di
rendiconto della gestione deve dimostrare l'effettiva  riduzione  del
complessivo disavanzo per una quota almeno pari a quella iscritta nel
bilancio di previsione. 
    Per le regioni gia' in piano di rientro ai sensi  del  menzionato
comma 779 della legge n. 205/2017, il rientro dai disavanzi pregressi
costituisce, come noto, obiettivo di finanza pubblica prioritario  ed
anteposto a qualsiasi ulteriore finalita' di coordinamento tra  Stato
e regioni. Il rispetto del  piano  di  rientro,  infatti,  garantisce
risparmi di spesa definiti per un arco di tempo  ultradecennale,  con
l'effetto   di   determinare   una   ridotta   capacita'   di   spesa
«obbligatoria» a favore dei territori e, dunque,  dei  cittadini.  Ai
sensi del comma 780 del citato art. 1 della  legge  n.  205/2017,  le
regioni sottoposte a piani di  rientro  devono,  altresi',  garantire
l'incremento,  per  gli  anni  dal  2018  al  2026,  dei   «pagamenti
complessivi per investimenti in misura non inferiore  al  valore  dei
medesimi  pagamenti  per  l'anno   2017   rideterminato   annualmente
applicando all'anno base 2017 la percentuale del 2 per cento».  Detta
percentuale si incrementa progressivamente fino al  4%  dal  2021  al
2026. 
    3. Con  riferimento  alle  disposizioni  in  materia  di  finanza
pubblica, al  fine  del  corretto  inquadramento  delle  disposizioni
censurate  e  della  comprensione  della  relativa  portata,  occorre
premettere,  altresi',  in  termini   generali   che,   prima   delle
disposizioni oggetto del presente giudizio,  il  legislatore  statale
non ha mancato di definire le  modalita'  e  la  quantificazione  del
concorso richiesto  alle  regioni;  e  tuttavia  mai  ha  violato  le
attribuzioni regionali come nella fattispecie  oggetto  del  presente
giudizio. Va altresi' premesso che, per le regioni, la  contribuzione
agli  equilibri  di  finanza  pubblica  si   realizza   mediante   il
conseguimento del saldo non negativo, in termini di  competenza,  tra
le entrate finali e le spese finali, ai sensi dell'art. 9,  comma  1,
della legge 24 dicembre 2012, n. 243. 
    Le manovre di finanza pubblica hanno stabilito, per ciascun anno,
la quota di risparmio richiesto alle regioni a statuto ordinario, sia
in termini di indebitamento netto (vale a dire per  contribuire  alla
riduzione del debito complessivo della PA), sia in termini  di  saldo
netto da finanziare (riduzione di risorse erogate dallo  Stato).  Nel
dossier «La finanza regionale - Il contributo delle regioni a statuto
ordinario alla finanza pubblica», del servizio studi della Camera dei
deputati (1)  si rileva che la realizzazione del risparmio  e'  stata
attuata principalmente attraverso  tagli  di  trasferimenti  statali,
revisione della spesa regionale, rinuncia ad altri tipi di contributi
erogati dallo Stato e che «dal 2014,  le  misure  specifiche  per  la
realizzazione  del  risparmio,  l'entita'  di  ciascuna,  nonche'  il
riparto delle stesse tra  le  regioni  sono  concordate  in  sede  di
Conferenza Stato-regioni. Dall'esercizio 2017 le  regioni  a  statuto
ordinario sono tenute al  conseguimento  del  pareggio  di  bilancio,
ovvero al  conseguimento  del  saldo  non  negativo,  in  termini  di
competenza, tra le entrate finali e le spese finali  (art.  1,  commi
465-466, della legge n. 232 del 2016). La legge di  bilancio  per  il
2020 (art. 1, commi 541 e 542, della legge n. 160 del 2019)  inoltre,
anticipa all'anno 2020,  per  le  regioni  a  statuto  ordinario,  la
facolta' di utilizzare il risultato di  amministrazione  e  il  fondo
pluriennale vincolato di entrata e di  spesa  per  il  raggiungimento
dell'equilibro di bilancio. Per  gli  enti  locali  e  le  regioni  a
statuto  speciale,  tale  possibilita'  e'  stata  prevista,  gia'  a
decorrere dal 2019, dalla legge n. 145 del  2018,  in  attuazione  di
specifiche pronunce della Corte costituzionale (sentenze n.  247/2017
e n. 101/2018).  Per  quanto  riguarda  le  regole  del  pareggio  di
bilancio, la Ragioneria generale dello Stato ha emanato la  circolare
del 15 marzo 2022, n. 15, recante regole di finanza pubblica per  gli
enti territoriali: verifiche del rispetto degli equilibri di bilancio
ex ante ed ex post ai sensi degli articoli 9  e  10  della  legge  24
dicembre 2012, n. 243, biennio 2022-2023». 
    Il dossier prosegue rilevando che una  misura  di  concorso  alla
finanza pubblica e' stata stabilita, per gli  anni  2023-2025,  dalla
legge di bilancio 2021, come modificata dalla legge di bilancio  2022
(legge n. 178 del 2020, commi 850, 851 e 852 e legge n. 234 del 2021,
comma 556) a carico di tutte le regioni a statuto ordinario  e  delle
Regioni a statuto speciale Valle d'Aosta, Sicilia e Sardegna. Secondo
quanto stabilito dalla legge, il contributo di 196  milioni  di  euro
per ciascuno  degli  anni  2023-2025,  su  proposta  formulata  dalle
regioni in sede di  autocoordinamento,  e'  stato  ripartito  tra  le
regioni con il decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri  4
ottobre 2023 (pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  259  del  6
novembre 2023) che per la prima  volta  prevede  il  riversamento  al
bilancio dello Stato, peraltro senza che le norme di  legge  primarie
lo  dispongano.  Infatti,  la  tabella  1  allegata  al  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri indica per ciascuna regione  la
quota che la regione stessa  e'  tenuta  a  versare  all'entrata  del
bilancio dello  Stato  entro  il  31  ottobre  2023,  in  riferimento
all'anno 2023 ed entro il 31 marzo per ciascuno  degli  anni  2024  e
2025. 
    In particolare, con le menzionate disposizioni di cui ai commi da
850 a 851 dell'art. 1 della  legge  30  dicembre  2020,  n.  178,  il
legislatore statale ha previsto, per ciascuno degli anni dal 2023  al
2025, un contributo alla finanza pubblica  da  parte  delle  regioni,
delle Province autonome di Trento e di Bolzano, dei comuni,  e  delle
province e citta'  metropolitane,  «in  considerazione  dei  risparmi
connessi  alla  riorganizzazione  dei  servizi  anche  attraverso  la
digitalizzazione e il potenziamento del lavoro  agile»,  pari  a  196
milioni di euro per le regioni e le province autonome, a 100  milioni
di euro, per i comuni, e a 50 milioni di euro, per le province  e  le
citta' metropolitane (comma 850). Ai sensi di quanto dispone il comma
851, «Il riparto del concorso alla finanza pubblica  da  parte  delle
regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano  di  cui  al
comma 850 e'  effettuato,  entro  il  31  maggio  2022,  in  sede  di
autocoordinamento tra le regioni e le province autonome, formalizzato
con decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri,  su  proposta
del Ministro dell'economia  e  delle  finanze,  di  concerto  con  il
Ministro per gli affari regionali  e  le  autonomie;  in  assenza  di
accordo in sede di autocoordinamento il riparto e' effettuato,  entro
il 30 settembre 2022, con decreto del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,  di
concerto con il Ministro per gli affari  regionali  e  le  autonomie,
sulla   base   di   un'istruttoria   tecnica   sugli   obiettivi   di
efficientamento condotta dalla Commissione tecnica per  i  fabbisogni
standard con  il  supporto  del  Centro  interregionale  di  studi  e
documentazione (CINSEDO)  e  previa  intesa  in  sede  di  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano». 
    Con nota RGS - prot. n. 229486 del 27 settembre 2022, indirizzata
alla  Conferenza  delle  regioni  e  delle  province   autonome,   il
Ragioniere generale dello Stato ha rilevato che «le regioni non hanno
ancora trasmesso alcuna proposta di  accordo  formulata  in  sede  di
autocoordinamento. Dal momento  che  il  termine  previsto  e'  ormai
ampiamente scaduto, si rimane in attesa di tale proposta,  ricordando
che, in assenza di accordo in sede di autocoordinamento,  il  riparto
dovra' essere effettuato, entro il 30 settembre 2022, con decreto del
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del  Ministro
dell'economia e delle finanze, di concerto con il  Ministro  per  gli
affari regionali e le autonomie, sulla base di un'istruttoria tecnica
sugli obiettivi di efficientamento condotta dalla Commissione tecnica
per i fabbisogni standard con il supporto del  Centro  interregionale
di studi e documentazione  (CINSEDO)  e  previa  intesa  in  sede  di
Conferenza Stato-regioni». 
    Con decreto del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  del  4
ottobre 2023, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  del  6  novembre
2023, avente ad oggetto «Riparto del concorso alla  finanza  pubblica
da parte delle regioni e delle  Province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 novembre  2023  e'
stato disposto che: «Il concorso alla finanza pubblica da parte delle
regioni e delle Province autonome di  Trento  e  di  Bolzano  di  cui
all'art. 1, comma 850, della legge  30  dicembre  2020,  n.  178,  e'
ripartito secondo gli importi di cui alla tabella 1  che  costituisce
parte integrante del presente provvedimento. Gli importi indicati  in
tabella 1 sono versati dalle regioni all'entrata del  bilancio  dello
Stato sul Capo X - capitolo n. 3465 - art. 1  ("Rimborsi  e  concorsi
diversi dovuti dalle regioni a  statuto  speciale  e  dalle  Province
autonome di Trento e Bolzano") o art. 2 ("Rimborsi e concorsi diversi
dovuti  dalle  regioni  a  statuto  ordinario")  entro   il   termine
perentorio del 31 ottobre per l'anno 2023 e del 31 marzo per ciascuno
degli anni dal 2024  al  2025,  dandone  comunicazione  al  Ministero
dell'economia  e  delle  finanze  -  Dipartimento  della   Ragioneria
generale dello  Stato.  Qualora  il  versamento  di  cui  al  periodo
precedente  non  sia  effettuato  entro  il  termine   previsto,   il
Dipartimento della Ragioneria generale  dello  Stato  provvedera'  al
recupero mediante corrispondente riduzione delle risorse a  qualsiasi
titolo spettanti a ciascuna regione». 
    Infine, con decreto n. 263866 del 20  novembre  2023  del  MEF  -
Dipartimento Ragioneria generale dello Stato  -  I.GE.PA.  -  Ufficio
VIII, comunicato con nota prot. n. 270288 del 28  novembre  2023,  e'
stata disposta la  compensazione  del  predetto  contributo  di  euro
18.440.033,45 per  la  Regione  Campania,  mediante  riduzione  degli
importi spettanti a titolo di quota sanita'  della  compartecipazione
IVA per la mensilita' di novembre 2023. La RGS ha, in  altre  parole,
compensato l'importo del contributo regionale,  in  contrasto  con  i
piani di riparto approvati dal CIPESS, a  valere  sulle  risorse  del
Fondo sanitario nazionale attribuito alle regioni, incidendo, in  tal
modo, direttamente sulla  capacita'  di  raggiungimento  dei  livelli
essenziali   di   assistenza   per   i   cittadini    ed    operando,
sostanzialmente,  un  prelievo  forzoso  non   previsto   da   alcuna
disposizione. Per le  regioni  in  piano  di  rientro  dal  disavanzo
sanitario, come la Regione Campania, gli effetti di tale prelievo  di
risorse, non previsto da alcuna norma, sono tanto piu' gravi,  tenuto
conto degli obblighi e degli  adempimenti  previsti  dalla  normativa
vigente, il cui adempimento e' peraltro sottoposto  al  controllo  da
parte del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti  regionali
presso il Ministero dell'economia e finanze e dal Comitato permanente
per la verifica  dei  livelli  essenziali  di  assistenza  presso  il
Ministero della salute. Avverso il suddetto  decreto  del  Presidente
del Consiglio dei  ministri  4  ottobre  2023  della  Presidenza  del
Consiglio dei ministri, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  del  6
novembre 2023, cosi' come avverso il successivo decreto del Ministero
delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato n.
263866 del 20 novembre 2023, comunicato con nota prot. n. 270288  del
28 novembre 2023, l'amministrazione regionale ha proposto gravame. 
    4. A fondamento delle  disposizioni  impugnate,  si  richiama  la
tutela dell'unita' economica  della  Repubblica,  la  necessita'  del
contenimento della spesa pubblica, nonche' il rispetto del  principio
di coordinamento della finanza pubblica. Viene  inoltre  aggiunto  il
riferimento alle nuove regole della governance economica europea,  in
attesa della definizione delle quali e'  dettata  la  disciplina  sul
contributo alla finanza pubblica da parte delle regioni. 
    Ebbene, le disposizioni  gravate  afferiscono  alla  materia  del
coordinamento della finanza pubblica e del  sistema  tributario,  che
costituisce  oggetto,  ai  sensi  dell'art.  117,  comma   3,   della
Costituzione, di competenza legislativa concorrente; e, tuttavia,  il
legislatore statale si e' spinto ben oltre la fissazione di  principi
generali, invadendo la sfera di competenza regionale in  ordine  alla
previsione   di   disposizioni   di   dettaglio,   con    conseguente
illegittimita' costituzionale delle disposizioni in menzione. 
    Ed invero, il legislatore statale impone una specifica  modalita'
di contribuzione - il riversamento del risparmio regionale conseguito
al bilancio statale  -  che  sottrae  alla  regione  la  facolta'  di
scegliere di destinare i risparmi  di  spesa  che,  per  effetto  del
richiamato comma 527, dell'art.  1  della  legge  n.  213/2023,  deve
garantire  il  recupero   del   disavanzo   della   regione   stessa,
contribuendo contestualmente  e  direttamente  al  miglioramento  del
saldo complessivo di finanza pubblica, e impone tale riversamento per
oltre sei anni (dal 2024 al 2028, in aggiunta alla contribuzione gia'
imposta dal 2023 al 2025). 
    Per costante orientamento di codesta ecc.ma Corte costituzionale,
con  riferimento  alla  materia  di  legislazione   concorrente   del
coordinamento della finanza  pubblica,  «norme  statali  che  fissano
limiti  alla  spesa  delle  regioni  e  degli  enti  locali   possono
qualificarsi principi fondamentali  di  coordinamento  della  finanza
pubblica alla seguente duplice condizione: in  primo  luogo,  che  si
limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel
senso di  un  transitorio  contenimento  complessivo,  anche  se  non
generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che  non  prevedano
in modo esaustivo strumenti o  modalita'  per  il  perseguimento  dei
suddetti obiettivi» (sentenza n. 193 del 2012).  Le  disposizioni  in
oggetto, prevedendo  riversamenti  puntuali,  o,  in  assenza,  tagli
indiscriminati  alle  erogazioni  statali  destinate  alle   regioni,
introducono limiti precisi e stringenti all'autonomia  finanziaria  e
di organizzazione delle regioni e degli enti locali e sono, pertanto,
del  tutto  inidonee  a  svolgere  la   funzione   di   principi   di
coordinamento della finanza pubblica, secondo quanto  chiarito  dalla
riportata giurisprudenza costituzionale.  Il  vincolo  puntuale  alle
spese, infatti, si pone in diretta contraddizione con il principio di
autonomia delle scelte, a base sia  dello  statuto  che  del  sistema
costituzionale dell'autonomia finanziaria  regionale.  Tali  vincoli,
poi, non rispettano neppure  il  requisito  della  temporaneita':  le
disposizioni oggetto del presente ricorso, infatti, si  sovrappongono
al contributo gia' in essere - vigenti dall'esercizio 2023 e fino  al
2025 - e si estendono ulteriormente sino  al  2028,  con  conseguente
palese illegittimita' costituzionale, sulla scorta di quanto chiarito
da codesta Corte con sentenza n. 289 del 2008. 
    Codesta Corte in numerose pronunce (ex multis,  sentenze  n.  376
del 2003, n. 4, n. 36 e n. 390 del 2004, n. 417 e n. 449 del 2005) ha
avuto modo, altresi', di precisare che lo Stato  puo'  legittimamente
imporre agli enti, anche regionali, autonomi vincoli  alle  politiche
di bilancio - anche se con  cio'  si  determina  inevitabilmente  una
limitazione indiretta dell'autonomia di spesa degli enti - ma solo  a
condizione che cio' avvenga attraverso una disciplina di principio  e
per  ragioni  di  coordinamento  finanziario  connesse  ad  obiettivi
nazionali,  condizionati  anche  dagli  obblighi   comunitari.   Piu'
precisamente, l'imposizione di vincoli alle politiche di bilancio  di
regioni  ed  enti  locali  rimane  nell'ambito   della   legittimita'
costituzionale solo ove abbia ad oggetto o l'entita' del disavanzo di
parte corrente, oppure, ma solo «in via transitoria ed in vista degli
specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti
dal legislatore statale» - la crescita  della  spesa  corrente  degli
enti  autonomi,  e  pertanto  si  e'  dichiarata  la   illegittimita'
costituzionale delle disposizioni di legge statale  «[le  quali]  non
fissano limiti generali  al  disavanzo  o  alla  spesa  corrente,  ma
stabiliscono (...) vincoli che, riguardando singoli  voci  di  spesa,
non  costituiscono  principi  fondamentali  di  coordinamento   della
finanza  pubblica,  ma   comportano   una   inammissibile   ingerenza
nell'autonomia degli enti quanto alla gestione della spesa» (sentenza
n. 390 del 2004 e n. 417 e n. 449  del  2005).  Alla  legge  statale,
pertanto,  e'  consentito   di   stabilire   unicamente   un   limite
complessivo, che lasci agli enti stessi ampia liberta' di allocazione
delle  risorse  fra  i  diversi  ambiti  e  obiettivi  di  spesa.  La
previsione, da parte della legge statale, di un riversamento  diretto
nelle casse dello Stato, a tutta evidenza non puo' essere considerata
un principio fondamentale in materia di  armonizzazione  dei  bilanci
pubblici e coordinamento della finanza pubblica e si risolve  percio'
in una indebita invasione, da parte dello Stato, dell'area  riservata
alle  autonomie  regionali  e  locali,  alle  quali  il   legislatore
nazionale puo' prescrivere criteri ed obiettivi, come, ad esempio, il
contenimento della spesa pubblica, ma non imporre nel  dettaglio  gli
strumenti  concreti  da  utilizzare  per  raggiungere  gli  obiettivi
medesimi. 
    5. Il riversamento per cassa al  bilancio  dello  Stato  previsto
dalla disposizione  gravata,  sottraendo  ogni  spazio  di  autonomia
decisionale alla regione, nega nella sua essenza il principio  stesso
di autonomia  finanziaria  di  entrata  e  di  spesa  delle  regioni,
direttamente garantito dagli articoli 114 e 119, commi 1  e  2  della
Costituzione,  e  -   laddove   comporta   da   parte   dello   Stato
l'accertamento  di  una  nuova   entrata   completamente   svincolata
dall'originario vincolo di destinazione oggetto del  riversamento,  e
non contiene alcun indice in ordine alla destinazione di tali risorse
- sovverte  del  tutto  la  logica  di  attuazione  dei  principi  di
solidarieta' territoriali presidiati dall'art. 119, commi 3 e 5 della
Costituzione;  come  chiarito   da   codesta   Corte,   invece,   «la
perequazione degli  squilibri  economici  in  ambito  regionale  deve
rispettare le modalita' previste dalla Costituzione, di modo  che  il
loro impatto sui conti consolidati  delle  amministrazioni  pubbliche
possa essere fronteggiato ed eventualmente  redistribuito  attraverso
la fisiologica utilizzazione degli strumenti consentiti  dal  vigente
ordinamento finanziario e contabile» (cfr. sentenza n. 176 del 2012). 
    6. Vi e' di piu'. 
    Come  sopra  rilevato,  la  disposizione  di  cui  al  comma  527
dell'art. 1 della legge n. 213 del 2023 dispone che il contributo  di
finanza pubblica venga assicurato mediante il riversamento alle casse
dello Stato dei relativi importi anche  da  parte  delle  regioni  in
piano  di  rientro,  con  l'effetto  di  ridurne   ulteriormente   le
disponibilita' di cassa gia' compressa dagli obblighi  imposti  dalla
disposizione di cui al comma 780 dell'art. 1 della legge n. 205/2017,
riducendo altresi' la capacita' di spesa, a danno  di  territori  che
gia' presentano condizioni socio-economiche non paritarie  con  altri
enti del territorio nazionale.  In  applicazione  delle  disposizioni
impugnate, la Regione  Campania  dovrebbe  assicurare  un  contributo
annuo di circa 35 milioni di euro  in  aggiunta  a  quello,  di  euro
18.440.033,45  gia'  richiesto   dal   Ministero   ai   sensi   delle
disposizioni dei commi 850 e 851 dell'art. 1 della legge n. 178/2020,
a decorrere  dal  2023.  Pertanto,  la  Regione  Campania  ogni  anno
dovrebbe riversare, per cassa, al bilancio dello Stato una somma pari
complessivamente a circa euro 54 milioni, oltre  a  dover  ogni  anno
ripianare una quota del proprio disavanzo per un importo almeno  pari
a euro 128.365.175,41. 
    Tale circostanza, oggettiva, da' conto del gravissimo pregiudizio
arrecato alla Regione Campania dalla introduzione delle norme oggetto
del presente giudizio, le quali, nella  parte  in  cui  impongono  il
riversamento degli importi del concorso alla  finanza  pubblica  alla
entrata  del  bilancio   dello   Stato,   violano   i   principi   di
ragionevolezza ed uguaglianza  sostanziale  e  ledono  gravemente  le
prerogative e l'autonomia  finanziaria  regionale  circa  i  modi  di
perseguimento  dell'obiettivo  programmato   di   finanza   pubblica,
tramutandosi in  una  illegittima  sottrazione  e  appropriazione  di
risorse regionali da parte dello Stato, in patente  violazione  degli
articoli 3, 97, 117, comma 3, e 119 della Costituzione. 
    La peculiarita' delle regioni  in  piano  di  rientro  e'  stata,
peraltro, rimarcata dalla Conferenza delle regioni in sede di  parere
espresso, ai sensi dell'art. 9, comma 3, del decreto  legislativo  28
agosto 1997, n. 281, sulla conversione in legge del decreto-legge  18
ottobre 2023, n. 145 recante «Misure urgenti in materia  economica  e
fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del  lavoro  per
esigenze  indifferibili»  (parere  23/172/CU05/C2),  nell'ambito  del
quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha  avuto
modo di contestare l'ulteriore contributo alla  finanza  pubblica  da
parte delle regioni, previsto nel disegno di  legge  «Bilancio  dello
Stato 2024» per gli esercizi 2024-2028, sfociato  nelle  disposizioni
impugnate con l'odierno ricorso, sottolineando in generale  che  tale
onere «incide pesantemente  sugli  equilibri  di  bilancio  di  parte
corrente, gia' in forte tensione». Nel citato parere viene  rimarcata
«la peculiarita' delle regioni gia' in piano di rientro ai sensi  dei
commi 779 e 780 e secondo le modalita' di cui al comma 782  dell'art.
1  della  legge  n.  205/2017  (...)»  rilevando  che  «per  un  ente
territoriale il rientro  dai  disavanzi  pregressi  e'  obiettivo  di
finanza  pubblica  prioritario  anteposto   a   qualsiasi   ulteriore
finalita' di coordinamento tra Stato e regioni. Essere  sottoposti  a
piano di rientro, infatti,  significa  garantire  risparmi  di  spesa
definiti per decenni  con  conseguente  ridotta  capacita'  di  spesa
obbligatoria sul territorio». 
    Le regioni in piano di rientro  hanno,  infatti,  come  obiettivo
prioritario, il  recupero  del  disavanzo,  e  hanno,  pertanto,  una
capacita' di spesa gia'  compromessa  dagli  obblighi  del  piano  di
rientro stesso. 
    Al riguardo, nella circolare del Ragioniere generale dello  Stato
n. 5 del 9 febbraio 2024, richiamando la circolare 15 marzo 2021,  n.
8, si e' precisato che, a livello di comparto regionale e  nazionale,
deve essere conseguito il saldo non negativo di cui all'art. 9  della
legge n. 243 del 2022 anche ai fini della legittima  contrazione  del
debito, mentre, a livello di singoli enti, devono  essere  rispettati
esclusivamente gli equilibri di cui al decreto legislativo 23  giugno
2011, n. 118, cosi' come previsto dall'art. 1, comma 821, della legge
30 dicembre 2018, n. 145 (saldo tra  il  complesso  delle  entrate  e
delle spese, con  utilizzo  avanzi,  Fondo  pluriennale  vincolato  e
debito). 
    La    disposizione    impugnata    impone,    invece,     vincoli
irragionevolmente  rigidi,  che  non  tengono  conto  della  concreta
situazione  finanziaria  degli  enti  territoriali,  ne'   bilanciano
adeguatamente  gli   interessi   potenzialmente   concorrenti   della
stabilita' finanziaria e  dell'autonomia  degli  enti,  ponendosi  in
contrasto altresi' con gli articoli 3, 81 e  97  della  Costituzione.
Essa, poi, risulta ulteriormente  in  contrasto  con  i  principi  di
uguaglianza e ragionevolezza laddove si consideri che  il  comma  553
del medesimo art. 1 della legge 30  dicembre  2023,  con  riferimento
agli enti locali non manca di tener conto  della  peculiarita'  della
situazione degli enti in piano  di  rientro,  rispetto  ai  quali  e'
prevista,  addirittura,  l'esclusione  dal  contributo  alla  finanza
pubblica.  Il  predetto  comma  533,  infatti,  al  secondo   periodo
stabilisce  che  «Sono  esclusi  dal  concorso  di  cui  al   periodo
precedente  gli  enti  locali  in  dissesto  finanziario,  ai   sensi
dell'art. 244 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti
locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267,  o  in
procedura di riequilibrio finanziario, ai sensi dell'art. 243-bis del
medesimo Testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267, alla data del 1° gennaio 2024 o  che  abbiano  sottoscritto  gli
accordi di cui all'art. 1, comma 572, della legge 30  dicembre  2021,
n. 234, e di cui all'art. 43, comma 2, del  decreto-legge  17  maggio
2022, n. 50, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  15  luglio
2022, n. 91.». 
    Del  tutto  irragionevolmente,  e  in  totale   dispregio   delle
disposizioni di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione,  per  le
regioni in piano di rientro, non soltanto non si esclude  l'ulteriore
contributo alla finanza pubblica,  ma  non  si  consente  neppure  di
utilizzare tale risparmio  per  accelerare  il  ripiano  del  proprio
disavanzo (ripiano che concorre, a tutta evidenza,  al  conseguimento
degli equilibri di finanza pubblica nazionale). 
    Il versamento obbligatorio previsto dalla disposizione  censurata
e', a tutta evidenza, irragionevole,  dato  che  essa  stabilisce  il
medesimo obbligo sia per gli enti sottoposti a piano di  rientro  sia
per quelli  in  regime  ordinario.  Siffatta  disciplina,  sottraendo
risorse al bilancio dell'ente senza alcuna logica, viola la sfera  di
autonomia finanziaria e contabile riconosciuta alle  regioni  e  agli
enti locali ed e' contraria altresi' al principio di  buon  andamento
dell'azione amministrativa, tenuto conto che la capacita' di spesa di
tali regioni non puo' essere ulteriormente ridotta se non  a  scapito
dei servizi essenziali e delle funzioni istituzionali. E  seppure  si
dovesse ritenere che anche le  regioni  in  piano  di  rientro  siano
tenute ad assicurare il contributo alla finanza pubblica  in  parola,
le stesse regioni devono essere esentate dal riversamento per cassa a
favore  dello  Stato,  dovendo  invece  assicurare  eventualmente  un
maggior recupero del disavanzo destinando la citata cassa ai maggiori
investimenti - come peraltro prevede la normativa relativa  ai  piani
di rientro. Codesta Corte costituzionale ha d'altronde  chiarito  che
«l'avanzo di amministrazione non puo'  essere  oggetto  di  "prelievo
forzoso"» in guisa che «una volta accertato nelle forme di legge,  e'
nella  disponibilita'  dell'ente  che  lo  realizza,  secondo  quanto
precedentemente precisato» (cfr. sentenza n. 247 del 2017).  In  tale
prospettiva, la regione ritiene che,  anche  ove  il  contributo  non
debba considerarsi, ex se, illegittimamente previsto, in ogni caso le
disposizioni impugnate siano  illegittime  nella  parte  in  cui  non
consentono  alla  regione  di  iscrivere  il  contributo  di  finanza
pubblica previsto dalla legge  n.  213/2023  nella  parte  spesa  del
proprio bilancio, su specifico capitolo sul quale  non  e'  possibile
impegnare risorse, con la conseguenza che, al termine dell'esercizio,
il relativo stanziamento confluisca nel risultato di amministrazione,
quale quota di maggior recupero del disavanzo. 
    Tale modalita' di contribuzione risulta,  d'altronde,  pienamente
coerente con la finalita' che la disposizione di  cui  al  comma  527
persegue, espressamente adottata «in considerazione delle esigenze di
contenimento della spesa pubblica».  Rispetto  a  tale  esigenza,  la
previsione del  riversamento  delle  risorse  regionali  al  bilancio
statale  e'  del  tutto  sproporzionata  ed  immotivata  e   pertanto
illegittima, in quanto impone alle  regioni  obblighi  non  necessari
rispetto al perseguimento della finalita' di contenimento della spesa
pubblica. 
    La modalita' di contribuzione che  preveda  una  riduzione  della
spesa regionale a  vantaggio  del  recupero  del  disavanzo,  risulta
peraltro coerente anche con la Missione 1 Component 1  del  PNRR,  la
quale  contempla,  tra  gli  altri,  l'impegno  a  intraprendere  una
revisione annuale della spesa nel  periodo  2023-2025,  che  consenta
risparmi di bilancio diretti a sostenere le finanze pubbliche  e/o  a
finanziare  una  riforma  fiscale  o  riforme  della  spesa  pubblica
favorevoli alla crescita. 
    Il difetto di motivazione emerge con evidenza, infine,  anche  in
ordine al mancato vincolo  di  destinazione  e  finalizzazione  delle
risorse di cui si impone il riversamento. 
    7. La violazione dell'art. 97  della  Costituzione  emerge  anche
sotto ulteriore aspetto. La sentenza n. 247 del 2017 di codesta Corte
afferma infatti che «vi e' (...) un  ulteriore  e  decisivo  elemento
interpretativo che si ricava direttamente dalla vigente  formulazione
dell'art.  97  della  Costituzione  (...).  Invero,  la  disposizione
costituzionale prevede, dopo la riforma, che per tutte  le  pubbliche
amministrazioni l'equilibrio dei rispettivi bilanci sia prodromico al
buon andamento e  all'imparzialita'  dell'azione  amministrativa.  La
seconda parte del primo comma  di  tale  articolo  contempla  poi  la
partecipazione delle amministrazioni stesse alla "sostenibilita'  del
debito pubblico" (tra le altre,  sentenza  n.  60  del  2013).  (...)
occorre considerare, in riferimento all'ambito nazionale e  a  quello
dell'Unione europea, che gli  equilibri  finanziari  custoditi  dallo
Stato con riguardo al  bilancio,  inteso  come  documento  espressivo
dell'intera finanza pubblica allargata, sono ontologicamente  diversi
da quelli prescritti per le pubbliche amministrazioni  uti  singulae.
Questi ultimi si configurano sostanzialmente come situazione dinamica
di bilanciamento tra componenti attive e passive dei singoli bilanci,
mentre i primi sono  entita'  macroeconomiche  alla  cui  equilibrata
corrispondenza gli enti del settore pubblico allargato concorrono pro
quota  attraverso  regole   chiare   e   predefinite   in   relazione
all'andamento dei  cicli  economici  e  alla  situazione  del  debito
pubblico.  Deve  essere  condiviso  l'assunto   (...)   secondo   cui
"l'equilibrio  dei  rispettivi  bilanci  costituisce  una  sorta   di
garanzia reciproca che tutti i  livelli  di  governo  mutualmente  si
prestano...il primo comma dell'art. 97  della  Costituzione  riguarda
per la prima parte gli equilibri dei singoli enti, mentre la  seconda
afferisce alla doverosa contribuzione  di  questi  ultimi  al  comune
obiettivo macroeconomico di assicurare la sostenibilita'  del  debito
nazionale"». 
    In coerenza con gli approdi  della  indicata  giurisprudenza,  la
Regione Campania, nel perseguimento del principio di  buon  andamento
di cui  all'art.  97  della  Costituzione,  garantendo  il  risparmio
previsto dalle disposizioni  impugnate  e  destinandolo  al  recupero
maggiore del disavanzo nell'esercizio 2024, assolverebbe,  in  ordine
di priorita': 
        a)  alla  responsabilita'   nei   confronti   dei   cittadini
garantendo l'equilibrio di bilancio; 
        b)  alla  responsabilita'  e  alla   solidarieta'   nazionale
contribuendo al miglioramento del saldo di finanza pubblica; 
        c)  alla  responsabilita'  intergenerazionale  garantendo  un
recupero anticipato del disavanzo alleviando il  peso  del  debito  a
carico delle generazioni future. 
    8. Cio' posto, come  sopra  piu'  volte  rilevato,  la  scrivente
regione ritiene che - sulla base  del  quadro  normativo  generale  e
delle   attribuzioni   costituzionalmente   garantite    agli    enti
territoriali - il contributo alla finanza  pubblica  a  carico  delle
regioni in piano di rientro puo', al piu' (ovvero, nel  rispetto  nei
presupposti individuati  da  codesta  Corte  alla  luce  delle  norme
costituzionali) connotarsi quale imposizione di risparmio di spesa da
destinarsi al ripiano del disavanzo. La  modalita'  di  contribuzione
mediante riversamento per cassa al bilancio dello Stato  rappresenta,
per un ente gia' in piano di rientro dai disavanzi, un esproprio  del
proprio patrimonio come sancito dalla  Corte  costituzionale  con  le
sentenze n. 247/2017 e n. 101/2018; la surrettizia contrazione  delle
disponibilita' di cassa della regione provoca la  diretta  detrizione
della capacita' di raggiungimento, per  tali  enti,  dei  livelli  di
servizio in favore delle comunita' amministrate. 
    9. Infine, illegittima e' la  previsione  per  cui,  in  caso  di
mancato versamento del contributo da parte delle regioni nel  termine
previsto, «il Dipartimento  della  Ragioneria  generale  dello  Stato
provvede al recupero mediante corrispondente riduzione delle  risorse
a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione».  Tale  disposizione
si  pone  in  patente  violazione  dell'autonomia  finanziaria  delle
regioni,  garantita  dall'art.  119  della  Costituzione  e,  laddove
consente la  riduzione  di  risorse  spettanti  a  qualsiasi  titolo,
contraddice l'intero impianto normativo del  gravato  comma  527,  in
particolare il secondo capoverso, che distingue le spese connesse  ai
diritti sociali e alla tutela della salute. 
    Tale previsione normativa  arreca  un  pregiudizio  irrimediabile
alla  collettivita',  in  quanto  introduce,  a  tutta  evidenza,  un
principio  formalmente  suppletivo  rispetto   all'autodeterminazione
delle regioni ma di fatto «sanzionatorio», potenzialmente  idoneo  ad
incidere su diritti fondamentali della persona, quali il diritto alla
salute e i diritti sociali e della famiglia, che il  legislatore  nel
secondo  periodo  ha  inteso  escludere  dai  potenziali  canali   di
finanziamento della compartecipazione regionale alla finanza statale. 
    Piu' precisamente la norma attribuisce agli  organi  ministeriali
un «potere di compensazione» delle somme dovute  alle  regioni  senza
escludere, da tale compensazione, le risorse destinate a finanziare i
menzionati diritti fondamentali, in guisa che viene a configurarsi il
grave rischio per le regioni di non aver a  disposizione  le  risorse
finalizzate a finanziare i servizi essenziali della persona. 
II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557 della  legge
30 dicembre 2023, n.  213  per  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione di cui all'art.  120  della  Costituzione;  violazione
degli articoli 117, comma 3; 118 e 119 della Costituzione. 
    Il comma 556 dell'art. 1 della legge 30  dicembre  2023,  n.  213
dispone l'istituzione  del  «Fondo  per  i  test  di  Next-Generation
Sequencing per la diagnosi delle malattie rare»,  con  una  dotazione
pari a 1 milione di euro per l'anno 2024. 
    Il successivo comma 557 del medesimo art. 1, oggetto del presente
giudizio, dispone che «Il Fondo di cui al comma 556 e'  destinato  al
potenziamento dei test di Next-Generation Sequencing di  profilazione
genomica  come  indagine  di  prima  scelta  o  come  approfondimento
diagnostico nelle  malattie  rare  per  le  quali  sono  riconosciute
evidenza e appropriatezza, o nei casi sospetti di malattia  rara  non
identificata. Entro sessanta giorni dalla data di entrata  in  vigore
della presente legge, il Ministro della salute, con  proprio  decreto
adottato di concerto con il Ministro dell'economia e  delle  finanze,
individua i criteri e le modalita' di riparto del  fondo  di  cui  al
comma 556, nonche' il  sistema  di  monitoraggio  dell'impiego  delle
somme.». 
    Il citato comma 557 e' costituzionalmente illegittimo  in  quanto
viola il principio di leale collaborazione di cui all'art. 120  della
Costituzione nonche' gli articoli 117,  comma  3,  118  e  119  della
Costituzione. 
    La disposizione in  parola  e'  ascrivibile,  infatti  all'ambito
della «tutela della salute»,  materia  di  legislazione  concorrente,
rispetto alla quale si sarebbe  dovuta  garantire  la  partecipazione
delle regioni al  fine  della  individuazione  dei  criteri  e  delle
modalita' attraverso cui provvedere  al  riparto  delle  risorse.  Al
contrario, la norma impugnata  rimette  esclusivamente  al  Ministero
della salute, di concerto con  il  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, la determinazione dei criteri di riparto del Fondo destinato
alla diagnostica genomica, in violazione  della  sfera  di  autonomia
costituzionalmente garantita dagli articoli 117, comma 3; 118; 119  e
120 della Costituzione. 
    Valga rilevare che codesta ecc.ma Corte costituzionale si e' gia'
pronunciata con riferimento a disposizione del tutto analoga  con  la
sentenza n. 40 del 2022, dichiarando l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 19-octies, comma 2, del decreto-legge n. 137 del 2020, come
convertito, in  legge  n.  176  del  2020,  impugnato  dalla  Regione
Campania. Il menzionato art. 19-octies, al comma 1  autorizzava,  per
l'anno 2021, la spesa di 5 milioni di euro per il  potenziamento  dei
test di Next-Generation Sequencing  di  profilazione  genomica  e  al
comma 2 - al pari della disposizione oggetto del presente giudizio  -
stabiliva che le modalita' di distribuzione delle  risorse  destinate
alla diagnostica molecolare venissero  determinate  con  decreto  del
Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia  e
delle finanze. 
    Ebbene,   codesta   Corte    ha    dichiarato    l'illegittimita'
costituzionale dell'indicato comma 2, dell'art. 19-octies nella parte
in cui non prevedeva  che  il  decreto  del  Ministero  della  salute
venisse adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e  Bolzano,
in violazione del principio di leale collaborazione di  cui  all'art.
120 della Costituzione, nonche' degli articoli 117, comma  3,  118  e
119 della Costituzione evocati nel ricorso dalla Regione  Campania  a
tutela delle competenze regionali nella materia della  «tutela  della
salute». 
    Piu' precisamente, la pronuncia ha chiarito  che  «Le  previsioni
dell'art.  19-octies  del  decreto-legge  n.  137  del   2020,   come
convertito,  afferiscono,  infatti,  alla   materia   di   competenza
legislativa concorrente "tutela della salute". Come dichiara il comma
1 della citata disposizione, l'obiettivo dell'intervento  statale  e'
di "consentire il miglioramento dell'efficacia  degli  interventi  di
cura e  delle  relative  procedure",  mediante  il  potenziamento  di
strumenti operativi, i test di Next-Generation Sequencing. 
    6.2.  Va  precisato  che  questi  ultimi  sono  gia'   impiegati,
specialmente in ambito oncologico, nell'organizzazione  del  Servizio
sanitario nazionale e non  e'  condivisibile  la  tesi  della  difesa
statale, volta a negare la necessita'  del  coinvolgimento  regionale
sull'assunto   della   piena    riconducibilita'    della    suddetta
autorizzazione di spesa alla competenza  esclusiva  statale,  di  cui
all'art. 117, secondo  comma,  lettera  m),  della  Costituzione,  in
materia dei livelli essenziali di assistenza (LEA). 
    Per un verso, infatti, la disposizione censurata non pare rivolta
propriamente a definire un nuovo livello essenziale, quanto piuttosto
a rafforzare una modalita' diagnostica (che pero' non e' l'unica)  di
realizzazione  di  quei   test   genetici   mediante   sequenziamento
molecolare garantiti, ma in  via  generale,  come  LEA  erogabili  in
relazione a determinate patologie. 
    Per altro verso, e dirimente, la  prospettazione  dell'Avvocatura
non considera che la determinazione dei LEA rientra  si'  nell'ambito
della competenza esclusiva statale, ma "la sua proiezione in  termini
di fabbisogno regionale coinvolge necessariamente le regioni, per cui
la fisiologica dialettica tra questi soggetti deve essere  improntata
alla leale collaborazione che, nel caso di specie,  si  colora  della
doverosa  cooperazione  per  assicurare  il  migliore  servizio  alla
collettivita'" (sentenza n. 169 del 2017). 
    In altre parole,  il  riparto  delle  disponibilita'  finanziarie
necessarie per assicurare la garanzia dei LEA  non  puo'  prescindere
dal   coinvolgimento   delle   regioni,   alle   quali   compete   la
programmazione  e   l'organizzazione   dei   servizi   sanitari   sul
territorio, fino alla concreta erogazione delle prestazioni: e'  solo
attraverso una leale collaborazione orientata al bene comune  che  il
modello pluralistico  riconosciuto  dalla  Costituzione  puo'  dunque
svilupparsi, "in una prospettiva generativa"  (sentenza  n.  168  del
2021), verso la migliore tutela del diritto alla salute. 
    6.3. La spesa autorizzata dal  comma  1  dell'art.  19-octies  e'
quindi inquadrabile come un incremento  delle  risorse  destinate  al
finanziamento del Servizio sanitario nazionale; ne  consegue  che  la
norma impugnata, rimettendone esclusivamente al decreto  ministeriale
le  modalita'  di  attuazione,  ha  violato  il  principio  di  leale
collaborazione di cui all'art. 120 della  Costituzione,  nonche'  gli
altri parametri evocati dalla ricorrente, che tutelano le  competenze
regionali nella materia in esame. 
    Per le  considerazioni  svolte,  va  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 19-octies, comma 2, del decreto-legge n. 137
del 2020, come convertito, nella parte in  cui  non  prevede  che  il
decreto del Ministero della salute,  di  concerto  con  il  Ministero
dell'economia  e  delle  finanze,  sia  adottato  d'intesa   con   la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano». Trattasi di argomentazioni
che si attagliano precisamente alle disposizioni di cui  all'art.  1,
comma 557, della legge 30 dicembre 2023, n. 213. 
    Cio' posto, il menzionato comma 557, nella parte in  cui  esclude
ogni forma di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali
nella determinazione di criteri  e  modalita'  di  accesso  al  fondo
istituito dal comma 556 del medesimo art. 1 della legge  n.  213  del
2023 e rimette  tali  determinazioni  esclusivamente  ad  un  decreto
interministeriale, lede gravemente le prerogative  regionali  -  come
riconosciute dalle norme costituzionali indicate  in  epigrafe  -  in
quanto  interviene  nella  materia  della  «tutela   della   salute»,
afferente alla competenza legislativa  concorrente  delle  regioni  e
configura  una   lesione   delle   prerogative   dell'amministrazione
regionale, in spregio agli interessi  pubblici  coinvolti  in  ambito
sanitario, tenuto conto della totale  estromissione  delle  autonomie
territoriali dalla determinazione delle modalita' e  dei  criteri  di
riparto delle risorse destinate al  potenziamento  della  diagnostica
delle malattie rare. 

(1) Il dossier «La finanza regionale - Il contributo delle regioni  a
    statuto ordinario alla finanza pubblica» del servizio studi della
    Camera   dei   deputati   e'   scaricabile   al   seguente   link
    https://temi.camera.it/leg19/temi/la-finanza-regionale.html 
 
                              P. Q. M. 
 
    Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale, in  accoglimento  del
presente   ricorso,   dichiarare   l'illegittimita'    costituzionale
dell'art. 1, commi 527 della legge 30 dicembre 2023, n. 213 «Bilancio
di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2024  e  bilancio
pluriennale per il  triennio  2024-2026»  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana del 30 dicembre 2023,  n.  303  e
dell'art. 1, comma 557 della medesima legge, nella parte in  cui  non
prevede che il decreto del Ministero della salute, di concerto con il
Ministero dell'economia e delle finanze, sia adottato d'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
Province autonome di  Trento  e  di  Bolzano,  per  violazione  degli
articoli 3, 5, 81, 97, 114, 117,  comma  3,  118,  119  e  120  della
Costituzione. 
        Napoli-Roma, 28 febbraio 2024 
 
                  Gli Avvocati: Marzocchella - Bove