N. 63 SENTENZA 7 - 21 marzo 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Statuto regionale - Norme del nuovo Statuto della  Regione  Molise  -
  Consiglio regionale  -  Funzioni  delle  commissioni  permanenti  -
  Funzione di vigilanza sull'andamento dell'amministrazione regionale
  - Funzionari dell'amministrazione regionale e degli enti dipendenti
  convocati in seduta pubblica -  Esonero  dal  segreto  d'ufficio  -
  Ricorso  del  Governo  -  Asserita  violazione   della   competenza
  legislativa statale esclusiva in materia di  ordinamento  penale  -
  Asserito contrasto con  il  limite  generale  dell'armonia  con  la
  Costituzione - Non fondatezza della questione. 
- Statuto della Regione Molise, art. 30, comma 4, approvato, in prima
  lettura, con deliberazione del Consiglio regionale n.  184  del  19
  luglio 2010, confermato, in seconda lettura, con  deliberazione  n.
  35 del 22 febbraio 2011. 
- Costituzione, artt. 117, secondo comma, lett. l), e 123. 
Statuto regionale - Norme del nuovo Statuto della  Regione  Molise  -
  Equiparazione del personale degli enti pubblici  non  economici  al
  personale regionale - Ricorso del  Governo  -  Asserita  violazione
  della  competenza  legislativa  statale  esclusiva  in  materia  di
  ordinamento civile per ingerenza nella materia della contrattazione
  collettiva - Asserita violazione  dei  limiti  costituzionali  alla
  potesta' statutaria regionale - Non fondatezza della questione. 
- Statuto della Regione Molise, art. 53, comma 4, approvato, in prima
  lettura, con deliberazione del Consiglio regionale n.  184  del  19
  luglio 2010, confermato, in seconda lettura, con  deliberazione  n.
  35 del 22 febbraio 2011. 
- Costituzione, artt. 117, secondo comma, lett. l), e 123. 
Statuto regionale - Norme del nuovo Statuto della  Regione  Molise  -
  Rapporti della Regione con l'Unione europea  -  Attribuzioni  della
  Giunta   regionale   -   Partecipazione   alla   fase    ascendente
  dell'attivita' normativa  europea  e  alla  fase  discendente,  con
  attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali e degli  atti
  dell'Unione europea - Ricorso del  Governo  -  Asserita  violazione
  dell'assetto   delle   competenze   regionali    stabilite    nella
  Costituzione - Non fondatezza della questione. 
- Statuto della Regione Molise, art. 67, comma 1, approvato, in prima
  lettura, con deliberazione del Consiglio regionale n.  184  del  19
  luglio 2010, confermato, in seconda lettura, con  deliberazione  n.
  35 del 22 febbraio 2011. 
- Costituzione, artt. 117, quinto  comma,  e  121,  secondo  e  terzo
  comma. 
(GU n.13 del 28-3-2012 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici : Franco GALLO, Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 30,  comma
4, 53, comma 4, e 67, comma 1, dello  statuto  della  Regione  Molise
approvato,  in  prima  lettura,  con  deliberazione   del   Consiglio
regionale n. 184 del 19 luglio 2010, confermato, in seconda  lettura,
con deliberazione n. 35 del 22 febbraio 2011, promosso dal Presidente
del Consiglio dei ministri con  ricorso  notificato  il  29  marzo/1°
aprile 2011, depositato in cancelleria il 5 aprile 2011  ed  iscritto
al n. 30 del registro ricorsi 2011. 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  24  gennaio  2012  il  Giudice
relatore Giuseppe Tesauro; 
    udito l'avvocato dello Stato Giacomo Aiello per il Presidente del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.  -  Con  ricorso  spedito  per  la   notifica   in   data   29
marzo/1°aprile 2011, depositato presso la cancelleria della Corte  il
successivo 5  aprile,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questione di legittimita' costituzionale degli articoli  30,
comma 4, 53, comma 4, e 67, comma  1,  dello  statuto  della  Regione
Molise, approvato, in prima lettura, con deliberazione del  Consiglio
regionale n. 184 del 19 luglio 2010, confermato, in seconda  lettura,
con  deliberazione  n.  35  del  22  febbraio  2011,  pubblicato  nel
Bollettino Ufficiale della Regione n. 7, edizione straordinaria,  del
2 marzo 2011, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera
l), e quinto comma, della Costituzione, ed agli articoli 121, secondo
comma, e 123 della Costituzione. 
    1.1. - Secondo il ricorrente, l'art. 30, comma 4,  dello  statuto
della  Regione  Molise,  nella  parte  in  cui  stabilisce   che   le
commissioni consiliari permanenti, al fine di svolgere la funzione di
"vigilanza" sull'andamento dell'amministrazione  regionale,  «possono
altresi' convocare funzionari dell'amministrazione regionale e  degli
enti dipendenti i quali, in seduta non pubblica, sono  esonerati  dal
segreto d'ufficio» si porrebbe in contrasto con la disciplina statale
in materia di segreto d'ufficio, violando l'art. 117, secondo  comma,
lettera l), Cost., che riserva alla  competenza  legislativa  statale
esclusiva la materia dell'ordinamento civile e penale, nonche' l'art.
123  Cost.  che  regola  la  potesta'  statutaria  delle  Regioni  ad
autonomia  ordinaria.  La  norma  impugnata,   infatti,   escludendo,
peraltro genericamente, l'obbligo del segreto d'ufficio in  relazione
a  qualsiasi  atto  dell'amministrazione,   porrebbe   eccezioni   al
principio contenuto nell'art. 326 del codice penale, che  prevede  il
reato di rivelazione di segreti d'ufficio e che puo' essere  derogato
solo  con  normativa  statale,   in   violazione   della   competenza
legislativa statale esclusiva in  materia  di  ordinamento  civile  e
penale. 
    1.2. -  Anche  l'art.  53,  comma  4,  dello  statuto,  il  quale
stabilisce che, con riguardo agli enti, aziende ed agenzie regionali,
«il personale degli enti pubblici  non  economici  e'  equiparato  al
personale regionale», sarebbe in contrasto con  l'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost., che  riserva  alla  competenza  legislativa
statale esclusiva la materia dell'ordinamento civile e con l'art. 123
Cost. che regola la potesta' statutaria delle  Regioni  ad  autonomia
ordinaria. Detta norma, equiparando a quello regionale  il  personale
degli enti pubblici non economici, peraltro genericamente,  cosi'  da
generare  anche  incertezza  sul  regime  giuridico   del   medesimo,
impedirebbe «il  corretto  evolversi  della  disciplina  contrattuale
collettiva  dei  vari  comparti  interessati,  sottraendo  per  legge
materia alla contrattazione, in  violazione  del  principio  generale
dettato sin dalla legge 29  marzo  1983,  n.  93  (Legge  quadro  sul
pubblico impiego), che ha riservato  alla  contrattazione  collettiva
per comparti la competenza primaria di regolazione  del  rapporto  di
lavoro pubblico». 
    1.3. - Infine, il ricorrente impugna l'art. 67,  comma  1,  dello
statuto, che regola i rapporti della Regione  con  l'Unione  europea,
nella parte in cui prevede  che  la  Giunta  regionale  «realizza  la
partecipazione»  alla  cosiddetta  fase   ascendente   dell'attivita'
normativa europea e, nella fase discendente, «provvede all'attuazione
ed esecuzione degli accordi internazionali e degli  atti  dell'Unione
europea». Cosi' disponendo,  tale  norma  sarebbe  costituzionalmente
illegittima, in primo luogo,  in  quanto  riserva  la  competenza  in
materia alla Giunta regionale,  laddove  l'art.  117,  quinto  comma,
Cost. la attribuisce alla Regione e quindi a tutti i suoi  organi,  e
poi, in particolare con riferimento alla fase cosiddetta  discendente
(di attuazione ed esecuzione degli  accordi  internazionali  e  degli
atti dell'Unione europea), in quanto riserva la competenza a svolgere
le connesse attivita' alla Giunta, che ha solo competenze  di  natura
provvedimentale, laddove per le attivita'  di  natura  legislativa  e
regolamentare, pure coinvolte, la competenza non puo' che essere  del
Consiglio regionale, ai sensi dell'art. 121, secondo e  terzo  comma,
Cost. 
    2. - La Regione Molise non si e' costituita in giudizio. 
    3. -  Nell'imminenza  dell'udienza  pubblica  il  Presidente  del
Consiglio dei  ministri  ha  depositato  memoria,  con  la  quale  ha
insistito nel chiedere l'accoglimento delle questioni di legittimita'
costituzionale promosse con il ricorso. In particolare, il ricorrente
ha ulteriormente precisato, quanto all'art. 30, comma  4,  che  detta
norma invaderebbe la sfera di competenza statale esclusiva in materia
di ordinamento penale, posto che la disciplina del segreto  d'ufficio
e' assistita dalla sanzione penale (di cui all'art. 326  cod.  pen.),
in vista della salvaguardia degli interessi generali dello Stato,  ed
e'   garantita   mediante   la   previsione   dell'esclusione   della
rimovibilita' del medesimo segreto in  sede  processuale  (art.  201,
comma 1, cod. proc. pen.). Essa, di conseguenza, sarebbe  palesemente
in violazione del precetto dell'armonia con la  Costituzione  (limite
all'autonomia statutaria delle Regioni ad autonomia ordinaria), ed in
contrasto con i principi generali in  materia  di  pubblico  impiego,
posto che le norme sul segreto  d'ufficio  costituirebbero,  appunto,
principi generali della materia in  questione,  idonei,  ad  imporsi,
ancorche' come vincoli generali, alla potesta' statutaria regionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  promosso
questione di legittimita'  costituzionale  in  via  principale  degli
articoli 30, comma 4, 53, comma 4, e 67, comma 1, del  nuovo  statuto
della Regione Molise, approvato, in prima lettura, con  deliberazione
del Consiglio regionale n. 184 del 19  luglio  2010,  confermato,  in
seconda lettura, con deliberazione n. 35 del 22  febbraio  2011,  per
violazione dell'articolo 117, secondo comma,  lettera  l),  e  quinto
comma, dell'articolo 121, secondo comma, e  dell'articolo  123  della
Costituzione. 
    2. - L'art. 30,  comma  4,  e'  impugnato  nella  parte  in  cui,
disciplinando le funzioni delle commissioni permanenti del  Consiglio
regionale, stabilisce che queste  ultime,  al  fine  di  svolgere  la
funzione   di   "vigilanza"    sull'andamento    dell'amministrazione
regionale,      «possono      altresi'      convocare      funzionari
dell'amministrazione regionale e degli enti dipendenti, i  quali,  in
seduta non pubblica, sono esonerati dal segreto d'ufficio». 
    In tal modo, ad avviso del ricorrente, la predetta  disposizione,
escludendo,  genericamente,  l'obbligo  del  segreto   d'ufficio   in
relazione a qualsiasi atto dell'amministrazione,  porrebbe  eccezioni
al principio contenuto nell'art. 326 cod. pen., che prevede il  reato
di rivelazione di segreti d'ufficio, in violazione  della  competenza
legislativa statale esclusiva in  materia  di  ordinamento  civile  e
penale, oltre che in violazione dei limiti che l'art. 123 Cost.  pone
all'autonomia  statutaria  delle  Regioni.  Detta   norma,   infatti,
invaderebbe la sfera di competenza statale esclusiva  in  materia  di
ordinamento penale, posto che la disciplina del segreto d'ufficio  e'
assistita dalla sanzione penale (di cui all'art. 326 cod.  pen.),  in
vista della salvaguardia degli interessi generali dello Stato, ed  e'
garantita mediante  l'esclusione  della  rimovibilita'  del  medesimo
segreto in sede processuale (art. 201, comma  1,  cod.  proc.  pen.).
Essa sarebbe, di  conseguenza,  in  contrasto  anche  con  il  limite
generale dell'armonia con la Costituzione, posto dall'art. 123  Cost.
all'autonomia statutaria delle Regioni ad autonomia ordinaria,  oltre
che con i principi generali in materia di pubblico impiego. 
    2.1. - La questione non e' fondata. 
    2.1.1. - La disposizione impugnata e' inserita in un articolo del
nuovo statuto della Regione Molise, l'art. 30  (intitolato  "funzioni
delle  commissioni"),  volto  a  disciplinare   le   funzioni   delle
commissioni  permanenti  nelle  quali  si   articola   il   Consiglio
regionale.  Fra  tali   funzioni   vi   e'   quella   di   "vigilanza
sull'andamento dell'amministrazione regionale". Nel disciplinare tale
competenza, il comma 4 del predetto articolo - analogamente a  quanto
stabilito in altri statuti regionali (come, ad esempio, all'art.  53,
comma 5, dello statuto dell'Umbria,  all'art.  38,  comma  13,  dello
statuto dell'Emilia-Romagna, all'art. 45 dello statuto della  Regione
Campania) - dispone che le citate commissioni possono,  fra  l'altro,
«richiedere al Presidente ed ai  componenti  della  Giunta  regionale
chiarimenti  su  questioni  relative  alle  materie   di   rispettiva
competenza.      Possono      altresi'      convocare      funzionari
dell'amministrazione regionale e degli enti dipendenti  i  quali,  in
seduta non pubblica, sono esonerati dal segreto d'ufficio». 
    Questa Corte ha gia' avuto occasione di affermare che  il  potere
di controllo sull'amministrazione  regionale  e,  piu'  in  generale,
sugli organi esecutivi della  Regione,  attribuito  alle  commissioni
consiliari, in quanto articolazioni dei  Consigli  regionali,  e'  un
«potere connaturato ed implicito nelle varie  funzioni  spettanti  ai
Consigli medesimi» e rappresenta un «modo di estrinsecazione di dette
funzioni» (sentenza n. 29 del 1966).  A  tale  potere  di  controllo,
inoltre, e' strumentale il potere di acquisizione di  tutti  i  dati,
delle  informazioni  e  dei   documenti   che   siano   riconducibili
all'attivita' dei predetti organi.  Esso  e',  pertanto,  un  «potere
istituzionale» del Consiglio regionale,  e  quindi  anche  delle  sue
commissioni, il quale consiste nel «sindacato, strettamente  inerente
ai suoi compiti di  controllo  politico,  sull'operato  degli  organi
esecutivi della Regione» (sentenza n. 29 del 1966). 
    L'oggetto diretto ed esclusivo di un simile potere di controllo e
vigilanza affidato alle commissioni consiliari  nei  confronti  delle
"attivita' dell'amministrazione regionale e degli enti sottoposti  al
suo controllo" va, pertanto,  «individuato  nel  funzionamento  della
amministrazione regionale e degli enti sottoposti al  suo  controllo,
caratterizzandosi,  di   conseguenza,   come   strumentale   rispetto
all'esercizio di competenze proprie della Regione» (sentenza n. 4 del
1991). 
    Sulla base di tali premesse, questa  Corte  ha  riconosciuto,  in
primo  luogo,  che  non  contrasta  con   alcuna   norma   di   rango
costituzionale la previsione, da  parte  del  legislatore  regionale,
della facolta' delle predette commissioni consiliari di audizione  di
pubblici amministratori, di dipendenti dell'amministrazione regionale
e degli enti sottoposti a vigilanza della Regione,  dal  momento  che
tali commissioni possono «solo appellarsi agli  ordinari  vincoli  di
responsabilita'   politica   e   amministrativa   che   legano    gli
amministratori e i dipendenti  regionali  all'ente  di  appartenenza»
(sentenza n. 4 del 1991). In secondo luogo, non  lede  la  competenza
esclusiva statale in materia penale la norma regionale che detti  una
disciplina  del  segreto   d'ufficio,   attribuendo   alle   medesime
commissioni il potere di apporre il segreto d'ufficio su fatti,  atti
o documenti ritenuti non divulgabili di cui siano venute a conoscenza
nell'esercizio  dei  predetti  poteri  di   controllo.   Una   simile
disciplina, infatti, «viene ad operare entro i  limiti  ordinari  del
segreto di  ufficio,  la  cui  determinazione,  per  quanto  concerne
l'attivita' svolta da un organo regionale quale  e'  la  Commissione,
non puo' spettare altro  che  alla  valutazione  discrezionale  della
stessa regione» (sentenza n. 4 del 1991). 
    Considerato che l'oggetto tutelato dal segreto d'ufficio e  dalla
previsione del divieto di rivelazione dello stesso e' costituito  dal
buon  andamento,  inteso  anche  come  normale  funzionamento   della
pubblica amministrazione (Cass.,  14  novembre  2008,  n.  42689;  di
recente v. Cass. 24 giugno 2011, n. 25366), non puo' che spettare  al
legislatore regionale, nell'ambito della propria sfera di competenza,
individuare i casi nei quali la  tutela  del  buon  andamento  e  del
normale funzionamento dell'amministrazione regionale e degli enti  da
essa dipendenti debba essere assicurata attraverso l'apposizione  del
segreto d'ufficio.  E,  con  tutta  evidenza,  spetta  egualmente  al
medesimo legislatore regionale prevederne le eventuali eccezioni. 
    Ne'  puo'  ritenersi  che   l'identificazione,   da   parte   del
legislatore  regionale,  nel  quadro  delle  proprie  competenze,  di
ipotesi  di   segreto   d'ufficio   inerenti   all'attivita'   svolta
dall'amministrazione regionale  e  dagli  enti  da  essa  dipendenti,
nonche' delle correlative ipotesi di esonero dallo stesso,  incidendo
sull'applicazione della sanzione penale posta dal legislatore statale
all'art. 326 cod. pen., determini  una  violazione  della  competenza
esclusiva statale in materia di ordinamento penale. 
    Questa Corte, fin da epoca risalente, ha affermato che, ferma  la
competenza esclusiva statale in materia penale, «alle leggi regionali
non e' precluso concorrere a precisare, secundum  legem,  presupposti
d'applicazione di norme  penali  statali  (cfr.,  fra  le  altre,  le
sentenze di questa Corte n. 210 del 1972  e  n.  142  del  1969)  ne'
concorrere ad attuare le stesse norme»; e che «la tutela  penale  dei
beni rientranti nelle materie regionali, "esclusive" o "concorrenti",
puo' ben esser autonomamente fornita, attraverso l'incriminazione  di
violazioni agli stessi beni, dalla  legge  penale  statale»,  con  il
risultato di  giungere  a  riconoscere  una  competenza  regionale  a
«concorrere a definire  elementi  costitutivi  (es.  "dovere",  "atto
d'ufficio" ecc.) delle fattispecie tipiche incriminate», in relazione
ad alcune ipotesi  di  delitti  contro  la  pubblica  amministrazione
(sentenza n. 487 del 1989). 
    A seguito della riforma del Titolo V della  Parte  seconda  della
Costituzione tali conclusioni non possono che essere confermate.  Se,
infatti, e' oggi espressamente previsto dall'art. 117, secondo comma,
lettera l), Cost., che  la  materia  dell'ordinamento  penale  e'  di
esclusiva competenza dello Stato, con la conseguenza che «le  Regioni
non dispongono di alcuna competenza  che  le  abiliti  a  introdurre,
rimuovere o variare con proprie leggi le pene  previste  dalle  leggi
dello Stato in tale materia», e' anche necessario tener conto che «la
"materia penale", intesa come l'insieme dei beni e  valori  ai  quali
viene  accordata  la  tutela  piu'  intensa,   non   e'   di   regola
determinabile  a  priori»  :  essa  «nasce  nel  momento  in  cui  il
legislatore nazionale pone norme incriminatici e cio'  puo'  avvenire
in qualsiasi settore,  a  prescindere  dal  riparto  di  attribuzioni
legislative tra lo Stato e le Regioni» (sentenza n.  185  del  2004).
Pertanto, la relativa competenza  legislativa  statale  esclusiva  si
rivela «potenzialmente incidente nei piu' diversi ambiti materiali ed
anche  in  quelli  compresi  nelle  potesta'  legislative  esclusive,
concorrenti  o  residuali  delle  Regioni,  le  cui  scelte  potranno
risultarne talvolta rafforzate e munite di  una  garanzia  ulteriore,
talaltra semplicemente inibite». Sulla base di cio', non puo' negarsi
a queste ultime quanto in precedenza  gia'  ad  esse  riconosciuto  e
cioe'  il  potere  di  concorrere  a   precisare,   secundum   legem,
presupposti  d'applicazione  di  norme  penali  statali,  nonche'   a
definire  elementi  costitutivi   di   talune   fattispecie   tipiche
incriminate, nell'esercizio delle proprie competenze. 
    2.1.2. - In tale quadro, risultano prive di fondamento le censure
di lesione della competenza esclusiva statale di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost.  e  di  conseguente  violazione  dei
limiti  posti  dall'art.   123   della   Costituzione   all'autonomia
statutaria regionale, promosse nei confronti dell'art. 30,  comma  4,
del  nuovo  statuto  della  Regione  Molise,  nella  parte   in   cui
attribuisce alle commissioni consiliari permanenti,  la  facolta'  di
esonerare dal segreto  d'ufficio  i  funzionari  dell'amministrazione
regionale e  degli  enti  dipendenti  che  siano  convocati,  con  la
precisazione che l'acquisizione delle notizie deve avvenire in seduta
segreta, con conseguente estensione  dell'obbligo  di  segretezza  in
capo ai membri della commissione. 
    3. - Ulteriore disposizione oggetto  di  censura  e'  l'art.  53,
comma 4, del nuovo statuto molisano. 
    La disposizione e'  censurata  nella  parte  in  cui,  dopo  aver
stabilito  che  la  Regione,  «per  lo  svolgimento   delle   proprie
attivita',  puo'  istituire  con  legge  enti,  aziende   e   agenzie
regionali» (comma 1), dispone che «il personale degli  enti  pubblici
non economici e' equiparato al personale regionale» (comma 4). 
    Tale equiparazione, ad avviso del ricorrente,  oltre  a  generare
«incertezza  sul  regime  giuridico   del   personale   genericamente
equiparato a quello regionale», determinerebbe una  violazione  della
competenza statale esclusiva di  cui  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), Cost. «perche' impedirebbe il  corretto  evolversi  della
disciplina contrattuale collettiva  dei  vari  comparti  interessati,
sottraendo per legge materia alla contrattazione».  In  tal  modo  la
disposizione in esame violerebbe anche i limiti posti  dall'art.  123
Cost. alla potesta' statutaria delle Regioni. 
    3.1. - La questione non e' fondata. 
    Le richiamate censure muovono dall'erroneo presupposto secondo il
quale la  disciplina  del  personale  dell'amministrazione  regionale
sarebbe  attribuita  per  intero  alla  competenza  del   legislatore
regionale e, quindi, l'equiparazione ad esso del personale degli enti
pubblici regionali non economici sottrarrebbe  illegittimamente  tale
categoria alla contrattazione collettiva, con conseguente  violazione
della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile. 
    Tale assunto e' contraddetto dalla giurisprudenza costituzionale,
secondo la quale, in  base  alla  nuova  formulazione  dell'art.  117
Cost.,  e  tenuto  conto  che  nel  frattempo   e'   intervenuta   la
privatizzazione del lavoro pubblico (art. 2 del  decreto  legislativo
30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali  sull'ordinamento  del
lavoro alle dipendenze delle amministrazioni  pubbliche»),  l'impiego
pubblico regionale deve ricondursi, per i  profili  privatizzati  del
rapporto,  all'ordinamento   civile   (e   quindi   alla   competenza
legislativa   statale   esclusiva)   e    solo    per    i    profili
"pubblicistico-organizzativi"   all'ordinamento   e    organizzazione
amministrativa  regionale  (e  quindi  alla  competenza   legislativa
residuale regionale) (fra le altre, sentenze n. 233 del 2006 e  n.  2
del 2004; piu' di recente sentenze n. 339  e  n.  77  del  2011).  In
particolare, questa Corte ha piu' volte ribadito che il  rapporto  di
impiego  alle  dipendenze  di  Regioni  ed   enti   locali,   essendo
privatizzato, e' retto dalla  disciplina  generale  dei  rapporti  di
lavoro di tale tipo  ed  e'  percio'  soggetto  alle  regole  che  ne
garantiscono l'uniformita'. Di  conseguenza,  la  legge  statale,  in
tutti i casi in cui viene a conformare gli istituti del  rapporto  di
impiego attraverso norme che si impongono all'autonomia  privata  con
il  carattere  dell'inderogabilita',  costituisce  un   limite   alla
competenza   residuale   regionale   in   tema   di    organizzazione
amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali, nonche'
dello stato giuridico ed economico del relativo personale e va quindi
applicata anche ai rapporti di impiego dei dipendenti delle Regioni e
degli enti locali (sentenza n. 95 del 2007). 
    Alla   luce   di   tali   indicazioni,   risulta   evidente   che
l'equiparazione del  personale  degli  enti  pubblici  non  economici
regionali al personale regionale, operata dalla norma censurata,  non
comporta la temuta sottrazione per legge di una materia  di  per  se'
riservata alla contrattazione  collettiva  per  comparti,  posto  che
anche il rapporto di  lavoro  del  personale  regionale  e'  -  come,
peraltro, espressamente previsto dall'art. 52, comma 2, del  medesimo
testo statutario - «regolato  dalla  legge  e  dai  contratti».  Tale
espressa previsione comporta che la  norma  impugnata  non  puo'  che
essere interpretata nel senso di rinviare, quanto al trattamento  del
personale degli enti pubblici non economici e di quello del personale
regionale, alla disciplina  del  rapporto  di  lavoro  contenuta  nei
contratti collettivi stipulati in relazione ai comparti  interessati,
senza alcuna lesione della  riserva  di  competenza  attribuita  alla
contrattazione collettiva. 
    La censura di violazione dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera
l), Cost. - alla quale e' connessa quella di  violazione  dei  limiti
posti all'autonomia statutaria delle Regioni dall'art.  123  Cost.  -
e', pertanto, priva di fondamento. 
    4. - E', infine, censurato l'art. 67, comma 1, del nuovo  statuto
della Regione Molise, nella parte in cui, regolando i rapporti  della
Regione  con  l'Unione  europea,  prevede  che  la  Giunta  regionale
«realizza  la  partecipazione»  alla   cosiddetta   fase   ascendente
dell'attivita' normativa europea e, nella fase discendente, «provvede
all'attuazione ed esecuzione degli  accordi  internazionali  e  degli
atti dell'Unione europea». 
    Tale disposizione, cosi'  statuendo,  sarebbe,  innanzitutto,  in
contrasto con l'art. 117, quinto comma, Cost. in quanto  riserverebbe
la competenza in materia alla Giunta regionale, laddove  l'art.  117,
quinto comma, Cost. la attribuisce,  genericamente,  alla  Regione  e
quindi a tutti i suoi organi. Essa sarebbe, poi, anche  in  contrasto
con l'art. 121 Cost., commi secondo e  terzo,  nella  parte  in  cui,
specie in riferimento alla fase cosiddetta discendente (di attuazione
ed esecuzione degli accordi internazionali e degli  atti  dell'Unione
europea), riserverebbe la competenza a svolgere le connesse attivita'
alla Giunta,  che  ha  solo  competenze  di  natura  provvedimentale,
laddove per le attivita' di natura legislativa e regolamentare,  pure
coinvolte, la competenza non puo' che essere del Consiglio regionale. 
    4.1. - La questione non e' fondata. 
    Le  censure  proposte   muovono   da   un'interpretazione   della
disposizione impugnata che si rivela erronea  gia'  dall'esame  della
formulazione testuale della stessa. 
    Quest'ultima recita: «La Giunta  regionale,  nel  rispetto  delle
norme di procedura stabilite dalla legge  dello  Stato,  della  legge
comunitaria e degli  indirizzi  impartiti  dal  Consiglio  regionale,
realizza la partecipazione della Regione alle decisioni dirette  alla
formazione degli atti normativi comunitari e provvede  all'attuazione
ed esecuzione degli accordi internazionali e degli  atti  dell'Unione
Europea». Essa, quindi, richiama espressamente sia la  legge  statale
recante norme di procedura,  sia  la  legge  comunitaria,  statale  e
regionale, sia  gli  indirizzi  impartiti  dal  Consiglio  regionale,
vincolando la  Giunta  al  rispetto  di  quanto  ivi  prescritto,  in
conformita' con quanto stabilito dall'art. 117, quinto comma,  Cost.,
nonche' dall'art. 5 della legge 5 giugno 2003, n.  131  (Disposizioni
per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L. Cost.  18
ottobre 2001, n. 3) e dagli artt. 5 e 16 della legge 4 febbraio 2005,
n. 11 (Norme generali sulla partecipazione  dell'Italia  al  processo
normativo dell'Unione europea e sulle procedure di  esecuzione  degli
obblighi comunitari), oltre che in linea  con  le  indicazioni  della
giurisprudenza costituzionale (da ultimo, sentenza n. 151  del  2011;
in specie, sentenza n. 239 del 2004). 
    La  norma  impugnata,  inoltre,  si  inserisce  in  un   contesto
normativo, costituito dai commi seguenti del medesimo  art.  67,  che
espressamente individuano le competenze in materia sia  della  Giunta
che del Consiglio, al quale  ultimo  sono  attribuite  le  competenze
legislative  e  normative  coinvolte,  in  conformita'   al   riparto
delineato dall'art. 121, secondo e terzo comma,  della  Costituzione.
Tanto e' confermato, ad  esempio,  dal  fatto  che  al  comma  4  del
medesimo  articolo  e'  prescritto  che  «Con  legge  regionale  sono
stabiliti modalita' e tempi  per  l'approvazione  dell'annuale  legge
comunitaria  regionale.  La  legge  comunitaria,  nei  casi  in   cui
deferisce  al   regolamento   regionale   l'attuazione   degli   atti
dell'Unione europea, ne stabilisce i criteri e i principi direttivi». 
    Le  censure  proposte  nei  confronti  dell'art.  67,  comma   1,
pertanto, sono prive di fondamento. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 30, comma 4, dello statuto della Regione
Molise, approvato, in prima lettura, con deliberazione del  Consiglio
regionale n. 184 del 19 luglio 2010, confermato, in seconda  lettura,
con  deliberazione  n.  35  del  22  febbraio  2011,  pubblicato  nel
Bollettino Ufficiale della Regione n. 7, edizione straordinaria,  del
2 marzo 2011,  in  riferimento  agli  articoli  117,  secondo  comma,
lettera l), e 123 della Costituzione,  promossa  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 53, comma 4, del  predetto  statuto,  in
riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera l), e 123 della
Costituzione, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, con
il ricorso indicato in epigrafe; 
    3)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 67, comma 1, del  predetto  statuto,  in
riferimento agli articoli 117, quinto comma, e 121, secondo  e  terzo
comma, della Costituzione, promossa dal Presidente del Consiglio  dei
ministri, con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2012. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                        Il Redattore: Tesauro 
 
 
                       Il Cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2012. 
 
               Il Direttore della Cancelleria: Melatti