N. 95 ORDINANZA 4 - 18 aprile 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Spese di giustizia - Ammissione al patrocinio a spese dello  Stato  -
  Esclusione dal beneficio per coloro che siano stati condannati  per
  reati  commessi  in  violazione  delle  norme  per  la  repressione
  dell'evasione in materia  di  imposte  sui  redditi  e  sul  valore
  aggiunto - Preclusione al giudice  di  verificare  se  detti  reati
  abbiano effettivamente prodotto un reddito tale  da  superare,  per
  l'anno antecedente alla richiesta, la soglia massima stabilita  per
  l'accesso al beneficio -  Asserita  irragionevolezza,  lesione  del
  principio di presunzione di  non  colpevolezza  e  del  diritto  di
  difesa -  Motivazione  perplessa  e  contraddittoria  in  punto  di
  rilevanza, ovvero gravemente carente -  Manifesta  inammissibilita'
  delle questioni. 
- D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 91, comma 1, lett. a). 
- Costituzione, artt. 3, 24, secondo e terzo  comma,  e  27,  secondo
  comma. 
(GU n.17 del 26-4-2012 )
  
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
  
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici : Franco GALLO, Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
ha pronunciato la seguente 
  
                              Ordinanza 
  
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 91, comma 1,
lettera a), del decreto del Presidente  della  Repubblica  30  maggio
2002,  n.  115  (Testo  unico  delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari  in  materia  di  spese  di  giustizia),  promossi  dal
Tribunale di  Lecce,  sezione  distaccata  di  Campi  Salentina,  con
ordinanze del 5 e del 26 maggio 2011, iscritte ai nn. 203 e  204  del
registro ordinanze del  2011,  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  21  marzo  2012  il  Giudice
relatore Gaetano Silvestri. 
    Ritenuto che il Tribunale di Lecce, sezione distaccata  di  Campi
Salentina, con ordinanza  del  5  maggio  2011,  ha  sollevato  -  in
riferimento agli articoli 3, 24, secondo e terzo comma, e 27, secondo
comma, della Costituzione - questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 91, comma 1, lettera a), del decreto del  Presidente  della
Repubblica 30 maggio 2002, n. 115  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia),  nella
parte in cui esclude l'ammissione al patrocinio a spese  dello  Stato
di coloro che siano stati condannati per reati commessi in violazione
delle norme per la repressione dell'evasione in  materia  di  imposte
sui  redditi  e  sul  valore  aggiunto,  precludendo  al  giudice  di
verificare se detti reati abbiano effettivamente prodotto un  reddito
tale da superare, per l'anno antecedente alla  richiesta,  la  soglia
massima stabilita per l'accesso al beneficio; 
        che il rimettente e' chiamato a deliberare, nell'ambito di un
procedimento di esecuzione penale,  sulla  domanda  di  patrocinio  a
spese dell'erario proposta da persona che, in epoca molto  risalente,
ha riportato condanne in ordine al delitto di  associazione  di  tipo
mafioso  e,  piu'  volte,  riguardo  a  violazioni  di  norme  penali
tributarie; 
        che lo stesso rimettente, salva l'eventualita'  di  verifiche
puntuali (specie riguardo ad eventuali proventi  ricavati  da  alcuni
terreni «di famiglia», citati in un rapporto  dei  servizi  sociali),
stima attendibile la dichiarazione del richiedente d'aver  conseguito
redditi inferiori alla soglia fissata dalle legge  per  l'accesso  al
patrocinio, anche alla luce delle condizioni  personali  e  familiari
dell'interessato (totalmente invalido,  con  figlia  invalida  e  con
connessi redditi da pensione); 
        che  il  Tribunale  ritiene  dunque  superabile,   nel   caso
concreto, la presunzione relativa di «abbienza» posta dal comma 4-bis
dell'art. 76 del d.P.R. n. 115 del 2002, nella  portata  assunta  per
effetto della sentenza della Corte costituzionale n.  139  del  2010,
dichiarativa della illegittimita' della norma  nella  parte  in  cui,
stabilendo che per i soggetti gia' condannati con sentenza definitiva
in ordine a determinati reati (tra i quali il delitto di associazione
mafiosa) il reddito si dovesse ritenere superiore ai limiti  previsti
per l'ammissione al patrocino, non ammetteva la prova contraria; 
        che non sarebbe invece superabile - prosegue il  Tribunale  -
la preclusione assoluta posta, con riguardo ai reati  tributari,  dal
primo comma dell'art. 91 dello stesso d.P.R. n. 115 del 2002, tale da
inibire  (in  quanto  inutile)  ogni  eventuale   approfondimento   a
proposito  dei  mezzi  finanziari  e   dei   redditi   effettivamente
conseguiti dall'instante; 
        che la norma censurata, tuttavia, sarebbe esposta agli stessi
rilievi che hanno indotto la Corte costituzionale ad intervenire, con
la citata sentenza n. 139 del 2010, sulla preclusione  concernente  i
reati associativi ed ulteriori fattispecie delittuose; 
        che la  Corte  avrebbe  ribadito,  in  particolare,  come  la
legittimita'  delle  presunzioni  assolute  sia  subordinata,   nella
prospettiva del principio di uguaglianza, alla  ragionevolezza  della
generalizzazione che le sorregge, e come dunque  difetti  ogni  volta
che  sia  agevole  immaginare  fattispecie  concrete  difformi  dalla
tipologia dei fatti soggetti al meccanismo presuntivo; 
        che il principio, applicato alle regole  di  valutazione  del
reddito, avrebbe rivelato l'illegittimita'  di  presunzioni  assolute
fondate sulla pregressa commissione di reati, senza  limiti  connessi
al decorso del tempo e con  riguardo  indiscriminato  a  numerose  ed
eterogenee tipologie di illecito; 
        che lo stesso rimettente rileva come la Corte costituzionale,
con la pronuncia citata, non avesse giudicato illegittima in  se'  la
connotazione presuntiva della regola di accertamento, ma piuttosto il
carattere insuperabile della presunzione di  «abbienza»  posta  dalla
norma dichiarata incostituzionale; 
        che un intervento dello  stesso  genere  sarebbe  necessario,
secondo  il  Tribunale,  riguardo  alla  preclusione  sancita   dalla
disposizione censurata; 
        che, in  primo  luogo,  la  previsione  non  potrebbe  essere
giustificata  quale   regola   presuntiva   di   accertamento   della
disponibilita' di redditi non dichiarati; 
        che, infatti, detta regola sarebbe irragionevole, se riferita
a persone gia' condannate per reati tributari, in forza delle ragioni
indicate nella sentenza della Corte costituzionale n. 139 del 2010, e
risulterebbe ingiustificata, a maggior ragione,  riguardo  a  persone
solo  accusate  dei  reati  in   questione   (giungendo   in   questa
prospettiva, pure irrilevante  nel  caso  di  specie,  a  violare  la
presunzione di non colpevolezza di cui al secondo comma dell'art.  27
Cost.); 
        che  la  vicenda  sottoposta  al   giudizio   del   Tribunale
costituirebbe     una     dimostrazione      paradigmatica      circa
l'inattendibilita' della presunzione  di  «abbienza»,  visto  che  il
richiedente risulta condannato per  reati  tributari  commessi  circa
venticinque anni prima della sua istanza di ammissione al  patrocinio
a spese dell'erario; 
        che la  norma  censurata  non  potrebbe  essere  giustificata
neppure secondo un criterio di (non) meritevolezza del beneficio,  in
rapporto alla violazione di regole espressive dei vincoli  essenziali
di solidarieta' sociale; 
        che il terzo comma dell'art. 24 Cost., infatti,  assicura  il
diritto all'assistenza difensiva sulla base del solo criterio di «non
abbienza», non consentendo di limitare  l'accesso  al  patrocinio  in
base a  considerazioni  di  opportunita',  le  quali  del  resto  non
potrebbero valere nei casi in cui  manchi  l'accertamento  definitivo
della responsabilita' per reati tributari (art.  27,  secondo  comma,
Cost.); 
        che  la  denunciata  illegittimita'  sussisterebbe,   infine,
quand'anche si  ritenesse  che  la  norma  censurata  disciplini  una
sanzione accessoria, collegata al compimento dei reati tributari; 
        che non si giustificherebbe, in questa chiave, l'applicazione
del divieto nei confronti dei soggetti indagati o imputati (art.  27,
secondo comma, Cost.), e comunque si darebbe  rilevanza,  ancora  una
volta,  ad  un   criterio   diverso   dall'unico   costituzionalmente
ammissibile, cioe' quello della capacita' economica di retribuire  il
difensore (art. 3 ed art. 24, comma terzo, Cost.); 
        che il  rimettente  osserva,  in  punto  di  rilevanza,  come
l'accoglimento delle questioni sollevate possa nella specie  condurre
all'accoglimento della domanda di ammissione al  patrocinio  a  spese
dello  Stato,  al  momento  insuperabilmente  precluso  dalla   norma
censurata; 
        che l'apprezzamento delle questioni non sarebbe pregiudicato,
secondo  il  Tribunale,  dalle  precedenti  decisioni   della   Corte
costituzionale   sulla   norma   censurata,   ed    in    particolare
dall'ordinanza n. 94 del 2004,  nel  cui  ambito  non  sarebbe  stata
espressa alcuna considerazione circa il merito delle odierne censure; 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio con atto depositato il 25 ottobre 2011; 
        che le questioni proposte, secondo  la  difesa  dello  Stato,
sarebbero inammissibili, anzitutto in quanto giudice a quo, pur dando
atto della  disponibilita'  di  «terreni  di  famiglia»  in  capo  al
richiedente, non avrebbe  espresso  alcuna  valutazione  sui  redditi
pertinenti, e comunque non  avrebbe  compiuto  alcun  approfondimento
circa i profitti conseguiti dal medesimo richiedente mediante i reati
tributari per i quali e' intervenuta condanna; 
        che dovrebbe essere riscontrato, di conseguenza,  un  difetto
di motivazione circa  le  condizioni  di  rilevanza  della  questione
sollevata (sono citate le ordinanze della Corte costituzionale n. 251
del 2005 e n. 136 del 2007); 
        che le questioni,  in  ogni  caso,  sarebbero  manifestamente
infondate, posto che la norma censurata, senza esprimere  una  logica
sanzionatoria o discriminatoria,  si  fonderebbe  sulla  difficolta',
considerata non superabile, di accertare attendibilmente i redditi  a
disposizione di persone che  abbiano  riportato  condanne  per  reati
tributari; 
        che la  valutazione  legislativa  di  inattendibilita'  delle
dichiarazioni rese dal richiedente, nei casi in esame, si  fonderebbe
sull'id quod plerumque accidit, e che proprio  la  regola  presuntiva
censurata varrebbe a prevenire ingiustificate analogie di trattamento
tra persone con redditi effettivamente ridotti e persone  munite,  in
realta', di mezzi finanziari piu' consistenti; 
        che il  Tribunale  di  Lecce,  sezione  distaccata  di  Campi
Salentina, con ordinanza del  26  maggio  2011,  ha  sollevato  -  in
riferimento agli artt. 3, 24, secondo e terzo comma,  e  27,  secondo
comma, Cost. - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 91,
comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte  in  cui
esclude l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato di coloro  che
siano stati condannati per reati commessi in violazione  delle  norme
per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi  e
sul valore aggiunto, precludendo al giudice di  verificare  se  detti
reati abbiano effettivamente prodotto un reddito  tale  da  superare,
per l'anno antecedente alla richiesta, la  soglia  massima  stabilita
per l'accesso al beneficio; 
        che il Tribunale  e'  chiamato  a  valutare  una  istanza  di
ammissione al patrocinio in  relazione  ad  una  procedura  esecutiva
penale, che riguarda  lo  stesso  soggetto  interessato  al  giudizio
principale cui si riferisce l'ordinanza del 5 maggio precedente (r.o.
n. 203 del 2011); 
        che la procedura concerne, nel caso  di  specie,  l'eventuale
applicazione delle norme in materia di reato  continuato  o  concorso
formale riguardo a piu' delitti di ricettazione di assegni, posti  ad
oggetto di diverse sentenze passate in giudicato; 
        che il rimettente,  a  proposito  dei  redditi  dichiarati  e
conseguiti dall'interessato, espone nuovamente i fatti gia' riassunti
in relazione al primo  giudizio,  svolgendo  considerazioni  analoghe
alle precedenti in punto di rilevanza e  non  manifesta  infondatezza
delle questioni sollevate; 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio con atto depositato il 25 ottobre 2011; 
        che  le  questioni  sollevate   sarebbero   inammissibili   o
infondate, secondo  la  difesa  dello  Stato,  per  le  ragioni  gia'
indicate in sede di intervento nel giudizio promosso con  l'ordinanza
del 5 maggio 2011. 
    Considerato che il Tribunale  di  Lecce,  sezione  distaccata  di
Campi Salentina, con ordinanze  del  5  e  del  26  maggio  2011,  ha
sollevato - in riferimento agli  articoli  3,  24,  secondo  e  terzo
comma, e  27,  secondo  comma,  della  Costituzione  -  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 91, comma 1,  lettera  a),  del
decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari  in  materia  di
spese di giustizia), nella  parte  in  cui  esclude  l'ammissione  al
patrocinio a spese dello Stato di coloro che siano  stati  condannati
per reati commessi in  violazione  delle  norme  per  la  repressione
dell'evasione  in  materia  di  imposte  sui  redditi  e  sul  valore
aggiunto, precludendo al giudice di verificare se detti reati abbiano
effettivamente prodotto un  reddito  tale  da  superare,  per  l'anno
antecedente alla richiesta, la soglia massima stabilita per l'accesso
al beneficio; 
        che i giudizi, data l'analogia  di  oggetto,  possono  essere
riuniti al fine di una trattazione unitaria delle relative questioni; 
        che le eccezioni di inammissibilita' proposte dall'Avvocatura
generale dello Stato non sono fondate, posto  che  il  rimettente  ha
espressamente  formulato  una  valutazione  di  attendibilita'  delle
dichiarazioni  dell'instante  circa  l'indisponibilita'  di   redditi
superiori alla soglia di  legge,  tale  addirittura  da  superare  la
presunzione contraria posta dal comma 4-bis dell'art. 76  del  d.P.R.
n. 115  del  2002,  ed  ha  constatato,  per  altro  verso,  come  la
preclusione assoluta che discende dalla norma censurata  renda  priva
di rilevanza, allo stato, ogni eventuale ed ulteriore verifica; 
        che, tuttavia, le  questioni  sollevate  sono  manifestamente
inammissibili per motivi diversi ed in parte concomitanti; 
        che non  puo'  essere  trattata  nel  merito,  anzitutto,  la
censura riferita  al  secondo  comma  dell'art.  27  Cost.,  dato  il
carattere perplesso e contraddittorio della relativa  motivazione  in
punto di rilevanza; 
        che piu' volte, infatti, lo  stesso  rimettente  ha  rilevato
come, nei casi di specie, non  venga  in  considerazione  il  preteso
contrasto tra la preclusione  sfavorevole  alle  persone  indagate  o
imputate per reati tributari e la presunzione  di  non  colpevolezza,
posto che il divieto di ammissione del richiedente al  patrocinio  si
fonda, nei giudizi a quibus, su decisioni  irrevocabili  di  condanna
maturate in altri procedimenti; 
        che,  riguardo  agli   ulteriori   parametri   costituzionali
evocati,  le  questioni  sono  inammissibili  per  le  gravi  carenze
motivazionali in punto di rilevanza, avuto particolare riguardo  alla
qualita' dei reati cui si riferiscono i  procedimenti  di  esecuzione
condotti dal giudice a quo; 
        che  va  premesso  in  proposito  come  questa  Corte   abbia
chiarito, con l'ordinanza n. 94 del 2004, che la norma censurata pone
un divieto di ammissione  al  patrocinio  nel  caso  di  procedimenti
(anche esecutivi) che abbiano ad oggetto i reati in essa elencati,  e
non quando l'accusato o il condannato abbiano  in  precedenza  subito
procedimenti o condanne per i reati medesimi; 
        che la stessa opzione  interpretativa  e'  stata  in  seguito
assunta anche dalla Corte di cassazione (tra le  altre,  sentenza  n.
31177 del 2004); 
        che va ribadito come i giudici rimettenti siano chiamati, nel
giudizio incidentale di  legittimita'  costituzionale,  non  solo  ad
indicare le circostanze che incidono sulla rilevanza delle  questioni
sollevate, ma anche ad illustrare, quando sia il caso, i  presupposti
interpretativi che implicano, nel loro  giudizio,  la  necessita'  di
fare applicazione della norma censurata (ex multis, ordinanza  n.  61
del 2007 e sentenza n. 249 del 2010); 
        che nella specie il Tribunale, avuto riguardo al giudizio cui
si riferisce l'ordinanza r.o. n. 203 del 2011, non ha fornito  alcuna
indicazione circa l'oggetto del procedimento  esecutivo  in  funzione
del quale e' stata formulata l'istanza di ammissione  al  patrocinio,
cosi' da precludere la necessaria valutazione di questa  Corte  circa
l'effettiva rilevanza della questione sollevata; 
        che nell'ulteriore ordinanza  (r.o.  n.  204  del  2011),  di
contro, il rimettente ha specificato  trattarsi  della  richiesta  di
operare il cumulo giuridico tra le pene  separatamente  inflitte  per
piu'  reati  di  ricettazione  concernenti  assegni  bancari,   senza
formulare alcuna motivazione, nel contempo, circa le ragioni  per  le
quali dovrebbe applicare la norma censurata in un  giudizio  che  non
concerne reati tributari; 
        che dunque, e come anticipato, tutte le  questioni  sollevate
sono manifestamente inammissibili. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
  
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
  
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 91, comma  1,  lettera  a),
del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio  2002,  n.  115
(Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia di spese di giustizia), sollevate  dal  Tribunale  di  Lecce,
sezione distaccata di Campi Salentina, in riferimento  agli  articoli
3,  24,  secondo  e  terzo  comma,  e  27,   secondo   comma,   della
Costituzione, con le ordinanze indicate in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2012. 
  
                       Il Presidente: Quaranta 
  
  
                       Il Redattore: Silvestri 
  
  
                       Il Cancelliere: Melatti 
  
    Depositata in Cancelleria il 18 aprile 2012. 
  
               Il Direttore della Cancelleria: Melatti