N. 37 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 febbraio 2024
Ordinanza del 12 febbraio 2024 del Tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di A. A.. Processo penale - Testimonianza - Facolta' di astensione dei prossimi congiunti dell'imputato - Prevista eccezione alla facolta' di astensione per il prossimo congiunto persona offesa dal reato. In subordine: Processo penale - Testimonianza - Facolta' di astensione dei prossimi congiunti dell'imputato - Prevista eccezione alla facolta' di astensione per il prossimo congiunto persona offesa dal reato anche nell'ipotesi in cui la deposizione di questi non sia assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti. - Codice procedura penale, art. 199, comma 1.(GU n.12 del 20-3-2024 )
TRIBUNALE DI FIRENZE Prima Sezione penale Il Giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato a carico di A) A. A. nato in ... il ... res. ed elettiv. domiciliato in ... (elezione nel verbale CC ... del ..., affog. 3); difeso dall'avv. di fiducia Nadia Saccoccio del foro di Firenze (nomina nel verbale CC ... del ..., affog. 3); libero assente; imputato del seguente reato: delitto previsto e punito dall'art. 582-585 in relazione all'uso di arma e in relazione all'art. 577, comma 1, n. 1 codice penale perche' trascinandola per i capelli, percuotendola in varie parti del corpo con schiaffi, calci ed anche utilizzando una cintura in cuoio, provocava alla figlia A. I. , lesioni personali consistite in «ematoma a binario in sede dorsale della mano sinistra, ematoma dorso mano destra, ematoma circolare gluteo sinistro 10 cm irregolare, ematomi lineari multipli e irregolari (almeno 3 o 4) a livello della gamba laterale sinistra circa 11×8 cm in totale, ematoma circolare di 2-3 cm a livello della gamba laterale sinistra, soffusioni emorragiche di 2-3 cm a livello di entrambe le ginocchia, soffusione emorragica circolare di 4×3 cm a livello della coscia sinistra, 4-5 lesioni lineari a livello della coscia e del ginocchio» dalle quali derivava una malattia della durata di giorni trenta. Con l'aggravante di aver commesso il fatto in danno della discendente. Reato commesso in ..., in data... (imputazione cosi' modificata dal pubblico ministero all'udienza del 31 ottobre 2022). sentite le parti; Premesso che: con decreto del pubblico ministero emesso il 7 marzo 2019 A. A. era citato a giudizio per il reato di lesioni aggravate, in ipotesi posto in essere l... ai danni della figlia A. I. (nata il ...); all'udienza del 6 febbraio 2020 era aperto il dibattimento ed erano ammesse le prove; dopo un rinvio intermedio, all'udienza del 15 giugno 2022 il processo era rinviato, con riassegnazione al presente magistrato i base ai provvedimenti tabellari; all'udienza del 31 ottobre 2022 il pubblico ministero modificava l'imputazione. esplicitando in termini giuridici la circostanza aggravante dell'uso di un'arma, gia' contestata in fatto; all'udienza del 23 gennaio 2023 era rinnovata l'apertura del dibattimento; all'udienza del 26 febbraio 2023 era sentito il teste Q. M. (brigadiere dei Carabinieri) ed era acquisita varia documentazione; la persona offesa, pur regolarmente citata, non compariva, senza fornire una valida giustificazione, per cui ne veniva disposto l'accompagnamento coattivo (poi revocato a fronte dell'impegno della medesima a comparire autonomamente alla successiva udienza); all'udienza del 2 ottobre 2023 si svolgeva la testimonianza della persona offesa A. I..; le parti concordavano inoltre l'acquisizione al fascicolo dibattimentale del verbale di sommarie informazioni di E. R. F. (moglie dell'imputato e madre della persona offesa); all'udienza del 20 novembre 2023 le parti illustravano le rispettive conclusioni. In particolare il p.m. chiedeva la condanna dell'imputato alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione; la difesa chiedeva la riqualificazione del fatto ai sensi dell'art. 571 c.p., l'applicazione del minimo della pena, il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e la concessione dei benefici di legge; all'udienza odierna, cui il processo era rinviato per eventuali repliche. le parti vi rinunciavano; rilevato che: A) dall'istruttoria svolta e' emerso pacificamente che nella serata dell'... presso la relativa abitazione di ..., l'imputato percuoteva la figlia A. I. (all'epoca diciassettenne), cagionandole delle lesioni; controverse tra le parti sono soltanto le modalita' della condotta, in particolare l'entita' dell'aggressione (in termini di numero e modi dei colpi inferti) e l'utilizzo o meno di una cintura di cuoio (rilevante ai fini della sussistenza della contestata circostanza aggravante); B) dalla deposizione del brigadiere M. e dalla documentazione acquisita, e' altresi' emerso che nella notte tra l'... e il... la ragazza si presentava in stato di shock presso la locale caserma dei Carabinieri, chiedendo aiuto; i militari, in ragione delle condizioni psicofisiche della minore, allertavano il medico di guardia, la ragazza era quindi condotta al Pronto Soccorso, dove venivano rilevati i numerosi ematomi contestati nell'imputazione, con prognosi di giorni trenta; successivamente la minore sarebbe stata affidata dal Tribunale civile al Servizio sociale, con collocamento presso una comunita'; C) le indagini erano avviate immediatamente: nella stessa notte tra l'... e il ... i Carabinieri effettuavano un sopralluogo presso l'abitazione familiare dell'imputato e della persona offesa e sequestravano una cintura in cuoio (lunga cm 110); nella mattina del ... la minore era sentita due volte a sommarie informazioni (alle ore ... e alle ore ... circa); alle ore ... era sentita a sommarie informazioni anche la madre E. R. F.; D) in tale quadro, in relazione alla deposizione della persona offesa A. I. - che ai sensi dell'art. 199 codice di procedura penale comma 1 codice di procedura penale non ha potuto beneficiare della facolta' di non rispondere, essendo persona offesa dal reato - sono emersi indizi del reato di cui all'art. 372 codice penale La teste ha cercato palesemente di ridimensionare la gravita' della condotta del genitore, rendendo dichiarazioni notevolmente difformi rispetto a quelle rese ai Carabinieri a sommarie informazioni e ai sanitari in sede di anamnesi: ha circoscritto in termini minori la durata dell'aggressione; ha attribuito alcune delle lesioni riportate ad una caduta a terra e ad un urto con un tavolo; ha riferito di non avere visto il padre utilizzare la cintura per colpirla, elemento circostanziale su cui si basa tra l'altro la procedibilita' d'ufficio del reato (a seguito della riforma operata dal decreto legislativo n. 150/2022) e che emerge chiaramente da altri dati acquisiti al fascicolo dibattimentale (la madre ha dichiarato di avere visto, rientrando in casa, il marito posare la cintura; al Pronto soccorso sono stati riscontrati - tra gli altri - plurimi ematomi lineari e un ematoma «a binario»; la stessa I. A. , come riportato nel referto, in sede di anamnesi riferi' ai sanitari di essere stata colpita dal padre con la cintura); in numerosi punti della deposizione, in ordine ai punti salienti della vicenda, si e' trincerata dietro i «non ricordo», laddove - con riguardo alle proprie intemperanze adolescenziali, che avevano determinato l'ira del padre e quindi l'aggressione - si e' (fin dagli esordi della deposizione) dilungata, giustificando espressamente la condotta dell'imputato; E) a nulla sono valsi in questo senso i reiterati avvertimenti rivolti dal giudice alla testimone ai sensi degli articoli 207 e 497 c.p.p.; F) per poter ora procedere alla decisione, occorre ora individuare quali siano gli atti utilizzabili a tale scopo; in particolare, per valutare la validita' della deposizione testimoniale di A. I., appare necessario il pronunciamento della Corte costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 199, comma 1 codice di procedura penale nella parte in cui, con riguardo alla facolta' dei prossimi congiunti dell'imputato di astenersi dal deporre, prevede un'eccezione per la persona offesa dal reato (in subordine, nella parte in cui prevede detta eccezione anche allorquando la deposizione del prossimo congiunto non sia assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti); parimenti, detta norma risulta rilevante ai fini della decisione di trasmettere o meno gli atti al pubblico ministero ai sensi dell'art. 207, comma 2 codice di procedura penale in relazione alla falsa testimonianza della persona offesa; Cio' premesso, osserva. 1. Rilevanza della questione 1.1 Ai sensi dell'art. 199, comma 1 codice di procedura penale i prossimi congiunti dell'imputato - la cui definizione ai fini della legge penale e' offerta dall'art. 307 c. p. comma 4 codice penale - non sono obbligati a deporre. E' prevista tuttavia un'eccezione per i prossimi congiunti che abbiano presentato una denuncia/querela/istanza o che siano persone offese del reato o, infine, che siano anche prossimi congiunti della vittima. La circostanza di avere gia' reso dichiarazioni in una fase precedente del procedimento, eventualmente anche dopo gli avvisi circa la facolta' di non rendere dichiarazioni, non esclude viceversa la possibilita' in una fase successiva di avvalersi della citata facolta', senza peraltro che le precedenti dichiarazioni possano essere acquisite al fascicolo dibattimentale ex art. 512 codice di procedura penale (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 0440 del 2000; Cass, Sez. 5, n. 1721 del 28 novembre 2016 Rv. 268886 - 01; Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 9588 del 19 gennaio 2004 Rv. 228385 - 01). 1.2 Conseguentemente, al momento della deposizione testimoniale I. A. , benche' figlia dell'imputato, non poteva astenersi dal deporre, proprio in quanto persona offesa dal reato (erano invece irrilevanti a tal fine le dichiarazioni precedentemente rese a sommarie informazioni alla P.G.); per tale motivo la stessa non e' stata destinataria dell'avviso ex art. 199, comma 2 c.p.p. Come si evince chiaramente dal dato letterale della norma e come esplicitato dalla giurisprudenza di legittimita'. l'avviso circa la facolta' di non deporre spetta infatti ai soli prossimi congiunti che abbiano tale facolta', mentre non spetta a coloro che, pur prossimi congiunti dell'imputato, non abbiano detta possibilita' in ragione dell'eccezione di cui all'art. 199, comma 1 codice di procedura penale (Cass. Sez. 1 - sentenza n. 27129 del 10 settembre 2020 Rv. 279583 - 01; Cassazione Sez. 5, Sentenza n. 13529 dell'8 febbraio 2017 Rv. 269722 - 01). 1.3 Si deve peraltro ritenere che - ove ne avesse avuto la facolta' - la teste si sarebbe avvalsa della facolta' di non deporre: inizialmente, per quanto regolarmente citata, la stessa non si e' infatti presentata, per cui e' stato necessario disporne l'accompagnamento coattivo; solo in seguito la stessa si e' impegnata a raggiungere autonomamente il Palazzo di Giustizia. Nello stesso senso depongono i numerosi «non ricordo» o «non ho visto» che hanno connotato la testimonianza. 1.4 Come si e' gia' avuto modo di evidenziare, nonostante i reiterati avvertimenti circa le contraddizioni intrinseche delle dichiarazioni rese dalla teste e circa il contrasto delle stesse sia con le dichiarazioni rese in sede d'indagine, sia con gli ulteriori dati istruttori, I. A. ha reso una deposizione rispetto alla quale sono emersi plurimi indizi del reato di falsa testimonianza. D'altro canto, in ragione di tali ulteriori dati istruttori (testimonianza del brigadiere M. circa lo stato di shock della minore, dichiarazioni della madre E. R. F. in ordine a quanto visto rientrando presso l'abitazione, referto del Pronto soccorso sia nella parte relativa all'anamnesi sia nella parte relativa all'esame oggettivo delle lesioni, verbale di sequestro della cintura) la deposizione testimoniale di I. A. non era neppure assolutamente necessaria all'accertamento dei fatti. 1.5 Non sono peraltro emersi elementi per ritenere che la testimone sia stata sottoposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilita', affinche' deponesse il falso. Al contrario, nel senso di una sua libera determinazione circa il contenuto della deposizione depone il fatto che - a distanza di vari anni dalla vicenda in esame - la teste non viva piu' insieme alla famiglia di origine, ma in altro centro urbano ( ... ), ad una distanza significativa dalla medesima. 1.6 La questione che s'intende sottoporre alla Corte costituzionale - la legittimita' dell'art. 199, comma 1 codice di procedura penale nella parte in cui prevede, in caso di prossimo congiunto persona offesa dal reato, un'eccezione alla regola generale della facolta' dei prossimi congiunti di astenersi dal deporre (e quindi alla regola circa gli avvisi che il giudice deve fornire ai prossimi congiunti in ordine a tale facolta') - avrebbe dovuto, piu' opportunamente. essere sollevata prima della deposizione della persona offesa, si' da assicurarle eventualmente (in caso di accoglimento della questione) la facolta' di astensione. Il dubbio circa la legittimita' costituzionale della norma e' tuttavia sorto in capo a chi scrive solo successivamente, a seguito di uno studio piu' approfondito della normativa e della giurisprudenza. Ad ogni modo la questione assume ora rilevanza sotto un duplice profilo. 1.7 Sotto un primo profilo, in caso di declaratoria d'illegittimita' costituzionale della norma qui censurata, posto che la teste avrebbe avuto la facolta' di non deporre e che gli avvisi al riguardo viceversa non le sono stati dati, ai sensi dell'art. 199, comma 2 codice di procedura penale la deposizione dovrebbe ritenersi nulla. Secondo la giurisprudenza di legittimita', nell'ambito del procedimento in cui la testimonianza e' resa, la nullita' conseguente alla mancanza dell'avviso ex art. 199, comma 2 codice di procedura penale e' una nullita' soltanto relativa (cfr. tra le altre Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 21374 del 16 gennaio 2018 Rv. 273219 - 01 e Cassazione Sez. I - Sentenza n. 30901 del 22 febbraio 2022 Rv. 283362 - 01); normalmente la stessa non sarebbe quindi rilevabile d'ufficio da parte del giudice, ma soltanto su eccezione di parte ai sensi dell'art. 181 c.p.p. Nel caso di specie, posto che conseguirebbe alla dichiarazione d'incostituzionalita', la nullita' - prima non eccepibile - potrebbe ancora essere dedotta dalla difesa. Un cenno alla possibile inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese dal prossimo congiunto non avvertito circa la sua facolta' di non rispondere si rinviene peraltro in Cassazione Sez. 1, sentenza n. 27129 del 2020. Nel caso di specie si ritiene che la deposizione della persona offesa, ove la questione d'incostituzionalita' fosse accolta, sarebbe per l'appunto inutilizzabile. Come si e' gia' rilevato, ove ne avesse avuto la facolta' si deve ritenere che la teste I. A. si sarebbe avvalsa della facolta' di non deporre. Non si e' trattato dunque della semplice omissione degli avvisi di cui all'art. 199 c.p.p., ma della costrizione della teste a depone. Il vizio sarebbe dunque ben piu' grave e consisterebbe nella violazione di un divieto probatorio, con conseguente inutilizzabilita' della prova ai sensi dell'art. 191, comma 1 c.p.p., secondo quanto rilevato nella relazione illustrativa al progetto preliminare di codice di procedura penale: era proprio la volonta' di rendere piu' chiaro tale divieto probatorio ad indurre il legislatore del 1988 a prevedere la sostituzione della locuzione «possono astenersi dal deporre», contenuta nell'art. 350 del previgente codice del 1930, con l'espressione «non possono essere obbligati a deporre» (poi diventata nella versione definitiva del nuovo codice «non sono obbligati a deporre»). 1.8.1 In secondo luogo, questo giudice ai sensi dell'art. 207, comma 2 codice di procedura penale dovrebbe ora disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero in ordine alla testimonianza di I. A. , essendo emersi al riguardo indizi del reato ex art. 372 codice penale. 1.8.2 Al riguardo pare doversi ritenere che la causa di non punibilita' di cui all'art. 384 codice penale non sia applicabile al prossimo congiunto dell'imputato che, non potendo beneficiare della facolta' di non deporre (perche' denunciante/querelante o perche' persona offesa o perche' prossimo congiunto anche della persona offesa), dichiari il falso in sede di testimonianza. Sul punto non si rinvengono pronunce recenti della Corte di cassazione. Una pronuncia risalente - Cassazione Sez. 6, Sentenza n. 44761 del 4 ottobre 2001 Rv. 220326 -01 - ha affermato (in un'ipotesi in cui l'imputata - accusata di falsa testimonianza - aveva dichiarato il falso benche' avvertita circa la facolta' di non rispondere, peraltro erroneamente perche' prossima congiunta sia dell'imputato che della persona offesa) che «l'obbligo legale di testimoniare o anche la libera scelta di farlo nell'ipotesi in cui non si eserciti, ove prevista, la facolta' di astenersi non incidono stella operativita' della esimente di cui al primo comma dell'art. 384 codice penale che ha una sua autonomia e trova la sua giustificazione con l'istituto alla conservazione della propria liberta' e del proprio onore (nemo tenetur se detegere) e con l'esigenza di tener conto, agli stessi fini, dei vincoli di solidarieta' familiare». Si tratta per l'appunto di una pronuncia aderente a quell'orientamento giurisprudenziale che riservava comunque un margine di operativita' alla causa di non punibilita' ex art. 384 codice penale pur nelle ipotesi di falsa testimonianza resa in favore dell'imputato da parte del prossimo congiunto debitamente avvertito circa la facolta' di non deporre. Tale orientamento e' stato pero' superato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 7208 del 29 novembre 2007 Rv. 238383 - 01 (cui si sono poi uniformate le successive sentenze Cassazione Sez. 6, n. 37467 del 5 ottobre 2010 Rv. 248525 - 01, Cassazione Sez. 6, n. 42818 del 14 maggio 2013 Rv. 257147 - 01), che ha affermato il principio di diritto secondo cui «In tema di falsa testimonianza, la causa di esclusione della punibilita' prevista per chi ha commesso il fatto per essere stato costretto dalla necessita' di salvare se' o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella liberta' o nell'onore non opera nell'ipotesi in cui il testimone abbia deposto il falso pur essendo stato avvertito della facolta' di astenersi.» Pur non avendo la Corte in tale occasione affrontato espressamente la questione ora in esame - se cioe' la causa di non punibilita' di cui all'art. 384 codice penale possa operare nei confronti del prossimo congiunto dell'imputato che, chiamato a testimoniare, non avendo potuto astenersi dal deporre perche' vittima del reato, abbia dichiarato il falso - rilevanti paiono i passaggi argomentativi sulla base dei quali la suprema Corte e' giunta ad enucleare il citato principio di diritto. In particolare la Corte ha valorizzato la «strettissima connessione» tra la norma sostanziale (art. 384 c.p.) e la norma processuale (art. 199 c.p.p.): «l'art. 384 cp trova la sua giustificazione nell'istinto alla conservazione della propria liberta' e del proprio onore (nemo tenetur se detegere) e nell'esigenza di tener conto, agli stessi fini, dei vincoli di solidarieta' familiare. Ma, a ben vedere, la stessa giustificazione fonda il disposto dell'art. 199 cpp, relativo alla facolta' di astensione dal rendere testimonianza in capo ai prossimi congiunti dell'imputato. La ratio di tale facolta', invero, e' unanimemente ravvisata proprio nella tutela del sentimento familiare (latamente inteso) e nel riconoscimento del conflitto che puo' determinare, in colui che e' chiamato a rendere testimonianza, tra il dovere di deporre e dire la verita', e il desiderio o la volonta' di non danneggiare il prossimo congiunto (C. cost., sent. n. 6 del 1977 e n. 179 del 1994: Cassazione Sez. I, 29 marzo 1999, .... , rv 213464; Sez. I, 15 dicembre 1998, .... rv 214756). Deve dunque darsi atto della sussistenza di una strettissima connessione tra l'istituto, di natura sostanziale, dell'art. 384 c.p. e la prescrizione processuale contenuta nell'art. 199 cpp. Ne discende che, ai fini di un corretto inquadramento del tema in questione, appare pregiudiziale prendere le mosse proprio dalla disciplina processuale, essendo noto, del resto, che non di rado il diritto penale sostanziale riveste una funzione strumentale rispetto a quello processuale. E in questa ottica, va subito rilevato come, nel riconoscere prevalenti e quindi tutelare i richiamati motivi di ordine affettivo, il legislatore non ha stabilito un criterio assoluto - quale sarebbe stato, ad esempio. il divieto di testimoniare (quale era previsto, nel processo civile dal non piu' vigente art. 247) - ma ha accordato la facolta' di astenersi dal deporre solo se, ed in quanto, l'interessato reputi di non dovere, o non potere, superare il conflitto di cui si e' detto. Ora, la soluzione legislativa adottata, che gia' aveva trovato collocazione nel codice previgente all'art. 350, implica un chiaro effetto, di fondamentale importanza ai fini che ne occupano, peraltro gia' colto dal Giudice delle leggi, vale a dire quello che ove il prossimo congiunto accetti di deporre, egli assume la qualita' di teste al pari di qualsiasi soggetto, con tutti gli obblighi che a tale qualita' l'art. 198 c.p.p. ricollega, essendo cessate, per scelta dello stesso interessato, come tiene a precisare la sentenza n. 174/94 cit., le ragioni che giustificavano la tutela della sua particolare posizione. Tra detti obblighi, vi e', in primo luogo, quello di rispondere secondo verita' alle domande che gli sono rivolte. Cosi' stando le cose, non e' dato comprendere come la sua violazione non debba comportare, anche nel caso in esame, ineluttabilmente, l'applicazione della norma che punisce la falsa testimonianza. Affermare il contrario, e cioe' escludere la punibilita' del prossimo congiunto che volutamente non si e' astenuto dal testimoniare darebbe luogo ad una figura di testimone con facolta' di mentire incompatibile con il sistema processuale. E' il caso di ricordare che il codice di procedura penale ha avuto cura di distinguere le figure dei vari dichiaranti, disciplinando le modalita' di assunzione e il valore probatorio delle dichiarazioni, in una graduazione che va dalla testimonianza, alla c.d. testimonianza assistita dell'art. 197-bis c.p.p., all'esame di persona imputata in un procedimento connesso (art. 210 c.p.p.), e ha riconosciuto alla sola testimonianza il valore di prova piena, cioe' non bisognosa di corroborazione. Sicche' la testimonianza resa dal prossimo congiunto avvisato e non astenuto, ben puo' essere assunta da sola quale fonte di prova, alla stessa stregua di quella del terzo estraneo o della persona offesa. Sarebbe, pertanto, fuori del sistema una testimonianza dotata del suo valore probatorio tipico benche' resa da una persona che per la sua particolare e nota situazione processuale potrebbe impunemente dichiarare il falso. Una interpretazione diversa finirebbe col costituire, come si e' efficacemente osservato, "una sorta di grimaldello capace di scardinare l'obbligo di verita' imposto dalla norma processuale", con il pericolo di una totale deresponsabilizzazione del dichiarante, a totale scapito dell'interesse alla corretta amministrazione della giustizia.» A ben vedere, le citate argomentazioni risultano valide anche con riguardo al prossimo congiunto che sia costretto a deporre perche' persona offesa dal reato. E' si vero che in tal caso il dichiarante non ha volontariamente scelto di deporre, cosi' risolvendo autonomamente il conflitto interiore in cui si trovava. Tuttavia, anche in questo caso il dichiarante - sia pur per scelta dell'ordinamento e non per una sua libera determinazione - «assume la qualita' di teste al pari di qualsiasi soggetto, con tutti gli obblighi che a tale qualita' l'art. 198 c.p.p. ricollega». Anche in questo caso la deposizione del prossimo congiunto avrebbe «valore di prova piena, cioe' non bisognosa di corroborazione» (successivamente la sentenza Cassazione Sez. 3, n. 40656 del 21 aprile 2016 Rv. 267901 - 01 ha confermato che «la deposizione dei prossimi congiunti dell'imputato nei cui confronti non opera la facolta' di astensione prevista dall'art. 199, comma 1, codice di procedura penale, deve essere valutata secondo le regole ordinarie di valutazione della prova»). Anche in questo caso ammettere l'applicabilita' dell'esimente ex art. 384 codice penale significherebbe dar luogo «ad una figura di testimone con facolta' di mentire incompatibile con il sistema processuale», risultato ancor piu' assurdo ove si consideri che in tal caso sarebbe stato lo stesso ordinamento a costringere un soggetto a deporre, garantendogli pero' al contempo la liberta' di mentire impunemente, con l'effetto in sostanza di «scardinare l'obbligo di verita' imposto dalla norma processuale». Anche con riguardo al prossimo congiunto costretto a deporre pare allora ineluttabile, in caso di false dichiarazioni, l'applicazione dell'art. 372 c.p., senza che vi sia margine per l'esimente di cui all'art. 384 c.p. Come si vedra', la soluzione che appare piu' corretta non e' quella di riservare un margine di operativita' all'esimente ex art. 384 codice penale in caso di prossimo congiunto obbligato a deporre, in virtu' di una dedotta inesigibilita' di un diverso comportamento, bensi' quella di non costringere detto prossimo congiunto a deporre, lasciando che sia il medesimo a determinarsi autonomamente, assumendo, qualora scelga di deporre, tutti gli obblighi ed eventualmente le responsabilita' proprie del testimone. 1.8.3 Si dovrebbe quindi disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero in ordine alla falsa testimonianza di I. A. Viceversa, qualora la norma di cui all'art. 199, comma 1 codice di procedura penale dovesse essere dichiarata costituzionalmente illegittima nel senso prospettato. rispetto al reato di falsa testimonianza la teste beneficerebbe della causa di non punibilita' di cui all'art. 384, comma 2 codice penale (non essendo stata avvertita della facolta' di non testimoniare). Conseguentemente. al riguardo questo giudice non dovrebbe disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero. 2. Non manifesta infondatezza 2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 199, comma 1 codice di procedura penale nella parte in cui, con riguardo alla facolta' dei prossimi congiunti dell'imputato di astenersi dal deporre, prevede un'eccezione per la persona offesa dal reato. Ai sensi dell'art. 199, comma 1 codice di procedura penale i prossimi congiunti dell'imputato non sono obbligati a deporre. E' prevista tuttavia un'eccezione con riguardo coloro che abbiano presentato una denuncia/querela/istanza o che siano persone offese del reato o che siano anche prossimi congiunti della vittima (non sono viceversa obbligati a deporre coloro che abbiano gia' reso dichiarazioni nel corso del procedimento, eventualmente anche dopo gli avvisi ex art. 199 c.p.p., potendo costoro comunque in una fase successiva avvalersi della citata facolta'). Tali soggetti, per quanto prossimi congiunti dell'imputato, devono comunque deporre come testimoni, secondo il regime ordinario della testimonianza e con tutte le responsabilita' (anche penali) in caso di falsa testimonianza. Se la citata eccezione alla ordinaria facolta' di non deporre pare giustificarsi rispetto a coloro che abbiano presentato una denuncia/querela/istanza e, forse, rispetto a coloro che siano prossimi congiunti anche della persona offesa, specie se gravati da una posizione di garanzia rispetto a quest'ultima, diversa appare la situazione rispetto alla persona offesa. 2.2 In particolare, l'obbligo per quest'ultima di rendere testimonianza nel processo in cui sia imputato il prossimo congiunto pare violare gli articoli 3, 27 comma 2, 29 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. I profili relativi alla violazione di tali norme risultano peraltro collegati, per eli la trattazione degli stessi sara' unitaria. 2.3 Come sottolineato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 6 del 1977 (in relazione alla norma di cui all'art. 350 del previgente codice di rito), la ratio della facolta' di astensione dal deporre attribuita ai prossimi congiunti va ravvisata nella tutela del sentimento familiare: «il legislatore ha accordato ai prossimi congiunti la facolta' di astenersi dal deporre nel processo penale, perche' ha ritenuto meritevole di tutela il sentimento familiare (latamente inteso) e, nel possibile contrasto tra l'interesse pubblico, della giustizia, che su tutti gravi il dovere di deporre, e l'interesse privato, ancorato al detto sentimento, che i prossimi congiunti dell'imputato, non siano travagliati dal conflitto psicologico tra il dover deporre e dire la verita' ed il desiderio o la volonta' di non deporre per non danneggiare l'imputato, ha altresi' ritenuto prevalente l'interesse privato e non in generale ed in modo assoluto ma se ed in quanto l'interessato (e cioe' il teste) reputi di non dovere o potere superare quel conflitto, ed a tale fine non ha imposto un divieto di testimoniare (come invece disponeva l'art. 147 del codice di procedura civile prima della pronuncia di illegittimita' costituzionale di cui alla sentenza n. 248 del 1974), ma solo una facolta' di astenersi dal deporre.» Negli stessi termini si sono espresse - rispetto all'art. 199 dell'attuale codice di procedura penale - le sentenze della stessa Corte costituzionale (n. 179 del 1994) e della Corte di cassazione (tra le altre Sez. Un. n. 7208 del 2008). La norma che prevede in capo ai prossimi congiunti dell'imputato la facolta' di astensione dal deporre da' dunque concreta attuazione nell'ambito del processo penale all'art. 29 della Costituzione, ai sensi del quale «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come societa' naturale fondata sul matrimonio». 2.4 A livello internazionale, la famiglia e' tutelata dall'art. 8 CEDU, ai sensi del quale «Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza». La Corte europea dei diritti dell'uomo nel caso ... contro Paesi Bassi (par. 52 della sentenza della Grande Camera) e nel caso ... contro Lituania (par. 51) ha ritenuto che il tentativo di costringere una persona a deporre in un procedimento penale contro un familiare costituisce un'ingerenza nel suo diritto al rispetto della sua vita familiare. Viceversa il riconoscimento ai familiari della facolta' di non deporre fa si' che gli stessi siano sollevati dal dilemma morale di dover scegliere tra il rendere una testimonianza veritiera, rischiando cosi' di compromettere il proprio rapporto con l'imputato, o il rendere una testimonianza inattendibile, o addirittura il dichiarare il falso, per proteggere tale rapporto (sentenza ... contro Paesi Bassi, par. 65). 2.5 Posto che nel riconoscere o meno la facolta' di astensione dal deporre, il legislatore opera un bilanciamento d'interessi - quello pubblico all'accertamento dei reati e quello privato alla salvaguardia del rapporto familiare - lo stesso legislatore gode di un certo margine di discrezionalita'. Occorre allora chiedersi se la norma qui censurata (l'eccezione alla facolta' di non testimoniare prevista per il prossimo congiunto persona offesa) sia ragionevole o meno. in particolare se il discrimina sia stato operato sulla base di un criterio legittimo, e se la conseguente ingerenza della pubblica autorita' sia necessaria in una societa' democratica. 2.6 Pare opportuno in proposito prendere le mosse dalla disamina delle modifiche intervenute tra il testo dell'art. 350 del vecchio codice di procedura penale e il testo dell'art. 199 del nuovo codice. L'art. 350, dopo avere previsto la generale facolta' di astensione per i prossimi congiunti dell'imputato (o di uno dei coimputati), al secondo comma affermava: «Non possono tuttavia astenersi quando sono denuncianti, querelanti o parti civili, o quando il reato e' stato commesso in danno di un altro prossimo congiunto dell'imputato o di uno dei computati e non si puo' altrimenti ottenere od integrare la prova del reato o delle sue circostanze». Nel nuovo art. 199 compare la nuova ipotesi di eccezione, quella qui censurata; e' rettificata una delle ulteriori ipotesi (si attribuisce rilevanza al rapporto tra teste e persona offesa e non a quello tra imputato e persona offesa); e' eliminato ogni riferimento all'impossibilita' di ottenere o integrare la prova del reato o delle sue circostanze per altra via. La relazione illustrativa del progetto preliminare del nuovo codice cosi' ha motivato la scelta in relazione alle prime due novita': «[...] a proposito delle situazioni in cui offeso dal reato sia un prossimo congiunto, al fine di ovviare ad una anomalia dell'art. 350 codice di procedura penale comma 2, gia' segnalata in dottrina, si e' dato rilievo a queste due precise ipotesi: quella in cui offeso dal reato sia lo stesso testimone prossimo congiunto dell'imputato, e quella in cui offeso dal reato sia un prossimo congiunto non necessariamente dell'imputato, ma del testimone (a sua volta prossimo congiunto dell'imputato). Infatti, se nella prima ipotesi, essendo all'imputato addebitato di aver commesso un reato in danno del testimone suo prossimo congiunto, vengono meno ragioni di tutela di quei motivi d'ordine affettivo che giustificano la facolta' di astensione, nella seconda ipotesi la concessione della facolta' di astensione non ha piu' ragion d'essere, posto che analoghi motivi d'ordine affettivo sono individuabili per il testimone nei confronti del proprio prossimo congiunto offeso dal reato e richiedono d'essere tutelati mediante l'obbligo testimoniale.» Nulla viene invece esplicitato circa la terza novita'. Il legislatore storico ha dunque ritenuto cha, i vincoli affettivi o comunque di solidarieta' familiare non siano piu' meritevoli di tutela allorche' il reato sia posto in essere ai danni di un prossimo congiunto. 2.7 In effetti, anche prescindendo dalle intenzioni del legislatore storico, non pare ravvisabile altra ratio. In particolare, la qualita' di persona offesa non rileva qui in relazione alla possibile utilita'/essenzialita' della relativa deposizione ai fini dell'accertamento dei fatti. Se infatti spesso le dichiarazioni della persona offesa possono fornire un contributo importante alla ricostruzione storica dei fatti, cio' non sempre avviene: in molte ipotesi la persona offesa - per quanto titolare del bene giuridico offeso dal reato - non e' presente al momento dei fatti (ad es. in ipotesi di utilizzo indebito di carte di credito) o non e' in condizione di percepirli correttamente (ad es. allorche' il soggetto attivo sia travisato o allorche' i fatti si svolgano molto rapidamente come nelle ipotesi di lesioni stradali); in altre ipotesi la ricostruzione dei fatti puo' essere compiutamente effettuata sulla base di altri elementi (filmati, deposizioni di testi oculari, ecc.), anche a prescindere dalle dichiarazioni della persona offesa. Viceversa, in molti casi la deposizione del prossimo congiunto puo' essere essenziale ai fini dell'accertamento, ma lo stesso - non essendo persona offesa dal reato - puo' avvalersi regolarmente della facolta' di non deporre (ad es. in molti casi di corruzione o di reati economici). Non e' dunque l'utilita' o l'essenzialita' della deposizione del prossimo congiunto il discrimine ai fini del riconoscimento o meno della facolta' di non rendere testimonianza. In effetti, il requisito dell'impossibilita' di ottenere od integrare la prova del reato o delle sue circostanze in altro modo, previsto dal vecchio art. 350, non e' piu' stato previsto nel nuovo art. 199. 2.8 Dunque cio' che priva il prossimo congiunto della facolta' di astensione e' la qualita' di persona offesa, in quanto in tal caso il legame familiare non e' ritenuto meritevole di tutela. 2.8.1 Innanzi tutto, detta ratio non pare rispettosa della presunzione d'innocenza di cui all'art. 27, comma 2 Cost.: la presunzione di non meritevolezza di tutela del legame familiare e' infatti operata sulla base della sola imputazione (e, in fase d'indagini, sulla base della mera ipotesi accusatoria provvisoria) e, alla stregua della stessa, il prossimo congiunto in ipotesi persona offesa e' privato della facolta' di astensione. Se nella disciplina codicistica del processo e' normale e legittima l'attribuzione alla persona offesa di diritti e facolta' varie, non pare viceversa legittimo privare la stessa di una facolta' sulla base della ritenuta non meritevolezza - in ragione della mera ipotesi accusatoria - del suo rapporto familiare. 2.8.2 In secondo luogo, il citato criterio discretivo pare irragionevole e quindi costituzionalmente illegittimo in ragione del suo carattere incondizionato e assoluto. L'art. 199 codice di procedura penale non opera distinzioni a seconda della tipologia di reato in contestazione o della gravita' dello stesso. L'eccezione qui censurata opera sia in caso di reato doloso, sia in caso di reati colposi, eventualmente procedibili d'ufficio (ad es. in materia di lesioni aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica o in materia di lesioni stradali aggravate). Mentre con riguardo a molti istituti processuali l'ordinamento prevede per la compressione dei diritti fondamentali degli individui un requisito in termini di gravita' del fatto o di allarme sociale che lo stesso puo' provocare (richiedendo che la pena massima prevista per il reato in contestazione non sia inferiore ad una certa soglia oppure che si tratti di reato per il quale e' previsto l'arresto obbligatorio in flagranza), nel caso in esame alcun requisito e' previsto a tale riguardo. Nessuna rilevanza e' attribuita dalla norma in questione al periodo di tempo, piu' o meno lungo, decorso dal momento dei fatti al momento in cui la persona offesa e' chiamata a rendere la testimonianza (unico limite e' dunque il generale decorso della prescrizione, che pero' potrebbe essere anche rimasto sospeso a lungo). L'art. 199 c.p.p.. come gia' rilevato, neppure distingue in alcun modo l'ipotesi in cui la deposizione del prossimo congiunto offeso dal reato sia essenziale per l'accertamento dei fatti dall'ipotesi in cui detta deposizione non sia assolutamente necessaria. Dunque ogni (ipotetico) reato, anche remoto nel tempo o di gravita' contenuta. renderebbe non meritevole di tutela il vincolo familiare. Quest'ultimo viene poi sacrificato a prescindere dalla necessita' o meno del sacrificio ai fini della ricostruzione dei fatti. In definitiva, la norma in questione non pare soddisfare quel criterio di proporzionalita' spesso usato dalla Corte costituzionale ai fini del giudizio di ragionevolezza e dalla Corte europea dei diritti dell'uomo ai fini della valutazione della legittimita' di un'ingerenza pubblica nell'esercizio di un diritto fondamentale dell'individuo. 2.8.3 La considerazione per cui - ove vi sia stato un reato all'interno della famiglia - il vincolo affettivo e di solidarieta' non sarebbe meritevole di tutela e si potrebbe quindi costringere la persona offesa alla deposizione non pare legittima anche sotto ulteriori profili. Tale conclusione pare non considerare adeguatamente che la persona offesa - quand'anche vittima del reato - si troverebbe in ogni caso a dover affrontare il dilemma interiore tra il rendere una testimonianza veritiera, rischiando cosi' di compromettere la posizione dell'imputato e comunque il proprio rapporto con lo stesso, e il deporre il falso. L'ordinamento pretende pero'. allorche' il teste prossimo congiunto sia offeso dal reato, di sostituirsi a quest'ultimo nella soluzione del dilemma. Cosi', paradossalmente, la qualita' di persona offesa dal reato - che dovrebbe portare ad un regime di maggior tutela, anche in base alle norme internazionali - finisce per privare il prossimo congiunto dell'imputato della possibilita' di sciogliere autonomamente il proprio dilemma interiore e per esporre lo stesso al rischio concreto di incorrere in una falsa testimonianza pur di non danneggiare il proprio familiare. Con l'effetto per cui la vittima del reato - anziche' essere salvaguardata - viene costretta a deporre ed eventualmente perseguita per falsa testimonianza. La scelta di non tutelare il rapporto familiare nel caso di teste persona offesa dal reato pare inoltre irragionevole ove si consideri che il giudizio di non meritevolezza e' limitato al processo in cui sia contestato il reato nei confronti del prossimo congiunto. In un eventuale ulteriore processo a carico del medesimo soggetto, relativo ad altri fatti, lo stesso prossimo congiunto - che non ricopra rispetto al nuovo fatto la qualita' di persona offesa - potrebbe regolarmente avvalersi della facolta' di non testimoniare (e cio' magari nonostante l'irrevocabilita' ormai dell'accertamento del reato in suo danno). 2.9 In via subordinata, si chiede alla Corte costituzionale di dichiarare illegittima la norma di cui all'art. 199, comma 1 codice di procedura penale nella parte in cui, con riguardo alla facolta' dei prossimi congiunti dell'imputato di astenersi dal deporre, prevede un'eccezione per la persona offesa dal reato anche nell'ipotesi in cui la deposizione del prossimo congiunto non sia assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti. Si introdurrebbe in tal modo un temperamento al carattere assoluto della citata eccezione: il sacrificio del diritto della persona offesa a salvaguardare il proprio rapporto familiare sarebbe cosi' possibile solo ove necessario. 2.10 Pare opportuno precisare che la modifica al regime di audizione del prossimo congiunto dell'imputato che si chiede di introdurre non interferisce con il regime di procedibilita' del reato. Non si vuole cioe' modificare il regime di procedibilita' del singolo reato, che ove procedibile d'ufficio (come nel caso oggetto del presente procedimento) rimarrebbe comunque tale, con la possibilita' comunque per il pubblico ministero di fornire altri elementi istruttori a supporto dell'accusa. 2.11 Inoltre, a scongiurare il rischio che la scelta della persona offesa di non deporre possa essere il frutto di violenze o minacce nei suoi confronti, permarrebbe comunque la possibilita' di acquisire eventuali precedenti dichiarazioni ai sensi dell'art. 500, comma 4 codice di procedura penale ove sussistano elementi concreti per ritenere che la stessa sia stata sottoposta a violenza o minaccia. 3. Possibilita' di un'interpretazione conforme Non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione, chiaro e univoco essendo il dato letterale, che prevede in modo netto un'eccezione alla generale facolta' del prossimo congiunto dell'imputato di astenersi dal deporre per l'ipotesi di teste persona offesa dal reato. Detta disposizione e' peraltro interpretata in modo costante dalla giurisprudenza in conformita' al citato dato letterale.
P.Q.M. Visti gli articoli 134 Cost., 23 ss. legge n. 87/1953, ritenuta d'ufficio la questione rilevante e non manifestamente infondata; Solleva questione di legittimita' costituzionale - per violazione degli articoli 3, 27 comma 2, 29 e 117 Cost. (l'art. 117 Cost. in relazione all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali) - della norma di cui all'art. 199, comma 1 del codice di procedura penale nella parte in cui, con riguardo alla facolta' dei prossimi congiunti dell'imputato di astenersi dal deporre, prevede un'eccezione per la persona offesa dal reato; in subordine della norma di cui all'art. 199, comma 1 del codice di procedura penale nella parte in cui, con riguardo alla facolta' dei prossimi congiunti dell'imputato di astenersi dal deporre, prevede un'eccezione per la persona offesa dal reato anche nell'ipotesi in cui la deposizione del prossimo congiunto persona offesa dal reato non sia assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti. Sospende il giudizio in corso ed i relativi termini di prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale. Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23, comma 4, legge n. 87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono considerarsi presenti, ex art. 148, comma 5 del codice di procedura penale. Firenze, 12 febbraio 2024 Il Giudice: Attina'