N. 9 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 marzo 2024
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 1° marzo 2024 (della Regione Campania). Bilancio e contabilita' pubblica - Finanza pubblica - Legge di bilancio 2024 - Previsione che le regioni a statuto ordinario assicurano, per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028, un contributo alla finanza pubblica pari a 350 milioni di euro annui, ripartito, entro il 30 aprile 2024, in sede di autocoordinamento tra le regioni - Previsione che, in assenza di accordo in tale sede, il riparto e' effettuato, entro il 31 maggio 2024, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, in proporzione agli impegni di spesa corrente al netto delle spese relative alla missione 12, Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, e alla missione 13, Tutela della salute, degli schemi di bilancio delle regioni, come risultanti dal rendiconto generale 2022 o, in mancanza, dall'ultimo rendiconto approvato - Previsione che le regioni a statuto ordinario sono tenute a versare i determinati importi del concorso alla finanza pubblica all'entrata del bilancio dello Stato sul capo X - capitolo n. 3465 - art. 2 ("Rimborsi e concorsi diversi dovuti dalle regioni a statuto ordinario"), entro il 30 giugno di ciascuno degli anni dal 2024 al 2028 - Previsione che, qualora il versamento di cui al periodo precedente non sia effettuato entro il termine previsto, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede al recupero mediante corrispondente riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione. Sanita' pubblica - Servizio sanitario nazionale - Legge di bilancio 2024 - Istituzione del fondo per i test di Next-Generation Sequencing per la diagnosi delle malattie rare - Destinazione del fondo al potenziamento dei test - Previsione che il Ministro della salute, con proprio decreto adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, individua i criteri e le modalita' di riparto del fondo medesimo, nonche' il sistema di monitoraggio dell'impiego delle somme. - Legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026), art. 1, commi 527 e 557.(GU n.14 del 3-4-2024 )
Ricorso ai sensi dell'art. 127 della Costituzione per la Regione Campania (c.f. 80011990636), in persona del Presidente della giunta regionale, on.le Vincenzo De Luca, quale legale rapp.te pro tempore, rapp.ta e difesa dagli avv.ti Almerina Bove (c.f. BVOLRN70C46I262Z) e Angelo Marzocchella (c.f. MRZNGL70D24F839Y) dell'Avvocatura regionale (pec: almerinabove@pec.regione.campania.it; angelomarzocchella@pec.regione.campania.it; - fax 0817963684 presso cui desiderano ricevere ogni comunicazione ex art. 136 del codice di procedura civile) domiciliati in Roma, alla via Poli n. 29, in virtu' di procura speciale e provvedimento autorizzativo di cui alla deliberazione di giunta regionale n. 92 del 22 febbraio 2024; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore; per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 527 e 557 della legge 30 dicembre 2023, n. 213 «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 30 dicembre 2023, n. 303, per violazione degli articoli 3, 5, 97, 81, 114, 117, comma 3, 118, 119 e 120 della Costituzione. 1. Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 30 dicembre 2023, n. 303 e' stata pubblicata la legge 30 dicembre 2023, n. 213 «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026». Per quanto di interesse ai fini del presente giudizio, il comma 527 dell'art. 1 della legge citata dispone che «Ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica, in considerazione delle esigenze di contenimento della spesa pubblica e nel rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica, nelle more della definizione delle nuove regole della governance economica europea, le regioni a statuto ordinario, per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 350 milioni di euro annui. Il riparto del concorso alla finanza pubblica di cui al periodo precedente e' effettuato, entro il 30 aprile 2024, in sede di autocoordinamento tra le regioni, formalizzato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie. In assenza di accordo in sede di autocoordinamento, il riparto e' effettuato, entro il 31 maggio 2024, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, in proporzione agli impegni di spesa corrente al netto delle spese relative alla Missione 12, Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, e alla Missione 13, Tutela della salute, degli schemi di bilancio delle regioni, come risultanti dal rendiconto generale 2022 o, in caso di mancanza, dall'ultimo rendiconto approvato. Le regioni a statuto ordinario sono tenute a versare gli importi del concorso alla finanza pubblica, come determinati ai sensi dei periodi precedenti, all'entrata del bilancio dello Stato sul Capo X - capitolo n. 3465 - art. 2 ("Rimborsi e concorsi diversi dovuti dalle regioni a statuto ordinario") entro il 30 giugno di ciascuno degli anni dal 2024 al 2028, dandone comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Qualora il versamento di cui al periodo precedente non sia effettuato entro il termine previsto, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede al recupero mediante corrispondente riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione.». 2. Il comma 556 del medesimo art. 1 della legge 30 dicembre 2023, n. 213, istituisce nello stato di previsione del Ministero della salute, un fondo denominato «Fondo per i test di Next-Generation Sequencing per la diagnosi delle malattie rare», con una dotazione pari a 1 milione di euro per l'anno 2024.; e il successivo comma 557 dispone che «Il Fondo di cui al comma 556 e' destinato al potenziamento dei test di Next-Generation Sequencing di profilazione genomica come indagine di prima scelta o come approfondimento diagnostico nelle malattie rare per le quali sono riconosciute evidenza e appropriatezza, o nei casi sospetti di malattia rara non identificata» e che «Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della salute, con proprio decreto adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, individua i criteri e le modalita' di riparto del fondo di cui al comma 556, nonche' il sistema di monitoraggio dell'impiego delle somme.». Le riportate disposizioni di cui all'art. 1, commi 527 e 557, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026» sono gravemente lesive delle attribuzioni della regione ricorrente e costituzionalmente illegittime e, pertanto, si promuove questione di legittimita' costituzionale, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione e delle relative disposizioni di cui alla legge 11 marzo 1953, n. 87, nei sensi di quanto di seguito precisato, per i seguenti Motivi I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 527, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 per violazione degli articoli 3, 5, 97, 81, 114, 117, comma 3, 118, 119 e 120 della Costituzione nonche' dei principi di ragionevolezza e di leale collaborazione. 1. La disposizione di cui all'art. 1, comma 527 della legge 30 dicembre 2023, n. 213, come sopra rilevato, dispone un contributo alla finanza pubblica da parte delle regioni a statuto ordinario, per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028, pari a 350 milioni di euro annui e prevede che il riparto venga effettuato in sede di autocoordinamento tra le regioni ovvero - in caso di assenza di accordo in sede di autocoordinamento - con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, in proporzione agli impegni di spesa corrente al netto delle spese correlate ai settori diritti sociali, politiche sociali e famiglia (Missione 12) e tutela della salute (Missione 13), come risultanti dal rendiconto generale regionale 2022 o, in mancanza, dall'ultimo rendiconto approvato. La norma fa obbligo altresi' alle regioni di versare gli importi, cosi' determinati, all'entrata del bilancio dello Stato - sul Capo X - capitolo n. 3465 - art. 2 («Rimborsi e concorsi diversi dovuti dalle regioni a statuto ordinario») entro il 30 giugno di ciascuno degli anni dal 2024 al 2028 e dispone che, in mancanza di riversamento da parte della regione, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provveda al recupero mediante corrispondente riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione. Le indicate disposizioni violano patentemente le norme indicate in rubrica e ledono gravemente le prerogative e attribuzioni delle regioni, e, in particolare, della ricorrente Regione Campania, in quanto impongono un contributo regionale in difetto dei presupposti di legittimita' individuati dalla giurisprudenza di codesta Corte, con modalita' che frustrano gravemente l'autonomia regionale e compromettono l'esercizio delle attribuzioni regionali a tutela della comunita' amministrata. 2. Per meglio inquadrare la portata e gli effetti delle norme impugnate, valga premettere da subito che la Regione Campania e' in piano di rientro ventennale, ai sensi dell'art. 1, comma 779 della legge del 27 dicembre 2017, n. 205, per i disavanzi emersi negli esercizi finanziari 2014 e 2015, nonche' in piano di rientro trentennale del disavanzo in sede di riaccertamento straordinario dei residui, ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. In conformita' alla disciplina vigente, l'amministrazione regionale e' pertanto tenuta ad iscrivere nel proprio bilancio di previsione, per tutta la durata dei piani di rientro, una quota di disavanzo da ripianare pari a euro 128.365.175,41 annui; e in sede di rendiconto della gestione deve dimostrare l'effettiva riduzione del complessivo disavanzo per una quota almeno pari a quella iscritta nel bilancio di previsione. Per le regioni gia' in piano di rientro ai sensi del menzionato comma 779 della legge n. 205/2017, il rientro dai disavanzi pregressi costituisce, come noto, obiettivo di finanza pubblica prioritario ed anteposto a qualsiasi ulteriore finalita' di coordinamento tra Stato e regioni. Il rispetto del piano di rientro, infatti, garantisce risparmi di spesa definiti per un arco di tempo ultradecennale, con l'effetto di determinare una ridotta capacita' di spesa «obbligatoria» a favore dei territori e, dunque, dei cittadini. Ai sensi del comma 780 del citato art. 1 della legge n. 205/2017, le regioni sottoposte a piani di rientro devono, altresi', garantire l'incremento, per gli anni dal 2018 al 2026, dei «pagamenti complessivi per investimenti in misura non inferiore al valore dei medesimi pagamenti per l'anno 2017 rideterminato annualmente applicando all'anno base 2017 la percentuale del 2 per cento». Detta percentuale si incrementa progressivamente fino al 4% dal 2021 al 2026. 3. Con riferimento alle disposizioni in materia di finanza pubblica, al fine del corretto inquadramento delle disposizioni censurate e della comprensione della relativa portata, occorre premettere, altresi', in termini generali che, prima delle disposizioni oggetto del presente giudizio, il legislatore statale non ha mancato di definire le modalita' e la quantificazione del concorso richiesto alle regioni; e tuttavia mai ha violato le attribuzioni regionali come nella fattispecie oggetto del presente giudizio. Va altresi' premesso che, per le regioni, la contribuzione agli equilibri di finanza pubblica si realizza mediante il conseguimento del saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 243. Le manovre di finanza pubblica hanno stabilito, per ciascun anno, la quota di risparmio richiesto alle regioni a statuto ordinario, sia in termini di indebitamento netto (vale a dire per contribuire alla riduzione del debito complessivo della PA), sia in termini di saldo netto da finanziare (riduzione di risorse erogate dallo Stato). Nel dossier «La finanza regionale - Il contributo delle regioni a statuto ordinario alla finanza pubblica», del servizio studi della Camera dei deputati (1) si rileva che la realizzazione del risparmio e' stata attuata principalmente attraverso tagli di trasferimenti statali, revisione della spesa regionale, rinuncia ad altri tipi di contributi erogati dallo Stato e che «dal 2014, le misure specifiche per la realizzazione del risparmio, l'entita' di ciascuna, nonche' il riparto delle stesse tra le regioni sono concordate in sede di Conferenza Stato-regioni. Dall'esercizio 2017 le regioni a statuto ordinario sono tenute al conseguimento del pareggio di bilancio, ovvero al conseguimento del saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali (art. 1, commi 465-466, della legge n. 232 del 2016). La legge di bilancio per il 2020 (art. 1, commi 541 e 542, della legge n. 160 del 2019) inoltre, anticipa all'anno 2020, per le regioni a statuto ordinario, la facolta' di utilizzare il risultato di amministrazione e il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa per il raggiungimento dell'equilibro di bilancio. Per gli enti locali e le regioni a statuto speciale, tale possibilita' e' stata prevista, gia' a decorrere dal 2019, dalla legge n. 145 del 2018, in attuazione di specifiche pronunce della Corte costituzionale (sentenze n. 247/2017 e n. 101/2018). Per quanto riguarda le regole del pareggio di bilancio, la Ragioneria generale dello Stato ha emanato la circolare del 15 marzo 2022, n. 15, recante regole di finanza pubblica per gli enti territoriali: verifiche del rispetto degli equilibri di bilancio ex ante ed ex post ai sensi degli articoli 9 e 10 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, biennio 2022-2023». Il dossier prosegue rilevando che una misura di concorso alla finanza pubblica e' stata stabilita, per gli anni 2023-2025, dalla legge di bilancio 2021, come modificata dalla legge di bilancio 2022 (legge n. 178 del 2020, commi 850, 851 e 852 e legge n. 234 del 2021, comma 556) a carico di tutte le regioni a statuto ordinario e delle Regioni a statuto speciale Valle d'Aosta, Sicilia e Sardegna. Secondo quanto stabilito dalla legge, il contributo di 196 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023-2025, su proposta formulata dalle regioni in sede di autocoordinamento, e' stato ripartito tra le regioni con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2023 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 259 del 6 novembre 2023) che per la prima volta prevede il riversamento al bilancio dello Stato, peraltro senza che le norme di legge primarie lo dispongano. Infatti, la tabella 1 allegata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri indica per ciascuna regione la quota che la regione stessa e' tenuta a versare all'entrata del bilancio dello Stato entro il 31 ottobre 2023, in riferimento all'anno 2023 ed entro il 31 marzo per ciascuno degli anni 2024 e 2025. In particolare, con le menzionate disposizioni di cui ai commi da 850 a 851 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178, il legislatore statale ha previsto, per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025, un contributo alla finanza pubblica da parte delle regioni, delle Province autonome di Trento e di Bolzano, dei comuni, e delle province e citta' metropolitane, «in considerazione dei risparmi connessi alla riorganizzazione dei servizi anche attraverso la digitalizzazione e il potenziamento del lavoro agile», pari a 196 milioni di euro per le regioni e le province autonome, a 100 milioni di euro, per i comuni, e a 50 milioni di euro, per le province e le citta' metropolitane (comma 850). Ai sensi di quanto dispone il comma 851, «Il riparto del concorso alla finanza pubblica da parte delle regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di cui al comma 850 e' effettuato, entro il 31 maggio 2022, in sede di autocoordinamento tra le regioni e le province autonome, formalizzato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie; in assenza di accordo in sede di autocoordinamento il riparto e' effettuato, entro il 30 settembre 2022, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sulla base di un'istruttoria tecnica sugli obiettivi di efficientamento condotta dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard con il supporto del Centro interregionale di studi e documentazione (CINSEDO) e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano». Con nota RGS - prot. n. 229486 del 27 settembre 2022, indirizzata alla Conferenza delle regioni e delle province autonome, il Ragioniere generale dello Stato ha rilevato che «le regioni non hanno ancora trasmesso alcuna proposta di accordo formulata in sede di autocoordinamento. Dal momento che il termine previsto e' ormai ampiamente scaduto, si rimane in attesa di tale proposta, ricordando che, in assenza di accordo in sede di autocoordinamento, il riparto dovra' essere effettuato, entro il 30 settembre 2022, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sulla base di un'istruttoria tecnica sugli obiettivi di efficientamento condotta dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard con il supporto del Centro interregionale di studi e documentazione (CINSEDO) e previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni». Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 ottobre 2023, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 novembre 2023, avente ad oggetto «Riparto del concorso alla finanza pubblica da parte delle regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 novembre 2023 e' stato disposto che: «Il concorso alla finanza pubblica da parte delle regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di cui all'art. 1, comma 850, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e' ripartito secondo gli importi di cui alla tabella 1 che costituisce parte integrante del presente provvedimento. Gli importi indicati in tabella 1 sono versati dalle regioni all'entrata del bilancio dello Stato sul Capo X - capitolo n. 3465 - art. 1 ("Rimborsi e concorsi diversi dovuti dalle regioni a statuto speciale e dalle Province autonome di Trento e Bolzano") o art. 2 ("Rimborsi e concorsi diversi dovuti dalle regioni a statuto ordinario") entro il termine perentorio del 31 ottobre per l'anno 2023 e del 31 marzo per ciascuno degli anni dal 2024 al 2025, dandone comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Qualora il versamento di cui al periodo precedente non sia effettuato entro il termine previsto, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvedera' al recupero mediante corrispondente riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione». Infine, con decreto n. 263866 del 20 novembre 2023 del MEF - Dipartimento Ragioneria generale dello Stato - I.GE.PA. - Ufficio VIII, comunicato con nota prot. n. 270288 del 28 novembre 2023, e' stata disposta la compensazione del predetto contributo di euro 18.440.033,45 per la Regione Campania, mediante riduzione degli importi spettanti a titolo di quota sanita' della compartecipazione IVA per la mensilita' di novembre 2023. La RGS ha, in altre parole, compensato l'importo del contributo regionale, in contrasto con i piani di riparto approvati dal CIPESS, a valere sulle risorse del Fondo sanitario nazionale attribuito alle regioni, incidendo, in tal modo, direttamente sulla capacita' di raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza per i cittadini ed operando, sostanzialmente, un prelievo forzoso non previsto da alcuna disposizione. Per le regioni in piano di rientro dal disavanzo sanitario, come la Regione Campania, gli effetti di tale prelievo di risorse, non previsto da alcuna norma, sono tanto piu' gravi, tenuto conto degli obblighi e degli adempimenti previsti dalla normativa vigente, il cui adempimento e' peraltro sottoposto al controllo da parte del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali presso il Ministero dell'economia e finanze e dal Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza presso il Ministero della salute. Avverso il suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2023 della Presidenza del Consiglio dei ministri, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 novembre 2023, cosi' come avverso il successivo decreto del Ministero delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato n. 263866 del 20 novembre 2023, comunicato con nota prot. n. 270288 del 28 novembre 2023, l'amministrazione regionale ha proposto gravame. 4. A fondamento delle disposizioni impugnate, si richiama la tutela dell'unita' economica della Repubblica, la necessita' del contenimento della spesa pubblica, nonche' il rispetto del principio di coordinamento della finanza pubblica. Viene inoltre aggiunto il riferimento alle nuove regole della governance economica europea, in attesa della definizione delle quali e' dettata la disciplina sul contributo alla finanza pubblica da parte delle regioni. Ebbene, le disposizioni gravate afferiscono alla materia del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, che costituisce oggetto, ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, di competenza legislativa concorrente; e, tuttavia, il legislatore statale si e' spinto ben oltre la fissazione di principi generali, invadendo la sfera di competenza regionale in ordine alla previsione di disposizioni di dettaglio, con conseguente illegittimita' costituzionale delle disposizioni in menzione. Ed invero, il legislatore statale impone una specifica modalita' di contribuzione - il riversamento del risparmio regionale conseguito al bilancio statale - che sottrae alla regione la facolta' di scegliere di destinare i risparmi di spesa che, per effetto del richiamato comma 527, dell'art. 1 della legge n. 213/2023, deve garantire il recupero del disavanzo della regione stessa, contribuendo contestualmente e direttamente al miglioramento del saldo complessivo di finanza pubblica, e impone tale riversamento per oltre sei anni (dal 2024 al 2028, in aggiunta alla contribuzione gia' imposta dal 2023 al 2025). Per costante orientamento di codesta ecc.ma Corte costituzionale, con riferimento alla materia di legislazione concorrente del coordinamento della finanza pubblica, «norme statali che fissano limiti alla spesa delle regioni e degli enti locali possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla seguente duplice condizione: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenza n. 193 del 2012). Le disposizioni in oggetto, prevedendo riversamenti puntuali, o, in assenza, tagli indiscriminati alle erogazioni statali destinate alle regioni, introducono limiti precisi e stringenti all'autonomia finanziaria e di organizzazione delle regioni e degli enti locali e sono, pertanto, del tutto inidonee a svolgere la funzione di principi di coordinamento della finanza pubblica, secondo quanto chiarito dalla riportata giurisprudenza costituzionale. Il vincolo puntuale alle spese, infatti, si pone in diretta contraddizione con il principio di autonomia delle scelte, a base sia dello statuto che del sistema costituzionale dell'autonomia finanziaria regionale. Tali vincoli, poi, non rispettano neppure il requisito della temporaneita': le disposizioni oggetto del presente ricorso, infatti, si sovrappongono al contributo gia' in essere - vigenti dall'esercizio 2023 e fino al 2025 - e si estendono ulteriormente sino al 2028, con conseguente palese illegittimita' costituzionale, sulla scorta di quanto chiarito da codesta Corte con sentenza n. 289 del 2008. Codesta Corte in numerose pronunce (ex multis, sentenze n. 376 del 2003, n. 4, n. 36 e n. 390 del 2004, n. 417 e n. 449 del 2005) ha avuto modo, altresi', di precisare che lo Stato puo' legittimamente imporre agli enti, anche regionali, autonomi vincoli alle politiche di bilancio - anche se con cio' si determina inevitabilmente una limitazione indiretta dell'autonomia di spesa degli enti - ma solo a condizione che cio' avvenga attraverso una disciplina di principio e per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari. Piu' precisamente, l'imposizione di vincoli alle politiche di bilancio di regioni ed enti locali rimane nell'ambito della legittimita' costituzionale solo ove abbia ad oggetto o l'entita' del disavanzo di parte corrente, oppure, ma solo «in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale» - la crescita della spesa corrente degli enti autonomi, e pertanto si e' dichiarata la illegittimita' costituzionale delle disposizioni di legge statale «[le quali] non fissano limiti generali al disavanzo o alla spesa corrente, ma stabiliscono (...) vincoli che, riguardando singoli voci di spesa, non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ma comportano una inammissibile ingerenza nell'autonomia degli enti quanto alla gestione della spesa» (sentenza n. 390 del 2004 e n. 417 e n. 449 del 2005). Alla legge statale, pertanto, e' consentito di stabilire unicamente un limite complessivo, che lasci agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa. La previsione, da parte della legge statale, di un riversamento diretto nelle casse dello Stato, a tutta evidenza non puo' essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e si risolve percio' in una indebita invasione, da parte dello Stato, dell'area riservata alle autonomie regionali e locali, alle quali il legislatore nazionale puo' prescrivere criteri ed obiettivi, come, ad esempio, il contenimento della spesa pubblica, ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere gli obiettivi medesimi. 5. Il riversamento per cassa al bilancio dello Stato previsto dalla disposizione gravata, sottraendo ogni spazio di autonomia decisionale alla regione, nega nella sua essenza il principio stesso di autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle regioni, direttamente garantito dagli articoli 114 e 119, commi 1 e 2 della Costituzione, e - laddove comporta da parte dello Stato l'accertamento di una nuova entrata completamente svincolata dall'originario vincolo di destinazione oggetto del riversamento, e non contiene alcun indice in ordine alla destinazione di tali risorse - sovverte del tutto la logica di attuazione dei principi di solidarieta' territoriali presidiati dall'art. 119, commi 3 e 5 della Costituzione; come chiarito da codesta Corte, invece, «la perequazione degli squilibri economici in ambito regionale deve rispettare le modalita' previste dalla Costituzione, di modo che il loro impatto sui conti consolidati delle amministrazioni pubbliche possa essere fronteggiato ed eventualmente redistribuito attraverso la fisiologica utilizzazione degli strumenti consentiti dal vigente ordinamento finanziario e contabile» (cfr. sentenza n. 176 del 2012). 6. Vi e' di piu'. Come sopra rilevato, la disposizione di cui al comma 527 dell'art. 1 della legge n. 213 del 2023 dispone che il contributo di finanza pubblica venga assicurato mediante il riversamento alle casse dello Stato dei relativi importi anche da parte delle regioni in piano di rientro, con l'effetto di ridurne ulteriormente le disponibilita' di cassa gia' compressa dagli obblighi imposti dalla disposizione di cui al comma 780 dell'art. 1 della legge n. 205/2017, riducendo altresi' la capacita' di spesa, a danno di territori che gia' presentano condizioni socio-economiche non paritarie con altri enti del territorio nazionale. In applicazione delle disposizioni impugnate, la Regione Campania dovrebbe assicurare un contributo annuo di circa 35 milioni di euro in aggiunta a quello, di euro 18.440.033,45 gia' richiesto dal Ministero ai sensi delle disposizioni dei commi 850 e 851 dell'art. 1 della legge n. 178/2020, a decorrere dal 2023. Pertanto, la Regione Campania ogni anno dovrebbe riversare, per cassa, al bilancio dello Stato una somma pari complessivamente a circa euro 54 milioni, oltre a dover ogni anno ripianare una quota del proprio disavanzo per un importo almeno pari a euro 128.365.175,41. Tale circostanza, oggettiva, da' conto del gravissimo pregiudizio arrecato alla Regione Campania dalla introduzione delle norme oggetto del presente giudizio, le quali, nella parte in cui impongono il riversamento degli importi del concorso alla finanza pubblica alla entrata del bilancio dello Stato, violano i principi di ragionevolezza ed uguaglianza sostanziale e ledono gravemente le prerogative e l'autonomia finanziaria regionale circa i modi di perseguimento dell'obiettivo programmato di finanza pubblica, tramutandosi in una illegittima sottrazione e appropriazione di risorse regionali da parte dello Stato, in patente violazione degli articoli 3, 97, 117, comma 3, e 119 della Costituzione. La peculiarita' delle regioni in piano di rientro e' stata, peraltro, rimarcata dalla Conferenza delle regioni in sede di parere espresso, ai sensi dell'art. 9, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sulla conversione in legge del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145 recante «Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro per esigenze indifferibili» (parere 23/172/CU05/C2), nell'ambito del quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha avuto modo di contestare l'ulteriore contributo alla finanza pubblica da parte delle regioni, previsto nel disegno di legge «Bilancio dello Stato 2024» per gli esercizi 2024-2028, sfociato nelle disposizioni impugnate con l'odierno ricorso, sottolineando in generale che tale onere «incide pesantemente sugli equilibri di bilancio di parte corrente, gia' in forte tensione». Nel citato parere viene rimarcata «la peculiarita' delle regioni gia' in piano di rientro ai sensi dei commi 779 e 780 e secondo le modalita' di cui al comma 782 dell'art. 1 della legge n. 205/2017 (...)» rilevando che «per un ente territoriale il rientro dai disavanzi pregressi e' obiettivo di finanza pubblica prioritario anteposto a qualsiasi ulteriore finalita' di coordinamento tra Stato e regioni. Essere sottoposti a piano di rientro, infatti, significa garantire risparmi di spesa definiti per decenni con conseguente ridotta capacita' di spesa obbligatoria sul territorio». Le regioni in piano di rientro hanno, infatti, come obiettivo prioritario, il recupero del disavanzo, e hanno, pertanto, una capacita' di spesa gia' compromessa dagli obblighi del piano di rientro stesso. Al riguardo, nella circolare del Ragioniere generale dello Stato n. 5 del 9 febbraio 2024, richiamando la circolare 15 marzo 2021, n. 8, si e' precisato che, a livello di comparto regionale e nazionale, deve essere conseguito il saldo non negativo di cui all'art. 9 della legge n. 243 del 2022 anche ai fini della legittima contrazione del debito, mentre, a livello di singoli enti, devono essere rispettati esclusivamente gli equilibri di cui al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, cosi' come previsto dall'art. 1, comma 821, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (saldo tra il complesso delle entrate e delle spese, con utilizzo avanzi, Fondo pluriennale vincolato e debito). La disposizione impugnata impone, invece, vincoli irragionevolmente rigidi, che non tengono conto della concreta situazione finanziaria degli enti territoriali, ne' bilanciano adeguatamente gli interessi potenzialmente concorrenti della stabilita' finanziaria e dell'autonomia degli enti, ponendosi in contrasto altresi' con gli articoli 3, 81 e 97 della Costituzione. Essa, poi, risulta ulteriormente in contrasto con i principi di uguaglianza e ragionevolezza laddove si consideri che il comma 553 del medesimo art. 1 della legge 30 dicembre 2023, con riferimento agli enti locali non manca di tener conto della peculiarita' della situazione degli enti in piano di rientro, rispetto ai quali e' prevista, addirittura, l'esclusione dal contributo alla finanza pubblica. Il predetto comma 533, infatti, al secondo periodo stabilisce che «Sono esclusi dal concorso di cui al periodo precedente gli enti locali in dissesto finanziario, ai sensi dell'art. 244 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o in procedura di riequilibrio finanziario, ai sensi dell'art. 243-bis del medesimo Testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alla data del 1° gennaio 2024 o che abbiano sottoscritto gli accordi di cui all'art. 1, comma 572, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e di cui all'art. 43, comma 2, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91.». Del tutto irragionevolmente, e in totale dispregio delle disposizioni di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, per le regioni in piano di rientro, non soltanto non si esclude l'ulteriore contributo alla finanza pubblica, ma non si consente neppure di utilizzare tale risparmio per accelerare il ripiano del proprio disavanzo (ripiano che concorre, a tutta evidenza, al conseguimento degli equilibri di finanza pubblica nazionale). Il versamento obbligatorio previsto dalla disposizione censurata e', a tutta evidenza, irragionevole, dato che essa stabilisce il medesimo obbligo sia per gli enti sottoposti a piano di rientro sia per quelli in regime ordinario. Siffatta disciplina, sottraendo risorse al bilancio dell'ente senza alcuna logica, viola la sfera di autonomia finanziaria e contabile riconosciuta alle regioni e agli enti locali ed e' contraria altresi' al principio di buon andamento dell'azione amministrativa, tenuto conto che la capacita' di spesa di tali regioni non puo' essere ulteriormente ridotta se non a scapito dei servizi essenziali e delle funzioni istituzionali. E seppure si dovesse ritenere che anche le regioni in piano di rientro siano tenute ad assicurare il contributo alla finanza pubblica in parola, le stesse regioni devono essere esentate dal riversamento per cassa a favore dello Stato, dovendo invece assicurare eventualmente un maggior recupero del disavanzo destinando la citata cassa ai maggiori investimenti - come peraltro prevede la normativa relativa ai piani di rientro. Codesta Corte costituzionale ha d'altronde chiarito che «l'avanzo di amministrazione non puo' essere oggetto di "prelievo forzoso"» in guisa che «una volta accertato nelle forme di legge, e' nella disponibilita' dell'ente che lo realizza, secondo quanto precedentemente precisato» (cfr. sentenza n. 247 del 2017). In tale prospettiva, la regione ritiene che, anche ove il contributo non debba considerarsi, ex se, illegittimamente previsto, in ogni caso le disposizioni impugnate siano illegittime nella parte in cui non consentono alla regione di iscrivere il contributo di finanza pubblica previsto dalla legge n. 213/2023 nella parte spesa del proprio bilancio, su specifico capitolo sul quale non e' possibile impegnare risorse, con la conseguenza che, al termine dell'esercizio, il relativo stanziamento confluisca nel risultato di amministrazione, quale quota di maggior recupero del disavanzo. Tale modalita' di contribuzione risulta, d'altronde, pienamente coerente con la finalita' che la disposizione di cui al comma 527 persegue, espressamente adottata «in considerazione delle esigenze di contenimento della spesa pubblica». Rispetto a tale esigenza, la previsione del riversamento delle risorse regionali al bilancio statale e' del tutto sproporzionata ed immotivata e pertanto illegittima, in quanto impone alle regioni obblighi non necessari rispetto al perseguimento della finalita' di contenimento della spesa pubblica. La modalita' di contribuzione che preveda una riduzione della spesa regionale a vantaggio del recupero del disavanzo, risulta peraltro coerente anche con la Missione 1 Component 1 del PNRR, la quale contempla, tra gli altri, l'impegno a intraprendere una revisione annuale della spesa nel periodo 2023-2025, che consenta risparmi di bilancio diretti a sostenere le finanze pubbliche e/o a finanziare una riforma fiscale o riforme della spesa pubblica favorevoli alla crescita. Il difetto di motivazione emerge con evidenza, infine, anche in ordine al mancato vincolo di destinazione e finalizzazione delle risorse di cui si impone il riversamento. 7. La violazione dell'art. 97 della Costituzione emerge anche sotto ulteriore aspetto. La sentenza n. 247 del 2017 di codesta Corte afferma infatti che «vi e' (...) un ulteriore e decisivo elemento interpretativo che si ricava direttamente dalla vigente formulazione dell'art. 97 della Costituzione (...). Invero, la disposizione costituzionale prevede, dopo la riforma, che per tutte le pubbliche amministrazioni l'equilibrio dei rispettivi bilanci sia prodromico al buon andamento e all'imparzialita' dell'azione amministrativa. La seconda parte del primo comma di tale articolo contempla poi la partecipazione delle amministrazioni stesse alla "sostenibilita' del debito pubblico" (tra le altre, sentenza n. 60 del 2013). (...) occorre considerare, in riferimento all'ambito nazionale e a quello dell'Unione europea, che gli equilibri finanziari custoditi dallo Stato con riguardo al bilancio, inteso come documento espressivo dell'intera finanza pubblica allargata, sono ontologicamente diversi da quelli prescritti per le pubbliche amministrazioni uti singulae. Questi ultimi si configurano sostanzialmente come situazione dinamica di bilanciamento tra componenti attive e passive dei singoli bilanci, mentre i primi sono entita' macroeconomiche alla cui equilibrata corrispondenza gli enti del settore pubblico allargato concorrono pro quota attraverso regole chiare e predefinite in relazione all'andamento dei cicli economici e alla situazione del debito pubblico. Deve essere condiviso l'assunto (...) secondo cui "l'equilibrio dei rispettivi bilanci costituisce una sorta di garanzia reciproca che tutti i livelli di governo mutualmente si prestano...il primo comma dell'art. 97 della Costituzione riguarda per la prima parte gli equilibri dei singoli enti, mentre la seconda afferisce alla doverosa contribuzione di questi ultimi al comune obiettivo macroeconomico di assicurare la sostenibilita' del debito nazionale"». In coerenza con gli approdi della indicata giurisprudenza, la Regione Campania, nel perseguimento del principio di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione, garantendo il risparmio previsto dalle disposizioni impugnate e destinandolo al recupero maggiore del disavanzo nell'esercizio 2024, assolverebbe, in ordine di priorita': a) alla responsabilita' nei confronti dei cittadini garantendo l'equilibrio di bilancio; b) alla responsabilita' e alla solidarieta' nazionale contribuendo al miglioramento del saldo di finanza pubblica; c) alla responsabilita' intergenerazionale garantendo un recupero anticipato del disavanzo alleviando il peso del debito a carico delle generazioni future. 8. Cio' posto, come sopra piu' volte rilevato, la scrivente regione ritiene che - sulla base del quadro normativo generale e delle attribuzioni costituzionalmente garantite agli enti territoriali - il contributo alla finanza pubblica a carico delle regioni in piano di rientro puo', al piu' (ovvero, nel rispetto nei presupposti individuati da codesta Corte alla luce delle norme costituzionali) connotarsi quale imposizione di risparmio di spesa da destinarsi al ripiano del disavanzo. La modalita' di contribuzione mediante riversamento per cassa al bilancio dello Stato rappresenta, per un ente gia' in piano di rientro dai disavanzi, un esproprio del proprio patrimonio come sancito dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 247/2017 e n. 101/2018; la surrettizia contrazione delle disponibilita' di cassa della regione provoca la diretta detrizione della capacita' di raggiungimento, per tali enti, dei livelli di servizio in favore delle comunita' amministrate. 9. Infine, illegittima e' la previsione per cui, in caso di mancato versamento del contributo da parte delle regioni nel termine previsto, «il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede al recupero mediante corrispondente riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione». Tale disposizione si pone in patente violazione dell'autonomia finanziaria delle regioni, garantita dall'art. 119 della Costituzione e, laddove consente la riduzione di risorse spettanti a qualsiasi titolo, contraddice l'intero impianto normativo del gravato comma 527, in particolare il secondo capoverso, che distingue le spese connesse ai diritti sociali e alla tutela della salute. Tale previsione normativa arreca un pregiudizio irrimediabile alla collettivita', in quanto introduce, a tutta evidenza, un principio formalmente suppletivo rispetto all'autodeterminazione delle regioni ma di fatto «sanzionatorio», potenzialmente idoneo ad incidere su diritti fondamentali della persona, quali il diritto alla salute e i diritti sociali e della famiglia, che il legislatore nel secondo periodo ha inteso escludere dai potenziali canali di finanziamento della compartecipazione regionale alla finanza statale. Piu' precisamente la norma attribuisce agli organi ministeriali un «potere di compensazione» delle somme dovute alle regioni senza escludere, da tale compensazione, le risorse destinate a finanziare i menzionati diritti fondamentali, in guisa che viene a configurarsi il grave rischio per le regioni di non aver a disposizione le risorse finalizzate a finanziare i servizi essenziali della persona. II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557 della legge 30 dicembre 2023, n. 213 per violazione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione; violazione degli articoli 117, comma 3; 118 e 119 della Costituzione. Il comma 556 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2023, n. 213 dispone l'istituzione del «Fondo per i test di Next-Generation Sequencing per la diagnosi delle malattie rare», con una dotazione pari a 1 milione di euro per l'anno 2024. Il successivo comma 557 del medesimo art. 1, oggetto del presente giudizio, dispone che «Il Fondo di cui al comma 556 e' destinato al potenziamento dei test di Next-Generation Sequencing di profilazione genomica come indagine di prima scelta o come approfondimento diagnostico nelle malattie rare per le quali sono riconosciute evidenza e appropriatezza, o nei casi sospetti di malattia rara non identificata. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della salute, con proprio decreto adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, individua i criteri e le modalita' di riparto del fondo di cui al comma 556, nonche' il sistema di monitoraggio dell'impiego delle somme.». Il citato comma 557 e' costituzionalmente illegittimo in quanto viola il principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione nonche' gli articoli 117, comma 3, 118 e 119 della Costituzione. La disposizione in parola e' ascrivibile, infatti all'ambito della «tutela della salute», materia di legislazione concorrente, rispetto alla quale si sarebbe dovuta garantire la partecipazione delle regioni al fine della individuazione dei criteri e delle modalita' attraverso cui provvedere al riparto delle risorse. Al contrario, la norma impugnata rimette esclusivamente al Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, la determinazione dei criteri di riparto del Fondo destinato alla diagnostica genomica, in violazione della sfera di autonomia costituzionalmente garantita dagli articoli 117, comma 3; 118; 119 e 120 della Costituzione. Valga rilevare che codesta ecc.ma Corte costituzionale si e' gia' pronunciata con riferimento a disposizione del tutto analoga con la sentenza n. 40 del 2022, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 19-octies, comma 2, del decreto-legge n. 137 del 2020, come convertito, in legge n. 176 del 2020, impugnato dalla Regione Campania. Il menzionato art. 19-octies, al comma 1 autorizzava, per l'anno 2021, la spesa di 5 milioni di euro per il potenziamento dei test di Next-Generation Sequencing di profilazione genomica e al comma 2 - al pari della disposizione oggetto del presente giudizio - stabiliva che le modalita' di distribuzione delle risorse destinate alla diagnostica molecolare venissero determinate con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Ebbene, codesta Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'indicato comma 2, dell'art. 19-octies nella parte in cui non prevedeva che il decreto del Ministero della salute venisse adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, in violazione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione, nonche' degli articoli 117, comma 3, 118 e 119 della Costituzione evocati nel ricorso dalla Regione Campania a tutela delle competenze regionali nella materia della «tutela della salute». Piu' precisamente, la pronuncia ha chiarito che «Le previsioni dell'art. 19-octies del decreto-legge n. 137 del 2020, come convertito, afferiscono, infatti, alla materia di competenza legislativa concorrente "tutela della salute". Come dichiara il comma 1 della citata disposizione, l'obiettivo dell'intervento statale e' di "consentire il miglioramento dell'efficacia degli interventi di cura e delle relative procedure", mediante il potenziamento di strumenti operativi, i test di Next-Generation Sequencing. 6.2. Va precisato che questi ultimi sono gia' impiegati, specialmente in ambito oncologico, nell'organizzazione del Servizio sanitario nazionale e non e' condivisibile la tesi della difesa statale, volta a negare la necessita' del coinvolgimento regionale sull'assunto della piena riconducibilita' della suddetta autorizzazione di spesa alla competenza esclusiva statale, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, in materia dei livelli essenziali di assistenza (LEA). Per un verso, infatti, la disposizione censurata non pare rivolta propriamente a definire un nuovo livello essenziale, quanto piuttosto a rafforzare una modalita' diagnostica (che pero' non e' l'unica) di realizzazione di quei test genetici mediante sequenziamento molecolare garantiti, ma in via generale, come LEA erogabili in relazione a determinate patologie. Per altro verso, e dirimente, la prospettazione dell'Avvocatura non considera che la determinazione dei LEA rientra si' nell'ambito della competenza esclusiva statale, ma "la sua proiezione in termini di fabbisogno regionale coinvolge necessariamente le regioni, per cui la fisiologica dialettica tra questi soggetti deve essere improntata alla leale collaborazione che, nel caso di specie, si colora della doverosa cooperazione per assicurare il migliore servizio alla collettivita'" (sentenza n. 169 del 2017). In altre parole, il riparto delle disponibilita' finanziarie necessarie per assicurare la garanzia dei LEA non puo' prescindere dal coinvolgimento delle regioni, alle quali compete la programmazione e l'organizzazione dei servizi sanitari sul territorio, fino alla concreta erogazione delle prestazioni: e' solo attraverso una leale collaborazione orientata al bene comune che il modello pluralistico riconosciuto dalla Costituzione puo' dunque svilupparsi, "in una prospettiva generativa" (sentenza n. 168 del 2021), verso la migliore tutela del diritto alla salute. 6.3. La spesa autorizzata dal comma 1 dell'art. 19-octies e' quindi inquadrabile come un incremento delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale; ne consegue che la norma impugnata, rimettendone esclusivamente al decreto ministeriale le modalita' di attuazione, ha violato il principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione, nonche' gli altri parametri evocati dalla ricorrente, che tutelano le competenze regionali nella materia in esame. Per le considerazioni svolte, va dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 19-octies, comma 2, del decreto-legge n. 137 del 2020, come convertito, nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sia adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano». Trattasi di argomentazioni che si attagliano precisamente alle disposizioni di cui all'art. 1, comma 557, della legge 30 dicembre 2023, n. 213. Cio' posto, il menzionato comma 557, nella parte in cui esclude ogni forma di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali nella determinazione di criteri e modalita' di accesso al fondo istituito dal comma 556 del medesimo art. 1 della legge n. 213 del 2023 e rimette tali determinazioni esclusivamente ad un decreto interministeriale, lede gravemente le prerogative regionali - come riconosciute dalle norme costituzionali indicate in epigrafe - in quanto interviene nella materia della «tutela della salute», afferente alla competenza legislativa concorrente delle regioni e configura una lesione delle prerogative dell'amministrazione regionale, in spregio agli interessi pubblici coinvolti in ambito sanitario, tenuto conto della totale estromissione delle autonomie territoriali dalla determinazione delle modalita' e dei criteri di riparto delle risorse destinate al potenziamento della diagnostica delle malattie rare. (1) Il dossier «La finanza regionale - Il contributo delle regioni a statuto ordinario alla finanza pubblica» del servizio studi della Camera dei deputati e' scaricabile al seguente link https://temi.camera.it/leg19/temi/la-finanza-regionale.html
P. Q. M. Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 527 della legge 30 dicembre 2023, n. 213 «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 30 dicembre 2023, n. 303 e dell'art. 1, comma 557 della medesima legge, nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sia adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, per violazione degli articoli 3, 5, 81, 97, 114, 117, comma 3, 118, 119 e 120 della Costituzione. Napoli-Roma, 28 febbraio 2024 Gli Avvocati: Marzocchella - Bove