N. 100 SENTENZA 16 - 20 aprile 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Parchi  -  Norme  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia   -   Parchi
  regionali, comunali e intercomunali - Divieto di nuove attivita' di
  ricerca e coltivazione  delle  sostanze  minerali  a  eccezione  di
  quelle relative alle pietre ornamentali comprese le cave di  pietra
  ornamentale in sotterraneo e in aree di falde acquifere  -  Mancato
  divieto per le attivita' gia' in essere - Asserita riduzione  della
  tutela nella fase  di  regime  transitorio,  in  contrasto  con  la
  normativa statale sulle aree  protette  -  Ricorso  del  Governo  -
  Censura fondata sull'erroneo presupposto  che  la  norma  impugnata
  disciplini il regime  transitorio  -  Questione  riferita  a  norma
  inconferente - Inammissibilita'. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19  maggio  2011,  n.  6,
  art. 1. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma lett. s);  legge  6  dicembre
  1991, n. 394, art. 22, comma 1, lett. d). 
Acque - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Disciplina  degli
  scarichi - Assimilazione alle acque reflue domestiche  delle  acque
  utilizzate per scopi geotermici  che  non  siano  state  utilizzate
  nell'ambito  dei  cicli  produttivi  e  che  non   abbiano   subito
  trattamenti chimici - Ricorso del Governo - Asserito contrasto  con
  il codice dell'ambiente, espressione della  competenza  legislativa
  statale  esclusiva   in   materia   di   tutela   dell'ambiente   -
  Insussistenza - Non fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19  maggio  2011,  n.  6,
  art. 24. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma lett.  s);  d.lgs.  3  aprile
  2006, n. 152, artt. 101, comma 7, lett. e), e 144, comma 5. 
(GU n.17 del 26-4-2012 )
  
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
  
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
ha pronunciato la seguente 
  
                              Sentenza 
  
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  articoli  1  e  24
della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia  19  maggio
2011, n. 6 (Disposizioni in materia di attivita' estrattive e risorse
geotermiche), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri  con
ricorso notificato il 19-20 luglio 2011, depositato in cancelleria il
26 luglio 2011 ed iscritto al n. 74 del registro ricorsi 2011. 
    Visto   l'atto   di   costituzione   della    Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia; 
    udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 2012 il Giudice relatore
Paolo Maria Napolitano; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Maria  Letizia  Guida   per   il
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Giandomenico
Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. 
  
                          Ritenuto in fatto 
  
    1.-- Con ricorso notificato il 19-20 luglio 2011 e depositato  il
successivo 26 luglio il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha
promosso questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1  e
24 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 19 maggio
2011, n. 6 (Disposizioni in materia di attivita' estrattive e risorse
geotermiche), per violazione dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera
s), della Costituzione. 
    L'art. 1 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia  n.  6  del  2011
modifica l'art. 1 della legge reg. 18 agosto 1986, n. 35  (Disciplina
delle attivita' estrattive), introducendo, tra gli  altri,  il  comma
1-quater  che  cosi'  dispone:  «All'interno  dei  parchi  regionali,
comunali e intercomunali di cui alla  legge  regionale  30  settembre
1996,  n.  42  (Norme  in  materia  di  parchi  e  riserve   naturali
regionali), e' vietato l'esercizio di nuove attivita' di ricerca e di
coltivazione delle sostanze minerali a eccezione di  quelle  relative
alle pietre ornamentali comprese le cave  di  pietra  ornamentale  in
sotterraneo, cosi' come in aree di falde acquifere». 
    A sua volta, l'art. 24 della legge reg. n. 6  del  2011  modifica
l'art. 18 della legge  reg.  15  maggio  2002,  n.  13  (Disposizioni
collegate alla legge finanziaria 2002), aggiungendo al  comma  26  la
lettera  c-ter)  che  prevede  l'assimilazione  alle   acque   reflue
domestiche delle acque utilizzate per scopi geotermici, che non siano
state utilizzate nell'ambito dei cicli produttivi e che  non  abbiano
subito trattamenti chimici. 
    Il ricorrente premette che l'art. 4 dello  statuto  di  autonomia
riconosce alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia  la  competenza
primaria in materia di acque minerali e termali mentre  l'art.  5  le
attribuisce la competenza concorrente in materia di miniere,  cave  e
torbiere nonche' nell'utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le
grandi derivazioni e le opere idrauliche di 4^ e 5^ categoria. 
    In  base  alle  predette  norme   statutarie,   la   legislazione
regionale,  nelle  materie  in  cui  ha  competenza  primaria,   deve
esplicarsi in armonia con la Costituzione, con  i  principi  generali
dell'ordinamento   giuridico   della   Repubblica,   con   le   norme
fondamentali delle  riforme  economico-sociali  e  con  gli  obblighi
internazionali  dello  Stato   e,   nelle   materie   di   competenza
concorrente, anche con gli specifici principi fondamentali  stabiliti
dalle leggi dello Stato. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia che  la  norma
impugnata prevede un divieto di esercitare nuove attivita' di ricerca
e di coltivazione di minerali nei parchi regionali e comunali, ma non
prevede, allo stesso tempo, alcun divieto per le  attivita'  gia'  in
essere consentendone, pertanto, la prosecuzione. 
    Cio' si porrebbe in contrasto con l'art. 22, comma 1, lettera d),
della legge  6  dicembre  1991,  n.  394  (Legge  quadro  sulle  aree
protette), in  base  al  quale  i  regolamenti  delle  aree  protette
regionali  sono  adottati  secondo  i  criteri  stabiliti  con  legge
regionale in conformita' con i principi di cui all'art. 11 che, a sua
volta, al comma 3,  lettera  b),  vieta  espressamente  l'apertura  e
l'esercizio, nei parchi nazionali, di  cave,  miniere  e  discariche,
nonche' l'asportazione di minerali. 
    La  norma  censurata  sarebbe  pertanto  illegittima  in   quanto
introdurrebbe una disciplina afferente  alla  materia  dell'ambiente,
attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato ai sensi dell'art.
117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  accordando,  oltretutto,  al
predetto bene  ambiente,  una  tutela  inferiore  rispetto  a  quella
statale. 
    1.1.--  La  seconda  questione  di  legittimita'   costituzionale
promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri riguarda l'art. 24
della legge reg. n. 6 del 2011 che, come si  e'  detto,  aggiunge  al
comma 26 dell'art. 18 della legge reg. n. 13  del  2002,  la  lettera
c-ter) che prevede l'assimilazione alle acque reflue domestiche delle
acque utilizzate per scopi geotermici che non siano state  utilizzate
nell'ambito dei cicli produttivi e che non abbiano subito trattamenti
chimici. 
    Secondo il ricorrente, la disciplina dell'attivita' estrattiva  e
delle risorse  geotermiche,  afferendo  necessariamente  alla  tutela
dell'ambiente, e' di competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    La  normativa  statale  di   riferimento   recata   dal   decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia  ambientale),  in
merito alle acque utilizzate per scopi geotermici,  prevede  all'art.
144, comma 5, una disciplina  specifica  «nel  rispetto  del  riparto
delle competenze costituzionalmente determinato». 
    Le  acque  utilizzate  per  scopi  geotermici  dovrebbero  essere
necessariamente  classificate   quali   acque   reflue   industriali,
trattandosi  di  acque   utilizzate   nell'ambito   di   un'attivita'
industriale, prive delle caratteristiche qualitative equivalenti alle
acque reflue domestiche e non assimilabili a queste ultime neanche ai
sensi dell'articolo 101, comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006. 
    Di conseguenza, lo scarico di tali  acque  sarebbe  soggetto  «ai
limiti di tutela ambientale posti  dalla  normativa  statale  e  alle
eventuali prescrizioni previste nell'ambito delle autorizzazioni,  in
modo che non  sia  pregiudicato  il  patrimonio  idrico,  e  che  sia
assicurato l'equilibrio del  bilancio  idrico,  e  che  comunque  sia
garantita  la  tutela  qualitativa   e   quantitativa   delle   acque
superficiali e delle acque sotterranee, ove scaricate ai sensi  della
deroga prevista dall'articolo 104, comma 2, del  d.lgs.  156  (recte:
152) del 2006». 
    In conclusione le norme citate violerebbero l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. in relazione agli artt. 4 e 5 dello  statuto
di autonomia approvato con legge costituzionale n. 1 del 1963 e  agli
artt. 11, comma 3, lettera b), e 22, comma 1, lettera d), della legge
n. 394 del 1991. 
    2.-- Si e' costituita la Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia
che, con memoria depositata in prossimita' dell'udienza, ha svolto le
proprie  difese   chiedendo   che   la   questione   sia   dichiarata
inammissibile o infondata. 
    In primo luogo, la  Regione  eccepisce  l'inammissibilita'  della
censura relativa all'intero art. 1 della legge reg. n. 6 del 2011  in
quanto dal contenuto  del  ricorso  emergerebbe  che  solo  il  comma
1-quater e' stato specificamente censurato. 
    Pertanto,   la   questione   dovrebbe   essere   circoscritta   a
quest'ultimo comma e dovrebbe  essere  dichiarata  inammissibile  nei
confronti dei restanti commi introdotti dall'art. 1 della legge  reg.
n. 6 del 2011 per genericita'  e  radicale  assenza  di  qualsivoglia
censura. 
    A parere della Regione, anche la questione  relativa  alla  parte
del comma 1-quater dell'art. 1 della legge reg. n. 35  del  1986  che
consente, in via eccezionale, la nuova ricerca  ed  estrazione  delle
sole pietre ornamentali dovrebbe essere ritenuta  inammissibile  «dal
momento che anche avverso  tale  disposizione  il  ricorrente  omette
qualunque censura (ed invero  nemmeno  la  richiama  nella  parte  in
diritto del ricorso)». 
    La  difesa  regionale  ritiene  inammissibile  anche  la  censura
residua relativa alla  norma  impugnata,  nella  parte  in  cui,  nel
vietare l'esercizio di nuove attivita' di ricerca e  coltivazione  di
minerali nei parchi regionali e comunali, non  prevede,  allo  stesso
tempo, alcun divieto per le attivita' gia' in essere,  consentendone,
pertanto, la prosecuzione. 
    La   censura   sarebbe    inammissibile    perche'    sembrerebbe
concretizzarsi in una tardiva impugnazione della normativa  regionale
del 1996 che consentiva l'attivita'  estrattiva,  affidando  all'Ente
parco il potere di esprimere parere vincolante  sui  «progetti  delle
attivita' estrattive di minerali ed inerti» da  attuarsi  nell'ambito
del parco medesimo (art. 19, comma 3, lettera b, legge reg. n. 42 del
1996). 
    La  nuova  disciplina  introdotta  non  fa  che  interdire  nuove
autorizzazioni  relative  alle  attivita'  estrattive   senza   nulla
disporre in relazione a quelle gia' in essere. 
    Ne   deriverebbe   l'inammissibilita'   della   censura   perche'
costituirebbe  un  tentativo  di  impugnare  tardivamente  una  norma
permissiva che a suo tempo non era stata oggetto di contestazione. 
    Inoltre, il ricorso sarebbe inammissibile anche  per  difetto  di
interesse in quanto, non essendo innovato il regime  delle  attivita'
estrattive, un eventuale accoglimento della censura  non  cambierebbe
la disciplina in vigore. 
    Alla Regione sembra paradossale l'intera impugnazione dal momento
che e' rivolta  verso  una  legge  regionale  che  abroga  il  regime
permissivo prima attribuito alle attivita' estrattive, in  definitiva
lamentando che prima della  legge  impugnata  esse  potessero  essere
consentite. 
    Nel merito, comunque, la censura sarebbe infondata. 
    La Regione, dopo aver precisato  che  la  disposizione  regionale
impugnata disciplina unicamente l'estrazione di minerali  e  che  non
riguarda ne' permette in alcun modo l'attivita' di cava, ricorda  che
lo stesso art. 11, comma 4, della l. n.  394  del  1991,  (richiamato
dall'art. 22) consente deroghe ai divieti stabiliti dal comma 3. 
    In  sostanza,  la  legge  regionale  del   1996   (impropriamente
contestata ora dal Governo) si era avvalsa della facolta' di  deroga:
una facolta' che la nuova legge ora sopprime. 
    2.1.-- La difesa  regionale  eccepisce  l'inammissibilita'  anche
della seconda censura, relativa all'art. 24 della legge reg. n. 6 del
2011, in quanto non sarebbe indicata la norma parametro che si assume
violata, limitandosi il ricorrente ad un generico cenno al d.lgs.  n.
152  del  2006  senza  tuttavia  invocare  la  violazione  di   norme
specifiche. 
    La censura sarebbe comunque infondata perche' il  Presidente  del
Consiglio dei ministri sembrerebbe essere incorso in un equivoco, dal
momento  che  fa  riferimento  alle  acque   geotermiche   utilizzate
nell'ambito  di  attivita'  industriali.  Al  contrario,  per  «acqua
geotermica»  si  deve  intendere  un'acqua  sotterranea  ad   elevata
temperatura, utilizzata essenzialmente per  scopi  di  riscaldamento,
nell'ambito di circuiti chiusi. 
    In tal  senso  la  Regione  ricorda  che,  proprio  per  le  loro
specifiche caratteristiche,  le  acque  geotermiche  -  per  espressa
previsione del legislatore nazionale - rappresentano  uno  dei  pochi
casi in cui e' ammessa la possibilita' di scarico diretto  in  falda,
in deroga al generale divieto di scarico  diretto  nel  sottosuolo  e
nelle acque sotterranee (art. 104, comma 2, del d.lgs. 152 del 2006). 
    La norma regionale contestata opera  l'assimilazione  alle  acque
domestiche solo con  riferimento  alle  acque  utilizzate  per  scopi
geotermici che non  siano  state  utilizzate  nell'ambito  dei  cicli
produttivi e che non abbiano subito trattamenti chimici. 
    Alla luce di tali elementi, la previsione regionale  risulterebbe
conforme all'art.101, comma 7, del d.lgs. n.152 del  2006,  il  quale
alla lettera e), prevede l'assimilazione alle acque reflue domestiche
delle acque reflue «aventi caratteristiche qualitative equivalenti  a
quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale». 
    In tale senso, dunque, l'art. 24 della legge reg. n. 6  del  2011
si sarebbe limitato a dare attuazione ad una facolta' prevista  dallo
stesso  legislatore  nazionale  e  la  censura  sarebbe   del   tutto
infondata. 
  
                       Considerato in diritto 
  
    1.-- Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
notificato il 18 luglio 2011 e depositato il successivo 26 luglio, ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1 e
24 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 19 maggio
2011, n. 6 (Disposizioni in materia di attivita' estrattive e risorse
geotermiche), per violazione dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera
s), della Costituzione. 
    Il ricorso ha ad oggetto due diverse norme della legge reg. n.  6
del 2011 che,  secondo  il  ricorrente,  violerebbero  la  competenza
legislativa esclusiva dello Stato nella materia «tutela dell'ambiente
e dell'ecosistema». 
    2.-- La prima censura riguarda l'art. 1, della legge  reg.  n.  6
del 2011 che ha modificato l'art. 1 della legge reg. 18 agosto  1986,
n.  35  (Disciplina  delle  attivita'  estrattive),  aggiungendo   il
seguente comma 1-quater: «All'interno dei parchi regionali,  comunali
e intercomunali di cui alla legge regionale 30 settembre 1996, n.  42
(Norme in materia di parchi e riserve naturali regionali), e' vietato
l'esercizio di nuove attivita' di ricerca  e  di  coltivazione  delle
sostanze  minerali  a  eccezione  di  quelle  relative  alle   pietre
ornamentali comprese le cave di pietra  ornamentale  in  sotterraneo,
cosi' come in aree di falde acquifere». 
    3.-- La questione sollevata e' inammissibile. 
    3.1.-- Il ricorrente indirizza le sue doglianze nei confronti del
fatto che il nuovo comma 1-quater dell'art. 1 della legge reg. n.  35
del 1986, aggiunto dalla  legge  reg.  n.  6  del  2011,  pur  avendo
introdotto il divieto di esercitare nuove attivita' di ricerca  e  di
coltivazione di minerali nei parchi regionali  e  comunali,  «non  ha
previsto alcun divieto per le attivita' gia' in essere consentendone,
pertanto, la prosecuzione». 
    In tal modo, la Regione avrebbe accordato al  bene  ambiente  una
tutela  inferiore  rispetto  a  quella  predisposta  dal  legislatore
statale, in violazione anche dell'art. 22, comma 1, lettera d), della
legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette),  in
base al quale  i  regolamenti  delle  aree  protette  regionali  sono
adottati  secondo  i  criteri  stabiliti  con  legge   regionale   in
conformita' con i principi di cui all'art. 11  della  medesima  legge
che, a sua  volta,  al  comma  3,  lettera  b),  vieta  espressamente
l'apertura e l'esercizio, nei parchi nazionali, di  cave,  miniere  e
discariche, nonche' l'asportazione di minerali. 
    La censura promossa nei confronti dell'art.  1,  comma  1-quater,
della legge reg. n. 35 del 1986 (cosi' come  modificata  dall'art.  1
della legge reg. n. 6 del 2011) si fonda  sul  presupposto  che  tale
norma   disciplinerebbe   il   regime   transitorio,    autorizzando,
implicitamente, la prosecuzione delle attivita'  estrattive  gia'  in
corso prima dell'introduzione del divieto. 
    Il ricorrente, tuttavia, trascura di considerare  che  il  regime
transitorio e' disciplinato dall'art. 21 della legge reg.  n.  6  del
2011 secondo il  quale:  «I  procedimenti  in  materia  di  attivita'
estrattiva in corso alla data di entrata  in  vigore  della  presente
legge sono conclusi dall'Amministrazione  regionale  in  applicazione
della normativa previgente». 
    Ne consegue che  la  questione  proposta  avrebbe  dovuto  essere
riferita al citato art. 21 e non gia' a quello oggetto  del  presente
giudizio di costituzionalita'. 
    L'inesatta indicazione della norma oggetto di  censura  comporta,
per  costante  giurisprudenza   di   questa   Corte,   la   manifesta
inammissibilita' della questione (ex plurimis ordinanze nn. 335 e 248
del 2010 e n. 92 del 2009). 
    4.-- La seconda questione promossa dal Presidente  del  Consiglio
dei ministri attiene all'art. 24 della legge reg. n. 6 del  2011  che
ha modificato l'art. 18 della  legge  reg.  15  maggio  2002,  n.  13
(Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2002), aggiungendo  al
comma  26  la  lettera  c-ter)  che  prevede,  con  riferimento  alla
disciplina  degli  scarichi,  l'assimilazione   alle   acque   reflue
domestiche delle acque utilizzate per scopi geotermici che non  siano
state utilizzate nell'ambito dei cicli produttivi e che  non  abbiano
subito trattamenti chimici. 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei  ministri  la  disciplina
delle attivita' estrattive e  delle  risorse  geotermiche,  afferendo
necessariamente alla  tutela  dell'ambiente,  sarebbe  di  competenza
legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. Inoltre, la norma impugnata si  porrebbe  in
contrasto anche l'art. 144, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale). 
    5.-- La questione non e' fondata. 
    La  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  ha  esercitato  la
propria competenza  legislativa  in  conformita'  a  quanto  previsto
dall'art. 101, comma 7, lettera e), del d.lgs. n. 152 del 2006,  che,
nell'individuare i criteri generali della disciplina  degli  scarichi
delle acque, espressamente prevede che la normativa  regionale  possa
assimilare alle acque reflue domestiche le  altre  acque  reflue  che
abbiano caratteristiche qualitative ad esse equivalenti. 
    La  norma   censurata   si   limita   ad   equiparare,   facolta'
espressamente prevista dalla norma  statale  sopra  citata,  ai  fini
della disciplina  degli  scarichi,  le  acque  utilizzate  per  scopi
geotermici - che non siano state  utilizzate  nell'ambito  dei  cicli
produttivi e che non abbiano subito trattamenti chimici - alle  acque
reflue domestiche. 
    Poiche' non e' irragionevole ritenere che tale tipologia di acque
presenti caratteristiche equivalenti  a  quella  delle  acque  reflue
domestiche - ne', comunque, il ricorrente ha fornito argomenti atti a
comprovare l'erroneita' di tale equiparazione -  si  deve  concludere
che  legittimamente  la  Regione  ne  ha   assimilato   la   relativa
disciplina. 
    Ad ulteriore riprova della equivalenza di questo  tipo  di  acque
con quelle domestiche deve considerarsi che l'art. 104 del d.lgs.  n.
152 del 2006, nel vietare lo scarico diretto nelle acque  sotterranee
e nel sottosuolo, prevede che possano  essere  escluse  dal  suddetto
divieto,  tra  le  altre,  proprio  le  acque  utilizzate  per  scopi
geotermici. 
    Lo stesso legislatore  statale,  dunque,  esclude  che  le  acque
utilizzate  per  scopi  geotermici  presentino   rischi   di   natura
ambientale e addirittura giunge a prevedere che  le  stesse  possano,
«dopo indagine preventiva», essere reimmesse direttamente in falda. 
    In ogni caso, giova ripetere  che  il  legislatore  regionale  ha
espressamente limitato la portata dell'equiparazione alle sole  acque
utilizzate  per  scopi  geotermici  che  non  siano  state  impiegate
nell'ambito dei cicli produttivi e che non abbiano subito trattamenti
chimici. 
  
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
  
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 1 della  legge  della  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia 19 maggio 2011, n. 6 (Disposizioni  in  materia
di  attivita'  estrattive  e  risorse  geotermiche),   promossa,   in
riferimento  all'articolo  117,  secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione, dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  il
ricorso indicato in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  24  della  legge  della  Regione  autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  n.  6  del  2011,  promossa,  in  riferimento
all'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione,  dal
Presidente del Consiglio dei ministri  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 aprile 2012. 
  
                       Il Presidente: Quaranta 
  
  
                      Il Redattore: Napolitano 
  
  
                       Il Cancelliere: Melatti 
  
    Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2012. 
  
               Il Direttore della Cancelleria: Melatti