N. 55 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 gennaio 2024
Ordinanza del 31 gennaio 2024 del G.U.P. presso il Tribunale di Bologna nel procedimento penale a carico di S.A.P.. Reati e pene - Reato di rapina - Rapina impropria - Trattamento sanzionatorio - Mancata previsione di una diminuente quando, per la natura, la specie, i mezzi, le modalita' o le circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuita' del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita'. - Codice penale, art. 628, secondo comma.(GU n.15 del 10-4-2024 )
TRIBUNALE DI BOLOGNA Sezione G.U.P. Il giudice, dott. Andrea Salvatore Romito, nel procedimento sopra indicato a carico di P. S. A., nato in ... il ..., elettivamente domiciliato presso la residenza anagrafica in ... n. ..., difeso di fiducia dall'avv. Alessandro Cristofori del foro di Bologna e imputato del delitto di cui all'art. 628, comma 2, codice penale «perche' alle ore ... circa, dopo essere stato sorpreso da H. S. durante la sottrazione dal negozio «...» di via ..., n. ..., ...; di una bottiglia di vino, al fine di assicurarsi il possesso della cosa sottratta usava violenza nei confronti del dipendente del negozio sferrandogli un calcio all'addome e cercando di colpirlo alla testa con la stessa bottiglia, allontanandosi poi insieme ad altre persone con direzione via del ... e venendo rinvenuto ancora in possesso del bene sottratto dalla Pattuglia Carabinieri in via ... in ..., il ...», ha pronunciato la seguente ordinanza. Il giudice dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 628, comma 2, del codice penale, nella parte in cui non prevede una diminuente quando la natura, la specie, i mezzi, le modalita' o le circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuita' del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita'. Si ritiene che la questione sia rilevante e non manifestamente infondata. 1. Svolgimento del processo. Con istanza datata ... il P.M. sede avanzava richiesta di emissione del decreto di rinvio a giudizio nei confronti di P. S. A. per il reato a lui ascritto in rubrica. All'udienza del 27 settembre 2023, alla quale si perveniva a seguito di alcuni rinvii semplici, il difensore, munito di apposita procura speciale, instava per la prosecuzione del procedimento secondo le forme rituali del giudizio abbreviato, la cui concreta trattazione era differita al 20 dicembre 2023; in tale sede, le parti formulavano le rispettive conclusioni, nei termini indicati nel verbale d'udienza. In particolare, il P.M, esposti i fatti, chiedeva affermarsi la responsabilita' dell'imputato per il reato contestato, con condanna alla pena finale di anni ... di reclusione, unitamente al pagamento di ... euro di multa, previo riconoscimento della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuita' e delle circostanze attenuanti generiche; il difensore, di contro, chiedeva sollevarsi, in via principale, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 628, comma 2, del codice penale nella parte in cui non prevede un adeguamento del trattamento sanzionatorio all'effettivo disvalore della condotta, trattandosi di atto predatorio bagatellare; in subordine chiedeva riqualificarsi il reato in furto tentato. Il giudice, ritenendo la questione di legittimita' costituzionale sopra esposta aderente alle condizioni previste dall'art. 23, legge n. 87 dell'11 marzo 1953, rinviava per l'assunzione dei provvedimenti conseguenti all'udienza del 31 gennaio 2024. 2. Il fatto storico. La vicenda processuale e' agevolmente sintetizzabile, traendo a tal fine diretto spunto dall'atto accusatorio sporto il ... da H. S., dipendente del negozio di alimentari «... », e dalle ulteriori evenienze investigative delle quali si dara' a breve conto. Ricordava, il querelante, di aver osservato l'ingresso di quattro giovani, di eta' compresa tra i venti e i ventiquattro anni, all'interno del locale; mentre uno degli avventori, dopo aver regolarmente acquistato due bottiglie di birra, usciva insieme alle due ragazze, il quarto ragazzo, vestito con un giubbotto giallo e un cappello bianco con visiera, si avvicinava al bancone dei vini e, prelevata una bottiglia di vino spumante «...», dal costo pari a ... euro, la celava all'interno del soprabito, per poi allontanarsi senza corrispondere il dovuto. Accortosi dell'accaduto, il S. seguiva il responsabile lungo la via ..., intimandogli di tornare indietro e pagare la merce sottratta; a quel punto, tentava di tornare in possesso della bottiglia, ma il giovane «resisteva e mi sferrava prima un calcio all'altezza dell'addome e poi con la stessa bottiglia di vino cercava di colpirmi alla testa, ma senza riuscirci». Erano dunque allertati i Carabinieri, il cui intervento consentiva di fermare e identificare i componenti il gruppo. Le dichiarazioni del querelante trovavano ampio riscontro nella deposizione resa da R. V., proprietario del locale situato di fronte al negozio di alimentari in questione e presente al momento della conseguente colluttazione («il ragazzo con giubbotto giallo sferrava un calcio all'altezza del torace e un pugno al volto del commerciante, vittima presumibilmente di un furto, in quanto i ragazzi e le ragazze avevano con se' delle bottiglie»); e, ancora, nell'attivita' perquisitiva, attestata dai verbali allegati al fascicolo processuale. 3. La qualificazione giuridica del fatto. Ad avviso del giudicante la vicenda in esame, cosi' come correttamente ipotizzato dalla Procura, integra gli estremi del reato di cui all'art. 628, comma 2, del codice penale; apparendo invero evidente che l'imputato avesse adoperato violenza nei confronti del dipendente dell'esercizio commerciale in un momento successivo alla sottrazione della cosa, al precipuo scopo di assicurarsi il definitivo possesso della res. Sul punto, non rileva che la violenza sia stata esercitata nei confronti di una persona diversa rispetto al detentore della cosa ne' che sia trascorso un - invero minimale - lasso temporale tra l'impossessamento della cosa e la condotta violenta, essendo di contro sufficiente che tra le due azioni sussista un nesso di causalita' tale da avere carattere di strumentalita' e che «tra le due diverse attivita' intercorra un arco temporale tale da non interrompere l'unitarieta' dell'azione volta a impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o ad assicurare al colpevole l'impunita'» (Cass. Pen. n. 30775 del 10 maggio 2023). Ancora. Ai fini della configurabilita' del reato di rapina impropria consumata, occorre osservare come il dato letterale della norma incriminatrice, facendo riferimento all'elemento dell'impossessamento come parte del dolo specifico e non come evento di reato, conduce a ritenere che il delitto si perfezioni nel momento stesso della sottrazione della cosa mobile altrui, a nulla rilevando la mera temporaneita' del possesso conseguito. Ebbene, essendo il delitto di rapina classificato come reato a carattere plurioffensivo e natura complessa, posto a tutela tanto del bene patrimoniale quanto del bene personale della liberta' morale, la cui formulazione comprende sia la condotta di sottrazione e impossessamento tipica del reato di furto che quella rispondente al tipo di violenza adoperata, non e' condivisibile l'argomentazione difensiva riguardo la necessita' di riqualificare il reato da rapina impropria consumata in furto tentato. Innanzitutto, il reato di furto si consuma «quando il bene trafugato passa, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui e' stato sottratto, sotto il dominio esclusivo dell'agente, sicche' sono irrilevanti sia il fatto che la res furtiva rimanga nella sfera di vigilanza della persona offesa, con la possibilita' del suo pronto recupero, sia la durata del possesso, sia, infine, le modalita' di custodia e di trasporto» (Cass. Pen. n. 33605 del 17 giugno 2022). Nel caso di specie, l'imputato senz'altro acquisiva la piena disponibilita' della refurtiva, anche se per breve tempo, atteso che la bottiglia di vino sottratta era rivenuta vuotata del proprio contenuto (chiara, sul punto, e' l'annotazione di p.g.). Inoltre, non residuano dubbi in ordine alla perpetrazione della condotta violenta ai danni del lavoratore, attesa l'appurata congruita' di quanto dichiarato dal medesimo con la versione resa dal testimone oculare nell'immediatezza del fatto, entrambi concordi nell'affermare che il giovane avesse sferrato prima un calcio al torace e poi un colpo alla testa dell'uomo. Cosi' ricostruita la dinamica dell'accaduto, si ravvisa la piena ascrivibilita' della condotta posta in essere dall'imputato nell'ambito di applicazione individuato dall'art. 628, comma 2, del codice penale. 4. La rilevanza della questione. Ritiene il giudice la rilevanza nel caso di specie della questione di legittimita' costituzionale in relazione alla pena detentiva minima applicabile, in caso di condanna, per il reato di rapina impropria, a seguito della pronuncia d'incostituzionalita' di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2023 in merito al reato di estorsione, per violazione degli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione nella parte in cui non prevede che la pena dalla norma comminata sia diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalita' o circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuita' del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita'. Nel caso di specie, l'intervallo edittale contemplato dal secondo comma dell'art 628 del codice penale, tramite richiamo alla disposizione precedente, oscilla da cinque a dieci anni di reclusione e da 927,00 a 2.500,00 euro di multa. Le sanzioni previste per la fattispecie base, precedentemente stabilite nel minimo in anni tre di reclusione e in 516,00 euro di multa, hanno subito un irrigidimento progressivo, prima tramite la modifica legislativa apportata dall'art. 1, comma 8, lettera a), legge n. 103 del 16 giugno 2017, recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario, e poi mediante l'art. 6, comma 1, lettera a), legge n. 36 del 26 aprile 2019, (Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa), che ha da ultimo novellato la norma incriminatrice a partire dall'ipotesi non aggravata di cui al primo comma, innalzando da quattro a cinque anni il minimo edittale della reclusione per la rapina semplice. Al riguardo, si evidenzia come la stessa Corte, pronunciandosi in merito alla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 628, comma 2, del codice penale, in relazione agli articoli 3, 25, comma 2, e 27, comma 3, della Costituzione, laddove prevede per il reato di rapina impropria la stessa pena stabilita per il reato di rapina propria di cui al primo comma della medesima norma, ha osservato che «La pressione punitiva attualmente esercitata riguardo ai delitti contro il patrimonio e' ormai diventata estremamente rilevante. Essa richiede percio' attenta considerazione da parte del legislatore, alla luce di una valutazione, complessiva e comparativa, dei beni giuridici tutelati dal diritto penale e del livello di protezione loro assicurato.» (Corte costituzionale n. 190 del 31 luglio 2020; Corte costituzionale n. 111 del 27 maggio 2021). Un tale inasprimento della risposta punitiva, concretizzatosi appunto nell'innalzamento del minimo edittale della pena detentiva, senza una contestuale previsione specifica di un'ipotesi attenuata qualora il fatto sia di lieve entita', rischia di compromettere la funzione primaria di finalita' rieducativa della pena, impedendo di fatto la commisurazione del trattamento sanzionatorio al reale disvalore offensivo del fatto. Nello specifico, il danno patrimoniale arrecato al titolare dell'esercizio commerciale, pari al valore della bottiglia di vino sottratta, era quantificato in 5,50 euro, cifra che risulta essere di modestissima entita', se non irrisoria, tale da ritenere quantomeno congrua l'applicazione della circostanza attenuante comune della speciale tenuita' del danno e del lucro di cui all'art. 62, comma 1, n. 4) del codice penale. Ad evidenziare tale profilo interviene anche il carattere estemporaneo della condotta violenta perpetrata dall'imputato ai danni del lavoratore, per di piu' produttiva di conseguenze lesive non note, ma con ogni verosimiglianza modeste. La valutazione in ordine alla scarsa gravita' del fatto, unitamente alla considerazione relativa alla personalita' dell'imputato, privo di pregiudizi, consente altresi' di ipotizzare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62-bis del codice penale. Eppure, nonostante l'applicazione di tali fattori riduttivi consenta senza dubbio un migliore adeguamento della pena al caso concreto, cio' non puo' costituire elemento correttivo della sproporzione dei minimi edittali individuati dal legislatore, rispondendo il dato circostanziale e quello sanzionatorio a esigenze e a parametri diversi dell'ordinamento giuridico. Sul punto e' intervenuta la stessa Corte costituzionale, specificando che la funzione «naturale» delle circostanze attenuanti generiche «e' quella di adeguare la misura della pena alla sussistenza di speciali indicatori (oggettivi o soggettivi) di un minor disvalore del fatto concreto all'esame del giudice rispetto alla gravita' ordinaria dei fatti riconducibili alla fattispecie base di reato; e non gia' quella di correggere l'eventuale sproporzione dei minimi edittali stabiliti dal legislatore rispetto a un fatto il cui disvalore sia conforme a quello che ordinariamente caratterizza la fattispecie criminosa» (Corte costituzionale n. 63 del 10 marzo 2022). Pertanto, anche ove la pena venisse contenuta nel minimo edittale, pur considerata l'applicazione delle circostanze attenuanti sopra evidenziate, sarebbe comunque individuabile una palese sproporzione del sacrificio della liberta' personale, provocata da una sanzione manifestamente eccessiva rispetto al disvalore dell'illecito in esame; ben potendosi, di contro, addivenirsi ad un differente esito laddove fosse introdotta un ulteriore e specifico fattore riduttivo, in grado di fornire adeguato valore a natura, specie, mezzi, modalita' o circostanze dell'azione, ovvero alla particolare tenuita' del danno o del pericolo, cosi' da rendere il fatto di lieve entita'. 5. La non manifesta infondatezza della questione. Tanto premesso, la disposizione censurata si pone in violazione del combinato disposto dagli articoli 3, comma 1, e 27, comma 1 e 3, della Costituzione, e quindi in contrasto con i principi di uguaglianza e ragionevolezza, di personalita' della responsabilita' penale e della funzione rieducativa della pena, i quali impongono di modellare equamente la risposta punitiva alla specificita' del singolo fatto e al reale grado di colpevolezza dell'agente, al fine di non pregiudicare la finalita' rieducativa della stessa. In particolar modo, il giudice dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 628, comma 2, del codice penale, in relazione ai suddetti parametri costituzionali nella parte in cui non prevede una diminuente quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalita' o le circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuita' del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita'. Nonostante le scelte di dosimetria della pena costituiscano prerogativa esclusiva del potere legislativo, cio' non preclude «l'intervento di questa Corte laddove le scelte sanzionatorie adottate dal legislatore si siano rivelate manifestamente arbitrarie o irragionevoli e il sistema legislativo consenta l'individuazione di soluzioni, anche alternative tra loro, che, per la omogeneita' che le connota rispetto alla norma censurata, siano tali da "ricondurre a coerenza le scelte gia' delineate a tutela di un determinato bene giuridico, procedendo puntualmente, ove possibile, all'eliminazione di giustificabili incongruenze" (precedente citato: sentenza n. 236 del 2016)». (Corte costituzionale n. 233 del 7 dicembre 2018). Pertanto, onde ricondurre a coerenza il sistema normativa, la ragionevolezza della misura punitiva in esame va esaminata sulla base del canone ermeneutico costituito dal canone di proporzionalita', cosi' come declinato e assorbito dai principi sanciti e disciplinati all'art. 3 della Costituzione. Invero, alla luce del giudizio di ragionevolezza, il cui fondamento teorico e' radicato nel principio di uguaglianza, emerge una manifesta sperequazione sanzionatoria in relazione ad altre ipotesi di reato, assimilabili alla rapina impropria, sia sotto il profilo strutturale che in punto di bene giuridico tutelato, o comunque piu' gravi relativamente al trattamento sanzionatorio, rispetto alle quali il legislatore ha comunque previsto una circostanza attenuante speciale per i fatti di lieve entita'. A far luce sulla manifesta arbitrarieta' del dettato normativo oggetto di impugnazione di costituzionalita' interviene innanzitutto il raffronto con il reato di cui all'art. 629 del codice penale, trattandosi di figura strettamente affine e sostanzialmente omogenea rispetto a quella del reato di rapina impropria di cui all'art. 628, comma 2 del codice penale, sia per la cornice edittale prevista per la fattispecie base, che per essere posto a protezione dei medesimi beni giuridici del patrimonio e della liberta' morale, rispetto al quale la Corte adita e' intervenuta dichiarandone l'incoerenza costituzionale «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata e' diminuita quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalita' o circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuita' del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita'». (Corte costituzionale n. 120 del 15 giugno 2023). Ulteriore fattispecie che si pone come tertium comparationis e' l'art. 630 del codice penale, che disciplina il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione, anch'esso collocato sistematicamente tra i delitti contro il patrimonio commessi mediante violenza alle persone o alle cose, nei confronti del quale - pur essendo piu' grave rispetto alla rapina impropria, stante la maggiore severita' del regime sanzionatorio - la Corte si e' espressa censurando la mancata previsione di una fattispecie attenuata laddove il fatto risulti di particolare tenuita' (Corte costituzionale n. 68 del 23 marzo 2012). Inoltre, vengono in rilievo il compendio di norme poste a tutela della personalita' dello Stato, il cui quadro sanzionatorio risulta piu' gravoso rispetto a quello della rapina impropria, e nei confronti dei quali trova applicazione la diminuente prevista dall'art. 311 del codice penale «quando per la natura, la specie, i messi, le modalita' o circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuita' del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita'». Nello specifico, rileva l'art. 289-ter del codice penale in materia di sequestro di persona a scopo di coazione, dal dosaggio sanzionatorio ben piu' rigoroso rispetto al reato di rapina, il cui ultimo comma prevede espressamente una diminuente se il fatto e' di lieve entita'. La mancanza di una previsione di un'attenuante di lieve entita' per il reato di rapina impropria appare poi ulteriormente distonica rispetto alla diminuente della pena prevista dall'art. 323-bis del codice penale per i fatti di particolare tenuita' in ordine ai delitti contro la pubblica amministrazione, alcuni dei quali presentano un meccanismo sanzionatorio piu' grave rispetto alla rapina, in particolar modo i reati di cui agli articoli 314, 317, 319 e 319-quater del codice penale. Da ultimo, si evidenzia la disposizione prevista dall'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 9 ottobre 1990, in materia di sostanze stupefacenti, la quale ammette per i fatti di lieve entita' un'autonoma imposizione sanzionatoria ridotta rispetto alla fattispecie prevista ai commi 1 e 4 del medesimo articolo. Rispetto a tutti i citati delitti si ritiene, allora, che emerga una irragionevole disparita' di trattamento, stante la previsione di ipotesi mitigative della pena, non previste invece per il reato di rapina impropria. Un ulteriore profilo di censura della fattispecie incriminatrice rispetto al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della costituzione emerge in relazione all'eccessiva severita' del minimo edittale previsto dal legislatore, che di fatto neutralizza la discrezionalita' giudiziale in punto di determinazione del trattamento punitivo ed impedisce una opportuna gradazione della pena al reale disvalore del fatto. Dalla previsione di un tale arco edittale consegue, dunque, una visibile sproporzione sanzionatoria per tutti quei fatti la cui offensivita' risulta essere estremamente ridotta e che destano uno scarso allarme sociale. Allo stesso modo, tale eccessivo rigore del minimo edittale, unitamente alla mancata previsione di una diminuente per i fatti di lieve entita', integra anche un contrasto con l'art. 27, commi 1 e 3, della Costituzione. Tale dettato costituzionale, infatti, fonda il principio della individualizzazione della risposta sanzionatoria alle caratteristiche del caso concreto - la quale «deve tenere conto dell'effettiva entita' e delle specifiche esigenze dei singoli casi, quale naturale attuazione e sviluppo di principi costituzionali, cosi' da rendere quanto piu' possibile "personale" la responsabilita' penale e "finalizzata" la sanzione, nella prospettiva segnata rispettivamente dall'art. 27, primo e terzo comma, della Costituzione» (Corte costituzionale n. 7 del 18 gennaio 2022) - e della simmetria tra il grado del disvalore espresso dalla condotta e la risposta punitiva, sul presupposto che una pena manifestamente sproporzionata inibirebbe la funzione rieducativa cui la pena deve tendere, in quanto percepita dall'autore del reato come ingiusta rispetto dell'offesa arrecato dal comportamento illecito. Infine, dev'essere esclusa la possibilita' di un'interpretazione costituzionalmente conforme della fattispecie in questione, essendo inequivocabile il dato letterale della norma. Per tutto quanto sopra, in definitiva, la questione di legittimita' costituzionale con riferimento ai parametri di cui agli articoli 3 e 27, commi 1 e 3 della Costituzione appare rilevante e non manifestamente infondata.
P. Q. M. Visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 ss. della legge 11 novembre del 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale - per violazione degli articoli 3 e 27, commi 1 e 3 della Costituzione - della norma di cui all'art. 628, comma 2, codice penale nella parte in cui non prevede una diminuente quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalita' o le circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuita' del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita'; Sospende il giudizio in corso, ed i relativi termini di prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale; Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso; Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza alla Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale; Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23, comma 4, legge n. 87 dell'11 marzo 1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono considerarsi presenti. Bologna, 31 gennaio 2024 Il giudice: Romito