N. 699 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 giugno 1999

                                N. 699
  Ordinanza  emessa  il  4  giugno  1999 dalla Corte di cassazione sul
 ricorso proposto da Stefani  Onesto  ed  altro,  in  proprio  e  n.q.
 contro la regione Toscana
 Sanzioni  amministrative - Norme della regione Toscana - Applicazione
    di sanzioni pecuniarie (nella  specie,  in  materia  sanitaria)  -
    Pagamento  in  misura  ridotta - Possibilita' di irrogazione nella
    sola misura di un terzo del massimo, quando non sia  previsto  uno
    specifico  minimo  edittale  -  Contrasto  con  il principio della
    legislazione statale che consente il pagamento ridotto  in  misura
    pari  al  doppio  del  minimo  desumibile  dal  tipo  di  sanzione
    applicata  -  Richiamo  alla  sentenza  n.  152/1995  della  Corte
    costituzionale.    Legge  regione Toscana 12 novembre 1993, n. 85,
    art. 7.
 Costituzione, art. 117, in relazione alla legge 24 novembre 1981,  n.
    689, art. 16.
(GU n.52 del 29-12-1999 )
                      LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  proposto da
 Stefani Onesto e Stefani Umberto entrambi in proprio e nella qualita'
 di legali rappresentanti della Centrolatte Lucca S.r.l., corrente  in
 Lucca,  elettivamente  domiciliati  in  Roma, L.re Michelangelo n. 9,
 presso lo studio dell'avvocato  Filippo  Biamonti,  che  li  difende,
 giusta delega in atti, ricorrenti;
   Contro  la  regione Toscana, in persona del presidente pro-tempore,
 elettivamente domiciliata in Roma, via del Viminale n. 43, presso  lo
 studio   dell'avvocato   Fabio   Lorenzoni,  che  la  difende,  anche
 disgiuntamente, insieme all'avvocato Mary Rosa Ciofi,  giusta  delega
 in  atti, controriccorrente, avverso la sentenza n. 31/97 del pretore
 di Pistoia, emessa il 5 dicembre 1996, e  depositata  il  1  febbraio
 1997, (r.g. 249/96);
   Udita  la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4
 giugno 1999 dal consigliere dott. Alberto Talevi;
   Udito l'avvocato Filippo Biamonti;
   Udito l'avvocato Mario Loria (per delega avv. F. Lorenzoni);
   Udito il p.m. in persona del sostituto procuratore  generale  dott.
 Ennio  Attilio Sepe che ha concluso per il rigetto del primo motivo e
 l'accoglimento del secondo.
                             O s s e r v a
   Con ricorso ex art. 22, legge n. 689/1981 depositato il 22 febbraio
 1996,  la  Centrolatte   Lucca   S.r.l.   in   persona   dei   legali
 rappresentanti  Stefani  Onesto  e  Umberto  e  gli stessi in proprio
 ricorrevano,  innanzi   al   pretore   di   Pistoia,   per   ottenere
 l'annullamento   delle  ordinanze  della  regione  Toscana  -  Giunta
 regionale  -  Dipartimento   della   programmazione   delle   risorse
 finanziarie  e  patrimoniali  -  numeri 11867 e 11868 emesse nei loro
 confronti in data 15 gennaio 1996 con le quali  era  stato  loro  (in
 solido)  ingiunto  il pagamento della somma di L. 306.100 comprese le
 spese di notifica relativa al verbale di  contestazione  n.  820/1994
 dell'11  agosto  1994  elevato  dal  Servizio  igiene  pubblica e del
 territorio ex U.S.L. n. 8 di Pistoia con il quale era  contestata  la
 violazione  dell'art.  43  d.P.R.  n.  327/1980  sanzionata  ai sensi
 dell'art. 17, legge n. 283/1962.
   A sostegno della propria opposizione veniva  proposto  tra  l'altro
 quanto segue:
     in  data  11  agosto  1994 personale dell'Unita' operativa igiene
 pubblica e territorio  presente  in  Serravalle  Pistoiese  localita'
 Casalguidi  aveva  redatto  il  verbale n. 821/94 a carico di Stefani
 Umberto,  nella  sua  qualita'  di  amministratore   della   societa'
 ricorrente,  con invito a pagare - in solido con la stessa societa' -
 la somma di L. 500.000 per delle abrasioni ed ossidazioni riscontrate
 su un camion frigorifero della ricorrente;
     in  data  2  settembre  1994 con bollettino n. 0073 di versamento
 postale  sul  c/c  n.  25228503  intestato  alla  regione  Toscana  -
 Tesoreria  regionale,  la  Centrolatte  Lucca S.r.l. aveva provveduto
 allo spontaneo pagamento della somma di L.  8.000  "a  definizione  e
 saldo della effettiva sanzione irrogabile";
     con  memoria ex art. 18, legge n. 689/1981 lo Stefani aveva fatto
 presente all'amministratore della U.S.L. n. 8 i motivi  per  i  quali
 aveva  provveduto al pagamento della somma di L. 8.000 precisando che
 la violazione di cui all'art. 43,  d.P.R.  n.  327  1980,  sanzionata
 dall'art.  17  della  legge  n.  283/1962,  prevedeva l'ammenda nella
 misura massima di L. 1.500.000, senza l'indicazione di  alcun  minimo
 edittale;  che  pertanto  valeva e vale in tal caso il riferimento al
 minimo  generale  dell'art.  26  cod.  pen.  secondo  cui  "la   pena
 dell'ammenda  consiste  nel  pagamento  allo  Stato  di una somma non
 inferiore a L. 4.000"; che tale norma, letta  in  combinato  disposto
 con  l'art. 16 della legge n. 689/1981, il quale dispone il pagamento
 in misura corrispondente "alla terza parte del massimo della sanzione
 prevista per la violazione commessa o, se piu' favorevole, al  doppio
 del  minimo della sanzione edittale" (che abbiamo appena visto essere
 L. 4.000), comportava che la sanzione  in  effetti  applicabile  alla
 fattispecie fosse di L. 8.000; successivamente erano state notificate
 le ordinanze ingiunzioni opposte.
   Il  pretore  di  Pistoia,  con  sentenza 5 dicembre 1996-1 febbraio
 1997, rigettava il ricorso esponendo le seguenti argomentazioni.
   L'art. 7 della legge regionale n. 85 del 12 novembre  1993  entrata
 in vigore il 4 dicembre 1993 prevede espressamente che, quando in una
 norma  che  prevede  una  sanzione amministrativa non sia indicato il
 minimo edittale, il pagamento in misura ridotta deve essere pari alla
 terza parte del massimo edittale stabilito per la violazione.
   Tale norma va applicata anche nel caso di specie. L'interpretazione
 della Corte costituzionale resa con la sentenza n. 152 del 4-8 maggio
 1995, essendo relativa ad altra disposizione di legge  della  regione
 Abruzzo  esclusivamente  dettata  per  la materia sanitaria, non pare
 poter essere estesa analogicamente al  piu'  generale  art.  7  della
 legge regionale n. 85/1993.
   Del pari, non pare meritevole di rilevanza la proposta questione di
 legittimita'   costituzionale  del  suddetto  articolo  in  relazione
 all'art. 117 della Costituzione.
   Contro questa decisione ricorrono per cassazione,  con  due  motivi
 illustrati anche con memoria, Stefani Onesto e Stefani Umberto, nella
 qualita'  di legali rappresentanti della Centrolatte Lucca S.r.l., ed
 in proprio.
   La regione Toscana resiste con controricorso.
   Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano  violazione  e  falsa
 applicazione  di  legge  per  aver  ritenuto la violazione contestata
 materia riservata alla  disciplina  regionale  e  comunque  per  aver
 ritenuto  che  l'art.  7 della legge regione Toscana n. 85/1993 possa
 violare principi di diritto posti da norme statali quali  l'art.  26,
 cod.  pen. e l'art. 16, legge n. 689/1981 (art. 360, n. 3, cod. proc.
 civ.),  nonche'  omessa  o  insufficiente  motivazione  su  un  punto
 decisivo della controversia (art. 360,  n.  5,  cod.  proc.  civ.  in
 relazione  all'art.    112,  cod.  proc. civ.), esponendo tra l'altro
 quanto segue.
   Il  pretore  di  Pistoia viola gravemente la legge ritenendo che la
 materia sanitaria di cui alla violazione contestata ex  art.  43  del
 d.P.R.  n.  327/1980 faccia parte delle competenze regionali; inoltre
 si pone la verifica dei  poteri  delle  regioni  di  violare  diritti
 generali  dei  cittadini  posti  da norme dell'ordinamento statale in
 materia di sanzioni economiche.
   Un conto e' infatti reputare che una certa  materia  rientri  nella
 competenza  assegnata  alle  regioni  o  che  queste possano irrogare
 sanzioni per funzioni comunque ad esse delegate, e ben altro conto e'
 dedurre da questo (erroneo nella fattispecie)  convincimento  che  la
 regione  possa  porre  di  fatto  nel  nulla,  con  proprie  norme di
 contenuto    sanzionatorio,  altre  norme  di  generale  applicazione
 nell'ordinamento statale che costituiscono addirittura non  violabili
 principi  generali  di  diritto, quali li ha ritenuti la stessa Corte
 costituzionale (sentenza n.  152 dell'8 maggio 1995) nel decidere  su
 questione  identica a quella che si occupa e nella quale era in esame
 appunto l'art. 5 (rectius 6) della legge della regione Abruzzo n.  47
 del 19 luglio 1984.
   Ritiene   questa   Corte  che  la  questione  di  costituzionalita'
 denunciata dai ricorrenti sia rilevante ai fini della decisione e che
 non sia manifestamente infondata.
   Infatti la legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt.  242,
 243,  247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato
 con  r.d.  27  luglio  1934,  n.  1265:  disciplina  igienica   della
 produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande,
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  139  del  4  giugno1962),
 all'art.  17  stabilisce:    "I  contravventori   alle   disposizioni
 contenute nel regolamento generale di esecuzione della presente legge
 e  ai  vari  regolamenti  speciali sono punti con l'ammenda fino a L.
 500.000.".
   La legge regione Toscana 12 novembre 1993, n. 85 (Disposizione  per
 l'applicazione  delle sanzioni amministrative pecuniarie) all'art.  7
 (Pagamento in misura ridotta) stabilisce: "... Nel  caso  in  cui  la
 norma  che  prevede  la  sanzione  non indichi il minimo edittale, il
 pagamento in misura ridotta e' pari  alla  terza  parte  del  massimo
 edittale stabilito per la violazione...".
   La  Corte  costituzionale,  con  sentenza  n.  0152  del  1995, nel
 giudizio di legittimita'  costituzionale  sollevato  dal  pretore  di
 Pescara,  in riferimento all'art. 117 della Costituzione, dell'art. 5
 (recte:  6) della legge della regione Abruzzo del 19 luglio 1984,  n.
 47 (nella parte in cui si statuisce che "nel caso la disposizione non
 preveda  il  minimo  di sanzione amministrativa, ma determini solo il
 massimo, e' consentito il pagamento ridotto nella sola misura  di  un
 terzo  del  massimo",  non  consentendo  partanto  all'interessato di
 accedere  al  pagamento  della  sanzione  in  misura  ridotta,   come
 disciplinato  dall'art.  16 della stessa legge n. 689, corrispondendo
 il doppio del  minimo  edittale  ricavato,  secondo  l'interpretazine
 della  Corte  di  cassazione,  dal  disposto  dell'art. 26 del codice
 penale) ha dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  6,
 secondo  comma,  della legge della regione Abruzzo 19 luglio 1984, n.
 47 (Norme per l'applicazione delle sanzioni amministrative in materia
 sanitaria), osservando tra l'altro quanto segue.
   "... L'art. 16 della legge n. 689 del 1981, recante: ''Modifiche al
 sistema penale'', disciplina il pagamento  in  misura  ridotta  delle
 sanzioni  amministrative  statuendo  che  le  stesse  possono  essere
 estinte mediante il pagamento di una somma ''pari  alla  terza  parte
 del  massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se
 piu' favorevole, al doppio del minimo della sanzione edittale''.
   A tale norma, per il suo  rilievo  nel  contesto  della  disciplina
 generale posta in tema di sanzioni amministrative, va riconosciuto il
 valore   di   principio  suscettibile  di  vincolare  il  legislatore
 regionale (... Omissis ...).
   Il rispetto del principio sanzionatorio nell'art. 16 della legge n.
 689 del 1981 impedisce, pertanto, alla regione di bloccare la  misura
 della  sanzione  ridotta  solo  in  relazione  al  terzo  del massimo
 edittale, dal  momento  che,  in  ogni  caso,  occorre  garantire  al
 soggetto   colpito  la  possibilita'  di  scelta  della  misura  piu'
 favorevole tra le due dalla stessa norma indicate: con la conseguenza
 che la regione, in assenza di un  minimo  specificamente  sanzionato,
 non  puo'  sottrarre  a  chi  sia  interessato al pagamento in misura
 ridotta la possibilita' di ottemperare al proprio obbligo utilizzando
 il  richiamo  anche  al  minimo  desumibile  in  via  generale  della
 disciplina relativa al tipo di sanzione applicata ...".
   Salla  base  di  quanto sopra esposto, anche in considerazine della
 somiglianza di contenuto delle due norme sopra indicate (art. 6 della
 legge della regione Abruzzo del 19 luglio 1984, n. 47 ed art. 7 della
 legge regione Toscana del 12 novembre 1993, n. 85)  la  questione  di
 costituzionalita'   denunciata   deve  ritenersi  non  manifestamente
 infondata; di conseguenza, a norma dell'art. 23 della legge 11  marzo
 1953,  n.    83,  il  giudizio  deve essere sospeso e gli atti devono
 essere trasmessi alla Corte costituzionale per la  risoluzione  delle
 questioni sopra enunziate.
   Inoltre  si  deve ordinare che a cura della cancelleria la presente
 ordinanza sia notificata alle parti in causa, al pubblico  ministero,
 al  presidente  della  Giunta  regionale  della regione Toscana ed al
 presidente del Consiglio regionale di detta regione.
                               P. Q. M.
   Dichiara non manifestamente infondata la questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art. 7 della legge regione Toscana n. 85/1993 in
 relazione all'art. 117 della Costituzione ed all'art. 16, della legge
 n. 689/1981;
   Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito.
   Cosi' deciso a Roma, addi' 4 giugno 1999.
                        Il presidente: Fiduccia
                                                   Il relatore: Talevi
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