N. 18 SENTENZA 23 gennaio - 7 febbraio 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Commercio - Norme della Regione Sardegna - Disciplina  del  commercio
  su aree pubbliche - Cessione dell'attivita'  commerciale  per  atto
  tra vivi - Subordinazione al decorso di un triennio dalla data  del
  rilascio del titolo abilitativo - Ricorso  del  Governo  -  Dedotto
  difetto di motivazione delle censure prospettate,  nonche'  mancata
  considerazione della sfera di competenza legislativa  espressamente
  riconosciuta  alla  Regione  Sardegna  dallo  statuto  speciale   -
  Reiezione. 
- Legge della Regione Sardegna 18 maggio 2006,  n.  5,  art.  15-bis,
  comma 4, introdotto dall'art. 3 della legge della Regione  Sardegna
  7 febbraio 2011, n. 6. 
- Costituzione, art. 117, secondo  comma,  lett.  e);  statuto  della
  Regione Sardegna, art. 3; direttiva CE 12 dicembre  2006,  n.  123,
  art. 16, recepita con d.lgs. 26 marzo 2010, n. 59. 
Commercio - Norme della Regione Sardegna - Disciplina  del  commercio
  su aree pubbliche - Cessione dell'attivita'  commerciale  per  atto
  tra vivi - Subordinazione al decorso di un triennio dalla data  del
  rilascio  del  titolo  abilitativo  -  Restrizione   lesiva   della
  concorrenza, in carenza di ragioni di ordine pubblico, di  pubblica
  sicurezza, di sanita' pubblica o di tutela dell'ambiente, che sole,
  secondo il diritto comunitario, possono giustificare una deroga  al
  principio della libera circolazione dei servizi  -  Restrizione  al
  libero  esplicarsi  dell'attivita'  imprenditoriale  lesiva   della
  competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza
  - Illegittimita' costituzionale in parte qua -  Assorbimento  degli
  ulteriori profili di censura. 
- Legge della Regione Sardegna 18 maggio 2006,  n.  5,  art.  15-bis,
  comma 4, introdotto dall'art. 3 della legge della Regione  Sardegna
  7 febbraio 2011, n. 6. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. e);  direttiva  CE  12
  dicembre 2006, n. 123, art. 16, recepita con d.lgs. 26 marzo  2010,
  n. 59. 
(GU n.6 del 8-2-2012 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  3  della
legge della Regione autonoma Sardegna 7 febbraio 2011, n. 6,  recante
«Modifiche all'articolo 2 della legge regionale 21 maggio 2002, n.  9
(Agevolazioni contributive alle imprese nel comparto del  commercio),
interpretazione autentica dell'articolo  15,  comma  12  della  legge
regionale 18 maggio 2006, n. 5 (Disciplina generale  delle  attivita'
commerciali), e norme sul trasferimento dell'attivita'», nella  parte
in cui inserisce l'art. 15-bis, comma 4, nella legge regionale  n.  5
del 2006, promosso dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con
ricorso notificato il 18 aprile 2011, depositato in cancelleria il 21
aprile 2011 ed iscritto al n. 35 del registro ricorsi 2011. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  10  gennaio  2012  il  Giudice
relatore Sabino Cassese; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Alessandro  De  Stefano  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Massimo  Luciani
per la Regione autonoma Sardegna. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 18 aprile 2011 e depositato presso
la cancelleria di questa Corte il 21 aprile 2011 (reg. ric. n. 35 del
2011), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di
legittimita' costituzionale dell'articolo 3 della legge della Regione
autonoma  Sardegna  7  febbraio  2011,  n.  6,   recante   «Modifiche
all'articolo  2  della  legge  regionale  21  maggio   2002,   n.   9
(Agevolazioni contributive alle imprese nel comparto del  commercio),
interpretazione autentica dell'articolo  15,  comma  12  della  legge
regionale 18 maggio 2006, n. 5 (Disciplina generale  delle  attivita'
commerciali), e norme sul trasferimento dell'attivita'», nella  parte
in cui inserisce l'art. 15-bis, comma 4, nella legge regionale  n.  5
del 2006, per violazione degli artt. 41 e 117, commi primo e secondo,
lettera e), della  Costituzione,  nonche'  dell'art.  3  della  legge
costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  3  (Statuto  speciale  per  la
Sardegna). 
    L'art. 3 della legge della Regione autonoma  Sardegna  n.  6  del
2011  ha   introdotto   l'art.   15-bis,   rubricato   «Trasferimento
dell'attivita' commerciale», nella legge regionale  n.  5  del  2006.
Tale articolo - in cui e' inclusa, al comma 4, la norma  censurata  -
disciplina le modalita' di trasferimento delle attivita' commerciali,
prevedendo quanto segue: «1. Il trasferimento dell'attivita' comporta
a favore dell'avente causa il trasferimento  del  titolo  abilitativo
all'esercizio dell'attivita'  fino  alla  scadenza  originaria  dello
stesso. 2. L'avente causa, salvo quanto stabilito dal comma  5,  deve
possedere tutti i requisiti  ai  quali  e'  subordinato  l'accesso  e
l'esercizio dell'attivita'. 3. Il  titolo  abilitativo  assegnato  in
base a una riserva a favore di particolari  categorie,  salvo  quanto
stabilito dal comma 5, puo' essere trasferito esclusivamente in  capo
ad un soggetto appartenente alla medesima categoria. 4.  La  cessione
dell'attivita' per atto tra vivi e'  comunicata  dal  cessionario  al
comune territorialmente competente entro sessanta giorni e  non  puo'
essere effettuata, ad eccezione dei casi di cui al comma 5, prima che
siano decorsi tre anni dalla data del rilascio del titolo abilitativo
all'esercizio dell'attivita' stessa. 5. La successione nell'attivita'
per  causa  di  morte  e'  comunicata,  entro  tre  mesi,  al  comune
territorialmente competente dal successore il quale, anche  se  privo
dei requisiti di cui all'articolo 2 della presente legge o di  quelli
ulteriori  eventualmente  richiesti  per  l'accesso   e   l'esercizio
dell'attivita',  puo'  proseguire  in  via  provvisoria   l'esercizio
dell'attivita' per non piu' di  un  anno  dalla  data  dell'acquisto.
Decorso l'anno, il mancato possesso dei requisiti richiesti determina
la decadenza dell'autorizzazione e delle concessioni sui posteggi.». 
    2. - Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  censura  l'art.
15-bis della legge della Regione autonoma Sardegna  n.  5  del  2006,
nella parte in cui,  al  comma  4,  stabilisce  che  la  cessione  di
un'attivita'  commerciale  per  atto  tra  vivi  non   possa   essere
effettuata prima che siano trascorsi tre anni dalla data del rilascio
del titolo abilitativo  necessario  per  l'esercizio  dell'attivita'.
Tale disposizione violerebbe gli  artt.  41  e  117,  commi  primo  e
secondo, lettera e), Cost., in materia di tutela  della  concorrenza,
nonche' l'art. 3 dello Statuto speciale per la Sardegna. 
    Innanzi tutto, la norma impugnata si porrebbe in contrasto con il
principio - sancito dall'art. 16 della direttiva CE 12 dicembre 2006,
n. 123 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa  ai
servizi nel mercato interno), recepita nell'ordinamento italiano  con
decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della  direttiva
2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno)  -  secondo  il
quale le limitazioni al libero esercizio  dell'attivita'  di  servizi
possono essere giustificate  esclusivamente  per  ragioni  di  ordine
pubblico, di pubblica sicurezza, di  sanita'  pubblica  o  di  tutela
dell'ambiente. Ne deriverebbe la violazione sia  dell'art.  3,  primo
comma,  dello  Statuto   speciale   per   la   Sardegna,   «che   non
conferi[rebbe] alla Regione  le  potesta'  legislative  concretamente
esercitate nel caso di  specie»,  sia  dell'art.  117,  primo  comma,
Cost., che obbliga il legislatore regionale al rispetto  dei  vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario. 
    Inoltre, la disposizione impugnata, nel prevedere una limitazione
temporale alla cessione dell'attivita', determinerebbe  -  ad  avviso
del ricorrente - «un ostacolo alla libera  esplicazione  delle  forze
economiche sul mercato». Pertanto, la norma  violerebbe  l'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost., in  quanto  interferirebbe  con  la
potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di  concorrenza
e sarebbe contraria al  disposto  degli  artt.  1  e  2  del  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina  relativa
al settore del commercio, a norma dell'articolo  4,  comma  4,  della
legge  15  marzo  1997,  n.  59),  che  individuano   il   fondamento
dell'attivita' commerciale nel principio della liberta' di iniziativa
economica privata e stabiliscono che il suo esercizio debba  avvenire
nel rispetto dei principi contenuti nella legge 10 ottobre  1990,  n.
287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato). 
    Infine, la disposizione impugnata violerebbe il  principio  della
liberta' di iniziativa economica privata sancito dall'art. 41  Cost.,
in  quanto  «la  prevista  restrizione  della  potesta'  di  cessione
dell'attivita'  d'impresa   si   traduce   in   una   discriminazione
nell'eguale garanzia della liberta' economica  e  della  liberta'  di
circolazione di persone e  servizi  nel  Paese,  per  effetto  di  un
vincolo temporale privo di un ragionevole fondamento». 
    3. - Con atto depositato presso la cancelleria di questa Corte il
30 maggio 2011, si e' costituita  in  giudizio  la  Regione  autonoma
Sardegna, chiedendo che il ricorso sia  dichiarato  inammissibile  e,
comunque, nel merito non fondato. 
    In   via   preliminare,    la    difesa    regionale    eccepisce
l'inammissibilita'  di  tutte  le  censure  sollevate  dalla   difesa
statale, in quanto esse sarebbero formulate senza  «consider[are]  la
sfera  di  competenza  legislativa  espressamente  riconosciuta  alla
Regione dallo Statuto d'autonomia». In  particolare,  il  ricorrente,
nel formulare le censure,  si  sarebbe  limitato  a  «un  riferimento
meramente formale alle disposizioni dello Statuto di autonomia, senza
dispiegare alcun accenno di motivazione». 
    Nel merito, la  difesa  regionale  sostiene,  innanzi  tutto,  la
conformita'  della  disciplina  regionale  impugnata  alla  normativa
europea e nazionale in materia di libera circolazione dei servizi. Ad
avviso della difesa regionale, infatti, la direttiva 2006/123/CE e il
d.lgs. n. 59  del  2010  di  recepimento  ammetterebbero  limitazioni
all'accesso e all'esercizio delle attivita' di servizi, a  condizione
che esse siano giustificate e non discriminatorie e, in  particolare,
che non corrispondano alle ipotesi di divieto elencate  dall'art.  14
della direttiva 2006/123/CE e dall'art. 11 del d.lgs. n. 59 del 2010.
Dal momento che «la norma impugnata non integra alcuna delle  ipotesi
vietate», la censura prospettata in riferimento all'art.  117,  primo
comma, Cost. non sarebbe fondata. 
    La Regione autonoma  Sardegna  deduce,  altresi',  l'infondatezza
della censura prospettata dal ricorrente in relazione  all'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost. In particolare,  secondo  la  difesa
regionale, la competenza esclusiva del legislatore statale in materia
di tutela della  concorrenza  «non  puo'  essere  considerata  titolo
abilitativo a resecare interi ambiti materiali di  sicura  competenza
regionale,  sostanzialmente  vanificando  il  riparto  costituzionale
delle competenze, che opera per materia e non  certo  per  funzioni».
Tale competenza esclusiva dello Stato verrebbe in  rilievo  «soltanto
quando la Regione ha  inteso  incidere  direttamente  sui  meccanismi
concorrenziali».  Nel  caso  in  esame,  la   norma   impugnata   non
introdurrebbe  alcuna  limitazione  all'accesso  al  mercato,  ma  si
limiterebbe a disciplinare le modalita' di esercizio delle  attivita'
commerciali, dettando  limiti  che  rispondono  a  fini  di  utilita'
sociale. 
    Inoltre, la portata dell'art. 15-bis, comma  4,  dovrebbe  essere
interpretata in stretta correlazione con il dettato dell'art. 15-bis,
comma 1, ai sensi del quale «Il trasferimento dell'attivita' comporta
a favore dell'avente causa il trasferimento  del  titolo  abilitativo
all'esercizio dell'attivita'  fino  alla  scadenza  originaria  dello
stesso». Secondo  la  difesa  regionale,  il  limite  triennale  alla
cessione dell'attivita' disposto  dalla  norma  impugnata,  tutelando
l'utilita'   sociale,   costituirebbe    «la    logica    conseguenza
(perfettamente rispettosa del principio  di  proporzionalita'  e  non
eccessivita') dell'apertura determinata dall'art. 15-bis, comma 1». 
    La  Regione  rileva,  infine,  che   non   sussisterebbe   alcuna
violazione dell'art. 41 Cost., in quanto  il  limite  triennale  alla
cessione dell'attivita' commerciale sarebbe diretto  a  salvaguardare
finalita' sociali di rilievo costituzionale. 
    4. - Con memoria depositata presso la cancelleria di questa Corte
il 20  dicembre  2011,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
ribadisce le ragioni poste a fondamento del  ricorso  introduttivo  e
replica alle deduzioni svolte dalla Regione resistente. Con  riguardo
all'asserita violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., la  difesa
dello Stato sostiene che la direttiva 2006/123/CE vieterebbe non solo
le condotte e le previsioni indicate dall'art. 14, ma anche tutte  le
misure che restringono in modo ingiustificato e non proporzionato  la
libera prestazione di servizi. Tra tali  misure  rientrerebbe  quella
che limita la facolta' di un operatore stabilito in uno Stato  membro
«non solo di insediarsi in un altro territorio in concorrenza con  un
altro gia' operante in esso, ma anche di  rilevare  in  ogni  momento
un'attivita' gia' esistente sul luogo». 
    5. - Con memoria depositata  il  20  dicembre  2011,  la  Regione
autonoma Sardegna  ribadisce  la  legittimita'  costituzionale  della
norma impugnata, in quanto essa riguarderebbe l'attivita' commerciale
su aree pubbliche, la cui disciplina e' espressamente  affidata  alla
competenza regionale dall'art. 28, comma 12, del d.lgs.  n.  114  del
1998, come modificato dall'art. 70 del d.lgs.  n.  59  del  2010,  di
attuazione della direttiva 2006/123/CE. Sarebbe,  dunque,  la  stessa
disciplina statale di recepimento della direttiva comunitaria ad aver
previsto  la  competenza  regionale  a  regolare  la   materia,   con
conseguente esclusione della violazione dell'art. 117,  primo  comma,
Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 18 aprile 2011 e depositato presso
la cancelleria di questa Corte il 21 aprile 2011 (reg. ric. n. 35 del
2011), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di
legittimita' costituzionale dell'articolo 3 della legge della Regione
autonoma  Sardegna  7  febbraio  2011,  n.  6,   recante   «Modifiche
all'articolo  2  della  legge  regionale  21  maggio   2002,   n.   9
(Agevolazioni contributive alle imprese nel comparto del  commercio),
interpretazione autentica dell'articolo  15,  comma  12  della  legge
regionale 18 maggio 2006, n. 5 (Disciplina generale  delle  attivita'
commerciali), e norme sul trasferimento dell'attivita'», nella  parte
in cui inserisce l'art. 15-bis, comma 4, nella legge regionale  n.  5
del 2006, limitando nel tempo la facolta' di cessione  dell'attivita'
commerciale per atto tra vivi. 
    Nel disciplinare il trasferimento dell'attivita'  commerciale  su
aree pubbliche, l'art. 15-bis, comma 4, stabilisce che  «La  cessione
dell'attivita' per atto tra vivi [...] non puo' essere effettuata, ad
eccezione dei casi di cui al comma 5, prima  che  siano  decorsi  tre
anni dalla data del rilascio  del  titolo  abilitativo  all'esercizio
dell'attivita' stessa». Tale previsione interferirebbe con la materia
«tutela della concorrenza», che l'art. 117,  comma  secondo,  lettera
e), Cost. assegna alla competenza esclusiva del legislatore  statale;
si porrebbe, inoltre, in contrasto con le norme  dell'Unione  europea
in materia di libera  circolazione  dei  servizi,  che  vincolano  la
potesta' legislativa delle Regioni  ai  sensi  dell'art.  117,  primo
comma, Cost.; lederebbe,  infine,  il  principio  della  liberta'  di
iniziativa economica privata, sancito  dall'art.  41  Cost.,  nonche'
l'art. 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  3  (Statuto
speciale per la Sardegna). 
    2. - In via preliminare, va respinta l'eccezione sollevata  dalla
Regione autonoma Sardegna, secondo la quale  le  censure  prospettate
dal ricorrente non sarebbero adeguatamente motivate e non  terrebbero
conto   della   sfera   di   competenza   legislativa   espressamente
riconosciuta alla Regione dallo statuto speciale. 
    Ai fini del giudizio sulla ammissibilita'  dei  ricorsi  proposti
nei confronti di una Regione ad autonomia speciale, assume rilievo il
riferimento alle  competenze  stabilite  dallo  statuto  (da  ultimo,
sentenza n. 90 del 2011) ed e' necessario specificare,  con  riguardo
all'art. 117 Cost., «quale tra le diverse sfere di competenza statale
sarebbe stata in concreto invasa» (sentenza n. 258 del 2004). 
    Nel caso in esame, il ricorrente riconosce che  il  commercio  e'
materia  di  competenza  regionale  e  fa  riferimento  alle  materie
riservate dallo statuto  alla  potesta'  legislativa  della  Regione,
deducendo, tra l'altro, la violazione dell'art. 3. Le  censure  cosi'
prospettate non sono generiche o non  sufficientemente  motivate.  Le
violazioni  lamentate  e  i  parametri  invocati   sono   chiaramente
individuati (ex plurimis, sentenza n. 68 del 2011). 
    3. - Nel merito, la questione e' fondata. 
    3.1. - L'art. 15-bis, comma 4, della legge della Regione autonoma
Sardegna n. 5 del 2006  stabilisce  che  la  cessione  dell'attivita'
commerciale su suolo pubblico non puo' essere effettuata  «prima  che
siano decorsi tre anni dalla data del rilascio del titolo abilitativo
all'esercizio  dell'attivita'  stessa».  Tale  norma,  imponendo  una
limitazione  temporale  alla  cessione  di   attivita'   commerciali,
restringe  la  possibilita'  di  accesso  di  nuovi  operatori,   con
conseguente violazione dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),
Cost. («tutela della concorrenza»). 
    La circostanza che la restrizione riguardi il commercio «su  aree
pubbliche»   non    modifica    questa    conclusione.    L'esercizio
dell'attivita' e', in ogni caso, consentito solo in base a un  titolo
abilitativo, il cui rilascio dipende  dalla  disponibilita'  di  aree
specificamente adibite. L'art. 15, comma 1, della legge regionale  n.
5 del 2006 prevede, infatti, che il commercio puo' essere svolto  «su
posteggi dati in concessione» oppure «su qualsiasi area, negli  spazi
appositamente definiti da  ogni  singolo  comune,  purche'  in  forma
itinerante e sui posteggi liberi». Anche in un contesto nel quale  il
numero complessivo delle autorizzazioni all'esercizio  del  commercio
e'  condizionato  dalla  disponibilita'   di   «spazi   appositamente
definiti», una limitazione temporale alla cessione dell'attivita'  si
traduce  inevitabilmente  in  una  barriera  all'entrata   di   nuovi
operatori. 
    3.2. - L'art. 16 della direttiva CE  12  dicembre  2006,  n.  123
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi
nel mercato interno), recepita nell'ordinamento italiano con  decreto
legislativo  26  marzo  2010,  n.  59  (Attuazione  della   direttiva
2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno), stabilisce che
una deroga al principio della libera circolazione  dei  servizi  puo'
ritenersi necessaria  -  e  dunque  ammissibile  -  solo  quando  sia
giustificata «da ragioni di ordine pubblico, di  pubblica  sicurezza,
di sanita' pubblica o  di  tutela  dell'ambiente».  Nessuna  di  tali
ragioni puo' essere addotta a fondamento della norma impugnata. 
    Come rilevato dalla difesa regionale,  l'art.  15-bis,  comma  4,
della legge regionale n. 5 del 2006 persegue fini di utilita' sociale
(quali la garanzia della «serieta'» dell'esercizio del commercio,  la
qualita' dei servizi resi, la produttivita' della rete distributiva e
la solidita' dell'intera filiera  produttiva),  in  quanto  mira  «ad
evitare  la  spinta  all'acquisizione  dei   titoli   abilitativi   e
all'apertura dell'attivita' commerciale al solo  fine  di  ricavarne,
immediatamente, un profitto attraverso l'alienazione, con  l'evidente
conseguenza del  possibile  svuotamento  dell'ordinario  procedimento
amministrativo che deve  essere  seguito  al  fine  dell'apertura  di
un'impresa  commerciale  (procedimento  che  prevede   la   richiesta
dell'interessato e la verifica dei suoi  requisiti)».  Tali  fini  di
utilita'  sociale  -  gia'  adeguatamente  tutelati,   in   caso   di
trasferimento dell'attivita', mediante  l'accertamento  del  possesso
dei requisiti  soggettivi  effettuato  dall'amministrazione  ex  art.
15-bis, comma 2, della medesima legge regionale n. 5 del 2006  -  non
rientrano tra le ragioni di pubblico interesse che, secondo l'art. 16
della direttiva 2006/123/CE, possono  giustificare  l'imposizione  di
una restrizione al principio della libera circolazione dei servizi. 
    3.3. - Inoltre, l'attinenza della norma  impugnata  alla  materia
del commercio, riservata alla potesta'  legislativa  residuale  delle
Regioni, non e' di per se' sufficiente ad escludere eventuali profili
di  illegittimita'  costituzionale.  Infatti,  «e'  illegittima   una
disciplina che,  se  pure  in  astratto  riconducibile  alla  materia
commercio  di  competenza  legislativa  delle  Regioni,  produca,  in
concreto, effetti che ostacolino la concorrenza, introducendo nuovi o
ulteriori limiti o barriere all'accesso  al  mercato  e  alla  libera
esplicazione della capacita' imprenditoriale» (sentenza  n.  150  del
2011). L'art. 15-bis, comma 4, della legge  regionale  della  Regione
autonoma  Sardegna  n.  5  del  2006,  subordinando  la  cessione  di
attivita' commerciali su aree pubbliche al  decorso  di  un  triennio
dalla data del rilascio del titolo abilitativo, ostacola l'accesso  a
quelle attivita' e condiziona, restringendolo, il  libero  esplicarsi
dell'attivita' imprenditoriale, con conseguente violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    4. - Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 15-bis,  comma
4, della legge della Regione autonoma Sardegna 18 maggio 2006,  n.  5
(Disciplina  generale  delle   attivita'   commerciali),   introdotto
dall'art. 3 della legge della Regione autonoma  Sardegna  7  febbraio
2011, n. 6 recante «Modifiche all'articolo 2 della legge regionale 21
maggio  2002,  n.  9  (Agevolazioni  contributive  alle  imprese  nel
comparto del commercio), interpretazione autentica dell'articolo  15,
comma 12 della legge regionale  18  maggio  2006,  n.  5  (Disciplina
generale delle  attivita'  commerciali)  e  norme  sul  trasferimento
dell'attivita'»,  nella  parte  in  cui  prevede  che   la   cessione
dell'attivita' «non puo' essere effettuata, ad eccezione dei casi  di
cui al comma 5, prima che siano  decorsi  tre  anni  dalla  data  del
rilascio del titolo abilitativo all'esercizio dell'attivita' stessa». 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2012. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                        Il redattore: Cassese 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 7 febbraio 2012. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti