N. 118 SENTENZA 7 - 10 maggio 2012

Giudizio su conflitto di attribuzione tra Enti. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Nota del Ministero dell'economia e
  delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello  Stato,
  avente ad oggetto : "Patto di stabilita' interno per  l'anno  2011.
  Proposta di accordo per  la  Regione  Sardegna"  -  Richiesta  alla
  Regione di riformulazione della proposta regionale  in  termini  di
  maggiore conformita' al quadro legislativo vigente in tema di patto
  di stabilita' interno, in  relazione  al  profilo  specifico  della
  necessita'   di   garantire   l'equilibrio   tra   fabbisogno    ed
  indebitamento  netto  -  Ricorso  per  conflitto  di   attribuzione
  proposto  dalla  Regione  Sardegna  -  Denunciata  violazione   dei
  principi di leale collaborazione, di  autonomia  finanziaria  delle
  Regioni a statuto speciale, di potesta'  concorrente  regionale  in
  tema di coordinamento della finanza pubblica e di  copertura  delle
  spese - Difetto del presupposto essenziale  della  configurabilita'
  astratta del conflitto - Inammissibilita' del conflitto. 
- Nota del Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,  Dipartimento
  della Ragioneria generale dello Stato, del 7 giugno 2011, n. 50971. 
- Costituzione, artt. 3, 5, 81, quarto  comma,  114,  secondo  comma,
  117, 118, primo e secondo comma,  e  119;  statuto  speciale  della
  Regione Sardegna, artt. 3, 7, 8 e 54. 
(GU n.20 del 16-5-2012 )
  


				 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 

 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici :Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
  
      
ha pronunciato la seguente 


				 
                              Sentenza 

 
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto  a  seguito
della nota del Ministero dell'economia e delle finanze,  Dipartimento
della Ragioneria generale dello Stato del 7 giugno  2011,  n.  50971,
avente ad oggetto: «Patto di  stabilita'  interno  per  l'anno  2011.
Proposta di accordo per la Regione Sardegna», promosso dalla  Regione
autonoma  Sardegna,  con  ricorso  notificato  il  5   agosto   2011,
depositato in cancelleria il 19 agosto 2011, ed iscritto al n. 8  del
registro conflitti tra enti 2011. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  14  febbraio  2012  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi l'avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna
e l'avvocato  dello  Stato  Barbara  Tidore  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 


				 
                          Ritenuto in fatto 

 
    1. - Con ricorso notificato in data 5  agosto  2011,  la  Regione
autonoma  Sardegna  ha  sollevato  conflitto  di   attribuzione   nei
confronti del Ministro dell'economia e  delle  finanze  in  relazione
alla Nota del Ministero dell'economia e delle  finanze,  Dipartimento
della Ragioneria generale dello Stato del 7 giugno  2011,  n.  50971,
avente ad oggetto: «Patto di  stabilita'  interno  per  l'anno  2011.
Proposta di accordo per la Regione Sardegna», a firma del  Ragioniere
generale dello  Stato,  con  la  quale,  al  fine  di  addivenire  al
perfezionamento dell'accordo per il patto di stabilita'  interno  del
2011, si invitava la Regione autonoma Sardegna «a voler  rivedere  la
propria proposta di accordo, corredata  della  tabella  riepilogativa
indicante i limiti di spesa sia  in  termini  di  competenza  che  di
cassa». 
    1.1.  -  La  ricorrente  espone  che  con  la  suddetta  nota  la
Ragioneria generale dello Stato  aveva  respinto  la  proposta  della
Regione autonoma Sardegna, datata 30 marzo 2011,  prot.  n.  2489,  a
firma  del  Presidente  della  Regione,   indirizzata   al   Ministro
dell'economia e delle finanze ed  al  Dipartimento  della  Ragioneria
generale dello Stato, ai fini del raggiungimento dell'accordo di  cui
all'art.  l,  comma  132,  della  legge  13  dicembre  2010,  n.  220
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge di stabilita' 2011) che cosi' dispone:  «Per  gli
esercizi 2011, 2012 e 2013, le regioni a statuto speciale, escluse la
regione TrentinoAlto Adige e le province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano, concordano, entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente,
con il Ministro dell'economia e delle finanze il livello  complessivo
delle spese correnti  e  in  conto  capitale,  nonche'  dei  relativi
pagamenti, in considerazione del rispettivo  concorso  alla  manovra,
determinato ai sensi del comma 131. A tale fine, entro il 30 novembre
di ciascun anno precedente,  il  presidente  dell'ente  trasmette  la
proposta di accordo al Ministro dell'economia e  delle  finanze.  Con
riferimento all'esercizio 2011, il presidente dell'ente trasmette  la
proposta di accordo entro il  31  marzo  2011.  In  caso  di  mancato
accordo, si applicano le disposizioni  stabilite  per  le  regioni  a
statuto ordinario». 
    Il comma 131 dello  stesso  articolo  recita  a  sua  volta:  «La
ripartizione del concorso alla manovra finanziaria  delle  regioni  a
statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, di
cui all'articolo 14, comma 1, lettera b), del decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122, e' determinata, per ciascuno degli anni  2011,  2012  e
2013, secondo le modalita' indicate nella  tabella  1  allegata  alla
presente legge». 
    La Regione autonoma Sardegna, nella propria proposta,  dopo  aver
premesso che, al fine di correggere le  modalita'  di  calcolo  delle
quote di compartecipazione che l'avevano penalizzata in passato,  era
stato  concordato  tra  Stato  e  Regione  la  revisione  del  regime
finanziario regionale (disposta dall'art. 1, comma 834,  della  legge
27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria
2007»), osservava che  la  piena  attuazione  di  tale  nuovo  regime
avrebbe richiesto che il  relativo  innalzamento  del  livello  delle
entrate fosse accompagnato da un  equo  adeguamento  del  livello  di
spesa. La Regione rammentava che gia' in passato  aveva  proposto  un
aumento graduale del livello degli impegni e dei pagamenti  rilevanti
ai fini del rispetto del patto  di  stabilita',  sebbene  poi,  nello
spirito di leale collaborazione  ed  in  considerazione  della  grave
crisi  economica   che   stava   attraversando   il   Paese,   avesse
responsabilmente deciso di concordare, anche per il 2010, un  livello
di spesa non corrispondente  all'accresciuto  livello  delle  proprie
risorse. 
    Richiamato il peculiare meccanismo dell'intesa  disciplinato  del
predetto art. l, comma 132, della legge n. 220 del 2010, proponeva in
definitiva che nel 2011 il livello complessivo degli  impegni  e  dei
pagamenti del Titolo I e del Titolo II del bilancio  regionale  fosse
pari all'obiettivo programmatico 2010 ricalcolato e ridotto dello 0,9
per cento ed ulteriormente diminuito del contributo di  cui  all'art.
l, comma 131, della legge di  stabilita'  del  2011  a  carico  della
Regione autonoma Sardegna pari ad euro 76.689.835, al netto di alcune
voci di spesa, e, correlativamente, che il livello degli impegni  del
2011 venisse fissato in euro 3.796.000.000, nonche'  che  il  livello
dei pagamenti del 2011 fosse  incrementato,  a  parziale  adeguamento
dello strutturale innalzamento del livello  delle  entrate,  di  euro
400.000.000  e  che  pertanto   lo   stesso   fosse   conclusivamente
determinato in euro 3.510.000.000. 
    1.2. - La Ragioneria generale dello Stato dava riscontro  a  tale
proposta di accordo in data  7  giugno  2011,  con  la  nota  oggetto
dell'odierno  conflitto.  In  essa  si  rispondeva,  con  particolare
riguardo alla richiesta regionale di aumentare di euro 400.000.000 il
limite dell'obiettivo programmatico per i pagamenti per l'anno  2011,
che si prendeva atto  che  la  Regione  autonoma,  in  considerazione
dell'aumento del livello delle  entrate,  conseguente  alla  modifica
statutaria, aveva ritenuto indispensabile un  parallelo  innalzamento
dei tetti di spesa stabiliti dal patto di stabilita' interno, « [...]
che  fanno  ancora  riferimento  ai  livelli  di  spesa  del   2005».
Nondimeno, proseguiva la Ragioneria generale dello Stato, « [...] pur
non sottovalutando le aspettative che la piena entrata a  regime  del
nuovo  ordinamento  finanziario  puo'  aver  indotto  sulle  maggiori
potenzialita' di  spesa  regionale  si  fa  presente  che  il  quadro
macroeconomico di finanza pubblica non ha scontato alcun  effetto  in
termini di maggior  spesa  per  cui  l'accoglimento  della  richiesta
regionale necessita di un intervento legislativo volto ad individuare
la corrispondente compensazione finanziaria in termini di  fabbisogno
e di indebitamento netto. Pertanto, in assenza  di  una  disposizione
legislativa che preveda misure compensative a  favore  della  Regione
Sardegna, si rappresenta che, in sede tecnica, non sussistono margini
per un ampliamento del livello dei pagamenti». 
    Conclusivamente, la Ragioneria generale dello Stato  invitava  la
Regione autonoma Sardegna, «al fine di addivenire al  perfezionamento
dell'accordo per il patto  di  stabilita'  interno  2011»,  a  «voler
rivedere la propria proposta  di  accordo,  corredata  della  tabella
riepilogativa  indicante  i  limiti  di  spesa  sia  in  termini   di
competenza  che  di  cassa,  sulla  base  delle  osservazioni   sopra
esposte». 
    2.  -  La  Regione  autonoma  Sardegna,   promuovendo   l'odierno
conflitto, si duole quindi che con tale nota lo Stato abbia  leso  le
proprie attribuzioni costituzionali per la violazione  del  principio
di leale collaborazione fra lo Stato e le Regioni, di cui agli  artt.
5, 117 e seguenti della Costituzione, anche in combinato disposto con
gli artt. 3, 7, 8 e 54 della legge costituzionale 26  febbraio  1948,
n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna)  e  in  riferimento  altresi'
all'art. l, comma 132, della legge n. 220 del 2010. 
    Lamenta inoltre la violazione della propria autonomia finanziaria
in riferimento ai medesimi parametri. 
    Espone in proposito la Regione ricorrente  che  l'art.  l,  comma
132, della legge n. 220 del 2010,  dando  applicazione  al  principio
costituzionale della leale collaborazione (desumibile,  fra  l'altro,
dagli artt. 5, 117, e seguenti  Cost.)  ed  a  quello  dell'autonomia
finanziaria delle Regioni ad  autonomia  speciale  (sancito,  per  la
Regione autonoma Sardegna, dall'art. 7 dello statuto e dall'art.  119
Cost.),   fissa   il   fondamentale   criterio   dell'accordo   nella
determinazione della misura del concorso  rispettivo  dello  Stato  e
delle    Regioni    ad    autonomia     speciale     alla     manovra
economico-finanziaria, con particolare riferimento alla misura  delle
spese e dei pagamenti. Se dunque non e' in contestazione  «il  potere
del legislatore statale di imporre agli enti autonomi, per ragioni di
coordinamento   finanziario   connesse   ad   obiettivi    nazionali,
condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle  politiche
di bilancio,  anche  se  questi  si  traducono,  inevitabilmente,  in
limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti» (sentenza di
questa Corte n. 82 del 2007), e che, «in via transitoria e  in  vista
degli specifici obiettivi  di  riequilibrio  della  finanza  pubblica
perseguiti dal legislatore statale»,  possono  anche  imporsi  limiti
complessivi alla crescita della spesa corrente  degli  enti  autonomi
(sentenza di questa Corte n. 36  del  2004),  ed  altresi'  che  tali
vincoli devono ritenersi applicabili anche alle  autonomie  speciali,
in considerazione dell'obbligo generale di partecipazione di tutte le
Regioni, ivi  comprese  quelle  a  statuto  speciale,  all'azione  di
risanamento della finanza pubblica (si fa riferimento  alle  sentenze
n. 416 del 1995 e, successivamente, n. 417 del 2005 e n. 353, n.  345
e n. 36 del 2004), nondimeno, tale potere deve essere contemperato  e
coordinato con la speciale autonomia in materia  finanziaria  di  cui
godono le predette Regioni, in forza  dei  loro  statuti.  Il  metodo
dell'accordo tra le  Regioni  a  statuto  speciale  ed  il  Ministero
dell'economia e delle  finanze  per  la  determinazione  delle  spese
correnti ed  in  conto  capitale,  nonche'  dei  relativi  pagamenti,
introdotto per la prima volta dalla legge 27 dicembre  1997,  n.  449
(Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), ed in seguito
dall'art. 28, comma 15, della legge 23 dicembre 1998, n. 448  (Misure
di  finanza  pubblica  per  la  stabilizzazione  e  lo  sviluppo),  e
riprodotto in tutte le leggi  finanziarie  successivamente  adottate,
fino alla legge  27  dicembre  2006,  n.  296  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2007),  deve  considerarsi  espressione  della  descritta
autonomia finanziaria e del contemperamento  di  tale  principio  con
quello del rispetto dei limiti  alla  spesa  imposti  dal  cosiddetto
patto di  stabilita'  (in  base  alla  sentenza  n.  353  del  2004),
consentendo esso di rispettare  l'autonomia  finanziaria  degli  enti
dotati di autonomia speciale. 
    Sulla scorta di tali considerazioni, ritiene  la  ricorrente  che
l'atto  statale  impugnato,  rigettando  la  proposta  della  Regione
autonoma Sardegna  ed  "invitando"  quest'ultima  a  ritirarla  ed  a
formularne un'altra, in realta'  non  fosse  altro  che  una  vera  e
propria imposizione e  quindi  che  costituisca  una  violazione  dei
coordinati  principi  della  leale  collaborazione  e  dell'autonomia
finanziaria delle  Regioni  speciali.  Con  la  suddetta  nota  -  si
prosegue - lo Stato avrebbe  negato  in  radice  la  possibilita'  di
accogliere la proposta regionale e si sarebbe sottratto al confronto,
assumendo la propria posizione come la sola plausibile. Ne',  secondo
la Regione, avrebbe fondamento l'obiezione della Ragioneria  generale
dello  Stato  che   evidenziava   l'inesistenza   di   previe   leggi
soddisfattive degli interessi della Regione, in quanto - si obietta -
il processo negoziato di determinazione dei contenuti  del  patto  di
stabilita' interno comporta l'adozione sia di atti amministrativi che
di atti legislativi, come dimostra anche il  decreto-legge  6  luglio
2011,  n.  98,   (Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, nella  legge  15  luglio
2011, n. 111, che, pur non avendo a sua volta tenuto conto di  quanto
previsto dall'art. 8 dello Statuto della Regione  autonoma  Sardegna,
all'art. 20 ha definito le  procedure  di  determinazione  del  nuovo
patto di stabilita' interno e il concorso delle Regioni al  patto  in
termini di fabbisogno e di indebitamento netto. Quindi,  prosegue  la
ricorrente, la  natura,  amministrativa  o  legislativa,  degli  atti
determinativi del contenuto del patto non potrebbe avere  in  realta'
alcun rilievo, poiche' il principio dell'accordo deve essere comunque
rispettato. In ogni caso, al di la' di quanto osservato  in  generale
sul  procedimento  di  definizione  dei  contenuti   del   patto   di
stabilita', nel caso specifico della definizione  dei  livelli  delle
spese e dei pagamenti delle Regioni ad autonomia speciale,  ai  sensi
dell'art.  l,   comma   132,   della   legge   n.   220   del   2010,
l'intermediazione legislativa -  al  fine  della  determinazione  del
tetto di spesa delle Regioni ad  autonomia  speciale  -  non  sarebbe
necessaria, poiche', come risulta dalla stessa lettera della norma di
legge, cio' che e' necessario e sufficiente e'  il  semplice  accordo
tra la Regione ed il Ministro dell'economia e delle finanze. 
    Evidenzia inoltre la ricorrente che l'art. 8 dello statuto  della
Regione autonoma Sardegna, come  novellato  (ai  sensi  dell'art.  54
dello statuto) dall'art. l, comma 834, della legge n. 296  del  2006,
nell'individuare quali siano le entrate regionali declina  un  regime
finanziario ben piu'  favorevole  di  quello  precedente  (introdotto
dall'art. l della legge 13 aprile 1983, n. 122, recante «Norme per il
coordinamento della finanza della regione  Sardegna  con  la  riforma
tributaria  e  finanziamento  del  decreto   del   Presidente   della
Repubblica 7 giugno 1979, n. 259, e del decreto del Presidente  della
Repubblica  19  giugno  1979,  n.  348;  e  disposizioni  in  materia
finanziaria per la regione Friuli-Venezia Giulia»),  determinando  un
aumento delle entrate regionali. Nondimeno, si prosegue, tali entrate
non sono state ancora formalmente  quantificate  ne'  conferite  alla
Regione. Cio' non  toglie,  pero',  che  esse  siano  statutariamente
previste e che, nel procedimento di  leale  costruzione  dell'accordo
previsto dall'art. l, comma 132, della legge n. 220 del 2010, di tali
entrate lo Stato doveva tenerne conto. Non avendolo fatto,  lo  Stato
avrebbe cosi' determinato una violazione  specificamente  qualificata
degli invocati  principi  di  leale  collaborazione  e  di  autonomia
finanziaria delle Regioni a statuto  speciale,  con  incidenza  anche
sull'assolvimento dei compiti spettanti in particolare  alla  Regione
autonoma Sardegna (ivi compresi quelli di sua  esclusiva  competenza,
ai  sensi  dell'art.  3  dello  stesso  statuto),  assolvimento   cui
l'incremento delle entrate  disposto  dalla  novella  statutaria  era
funzionale. 
    Risulterebbe violato altresi', in tal modo, anche l'art. 54 dello
statuto. Esso, infatti, non consente deroghe all'art. 8 dello statuto
medesimo (e comunque alle norme di cui  al  Titolo  III)  neppure  al
legislatore statale, che  puo'  soltanto  modificarlo,  ma  sempre  e
solamente dopo aver sentito la Regione. 
    2.1. - La ricorrente lamenta l'ulteriore violazione dei  principi
di leale collaborazione e  di  autonomia  finanziaria  della  Regione
autonoma Sardegna con riguardo all'art.  8  dello  statuto,  come  da
ultimo modificato, ai sensi del  successivo  art.  54,  dall'art.  l,
comma 834, della legge n. 296 del 2006,  anche  in  riferimento  agli
artt. 3 e 7 del medesimo statuto, al principio di  ragionevolezza  di
cui all'art. 3 Cost. ed agli artt. 81, quarto comma, 114, 117,  terzo
comma, 118 e 119 Cost. 
    Secondo la Regione la  nota  in  questione,  avendo  respinto  la
proposta di patto di stabilita'  da  essa  formulata,  invitandola  a
mantenere  le  spese  regionali  rilevanti  ai  fini  del  patto   di
stabilita' al livello precedente  alla  modifica  dell'art.  8  dello
statuto, avrebbe imposto  alla  Regione  di  proporre  un'ipotesi  di
accordo che  mantenesse  fermo  il  livello  delle  entrate  relativo
all'esercizio  di  bilancio  2005,  livello  al   quale   e'   ancora
attualmente parametrato il tetto di  spesa  stabilito  dal  patto  di
stabilita'.  In  tal  modo,  lo   Stato   avrebbe   leso   la   sfera
dell'autonomia costituzionalmente attribuita  alla  Regione  autonoma
Sardegna. 
    La ricorrente rammenta che, proprio in seguito al  riconoscimento
da  parte  dello  Stato  della  palese   insufficienza   del   quadro
finanziario delle entrate regionali, si era addivenuti  alla  seconda
modifica all'art. 8 dello statuto, disposta appunto con la  legge  n.
296 del 2006. Parimenti, anche la stessa nota impugnata, sia pur  con
evidente  contraddizione,  aveva  ammesso  l'incoerenza  del   quadro
attuale delle entrate e  delle  spese  regionali  con  la  previsione
statutaria. Essa quindi risulta censurabile anche in  riferimento  al
principio di ragionevolezza di cui all'art.  3  Cost.,  per  l'intima
contraddittorieta' che l'affligge. Sottraendosi  al  leale  confronto
con la Regione, lo Stato avrebbe anche violato direttamente l'art.  8
dello statuto. Tale norma ha determinato  un  aumento  delle  entrate
regionali del quale lo  Stato  doveva  tenere  conto  nel  corso  del
procedimento di cui all'art. l, comma 132, della  legge  n.  220  del
2010.  La  proposta  della  Regione,  infatti,   intendeva   ottenere
unicamente  l'applicazione  della  ricordata  previsione  statutaria,
oltretutto a diversi anni di distanza dalla sua entrata in  vigore  e
in un momento in cui l'ulteriore differimento dell'applicazione dello
statuto non era piu' sopportabile, tenuto  conto  del  fatto  che  il
meccanismo stesso del patto di stabilita' determina, anno dopo  anno,
un aggravamento del sacrificio in capo alle  autonomie.  La  proposta
regionale, quindi, prosegue la ricorrente, dava esplicitamente  conto
del fatto che detta applicazione sarebbe stata solo parziale, perche'
la stessa  Regione  autonoma  Sardegna  si  era  fatta  carico  delle
esigenze di contenimento della spesa pubblica (in piena osservanza  -
dunque  -  dei  principi  affermati  nella   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 82 del 2007),  mentre  emergeva  la  necessita'  di
adeguare    il    quadro    statutario    alla     mutata     realta'
economico-finanziaria di riferimento.  Tale  aspetto,  si  evidenzia,
confermerebbe ulteriormente l'illegittimo aprioristico rifiuto di  un
confronto sul punto da parte dell'amministrazione statale, che, cosi'
facendo,  avrebbe  invaso  e  compromesso  la  sfera   dell'autonomia
regionale. Se dunque l'incremento delle entrate allora  disposto  con
la legge n. 296 del 2006  aveva  la  funzione  di  rimediare  ad  una
conclamata   insufficienza   del   quadro   finanziario   previgente,
inadeguato al soddisfacimento delle esigenze regionali  sul  versante
della spesa, con la proposta di  adeguamento  dei  livelli  di  spesa
respinta dallo Stato la Regione non avrebbe fatto altro che reclamare
la semplice applicazione del nuovo quadro statutario,  senza  mettere
in discussione il principio  generale  della  corrispondenza  fra  le
spese e le entrate, fissato  in  primo  luogo  dall'art.  81,  quarto
comma, Cost., laddove si dispone che ogni legge che importi  nuovi  o
maggiori  oneri  deve  indicare  i  mezzi  per  farvi  fronte.   Tale
principio, prosegue la ricorrente, vive in una serie di corollari,  e
tra di essi v'e' la regola  per  cui,  nell'esercizio  delle  proprie
funzioni in materia di coordinamento della  finanza  pubblica  e  del
sistema tributario, lo Stato non puo' determinare  livelli  di  spesa
regionale  che  siano  incoerenti  con  l'ammontare  delle   entrate.
Rigettando la proposta formulata, la Ragioneria generale in  sostanza
avrebbe impedito alla Regione autonoma Sardegna, oltre alle  esigenze
sottese al patto di stabilita', di utilizzare le risorse pur tuttavia
garantite  dallo  statuto  regionale,  determinando  una   violazione
dell'autonomia finanziaria  e  legislativa  garantita  alla  Regione,
oltre che dall'art. 7 dello statuto, dagli artt. 117, terzo comma,  e
119, secondo comma, Cost., nella  parte  in  cui  attribuiscono  alle
Regioni   competenza   legislativa    concorrente    nella    materia
dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e  del  coordinamento  della
finanza pubblica e del sistema tributario 
    2.1.1. - Per quanto concerne la lamentata lesione dell'art.  117,
terzo comma, Cost., secondo la ricorrente esso  risulterebbe  violato
sotto due distinti profili. In primo luogo, il fatto che  la  Regione
autonoma Sardegna non possa addivenire all'accordo di cui all'art. l,
comma  132,  della  legge  n.   220   del   2010,   determinera'   la
sottoposizione dell'Ente alla piu' rigida disciplina dettata  per  le
Regioni a  Statuto  ordinario,  trasformandosi  in  un'ingiustificata
compressione della competenza legislativa nelle materie sopra citate.
In secondo luogo, poiche' la  mancata  considerazione  delle  entrate
previste dall'art.  8  dello  statuto  impedirebbe  alla  Regione  di
legiferare potendone tenere, invece, conto. 
    2.1.2. - Relativamente alla denunciata lesione degli artt. 3 e  7
dello statuto, e degli artt. 118 e 119 Cost., la Regione assume  che,
poiche'  il  nuovo  regime   finanziario   era   ed   e'   funzionale
all'assolvimento delle funzioni  regionali,  non  nuove  ma  gia'  in
essere, la nota in questione avrebbe violato le suddette disposizioni
statutarie e costituzionali  laddove  esse,  affidando  alla  Regione
specifiche competenze, anche in via esclusiva (art. 3 dello statuto),
garantiscono l'esercizio di tali funzioni (artt. 114, comma 2, e 118,
primo e secondo  comma,  Cost.),  assicurando  (secondo  quanto  gia'
affermato  dalla  sentenza  di  questa  Corte  n.   370   del   2003)
l'adeguatezza della  copertura  delle  spese  necessarie  (art.  119,
quarto  comma,  Cost.),  nel  rispetto   dell'autonomia   finanziaria
regionale (artt. 7 dello statuto e 119, primo comma, Cost.). 
    2.2. - La ricorrente si duole infine della violazione degli artt.
7 e 8 dello statuto, anche in combinato disposto con il principio  di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. Dall'art. 8,  come  da  ultimo
modificato (ai sensi dell'art. 54 dello statuto  medesimo)  dall'art.
l, comma 834, della legge n. 296 del 2006, deriverebbe  il  principio
della necessaria corrispondenza tra  le  entrate  e  le  spese  della
Regione. Tale principio, afferma la  ricorrente,  implica  non  solo,
letto  dal  versante  delle  entrate,  la  necessita'  di   copertura
finanziaria delle  funzioni  conferite,  ma  anche,  considerato  dal
versante della spesa, la piena autonomia nella disposizione, da parte
della  Regione,  delle   risorse   statutariamente   attribuite.   La
necessita' di tale conclusione sarebbe  confermata,  peraltro,  dalla
lettura combinata dell'art. 8 con il disposto del precedente  art.  7
(giusta il quale «la Regione ha una propria finanza,  coordinata  con
quella dello Stato, in armonia  con  i  principi  della  solidarieta'
nazionale, nei modi stabiliti dagli articoli  seguenti»).  In  questa
prospettiva, si osserva che in  ossequio  al  generale  principio  di
ragionevolezza, di cui all'art. 3 Cost., la garanzia per  la  Regione
di una "finanza propria", da "coordinare" con quella dello  Stato  (e
non derivata dalle rispettive determinazioni), non avrebbe senso,  se
non fosse al contempo garantita alla stessa una  capacita'  di  spesa
corrispondente all'ammontare delle risorse in entrata.  Il  principio
del finanziamento integrale delle funzioni comporta  infatti,  da  un
lato, che le risorse garantite alle Regioni debbano  essere  tali  da
«finanziare integralmente  le  funzioni  pubbliche  loro  attribuite»
(come stabilito all'art. 119,  terzo  comma,  Cost.);  dall'altro,  e
necessariamente, che l'esercizio delle funzioni loro  attribuite  non
possa essere condizionato da vincoli etero-determinati alla capacita'
di spesa. Se non e' garantita la  piena  ed  effettiva  autonomia  di
spesa, resterebbe priva di significato l'astratta attribuzione  delle
corrispondenti risorse. 
    Rammenta in proposito la Regione che la necessita'  di  una  tale
conclusione, alla luce del principio di ragionevolezza, e' gia' stata
riconosciuta dalla Corte costituzionale nella  sentenza  n.  245  del
1984, nella quale e'  stata  dichiarata  l'illegittimita'  di  alcune
disposizioni della legge finanziaria per il 1984 che imponevano  alle
Regioni oneri di vario genere senza  corrispondente  attribuzione  di
risorse. In quella decisione la Corte costituzionale  aveva  ritenuto
necessario "rileggere la motivazione" svolta dalla  sentenza  n.  307
del 1983, ricordando  che  «gia'  in  quell'occasione,  la  Corte  ha
ritenuto che l'imporre alle Regioni  obblighi  del  genere  contrasti
anzitutto con cio' che la Costituzione prescrive  nel  secondo  comma
dell'art. 119, ossia che le Regioni dispongano  di  "tributi  propri"
(oltre  che  di  "quote  di  tributi  erariali"),  per   fronteggiare
autonomamente "le spese necessarie  ad  adempiere  le  loro  funzioni
normali"  e  che  le  Regioni   posseggono   "autonomia   finanziaria
considerata sul versante delle uscite"». 
    In tal modo, la Regione non pretenderebbe  di  affermare  che  le
risorse e le spese  di  cui  all'art.  8  dello  statuto  si  possano
sottrarre alla considerazione delle esigenze  connesse  al  patto  di
stabilita', ma che l'accordo connesso al patto debba  necessariamente
tenere conto anche di quelle  risorse  e  di  quelle  spese,  la  cui
eventuale  limitazione  deve  essere  determinata  nel  contesto  del
procedimento dialogico e collaborativo di cui all'art. l, comma  132,
della legge n. 220 del 2010. 
    2.3. - Conclusivamente, la Regione autonoma Sardegna  chiede  che
la Corte costituzionale dichiari che non spettava allo Stato,  e  per
esso alla Ragioneria generale dello Stato,  adottare,  in  violazione
del principio di leale collaborazione fra  lo  Stato  e  le  Regioni,
dell'autonomia finanziaria della  Regione  autonoma  Sardegna,  degli
artt. 3, 7, 8 e 54 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  3
(Statuto speciale per la Sardegna), nonche' degli  artt.  3,  5,  81,
quarto comma, 114, secondo comma, 117, 118, primo e secondo comma,  e
119 Cost., anche in riferimento all'art. 1, comma 132, della legge n.
220 del 2010, la nota del Ministero dell'economia  e  delle  finanze,
Dipartimento  della  Ragioneria  generale  dello  Stato,  Ispettorato
generale per la  finanza  delle  pubbliche  amministrazioni,  ufficio
VIII, 7 giugno 2011, protocollo n. 50971, avente ad oggetto «Patto di
stabilita' interno per  l'anno  2011.  Proposta  di  accordo  per  la
Regione Sardegna», a firma del Ragioniere generale dello  Stato,  con
la quale, «al fine di addivenire al perfezionamento dell'accordo  per
il patto di stabilita' interno 2011», la Regione autonoma Sardegna e'
stata invitata «a voler rivedere  la  propria  proposta  di  accordo,
corredata della tabella riepilogativa indicante i limiti di spesa sia
in termini di competenza che di cassa, sulla base delle  osservazioni
sopra esposte». Conseguentemente,  chiede  altresi'  che  essa  venga
annullata. 
    3. - Si e' ritualmente costituito il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che in via  preliminare  ha  eccepito  l'inammissibilita'  del
conflitto. 
    Deduce il Presidente del Consiglio dei ministri che la nota della
Ragioneria  generale  non  esprimeva  la  volonta'  dello  Stato   di
affermare una propria competenza  in  ambito  teoricamente  riservato
alla Regione. Difetterebbe pertanto il presupposto essenziale per  la
stessa configurabilita' astratta di un conflitto. Secondo  la  difesa
erariale, sia le obiezioni in diritto  che  l'invito  a  rivedere  le
proprie posizioni,  lungi  dal  porsi  in  contrasto  con  la  logica
dell'accordo e della  leale  collaborazione,  ne  esprimono  anzi  lo
spirito in modo particolarmente fedele. 
    Ne risulterebbe in sostanza un "non perfezionamento" dell'accordo
che il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ritiene  del  tutto
fisiologico, perche' transitorio e  rimesso  all'ulteriore  confronto
tra le parti. Diversamente opinando  si  dovrebbe  ritenere  che  una
delle parti  sia  tenuta  ad  accettare  immediatamente  la  proposta
iniziale dell'altra. 
    Nella nota, insomma, non sarebbe dato rinvenire alcuna  sorta  di
imposizione  o  presa   di   posizione   in   senso   preclusivo   al
raggiungimento su base  consensuale.  Lo  Stato  quindi  non  avrebbe
esorbitato dalle proprie  prerogative  istituzionali,  specificamente
esercitando la propria competenza in materia di  coordinamento  della
finanza pubblica. 
    Ne'  potrebbe  sostenersi  che  l'attuazione  del   coordinamento
escluda, in quanto  tale,  l'operativita'  di  vincoli  all'autonomia
dell'Ente locale, essendo al riguardo stato chiarito, sostiene ancora
l'Avvocatura, che «Nell'esercizio del potere di  coordinamento  della
finanza pubblica nel suo complesso e in vista di obiettivi  nazionali
di stabilizzazione finanziaria, non puo' escludersi che lo Stato,  in
pendenza di trattative finalizzate  al  raggiungimento  dell'accordo,
possa imporre qualche limite, anche alle Regioni speciali, senza  con
cio' ledere l'autonomia finanziaria e di spesa delle  Regioni  stesse
(sentenza n.  353  del  2004)».  In  presenza  di  una  comunicazione
meramente interlocutoria come quella oggetto del presente  conflitto,
non troverebbero, dunque,  applicazione  i  principi  espressi  nella
sentenza n. 82 del 2007 di questa Corte, richiamata dalla ricorrente. 
    Con  riguardo  alla  censura  consistente  nell'aver   lo   Stato
trascurato di considerare le maggiori entrate  previste  dall'art.  8
dello statuto della Regione autonoma Sardegna, cosi' come  modificato
dall'art. 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006, circostanza  che
avrebbe legittimato un corrispondente aumento dei livelli  di  spesa,
osserva la difesa erariale che «i commi 838 ed 839 dell'art. l  della
legge 27 dicembre 2006, n. 296, mentre hanno  indicato  la  copertura
finanziaria per i maggiori oneri a carico del  bilancio  dello  Stato
conseguenti alla revisione  dell'ordinamento  finanziario  regionale,
non hanno individuato la copertura in termini di indebitamento netto,
sul presupposto che le spese della Regione sarebbero state  contenute
nell'ambito dei vincoli del patto di stabilita' interno. Ne  consegue
che la pretesa di aumentare l'entita' delle spese in correlazione con
l'avvenuto  aumento  delle  entrate  non   e',   allo   stato   della
legislazione   vigente,   assistita   dalla   necessaria    copertura
finanziaria in termini di fabbisogno e di indebitamento netto». 
    Muovendo da tale assunto, andrebbe  quindi  inteso  il  richiamo,
nella  nota  della  Ragioneria,  alla  necessita'  di  un  intervento
legislativo che  fornisca  gli  strumenti  adeguati  a  garantire  il
necessario equilibrio  dei  saldi  di  finanza  pubblica.  Posto  che
l'assoggettamento al quadro normativo condiziona in pari  misura  sia
la Regione che lo Stato, in ossequio al principio per cui «in materia
di controlli di spese delle Regioni ad autonomia speciale  il  metodo
dell'accordo  deve  risultare  compatibile  con  il  rispetto   degli
obiettivi del patto di stabilita' della  cui  salvaguardia  anche  le
Regioni speciali devono  farsi  carico»  (sentenza  n.  82  del  2007
citata, punto 7 del  Considerato  in  diritto),  la  difesa  erariale
conclude ritenendo di non ravvisare  elementi  atti  a  integrare  la
denunciata violazione  di  prerogative  costituzionali,  evocata  nel
ricorso. 
    4 - Con memoria depositata  in  vista  dell'udienza  pubblica  la
ricorrente evidenzia che, al di la' del tono  apparentemente  innocuo
utilizzato, la nota  rappresenta  una  vera  e  propria  imposizione,
assolutamente non superabile  dalla  Regione  autonoma  Sardegna.  In
proposito  si  richiama  l'attenzione  sull'asserzione  con  cui   la
Ragioneria  dello  Stato  conclude  le  proprie  deduzioni  circa  la
proposta di  aumento  del  livello  dei  pagamenti:  «non  sussistono
margini per un ampliamento del  livello  dei  pagamenti»  (pagina  3,
penultimo capoverso, della nota impugnata). 
    In tal modo, si osserva, la Regione autonoma Sardegna poteva solo
accettare l'imposizione statale, addivenendo ad un accordo  raggiunto
con una sostanziale coercizione, oppure non accettarla e  sottostare,
in questo modo, all'ipotesi dettata in  via  residuale  dall'art.  1,
comma 132, della legge n. 220 del 2010,  ossia  l'applicazione  delle
«disposizioni  stabilite  per  le  regioni  a   statuto   ordinario».
Risulterebbe ancor piu' evidente che lo Stato aveva posto sul  tavolo
delle trattative una condizione pregiudiziale, di per se  stessa  non
trattabile,  in  specifica  violazione   del   principio   di   leale
collaborazione. Ne', secondo la ricorrente, avrebbe pregio l'invocata
legittimazione  all'attuazione  del   coordinamento   della   finanza
pubblica, che non esclude «l'operativita'  di  vincoli  all'autonomia
dell'ente  locale»,  come  affermato  a   suo   tempo   dalla   Corte
costituzionale con la  sentenza  n.  353  del  2004,  poiche'  quella
decisione prendeva in considerazione il caso in cui lo Stato  potesse
legittimamente governare con maggior incisivita' la finanza  pubblica
delle  autonomie  territoriali  pur  «in   pendenza   di   trattative
finalizzate al raggiungimento dell'accordo» (e fu anche precisato con
il solo potere di «determinare transitoriamente i flussi di  cassa»),
mentre nel caso presente si fa  questione  dell'indebita  sottrazione
dello Stato al confronto con la Regione autonoma Sardegna  in  ordine
alla  ricerca  stessa  dell'accordo,  in  mancanza   del   quale   le
attribuzioni dell'Ente a statuto speciale  verrebbero  sacrificate  a
causa dell'applicazione delle disposizioni stabilite per le Regioni a
statuto ordinario. 
    Con riguardo poi alle affermazioni della difesa erariale  secondo
le  quali  la  pretesa  di  aumentare  l'entita'   delle   spese   in
correlazione con l'avvenuto aumento delle entrate non  sarebbe,  allo
stato  della  legislazione  vigente,   assistita   dalla   necessaria
copertura finanziaria in termini di  fabbisogno  e  di  indebitamento
netto, e che muovendo da tale assunto andrebbe  inteso  il  richiamo,
nella  nota  della  Ragioneria,  alla  necessita'  di  un  intervento
legislativo che  fornisca  gli  strumenti  adeguati  a  garantire  il
necessario equilibrio dei saldi di finanza  pubblica,  la  ricorrente
ribadisce che la determinazione dei contenuti del patto di stabilita'
e' un procedimento complesso, che puo' comportare l'adozione  sia  di
atti amministrativi  che  di  atti  legislativi,  sebbene,  ai  sensi
dell'art.  1,   comma   132,   della   legge   n.   220   del   2010,
l'intermediazione legislativa al fine della determinazione del  tetto
di spesa delle Regioni ad autonomia speciale non sarebbe  necessaria,
poiche', come risulta dalla stessa lettera della  norma  legislativa,
cio' che e' necessario e sufficiente e' il semplice  accordo  tra  la
Regione e il Ministro dell'economia e delle finanze. 
    Evidenzia, inoltre, la ricorrente  che,  se  fosse  condivisibile
l'argomentazione della difesa erariale, lo Stato sarebbe  legittimato
a non adempiere ai suoi doveri di leale collaborazione dalla sola sua
inerzia, il che sarebbe a dir  poco  paradossale.  Al  contrario,  il
fatto che, sebbene con l'art. 1, comma 834, della legge  n.  296  del
2006, si sia riformato il regime delle entrate della Regione autonoma
Sardegna, ma le nuove entrate non siano state ancora formalmente  ne'
quantificate ne' conferite  alla  Regione,  non  potrebbe  costituire
circostanza idonea  ad  assolvere  lo  Stato  dall'adempimento  degli
obblighi di corretta esecuzione della nuova disciplina statutaria  e,
men che meno, dei doveri di leale collaborazione nella determinazione
dei contenuti del patto di stabilita'. In  proposito,  la  ricorrente
pone  in  ulteriore  rilievo  che  la  medesima  nota  impugnata  da'
espressamente conto della novita' recata dalla  riforma  dell'art.  8
dello statuto della Regione («pur non sottovalutando  le  aspettative
che la piena entrata a regime del nuovo ordinamento finanziario  puo'
aver indotto sulle maggiori potenzialita' di spesa regionale [...]»),
manifestando in questo modo  la  piena  consapevolezza  della  grande
novita' dell'intervenuta modifica dello statuto sardo, ma allo stesso
tempo anche la pervicace volonta' di non tenerne conto. 
    5.  -  All'udienza  pubblica  le  parti   hanno   illustrato   ed
ulteriormente ribadito le argomentazioni gia' rassegnate in atti. 


				 
                       Considerato in diritto 

 
    1. - Con ricorso notificato il 5 agosto 2011 la Regione  autonoma
Sardegna ha proposto conflitto  di  attribuzione  nei  confronti  del
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    La ricorrente chiede che la Corte costituzionale dichiari che non
spettava allo Stato, e per esso al Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, Dipartimento della Ragioneria generale  dello  Stato  (RGS),
adottare la nota 7 giugno 2011, n. 50971, avente ad oggetto «Patto di
stabilita' interno per l'anno 2011  -  Proposta  di  accordo  per  la
Regione  Sardegna»,  con  la  quale,  «al  fine  di   addivenire   al
perfezionamento dell'accordo  per  il  patto  di  stabilita'  interno
2011», la Regione stessa e'  stata  invitata  «a  voler  rivedere  la
propria proposta di accordo, corredata  della  tabella  riepilogativa
indicante i limiti di spesa sia  in  termini  di  competenza  che  di
cassa, sulla base delle osservazioni sopra esposte». 
    Secondo la Regione autonoma Sardegna, l'atto impugnato violerebbe
gli articoli 3, 5, 81, quarto comma, 114, secondo  comma,  117,  118,
primo e secondo comma, 119 della Costituzione, nonche' gli  artt.  3,
7, 8, 54 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  3  (Statuto
speciale per la Sardegna), sotto il profilo  dei  principi  di  leale
collaborazione, di autonomia  finanziaria  delle  Regioni  a  statuto
speciale, di potesta' concorrente regionale in tema di  coordinamento
della finanza pubblica e di copertura delle spese. 
    L'Avvocatura  dello  Stato  ha  eccepito,  in  via   preliminare,
l'inammissibilita'  del  conflitto  per   difetto   del   presupposto
essenziale inerente alla configurabilita' astratta dello  stesso:  la
nota della Ragioneria generale non  esprimerebbe  la  volonta'  dello
Stato di affermare una  propria  competenza  in  ambito  teoricamente
riservato  alla  Regione.  Il  mancato  perfezionamento  dell'accordo
sarebbe  del  tutto  fisiologico,  perche'  transitorio   e   rimesso
all'ulteriore confronto tra le parti. 
    La nota consisterebbe in una richiesta  di  riformulazione  della
proposta regionale in  termini  di  maggiore  conformita'  al  quadro
legislativo vigente in  tema  di  patto  di  stabilita'  interno,  in
relazione  al  profilo  specifico  della  necessita'   di   garantire
l'equilibrio tra fabbisogno ed indebitamento netto. 
    2. - L'eccezione di inammissibilita' formulata dal Presidente del
Consiglio dei ministri e' fondata. 
    Il tenore della nota della RGS non si pone in  contrasto  con  la
ratio dell'accordo, istituto attraverso il quale il legislatore  (con
l'art. 1, comma 132, della legge 13 dicembre 2010,  n.  220,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge di stabilita' 2011»), ha voluto dare  attuazione,
in   questa   particolare   materia,   al   principio   della   leale
collaborazione. 
    Per questo motivo, il  mancato  perfezionamento  dell'accordo,  a
seguito del primo scambio di proposte tra le parti, appare del  tutto
compatibile con il criterio del previo confronto e della  progressiva
negoziazione e specificazione  delle  singole  clausole  dell'accordo
stesso tra Regione e Stato. 
    Una lettura corretta della nota della RGS dimostra che  lo  Stato
non ha inteso sottrarsi  all'accordo  attraverso  una  controproposta
chiusa al successivo confronto con la Regione, che  possa  intendersi
come "imposizione" o  presa  di  posizione  in  senso  preclusivo  al
raggiungimento di un atto  consensuale.  Lo  Stato  si  e'  mantenuto
nell'ambito delle proprie prerogative costituzionali,  non  eccedendo
dai propri poteri in materia di coordinamento della finanza pubblica.
E' bene ricordare che l'accordo e' lo  strumento,  ormai  consolidato
(in quanto gia' presente  nella  legge  27  dicembre  1997,  n.  449,
recante «Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica» e  poi
confermato  da  tutte  le   disposizioni   che   si   sono   occupate
successivamente della materia) per  conciliare  e  regolare  in  modo
negoziato il doveroso concorso delle Regioni a statuto speciale  alla
manovra  di  finanza  pubblica  e  la  tutela  della  loro  autonomia
finanziaria, costituzionalmente rafforzata (ex plurimis  sentenza  n.
353 del 2004). Nel solco di  questo  indirizzo  normativo  l'art.  1,
comma 132, della 1egge n. 220 del 2010,  ha  stabilito  che  per  gli
esercizi 2011, 2012 e 2013, le Regioni a statuto speciale, escluse la
Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome  di  Trento  e  di
Bolzano, concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze  le
concrete modalita' attuative del patto di stabilita' e  del  concorso
alla manovra di finanza pubblica. 
    Il contenuto dell'accordo deve essere compatibile con il rispetto
degli obiettivi del patto di stabilita', della cui salvaguardia anche
le   Regioni   a   statuto   speciale   devono   farsi    carico    e
contemporaneamente deve essere conforme e  congruente  con  le  norme
statutarie della Regione,  ed  in  particolare  con  l'art.  8  dello
statuto modificato - per effetto del meccanismo normativo  introdotto
dall'art. 54 dello statuto stesso - dall'art.  1,  comma  834,  della
legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007).
Quest'ultimo ha rideterminato e quantificato le entrate tributarie  e
la loro misura di pertinenza della Regione autonoma Sardegna. 
    Ne consegue che «l'equilibrio del bilancio» di cui agli  artt.  5
del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali e
norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilita' delle
regioni, in attuazione dell'articolo  1,  comma  4,  della  legge  25
giugno 1999, n. 208), e 5 del decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.
170  (Ricognizione  dei   principi   fondamentali   in   materia   di
armonizzazione dei bilanci pubblici, a norma  dell'articolo  1  della
legge 5 giugno 2003, n. 131) non potra' che  realizzarsi  all'interno
dello spazio finanziario  delimitato,  in  modo  compensativo,  dalle
maggiori  risorse  regionali  risultanti  dalla  entrata  in   vigore
dell'art. 8 dello statuto (con decorrenza dal  1°  gennaio  2010  per
effetto dell'art. 1, comma 838, della legge n. 296 del 2006) e  dalla
riduzione della spesa conseguente  alla  applicazione  del  patto  di
stabilita' 2011 (tabella 1 allegata  all'art.  1,  comma  131,  della
legge n. 220 del 2010). E' infatti di palmare evidenza che proprio il
principio  inderogabile  dell'equilibrio  in  sede   preventiva   del
bilancio di competenza comporta che non possono rimanere indipendenti
e non coordinati, nel suo ambito, i  profili  della  spesa  e  quelli
dell'entrata. 
    Le norme richiamate costituiscono, nel loro complesso, il  quadro
normativo di riferimento della finanza regionale della  Sardegna.  Il
combinato delle suddette disposizioni in materia di entrata  e  spesa
compone dunque la disciplina delle relazioni finanziarie tra Stato  e
Regione autonoma. 
    Alla luce delle espresse considerazioni, il  conflitto  sollevato
dalla Regione autonoma Sardegna deve essere, allo  stato,  dichiarato
inammissibile. 
      


				 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 

 
      
    dichiara  l'inammissibilita'  del   conflitto   di   attribuzione
promosso dalla Regione autonoma Sardegna nei confronti  dello  Stato,
in riferimento alla nota del Ministero dell'economia e delle finanze,
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del 7 giugno 2011,
n. 50971, avente ad oggetto: «Patto di stabilita' interno per  l'anno
2011. Proposta di accordo per la Regione Sardegna»,  con  il  ricorso
indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta il 7 maggio 2012. 


				 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 

 
    Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2012. 


				 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI