N. 62 SENTENZA 7 - 21 marzo 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Servizio idrico integrato - Norme della Regione  Puglia  -  Autorita'
  idrica pugliese - Previsione che il Direttore  generale  predispone
  lo  schema  di  convenzione  diretto  a  regolare  i  rapporti  tra
  l'Autorita'  e  il  gestore  del  servizio  idrico  integrato,   da
  sottoporre all'approvazione del Consiglio direttivo -  Funzione  di
  ritenuta spettanza dell'ente  statale  "Agenzia  nazionale  per  la
  regolazione e la vigilanza in  materia  di  acqua"  -  Ricorso  del
  Governo - Sopravvenuta abrogazione della norma impugnata -  Mancata
  applicazione  medio  tempore  -  Cessazione   della   materia   del
  contendere. 
- Legge della Regione Puglia 30 maggio 2011, n. 9, art. 5,  comma  6,
  lett. g). 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. s). 
Servizio idrico integrato - Norme della Regione Puglia -  Affidamento
  del  servizio,  direttamente  e  a  tempo  indeterminato,  all'ente
  regionale "Acquedotto pugliese -  AQP"  -  Ricorso  del  Governo  -
  Eccepita inammissibilita' per omesso tentativo  di  interpretazione
  conforme   a   Costituzione   -   Insussistenza    dell'onere    di
  interpretazione conforme nel giudizio di legittimita'  promosso  in
  via principale - Reiezione dell'eccezione. 
- Legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11, art. 2, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. e) ed  s). 
Servizio idrico integrato - Norme della Regione Puglia -  Affidamento
  del  servizio,  direttamente  e  a  tempo  indeterminato,  all'ente
  regionale "Acquedotto pugliese - AQP" - Contrasto con la  normativa
  statale per la quale le Regioni debbono  limitarsi  ad  individuare
  con legge gli enti e gli organi ai quali devolvere le funzioni gia'
  esercitate dalle AATO, e ai quali  spetta  di  determinare  in  via
  amministrativa  le  forme  della  gestione  e   le   modalita'   di
  affidamento del  SII  -  Violazione  della  competenza  legislativa
  statale esclusiva in materia  di  tutela  della  concorrenza  e  di
  tutela dell'ambiente - Illegittimita' costituzionale - Assorbimento
  dell'ulteriore profilo. 
- Legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11, art. 2, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. e) ed  s), (art.  117,
  primo comma). 
Servizio idrico integrato - Norme della Regione Puglia - Costituzione
  dell'Agenzia pubblica  regionale  "Acquedotto  pugliese  -  AQP"  -
  Subentro nel patrimonio e  nei  rapporti  della  s.p.a.  Acquedotto
  pugliese - Incidenza della legge regionale  su  una  s.p.a.  a  suo
  tempo  costituita  con  legge  dello  Stato  -   Violazione   della
  competenza legislativa statale esclusiva in materia di tutela della
  concorrenza   e   di   tutela   dell'ambiente   -    Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11, art. 5. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. e) ed  s). 
Impiego  pubblico  -  Norme  della  Regione  Puglia  -   Costituzione
  dell'Agenzia pubblica  regionale  "Acquedotto  pugliese  -  AQP"  -
  Trasferimento del personale della s.p.a. Acquedotto  pugliese  alla
  Agenzia  di  nuova  costituzione  -  Generalizzato  ed   automatico
  inquadramento di tutti i dipendenti senza il previo espletamento di
  alcuna procedura selettiva - Contrasto con  la  regola  di  accesso
  agli impieghi pubblici tramite concorso pubblico  -  Illegittimita'
  costituzionale - Assorbimento delle ulteriori censure. 
- Legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11, art. 9, comma 1. 
- Costituzione, art. 97,  terzo  comma,  (artt.  3,  51,  117,  terzo
  comma). 
(GU n.13 del 28-3-2012 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici : Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  5,  comma  6,
lettera g), della legge della Regione Puglia 30  maggio  2011,  n.  9
(Istituzione dell'Autorita' idrica pugliese),  nonche'  dell'art.  2,
comma 1, dell'art. 5 e  dell'art.  9,  comma  1,  della  legge  della
Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11 (Gestione  del  servizio  idrico
integrato. Costituzione dell'Azienda pubblica  regionale  "Acquedotto
pugliese - AQP"), promossi dal Presidente del Consiglio dei  ministri
con ricorsi notificati il 1°- 4 agosto 2011  e  l'8-12  agosto  2011,
depositati in cancelleria il 10 ed il 17 agosto 2011 ed  iscritti  al
n. 81 (concernente la  legge  reg.  n.  9  del  2011)  ed  al  n.  83
(concernente la legge reg. n. 11 del 2011) del registro ricorsi 2011,
pubblicati,   rispettivamente,   nella   Gazzetta   Ufficiale   della
Repubblica, prima serie speciale, n. 42 del 5 ottobre 2011  e  n.  43
del 12 ottobre 2011. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia nel giudizio di
cui al ricorso n. 83 del 2011; 
    udito nell'udienza pubblica  del  22  febbraio  2011  il  Giudice
relatore Franco Gallo; 
    udito  l'avvocato  dello  Stato  Alessandro  De  Stefano  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale, spedito
il 1° agosto 2011, ricevuto il 4 agosto successivo e depositato il 10
agosto 2011 (registro ricorsi n. 81  del  2011),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha   promosso   questioni   principali   di
legittimita' costituzionale dell'art.  5,  comma  6,  lettera  g),  e
dell'art. 11, comma 1, della legge della  Regione  Puglia  30  maggio
2011, n. 9 (Istituzione dell'Autorita' idrica  pugliese),  pubblicata
nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 87 del 3 giugno 2011
ed entrata in vigore lo stesso giorno della pubblicazione 
    1.1.− L'impugnato comma 6, lettera g), dell'art.  5  della  legge
della Regione Puglia n. 9 del 2011,  nel  testo  vigente  al  momento
della proposizione del ricorso, stabiliva che il  Direttore  generale
dell'«Autorita' idrica pugliese»  (autorita'  istituita  dall'art.  1
della stessa legge regionale «per il governo pubblico  dell'acqua»  e
dotata di personalita' giuridica di diritto pubblico) «predispone  lo
schema di convenzione diretto a regolare i rapporti tra l'Autorita' e
il   gestore   del   servizio   idrico   integrato,   da   sottoporre
all'approvazione del Consiglio direttivo». 
    Nel ricorso si denuncia il contrasto tra tale disposizione  e  la
legislazione statale, perche' la norma impugnata,  nel  riservare  al
Direttore generale del predetto ente pubblico regionale il compito di
"predisporre" l'indicata convenzione, gli  attribuisce  una  funzione
che l'art. 10, comma 14, lettera  b),  del  decreto-legge  13  maggio
2011,  n.  70  (Semestre  Europeo.  Prime  disposizioni  urgenti  per
l'economia), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  12  luglio
2011,  n.  106,  assegna  invece  all'«Agenzia   nazionale   per   la
regolazione e  la  vigilanza  in  materia  di  acqua»,  ente  statale
istituito con il comma 11 del medesimo articolo 10. Infatti, prosegue
il ricorso, il citato comma 14, lettera b), dell'art.  10  stabilisce
che  la  menzionata  Agenzia  nazionale  «predispone   una   o   piu'
convenzioni tipo di cui all'articolo 151 del  decreto  legislativo  3
aprile  2006,  n.  152»,  cioe'  le  convenzioni   tipo   dirette   a
disciplinare i rapporti tra Autorita' d'ambito e gestori del servizio
idrico integrato. Del resto, aggiunge la difesa dello Stato, il comma
15 dell'art. 10 del decreto-legge n. 70 del  2011  precisa  che  alla
menzionata  Agenzia  nazionale  «sono  trasferite  le  funzioni  gia'
attribuite alla Commissione nazionale per la vigilanza sulle  risorse
idriche dall'articolo 161 del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.
152, e dalle altre disposizioni  vigenti  alla  data  di  entrata  in
vigore  del  presente  decreto»  e,  quindi,  anche  la  funzione  di
"predisporre" «con delibera  una  o  piu'  convenzioni  tipo  di  cui
all'articolo 151» dello stesso d.lgs. n. 152 del  2006;  delibera  da
trasmettersi  «al  Ministro  per  l'ambiente  e  per  la  tutela  del
territorio e del mare, che la adotta con proprio decreto  sentita  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano» (art. 161, comma 4, lettera
c). 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  poiche'  la  sopra  citata  vigente
normativa statale costituisce esercizio della competenza  legislativa
esclusiva  dello  Stato  in  materia  di   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema  e,  pertanto,  non  e'  derogabile  dal  legislatore
regionale, il rilevato contrasto tra la normativa regionale e  quella
statale si risolve nella violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), della Costituzione. 
    1.2. - Il parimenti impugnato comma 1 dell'art. 11  della  stessa
legge reg. Puglia n. 9 del  2011  stabiliva,  nel  testo  vigente  al
momento della proposizione del ricorso, che: «Il personale assunto  a
tempo indeterminato alla data del 1° gennaio 2010 presso  ATO  Puglia
e'   trasferito   all'Autorita'   idrica   pugliese,   che   provvede
all'inquadramento  nello  stesso  profilo  professionale  e  relative
attribuzioni economiche». Secondo l'Avvocatura generale dello  Stato,
tale disposizione viola gli artt. 3, 51 e 97, terzo comma, Cost. 
    Il Presidente della Corte costituzionale ha  disposto  il  rinvio
della trattazione  di  tale  questione,  separandola  dall'altra,  in
ragione dell'opportunita' di esaminare in una stessa udienza,  ancora
da stabilirsi, le censure prospettate avverso  il  predetto  comma  1
dell'art. 11 della legge reg. Puglia n. 9  del  2011  sia  nel  testo
originario, impugnato con il ricorso n. 81 del 2011,  sia  nel  testo
sostituito ad opera del comma 1 dell'art. 3 della legge della Regione
Puglia 13 ottobre 2011, n. 27  (Modifiche  alla  legge  regionale  30
maggio 2011, n. 9  -  Istituzione  dell'Autorita'  idrica  pugliese),
anch'esso impugnato dal Presidente del Consiglio dei ministri con  il
ricorso n. 170 del 2011. 
    2.− Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale,  spedito
l'8 agosto 2011, ricevuto il 12 agosto successivo e depositato il  17
agosto 2011 (registro ricorsi n. 83  del  2011),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha   promosso   questioni   principali   di
legittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma  1,  dell'art.  5  e
dell'art. 9, comma 1, della legge  della  Regione  Puglia  20  giugno
2011, n. 11 (Gestione del  servizio  idrico  integrato.  Costituzione
dell'Azienda  pubblica  regionale  "Acquedotto  pugliese   -   AQP"),
pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 96 del 20
giugno 2011 ed entrata in vigore il 5 luglio 2011. 
    2.1.− L'impugnato comma 1 dell'art. 2 della legge reg. Puglia  n.
11 del 2011 stabilisce che «Il servizio idrico integrato della Puglia
e' affidato a un'azienda pubblica regionale  che  realizza  la  parte
prevalente  della  propria  attivita'  con  l'ente  pubblico  che  la
controlla, anche per beneficiare delle economie di scala e di scopo e
favorire una maggiore efficienza ed efficacia  nell'espletamento  del
servizio e con l'obbligo del reinvestimento nel  servizio  di  almeno
l'80 per cento degli avanzi netti di gestione. Ai fini della presente
legge, per avanzo netto di gestione si intende il risultato economico
di esercizio del soggetto di  cui  all'articolo  5  [cioe'  l'Azienda
pubblica regionale denominata «Acquedotto pugliese (AQP)»,  istituita
da  tale  articolo]  al  netto  degli  ammortamenti,  accantonamenti,
interessi, imposte e tasse». 
    Tale comma, secondo il  ricorrente,  nell'affidare  direttamente,
mediante una  norma  di  legge,  la  gestione  del  «servizio  idrico
integrato» (SII) ad un  ente  pubblico  regionale  controllato  dalla
Regione Puglia (AQP), viola:  a)  l'art.  117,  primo  comma,  Cost.,
perche' si pone in contrasto con i principi del  diritto  dell'Unione
europea vigenti  in  materia  di  «servizio  di  interesse  economico
generale» (SIEG), direttamente applicabili nell'ordinamento italiano,
a seguito dell'abrogazione, con referendum popolare, dell'art. 23-bis
del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 6  agosto  2008,  n.  133,
riguardante,  in  particolare,  le  forme  di  gestione  dei  servizi
pubblici locali (SPL) di rilevanza economica; b) l'art. 117,  secondo
comma, lettere e) ed s), Cost., perche', pur avendo  rango  di  fonte
legislativa  regionale,  statuisce   nelle   materie   tutela   della
concorrenza  e  tutela  dell'ambiente,  riservate   alla   competenza
legislativa esclusiva dello Stato. 
    Con riguardo alla censura sub  a),  l'Avvocatura  generale  dello
Stato premette che il SII costituisce un «servizio  pubblico  locale»
(SPL)  di  rilevanza  economica  e,  quindi,  rientra  nella  nozione
(caratteristica del diritto dell'Unione europea)  di  SIEG,  che,  in
base all'art. 106 del Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea
(TFUE), e' soggetto alle regole di concorrenza fissate  nei  trattati
dell'Unione e, in particolare, alla regola dell'affidamento della sua
gestione a terzi mediante gara ad evidenza  pubblica,  salvo  che  lo
Stato  membro  ritenga  che  l'applicazione  di  tali  regole   possa
ostacolare   la   «speciale   missione»   attribuita   al    servizio
dall'ordinamento giuridico (vengono citate le  sentenze  della  Corte
costituzionale n. 187 del 2011, n. 325 del 2010, n. 246 del 2009 e le
sentenze della Corte di giustizia UE  10  settembre  2009,  in  causa
C-573/07, Sea s.r.l., e 11 gennaio  2005,  in  causa  C-26/03,  Stadt
Halle, punti 48 e 49). Da tale premessa e dalla  conseguente  «natura
derogatoria ed eccezionale  degli  affidamenti»  della  gestione  dei
SIEG,  mediante  l'in  house   providing,   «ad   aziende   pubbliche
controllate»,  l'Avvocatura  fa  derivare  la  necessita'  che   tali
eccezionali    affidamenti    avvengano    «mediante    provvedimenti
suscettibili di controllo giurisdizionale e  sorretti  da  congrua  e
logica motivazione sulle ragioni che giustificano  una  tale  scelta,
secondo  canoni  di  ragionevolezza,   di   proporzionalita'   e   di
adeguatezza». Ne  segue,  per  il  ricorrente,  che  la  disposizione
denunciata, individuando mediante non un atto amministrativo,  ma  un
atto legislativo - cioe' con un atto di volonta'  politica,  per  sua
natura privo di una formale motivazione  -  il  soggetto  affidatario
della gestione del SII, impedisce il sindacato giurisdizionale  sulla
correttezza delle ragioni che giustificano  la  deroga  all'ordinaria
regola  pro  concorrenziale,  posta  dal  diritto   dell'Unione,   di
affidamento mediante gara ad evidenza pubblica. 
    Con riguardo alla censura  sub  b),  il  ricorrente  osserva  che
l'art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n.  2
(Interventi urgenti concernenti enti locali e  regioni),  convertito,
con modificazioni, dalla legge 26 marzo  2010,  n.  42,  ha  inserito
nell'art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2010), il  comma  186-bis,  il  quale:  1)  da  un  lato,
sopprime le Autorita' d'ambito territoriale ottimale  (AATO)  di  cui
agli articoli 148 e 201 del d.lgs. n.  152  del  2006  (e  successive
modificazioni),  enti   originariamente   competenti   a   provvedere
sull'affidamento della gestione del SII;  2)  dall'altro,  stabilisce
che «le regioni attribuiscono con legge le funzioni gia'  esercitate»
dalle  AATO,  «nel   rispetto   dei   principi   di   sussidiarieta',
differenziazione e adeguatezza». In forza di tale normativa,  secondo
l'interpretazione del ricorrente (il quale valorizza l'uso, da  parte
del  legislatore  statale,  delle  espressioni  "attribuzione   delle
funzioni"  e  "principi   di   sussidiarieta',   differenziazione   e
adeguatezza"), le Regioni debbono limitarsi ad individuare con  legge
gli enti e gli organi ai quali devolvere le funzioni gia'  esercitate
dalle AATO ed ai quali  spetta  il  compito  di  determinare  in  via
amministrativa le forme della gestione e le modalita' di  affidamento
del SII,  ferma  restando  -  attenendo  alle  materie  tutela  della
concorrenza  e  tutela  dell'ambiente  −  la  competenza  legislativa
esclusiva  statale  ad  individuare  le  suddette   funzioni   ed   a
disciplinarne l'esercizio. La difesa dello Stato conclude  nel  senso
che la disposizione impugnata − affidando direttamente, mediante  una
norma di legge, ed a tempo indeterminato la gestione del  SII  ad  un
ente regionale e consentendo la revoca di tale gestione in ogni tempo
mediante uncontrarius actus legislativo - si pone in contrasto con la
predetta  normativa   statale   e   viola   gli   evocati   parametri
costituzionali. 
    2.2. - E' impugnato anche l'art. 5 della stessa legge reg. Puglia
n. 11 del 2011, il  quale  istituisce  l'Azienda  pubblica  regionale
«Acquedotto pugliese (AQP)» e stabilisce il subentro di tale  azienda
nel patrimonio e nei rapporti della s.p.a. Acquedotto pugliese, a suo
tempo costituita, quale successore nei rapporti del  disciolto  «Ente
autonomo per l'acquedotto pugliese», con d.lgs. 11  maggio  1999,  n.
141  (Trasformazione  dell'Ente  autonomo  acquedotto   pugliese   in
societa' per azioni, a norma dell'articolo 11, comma  1,  lettera  b,
della legge 15 marzo 1997, n. 59). 
    Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, tale disposizione, pur
non  incidendo  formalmente  sulla  normativa  statale  e   pur   non
provocando l'estinzione della s.p.a. Acquedotto  pugliese  (operante,
in forza di detto decreto legislativo, fino al 31 dicembre 2018,  per
l'esercizio    delle    attivita'    di    captazione,     adduzione,
potabilizzazione, distribuzione di acqua ad usi  civili,  nonche'  di
fognatura e depurazione delle acque  reflue,  cioe'  per  l'esercizio
delle attivita' in cui si articola il SII), viola  ugualmente  l'art.
117, secondo comma, lettere e) ed s),  Cost.,  perche'  finisce  «per
privare di qualsiasi funzione la societa'» e, quindi,  «per  svuotare
di qualsiasi efficacia» il predetto decreto legislativo,  dettato  in
materie ascrivibili alla tutela  della  concorrenza  ed  alla  tutela
dell'ambiente  e  dell'ecosistema,   appartenenti   alla   sfera   di
competenza legislativa esclusiva dello Stato. 
    2.3. - In base al parimenti impugnato comma 1 dell'art.  9  della
medesima legge reg. Puglia n. 11 del 2011, «Il personale in  servizio
presso  l'Acquedotto  pugliese  S.p.A.  alla  data  di   costituzione
dell'AQP transita nell'organico dell'AQP alla data della costituzione
della medesima, conservando tutti i diritti  giuridici  ed  economici
acquisiti, senza ulteriori e maggiori oneri. Nell'attuazione di  tale
progetto sono assicurate le relazioni sindacali». 
    Ad avviso del ricorrente, la suddetta disposizione, nel prevedere
il trasferimento  del  personale  dalla  s.p.a.  Acquedotto  pugliese
all'Azienda pubblica regionale AQP, a prescindere  dalla  circostanza
che il personale sia inquadrato nel comparto pubblico  con  procedura
selettiva  concorsuale,   viola:   a)   l'art.   3   Cost.,   perche'
irragionevolmente consente al solo personale in  servizio  presso  la
s.p.a. Acquedotto pugliese di essere inquadrato nei  ruoli  dell'AQP,
prescindendo dalla regola della selezione concorsuale che  si  impone
invece per la generalita'  dei  pubblici  dipendenti;  b)  l'art.  51
Cost., perche', privilegiando il personale gia' in servizio presso la
s.p.a. Acquedotto pugliese  rispetto  ad  altri  possibili  aspiranti
all'assunzione presso l'AQP, non permette  a  tutti  i  cittadini  di
accedere agli uffici pubblici in condizioni di eguaglianza, secondo i
requisiti stabiliti dalla legge; c) l'art. 97,  terzo  comma,  Cost.,
perche' il generalizzato  ed  automatico  inquadramento  di  tutti  i
dipendenti in servizio presso la s.p.a. Acquedotto pugliese nei ruoli
dell'AQP contrasta con la regola di accesso  agli  impieghi  pubblici
tramite concorso pubblico, posta a tutela  non  solo  dei  potenziali
aspiranti, ma anche dell'interesse pubblico alla scelta dei candidati
migliori,  nonche'  all'imparzialita'  ed  al  buon  andamento  della
pubblica amministrazione (vengono  citate  le  sentenze  della  Corte
costituzionale n. 52 del 2011; n. 81 del 2006; n. 159  del  2005;  n.
205 e n. 34 del 2004); d) l'art. 117, terzo comma, Cost., perche'  si
pone in contrasto con l'art. 17, commi da 10 a 13, del  decreto-legge
1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi,  nonche'  proroga  di
termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3  agosto  2009,
n. 102, il quale, con norma integrante un principio  fondamentale  di
coordinamento della finanza pubblica, preclude  alle  amministrazioni
pubbliche,  a  decorrere  dal  gennaio  2010,   ogni   procedura   di
stabilizzazione  del   personale   non   di   ruolo   diversa   dalla
valorizzazione  dell'esperienza  professionale  acquisita  attraverso
l'espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva di posti. 
    3. - Nel giudizio di  cui  al  ricorso  n.  83  del  2011  si  e'
costituita  la  Regione  Puglia   chiedendo   la   dichiarazione   di
inammissibilita' e di infondatezza del ricorso. 
    3.1. - Con riferimento all'impugnato comma 1  dell'art.  2  della
legge reg.  Puglia  n.  11  del  2011,  la  difesa  della  resistente
eccepisce l'inammissibilita' della censura  prospettata,  perche'  il
ricorrente  non  ha  esperito  alcun   tentativo   di   fornire   una
interpretazione secundum Constitutionem della disposizione denunciata
(vengono richiamate le pronunce della Corte costituzionale n. 177 del
2006; n. 89 del 2005; n.  356  del  1996).  La  Regione  osserva,  al
riguardo,  che  tale  disposizione  puo'  essere  interpretata  -  in
coerenza con l'art. 2, comma 2, lettera f), della legge  reg.  Puglia
n.  9  del  2011,  secondo  cui  all'Autorita'  idrica  pugliese   e'
attribuita, tra le  altre,  la  funzione  concernente  «l'affidamento
della gestione del servizio idrico integrato» - nel senso che il  SII
e'  affidato  non  necessariamente  all'azienda  pubblica   regionale
denominata AQP (istituita dall'art. 5 della stessa legge  regionale),
ma ad una qualunque «azienda pubblica regionale che realizza la parte
prevalente  della  propria  attivita'  con  l'ente  pubblico  che  la
controlla, [...] con l'obbligo del  reinvestimento  nel  servizio  di
almeno l'80 per cento  degli  avanzi  netti  di  gestione».  Da  cio'
deriva, per la resistente, che:  a)  la  disposizione  impugnata  non
prevede l'affidamento diretto  della  gestione  del  SII  all'AQP  e,
pertanto, non puo' essere qualificata  come  legge-provvedimento;  b)
per l'affidamento di tale servizio e' necessaria, invece,  l'adozione
- all'esito «di una valutazione comparativa dell'offerta dell'azienda
pubblica regionale e di eventuali imprese private concorrenti»  -  di
un  provvedimento  amministrativo  da  parte  dell'Autorita'   idrica
pugliese, motivato e pienamente sindacabile in via giudiziale; c)  la
suddetta disposizione si limita ad orientare l'autorita' idrica  (con
una   norma   di   mero   indirizzo,   inidonea   a   vincolarne   la
discrezionalita'),   nel   senso   di    indurla    a    valorizzare,
nell'affidamento  del  SII,  la  «speciale  missione»  che,  in  base
all'art. 106 del TFUE, consente l'eccezionale  affidamento  in  house
della  gestione  del  servizio  stesso,  al  fine  di   favorire   il
soddisfacimento  -  non  sempre  sufficientemente   garantito   dagli
automatismi del mercato - dei bisogni vitali incomprimibili  connessi
all'uso del bene comune "acqua" (art. 1 della medesima legge reg.  n.
11 del 2011). La difesa della Regione aggiunge che comunque, al  fine
di  dissipare  ogni  equivoco  interpretativo  e   far   venir   meno
l'interesse dello Stato  a  ricorrere,  e'  intenzione  della  Giunta
regionale di modificare nel  senso  seguente  la  prima  parte  della
disposizione impugnata, prima ancora che questa  trovi  applicazione:
«Il servizio idrico integrato della Puglia e' affidato dall'autorita'
idrica  pugliese,  nel  rispetto  della  normativa   comunitaria,   a
un'azienda pubblica regionale [...]». 
    3.2. - Con riferimento alle censure  relative  all'art.  5  della
legge reg. Puglia n. 11 del 2011,  istitutivo  dell'Azienda  pubblica
regionale «Acquedotto pugliese (AQP)»,  la  difesa  della  resistente
osserva che  la  trasformazione  in  societa'  per  azioni  dell'Ente
autonomo per l'acquedotto pugliese era stata disposta dal  d.lgs.  n.
141 del 1999 ben prima della riforma del  Titolo  V  della  Parte  II
della Costituzione ed a fini non gia' di tutela della  concorrenza  e
dell'ambiente, ma solo di riordino degli enti pubblici nazionali  (ai
sensi dell'art. 11, comma 1, lettera b, della legge 15 marzo 1997, n.
59, recante «Delega al Governo per  il  conferimento  di  funzioni  e
compiti alle regioni ed enti locali, per la  riforma  della  Pubblica
Amministrazione  e  per  la  semplificazione  amministrativa»),   per
favorire la privatizzazione, evitare aggravi per la finanza pubblica,
favorire  il  riassetto  funzionale  ed   organizzativo,   migliorare
l'efficienza della gestione (ai sensi dell'art. 1,  comma  83,  della
legge 28 dicembre 1995, n. 549, recante «Misure di  razionalizzazione
della finanza pubblica»), cosi' da incidere, se mai,  nella  materia,
di competenza legislativa  concorrente,  armonizzazione  dei  bilanci
pubblici e coordinamento della  finanza  pubblica  (art.  117,  terzo
comma, Cost.,  nel  testo  vigente).  Il  rispetto,  da  parte  della
Regione, dei principi fondamentali posti dalla  legislazione  statale
nelle suddette  materie  di  competenza  legislativa  concorrente  fa
concludere la resistente per l'inammissibilita' o la  non  fondatezza
della questione in esame. 
    3.3. - Con riferimento,  infine,  all'art.  9  della  legge  reg.
Puglia n. 11 del 2011, la difesa  della  resistente  afferma  che  e'
intenzione della Giunta regionale di modificare tale disposizione «in
senso aderente alla giurisprudenza costituzionale formatasi sull'art.
97, comma terzo, della Costituzione»,  al  fine  di  far  venir  meno
l'interesse dello Stato al ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. − Con il ricorso n. 81 del 2011, il Presidente  del  Consiglio
dei ministri ha promosso due  questioni  principali  di  legittimita'
costituzionale aventi ad  oggetto,  la  prima,  l'art.  5,  comma  6,
lettera g), della legge della Regione Puglia 30  maggio  2011,  n.  9
(Istituzione dell'Autorita' idrica pugliese); la seconda, l'art.  11,
comma 1, della stessa legge. 
    Con il ricorso n. 83 del 2001, il medesimo ricorrente ha promosso
tre questioni principali di legittimita' costituzionale  della  legge
della Regione Puglia 20 giugno 2011, n.  11  (Gestione  del  servizio
idrico  integrato.  Costituzione  dell'Azienda   pubblica   regionale
"Acquedotto pugliese - AQP"),  aventi  ad  oggetto,  rispettivamente,
l'art. 2, comma 1, l'art. 5 e l'art. 9, comma 1, di tale legge. 
    Il  Presidente  della  Corte  costituzionale  ha  successivamente
disposto il rinvio  della  trattazione  della  questione  riguardante
l'art. 11, comma 1, della legge reg. n. 9 del 2011, promossa  con  il
ricorso n. 81 del 2011. Ne deriva che il thema decidendum e' limitato
alla questione riguardante l'art. 5, comma 6, lettera g), della legge
reg. Puglia n. 9 del 2011, promossa con il ricorso n. 81 del 2011, ed
a quelle promosse con il ricorso n. 83 del 2011. 
    Cosi' precisato l'oggetto del decidere, va ulteriormente rilevato
che le questioni da esaminare riguardano leggi della  Regione  Puglia
in tema di servizio idrico integrato (SII). L'identita'  del  tema  e
delle parti ricorrenti e resistenti (Stato e  Regione  Puglia)  rende
opportuna  la  riunione   dei   giudizi,   affinche'   questi   siano
congiuntamente trattati e decisi. 
    2. − La questione promossa con il ricorso n. 81 del  2011  ha  ad
oggetto, come visto, l'art. 5, comma 6, lettera g), della legge  reg.
Puglia n. 9 del  2011,  pubblicata  nel  Bollettino  Ufficiale  della
Regione Puglia n. 87 del 3 giugno 2011 ed entrata in vigore lo stesso
giorno della pubblicazione. Tale lettera g)  stabiliva  -  nel  testo
vigente al momento della proposizione del ricorso - che il  Direttore
generale  dell'«Autorita'  idrica  pugliese»  (autorita'  dotata   di
personalita' giuridica di diritto pubblico ed istituita  dall'art.  1
della medesima legge regionale «per il governo pubblico  dell'acqua»)
«predispone lo schema di convenzione diretto a  regolare  i  rapporti
tra l'Autorita' e  il  gestore  del  servizio  idrico  integrato,  da
sottoporre all'approvazione del Consiglio direttivo». La disposizione
impugnata, secondo il ricorrente, si pone  in  contrasto  con  l'art.
117,  secondo  comma,  lettera  s),   della   Costituzione,   perche'
attribuisce al Direttore generale dell'Autorita' idrica pugliese  una
funzione che la normativa emessa dallo Stato nell'esercizio della sua
competenza legislativa esclusiva nella materia tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema  -  cioe'  l'art.  10,  comma  14,  lettera  b),  del
decreto-legge  13  maggio  2011,  n.  70  (Semestre  Europeo.   Prime
disposizioni urgenti per l'economia), convertito, con  modificazioni,
dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 - assegna invece all'ente  statale
«Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza  in  materia  di
acqua»,  prevedendo  che  tale  Agenzia  «predispone   una   o   piu'
convenzioni tipo di cui all'articolo 151 del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152», ossia (sempre  ad  avviso  del  ricorrente)  le
convenzioni tipo dirette a  disciplinare  i  rapporti  tra  Autorita'
d'ambito e gestori del servizio idrico integrato. 
    In ordine alla questione deve  essere  dichiarata  la  cessazione
della materia del contendere. Dopo la proposizione  del  ricorso,  il
comma 1 dell'art. 2 della legge della Regione Puglia 13 ottobre 2011,
n. 27 (Modifiche  alla  legge  regionale  30  maggio  2011,  n.  9  -
Istituzione   dell'Autorita'   idrica   pugliese),   pubblicata   nel
Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 165 del 21 ottobre  2011
ed entrata  in  vigore  il  giorno  stesso  della  pubblicazione,  ha
soppresso la disposizione impugnata, la quale e' rimasta  in  vigore,
pertanto, soltanto dal 3 giugno 2011 al 21 ottobre dello stesso anno.
Durante tale periodo di vigenza non risulta predisposta, da parte del
Direttore generale dell'Autorita' idrica pugliese, alcuna convenzione
tipo diretta a disciplinare  i  rapporti  tra  Autorita'  d'ambito  e
gestori del servizio idrico integrato. Ne  deriva  che  l'abrogazione
disposta dal citato ius superveniens e' idonea a superare le  censure
prospettate dal ricorrente ed e' intervenuta quando la norma abrogata
non aveva ancora avuto  applicazione.  Di  qui  la  cessazione  della
materia del contendere. 
    3. − Con la prima questione promossa con il  ricorso  n.  83  del
2011 viene impugnato l'art. 2, comma 1, della legge reg. Puglia n. 11
del 2011, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n.
96 del 20 giugno 2011 ed entrata in vigore il 5 luglio 2011, in forza
del quale «Il servizio idrico integrato della Puglia  e'  affidato  a
un'azienda pubblica regionale che realizza la parte prevalente  della
propria attivita' con l'ente pubblico che  la  controlla,  anche  per
beneficiare delle economie  di  scala  e  di  scopo  e  favorire  una
maggiore efficienza ed efficacia nell'espletamento del servizio e con
l'obbligo del reinvestimento nel servizio di almeno  l'80  per  cento
degli avanzi netti di gestione. Ai fini  della  presente  legge,  per
avanzo netto  di  gestione  si  intende  il  risultato  economico  di
esercizio  del  soggetto  di  cui  all'articolo  5  [cioe'  l'Azienda
pubblica regionale denominata «Acquedotto pugliese (AQP)»,  istituita
da  tale  articolo]  al  netto  degli  ammortamenti,  accantonamenti,
interessi, imposte e tasse». 
    Per il ricorrente, tale comma viola, in primo luogo, l'art.  117,
primo comma, Cost., perche' si pone in contrasto con i  principi  del
diritto dell'Unione  europea  vigenti  in  materia  di  «servizio  di
interesse  economico  generale»   (SIEG),   che   sono   direttamente
applicabili nell'ordinamento italiano a seguito dell'abrogazione, con
referendum popolare, dell'art. 23-bis  del  decreto-legge  25  giugno
2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,  n.  133,  riguardante,  in
particolare, le forme di gestione dei  SPL  di  rilevanza  economica.
Secondo la difesa dello Stato, detto parametro  e'  violato  in  base
alle seguenti considerazioni: a) il servizio idrico  integrato  (SII)
costituisce  un  «servizio  pubblico  locale»  (SPL)   di   rilevanza
economica  e,  quindi,  rientra  nella  nozione  (caratteristica  del
diritto dell'Unione europea) di SIEG, che, in base all'art.  106  del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  (TFUE),  e'  soggetto
alle regole  di  concorrenza  fissate  nei  trattati  dell'Unione  e,
quindi, alla regola  dell'affidamento  della  sua  gestione  a  terzi
mediante gara ad evidenza pubblica, salvo che lo Stato membro ritenga
che l'applicazione di  tali  regole  possa  ostacolare  la  «speciale
missione» attribuita al servizio dall'ordinamento  giuridico;  b)  la
conseguente «natura derogatoria  ed  eccezionale  degli  affidamenti»
della gestione dei SIEG, mediante l'in house providing,  «ad  aziende
pubbliche  controllate»,  esige  che  tali  eccezionali   affidamenti
avvengano   «mediante   provvedimenti   suscettibili   di   controllo
giurisdizionale e sorretti da  congrua  e  logica  motivazione  sulle
ragioni  che  giustificano  una  tale  scelta,  secondo   canoni   di
ragionevolezza,  di  proporzionalita'  e  di  adeguatezza»;   c)   la
disposizione  denunciata,   individuando   mediante   non   un   atto
amministrativo ma un atto legislativo - cioe'  mediante  un  atto  di
volonta' politica, per sua natura privo di una formale motivazione  -
il  soggetto  affidatario  della  gestione  del  SII,  impedisce   il
sindacato  giurisdizionale  sulla  correttezza  delle   ragioni   che
giustificano la deroga all'ordinaria regola pro concorrenziale, posta
dal diritto dell'Unione, di affidamento  mediante  gara  ad  evidenza
pubblica. In secondo luogo, viene  dedotta  la  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., perche' la  disposizione
impugnata, pur avendo rango di fonte legislativa regionale, statuisce
nelle  materie  tutela  della  concorrenza  e  tutela  dell'ambiente,
riservate alla  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato,  in
quanto  affida  la  gestione  del  SII,  direttamente  ed   a   tempo
indeterminato, ad uno specifico ente regionale,  tanto  da  porsi  in
contrasto con il vigente comma 186-bis dell'art.  2  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2010), in  base
al quale le Regioni debbono limitarsi ad individuare  con  legge  gli
enti e gli organi ai quali  devolvere  le  funzioni  gia'  esercitate
dalle AATO (Autorita' d'ambito territoriale  ottimale)  ed  ai  quali
soltanto spetta il compito di determinare in  via  amministrativa  le
forme della gestione e le modalita' di  affidamento  del  SII,  ferma
restando - attenendo alle indicate materie tutela della concorrenza e
tutela dell'ambiente − la competenza legislativa esclusiva statale ad
individuare le suddette funzioni ed a disciplinarne l'esercizio. 
    La questione e' fondata  in  riferimento  all'evocato  art.  117,
secondo comma, lettere e) ed s), Cost., assorbito ogni altro profilo. 
    3.1.   -   Al   riguardo,   la   Regione   resistente   eccepisce
preliminarmente  l'inammissibilita'   della   censura,   perche'   il
ricorrente non  avrebbe  esperito  alcun  tentativo  di  fornire  una
interpretazione   conforme   a   Costituzione   della    disposizione
denunciata. Questa, secondo la Regione,  sarebbe  interpretabile  nel
senso che non sancisce l'affidamento diretto della gestione  del  SII
all'AQP, ma si limita ad imporre  all'Autorita'  idrica  pugliese  di
provvedere all'affidamento ad un'azienda  pubblica  regionale  (anche
diversa  dall'AQP),  la  quale  possieda  il  duplice  requisito   di
realizzare «la parte prevalente della propria  attivita'  con  l'ente
pubblico che la controlla»  e  di  reinvestire  «nel  servizio  [...]
almeno l'80 per cento degli avanzi netti di gestione».  Solo  in  tal
modo,  soggiunge  la  resistente,  la  normativa  impugnata   sarebbe
coerente con l'art. 2, comma 2, lettera f),  della  precedente  legge
reg. Puglia n. 9 del 2011,  il  quale  riserva  all'Autorita'  idrica
pugliese  la   funzione   di   provvedere   con   un   proprio   atto
all'«affidamento della gestione del servizio idrico integrato». 
    L'eccezione non puo' essere accolta sia perche' nel  giudizio  di
legittimita' costituzionale promosso in via principale il  ricorrente
-   a   differenza   del   giudice   rimettente   nell'incidente   di
costituzionalita'  -  non  ha  l'onere  di  esperire,   a   pena   di
inammissibilita' della questione,  un  tentativo  di  interpretazione
conforme a Costituzione della disposizione impugnata, sia perche'  il
denunciato art. 2, comma 1, della legge reg. n. 11 del  2011  non  e'
interpretabile nel senso indicato dalla Regione. 
    Sotto  il  primo  aspetto,  e'  sufficiente  ricordare  che,  per
costante giurisprudenza di questa Corte, la questione di legittimita'
costituzionale promossa in via principale, pur non potendo avere  per
oggetto la definizione di un  mero  contrasto  sulla  interpretazione
della norma (sentenza n. 19 del 1956), e' ammissibile anche quando la
richiesta di dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  di  una
norma di legge, accompagnata dall'indicazione del  vizio  denunciato,
sia prospettata  in  base  alla  tesi  interpretativa  prescelta  dal
ricorrente (ex multis, sentenze n. 412 del 2001; n. 244 del 1997 e n.
482 del 1991), senza il previo esperimento del tentativo di  giungere
ad una interpretazione alternativa, idonea  a  superare  i  dubbi  di
costituzionalita'. Questa conclusione si giustifica in ragione  della
radicale  differenza  delle  questioni  promosse  in  via  principale
rispetto a quelle sollevate in via incidentale:  nelle  prime  e'  lo
stesso  ricorrente  (Stato  o  Regione),  parte   nel   giudizio   di
costituzionalita', ad  avanzare  una  propria  interpretazione  della
norma  denunciata,  con  riferimento  all'astratta  possibilita'   di
applicazione della norma  stessa;  nelle  seconde,  cioe'  in  quelle
sollevate in via  incidentale,  e'  il  giudice  rimettente  a  dover
fornire   la   dimostrazione   della   rilevanza   del   dubbio    di
costituzionalita', cioe' del fatto che, in concreto,  il  giudizio  a
quo «non possa essere definito  indipendentemente  dalla  risoluzione
della questione di legittimita'  costituzionale»  (art.  23,  secondo
comma, della legge  11  marzo  1953,  n.  87,  recante  «Norme  sulla
costituzione e  sul  funzionamento  della  Corte  costituzionale»)  e
quindi, in particolare, che il dubbio di costituzionalita' non  possa
essere  risolto  facendo  uso  degli   strumenti   interpretativi   a
disposizione dell'autorita' giurisdizionale. Solo per l'incidente  di
costituzionalita' dunque - e non  per  il  giudizio  di  legittimita'
costituzionale  promosso  in  via  di  azione  -  e'   richiesto   al
rimettente, a pena di inammissibilita'  della  questione,  un  previo
tentativo di interpretazione conforme a Costituzione, nel  senso  che
«la risoluzione dell'eventuale dubbio interpretativo in  ordine  alla
norma  impugnata  e'  lasciata  alla  preliminare   valutazione   del
rimettente, vuoi ai fini della richiesta motivazione sulla  rilevanza
della questione di legittimita' costituzionale  nel  giudizio  a  quo
vuoi in ossequio  all'obbligo,  pure  posto  a  carico  dello  stesso
giudice,  della  interpretazione  adeguatrice,  ove  possibile,  alla
Costituzione» (citata sentenza n. 412 del 2001). 
    Sotto il secondo  aspetto,  va  rilevato  che,  contrariamente  a
quanto sostenuto dalla resistente, la legge regionale n. 11 del  2011
puo' essere interpretata solo nel  senso  che  essa  stessa  provvede
all'affidamento diretto della gestione del SII all'AQP. Infatti detta
legge, nel disporre che la gestione del SII e' affidata ad un'azienda
pubblica regionale con particolari caratteristiche  e  nell'istituire
contestualmente una specifica azienda  con  tali  caratteristiche  (a
quanto consta, l'unica del genere) con il fine  di  gestire  il  SII,
individua  proprio  in  tale  azienda  (l'AQP)  l'affidataria   della
gestione  del  servizio  e  -  attraverso  la  determinazione   delle
caratteristiche  generali  degli  affidatari  -  anche  le  forme  di
gestione utilizzabili, inibendo cosi' all'Autorita'  idrica  pugliese
di  procedere  alla  scelta,  previa  valutazione  comparativa  delle
modalita' di gestione e degli affidatari. In tal modo la  legge  reg.
n. 11 del 2011 risulta incompatibile con il citato art. 2,  comma  2,
lettera f), della legge reg. Puglia n. 9 del 2011 - secondo il  quale
e', invece, l'Autorita' idrica pugliese a provvedere  all'affidamento
della gestione del SII - e ne ha percio' determinato, in  quanto  lex
posterior incompatibile, l'abrogazione tacita. 
    3.2.  -  Nel  merito,  occorre  sottolineare  che  la  disciplina
dell'affidamento della gestione del  SII  attiene,  come  piu'  volte
affermato da questa Corte, alle materie tutela  della  concorrenza  e
tutela dell'ambiente, riservate alla competenza legislativa esclusiva
dello Stato (ex plurimis, sentenze n. 187 del 2011; n. 128 del  2011;
n. 325 del 2010; n. 142 del 2010; n. 307 del 2009; n. 246 del  2009).
Nella specie, anche dopo l'abrogazione referendaria dell'art.  23-bis
del decreto-legge n. 112 del 2008 (con effetto dal 21 luglio 2011, ad
opera dell'art. 1, commi 1 e 2, del d.P.R. 18 luglio  2011,  n.  113,
recante «Abrogazione, a seguito di referendum popolare, dell'articolo
23-bis  del  decreto-legge  n.  112   del   2008,   convertito,   con
modificazioni,  dalla  legge  n.   133   del   2008,   e   successive
modificazioni, nel testo risultante a seguito  della  sentenza  della
Corte costituzionale n. 325 del 2010,  in  materia  di  modalita'  di
affidamento e gestione  dei  servizi  pubblici  locali  di  rilevanza
economica»), resta vigente il disposto del terzo  periodo  del  comma
186-bis dell'art. 2 della legge n. 191 del 2009  (inserito  dall'art.
1, comma 1-quinquies,  del  decreto-legge  25  gennaio  2010,  n.  2,
convertito con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n.  42),  in
forza  del  quale  alla  legge  regionale  spetta  soltanto  disporre
l'attribuzione delle  funzioni  delle  soppresse  Autorita'  d'ambito
territoriale  ottimale  (AATO),  «nel  rispetto   dei   principi   di
sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza»,  e  non  spetta,  di
conseguenza, provvedere direttamente all'esercizio di  tali  funzioni
affidando la gestione ad un soggetto determinato. Da cio' deriva,  in
particolare, che, in base alla normativa statale, la legge  regionale
deve limitarsi ad individuare l'ente od il soggetto che  eserciti  le
competenze gia' spettanti all'AATO e, quindi, anche la competenza  di
deliberare la forma di gestione del servizio idrico  integrato  e  di
aggiudicare la gestione di detto servizio. Queste funzioni,  infatti,
erano attribuite all'AATO dai commi 1 e 2 dell'art. 150 del d.lgs.  3
aprile  2006,  n.  152  (Norme  in  materia  ambientale),   i   quali
aggiungevano,  rispettivamente,  che  la  forma   di   gestione   era
deliberata «fra quelle di cui all'articolo 113, comma 5, del  decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267», recante «Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali» (comma 1) e che  l'aggiudicazione
avveniva «mediante gara  [...]  in  conformita'  ai  criteri  di  cui
all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267 [...]» (comma 2). Va  precisato  che  la  disciplina  di  cui  ai
richiamati commi 5  e  7  dell'art.  113  e'  stata  delegificata  ed
abrogata dal combinato disposto dell'art. 23-bis del decreto-legge n.
112 del 2008 (in quanto  «incompatibili»  con  tale  art.  23-bis)  e
dell'art. 12, comma 1, lettera a), del d.P.R. 7  settembre  2010,  n.
168 (Regolamento in materia di servizi pubblici locali  di  rilevanza
economica, a norma dell'articolo 23-bis, comma 10, del  decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6
agosto 2008, n. 133) e che, prima ancora, questa Corte, con  sentenza
n. 272 del 2004, aveva dichiarato l'illegittimita' costituzionale del
secondo e del terzo periodo del comma 7. Tuttavia tale abrogazione  e
l'indicata dichiarazione di illegittimita' costituzionale hanno fatto
venir meno soltanto il vincolo che i due  commi  abrogati  imponevano
alle AATO (e, pertanto, anche ai successori  di  queste,  individuati
con legge regionale) di  adottare  esclusivamente  alcune  specifiche
forme di gestione e di rispettare particolari criteri e, percio', non
hanno soppresso la funzione propria delle AATO medesime di deliberare
le forme di gestione del SII e  di  aggiudicare  tale  gestione,  nel
rispetto dei  principi  e  delle  disposizioni  vigenti  nel  diritto
dell'Unione europea. In proposito, e' appena il caso di  sottolineare
che i piu' volte menzionati commi 5 e 7 dell'art. 113 del  d.lgs.  n.
267 del 2000 non hanno ripreso vigore a seguito  della  dichiarazione
dell'avvenuta abrogazione dell'intero art. 23-bis  del  decreto-legge
n. 112 del 2008 per effetto dell'esito  del  referendum  indetto  con
d.P.R. 23 marzo 2011. Come questa  Corte  ha  piu'  volte  affermato,
infatti,   dall'abrogazione   referendaria   dell'art.   23-bis   del
decreto-legge n. 112 del 2008, non  consegue  la  reviviscenza  delle
norme abrogate da tale articolo (sentenze n. 320 e n.  24  del  2011;
sull'esclusione, di regola, dell'effetto retroattivo dell'abrogazione
referendaria, ordinanza n. 48 del 2012). 
    Nella specie, la norma regionale impugnata si pone  in  contrasto
con la suddetta  normativa  statale,  perche'  -  disponendo  che  la
gestione del SII e' affidata ad un'azienda pubblica regionale  avente
determinate caratteristiche - da un lato esclude che l'ente regionale
successore  delle  competenze  dell'AATO  (ossia  l'Autorita'  idrica
pugliese) deliberi con un proprio atto le forme di gestione del SII e
provveda all'aggiudicazione della gestione del servizio  al  soggetto
affidatario e dall'altro, con disposizione  che  tiene  luogo  di  un
provvedimento, stabilisce essa stessa che  il  SII  sia  affidato  ad
un'azienda  pubblica  regionale,  da  identificarsi   necessariamente
nell'unica (a quanto consta) azienda pubblica regionale istituita  al
fine di detta gestione,  cioe'  nell'azienda  denominata  «Acquedotto
pugliese - AQP», prevista dalla medesima legge reg. Puglia n. 11  del
2011 (artt. da 5 a 14). Poiche', come  gia'  rilevato,  la  normativa
statale non consente che la legge regionale individui direttamente il
soggetto affidatario della  gestione  del  SII  e  che  stabilisca  i
requisiti generali dei soggetti affidatari di  tale  gestione  (cosi'
determinando, indirettamente, anche le  forme  di  gestione),  appare
evidente la violazione dell'evocato art. 117, secondo comma,  lettere
e) ed s), Cost., con  la  conseguente  illegittimita'  costituzionale
dell'impugnata normativa regionale (sulla legittimita' costituzionale
delle  leggi  statali,   emesse   nell'esercizio   della   competenza
legislativa esclusiva dello Stato, che  vietino  l'esercizio  in  via
legislativa della funzione  amministrativa  regionale,  ex  plurimis,
sentenze n. 20 del 2012; n. 44 del 2010; n. 271 e n.  250  del  2008;
ordinanza n. 405 del 2008). 
    4. − La seconda questione promossa con il ricorso n. 83 del  2011
ha ad oggetto l'art. 5 della suddetta legge reg.  Puglia  n.  11  del
2011, che istituisce - come  sopra  ricordato  −  l'Azienda  pubblica
regionale «Acquedotto pugliese (AQP)» e  stabilisce  il  subentro  di
tale azienda nel patrimonio e nei rapporti  della  s.p.a.  Acquedotto
pugliese,  a  suo  tempo  costituita,  mediante  trasformazione   del
preesistente «Ente autonomo per l'acquedotto pugliese», con il d.lgs.
11 maggio 1999, n. 141 (Trasformazione dell'Ente autonomo  acquedotto
pugliese in societa' per azioni, a norma dell'articolo 11,  comma  1,
lettera b, della legge 15 marzo 1997, n. 59). L'articolo e' impugnato
per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost.,
perche' - pur non incidendo formalmente sulla normativa statale e pur
non provocando l'estinzione  della  s.p.a.  Acquedotto  pugliese  (la
quale  e'  destinata  ad  operare,  in  base  al   predetto   decreto
legislativo,  fino  al  31  dicembre  2018,  per  l'esercizio   delle
attivita' di captazione, adduzione,  potabilizzazione,  distribuzione
di acqua ad usi civili, nonche'  di  fognatura  e  depurazione  delle
acque reflue,  cioe'  per  l'esercizio  delle  attivita'  in  cui  si
articola il SII) - finisce «per privare  di  qualsiasi  funzione»  la
s.p.a. Acquedotto  pugliese  e,  quindi,  finisce  «per  svuotare  di
qualsiasi efficacia» il predetto decreto legislativo n. 141 del 1999,
riconducibile  alle  materie  tutela  della  concorrenza   e   tutela
dell'ambiente  e  dell'ecosistema,   appartenenti   alla   sfera   di
competenza legislativa esclusiva dello Stato. 
    La questione e' fondata. 
    Va premesso, al riguardo, che la normativa  regionale  denunciata
deve essere valutata in riferimento al quadro costituzionale  vigente
al momento della sua  emanazione,  cioe'  a  quello  successivo  alla
riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, e  non  (come
invece pare  adombrare  la  resistente  Regione  Puglia)  alle  norme
costituzionali esistenti al momento dell'entrata in vigore del d.lgs.
n. 141 del 1999,  il  quale  ha  direttamente  costituito  la  s.p.a.
Acquedotto pugliese, il cui patrimonio ed i cui rapporti sono oggetto
del censurato "subentro" in favore dell'AQP. Di qui la pertinenza dei
parametri costituzionali evocati dal ricorrente. 
    Cio' posto, non e' dubbio che detta  normativa  regionale  incide
sul patrimonio e sui rapporti attivi e passivi di  una  societa'  per
azioni costituita con legge statale; societa' nel cui oggetto sociale
rientra la  «gestione  del  ciclo  integrato  dell'acqua»  e  che  e'
destinata ad operare (in base al  citato  d.lgs.  n.  141  del  1999)
almeno fino al 31 dicembre 2018. In considerazione di tale  contenuto
e, in particolare, della sua attinenza (proprio  perche'  trasferisce
le risorse ed i rapporti  dell'indicata  societa'  per  azioni)  alla
gestione del servizio idrico integrato, la norma regionale  impugnata
e' riconducibile - oltre che alla materia ordinamento civile  -  alle
materie tutela della concorrenza  e  tutela  dell'ambiente,  entrambe
riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato  in  base
agli evocati parametri costituzionali (come evidenziato  dalle  sopra
citate sentenze n. 187 del 2011; n. 128 del 2011; n. 325 del 2010; n.
142 del 2010; n. 307 del 2009; n. 246 del 2009).  La  previsione  del
subentro  dell'AQP  nel  patrimonio  e  nei  rapporti  della   s.p.a.
Acquedotto pugliese, ponendosi in palese contrasto  con  la  suddetta
disciplina statale (che non prevede tale subentro), integra, percio',
la denunciata illegittimita' costituzionale. 
    5. − La terza questione promossa con il ricorso n. 83 del 2011 ha
ad oggetto l'art. 9, comma 1, della medesima legge reg. Puglia n.  11
del  2011,  in  base  al  quale  «Il  personale  in  servizio  presso
l'Acquedotto pugliese  S.p.A.  alla  data  di  costituzione  dell'AQP
transita nell'organico dell'AQP alla data  della  costituzione  della
medesima,  conservando  tutti  i  diritti  giuridici   ed   economici
acquisiti, senza ulteriori e maggiori oneri. Nell'attuazione di  tale
progetto sono assicurate le relazioni sindacali». Per il  ricorrente,
tale normativa, nel prevedere il trasferimento  del  personale  dalla
s.p.a. Acquedotto pugliese  all'Azienda  pubblica  regionale  AQP,  a
prescindere dalla circostanza che il  personale  sia  inquadrato  nel
comparto pubblico con  procedura  selettiva  concorsuale,  viola:  a)
l'art. 3 Cost., perche' irragionevolmente consente al solo  personale
in servizio presso la s.p.a. Acquedotto pugliese di essere inquadrato
nei  ruoli  dell'AQP,  prescindendo  dalla  regola  della   selezione
concorsuale che si impone invece  per  la  generalita'  dei  pubblici
dipendenti; b) l'art. 51 Cost., perche', privilegiando  il  personale
gia' in servizio presso la s.p.a.  Acquedotto  pugliese  rispetto  ad
altri possibili aspiranti all'assunzione presso l'AQP, non permette a
tutti i cittadini di accedere agli uffici pubblici in  condizioni  di
eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge; c) l'art. 97,
terzo  comma,  Cost.,  perche'   il   generalizzato   ed   automatico
inquadramento di tutti i dipendenti  in  servizio  presso  la  s.p.a.
Acquedotto pugliese nei ruoli dell'AQP contrasta  con  la  regola  di
accesso agli impieghi pubblici tramite  concorso  pubblico,  posta  a
tutela non solo dei potenziali  aspiranti,  ma  anche  dell'interesse
pubblico   alla    scelta    dei    candidati    migliori,    nonche'
all'imparzialita'   ed   al    buon    andamento    della    pubblica
amministrazione; d) l'art. 117, terzo comma, Cost., perche'  si  pone
in contrasto con l'art. 17, commi da 10 a 13,  del  decreto-legge  1°
luglio 2009, n.  78  (Provvedimenti  anticrisi,  nonche'  proroga  di
termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3  agosto  2009,
n. 102, il quale, con norma integrante un principio  fondamentale  di
coordinamento della finanza pubblica, preclude  alle  amministrazioni
pubbliche,  a  decorrere  dal  gennaio  2010,   ogni   procedura   di
stabilizzazione  del   personale   non   di   ruolo   diversa   dalla
valorizzazione  dell'esperienza  professionale  acquisita  attraverso
l'espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva di posti. 
    Anche tale questione e' fondata. 
    La normativa impugnata dispone un generale ed automatico transito
del personale di una persona giuridica di diritto privato, la  s.p.a.
Acquedotto pugliese, nell'organico di un soggetto pubblico regionale,
l'Azienda  pubblica  regionale  denominata  AQP,  senza   il   previo
espletamento di alcuna procedura  selettiva.  Le  modalita'  di  tale
transito costituiscono, pertanto, una palese deroga al principio  del
concorso pubblico, al quale debbono conformarsi  −  come  piu'  volte
affermato da questa Corte - le procedure di assunzione del  personale
delle pubbliche amministrazioni (ex plurimis,  sentenza  n.  190  del
2005). Il mancato ricorso  a  tale  forma  generale  e  ordinaria  di
reclutamento del personale della pubblica amministrazione non  trova,
nella   specie,   alcuna   peculiare    e    straordinaria    ragione
giustificatrice (che non risulta dal testo della legge regionale, non
e' indicata dalla  Regione  resistente  e,  allo  stato  degli  atti,
neppure  appare  ricavabile  aliunde),  tanto  da  risolversi  in  un
privilegio indebito per i  soggetti  che  possono  beneficiare  della
norma impugnata (sulla necessita' che le eccezioni alla regola di cui
all'art. 97 Cost. rispondano a peculiari e straordinarie esigenze  di
servizio, ex plurimis, sentenze n. 363, n. 205 e  n.  81  del  2006).
Risulta, dunque, violato l'art. 97 Cost. Le ulteriori censure restano
assorbite. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1,
dell'art. 5 e dell'art. 9, comma 1, della legge della Regione  Puglia
20 giugno 2011,  n.  11  (Gestione  del  servizio  idrico  integrato.
Costituzione dell'Azienda pubblica regionale "Acquedotto  pugliese  -
AQP"),  oggetto  delle  questioni  di   legittimita'   costituzionale
promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso  n.
83 del 2011, indicato in epigrafe; 
    2) dichiara cessata la materia  del  contendere  in  ordine  alla
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  5,  comma  6,
lettera g), della legge della Regione Puglia 30  maggio  2011,  n.  9
(Istituzione dell'Autorita' idrica pugliese), promossa dal Presidente
del Consiglio dei ministri,  in  riferimento  all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), della Costituzione, con il ricorso n. 81 del 2011,
indicato in epigrafe.  
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2012. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                         Il Redattore: Gallo 
 
 
                       Il Cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2012. 
 
               Il Direttore della Cancelleria: Melatti