N. 74 SENTENZA 21 - 30 marzo 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Appalti pubblici  -  Norme  della  Provincia  autonoma  di  Trento  -
  Facolta' per le amministrazioni  aggiudicatrici  di  sostituire  il
  certificato di collaudo  con  quello  di  regolare  esecuzione  dei
  lavori, qualora la spesa risultante dal conto finale, al netto  del
  ribasso, non superi  la  soglia  comunitaria  -  Necessita'  che  i
  lavori, afferenti al settore dei beni culturali, siano  affidati  a
  seguito di presentazione del  progetto  esecutivo  o  del  progetto
  definitivo con l'integrazione del capitolato speciale di appalto  -
  Ricorso del Governo  -  Ius  superveniens  regionale  incidente  su
  alcune delle norme impugnate - Atto di rinunzia parziale al ricorso
  accettato dalla controparte - Estinzione del processo. 
- Legge della Provincia autonoma di Trento 7 aprile 2011, n. 7, artt.
  13, comma 1, e 47. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma,  lett.  e)  ed  l);  statuto
  della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4 e 8;  norme  integrative
  per i giudizi davanti alla Corte Cost., art 23. 
Appalti pubblici - Norme della Provincia autonoma di Trento - Ricorso
  al subappalto - Casi in cui siano necessari lavori o componenti  ad
  alto  contenuto  tecnologico  o  comunque  caratterizzati  da   una
  rilevante complessita' tecnica, che superino il valore del  15  per
  cento  dell'importo  totale  dei  lavori   -   Omesso   riferimento
  all'elenco  delle  opere   specialistiche   e   ai   requisiti   di
  specializzazione definiti dal regolamento governativo - Ricorso del
  Governo - Ius superveniens regionale satisfattivo delle pretese del
  ricorrente  -  Mancata  applicazione  medio  tempore  della   norma
  impugnata - Cessazione della materia del contendere. 
- Legge della Provincia autonoma di Trento 7 aprile 2011, n. 7,  art.
  30, comma 4. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma,  lett.  e)  ed  l);  statuto
  della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4 e 8. 
Appalti pubblici  -  Norme  della  Provincia  autonoma  di  Trento  -
  Modalita'  di  determinazione  del  prezzo  -  Attribuzione  ad  un
  regolamento provinciale del potere di individuare i casi in  cui  i
  lavori pubblici sono individuati a corpo o a misura o parte a corpo
  e  parte  a  misura  -  Ricorso  del   Governo   -   Eccezione   di
  inammissibilita' per genericita' della censura - Reiezione. 
- Legge della Provincia autonoma di Trento 7 aprile 2011, n. 7,  art.
  17, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, secondo  comma,  lett.  l);  statuto  della
  Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4 e 8. 
Appalti pubblici  -  Norme  della  Provincia  autonoma  di  Trento  -
  Modalita'  di  determinazione  del  prezzo  -  Attribuzione  ad  un
  regolamento provinciale del potere di individuare i casi in  cui  i
  lavori pubblici sono individuati a corpo o a misura o parte a corpo
  e parte a misura - Contrasto con la normativa statale,  costituente
  principio   generale   dell'ordinamento   civile   ed   espressione
  dell'esigenza di prevedibilita' della spesa pubblica, secondo cui i
  contratti pubblici debbono essere stipulati "a corpo", con facolta'
  di stipulare "a misura"  solo  contratti  di  importo  inferiore  a
  500.000  euro  ed  alcuni   tipi   di   contratto   nominativamente
  individuati - Esorbitanza dalle competenze statutarie -  Violazione
  della  competenza  legislativa  esclusiva  statale  in  materia  di
  ordinamento civile - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Provincia autonoma di Trento 7 aprile 2011, n. 7,  art.
  17, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, secondo  comma,  lett.  l);  statuto  della
  Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4 e 8; d.lgs 12 aprile 2006,  n.
  163, art. 53, comma 4. 
(GU n.14 del 4-4-2012 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Franco GALLO; 
Giudici: Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 13,  comma
1, 17, comma 1, 30,  comma  4,  e  47  della  legge  della  Provincia
autonoma di Trento 7 aprile 2011 n. 7, recante  «Modificazioni  della
legge provinciale sui lavori pubblici, della legge provinciale  sulla
ricerca e della legge provinciale 16 giugno  2006,  n.  3  (Norme  in
materia  di  governo  dell'autonomia  del  Trentino)»,  promosso  dal
Presidente del Consiglio  dei  ministri  con  ricorso  spedito  il  9
giugno, ricevuto dalla  resistente  il  9  giugno,  depositato  nella
cancelleria il 13 giugno 2011 ed  iscritto  al  n.  58  del  registro
ricorsi 2011. 
    Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento; 
    udito nell'udienza pubblica del 6 marzo 2012 il Giudice  relatore
Marta Cartabia; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Maria  Letizia  Guida   per   il
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Giandomenico
Falcon per la Provincia autonoma di Trento. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso  spedito  per  la  notifica  il  9  giugno  2011
(ricevuto dalla  resistente  il  15  giugno  2011)  e  depositato  in
cancelleria il 13 giugno, il Presidente del Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
impugnato gli articoli 13, comma 1, 17, comma 1, 30, comma  4,  e  47
della legge della Provincia autonoma di Trento 7 aprile 2011,  n.  7,
recante «Modificazioni della legge provinciale sui  lavori  pubblici,
della legge provinciale sulla ricerca e della  legge  provinciale  16
giugno 2006, n. 3 (Norme in materia  di  governo  dell'autonomia  del
Trentino)», relativi all'ambito materiale degli appalti pubblici. 
    2. - Il ricorrente premette innanzitutto una ricostruzione  delle
competenze della  Provincia  autonoma  di  Trento  nell'ambito  degli
appalti, inquadrandole  nel  riparto  di  competenze  disposto  dalla
Costituzione e dallo statuto della Regione  Trentino-Alto  Adige,  di
cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione  del  testo  unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige). La competenza provinciale che l'art.  8,  primo
comma, n. 17 dello statuto attribuisce alla Provincia in  materia  di
«viabilita', acquedotti e lavori pubblici di  interesse  provinciale»
sarebbe circoscritta dall'art. 4 del  medesimo  statuto,  che  impone
alla legislazione provinciale di armonizzarsi con la  Costituzione  e
con i principi dell'ordinamento giuridico della  Repubblica,  nonche'
di rispettare gli obblighi internazionali  e  le  norme  fondamentali
delle  riforme  economico  sociali;  inciderebbero   altresi'   sulla
competenza provinciale i titoli competenziali statali in  materia  di
«tutela della  concorrenza»  e  di  «ordinamento  civile»,  derivanti
dall'art. 117, secondo comma, Cost. 
    2.1. - Venendo piu' specificamente alle singole doglianze, l'art.
13, comma 1, della legge provinciale impugnata,  che  sostituisce  il
comma 1 dell'art. 25 della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26
(Norme in materia di lavori pubblici di interesse provinciale  e  per
la  trasparenza  negli  appalti),  prevede   la   facolta'   per   le
amministrazioni  aggiudicatrici  di  sostituire  il  certificato   di
collaudo con quello di regolare esecuzione  dei  lavori,  qualora  la
spesa risultante dal conto finale, al netto del ribasso,  non  superi
la soglia comunitaria. 
    Cosi' disponendo, la norma provinciale travalicherebbe  i  limiti
della propria competenza, invadendo quella statale. 
    Infatti, l'art. 141, comma 3, del decreto legislativo  12  aprile
2006, n. 163  (Codice  dei  contratti  pubblici  relativi  a  lavori,
servizi e  forniture  in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e
2004/18/CE) prevede la sostituzione del certificato di  collaudo  con
quello di  regolare  esecuzione  per  lavori  entro  i  500.000  euro
d'importo, mentre da' facolta' alla stazione appaltante di effettuare
la medesima sostituzione per importi  non  eccedenti  il  milione  di
euro. Poiche', secondo quanto riportato  dal  ricorrente,  la  soglia
comunitaria all'epoca sarebbe stata di 5.515.000 euro - ma in realta'
risultava ammontare allora a 4.845.000 euro - la normativa  impugnata
colliderebbe  con  l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),  della
Costituzione, che attribuisce  competenza  esclusiva  allo  Stato  in
materia di ordinamento civile, e  con  l'art.  8  dello  statuto  del
Trentino-Alto Adige, per la medesima ragione. 
    2.2. - La seconda doglianza riguarda l'art. 17,  comma  1,  della
legge  provinciale  sopramenzionata.  Il  comma  oggetto  di  censura
attribuisce ad un regolamento provinciale il potere di «individuare i
casi in cui i lavori pubblici sono individuati a corpo o a  misura  o
parte a corpo e parte a misura». 
    Anche in questo caso,  secondo  il  ricorrente,  la  legislazione
provinciale travalicherebbe le competenze  provinciali  per  invadere
quelle attribuite allo Stato. 
    Infatti,  il  Codice  dei  contratti,  all'art.  53,   comma   4,
stabilirebbe tassativamente in quali casi i contratti debbano  essere
stipulati a corpo e  misura.  In  particolare,  affermerebbe  in  via
generale l'individuazione dei lavori a corpo, riservando la  facolta'
di procedere all'individuazione a misura in ipotesi determinate. 
    Tale discrasia tra la  normativa  provinciale  e  quella  statale
determinerebbe la violazione dell'art. 8 dello  statuto  speciale  di
autonomia  e  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),   Cost.,
relativamente alla materia «ordinamento  civile»,  poiche'  la  legge
provinciale disciplinerebbe l'oggetto del contratto,  venendo  dunque
ad incidere nel campo dell'ordinamento civile. 
    2.3. - La terza doglianza si  riferisce  all'art.  30,  comma  4,
della legge provinciale impugnata, che sostituisce l'art.  37,  comma
5, della richiamata legge provinciale n. 26 del 1993. La disposizione
provinciale in questione consente il ricorso del subappalto, nei casi
in  cui  siano  necessari  lavori  o  componenti  ad  alto  contenuto
tecnologico o comunque caratterizzati da una  rilevante  complessita'
tecnica, e qualora  questi  superino  il  valore  del  15  per  cento
dell'importo totale dei lavori. Anche a questo riguardo la  normativa
provinciale presenterebbe elementi di difformita' rispetto al  d.lgs.
n. 163 del 2006, art. 37, comma 11. 
    In particolare, la norma  provinciale  censurata  ometterebbe  il
riferimento all'elenco delle opere superspecialistiche e ai requisiti
di specializzazione richiesti per la loro  esecuzione,  a  differenza
della legislazione statale,  che  invece  rimanda  a  un  regolamento
statale attuativo di quegli aspetti. 
    Facendo leva sulla necessita' che  la  disciplina  relativa  alla
qualificazione necessaria per partecipare alle procedure di gara  sia
uniforme in tutto il territorio nazionale, a tutela della concorrenza
e nel rispetto del principio di uguaglianza,  il  ricorrente  ritiene
che la normativa provinciale violi gli  obblighi  internazionali,  di
cui agli artt. 4 e 8  dello  statuto.  Contemporaneamente,  la  norma
invaderebbe le competenze esclusive  statali  in  materia  di  tutela
della concorrenza (art. 117, secondo comma, lettera  e).  Infine,  la
norma sarebbe in contrasto  con  l'art.  117  Cost.,  secondo  comma,
lettera l), in materia di ordinamento civile e penale. 
    2.4. - La quarta doglianza si riferisce all'art. 47  della  legge
provinciale impugnata,  che  sostituisce  l'art.  58.19  della  legge
provinciale n. 26 del 1993. Tale articolo stabilisce in via  generale
la necessita' che i lavori siano affidati a seguito di  presentazione
del progetto esecutivo o del progetto definitivo  con  l'integrazione
del capitolato speciale di appalto. Inoltre, l'articolo consente,  in
casi specifici, che sia  omessa  la  progettazione  esecutiva  e  che
questa venga sostituita  da  apposita  perizia  che  individui  anche
genericamente i lavori da realizzare, con riferimento ai beni  mobili
e alle superfici decorate. 
    Questo  articolo,  a  detta   del   ricorrente,   travalicherebbe
ugualmente i poteri assegnati alla Provincia in materia, invadendo le
competenze statali. 
    Il d.lgs. n. 163 del  2006,  all'art.  203,  con  riferimento  in
particolare ai  lavori  afferenti  al  settore  dei  beni  culturali,
prescrive che questi siano affidati sulla  base  della  presentazione
del progetto definitivo ed esecutivo, e che quest'ultimo possa essere
omesso in casi tassativamente previsti. Non  prevede  invece  che  la
progettazione  esecutiva  possa  essere  sostituita  con  un'apposita
perizia. 
    La disposizione del d.lgs. n. 163 del 2006, avendo come scopo  la
conservazione dei beni culturali, secondo il ricorrente atterrebbe  a
profili di tutela inderogabile,  nonostante  la  competenza  primaria
della Provincia autonoma in materia di  tutela  dei  beni  culturali.
Quei profili si applicherebbero uniformemente su tutto il  territorio
nazionale, anche sulla scorta  del  decreto  legislativo  22  gennaio
2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del  paesaggio,  ai  sensi
dell'articolo 10 della  legge  6  luglio  2002,  n.  137).  La  Corte
costituzionale (sentenze n. 164 del 2009 e n. 101 del  2010)  avrebbe
riconosciuto a tale normativa la qualita' di «norme di grande riforma
economico-sociale», alle quali anche  le  Province  autonome  debbono
uniformarsi. Il  conflitto  tra  la  legislazione  statale  e  quella
provinciale determinerebbe dunque  una  violazione,  da  parte  della
Provincia, dei limiti stabiliti dallo statuto. 
    3. - Si e' costituita in giudizio la  Provincia  di  Trento,  con
atto depositato presso la cancelleria il 25  luglio  2011,  chiedendo
che tutte le questioni prospettate siano dichiarate  inammissibili  e
infondate. 
    3.1. - Quanto alla prima doglianza, riguardante l'art. 13,  comma
1, della legge provinciale, a detta della  resistente,  essa  sarebbe
inammissibile per una pluralita' di ragioni. In primo luogo,  poiche'
sarebbe  scorretto  e  contraddittorio  invocare  una   clausola   di
competenza esclusiva statale sancita  all'art.  117,  secondo  comma,
Cost. per scrutinare una normativa della Provincia autonoma che trova
fondamento nello statuto speciale: scorretto perche' l'articolo della
Costituzione riguarderebbe soltanto le Regioni  ordinarie  e  non  la
Provincia di Trento;  contraddittorio  perche'  l'individuazione  del
parametro sarebbe ammissibile solo in favore della Provincia,  e  non
invocabile a limitazione di una sua competenza. 
    Il   ricorso   sul   punto    sarebbe    inoltre    ulteriormente
contraddittorio, perche' invoca il contrasto della norma  provinciale
con la norma  statale.  A  detta  della  difesa  provinciale,  se  si
trattasse di invasione di materia, non sarebbe necessario individuare
un'ipotesi  di  contrasto  tra  la  legislazione  statale  e   quella
provinciale, bastando che la  normativa  provinciale  esorbiti  dalle
competenze affidate alla Provincia. In questo  senso,  il  resistente
invoca le sentenze n. 391 del 2006 e n. 35 del 2011. 
    Infine, la doglianza sarebbe generica. 
    Il ricorso sul punto  sarebbe  parimenti  infondato  per  diverse
ragioni.  Innanzitutto,  in  quanto  il  verbale  di   collaudo   non
riguarderebbe l'ordinamento  civile,  ma  l'esercizio  di  un  potere
amministrativo, che  la  Provincia  eserciterebbe  legittimamente,  e
rispetto al quale potrebbe aversi impugnazione di fronte  al  giudice
amministrativo  o  tramite  ricorso  straordinario,  come  emerge  da
numerose pronunce del giudice amministrativo. 
    Inoltre, anche qualora si dovesse ritenere  che  l'oggetto  della
normativa rientri nell'ordinamento  civile,  cio'  non  costituirebbe
un'aprioristica esclusione di qualsiasi  competenza  provinciale  sul
punto. Infatti, lo statuto della Provincia non sarebbe fondato  sulla
logica del nuovo Titolo V della Parte II della  Costituzione,  ma  su
specifiche attribuzioni di materia, alla Regione  e  alla  Provincia,
tra cui non mancano  aspetti  di  sicuro  rilievo  per  l'ordinamento
civile, come l'«impianto e tenuta dei libri fondiari» (art. 4, n.  5,
dello statuto), lo «sviluppo della  cooperazione»  (art.  4,  n.  9),
l'«ordinamento delle minime proprieta' culturali», l'ordinamento  dei
«masi chiusi» (art. 8, n. 8). Il medesimo principio  dovrebbe  valere
anche nell'ambito della disciplina dei lavori pubblici  di  interesse
provinciale. Lo dimostrerebbe una consolidata tradizione legislativa,
che ha visto la Provincia esercitare  la  competenza  in  materia  di
lavori pubblici di interesse provinciale sin dal  1983.  Le  medesime
norme di attuazione statutaria  presupporrebbero  la  presenza  della
legislazione  provinciale  in  materia  ed  anche  la  giurisprudenza
costituzionale avrebbe ripetutamente  ribadito  la  piena  competenza
provinciale in materia di lavori pubblici, sia prima dell'entrata  in
vigore del Titolo V novellato (sentenze nn.  86  del  1979,  214  del
1985, 482 del 1995, 302 del 2003), sia a seguito di tale riforma.  In
particolare,  a  detta  della  parte  resistente,  la  giurisprudenza
successiva al 2001 avrebbe  dato  rilievo  all'art.  10  della  legge
costituzionale n. 3 del 2001, che  tutela  le  Regioni  ad  autonomia
speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano da una  riduzione
delle competenze a seguito della riforma costituzionale del Titolo  V
(sentenze nn. 302 del 2003, 401 del 2007 e 45 del 2010). 
    Infine,  la  parte  resistente  afferma  che  la  scelta  fra  il
certificato di collaudo e quello di regolare esecuzione  non  sarebbe
riconducibile ad  alcun  principio  dell'ordinamento  giuridico,  ne'
esprimerebbe  una  scelta  relativa  al  principio  di   uguaglianza,
trattandosi soltanto di  una  diversa  modalita'  di  verifica  della
corrispondenza tra le prestazioni  pattuite  e  quelle  eseguite.  La
legge  provinciale,  ampliando  la  possibilita'  di  sostituire   il
certificato  di  collaudo  con  quello  di  regolare  esecuzione,  si
limiterebbe a  disciplinare  fasi  riguardanti  l'organizzazione  del
momento esecutivo e adatterebbe la  disciplina  statale  al  contesto
provinciale. In questo senso, si sarebbe gia' espressa la sentenza n.
45 del 2010. 
    3.2. - Quanto alla  seconda  doglianza,  riguardante  l'art.  17,
comma  1,  della  legge  provinciale,   essa   sarebbe   innanzitutto
ripetitiva  di  una  impugnazione  effettuata  dal   Presidente   del
Consiglio dei ministri nei confronti della legge  provinciale  n.  10
del 2008, dichiarata inammissibile per genericita'. Anche la presente
impugnazione, che lamenta la  violazione  della  materia  ordinamento
civile,  sarebbe  ugualmente  inammissibile  perche'   generica   nel
descrivere l'incisione della competenza statale in materia. 
    Sul punto, il ricorso sarebbe comunque infondato perche' la norma
oggetto di censura non  riguarderebbe  l'ordinamento  civile,  ma  la
tipologia di  contratto,  scelta  rientrante  nella  discrezionalita'
dell'amministrazione stipulante e sulla quale  la  legge  provinciale
potrebbe legittimamente intervenire. Lo avrebbe  confermato,  secondo
la resistente, anche questa Corte, nella sentenza n. 45 del 2010, con
riferimento ad una norma provinciale relativa alla  suddivisione  dei
lavori in piu' contratti d'appalto, con modalita' da individuarsi  in
un regolamento di attuazione. Anche allora il legislatore provinciale
aveva  disciplinato  una  modalita'  afferente  alla   individuazione
dell'oggetto del contratto d'appalto, con una  disciplina  che  aveva
superato il vaglio della Corte. 
    3.3. - Quanto alla terza doglianza, riguardante l'art. 30,  comma
4, della legge provinciale, essa sarebbe  inammissibile  per  la  sua
genericita'. 
    Inoltre, la disposizione provinciale corrisponderebbe  totalmente
a quella statale, eccetto i limiti del subappalto, rispetto al  quale
essa fa riferimento all'art. 42 della  legge  provinciale  impugnata,
anziche' all'art. 118, comma 2, del Codice dei contratti. 
    Infine, il ricorso sarebbe infondato sul punto perche',  come  la
Corte ha precisato nella gia' citata sentenza  n.  45  del  2010,  il
regolamento statale, nella specie quello che elenca le opere  per  le
quali e' possibile il subappalto e i requisiti necessari per  la  sua
esecuzione,  non  puo'  trovare  applicazione  nei  confronti   della
Provincia di Trento. 
    3.4. - La quarta doglianza,  relativa  all'art.  47  della  legge
provinciale  e  alle  varie   fasi   della   progettazione,   sarebbe
inammissibile per genericita', non indicando quali norme del  decreto
legislativo n. 42 del 2004 sarebbero violate, ne'  argomenterebbe  in
quale senso la lieve divergenza della  disciplina  provinciale  dalla
disciplina statale configurerebbe una violazione della tutela  minima
uniforme dei beni culturali, come lamentato dal ricorrente. 
    La questione sarebbe infine infondata, perche' tanto la normativa
impugnata quanto l'art. 203 del Codice dei contratti non atterrebbero
ai beni culturali, ma prevalentemente ai lavori pubblici. Inoltre, la
norma impugnata non contrasterebbe con norme fondamentali  di  grande
riforma  economico-sociale,  ma  costituirebbe  una   disciplina   di
adattamento e semplificazione in materia, senz'alcun pregiudizio  per
il livello di tutela dei beni. 
    4. - La Provincia di Trento, con l'art. 51  della  legge  del  27
dicembre 2011, n. 18 (Disposizioni per  la  formazione  del  bilancio
annuale 2012 e pluriennale  2012-2014  della  Provincia  autonoma  di
Trento), e' intervenuta sulla legge provinciale 10 settembre 1993, n.
26, in materia di appalti di interesse provinciale,  modificando  tre
delle quattro norme oggetto di censura. 
    4.1. - L'art. 25, comma 1, della  legge  provinciale  sui  lavori
pubblici n. 26 del 1993, e' stato modificato dall'art. 51 della legge
provinciale n. 18 del  2011,  disponendo  che  «Nel  caso  di  lavori
d'importo  fino  a  500.000  euro  il  certificato  di  collaudo   e'
sostituito da quello di regolare esecuzione; per i  lavori  d'importo
superiore, ma non eccedente il  milione  di  euro,  e'  facolta'  del
soggetto appaltante sostituire il certificato di collaudo con  quello
di  regolare  esecuzione»,  in  tal  modo  allineando  la  disciplina
provinciale a quella statale. 
    4.2. - Con riferimento all'art. 37,  comma  5,  della  richiamata
legge provinciale sui lavori pubblici n. 26 del 1993, come modificato
dalla norma impugnata, il sopravvenuto art. 51, comma 8  della  legge
provinciale n. 18 del 2011, ha precisato che le opere per le quali e'
possibile procedere al subappalto e i requisiti  di  specializzazione
richiesti per la loro esecuzione  sono  individuati  dalla  normativa
statale. 
    4.3. - Con riferimento all'art. 58.19 della legge provinciale sui
lavori  pubblici,  l'art.  51,  comma  16,   della   predetta   legge
provinciale n. 18 del 2011 ha eliminato l'ipotesi della  sostituzione
della progettazione esecutiva con un'apposita  perizia,  ha  previsto
che si proceda all'affidamento soltanto a fronte della  progettazione
esecutiva o di quella definitiva integrata  dal  capitolato  speciale
d'appalto  e  ha  consentito   che   si   possa   prescindere   dalla
progettazione  esecutiva  nei  soli  casi  previsti  dalla  normativa
statale. 
    5. - In prossimita' dell'udienza pubblica, la Provincia di Trento
ha depositato una seconda memoria difensiva, con la quale ha ribadito
la richiesta di rigetto  del  ricorso,  ha  dato  conto  della  legge
provinciale n. 18 del 2011 nel frattempo  intervenuta  e  ha  chiesto
percio'  che  si  pronunciasse  la  cessazione  della   materia   del
contendere in riferimento alle  censure  sollevate  sugli  artt.  13,
comma 1, 30, comma 4, e 47 della legge provinciale, evidenziando  che
la novella legislativa avrebbe eliminato ogni elemento di difformita'
tra la legislazione provinciale e la legislazione statale  e  che  la
normativa impugnata non avrebbe avuto applicazione medio tempore. 
    6.  -  La  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  a  seguito
dell'intervento  normativo  della  Provincia,  ha  notificato  il  27
febbraio 2012 e depositato presso la cancelleria il 28 febbraio  2012
rinuncia parziale al ricorso,  limitatamente  alle  censure  relative
agli articoli 13, comma 1, e 47 della  legge  provinciale  n.  7  del
2011, rispettivamente riferentisi alla sostituzione  del  certificato
di collaudo con quello di regolare esecuzione e ai casi in  cui  puo'
omettersi la fase di progettazione esecutiva. 
    7. - La Provincia di Trento ha accettato la rinuncia al  ricorso,
con delibera della Giunta provinciale del 2  marzo  2012,  depositata
presso la cancelleria il 5 marzo 2012. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con  ricorso  spedito  il  9  giugno  2011,  ricevuto  dalla
resistente il 15 giugno  2011  e  depositato  in  cancelleria  il  13
giugno, il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  impugnato  gli
artt. 13, comma 1, 17, comma 1, 30, comma 4, e 47 della  legge  della
Provincia  autonoma  di  Trento  7  aprile  2011,   n.   7,   recante
«Modificazioni della legge provinciale  sui  lavori  pubblici,  della
legge provinciale sulla ricerca e della legge provinciale  16  giugno
2006,  n.  3  (Norme  in  materia  di  governo   dell'autonomia   del
Trentino)», modificativi della legge provinciale 10  settembre  1993,
n. 26 (Norme in materia di lavori pubblici di interesse provinciale e
per la trasparenza negli  appalti),  con  riferimento  all'art.  117,
primo comma e secondo comma, lettere e)  e  l),  della  Costituzione,
nonche' agli  artt.  4  e  8  del  d.P.R.  31  agosto  1972,  n.  670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). 
    Le disposizioni impugnate, secondo il ricorrente, esorbiterebbero
dalla competenza legislativa primaria in materia di «lavori  pubblici
di interesse provinciale», che l'art. 8, primo comma,  n.  17,  dello
statuto speciale attribuisce alla Provincia autonoma di  Trento,  nel
rispetto  dei  limiti  stabiliti  dal   precedente   art.   4.   Piu'
specificamente,  le  disposizioni   censurate   inciderebbero   sulla
disciplina dell'«ordinamento civile»  e  della  «concorrenza»,  cosi'
violando i limiti posti  dallo  statuto  e  dagli  evocati  parametri
costituzionali alla competenza legislativa provinciale. 
    2.  -  Successivamente  alla  presentazione   del   ricorso,   la
resistente e' intervenuta con legge provinciale 27 dicembre 2011,  n.
18 (Disposizioni per  la  formazione  del  bilancio  annuale  2012  e
pluriennale 2012-2014 della Provincia  autonoma  di  Trento  -  Legge
finanziaria provinciale 2012),  il  cui  art.  51  ha  modificato  la
normativa gia' disciplinata da alcune delle  disposizioni  impugnate,
in particolare dagli artt. 13, comma 1, 30, comma 4, e 47 della legge
provinciale n. 7 del 2011. 
    3. - A seguito  delle  modifiche  normative,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, sulla base della delibera del  Consiglio  dei
ministri del  24  febbraio  2012,  ha  depositato  atto  di  rinuncia
parziale al ricorso con riferimento alle sole questioni relative agli
artt. 13, comma 1, e 47 della legge provinciale n. 7 del 2011. 
    In data 5 marzo 2012, la Provincia  di  Trento,  in  forza  della
delibera della Giunta provinciale del 2 marzo 2012, ha poi depositato
formale accettazione della rinuncia al  ricorso,  in  riferimento  ai
medesimi artt. 13, comma 1, e 47 della legge provinciale. 
    Ne  consegue  che,  limitatamente  alle  disposizioni  da  ultimo
menzionate, ai sensi dell'art.  23  delle  norme  integrative  per  i
giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale,   il   processo   deve
dichiararsi estinto. 
    4. - In riferimento alla questione relativa all'art. 37, comma 5,
della legge provinciale sui lavori pubblici n.  26  del  1993,  quale
modificato dall'impugnato art. 30, comma 4, della legge  provinciale,
successivamente  integrato  dall'art.  51,  comma  8,   della   legge
provinciale n. 18 del 2011,  deve  essere  dichiarata  la  cessazione
della materia del contendere. 
    La  disposizione  in  esame  regola  l'utilizzo  del  subappalto,
prevedendo  che:   «Qualora   nell'oggetto   dell'appalto   o   della
concessione di lavori rientrino, oltre ai  lavori  prevalenti,  opere
per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto
tecnologico o di  rilevante  complessita'  tecnica,  quali  strutture
impianti e opere speciali, e qualora una o piu' di tali opere  superi
in valore il 15 per  cento  dell'importo  totale  dei  lavori,  se  i
soggetti affidatari non sono  in  grado  di  realizzare  le  predette
componenti, possono utilizzare il subappalto, con  i  limiti  dettati
dall'art. 42». 
    La disposizione provinciale impugnata ripete testualmente  l'art.
37, comma 11, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163  (Codice
dei contratti pubblici relativi a  lavori,  servizi  e  forniture  in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), salvo il  rinvio
all'art. 42 della legge provinciale stessa per la determinazione  dei
limiti  quantitativi  -  che  nella   legge   statale   ha   il   suo
corrispondente  nel  rinvio  all'art.  118   del   medesimo   decreto
legislativo - e salvo il fatto  che,  a  differenza  della  normativa
statale, la disposizione  provinciale  omette  di  definire  l'elenco
delle opere e i requisiti di specializzazione per  i  quali  si  puo'
utilizzare il subappalto. 
    Il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri ha censurato
esclusivamente quest'ultimo aspetto della disciplina provinciale  del
subappalto,  lamentando  l'omissione   da   parte   del   legislatore
provinciale di ogni riferimento all'elenco delle opere specialistiche
e ai requisiti di specializzazione, per i quali invece il legislatore
statale prevede l'intervento di un apposito regolamento  governativo.
Nessuna censura da parte del ricorrente  -  ne'  nella  delibera  del
Consiglio dei ministri, ne' nel ricorso dell'Avvocatura dello Stato -
e' stata sollevata in riferimento ad altri aspetti della disposizione
provinciale in tema di subappalto. Dunque, e' solo in riferimento  ai
profili  ritualmente  eccepiti  che  la  Corte  e'  oggi  chiamata  a
pronunciarsi, dato  che  nei  giudizi  in  via  principale  il  thema
decidendum e' fissato dal ricorso introduttivo, in  conformita'  alla
delibera dell'organo politico, e non puo' essere esteso ad  ulteriori
profili, ne' con le memorie presentate in  prossimita'  dell'udienza,
ne' tanto meno nel corso dell'udienza (ex multis, sentenza n. 533 del
2002). 
    Cosi' precisati i confini  della  questione  sollevata,  si  deve
dichiarare la cessazione della materia del contendere,  limitatamente
all'impugnativa dell'art. 30, comma 4, della legge provinciale  n.  7
del 2011. 
    Infatti, con l'art. 51, comma 8 della menzionata legge n. 18  del
2011, il legislatore provinciale ha colmato la lacuna  lamentata  nel
ricorso del Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  integrando  la
precedente disciplina (art. 37, comma 5, della legge provinciale  sui
lavori pubblici n. 26 del 1993) con un periodo del  seguente  tenore:
«Le opere previste da questo comma e i requisiti di  specializzazione
richiesti per la loro esecuzione  sono  individuati  dalla  normativa
statale». La modifica introduce, dunque,  un  rinvio  alla  normativa
statale per  la  specificazione  delle  opere  e  dei  requisiti  che
consentono il subappalto. In tal modo la legislazione provinciale  si
e' adeguata  alla  normativa  statale,  cosicche'  si  deve  ritenere
superata la censura prospettata dal ricorrente. 
    Occorre, inoltre, considerare che, nella  memoria  depositata  in
prossimita' dell'udienza, la Provincia  ha  affermato  che  la  nuova
disposizione non fa che chiarire quella che era gia' la  ratio  della
normativa provinciale in materia di  subappalto  e  che,  dunque,  la
disposizione impugnata non ha mai ricevuto applicazione in  contrasto
con la normativa  statale;  circostanza  questa  non  contestata  dal
Presidente del Consiglio dei  ministri  ricorrente.  La  disposizione
impugnata non ha,  quindi,  prodotto  alcuna  violazione  dell'ordine
costituzionale, neppure nel breve lasso temporale  che  ha  preceduto
l'esplicito adeguamento alla normativa statale. 
    Alla luce delle  precedenti  considerazioni,  conformemente  alla
costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,   deve   quindi   essere
dichiarata la cessazione della materia del contendere  riguardo  alla
questione relativa all'art. 30,  comma  4,  della  legge  provinciale
impugnata. 
    5.  -  Deve  essere  ora  esaminata  la  questione  sollevata  in
riferimento all'art. 17, comma 1, della medesima legge provinciale n.
7 del 2011. 
    La disposizione  in  esame  stabilisce  che  «Il  regolamento  di
attuazione puo' individuare i casi in  cui  i  lavori  pubblici  sono
individuati a corpo o a misura o parte a corpo e parte a misura».  La
normativa statale, invece, all'art. 53, comma 4, del  d.lgs.  n.  163
del 2006, nel testo oggi vigente, prevede come principio generale che
i contratti pubblici debbono essere stipulati "a corpo",  consentendo
alle stazioni appaltanti la facolta' di stipulare "a misura"  solo  i
contratti di importo inferiore a 500.000 euro, oltre ad  alcuni  tipi
di contratto nominativamente individuati,  tra  cui,  ad  esempio,  i
contratti di manutenzione, restauro e scavi  archeologici.  La  ratio
delle due diverse modalita' di determinazione del prezzo e'  indicata
dallo stesso  legislatore  statale,  il  quale  precisa  che  per  le
prestazioni "a corpo" il prezzo convenuto non puo' essere  modificato
sulla base della verifica della  quantita'  e  della  qualita'  della
prestazione, mentre per le prestazioni "a misura" il prezzo convenuto
puo' variare in  aumento  o  in  diminuzione,  secondo  la  quantita'
effettiva della prestazione. La preferenza espressa  dal  legislatore
nazionale per le prestazioni  "a  corpo"  risponde,  dunque,  ad  una
esigenza di prevedibilita' della spesa pubblica. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che  l'impugnato
art. 17, comma 1, della legge provinciale violi gli artt. 8 e 4 dello
statuto di autonomia speciale e l'art. 117,  secondo  comma,  lettera
l), Cost. poiche', attribuendo al regolamento provinciale  il  potere
di stabilire le modalita' di determinazione del prezzo,  si  discosta
dalla  normativa  statale,  di  cui  al  citato  art.  53,  comma  4,
disciplinando  l'oggetto  del  contratto,  che   attiene   all'ambito
dell'ordinamento civile. 
    5.1. - Al riguardo, occorre preliminarmente esaminare l'eccezione
di  inammissibilita'  prospettata  dalla  resistente,  basata   sulla
genericita' della censura. 
    L'eccezione non puo' essere accolta. 
    Nel ricorso introduttivo  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  -
conformemente alla delibera del Consiglio dei  ministri  -  individua
tanto la disposizione oggetto della censura (art. 17, comma 1,  della
legge provinciale n. 7 del 2011),  quanto  i  parametri  statutari  e
costituzionali che si assumono violati (artt. 4 e 8 dello statuto  di
autonomia speciale e art. 117, secondo comma,  lettera  l,  Cost.)  e
sviluppa, sia  pur  sinteticamente,  l'illustrazione  delle  relative
censure, incentrandole sul limite dell'ordinamento civile  che  anche
le  Province  autonome  sono  tenute  a   rispettare   nell'esercizio
dell'autonomia loro garantita. 
    5.2. - Nel merito, la questione e' fondata. 
    Questa Corte ha gia' avuto occasione di esaminare la problematica
dei rapporti tra lo Stato e  le  Regioni  a  statuto  speciale  e  le
Province autonome in relazione al riparto delle rispettive competenze
in tema di lavori pubblici (ex multis, sentenze n. 114 del  2011,  n.
221 e n. 45 del 2010), anche con specifico riferimento alla Provincia
di Trento, qui resistente. 
    Nessun dubbio che, laddove gli statuti speciali - come e' il caso
dello statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol (art.  8)
- riconoscano la potesta' legislativa primaria in materia  di  lavori
pubblici,  debba  trovare   applicazione   la   relativa   previsione
statutaria, anche dopo la riforma del Titolo V della Parte  II  della
Costituzione.  Cio'  tuttavia  non  significa  che  la   legislazione
regionale o provinciale sia libera di esplicarsi senza vincoli,  dato
che gli stessi statuti speciali prevedono  limiti  che  si  applicano
anche alle competenze legislative primarie. Nel  caso  in  esame,  la
competenza della Provincia autonoma di Trento nell'ambito dei  lavori
pubblici di interesse regionale e' perimetrata innanzitutto dall'art.
4 dello statuto, che annovera, tra gli altri, il limite del  rispetto
dei «principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica». 
    Tale limite include anche  i  principi  dell'ordinamento  civile,
come questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di  precisare  proprio  in
riferimento all'ambito degli  appalti:  il  legislatore  regionale  e
provinciale «deve rispettare i  principi  dell'ordinamento  giuridico
della Repubblica, tra i quali sono  ricompresi  quelli  afferenti  la
disciplina di istituti e rapporti privatistici relativi, soprattutto,
alle fasi di conclusione ed esecuzione del contratto di appalto,  che
devono essere uniformi su tutto il territorio nazionale,  in  ragione
dell'esigenza di assicurare il rispetto del principio di uguaglianza.
A cio' e' da aggiungere che nelle suindicate fasi si collocano  anche
istituti che rispondono ad  interessi  unitari  e  che  -  implicando
valutazioni e  riflessi  finanziari,  che  non  tollerano  discipline
differenziate  nel  territorio  dello  Stato  -   possono   ritenersi
espressione del limite rappresentato dalle norme  fondamentali  delle
riforme economico-sociali» (sentenza n. 114 del 2011). 
    I limiti ora richiamati sono stati violati nel caso di specie, in
quanto la disposizione provinciale si discosta dai principi di quella
statale per un profilo  che  attiene  alla  fase  contrattuale  delle
procedure di appalto. Tale disposizione,  infatti,  interviene  sulla
disciplina della determinazione del prezzo  della  prestazione  -  "a
corpo" o "a misura" - , incidendo cosi' sul contenuto del  contratto,
e attiene percio' ad un aspetto del rapporto negoziale,  che  rientra
nell'ambito dell'ordinamento civile. La giurisprudenza costituzionale
e' costante nel ritenere che, nel settore degli appalti pubblici,  la
fase che ha inizio con la stipulazione del contratto e  prosegue  con
l'attuazione  del  rapporto  negoziale  e'  disciplinata   da   norme
dell'ordinamento   civile.   Cio'   in   quanto,   in   tale    fase,
l'amministrazione agisce non nell'esercizio di poteri amministrativi,
bensi' nell'esercizio della propria autonomia negoziale (ex plurimis,
sentenze n. 53 del 2011 e n. 401 del 2007). 
    Di conseguenza,  la  disposizione  provinciale  impugnata,  nella
parte in cui rinvia a un regolamento  provinciale  di  attuazione  la
disciplina della determinazione del prezzo, senza far riferimento  ai
limiti all'autonomia negoziale prestabiliti dal legislatore  statale,
ha violato il limite dei principi generali dell'ordinamento civile  e
deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  17,
comma 1, della legge della Provincia  autonoma  di  Trento  7  aprile
2011, n. 7, recante «Modificazioni della legge provinciale sui lavori
pubblici,  della  legge  provinciale  sulla  ricerca  e  della  legge
provinciale 16 giugno  2006,  n.  3  (Norme  in  materia  di  governo
dell'autonomia del Trentino)»; 
    2)  dichiara  l'estinzione  del  processo,   limitatamente   alle
questioni di legittimita' costituzionale degli articoli 13, comma  1,
e 47 della predetta legge provinciale; 
    3)  dichiara  la  cessazione  della  materia  del  contendere  in
riferimento alla questione relativa all'articolo 30, comma  4,  della
medesima legge provinciale. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2012. 
 
                        Il Presidente: Gallo 
 
 
                       Il Redattore: Cartabia 
 
 
                       Il Cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in Cancelleria il 30 marzo 2012. 
 
               Il Direttore della Cancelleria: Melatti