N. 71 SENTENZA 21 - 28 marzo 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Finanza regionale - Decreto legislativo  di  attuazione  della  legge
  delega  n.  42  del  2009  in  materia  di  federalismo  fiscale  -
  Interventi   di   perequazione    infrastrutturale    -    Ritenuta
  applicabilita' diretta  e  immediata  alla  Regione  siciliana,  in
  mancanza di  un  rinvio  alla  procedura  pattizia  prevista  dallo
  statuto  speciale  -  Ricorso  della  Regione  Sicilia  -  Eccepita
  inammissibilita' della  questione  per  omessa  impugnazione  della
  norma che modifica la legge di delegazione - Reiezione. 
- D.lgs. 31 maggio 2011, n. 88. 
- Statuto della Regione siciliana, art. 43. 
Finanza regionale - Decreto legislativo  di  attuazione  della  legge
  delega  n.  42  del  2009  in  materia  di  federalismo  fiscale  -
  Interventi   di   perequazione    infrastrutturale    -    Ritenuta
  applicabilita' diretta  e  immediata  alla  Regione  siciliana,  in
  mancanza di  un  rinvio  alla  procedura  pattizia  prevista  dallo
  statuto speciale - Ricorso della Regione Sicilia - Asserita lesione
  delle speciali  prerogative  riconosciute  alla  Regione  siciliana
  dallo statuto speciale, che riserva ad una  Commissione  paritetica
  tra  Stato  e  Regione  la  determinazione  di  tale  normativa   -
  Erroneita' del presupposto interpretativo -  Non  fondatezza  della
  questione - Assorbimento di ulteriore censura. 
-   
- Statuto della Regione siciliana, art. 43. 
(GU n.14 del 4-4-2012 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Franco GALLO; 
Giudici: Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'intero  decreto
legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in materia di risorse
aggiuntive ed interventi  speciali  per  la  rimozione  di  squilibri
economici e sociali, a norma dell'articolo 16 della  legge  5  maggio
2009, n. 42), e in particolare dell'art. «9» [recte: 8] dello  stesso
decreto, promosso dalla Regione siciliana con ricorso  notificato  il
19 agosto 2011, depositato  in  cancelleria  il  26  agosto  2011  ed
iscritto al n. 84 del registro ricorsi 2011. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 6 marzo 2012 il Giudice  relatore
Franco Gallo; 
    uditi l'avvocato Paolo Chiapparrone per la  Regione  siciliana  e
l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del  Consiglio
dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 19 e depositato il  successivo  26
agosto 2011 (reg. ric. n. 84  del  2011),  la  Regione  siciliana  ha
promosso questione di legittimita' costituzionale dell'intero decreto
legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in materia di risorse
aggiuntive ed interventi  speciali  per  la  rimozione  di  squilibri
economici e sociali, a norma dell'articolo 16 della  legge  5  maggio
2009, n. 42), e, in particolare, dell'art.  9  [recte:  8]  di  detto
decreto, in riferimento agli  artt.  38  e  43  dello  statuto  della
Regione  siciliana  (r.d.lgs.  15  maggio  1946,  n.   455,   recante
«Approvazione dello Statuto della Regione siciliana»,  convertito  in
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2). 
    2. - Il decreto legislativo oggetto di censura, adottato  -  come
dichiara l'art. 1 - «in conformita' al quinto comma dell'articolo 119
della Costituzione e in  prima  attuazione  dell'articolo  16»  della
legge 5  maggio  2009,  n.  42  (Delega  al  Governo  in  materia  di
federalismo  fiscale,   in   attuazione   dell'articolo   119   della
Costituzione),  «definisce  le  modalita'  per  la   destinazione   e
l'utilizzazione di risorse aggiuntive, nonche' per l'individuazione e
l'effettuazione di interventi speciali,  al  fine  di  promuovere  lo
sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, di rimuovere
gli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi  del
Paese e di favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona». 
    La ricorrente muove dalla premessa  che  il  decreto  legislativo
impugnato sia direttamente applicabile nei suoi confronti, in assenza
di una espressa clausola di salvaguardia che ne  escluda  l'efficacia
rispetto alle Regioni  ad  autonomia  differenziata,  ed  osserva  in
proposito che la  previsione  di  una  siffatta  clausola  era  stata
espressamente richiesta in sede di Conferenza delle Regioni  e  delle
Province autonome di Trento e di Bolzano e  che  all'accoglimento  di
tale richiesta  era  stata  subordinata  l'intesa  sugli  schemi  del
decreto impugnato. Proprio in quanto applicabile alla ricorrente,  il
d.lgs. n. 88 del 2011 recherebbe un vulnus  alla  speciale  autonomia
finanziaria siciliana, in quanto la materia  relativa  all'attuazione
del quinto comma  dell'art.  119  Cost.,  in  ossequio  al  principio
pattizio consacrato nello statuto di autonomia e  ribadito  dall'art.
27 della citata legge di delegazione n. 42 del 2009, sarebbe affidata
alla trattativa con la Regione «nelle forme di  rito  dell'attuazione
degli statuti speciali». In particolare, sarebbe  violato  l'art.  43
dello statuto di autonomia siciliano, che affida  a  una  Commissione
paritetica la competenza a definire  le  norme  di  attuazione  dello
statuto  medesimo.  Solo  questa  Commissione  rappresenta,  infatti,
secondo la ricorrente, «la sede appropriata per la  individuazione  e
la  quantificazione  pattizia  delle  risorse  aggiuntive   e   degli
interventi speciali per la  rimozione  degli  equilibri  economici  e
sociali». 
    Il ricorso alla procedura negoziata prevista dall'art.  43  dello
statuto, in  particolare,  sarebbe  necessario  anche  per  la  parte
concernente la perequazione infrastrutturale, in forza  dell'art.  38
del  medesimo  statuto,  indicato  come  ulteriore  parametro.  Detto
articolo 38 - nel prevedere che lo Stato «versera'  annualmente  alla
Regione, a titolo di solidarieta' nazionale, una somma da impiegarsi,
in base ad un piano economico, nell'esecuzione di  lavori  pubblici»,
al fine di «bilanciare il minore  ammontare  dei  redditi  di  lavoro
nella Regione  in  confronto  alla  media  nazionale»  -  disciplina,
secondo  la   ricorrente,   interventi   statali   finalizzati   alla
perequazione infrastrutturale.  L'art.  1,  comma  2,  dell'impugnato
d.lgs. n. 88 del 2011 dispone,  a  sua  volta,  che  «gli  interventi
individuati  ai  sensi  del  presente  decreto  sono  finalizzati   a
perseguire anche la perequazione infrastrutturale». In tal  modo,  ad
avviso della Regione siciliana, il predetto decreto  avrebbe  attuato
l'art. 38 dello statuto senza far ricorso allo speciale  procedimento
previsto dall'art. 43,  che,  pertanto,  risulterebbe  violato  anche
sotto questo profilo. 
    3. - Con atto depositato il 28 settembre 2011 si e' costituito in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso
sia dichiarato inammissibile e, comunque, infondato. 
    3.1. - Quanto ai profili di  inammissibilita',  la  difesa  dello
Stato premette che la legge 8 giugno 2011, n. 85 (Proroga dei termini
per l'esercizio della delega di cui alla legge 5 maggio 2009, n.  42,
in materia di federalismo fiscale), con l'art. 1,  comma  1,  lettera
e), ha aggiunto all'art. 16 della legge  di  delegazione  n.  42  del
2009, con effetto dal 18  giugno  2011,  il  comma  1-bis,  il  quale
recita: «Gli interventi di cui al comma 1 sono riferiti a  tutti  gli
enti  territoriali  per  i  quali  ricorrano  i  requisiti   di   cui
all'articolo 119,  quinto  comma,  della  Costituzione».  Dal  tenore
letterale  risulterebbe  chiaro  che  nell'ambito  applicativo  della
disposizione ricadono sia gli enti ad autonomia ordinaria sia  quelli
ad autonomia differenziata.  Il  decreto  legislativo  impugnato,  in
quanto attuativo  dell'art.  16  della  legge  di  delega,  dovrebbe,
quindi, applicarsi direttamente alle Regioni autonome. Assumendo tali
premesse,  l'Avvocatura  dello   Stato   afferma   che   la   mancata
impugnazione della disposizione  che,  introducendo  il  comma  1-bis
nell'art.  16,  lo  ha  reso  applicabile  alle  autonomie  speciali,
realizza la conseguenza avversata dalla Regione siciliana e la  rende
inoppugnabile. Di qui la richiesta  di  dichiarare  inammissibile  il
ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. 
    3.2. - Venendo al  merito  della  questione,  l'Avvocatura  dello
Stato osserva che la citata legge n. 42  del  2009  ha  previsto  due
ordini di deleghe: a) una delega - disposta dall'art. 2 -  diretta  a
dare attuazione ai primi tre commi dell'art. 119 Cost., «al  fine  di
assicurare, attraverso la definizione dei principi  fondamentali  del
coordinamento della finanza pubblica e del sistema  tributario  e  la
definizione della perequazione, l'autonomia  finanziaria  di  comuni,
province,  citta'  metropolitane  e  regioni,  nonche'  al  fine   di
armonizzare i sistemi contabili e gli schemi di bilancio dei medesimi
enti e  i  relativi  termini  di  presentazione  e  approvazione,  in
funzione delle esigenze di programmazione, gestione e rendicontazione
della finanza pubblica»; b) una delega - disposta nell'art. 16 -  che
e' rivolta a dare attuazione al quinto comma dell'art. 119 Cost. 
    Secondo la difesa statale, la clausola di rinvio - contenuta  nel
richiamato art. 27 della legge  n.  42  del  2009  -  alle  procedure
previste per le norme di attuazione statutaria e' riferibile soltanto
alla delega conferita al Governo dall'art. 2 e non a  quella  di  cui
all'art. 16. Con la conseguenza che, per gli  interventi  di  cui  al
quinto  comma  dell'art.  119   Cost.,   disciplinati   dal   decreto
legislativo  impugnato  in  attuazione  del  predetto  art.  16,  non
opererebbe l'anzidetta clausola di rinvio. 
    La necessita' di far ricorso alle speciali procedure previste per
l'attuazione statutaria, al fine di adottare  le  misure  di  cui  al
quinto comma dell'art. 119 Cost., non e' desumibile, secondo la parte
resistente,  neppure  dagli  articoli  38  e  43  dello  statuto   di
autonomia, evocati come parametri. Tale parte osserva,  al  riguardo,
che il decreto legislativo impugnato - per la parte  in  cui  dispone
interventi di perequazione infrastrutturale - non  puo'  considerarsi
attuativo  dell'art.  38,  perche'  detto  articolo  «non  ha  alcuna
connessione con il superamento delle disparita' infrastrutturali  tra
il territorio siciliano e il territorio di altre regioni», ma prevede
«il finanziamento  di  lavori  pubblici  con  la  sola  finalita'  di
sostenere l'occupazione». Quanto, infine, all'art. 43 dello  statuto,
rileva che esso «e' una disposizione sulla produzione  normativa,  la
quale prevede l'emanazione di norme di attuazione  esclusivamente  al
fine di attuare "il presente Statuto"» e non anche di attuare  l'art.
119 Cost. o la legge di delegazione sul federalismo fiscale n. 42 del
2009. Dalla richiamata disposizione statutaria, pertanto,  ad  avviso
della difesa statale, «non puo' trarsi  un  autonomo  titolo  per  il
legislatore nazionale (in concorso con quello regionale), ad adottare
disposizioni di attuazione volte, invece, ad attuare l'art. 16  della
legge n. 42/2009». 
    4. - In prossimita' dell'udienza pubblica, la Regione  ricorrente
ha depositato una ulteriore memoria, nella quale contesta, anzitutto,
la  distinzione  -  prospettata  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri - fra le deleghe di cui all'art. 2 e quelle di cui  all'art.
16 della legge n. 42  del  2009.  Siffatta  distinzione,  secondo  la
Regione, non trova alcun fondamento nella  legge,  perche'  «tutti  i
decreti attuativi in materia di  federalismo  fiscale  sono  previsti
dall'art. 2, che fissa i principi  e  criteri  direttivi  generali  e
rimanda,  per  quelli  piu'  specifici,  a  quanto  stabilito   dalle
disposizioni  successive,  tra  le  quali  l'art.  16».  Quanto  alla
modifica apportata al predetto art. 16 dall'art. 1, comma 1,  lettera
e), della legge n.  85  del  2011,  essa  non  avrebbe  inciso  sulla
perdurante inapplicabilita' alle autonomie speciali  di  disposizioni
diverse dagli artt. 15, 22 e 27 della legge n. 42 del  2009,  «atteso
che l'art. 1, c.2 della legge delega e' rimasto  immutato».  In  ogni
caso, prosegue la difesa regionale, l'estensione dell'art. 16 a tutti
gli  enti  territoriali  «non  puo'  implicare  l'attribuzione  della
materia  ad  una  unilaterale  determinazione  statale   e   la   sua
sottrazione alle  norme  di  attuazione  degli  statuti  speciali  e,
quindi,  alla  trattativa»  con  la  Regione  medesima.  La   Regione
siciliana contesta, da ultimo, la tesi della difesa  statale  secondo
cui  l'art.  38  dello  statuto  siciliano   non   avrebbe   funzione
perequativa  e  risponderebbe   a   mere   esigenze   di   incremento
dell'occupazione. La ricorrente ribadisce, infatti, che tale articolo
e' diretto ad intervenire proprio sullo  squilibrio  infrastrutturale
della Regione, con conseguenze soprattutto, ma non esclusivamente, di
tipo occupazionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - La Regione siciliana ha promosso, in riferimento agli  artt.
«38 e 43» dello statuto speciale di  autonomia  (r.d.lgs.  15  maggio
1946, n. 455,  recante  «Approvazione  dello  Statuto  della  Regione
siciliana», convertito in legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n.
2)  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'intero  decreto
legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in materia di risorse
aggiuntive ed interventi  speciali  per  la  rimozione  di  squilibri
economici e sociali, a norma dell'articolo 16 della  legge  5  maggio
2009, n. 42) e, «in particolare», dell'art. «9» [recte:  8]  (recante
le disposizioni transitorie e finali  del  decreto  medesimo),  nella
parte in cui tale normativa - emessa  in  sede  di  prima  attuazione
dell'art. 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al  Governo  in
materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione) - «non fa espressa menzione  dell'inapplicabilita'  del
Decreto legislativo alle Regioni  a  Statuto  speciale  ne'  contiene
alcun rinvio alle norme di attuazione dei  rispettivi  Statuti  quale
fonte normativa attraverso la quale  regolare  in  tali  Regioni  gli
interventi previsti dall'art. 119, quinto comma della Costituzione». 
    La Regione, nel prospettare la censura, premette che  l'impugnata
normativa disciplina, in attuazione del quinto  comma  dell'art.  119
della  Costituzione,  la  destinazione  di   risorse   aggiuntive   e
l'effettuazione di interventi speciali da parte dello Stato (art.  1,
comma 1, del decreto), ivi compresi quelli finalizzati  a  perseguire
la perequazione infrastrutturale (art. 1, comma 2, del  decreto).  Ad
avviso della Regione, la materia cui e'  ascrivibile  tale  normativa
riguarda: a) sia le Regioni  ad  autonomia  ordinaria  sia  gli  enti
territoriali ad autonomia  differenziata,  perche'  il  quinto  comma
dell'art. 119  Cost.  e'  diretto  a  promuovere  un  complessivo  ed
equilibrato sviluppo dell'intero  Paese  e,  quindi,  e'  applicabile
anche alle  autonomie  speciali  in  base  all'art.  10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2011, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte  seconda  della  Costituzione),  per  il   quale   la   riforma
costituzionale e' applicabile alle Regioni a statuto speciale ed alle
Province autonome per le parti in cui  prevede  «forme  di  autonomia
piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite»; b) in particolare,  la
Regione siciliana, perche' l'art. 38 dello statuto d'autonomia -  nel
prevedere il  versamento  da  parte  dello  Stato,  in  favore  della
Regione, di una somma annuale da impiegarsi nell'esecuzione di lavori
pubblici al fine  di  bilanciare  il  minore  ammontare  dei  redditi
regionali di lavoro rispetto alla media nazionale - dispone, appunto,
interventi statali di  perequazione  infrastrutturale,  riconducibili
agli interventi di cui al quinto comma dell'art. 119 Cost. 
    La  ricorrente  premette  altresi'  che,  in   difetto   di   una
disposizione  che  ne  escluda  l'applicabilita'  alle   Regioni   ad
autonomia  differenziata,  l'impugnato  decreto   legislativo   trova
applicazione immediata alla Regione siciliana, senza il ricorso  alle
peculiari  procedure  previste  per  l'adozione  della  normativa  di
attuazione degli  statuti  speciali  e,  in  particolare,  di  quelle
previste dall'art. 43 dello statuto siciliano, il  quale  riserva  ad
una Commissione paritetica tra Stato e Regione la  determinazione  di
tale normativa. 
    La Regione conclude che la diretta applicazione del decreto  lede
la propria autonomia, perche' sottrae al  negoziato  sul  federalismo
fiscale tra la Regione e lo Stato la materia relativa  all'attuazione
del quinto comma dell'art. 119 Cost., ivi  compresa  quella  relativa
agli interventi di perequazione  infrastrutturale,  che,  secondo  la
medesima Regione, sono specificamente  regolati  dall'art.  38  dello
statuto.  In  particolare,  la  lesione  deriverebbe  dalla   mancata
applicazione della regola stabilita  dall'art.  43  dello  statuto  −
ribadita dall'art. 27 della legge di delegazione −  secondo  cui  per
l'attuazione statutaria e' necessario l'intervento della  Commissione
paritetica. Dalla formulazione della censura  emerge  con  chiarezza,
dunque, che, pur essendo  stato  richiamato  anche  l'art.  38  dello
statuto, il parametro  evocato  e'  esclusivamente  l'art.  43  dello
stesso statuto. La ricorrente, infatti, lamenta soltanto  la  mancata
utilizzabilita',    nell'introduzione    delle    predette     misure
perequativo-solidaristiche, della procedura paritetica  tra  Stato  e
Regione siciliana prevista per le norme di attuazione statutaria  dal
medesimo art. 43. 
    1.1. - Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  eccepito
l'inammissibilita'  della  questione  per  sopravvenuta  carenza   di
interesse della Regione. La difesa statale osserva, al riguardo,  che
l'art. 16 della legge di  delegazione  n.  42  del  2009,  avente  ad
oggetto la disciplina delle risorse  aggiuntive  e  degli  interventi
speciali di  cui  al  quinto  comma  dell'art.  119  Cost.,  non  era
ricompreso,  originariamente,  tra  gli  articoli  applicabili   alle
Regioni a statuto speciale, in quanto il comma 2  dell'art.  1  della
legge precisava che gli unici principi  applicabili  a  tali  Regioni
erano quelli contenuti negli articoli 15, 22 e 27, come  sottolineato
dalla sentenza di questa Corte n. 201 del 2010. Tuttavia, prosegue la
difesa dello Stato, dopo  la  pubblicazione  di  detta  sentenza,  ma
anteriormente alla proposizione  del  ricorso,  l'art.  1,  comma  1,
lettera e), della legge 8 giugno 2011, n. 85 (Proroga dei termini per
l'esercizio della delega di cui alla legge 5 maggio 2009, n.  42,  in
materia di federalismo fiscale), ha aggiunto al menzionato  art.  16,
con effetto dal 18 giugno 2011, il comma 1-bis, il  quale  stabilisce
che «Gli interventi di cui al comma 1 sono riferiti a tutti gli  enti
territoriali per i quali ricorrano i requisiti  di  cui  all'articolo
119,  quinto  comma,  della  Costituzione».  Ad  avviso  della  parte
resistente, per effetto di tale modifica legislativa, anche l'art. 16
della legge n. 42 del 2009 − in base ad un'interpretazione conforme a
Costituzione, diretta ad evitare una ingiustificata discriminazione −
deve considerarsi applicabile alle Regioni ad autonomia differenziata
e costituisce, percio', legittimo fondamento  del  censurato  decreto
legislativo di attuazione n. 88 del 2011  (entrato  in  vigore  il  7
luglio  2011).  La  mancata  impugnazione,  da  parte  della  Regione
siciliana,  del  suddetto  ampliamento  della  legge  di  delegazione
avrebbe reso inoppugnabile il decreto legislativo di attuazione,  con
conseguente sopravvenuta carenza di interesse al ricorso. 
    1.2. - L'eccezione  non  puo'  essere  accolta  per  tre  diverse
ragioni. 
    In primo luogo, va rilevato che, per costante  giurisprudenza  di
questa Corte, nel giudizio di legittimita' costituzionale, non  trova
applicazione l'istituto  dell'inammissibilita'  della  questione  per
acquiescenza  o  per  il  carattere  confermativo  del  provvedimento
impugnato (da ultimo, sentenze n. 187 e n. 165 del 2011,  n.  40  del
2010, n. 98 del 2007, n. 74 del  2001,  n.  20  del  2000).  L'omessa
impugnazione  di  una  disposizione  di  legge  avente  il   medesimo
contenuto di altra disposizione sopravvenuta,  dunque,  non  preclude
l'autonoma impugnazione di quest'ultima (sentenze n. 298 del 2009, n.
443 e n. 430 del 2007, n. 383 e n. 62 del 2005, n. 287 e n.  272  del
2004) e, nel caso di specie, impedisce di far derivare dalla  mancata
impugnazione dell'art. 16 della legge di delegazione n. 42  del  2009
l'inammissibilita'  del  ricorso  avente  ad   oggetto   il   decreto
legislativo n. 88 del 2011, che al predetto art. 16  da'  attuazione.
Di qui l'irrilevanza  della  mancata  impugnazione  del  comma  1-bis
dell'art. 16 della legge n. 42 del 2009. 
    In secondo luogo, va osservato che, nel sollevare l'eccezione, la
parte resistente inesattamente assume che la Regione abbia  censurato
il difetto di  delega  legislativa  in  ordine  all'attuazione  delle
misure di cui al quinto comma dell'art. 119 Cost. nei confronti degli
enti ad autonomia differenziata; difetto che,  per  la  difesa  dello
Stato, sarebbe stato colmato, appunto, dal sopravvenuto  comma  1-bis
dell'art. 16 della legge n. 42 del 2009. La ricorrente,  in  realta',
ha prospettato una censura radicalmente diversa  da  quella  indicata
dall'Avvocatura  dello   Stato,   avendo   dedotto   l'illegittimita'
costituzionale dell'applicazione diretta alla Regione  siciliana  del
decreto impugnato, indipendentemente dalla sussistenza di una  valida
delega legislativa.  Da  cio'  consegue  l'irrilevanza  dell'asserito
ampliamento della delega. 
    In terzo luogo,  va  evidenziato  che  il  suddetto  comma  1-bis
dell'art. 16, come si vedra' in prosieguo al punto 2.1., non  estende
la  delega  contenuta  in  tale  articolo  agli  enti  ad   autonomia
differenziata.  Di  qui   la   mancanza   di   fondamento   normativo
dell'eccezione. 
    2. - Nel merito, la questione non e'  fondata,  perche'  si  basa
sull'erroneo presupposto interpretativo che  il  decreto  legislativo
impugnato, in mancanza di un rinvio alla procedura pattizia  prevista
dall'art. 43 dello statuto  siciliano,  trovi  «diretta  e  immediata
applicazione nei confronti della Regione siciliana». L'erroneita'  di
tale assunto interpretativo risulta evidente  dall'esame  del  quadro
normativo di riferimento, dal quale si desume che,  contrariamente  a
quanto dedotto dalla ricorrente, il legislatore delegante,  nel  dare
attuazione all'art. 119, quinto  comma,  Cost.  nei  confronti  delle
autonomie speciali, ha rinunciato - pur non essendo a cio'  vincolato
dal dettato del citato comma dell'art. 119 - a porre  una  disciplina
unilaterale.  Ha  preferito  infatti,  nella  sua   discrezionalita',
regolare la materia  mediante  il  rinvio  a  norme  da  determinarsi
attraverso  le  particolari  procedure   legislative   previste   per
l'attuazione degli statuti speciali. 
    Per giungere a tale conclusione e'  necessario  procedere  ad  un
piu' approfondito esame dell'indicato quadro normativo. 
    2.1. - Occorre innanzitutto sottolineare che l'applicazione  agli
enti ad autonomia differenziata dell'art. 16 della legge di delega  -
concernente, come si e' visto, gli interventi di cui al quinto  comma
dell'articolo 119 Cost., oggetto del decreto impugnato -  e'  esclusa
dal comma 2 dell'art. 1 della stessa legge. Esso, infatti, stabilisce
espressamente - come riconosciuto da questa Corte nella  sentenza  n.
201 del 2010 - il principio generale  che  «Alle  regioni  a  statuto
speciale ed  alle  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  si
applicano,  in  conformita'  con  gli  statuti,   esclusivamente   le
disposizioni di cui agli articoli 15, 22 e 27». L'inapplicabilita'  a
tali enti di detto articolo 16 comporta, quindi,  che  il  suo  comma
1-bis (efficace dal 18 giugno 2011),  nel  disporre  che  i  predetti
interventi perequativo-solidaristici «sono riferiti a tutti gli  enti
territoriali per i quali ricorrano i requisiti  di  cui  all'articolo
119, quinto comma,  della  Costituzione»,  non  amplia  la  sfera  di
efficacia soggettiva attribuita dal richiamato comma  2  dell'art.  1
all'intero art. 16, il quale, quindi, continua a  riferirsi  nel  suo
complesso esclusivamente alle Regioni a  statuto  ordinario  ed  agli
enti territoriali in esse compresi. 
    2.2. - Per  gli  enti  ad  autonomia  differenziata  deve  invece
ritenersi applicabile - quanto ai suddetti  interventi  previsti  dal
quinto comma dell'articolo 119 Cost.  -  l'art.  27  della  legge  di
delegazione, come espressamente stabilito dal  comma  2  dell'art.  1
della medesima legge. 
    Detto art. 27, nel riferirsi espressamente  ed  esclusivamente  -
come affermato anche nella sua rubrica  -  alle  «regioni  a  statuto
speciale e [...] province autonome», dispone, in particolare, che: a)
gli enti ad autonomia  differenziata,  «nel  rispetto  degli  statuti
speciali, concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione
e di solidarieta' ed all'esercizio  dei  diritti  e  doveri  da  essi
derivanti [...] secondo criteri e modalita'  stabiliti  da  norme  di
attuazione dei rispettivi statuti,  da  definire,  con  le  procedure
previste dagli statuti medesimi [...]» (comma 1); b)  alle  norme  di
attuazione statutaria e' affidata  la  disciplina  delle  «specifiche
modalita' attraverso le quali  lo  Stato  assicura  il  conseguimento
degli obiettivi costituzionali di perequazione e solidarieta' per  le
regioni a statuto speciale i cui livelli di reddito pro capite  siano
inferiori alla media nazionale» (comma 2, secondo periodo). 
    Non  e'  dubbio  che  l'ampia  formulazione  di   tale   articolo
(«interventi» diretti a perseguire «obiettivi di  perequazione  e  di
solidarieta'») consente di ricomprendere  in  essa  anche  le  misure
perequativo-solidaristiche previste dal quinto  comma  dell'art.  119
Cost. («risorse aggiuntive» e «interventi speciali»), che  integrano,
come precisato da questa Corte, interventi straordinari, aggiuntivi e
diretti a garantire i servizi indispensabili alla tutela  di  diritti
fondamentali (sentenze n. 45 del 2008, n. 105 del 2007,  n.  451  del
2006, n. 222 del 2005, n. 49 e n. 16 del 2004). 
    Ne  consegue  che,  applicandosi  nei  confronti  degli  enti  ad
autonomia differenziata solo l'art. 27 e non anche  l'art.  16  della
legge di delegazione, l'impugnato decreto, al pari di tale art. 16 di
cui  costituisce  attuazione,  si  riferisce  alle  sole  Regioni  ad
autonomia ordinaria e non ha efficacia nei confronti della ricorrente
Regione a statuto speciale. Ne consegue altresi' che, in forza  della
scelta  discrezionale  operata  dal  legislatore  statale  attraverso
l'art. 27, gli interventi di cui al quinto comma dell'art. 119  Cost.
sono riservati, per  quanto  attiene  alla  Regione  siciliana,  alle
procedure paritetiche di attuazione statutaria previste dall'art.  43
dello statuto siciliano. 
    2.3. - Diversamente da quanto affermato dalle parti,  il  decreto
legislativo impugnato non  trova  applicazione  nei  confronti  delle
Regioni a statuto speciale neppure per gli interventi di perequazione
infrastrutturale (ai quali espressamente  si  riferisce  il  comma  2
dell'art. 1 del medesimo  decreto  legislativo).  Infatti  l'art.  27
riguarda tutte le misure di perequazione  solidaristica,  e,  quindi,
anche gli interventi di perequazione infrastrutturale. 
    Non osta a tale conclusione il disposto dell'art. 22 della  legge
di   delegazione,   riguardante   specificamente   la    perequazione
infrastrutturale, il quale, pur essendo applicabile  -  per  espressa
statuizione del ricordato comma 2 dell'art. 1 della medesima legge  -
agli enti ad autonomia differenziata, non prevede alcuna  riserva  di
competenza alle norme di attuazione degli statuti  speciali.  Occorre
precisare, in proposito, che l'art. 22 (composto da  due  commi),  in
realta', e' applicabile a detti enti non nella sua interezza  -  come
potrebbe far erroneamente ritenere il  generico  richiamo,  contenuto
nel comma 2 dell'art. 1, alle  «disposizioni  di  cui  agli  articoli
[...] 22 [...]» -, ma limitatamente al comma 1, perche' il comma 2 si
riferisce non agli enti medesimi, ma alle Regioni a statuto ordinario
ed agli enti locali esistenti  nel  territorio  di  queste.  Infatti,
quest'ultimo   comma   2,   nello   stabilire   alcuni   criteri   di
individuazione degli interventi «finalizzati agli  obiettivi  di  cui
all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione» in  relazione  al
«recupero del deficit infrastrutturale»,  precisa  che  tali  criteri
operano «nella fase transitoria di cui agli articoli 20 e 21»,  cioe'
nella fase transitoria prevista per le Regioni e per gli enti  locali
da due articoli della legge di delegazione che, in base al piu' volte
menzionato comma 2 dell'art. 1, non sono  applicabili  agli  enti  ad
autonomia  differenziata.  Ne  consegue  che   l'unica   disposizione
dell'art. 22 riguardante questi ultimi enti e' il comma 1,  il  quale
non tocca, pero', la disciplina sostanziale delle misure  di  cui  al
quinto comma dell'art. 119 Cost., ma si limita a porre alcuni criteri
procedurali per la loro applicazione. In particolare, detto comma  1,
«in sede di prima applicazione», disciplina  la  «ricognizione  degli
interventi  infrastrutturali,  sulla  base   delle   norme   vigenti,
riguardanti  le  strutture  sanitarie,   assistenziali,   scolastiche
nonche'  la  rete  stradale,  autostradale  e  ferroviaria,  la  rete
fognaria, la rete idrica, elettrica e di  trasporto  e  distribuzione
del gas, le strutture portuali e aeroportuali». Tale  ricognizione  −
poi disciplinata con il decreto del Ministero dell'economia  e  delle
finanze 26 novembre 2010 (Disposizioni  in  materia  di  perequazione
infrastrutturale, ai sensi dell'articolo  22  della  legge  5  maggio
2009, n. 42) − ha funzione meramente conoscitiva.  Essa  non  integra
una disciplina delle modalita' di erogazione dei finanziamenti di cui
al quinto comma dell'art. 119 Cost., ma costituisce solo il  supporto
cognitivo necessario alla interlocuzione fra Regioni e Stato che - in
forza dell'art. 27 - deve avere luogo nell'ambito delle procedure  di
attuazione statutaria. In  altri  termini,  con  valutazione  che  si
inscrive  nel  campo  delle  scelte  politiche  compatibili  con   le
previsioni del quinto comma dell'art. 119 Cost. (applicabile, per sua
espressa previsione, a tutti gli enti territoriali e,  quindi,  anche
agli enti ad autonomia differenziata), lo Stato ha inteso  introdurre
unilateralmente  una  disciplina  di  acquisizione  di   dati   sulle
infrastrutture (anche) degli  enti  ad  autonomia  speciale  che  non
incide in modo sostanziale sulla  trattativa  politica  da  svolgersi
nell'ambito delle procedure di attuazione statutaria  alle  quali  fa
rinvio l'art. 27. 
    L'efficacia   meramente   transitoria   («in   sede   di    prima
applicazione») e la sopra evidenziata peculiare  ratio  del  comma  1
dell'art.  22  rendono  tale  disposizione  lex  specialis   rispetto
all'art. 27 della stessa legge di delegazione e giustificano  la  sua
diretta applicazione agli  enti  ad  autonomia  differenziata,  senza
alcun rinvio alle procedure  legislative  previste  per  l'attuazione
statutaria. Sotto tale profilo, la sottolineata specialita' dell'art.
22 non smentisce, ma conferma la regola della riserva  di  competenza
alle norme di attuazione degli statuti disposta  dall'art.  27  della
legge di delegazione. 
    2.4.  -  L'erroneita'   della   premessa   interpretativa   della
ricorrente circa la diretta applicabilita'  del  decreto  legislativo
impugnato alla Regione siciliana e circa l'omessa  previsione,  nella
legge di delegazione, di un rinvio  alla  procedura  attuativa  dello
statuto  d'autonomia  per  la  disciplina  degli  interventi  di  cui
all'art. 119, quinto  comma,  Cost.  rende  priva  di  fondamento  la
censura formulata dalla ricorrente in  relazione  all'art.  43  dello
statuto.  Resta  in  tal  modo  assorbita  ogni   valutazione   sulla
correttezza dell'interpretazione dell'art. 38 dello  statuto  fornita
dalla  ricorrente  e,  in  particolare,  sia  sulla  possibilita'  di
ascrivere il contributo di solidarieta' previsto  da  detto  articolo
tra gli  interventi  di  «perequazione  infrastrutturale»  sia  sulla
dedotta  necessita'  di  ricorrere  alla  procedura   di   attuazione
statutaria per disciplinare tale particolare contributo. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'intero decreto legislativo 31 maggio 2011, n.  88  (Disposizioni
in materia di  risorse  aggiuntive  ed  interventi  speciali  per  la
rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell'articolo  16
della legge 5 maggio 2009, n. 42), e in particolare dell'art.  8  del
medesimo decreto, proposta dalla Regione  siciliana,  in  riferimento
all'art. 43 dello statuto di autonomia (r.d.lgs. 15 maggio  1946,  n.
455, recante «Approvazione dello Statuto  della  Regione  siciliana»,
convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  2),  con  il
ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2012. 
 
                  Il Presidente e Redattore: Gallo 
 
 
                       Il Cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2012. 
 
               Il Direttore della Cancelleria: Melatti