N. 37 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 febbraio 2024

Ordinanza  del  12  febbraio  2024  del  Tribunale  di  Firenze   nel
procedimento penale a carico di A. A.. 
 
Processo penale - Testimonianza - Facolta' di astensione dei prossimi
  congiunti dell'imputato  -  Prevista  eccezione  alla  facolta'  di
  astensione per il prossimo congiunto persona offesa dal reato. 
In subordine:  Processo  penale  -  Testimonianza   -   Facolta'   di
  astensione  dei  prossimi  congiunti   dell'imputato   -   Prevista
  eccezione alla facolta' di astensione  per  il  prossimo  congiunto
  persona offesa dal reato anche nell'ipotesi in cui  la  deposizione
  di questi non sia assolutamente necessaria per  l'accertamento  dei
  fatti. 
- Codice procedura penale, art. 199, comma 1. 
(GU n.12 del 20-3-2024 )
 
                         TRIBUNALE DI FIRENZE 
                        Prima Sezione penale 
 
    Il Giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato
a carico di 
        A) A. A. nato in ... il ... res. ed elettiv.  domiciliato  in
... (elezione nel verbale CC ... del ..., affog. 3); difeso dall'avv.
di fiducia Nadia Saccoccio del foro di Firenze (nomina nel verbale CC
... del ..., affog. 3); libero assente; imputato del seguente reato: 
        delitto previsto e  punito  dall'art.  582-585  in  relazione
all'uso di arma e in relazione all'art. 577, comma  1,  n.  1  codice
penale perche' trascinandola per i capelli,  percuotendola  in  varie
parti del corpo con schiaffi, calci ed anche utilizzando una  cintura
in cuoio, provocava alla figlia A. I. , lesioni personali  consistite
in «ematoma a binario in sede dorsale della  mano  sinistra,  ematoma
dorso  mano  destra,  ematoma  circolare  gluteo   sinistro   10   cm
irregolare, ematomi lineari multipli e irregolari (almeno 3  o  4)  a
livello della gamba  laterale  sinistra  circa  11×8  cm  in  totale,
ematoma circolare di 2-3 cm a livello della gamba laterale  sinistra,
soffusioni emorragiche di 2-3 cm a livello di entrambe le  ginocchia,
soffusione emorragica circolare di 4×3  cm  a  livello  della  coscia
sinistra, 4-5 lesioni lineari a livello della coscia e del ginocchio»
dalle quali derivava una malattia della durata di giorni trenta. 
        Con l'aggravante di aver commesso il  fatto  in  danno  della
discendente. 
        Reato  commesso  in  ...,  in  data...   (imputazione   cosi'
modificata dal pubblico ministero all'udienza del 31 ottobre 2022). 
    sentite le parti; 
    Premesso che: 
        con decreto del pubblico ministero emesso il 7 marzo 2019  A.
A. era citato a giudizio  per  il  reato  di  lesioni  aggravate,  in
ipotesi posto in essere l...  ai danni della figlia A.  I.  (nata  il
...); 
        all'udienza del 6 febbraio 2020 era aperto il dibattimento ed
erano ammesse le prove; 
        dopo un rinvio intermedio, all'udienza del 15 giugno 2022  il
processo era rinviato, con riassegnazione al  presente  magistrato  i
base ai provvedimenti tabellari; 
        all'udienza  del  31  ottobre  2022  il  pubblico   ministero
modificava  l'imputazione.  esplicitando  in  termini  giuridici   la
circostanza aggravante dell'uso di un'arma, gia' contestata in fatto; 
        all'udienza del 23 gennaio 2023 era rinnovata l'apertura  del
dibattimento; 
        all'udienza del 26 febbraio 2023 era sentito il teste  Q.  M.
(brigadiere dei Carabinieri) ed era acquisita  varia  documentazione;
la persona offesa, pur  regolarmente  citata,  non  compariva,  senza
fornire una  valida  giustificazione,  per  cui  ne  veniva  disposto
l'accompagnamento coattivo (poi revocato a fronte dell'impegno  della
medesima a comparire autonomamente alla successiva udienza); 
        all'udienza del 2 ottobre 2023 si svolgeva  la  testimonianza
della  persona  offesa  A.  I..;  le   parti   concordavano   inoltre
l'acquisizione al fascicolo dibattimentale del  verbale  di  sommarie
informazioni di E. R. F. (moglie dell'imputato e madre della  persona
offesa); 
        all'udienza del 20 novembre 2023  le  parti  illustravano  le
rispettive conclusioni. In particolare il p.m. chiedeva  la  condanna
dell'imputato alla pena di anni uno e  mesi  tre  di  reclusione;  la
difesa chiedeva la riqualificazione del fatto ai sensi dell'art.  571
c.p., l'applicazione del minimo della pena, il  riconoscimento  delle
circostanze attenuanti generiche e la  concessione  dei  benefici  di
legge; 
        all'udienza  odierna,  cui  il  processo  era  rinviato   per
eventuali repliche. le parti vi rinunciavano; 
    rilevato che: 
        A) dall'istruttoria svolta e' emerso pacificamente che  nella
serata dell'... presso la  relativa  abitazione  di  ...,  l'imputato
percuoteva la figlia A. I. (all'epoca  diciassettenne),  cagionandole
delle lesioni; controverse tra le parti sono  soltanto  le  modalita'
della condotta, in particolare l'entita' dell'aggressione (in termini
di numero e modi dei colpi  inferti)  e  l'utilizzo  o  meno  di  una
cintura  di  cuoio  (rilevante  ai  fini  della   sussistenza   della
contestata circostanza aggravante); 
        B) dalla deposizione del brigadiere M. e dalla documentazione
acquisita, e' altresi' emerso che nella notte tra l'...  e  il...  la
ragazza si presentava in stato di shock presso la locale caserma  dei
Carabinieri, chiedendo aiuto; i militari, in ragione delle condizioni
psicofisiche della minore,  allertavano  il  medico  di  guardia,  la
ragazza  era  quindi  condotta  al  Pronto  Soccorso,  dove  venivano
rilevati i numerosi ematomi contestati nell'imputazione, con prognosi
di giorni trenta; successivamente la minore  sarebbe  stata  affidata
dal Tribunale civile al Servizio sociale, con collocamento presso una
comunita'; 
        C) le indagini erano  avviate  immediatamente:  nella  stessa
notte tra l'... e il ... i Carabinieri  effettuavano  un  sopralluogo
presso l'abitazione familiare dell'imputato e della persona offesa  e
sequestravano una cintura in cuoio (lunga cm 110); nella mattina  del
... la minore era sentita due volte a sommarie informazioni (alle ore
... e alle ore ... circa);  alle  ore  ...  era  sentita  a  sommarie
informazioni anche la madre E. R. F.; 
        D) in  tale  quadro,  in  relazione  alla  deposizione  della
persona offesa A. I. - che ai sensi dell'art. 199 codice di procedura
penale comma 1 codice di procedura penale non ha  potuto  beneficiare
della facolta' di non rispondere, essendo persona offesa dal reato  -
sono emersi indizi del reato di cui all'art.  372  codice  penale  La
teste ha cercato palesemente  di  ridimensionare  la  gravita'  della
condotta del genitore, rendendo dichiarazioni  notevolmente  difformi
rispetto a quelle rese ai Carabinieri a sommarie  informazioni  e  ai
sanitari in sede di anamnesi: ha circoscritto in  termini  minori  la
durata dell'aggressione; ha attribuito alcune delle lesioni riportate
ad una caduta a terra e ad un urto con un tavolo; ha riferito di  non
avere visto il padre utilizzare la  cintura  per  colpirla,  elemento
circostanziale su cui si basa tra l'altro la procedibilita' d'ufficio
del reato (a seguito della riforma operata dal decreto legislativo n.
150/2022) e  che  emerge  chiaramente  da  altri  dati  acquisiti  al
fascicolo dibattimentale (la madre  ha  dichiarato  di  avere  visto,
rientrando in casa, il marito posare la cintura; al  Pronto  soccorso
sono stati riscontrati - tra gli altri - plurimi ematomi lineari e un
ematoma «a binario»; la stessa I. A. , come riportato nel referto, in
sede di anamnesi riferi' ai sanitari  di  essere  stata  colpita  dal
padre con la cintura); in numerosi punti della deposizione, in ordine
ai punti salienti della vicenda,  si  e'  trincerata  dietro  i  «non
ricordo»,  laddove  -  con   riguardo   alle   proprie   intemperanze
adolescenziali, che avevano determinato  l'ira  del  padre  e  quindi
l'aggressione - si e' (fin dagli esordi della deposizione) dilungata,
giustificando espressamente la condotta dell'imputato; 
        E)  a  nulla  sono  valsi  in  questo   senso   i   reiterati
avvertimenti rivolti  dal  giudice  alla  testimone  ai  sensi  degli
articoli 207 e 497 c.p.p.; 
        F) per  poter  ora  procedere  alla  decisione,  occorre  ora
individuare quali siano  gli  atti  utilizzabili  a  tale  scopo;  in
particolare, per valutare la validita' della deposizione testimoniale
di  A.  I.,  appare  necessario   il   pronunciamento   della   Corte
costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale della norma
di cui all'art. 199, comma 1 codice di procedura penale  nella  parte
in  cui,  con  riguardo  alla   facolta'   dei   prossimi   congiunti
dell'imputato di astenersi dal deporre, prevede un'eccezione  per  la
persona offesa dal reato (in subordine, nella parte  in  cui  prevede
detta  eccezione  anche  allorquando  la  deposizione  del   prossimo
congiunto non sia assolutamente  necessaria  per  l'accertamento  dei
fatti); parimenti,  detta  norma  risulta  rilevante  ai  fini  della
decisione di trasmettere o meno gli atti  al  pubblico  ministero  ai
sensi dell'art. 207, comma 2 codice di procedura penale in  relazione
alla falsa testimonianza della persona offesa; 
    Cio' premesso, osserva. 
1. Rilevanza della questione 
    1.1 Ai sensi dell'art. 199, comma 1 codice di procedura penale  i
prossimi congiunti dell'imputato - la cui definizione ai  fini  della
legge penale e' offerta dall'art. 307 c. p. comma 4 codice  penale  -
non sono obbligati a deporre. E' prevista tuttavia un'eccezione per i
prossimi     congiunti      che      abbiano      presentato      una
denuncia/querela/istanza o che siano  persone  offese  del  reato  o,
infine, che siano anche prossimi congiunti della vittima. 
    La circostanza di avere  gia'  reso  dichiarazioni  in  una  fase
precedente del procedimento,  eventualmente  anche  dopo  gli  avvisi
circa la facolta' di non rendere dichiarazioni, non esclude viceversa
la possibilita' in una fase  successiva  di  avvalersi  della  citata
facolta', senza peraltro  che  le  precedenti  dichiarazioni  possano
essere acquisite al fascicolo dibattimentale ex art.  512  codice  di
procedura penale (cfr. Corte  costituzionale  sentenza  n.  0440  del
2000; Cass, Sez. 5, n. 1721 del 28 novembre 2016  Rv.  268886  -  01;
Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 9588 del 19 gennaio 2004 Rv. 228385  -
01). 
    1.2 Conseguentemente, al momento della  deposizione  testimoniale
I. A. ,  benche'  figlia  dell'imputato,  non  poteva  astenersi  dal
deporre, proprio in quanto persona offesa  dal  reato  (erano  invece
irrilevanti a  tal  fine  le  dichiarazioni  precedentemente  rese  a
sommarie informazioni alla P.G.); per tale motivo la  stessa  non  e'
stata destinataria dell'avviso ex art. 199, comma 2 c.p.p. 
    Come si evince chiaramente dal dato letterale della norma e  come
esplicitato dalla giurisprudenza di legittimita'. l'avviso  circa  la
facolta' di non deporre spetta infatti ai soli prossimi congiunti che
abbiano tale facolta', mentre non spetta a coloro che,  pur  prossimi
congiunti dell'imputato, non abbiano detta  possibilita'  in  ragione
dell'eccezione di cui all'art.  199,  comma  1  codice  di  procedura
penale (Cass. Sez. 1 - sentenza n. 27129 del 10  settembre  2020  Rv.
279583 - 01; Cassazione Sez. 5, Sentenza  n.  13529  dell'8  febbraio
2017 Rv. 269722 - 01). 
    1.3 Si deve peraltro ritenere  che  -  ove  ne  avesse  avuto  la
facolta' - la teste si sarebbe avvalsa della facolta' di non deporre:
inizialmente, per quanto regolarmente citata, la  stessa  non  si  e'
infatti  presentata,   per   cui   e'   stato   necessario   disporne
l'accompagnamento coattivo; solo in seguito la stessa si e' impegnata
a raggiungere autonomamente il Palazzo  di  Giustizia.  Nello  stesso
senso depongono i numerosi «non ricordo» o «non ho visto»  che  hanno
connotato la testimonianza. 
    1.4 Come si e' gia'  avuto  modo  di  evidenziare,  nonostante  i
reiterati avvertimenti  circa  le  contraddizioni  intrinseche  delle
dichiarazioni rese dalla teste e circa il contrasto delle stesse  sia
con le dichiarazioni rese in sede d'indagine, sia con  gli  ulteriori
dati istruttori, I. A. ha reso una deposizione  rispetto  alla  quale
sono emersi plurimi indizi del reato di falsa testimonianza. 
    D'altro canto, in  ragione  di  tali  ulteriori  dati  istruttori
(testimonianza del brigadiere  M.  circa  lo  stato  di  shock  della
minore, dichiarazioni della madre E. R. F. in ordine a  quanto  visto
rientrando presso l'abitazione, referto del Pronto soccorso sia nella
parte  relativa  all'anamnesi  sia  nella  parte  relativa  all'esame
oggettivo delle lesioni,  verbale  di  sequestro  della  cintura)  la
deposizione testimoniale di  I.  A.  non  era  neppure  assolutamente
necessaria all'accertamento dei fatti. 
    1.5 Non  sono  peraltro  emersi  elementi  per  ritenere  che  la
testimone sia  stata  sottoposta  a  violenza,  minaccia,  offerta  o
promessa di denaro o di altra utilita', affinche' deponesse il falso.
Al contrario, nel senso di una sua  libera  determinazione  circa  il
contenuto della deposizione depone il fatto che - a distanza di  vari
anni dalla vicenda in esame - la teste non  viva  piu'  insieme  alla
famiglia di origine, ma in altro  centro  urbano  (  ...  ),  ad  una
distanza significativa dalla medesima. 
    1.6  La   questione   che   s'intende   sottoporre   alla   Corte
costituzionale - la legittimita' dell'art. 199,  comma  1  codice  di
procedura penale nella parte in cui  prevede,  in  caso  di  prossimo
congiunto persona offesa dal reato, un'eccezione alla regola generale
della facolta' dei prossimi congiunti di  astenersi  dal  deporre  (e
quindi alla regola circa gli avvisi che il giudice  deve  fornire  ai
prossimi congiunti in ordine a tale facolta') - avrebbe dovuto,  piu'
opportunamente.  essere  sollevata  prima  della  deposizione   della
persona  offesa,  si'  da  assicurarle  eventualmente  (in  caso   di
accoglimento della questione) la facolta' di astensione. 
    Il dubbio circa la legittimita'  costituzionale  della  norma  e'
tuttavia sorto in capo a chi scrive solo successivamente,  a  seguito
di  uno  studio   piu'   approfondito   della   normativa   e   della
giurisprudenza. 
    Ad ogni modo la questione assume ora rilevanza sotto  un  duplice
profilo. 
    1.7  Sotto  un   primo   profilo,   in   caso   di   declaratoria
d'illegittimita' costituzionale della norma qui censurata, posto  che
la teste avrebbe avuto la facolta' di non deporre e che gli avvisi al
riguardo viceversa non le sono stati dati, ai  sensi  dell'art.  199,
comma 2 codice di procedura penale la deposizione dovrebbe  ritenersi
nulla. 
    Secondo  la  giurisprudenza  di  legittimita',  nell'ambito   del
procedimento in cui la testimonianza e' resa, la nullita' conseguente
alla mancanza dell'avviso ex art. 199, comma 2  codice  di  procedura
penale  e'  una  nullita'  soltanto  relativa  (cfr.  tra  le   altre
Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 21374 del 16 gennaio 2018 Rv. 273219 -
01 e Cassazione Sez. I - Sentenza n. 30901 del 22 febbraio  2022  Rv.
283362 - 01); normalmente la stessa  non  sarebbe  quindi  rilevabile
d'ufficio da parte del giudice, ma soltanto su eccezione di parte  ai
sensi dell'art. 181 c.p.p. 
    Nel caso di specie, posto che  conseguirebbe  alla  dichiarazione
d'incostituzionalita', la nullita' - prima non eccepibile -  potrebbe
ancora essere dedotta dalla difesa. 
    Un cenno alla  possibile  inutilizzabilita'  delle  dichiarazioni
rese dal prossimo congiunto non avvertito circa la  sua  facolta'  di
non rispondere si rinviene peraltro in Cassazione Sez. 1, sentenza n.
27129 del 2020. 
    Nel caso di specie si ritiene che la  deposizione  della  persona
offesa, ove la questione d'incostituzionalita' fosse accolta, sarebbe
per l'appunto inutilizzabile. Come si e' gia' rilevato, ove ne avesse
avuto la facolta' si deve ritenere che la  teste  I.  A.  si  sarebbe
avvalsa della facolta' di non deporre.  Non  si  e'  trattato  dunque
della semplice omissione degli avvisi di cui all'art. 199 c.p.p.,  ma
della costrizione della teste a depone. Il vizio sarebbe  dunque  ben
piu' grave e consisterebbe nella violazione di un divieto probatorio,
con conseguente inutilizzabilita' della prova ai sensi dell'art. 191,
comma 1 c.p.p., secondo quanto rilevato nella relazione  illustrativa
al progetto preliminare di codice di procedura penale: era proprio la
volonta' di rendere piu' chiaro tale divieto probatorio ad indurre il
legislatore del 1988 a  prevedere  la  sostituzione  della  locuzione
«possono  astenersi  dal  deporre»,  contenuta  nell'art.   350   del
previgente codice del 1930, con  l'espressione  «non  possono  essere
obbligati a deporre» (poi diventata  nella  versione  definitiva  del
nuovo codice «non sono obbligati a deporre»). 
    1.8.1 In secondo luogo, questo giudice ai  sensi  dell'art.  207,
comma  2  codice  di  procedura  penale  dovrebbe  ora  disporre   la
trasmissione  degli  atti  al  pubblico  ministero  in  ordine   alla
testimonianza di I. A. , essendo emersi al riguardo indizi del  reato
ex art. 372 codice penale. 
    1.8.2 Al riguardo pare doversi  ritenere  che  la  causa  di  non
punibilita' di cui all'art. 384 codice penale non sia applicabile  al
prossimo congiunto dell'imputato che, non potendo  beneficiare  della
facolta' di non deporre  (perche'  denunciante/querelante  o  perche'
persona offesa o  perche'  prossimo  congiunto  anche  della  persona
offesa), dichiari il falso in sede di testimonianza. 
    Sul punto non si  rinvengono  pronunce  recenti  della  Corte  di
cassazione. Una pronuncia risalente - Cassazione Sez. 6, Sentenza  n.
44761 del 4 ottobre 2001 Rv. 220326 -01 - ha affermato (in un'ipotesi
in  cui  l'imputata  -  accusata  di  falsa  testimonianza  -   aveva
dichiarato il falso  benche'  avvertita  circa  la  facolta'  di  non
rispondere, peraltro  erroneamente  perche'  prossima  congiunta  sia
dell'imputato che della persona  offesa)  che  «l'obbligo  legale  di
testimoniare o anche la libera scelta di farlo  nell'ipotesi  in  cui
non si eserciti, ove prevista, la facolta' di astenersi non  incidono
stella operativita' della esimente di cui al  primo  comma  dell'art.
384  codice  penale  che  ha  una  sua  autonomia  e  trova  la   sua
giustificazione  con  l'istituto  alla  conservazione  della  propria
liberta' e del  proprio  onore  (nemo  tenetur  se  detegere)  e  con
l'esigenza  di  tener  conto,  agli  stessi  fini,  dei  vincoli   di
solidarieta' familiare». Si tratta per  l'appunto  di  una  pronuncia
aderente  a  quell'orientamento   giurisprudenziale   che   riservava
comunque un margine di operativita' alla causa di non punibilita'  ex
art. 384 codice penale pur nelle ipotesi di falsa testimonianza  resa
in favore dell'imputato da parte del prossimo  congiunto  debitamente
avvertito circa la facolta' di non deporre. 
    Tale orientamento e' stato pero' superato  dalla  sentenza  delle
Sezioni Unite n. 7208 del 29 novembre 2007 Rv. 238383 -  01  (cui  si
sono poi uniformate le successive  sentenze  Cassazione  Sez.  6,  n.
37467 del 5 ottobre 2010 Rv. 248525 - 01, Cassazione Sez. 6, n. 42818
del 14 maggio 2013 Rv. 257147 - 01), che ha affermato il principio di
diritto secondo cui «In tema di  falsa  testimonianza,  la  causa  di
esclusione della punibilita' prevista per chi ha  commesso  il  fatto
per essere stato costretto dalla  necessita'  di  salvare  se'  o  un
prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella liberta'
o nell'onore non opera nell'ipotesi in cui il testimone abbia deposto
il falso pur essendo stato avvertito della  facolta'  di  astenersi.»
Pur non avendo la Corte in tale occasione affrontato espressamente la
questione ora in esame - se cioe' la causa di non punibilita' di  cui
all'art. 384 codice penale possa operare nei confronti  del  prossimo
congiunto dell'imputato che,  chiamato  a  testimoniare,  non  avendo
potuto  astenersi  dal  deporre  perche'  vittima  del  reato,  abbia
dichiarato il falso - rilevanti paiono i passaggi argomentativi sulla
base dei quali la suprema Corte e'  giunta  ad  enucleare  il  citato
principio di diritto. 
    In  particolare  la  Corte  ha   valorizzato   la   «strettissima
connessione» tra la norma sostanziale (art.  384  c.p.)  e  la  norma
processuale (art. 199 c.p.p.): 
        «l'art. 384 cp trova la sua giustificazione nell'istinto alla
conservazione della  propria  liberta'  e  del  proprio  onore  (nemo
tenetur se detegere) e nell'esigenza  di  tener  conto,  agli  stessi
fini, dei vincoli di solidarieta' familiare. Ma,  a  ben  vedere,  la
stessa giustificazione fonda il disposto dell'art. 199 cpp,  relativo
alla facolta' di astensione dal  rendere  testimonianza  in  capo  ai
prossimi congiunti dell'imputato. La ratio di tale facolta',  invero,
e'  unanimemente  ravvisata  proprio  nella  tutela  del   sentimento
familiare (latamente inteso) e nel riconoscimento del  conflitto  che
puo' determinare, in colui che e' chiamato a  rendere  testimonianza,
tra il dovere di deporre e dire la  verita',  e  il  desiderio  o  la
volonta' di non danneggiare il prossimo congiunto (C. cost., sent. n.
6 del 1977 e n. 179 del 1994: Cassazione Sez. I, 29 marzo 1999,  ....
, rv 213464; Sez. I, 15 dicembre 1998, .... rv 214756).  Deve  dunque
darsi atto della sussistenza  di  una  strettissima  connessione  tra
l'istituto,  di  natura  sostanziale,  dell'art.  384   c.p.   e   la
prescrizione processuale contenuta nell'art.  199  cpp.  Ne  discende
che, ai fini di un corretto  inquadramento  del  tema  in  questione,
appare pregiudiziale  prendere  le  mosse  proprio  dalla  disciplina
processuale, essendo noto, del resto, che  non  di  rado  il  diritto
penale sostanziale riveste una funzione strumentale rispetto a quello
processuale. E  in  questa  ottica,  va  subito  rilevato  come,  nel
riconoscere prevalenti e  quindi  tutelare  i  richiamati  motivi  di
ordine  affettivo,  il  legislatore  non  ha  stabilito  un  criterio
assoluto  -  quale  sarebbe  stato,  ad  esempio.   il   divieto   di
testimoniare (quale era previsto, nel processo civile  dal  non  piu'
vigente art. 247) - ma ha accordato  la  facolta'  di  astenersi  dal
deporre solo se, ed in quanto, l'interessato reputi di non dovere,  o
non potere, superare il  conflitto  di  cui  si  e'  detto.  Ora,  la
soluzione legislativa adottata, che gia' aveva  trovato  collocazione
nel codice previgente all'art. 350, implica  un  chiaro  effetto,  di
fondamentale importanza ai fini che ne occupano, peraltro gia'  colto
dal Giudice delle leggi, vale a  dire  quello  che  ove  il  prossimo
congiunto accetti di deporre, egli assume la  qualita'  di  teste  al
pari di qualsiasi  soggetto,  con  tutti  gli  obblighi  che  a  tale
qualita' l'art. 198 c.p.p. ricollega,  essendo  cessate,  per  scelta
dello stesso interessato, come  tiene  a  precisare  la  sentenza  n.
174/94 cit., le  ragioni  che  giustificavano  la  tutela  della  sua
particolare posizione. Tra detti obblighi, vi  e',  in  primo  luogo,
quello di rispondere  secondo  verita'  alle  domande  che  gli  sono
rivolte. 
    Cosi' stando le  cose,  non  e'  dato  comprendere  come  la  sua
violazione  non  debba  comportare,  anche   nel   caso   in   esame,
ineluttabilmente, l'applicazione della norma  che  punisce  la  falsa
testimonianza.  Affermare  il  contrario,  e   cioe'   escludere   la
punibilita' del prossimo congiunto che volutamente non si e' astenuto
dal testimoniare  darebbe  luogo  ad  una  figura  di  testimone  con
facolta' di mentire incompatibile con il sistema processuale. 
    E' il caso di ricordare che il  codice  di  procedura  penale  ha
avuto  cura  di  distinguere  le   figure   dei   vari   dichiaranti,
disciplinando le modalita' di assunzione e il valore probatorio delle
dichiarazioni, in una graduazione che va  dalla  testimonianza,  alla
c.d. testimonianza assistita dell'art. 197-bis c.p.p.,  all'esame  di
persona imputata in un procedimento connesso (art. 210 c.p.p.), e  ha
riconosciuto alla sola testimonianza il valore di prova piena,  cioe'
non bisognosa di corroborazione. Sicche' la  testimonianza  resa  dal
prossimo congiunto avvisato e non astenuto, ben puo'  essere  assunta
da sola quale fonte di prova, alla stessa stregua di quella del terzo
estraneo o della persona offesa. Sarebbe, pertanto, fuori del sistema
una testimonianza dotata del suo  valore  probatorio  tipico  benche'
resa da una persona che per la  sua  particolare  e  nota  situazione
processuale   potrebbe   impunemente   dichiarare   il   falso.   Una
interpretazione  diversa  finirebbe  col  costituire,  come   si   e'
efficacemente  osservato,  "una  sorta  di  grimaldello   capace   di
scardinare l'obbligo di verita' imposto dalla norma processuale", con
il pericolo di una totale deresponsabilizzazione del  dichiarante,  a
totale scapito dell'interesse  alla  corretta  amministrazione  della
giustizia.» 
    A ben vedere, le citate argomentazioni risultano valide anche con
riguardo al prossimo congiunto che sia costretto  a  deporre  perche'
persona offesa dal reato. E' si vero che in tal caso  il  dichiarante
non  ha  volontariamente  scelto   di   deporre,   cosi'   risolvendo
autonomamente il conflitto interiore in  cui  si  trovava.  Tuttavia,
anche  in  questo  caso  il  dichiarante  -  sia   pur   per   scelta
dell'ordinamento e non per una sua libera determinazione - «assume la
qualita' di teste al  pari  di  qualsiasi  soggetto,  con  tutti  gli
obblighi che a tale qualita' l'art. 198 c.p.p. ricollega».  Anche  in
questo caso la deposizione del prossimo congiunto avrebbe «valore  di
prova piena, cioe' non bisognosa di corroborazione»  (successivamente
la sentenza Cassazione Sez. 3, n. 40656 del 21 aprile 2016 Rv. 267901
- 01  ha  confermato  che  «la  deposizione  dei  prossimi  congiunti
dell'imputato nei cui confronti non opera la facolta'  di  astensione
prevista dall'art. 199, comma 1, codice  di  procedura  penale,  deve
essere valutata secondo le  regole  ordinarie  di  valutazione  della
prova»).   Anche   in   questo   caso   ammettere    l'applicabilita'
dell'esimente ex art. 384 codice penale significherebbe dar luogo «ad
una figura di testimone con facolta' di mentire incompatibile con  il
sistema processuale», risultato ancor piu' assurdo ove  si  consideri
che in tal caso sarebbe stato lo stesso ordinamento a costringere  un
soggetto a deporre, garantendogli pero' al contempo  la  liberta'  di
mentire  impunemente,  con  l'effetto  in  sostanza  di   «scardinare
l'obbligo di verita' imposto dalla norma processuale». 
    Anche con riguardo al prossimo congiunto costretto a deporre pare
allora ineluttabile, in caso di false  dichiarazioni,  l'applicazione
dell'art. 372 c.p., senza che vi sia margine per  l'esimente  di  cui
all'art. 384 c.p. 
    Come si vedra', la soluzione che  appare  piu'  corretta  non  e'
quella di riservare un margine di operativita' all'esimente  ex  art.
384 codice penale in caso di prossimo congiunto obbligato a  deporre,
in virtu' di una dedotta inesigibilita' di un diverso  comportamento,
bensi' quella di non costringere detto prossimo congiunto a  deporre,
lasciando  che  sia  il  medesimo   a   determinarsi   autonomamente,
assumendo,  qualora  scelga  di  deporre,  tutti  gli   obblighi   ed
eventualmente le responsabilita' proprie del testimone. 
    1.8.3 Si dovrebbe quindi disporre la trasmissione degli  atti  al
pubblico ministero in ordine alla falsa testimonianza di I. A. 
    Viceversa, qualora la norma di cui all'art. 199, comma  1  codice
di procedura  penale  dovesse  essere  dichiarata  costituzionalmente
illegittima  nel  senso  prospettato.  rispetto  al  reato  di  falsa
testimonianza la teste beneficerebbe della causa di  non  punibilita'
di cui all'art.  384,  comma  2  codice  penale  (non  essendo  stata
avvertita della facolta' di non testimoniare).  Conseguentemente.  al
riguardo questo giudice non dovrebbe disporre la  trasmissione  degli
atti al pubblico ministero. 
2. Non manifesta infondatezza 
    2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale  della  norma  di
cui all'art. 199, comma 1 codice di procedura penale nella  parte  in
cui, con riguardo alla facolta' dei prossimi congiunti  dell'imputato
di astenersi dal deporre, prevede un'eccezione per la persona  offesa
dal reato. 
    Ai sensi dell'art. 199, comma 1  codice  di  procedura  penale  i
prossimi congiunti dell'imputato non sono  obbligati  a  deporre.  E'
prevista  tuttavia  un'eccezione  con  riguardo  coloro  che  abbiano
presentato una denuncia/querela/istanza o che  siano  persone  offese
del reato o che siano anche prossimi  congiunti  della  vittima  (non
sono viceversa obbligati a  deporre  coloro  che  abbiano  gia'  reso
dichiarazioni nel corso del procedimento,  eventualmente  anche  dopo
gli avvisi ex art. 199 c.p.p., potendo costoro comunque in  una  fase
successiva avvalersi della citata facolta'). 
    Tali  soggetti,  per  quanto  prossimi  congiunti  dell'imputato,
devono comunque deporre come testimoni, secondo il  regime  ordinario
della testimonianza e con tutte le responsabilita' (anche penali)  in
caso di falsa testimonianza. 
    Se la citata eccezione alla ordinaria  facolta'  di  non  deporre
pare giustificarsi rispetto  a  coloro  che  abbiano  presentato  una
denuncia/querela/istanza  e,  forse,  rispetto  a  coloro  che  siano
prossimi congiunti anche della persona offesa, specie se  gravati  da
una posizione di garanzia rispetto a quest'ultima, diversa appare  la
situazione rispetto alla persona offesa. 
    2.2  In  particolare,  l'obbligo  per  quest'ultima  di   rendere
testimonianza nel processo in cui sia imputato il prossimo  congiunto
pare violare gli articoli 3, 27 comma 2, 29 e 117 della Costituzione,
quest'ultimo  in  relazione  all'art.  8  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
    I profili  relativi  alla  violazione  di  tali  norme  risultano
peraltro  collegati,  per  eli  la  trattazione  degli  stessi  sara'
unitaria. 
    2.3 Come sottolineato dalla Corte costituzionale  nella  sentenza
n. 6 del 1977 (in relazione  alla  norma  di  cui  all'art.  350  del
previgente codice di rito), la ratio della facolta' di astensione dal
deporre attribuita ai prossimi congiunti va  ravvisata  nella  tutela
del sentimento familiare: «il legislatore ha  accordato  ai  prossimi
congiunti la facolta' di astenersi dal deporre nel  processo  penale,
perche' ha ritenuto meritevole  di  tutela  il  sentimento  familiare
(latamente  inteso)  e,  nel  possibile  contrasto  tra   l'interesse
pubblico, della giustizia, che su tutti gravi il dovere di deporre, e
l'interesse privato, ancorato al detto  sentimento,  che  i  prossimi
congiunti  dell'imputato,  non  siano   travagliati   dal   conflitto
psicologico tra il dover deporre e dire la verita' ed il desiderio  o
la volonta'  di  non  deporre  per  non  danneggiare  l'imputato,  ha
altresi' ritenuto prevalente l'interesse privato e non in generale ed
in modo assoluto ma se ed in quanto l'interessato (e cioe' il  teste)
reputi di non dovere o potere superare quel conflitto, ed a tale fine
non ha imposto un divieto  di  testimoniare  (come  invece  disponeva
l'art. 147 del codice di procedura civile prima  della  pronuncia  di
illegittimita' costituzionale di cui alla sentenza n. 248 del  1974),
ma solo una facolta' di astenersi dal deporre.» 
    Negli stessi termini si sono espresse  -  rispetto  all'art.  199
dell'attuale codice di procedura penale - le  sentenze  della  stessa
Corte costituzionale (n. 179 del 1994) e della  Corte  di  cassazione
(tra le altre Sez. Un. n. 7208 del 2008). 
    La norma che prevede in capo ai prossimi congiunti  dell'imputato
la facolta' di astensione dal deporre da' dunque concreta  attuazione
nell'ambito del processo penale all'art. 29  della  Costituzione,  ai
sensi del quale «La Repubblica riconosce  i  diritti  della  famiglia
come societa' naturale fondata sul matrimonio». 
    2.4 A livello internazionale, la famiglia e' tutelata dall'art. 8
CEDU, ai sensi del quale «Ogni persona ha diritto al  rispetto  della
propria vita privata e  familiare,  del  proprio  domicilio  e  della
propria corrispondenza». 
    La Corte europea dei diritti dell'uomo nel caso ... contro  Paesi
Bassi (par. 52 della sentenza della Grande Camera)  e  nel  caso  ...
contro Lituania (par. 51) ha ritenuto che il tentativo di costringere
una persona a deporre in un procedimento penale contro  un  familiare
costituisce un'ingerenza nel suo diritto al rispetto della  sua  vita
familiare. Viceversa il riconoscimento ai familiari della facolta' di
non deporre fa si' che gli stessi siano sollevati dal dilemma  morale
di dover  scegliere  tra  il  rendere  una  testimonianza  veritiera,
rischiando cosi' di compromettere il proprio rapporto con l'imputato,
o il  rendere  una  testimonianza  inattendibile,  o  addirittura  il
dichiarare il falso,  per  proteggere  tale  rapporto  (sentenza  ...
contro Paesi Bassi, par. 65). 
    2.5 Posto che nel riconoscere o meno la  facolta'  di  astensione
dal deporre, il legislatore  opera  un  bilanciamento  d'interessi  -
quello pubblico all'accertamento dei  reati  e  quello  privato  alla
salvaguardia del rapporto familiare - lo stesso legislatore  gode  di
un certo margine di discrezionalita'. 
    Occorre allora chiedersi se la norma qui  censurata  (l'eccezione
alla facolta' di non testimoniare prevista per il prossimo  congiunto
persona  offesa)  sia  ragionevole  o  meno.  in  particolare  se  il
discrimina sia stato operato sulla base di un criterio  legittimo,  e
se la conseguente ingerenza della pubblica autorita'  sia  necessaria
in una societa' democratica. 
    2.6 Pare opportuno in proposito prendere le mosse dalla  disamina
delle modifiche intervenute tra il testo dell'art.  350  del  vecchio
codice di procedura penale e il testo dell'art. 199 del nuovo codice. 
    L'art.  350,  dopo  avere  previsto  la  generale   facolta'   di
astensione per i prossimi  congiunti  dell'imputato  (o  di  uno  dei
coimputati),  al  secondo  comma  affermava:  «Non  possono  tuttavia
astenersi quando sono  denuncianti,  querelanti  o  parti  civili,  o
quando il reato e' stato commesso  in  danno  di  un  altro  prossimo
congiunto dell'imputato  o  di  uno  dei  computati  e  non  si  puo'
altrimenti ottenere od integrare la  prova  del  reato  o  delle  sue
circostanze». 
    Nel nuovo art. 199 compare la nuova ipotesi di eccezione,  quella
qui  censurata;  e'  rettificata  una  delle  ulteriori  ipotesi  (si
attribuisce rilevanza al rapporto tra teste e persona offesa e non  a
quello tra imputato e persona offesa); e' eliminato ogni  riferimento
all'impossibilita' di ottenere o integrare la prova del reato o delle
sue circostanze per altra via. 
    La relazione illustrativa  del  progetto  preliminare  del  nuovo
codice cosi' ha motivato  la  scelta  in  relazione  alle  prime  due
novita': «[...] a proposito delle situazioni in cui offeso dal  reato
sia un prossimo  congiunto,  al  fine  di  ovviare  ad  una  anomalia
dell'art. 350 codice di procedura penale comma 2, gia'  segnalata  in
dottrina, si e' dato rilievo a queste due precise ipotesi: quella  in
cui offeso dal reato  sia  lo  stesso  testimone  prossimo  congiunto
dell'imputato, e quella in cui  offeso  dal  reato  sia  un  prossimo
congiunto non necessariamente dell'imputato, ma del testimone (a  sua
volta prossimo congiunto  dell'imputato).  Infatti,  se  nella  prima
ipotesi, essendo all'imputato addebitato di aver commesso un reato in
danno del testimone suo prossimo congiunto, vengono meno  ragioni  di
tutela di quei motivi d'ordine affettivo che giustificano la facolta'
di astensione, nella seconda ipotesi la concessione della facolta' di
astensione non ha piu' ragion d'essere,  posto  che  analoghi  motivi
d'ordine affettivo sono individuabili per il testimone nei  confronti
del proprio prossimo congiunto offeso dal reato e richiedono d'essere
tutelati  mediante  l'obbligo  testimoniale.»  Nulla   viene   invece
esplicitato circa la terza novita'. 
    Il  legislatore  storico  ha  dunque  ritenuto  cha,  i   vincoli
affettivi  o  comunque  di  solidarieta'  familiare  non  siano  piu'
meritevoli di tutela allorche' il reato sia posto in essere ai  danni
di un prossimo congiunto. 
    2.7  In  effetti,  anche  prescindendo   dalle   intenzioni   del
legislatore storico, non pare ravvisabile altra ratio. 
    In particolare, la qualita' di persona offesa non rileva  qui  in
relazione  alla  possibile  utilita'/essenzialita'   della   relativa
deposizione ai fini dell'accertamento dei fatti. Se infatti spesso le
dichiarazioni della persona  offesa  possono  fornire  un  contributo
importante alla ricostruzione storica  dei  fatti,  cio'  non  sempre
avviene: in molte ipotesi la persona offesa - per quanto titolare del
bene giuridico offeso dal reato - non  e'  presente  al  momento  dei
fatti (ad es. in ipotesi di utilizzo indebito di carte di credito)  o
non e' in condizione di percepirli correttamente (ad es. allorche' il
soggetto attivo sia travisato o allorche' i fatti si  svolgano  molto
rapidamente come nelle ipotesi di lesioni stradali); in altre ipotesi
la ricostruzione dei fatti puo' essere compiutamente effettuata sulla
base di altri elementi (filmati, deposizioni di testi oculari, ecc.),
anche  a  prescindere  dalle  dichiarazioni  della  persona   offesa.
Viceversa, in molti casi la deposizione del prossimo  congiunto  puo'
essere essenziale ai fini  dell'accertamento,  ma  lo  stesso  -  non
essendo persona offesa dal reato - puo' avvalersi regolarmente  della
facolta' di non deporre (ad es. in molti  casi  di  corruzione  o  di
reati economici). 
    Non e' dunque l'utilita' o l'essenzialita' della deposizione  del
prossimo congiunto il discrimine ai fini del  riconoscimento  o  meno
della facolta' di non rendere testimonianza. 
    In effetti,  il  requisito  dell'impossibilita'  di  ottenere  od
integrare la prova del reato o delle sue circostanze in  altro  modo,
previsto dal vecchio art. 350, non e' piu' stato previsto  nel  nuovo
art. 199. 
    2.8 Dunque cio' che priva il prossimo congiunto della facolta' di
astensione e' la qualita' di persona offesa, in quanto in tal caso il
legame familiare non e' ritenuto meritevole di tutela. 
    2.8.1 Innanzi  tutto,  detta  ratio  non  pare  rispettosa  della
presunzione d'innocenza  di  cui  all'art.  27,  comma  2  Cost.:  la
presunzione di non meritevolezza di tutela del  legame  familiare  e'
infatti operata  sulla  base  della  sola  imputazione  (e,  in  fase
d'indagini, sulla base della mera ipotesi accusatoria provvisoria) e,
alla stregua della stessa, il prossimo congiunto in  ipotesi  persona
offesa e' privato della facolta' di astensione. Se  nella  disciplina
codicistica del processo e' normale e legittima  l'attribuzione  alla
persona offesa di  diritti  e  facolta'  varie,  non  pare  viceversa
legittimo privare la stessa di una facolta' sulla base della ritenuta
non meritevolezza - in ragione della mera ipotesi accusatoria  -  del
suo rapporto familiare. 
    2.8.2 In  secondo  luogo,  il  citato  criterio  discretivo  pare
irragionevole e quindi costituzionalmente illegittimo in ragione  del
suo carattere incondizionato e assoluto. 
    L'art. 199 codice di procedura penale  non  opera  distinzioni  a
seconda della tipologia di reato in contestazione  o  della  gravita'
dello stesso. L'eccezione qui censurata opera sia in  caso  di  reato
doloso, sia in  caso  di  reati  colposi,  eventualmente  procedibili
d'ufficio (ad es. in materia di lesioni  aggravate  dalla  violazione
della normativa antinfortunistica o in materia  di  lesioni  stradali
aggravate).  Mentre  con  riguardo  a  molti   istituti   processuali
l'ordinamento prevede per la compressione  dei  diritti  fondamentali
degli individui un requisito in termini di gravita' del  fatto  o  di
allarme sociale che lo stesso puo' provocare (richiedendo che la pena
massima prevista per il reato in contestazione non sia  inferiore  ad
una certa soglia oppure che si  tratti  di  reato  per  il  quale  e'
previsto l'arresto obbligatorio in  flagranza),  nel  caso  in  esame
alcun requisito e' previsto a tale riguardo. 
    Nessuna rilevanza e'  attribuita  dalla  norma  in  questione  al
periodo di tempo, piu' o meno lungo, decorso dal momento dei fatti al
momento  in  cui  la  persona  offesa  e'  chiamata  a   rendere   la
testimonianza (unico limite  e'  dunque  il  generale  decorso  della
prescrizione, che pero'  potrebbe  essere  anche  rimasto  sospeso  a
lungo). 
    L'art. 199 c.p.p.. come gia' rilevato, neppure distingue in alcun
modo l'ipotesi in cui la deposizione del  prossimo  congiunto  offeso
dal reato sia essenziale per l'accertamento dei fatti dall'ipotesi in
cui detta deposizione non sia assolutamente necessaria. 
    Dunque ogni (ipotetico)  reato,  anche  remoto  nel  tempo  o  di
gravita' contenuta. renderebbe non meritevole di  tutela  il  vincolo
familiare. Quest'ultimo viene poi  sacrificato  a  prescindere  dalla
necessita' o meno del sacrificio  ai  fini  della  ricostruzione  dei
fatti. 
    In definitiva, la norma in questione  non  pare  soddisfare  quel
criterio di proporzionalita' spesso usato dalla Corte  costituzionale
ai fini del giudizio di ragionevolezza  e  dalla  Corte  europea  dei
diritti dell'uomo ai fini della  valutazione  della  legittimita'  di
un'ingerenza  pubblica  nell'esercizio  di  un  diritto  fondamentale
dell'individuo. 
    2.8.3 La considerazione per cui -  ove  vi  sia  stato  un  reato
all'interno della famiglia - il vincolo affettivo e  di  solidarieta'
non sarebbe meritevole di tutela e si potrebbe quindi costringere  la
persona offesa  alla  deposizione  non  pare  legittima  anche  sotto
ulteriori profili. 
    Tale  conclusione  pare  non  considerare  adeguatamente  che  la
persona offesa - quand'anche vittima del reato  -  si  troverebbe  in
ogni caso a dover affrontare il dilemma interiore tra il rendere  una
testimonianza  veritiera,  rischiando  cosi'  di   compromettere   la
posizione dell'imputato e comunque il proprio rapporto con lo stesso,
e il deporre il falso. L'ordinamento  pretende  pero'.  allorche'  il
teste prossimo congiunto sia  offeso  dal  reato,  di  sostituirsi  a
quest'ultimo nella soluzione del dilemma. 
    Cosi', paradossalmente, la qualita' di persona offesa dal reato -
che dovrebbe portare ad un regime di maggior tutela,  anche  in  base
alle norme internazionali - finisce per privare il prossimo congiunto
dell'imputato  della  possibilita'  di  sciogliere  autonomamente  il
proprio dilemma interiore e per esporre lo stesso al rischio concreto
di incorrere in una falsa testimonianza pur  di  non  danneggiare  il
proprio familiare. Con l'effetto per  cui  la  vittima  del  reato  -
anziche'  essere  salvaguardata  -  viene  costretta  a  deporre   ed
eventualmente perseguita per falsa testimonianza. 
    La scelta di non tutelare il rapporto familiare nel caso di teste
persona offesa dal reato pare inoltre irragionevole ove si  consideri
che il giudizio di non meritevolezza e' limitato al processo  in  cui
sia contestato il reato nei confronti del prossimo congiunto.  In  un
eventuale ulteriore processo a carico del medesimo soggetto, relativo
ad altri fatti, lo  stesso  prossimo  congiunto  -  che  non  ricopra
rispetto al nuovo fatto la qualita'  di  persona  offesa  -  potrebbe
regolarmente avvalersi della facolta' di  non  testimoniare  (e  cio'
magari nonostante l'irrevocabilita' ormai dell'accertamento del reato
in suo danno). 
    2.9 In via subordinata, si chiede alla  Corte  costituzionale  di
dichiarare illegittima la norma di cui all'art. 199, comma  1  codice
di procedura penale nella parte in cui, con  riguardo  alla  facolta'
dei  prossimi  congiunti  dell'imputato  di  astenersi  dal  deporre,
prevede  un'eccezione  per  la  persona  offesa   dal   reato   anche
nell'ipotesi in cui la deposizione del  prossimo  congiunto  non  sia
assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti. 
    Si  introdurrebbe  in  tal  modo  un  temperamento  al  carattere
assoluto della citata eccezione:  il  sacrificio  del  diritto  della
persona offesa a salvaguardare il proprio rapporto familiare  sarebbe
cosi' possibile solo ove necessario. 
    2.10 Pare opportuno  precisare  che  la  modifica  al  regime  di
audizione del prossimo  congiunto  dell'imputato  che  si  chiede  di
introdurre non interferisce  con  il  regime  di  procedibilita'  del
reato. 
    Non si vuole cioe' modificare il  regime  di  procedibilita'  del
singolo reato, che ove procedibile d'ufficio (come nel  caso  oggetto
del  presente  procedimento)  rimarrebbe  comunque   tale,   con   la
possibilita' comunque per il  pubblico  ministero  di  fornire  altri
elementi istruttori a supporto dell'accusa. 
    2.11 Inoltre, a  scongiurare  il  rischio  che  la  scelta  della
persona offesa di non deporre possa essere il frutto  di  violenze  o
minacce nei suoi confronti, permarrebbe comunque la  possibilita'  di
acquisire eventuali precedenti dichiarazioni ai sensi dell'art.  500,
comma 4 codice di procedura penale ove sussistano  elementi  concreti
per ritenere  che  la  stessa  sia  stata  sottoposta  a  violenza  o
minaccia. 
3. Possibilita' di un'interpretazione conforme 
    Non risultano percorribili interpretazioni conformi  della  norma
ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione,  chiaro  e
univoco  essendo  il  dato  letterale,  che  prevede  in  modo  netto
un'eccezione  alla   generale   facolta'   del   prossimo   congiunto
dell'imputato di astenersi dal deporre per l'ipotesi di teste persona
offesa dal reato. 
    Detta disposizione e'  peraltro  interpretata  in  modo  costante
dalla giurisprudenza in conformita' al citato dato letterale. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 Cost., 23 ss. legge n. 87/1953, 
    ritenuta d'ufficio la questione rilevante  e  non  manifestamente
infondata; 
    Solleva questione di legittimita' costituzionale - per violazione
degli articoli 3, 27 comma 2, 29 e 117 Cost.  (l'art.  117  Cost.  in
relazione all'art.  8  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali) - della norma di cui
all'art. 199, comma 1 del codice di procedura penale nella  parte  in
cui, con riguardo alla facolta' dei prossimi congiunti  dell'imputato
di astenersi dal deporre, prevede un'eccezione per la persona  offesa
dal reato; 
    in subordine della norma di cui all'art. 199, comma 1 del  codice
di procedura penale nella parte in cui, con  riguardo  alla  facolta'
dei  prossimi  congiunti  dell'imputato  di  astenersi  dal  deporre,
prevede  un'eccezione  per  la  persona  offesa   dal   reato   anche
nell'ipotesi in cui la deposizione  del  prossimo  congiunto  persona
offesa dal reato non sia assolutamente necessaria per  l'accertamento
dei fatti. 
    Sospende  il  giudizio  in  corso  ed  i  relativi   termini   di
prescrizione, fino  alla  definizione  del  giudizio  incidentale  di
legittimita' costituzionale. 
    Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale  della
presente ordinanza e degli atti del procedimento,  comprensivi  della
documentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche'  per  la
comunicazione ai presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato
della Repubblica e  per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo
processuale alla Corte costituzionale. 
    Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23,  comma  4,  legge  n.
87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza  e  che,
pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o  devono
considerarsi presenti, ex art. 148, comma 5 del codice  di  procedura
penale. 
        Firenze, 12 febbraio 2024 
 
                        Il Giudice: Attina'