N. 108 SENTENZA 16 - 26 aprile 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Lavoro - Formazione professionale - Norme  della  Regione  Toscana  -
  Attivita'  di  panificazione  -  Previsione  che  il   responsabile
  dell'attivita'  produttiva   sia   assoggettato   alla   formazione
  obbligatoria entro il termine di sei mesi,  estensibile  a  dodici,
  dalla segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA),  nonche'
  all'aggiornamento obbligatorio periodico con cadenza quinquennale -
  Sanzioni pecuniarie  per  il  mancato  rispetto  degli  obblighi  -
  Ricorso del Governo - Autorizzazione  del  Consiglio  dei  ministri
  all'impugnazione - Necessita' -  Mancanza  in  relazione  a  talune
  delle disposizioni  censurate  -  Inammissibilita'  delle  relative
  questioni. 
- Legge della Regione Toscana 6 maggio 2011, n. 18, artt. 3, comma 5,
  5, commi 4 e 5, e 6, comma 4. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; d.l. 4  luglio  2006,  n.  223
  (convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248) art 4. 
Lavoro - Formazione professionale - Norme  della  Regione  Toscana  -
  Attivita'  di  panificazione  -  Previsione  che  il   responsabile
  dell'attivita'  produttiva   sia   assoggettato   alla   formazione
  obbligatoria entro il termine di sei mesi,  estensibile  a  dodici,
  dalla segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA),  nonche'
  all'aggiornamento obbligatorio periodico con cadenza quinquennale -
  Sanzioni pecuniarie  per  il  mancato  rispetto  degli  obblighi  -
  Ricorso del Governo - Deduzioni svolte dall'Avvocatura dello  Stato
  con la memoria conclusiva - Divieto  di  introdurre  nuove  censure
  dopo l'esaurimento del termine perentorio per impugnare le leggi in
  via principale - Ammissibilita' delle censure solo  nei  limiti  in
  cui svolgono argomenti a sostegno dell'impugnativa. 
- Legge della Regione Toscana 6 maggio 2011, n. 18, artt. 3, comma 5,
  5, commi 4 e 5, e 6, comma 4. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; d.l. 4  luglio  2006,  n.  223
  (convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248) art 4. 
Lavoro - Formazione professionale - Norme  della  Regione  Toscana  -
  Attivita'  di  panificazione  -  Previsione  che  il   responsabile
  dell'attivita'  produttiva   sia   assoggettato   alla   formazione
  obbligatoria entro  il  termine  di  sei  mesi  dalla  segnalazione
  certificata di inizio attivita' (SCIA),  nonche'  all'aggiornamento
  obbligatorio  periodico  con  cadenza   quinquennale   -   Sanzioni
  pecuniarie per il mancato rispetto degli  obblighi  -  Ricorso  del
  Governo - Asserito contrasto con  la  normativa  statale,  che  non
  prevede requisiti per  lo  svolgimento  dell'attivita'  -  Asserita
  violazione di un principio fondamentale nella  materia  concorrente
  delle  professioni  -  Insussistenza  -  Ascrizione   delle   norme
  impugnate alla competenza legislativa residuale  delle  Regioni  in
  materia  di  formazione  professionale  -  Non   fondatezza   della
  questione. 
- Legge della Regione Toscana 6 maggio 2011, n. 18, artt. 3, commi  2
  e 3, e 5, comma 3. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; d.l. 4  luglio  2006,  n.  223
  (convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248) art 4. 
(GU n.18 del 2-5-2012 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici : Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli  3,  commi
2, 3 e 5; 5, commi 3, 4 e 5; 6, comma 4, della  legge  della  Regione
Toscana 6 maggio 2011, n. 18 (Norme  in  materia  di  panificazione),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 12-18 luglio 2011,  depositato  in  cancelleria  il  20
luglio 2011, ed iscritto al n. 71 del registro ricorsi 2011. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  22  febbraio  2012  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Paolo Marchini per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Marcello Cecchetti per la Regione
Toscana. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 12-18 luglio 2011 e  depositato  il
successivo 20 luglio (reg. ric. n. 71 del  2011)  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  promosso  questione   di   legittimita'
costituzionale degli articoli 3, commi 2, 3 e 5; 5, commi 3, 4  e  5;
6, comma 4, della legge della Regione Toscana 6 maggio  2011,  n.  18
(Norme in materia di panificazione), in riferimento all'articolo 117,
terzo comma, della Costituzione. 
    La legge impugnata si ricollega dichiaratamente  all'art.  4  del
decreto-legge 4 luglio 2006, n.  223  (Disposizioni  urgenti  per  il
rilancio  economico   e   sociale,   per   il   contenimento   e   la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia
di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito in legge,
con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248,  norma  recante
disposizioni  urgenti  per  la  liberalizzazione  dell'attivita'   di
produzione di pane, e viene censurata nella parte in  cui  disciplina
la posizione del responsabile dell'attivita' produttiva. 
    Secondo l'art. 4 del d.l. n. 223 del 2006 «L'impianto di un nuovo
panificio  ed  il  trasferimento  o  la  trasformazione  di  panifici
esistenti sono soggetti a dichiarazione  di  inizio  attivita'»,  che
«deve essere corredata  (...)  dall'indicazione  del  nominativo  del
responsabile dell'attivita' produttiva, che  assicura  l'utilizzo  di
materie prime in conformita' alle norme vigenti,  l'osservanza  delle
norme igienico-sanitarie e di sicurezza dei luoghi  di  lavoro  e  la
qualita' del prodotto finito». 
    Dal canto  suo,  l'art.  3,  comma  2,  impugnato  assoggetta  il
responsabile  dell'attivita'  produttiva  a  formazione  obbligatoria
entro il termine di sei mesi dall'indicazione del suo nominativo  per
mezzo della denuncia di inizio  attivita'  (oggi  SCIA,  segnalazione
certificata di inizio attivita') (termine che, ai sensi dell'art.  6,
comma 4, diviene di dodici mesi per  chi  abbia  maturato  esperienza
professionale) e dispone che la formazione sia garantita  dal  datore
di lavoro entro il medesimo termine. 
    Il comma 3 dello stesso articolo prevede l'esenzione dall'obbligo
a  favore  di  chi  abbia  gia'  conseguito,  in  materie   attinenti
all'attivita' di panificazione un diploma, un attestato di qualifica,
o la qualifica professionale a seguito di apprendistato, ovvero abbia
prestato attivita' lavorativa nel settore. 
    Il comma 5 fa seguire  la  formazione  iniziale  da  un'attivita'
periodica di aggiornamento professionale della durata minima di venti
ore. 
    Infine,  l'art.  5,  commi  3,  4  e  5,  commina  una   sanzione
amministrativa pecuniaria al responsabile  dell'attivita'  produttiva
che non ottemperi alle precedenti prescrizioni. 
    Lo Stato ritiene che tali disposizioni invadano la sua competenza
a  determinare  i   principi   fondamentali   della   materia   delle
"professioni", che ha carattere concorrente ai sensi  dell'art.  117,
terzo  comma,  Cost.  In  particolare,  sarebbe  leso  il   principio
formulato per mezzo dell'art. 4, comma 2, del d.l. n. 223  del  2006,
«il quale, nel disciplinare la figura del responsabile dell'attivita'
produttiva, non prevede l'obbligo di alcun requisito, ma solamente la
necessita'   dell'indicazione    del    nominativo    dello    stesso
contestualmente alla segnalazione di inizio attivita'». 
    Le  norme  impugnate  recherebbero,  invece,   l'indicazione   di
specifici requisiti per l'esercizio della professione di responsabile
dell'attivita' produttiva, costituiti  dalla  formazione  iniziale  e
dall'aggiornamento  periodico,  cosi'   esulando   dalla   sfera   di
competenza legislativa regionale. 
    2.- Si e' costituita in giudizio la  Regione  Toscana,  chiedendo
che la questione sia dichiarata non fondata. 
    La  Regione  ritiene  che   le   disposizioni   impugnate   siano
ascrivibili alla materia, affidata alla propria potesta'  legislativa
residuale, concernente la  formazione  professionale  e  l'"attivita'
produttiva" e a quella concorrente in tema  di  "igiene  e  sanita'",
giacche' riguardano l'acquisizione di competenze  nel  settore  della
panificazione,  anche  allo  scopo  di  garantire  la  qualita'   del
prodotto. 
    Infatti,   prosegue   la   Regione,   ai   fini    dell'esercizio
dell'attivita' professionale e' sufficiente, secondo  quanto  prevede
la  normativa  statale,  la  sola  indicazione  del  nominativo   del
responsabile, cui tale  attivita'  non  viene  preclusa  per  effetto
dell'obbligo  formativo  e  di  aggiornamento:   l'inadempimento   di
quest'ultimo comporta non gia' un divieto  di  operare,  ma  la  sola
applicazione di una sanzione pecuniaria. 
    3.-  Nell'imminenza  dell'udienza  pubblica,  l'Avvocatura  dello
Stato ha depositato una memoria, insistendo  per  l'accoglimento  del
ricorso. 
    In particolare, l'Avvocatura ai  rilievi  contenuti  nel  ricorso
aggiunge che, in violazione degli artt. 2, comma 1, e 3, comma 1, del
decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 30 (Ricognizione dei principi
fondamentali in materia di  professioni,  ai  sensi  dell'articolo  1
della L. 5 giugno 2003, n. 131), i commi 2  e  3  dell'art.  3  della
legge regionale «si  pongono  inoltre  in  contrasto  con  altri  due
principi fondamentali»: quello della liberta' professionale e  quello
della tutela della concorrenza e del mercato. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di
legittimita' costituzionale degli articoli 3, commi  2,  3  e  5;  5,
commi 3, 4 e 5; 6, comma 4,  della  legge  della  Regione  Toscana  6
maggio  2011,  n.  18  (Norme  in  materia  di   panificazione),   in
riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione. 
    La legge impugnata si ricollega all'art. 4  del  decreto-legge  4
luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e
sociale, per il  contenimento  e  la  razionalizzazione  della  spesa
pubblica, nonche' interventi in materia di  entrate  e  di  contrasto
all'evasione fiscale), convertito in legge, con modificazioni,  dalla
legge 4 agosto 2006, n. 248, norma recante disposizioni  urgenti  per
la liberalizzazione dell'attivita' di produzione di  pane.  Con  tale
disposizione sono stati assoggettati a denuncia di  inizio  attivita'
(espressione da  intendersi  oggi  sostituita  con  quella  di  SCIA,
segnalazione certificata di inizio attivita', ai sensi dell'art.  49,
comma 4-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78) l'apertura,  il
trasferimento e la trasformazione del panificio,  aggiungendo  (comma
2) che la segnalazione va corredata, tra l'altro,  con  l'indicazione
del  nominativo  del  responsabile  dell'attivita'  produttiva,   che
assicura l'utilizzazione di materie prime in conformita'  alle  norme
vigenti, l'osservanza delle norme igienico-sanitarie e  di  sicurezza
dei luoghi di lavoro e la qualita' del prodotto finito. 
    Come e' stato indicato  nel  preambolo,  la  legge  regionale  in
questione ha inteso «valorizzare l'attivita' di panificazione con  la
previsione,  per  i  responsabili  dell'attivita'  produttiva,  della
partecipazione obbligatoria a corsi di formazione e di  aggiornamento
professionale»; a tal fine, l'art. 3,  comma  2,  della  legge  della
Regione  Toscana  n.  18  del  2011  prevede  che   il   responsabile
dell'attivita' produttiva  sia  soggetto  a  formazione  obbligatoria
entro il termine massimo di sei mesi dalla  segnalazione  certificata
di inizio attivita', e che il datore di  lavoro  ne  garantisca  tale
formazione nel medesimo termine, salvo che  ricorrano  le  condizioni
esimenti indicate al successivo comma 3. 
    L'art. 6, comma 4, estende, a talune condizioni, il termine sopra
indicato a dodici mesi. 
    L'art.  3,  comma  5,  introduce   l'obbligo   di   aggiornamento
professionale con cadenza quinquennale, mentre l'art. 5, commi 3, 4 e
5, commina una sanzione amministrativa pecuniaria  a  coloro  che  si
siano sottratti agli obblighi appena ricordati. 
    Il ricorrente reputa che tali disposizioni individuino la  figura
professionale  del   responsabile   dell'attivita'   produttiva   del
panificio  e  costituiscano  pertanto  una  violazione  dei  principi
fondamentali della materia legislativa, a riparto concorrente,  delle
"professioni" (art. 117, terzo comma, Cost.), la cui formulazione  e'
riservata allo Stato. In particolare, esse si porrebbero in contrasto
con la norma interposta contenuta nell'art. 4 del  d.l.  n.  223  del
2006,  «il  quale,  nel  disciplinare  la  figura  del   responsabile
dell'attivita' produttiva, non prevede l'obbligo di alcun requisito». 
    2.-  In   via   preliminare,   questa   Corte   deve   dichiarare
l'inammissibilita' delle questioni aventi ad oggetto l'art. 3,  comma
5, l'art. 5, commi 4 e 5, e l'art. 6, comma 4, giacche' il  Consiglio
dei ministri, cui compete tale prerogativa (sentenza n. 533 del 2002;
da  ultimo,  sentenza  n.  269  del   2010),   non   ha   autorizzato
l'impugnazione di queste norme. L'odierno  giudizio,  pertanto,  cade
esclusivamente sull'art. 3, commi 2 e 3,  e  sull'art.  5,  comma  3,
ovvero sulle norme  indicate  nella  relazione  del  Ministro  per  i
rapporti con le Regioni  e  per  la  coesione  territoriale,  cui  ha
rinviato la delibera del Consiglio  dei  ministri  di  autorizzazione
alla proposizione del ricorso. 
    3.- Sempre in via  preliminare,  va  rilevato  che  le  deduzioni
svolte dall'Avvocatura dello Stato solo con  la  memoria  conclusiva,
depositata nell'imminenza dell'udienza pubblica,  non  sono  tali  da
costituire autonomo profilo di censura  delle  norme  impugnate,  con
riferimento alla competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
tutela della  concorrenza.  Esse,  piuttosto,  svolgono  argomenti  a
sostegno dell'impugnativa basata sulla  violazione  della  competenza
statale relativa alle professioni, e  solo  entro  tali  limiti  sono
ammissibili, non potendo la parte ricorrente introdurre nuove censure
dopo l'esaurimento del termine perentorio assegnato per impugnare  in
via principale le leggi. 
    4.- La questione non e' fondata, perche' le norme impugnate  sono
da ascrivere alla competenza legislativa residuale della  Regione  in
materia di formazione professionale e non, come sostiene lo Stato,  a
quella concorrente in materia di professioni. 
    E' noto che l'attivita' di  «addestramento  del  lavoratore,  per
iniziativa  di  un  soggetto  pubblico   e   fuori   dall'ordinamento
universitario,  finalizzato  precipuamente   all'acquisizione   delle
cognizioni necessarie  all'esercizio  di  una  particolare  attivita'
lavorativa» (sentenza n. 250  del  2009),  inerisce  tradizionalmente
alle competenze delle autonomie territoriali, ed e' stata oggetto  di
legislazione regionale  finanche  anteriormente  alla  revisione  del
Titolo V della Parte II della Costituzione. 
    Gia' la legge 21 dicembre 1978, n. 845 (Legge-quadro  in  materia
di formazione professionale) aveva accolto, anche  a  tal  fine,  una
nozione estremamente ampia di formazione professionale,  intesa  come
l'insieme  degli  interventi  «finalizzati  alla   diffusione   delle
conoscenze  teoriche  e  pratiche  necessarie  per   svolgere   ruoli
professionali e rivolti al primo  inserimento,  alla  qualificazione,
alla riqualificazione, alla specializzazione, all'aggiornamento ed al
perfezionamento  dei  lavoratori,  in   un   quadro   di   formazione
permanente» (art. 2, comma 1). In seguito,  l'art.  141  del  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli  enti  locali,  in
attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997,  n.  59),  al  fine  di
ripartire  le  funzioni  amministrative  in  materia  di   formazione
professionale tra livelli di governo, ha  ulteriormente  ampliato  la
definizione della materia, affermando che «agli effetti del  presente
decreto legislativo, per "formazione  professionale"  si  intende  il
complesso degli interventi volti al primo  inserimento,  compresa  la
formazione tecnico professionale superiore, al perfezionamento,  alla
riqualificazione e  all'orientamento  professionali,  ossia  con  una
valenza prevalentemente operativa, per qualsiasi attivita' di  lavoro
e per qualsiasi finalita', compresa  la  formazione  impartita  dagli
istituti professionali, nel cui ambito non funzionano corsi di studio
di durata quinquennale per il conseguimento del diploma di istruzione
secondaria superiore, la formazione continua, permanente e ricorrente
e quella conseguente a riconversione di attivita'  produttive.  Detti
interventi  riguardano  tutte  le  attivita'   formative   volte   al
conseguimento di una qualifica, di un diploma di qualifica  superiore
o  di  un  credito  formativo,  anche  in  situazioni  di  alternanza
formazione-lavoro. Tali interventi non consentono il conseguimento di
un titolo di studio o di diploma di istruzione secondaria  superiore,
universitaria  o  post-universitaria  se  non  nei  casi  e   con   i
presupposti previsti dalla legislazione dello Stato o comunitaria, ma
sono  comunque  certificabili  ai  fini  del  conseguimento  di  tali
titoli». 
    Con l'entrata in vigore della revisione costituzionale  dell'art.
117  Cost.,  la  formazione  professionale  e'  divenuta  oggetto  di
potesta' legislativa residuale delle  Regioni  (sentenza  n.  50  del
2005; in seguito, tra le altre, sentenze n. 269 del 2010, n. 250  del
2009, n.  213  del  2009,  n.  328  del  2006).  Il  nucleo  di  tale
competenza, che in linea di principio non puo'  venire  sottratto  al
legislatore regionale, percio' - al di fuori del  sistema  scolastico
secondario  superiore,  universitario  e  post-universitario  -  cade
sull'addestramento   teorico   e   pratico   offerto   o   prescritto
obbligatoriamente (sentenza n. 372 del 1989) al lavoratore o comunque
a chi aspiri al  lavoro:  in  tal  modo,  la  sfera  di  attribuzione
legislativa regionale di carattere residuale viene a distinguersi sia
dalla competenza concorrente in materia di  istruzione  (sentenza  n.
309 del 2010), sia da quella,  anch'essa  ripartita,  in  materia  di
professioni  (art.  117,  terzo  comma,  Cost.),  nel  quadro   della
esclusiva   potesta'   statale   di   dettare   le   norme   generali
sull'istruzione (art. 117, secondo comma, lettera n, Cost.). 
    In base al ricorso, la materia relativa alle "professioni" e'  la
sola con cui questa Corte deve confrontare le disposizioni impugnate,
per valutare se sussista una sfera di intervento legislativo  statale
opponibile alla competenza residuale delle Regioni (sentenza  n.  282
del 2002), e non e' la prima volta che  e'  stata  la  giurisprudenza
costituzionale a doverne definire i confini nel rapporto con l'ambito
proprio della formazione professionale. 
    Il punto di partenza da cui muove il ricorso statale e' in  linea
astratta corretto, giacche' non e' dubbio che  spetti  alla  potesta'
legislativa dello Stato individuare le figure  professionali,  con  i
relativi profili e ordinamenti didattici,  e  di  formulare  cosi'  i
principi fondamentali della materia  "professioni",  dai  quali  puo'
svilupparsi la legislazione regionale di dettaglio (sentenza  n.  353
del 2003; in seguito, tra le altre, sentenze n. 77 del 2011,  n.  132
del 2010, n. 139 del 2009, n. 93 del 2008, n. 459 del  2005,  n.  319
del 2005). Al riguardo questa Corte ha precisato che il nucleo  della
potesta' statale «si colloca nella fase  genetica  di  individuazione
normativa  della  professione:  all'esito  di  essa  una  particolare
attivita' lavorativa assume un tratto che la distingue da ogni  altra
e  la  rende  oggetto  di  una  posizione   qualificata   nell'ambito
dell'ordinamento giuridico, di cui si rende espressione, con funzione
costitutiva, l'albo» (sentenza n. 230 del 2011).  Ove,  pertanto,  la
legge definisca i tratti costitutivi  peculiari  di  una  particolare
attivita' professionale e le modalita' di accesso ad essa, in difetto
delle quali ne e' precluso l'esercizio, l'intervento legislativo  non
si colloca nell'ambito materiale della formazione professionale,  ma,
semmai, lo precede (sentenze n. 300 del 2007 e n. 449 del 2006).  Una
volta, invece, che la legge statale abbia dato  vita  ad  un'autonoma
figura professionale «non si spiega  per  quale  motivo  le  Regioni,
dotate di potesta' primaria in materia di  formazione  professionale,
non possano regolare corsi di formazione  relativi  alle  professioni
(...) gia' istituite dallo Stato» (sentenza n. 271 del  2009),  fermo
restando che  l'esercizio  di  tale  attribuzione  regionale  non  e'
necessariamente subordinato a siffatto requisito preliminare, ma puo'
venire realizzato nell'interesse formativo di  qualunque  lavoratore,
anche al  di  fuori  di  un  tipico  inquadramento  professionale  di
quest'ultimo,  purche'  con  cio'  non  si  dia  vita  ad  una  nuova
professione, rilevante in quanto tale nell'ordinamento giuridico. 
    Alla competenza legislativa regionale relativa  alla  previsione,
organizzazione e disciplina dei corsi formativi si  accompagna,  come
di consueto (sentenza n. 116 del 2006), la potesta' di sanzionare  in
via amministrativa la violazione degli obblighi che ne conseguono. 
    Cio' premesso, appare chiaro che le norme impugnate non solo  non
hanno per oggetto l'individuazione di un  profilo  professionale,  ma
neppure cumulano illegittimamente requisiti di accesso  all'attivita'
di responsabile della produzione del  panificio,  rispetto  a  quanto
richiesto  dall'art.  4  del  d.l.  n.  223  del  2006,  e  tantomeno
richiedono condotte tali che,  in  assenza  di  esse,  verrebbe  meno
l'effetto abilitante prodotto dalla sola segnalazione certificata  di
inizio attivita', cosa che sarebbe invece preclusa alla  legislazione
regionale (sentenza n. 82 del 1997). 
    Ferma infatti la facolta' di esercitare  l'attivita'  in  ragione
della sola segnalazione prevista dall'art. 4  del  d.l.  n.  223  del
2006, e dunque in conformita'  alla  norma  interposta  nel  presente
giudizio, il responsabile  dell'attivita'  produttiva  e'  tenuto  ad
assoggettarsi a formazione professionale entro un  termine  (art.  3,
commi 2 e 3, della legge impugnata), compiuto il quale il legislatore
regionale,  in  mancanza  della   formazione,   non   ha   interdetto
l'ulteriore esercizio della professione,  ma  ha  solo  comminato  la
sanzione amministrativa  pecuniaria  di  cui  all'art.  5,  comma  3,
impugnato, in tal modo osservando pienamente i  limiti  propri  della
competenza residuale. 
    Cosi'  disponendo,  la  legge  regionale  ha  lo  scopo  sia   di
assicurare una formazione professionale costante  nell'interesse  del
lavoratore, sia di garantire per mezzo di quest'ultima,  cui  infatti
e' stato conferito carattere obbligatorio,  la  tutela  di  interessi
connessi all'osservanza delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza
sul luogo  di  lavoro,  appartenenti  anche  alla  sfera  di  governo
decentrato (art. 117, terzo comma, Cost.). 
    All'attribuzione delle norme impugnate alla competenza  residuale
regionale in materia di  formazione  professionale  consegue  la  non
fondatezza della questione prospettata con l'odierno  ricorso,  senza
che  occorra  considerare  le  ulteriori   attribuzioni   legislative
indicate dalla difesa della Regione Toscana  come  appartenenti  alla
competenza regionale e concernenti "igiene e  sanita'"  e  "attivita'
produttive" (materia, quest'ultima,  in  ogni  caso  non  contemplata
dall'attuale riparto delle competenze legislative:  sentenza  n.  165
del 2007). 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale degli articoli 3, comma 5; 5, commi 4 e 5; 6, comma 4,
della legge della Regione Toscana 6 maggio  2011,  n.  18  (Norme  in
materia di panificazione), promossa, in riferimento all'articolo 117,
terzo comma, della Costituzione, dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con il ricorso indicato in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale degli articoli 3, commi 2 e 3, e  5,  comma  3,  della
legge della Regione Toscana n. 18 del 2011, promossa, in  riferimento
all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del
Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 aprile 2012. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                       Il Redattore: Lattanzi 
 
 
                       Il Cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2012. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti