N. 124 ORDINANZA 7 - 10 maggio 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Straniero  -  Reati  e  pene  -  Reato  di  indebito  reingresso  nel
  territorio dello Stato dello  straniero  gia'  destinatario  di  un
  provvedimento di  espulsione  -  Arresto  obbligatorio  -  Asserita
  irragionevolezza - Asserita violazione della liberta'  personale  -
  Direttiva europea sul rimpatrio di cittadini di paesi terzi il  cui
  soggiorno e'  irregolare,  direttamente  efficace  nell'ordinamento
  nazionale per scadenza del termine per la trasposizione in legge  -
  Sopravvenute sentenze della Corte di giustizia dell'Unione  europea
  che interpretano la direttiva - Sopravvenuto mutamento  del  quadro
  normativo  nazionale  di  riferimento   -   Necessita'   di   nuova
  valutazione da parte del giudice  rimettente  circa  la  perdurante
  rilevanza delle questioni - Restituzione degli atti. 
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 13-ter. 
- Costituzione, artt. 3 e 13. 
(GU n.20 del 16-5-2012 )
  


				 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 

 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici :Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
ha pronunciato la seguente 


				 
                              Ordinanza 

 
nei giudizi di legittimita' costituzionale  dell'articolo  13,  comma
13-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286  (Testo  unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme sulla condizione dello straniero), promossi  dal  Tribunale  di
Agrigento con una ordinanza del 19 marzo, due ordinanze del 22  marzo
e una ordinanza del 19 marzo 2011, rispettivamente iscritte ai numeri
182, 242, 243 e 244 del registro  ordinanze  2011,  pubblicate  nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn.  38  e  49,  prima  serie
speciale, dell'anno 2011. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  4  aprile  2012  il  Giudice
relatore Gaetano Silvestri. 
    Ritenuto  che  il  Tribunale   di   Agrigento   in   composizione
monocratica, con ordinanza del 19 marzo 2011 (r.o. n. 182 del  2011),
ha sollevato - in riferimento agli articoli 3 e 13 della Costituzione
-  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  13,  comma
13-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286  (Testo  unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme sulla condizione dello straniero), ove e' prescritto  l'arresto
obbligatorio per i delitti di cui ai precedenti  commi  13  e  13-bis
(indebito reingresso nel territorio dello Stato dello straniero  gia'
destinatario di un provvedimento di espulsione); 
        che il rimettente e' chiamato a deliberare sulla richiesta di
convalida  dell'arresto  formulata,  in  data  19  marzo  2011,   nei
confronti di persona cui si contesta il delitto di cui  al  comma  13
dell'art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998, in quanto,  dopo  aver  dato
volontariamente esecuzione al decreto di espulsione ed all'ordine  di
allontanamento notificati il 19 agosto 2010,  avrebbe  fatto  rientro
nel territorio  nazionale  senza  la  necessaria  autorizzazione  del
Ministro dell'interno; 
        che, secondo il  Tribunale,  i  fatti  sarebbero  documentati
nella misura necessaria e sufficiente, e sussisterebbero le ulteriori
condizioni per la convalida dell'arresto, ma dovrebbe dubitarsi della
legittimita'  costituzionale  della  norma  in  base  alla  quale  il
provvedimento restrittivo e' stato adottato; 
        che l'art. 13 Cost. consente il conferimento all'autorita' di
polizia  del  potere  di  restrizione  provvisoria   della   liberta'
personale solo per casi eccezionali di necessita' e di urgenza; 
        che il carattere di necessita'  dovrebbe  connettersi,  anche
secondo la prospettiva adottata dalla legge  delega  per  il  vigente
codice di rito (art. 2, numero 32, della legge 16 febbraio  1987,  n.
81, recante «Delega  legislativa  al  Governo  della  Repubblica  per
l'emanazione del nuovo codice di procedura  penale»),  alla  gravita'
del reato ed alla ricorrenza di speciali  esigenze  di  tutela  della
collettivita'; 
        che il  rimettente  osserva  come,  pur  essendo  rimessa  al
legislatore un'ampia discrezionalita' nella disciplina delle  ipotesi
di arresto, le norme che consentono od impongono la misura di polizia
debbano risultare  sempre  congruenti  rispetto  al  fine  di  tutela
perseguito,  posto  che,  nel  caso   contrario,   mancherebbero   di
ragionevolezza e, comunque,  contrasterebbero  con  l'art.  13  della
Costituzione, consentendo l'arresto senza una effettiva «necessita'»; 
        che la verifica di corrispondenza tra ratio ed oggetto  della
prescrizione concernente l'arresto  dovrebbe  muovere,  nel  caso  di
specie, dalla pertinenza della  sanzione  penale  ad  un  sistema  di
tutela gia' efficacemente incentrato sul  meccanismo  dell'espulsione
amministrativa dello straniero in posizione di soggiorno irregolare; 
        che il Tribunale richiama, in particolare, gli artt. 13 e  14
del d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte in cui prevedono  l'immediata
espulsione dello straniero e, in alternativa, il suo  «trattenimento»
presso i centri di identificazione ed  espulsione,  che  puo'  durare
fino a 180 giorni; 
        che,  in   termini   di   garanzia   degli   interessi   lesi
dall'immigrazione irregolare, tale tutela sarebbe ben  piu'  efficace
di quella offerta dal  «sistema  (pre)cautelare  penale»,  il  quale,
anzi, ostacola di fatto l'avvio ed il perfezionamento delle procedure
di espulsione; 
        che la necessaria prevalenza del procedimento  amministrativo
sarebbe riconosciuta dallo  stesso  legislatore,  con  le  norme  che
tendenzialmente antepongono l'esecuzione del provvedimento  espulsivo
alle esigenze del processo penale (art. 13, commi 3 e 3-bis),  e  che
dispongono la chiusura di quest'ultimo una volta che detta esecuzione
sia stata attuata (art. 13, comma 3-quater); 
        che sarebbe evidente, dunque, l'incoerenza sistematica di una
norma che, nonostante la prevalenza da  darsi  all'espulsione  od  al
correlato  trattenimento  «amministrativo»,  impone  l'arresto  dello
straniero interessato, cosi' da violare al tempo stesso il  principio
di  «necessita'»  della  misura  precautelare  ed  il  principio   di
ragionevolezza; 
        che  non  varrebbe  in  contrario  osservare  -  secondo   il
Tribunale  -  come  possa   accadere   che   l'espulsione   non   sia
immediatamente eseguibile, e non sia neppure  attuabile  il  ricovero
dell'interessato presso un centro di identificazione ed espulsione; 
        che infatti, pur volendo ammettere  la  legittimita'  di  una
misura coercitiva penale indirizzata al perseguimento di fini  propri
della procedura amministrativa, il  carattere  solo  eventuale  delle
circostanze indicate imporrebbe almeno una verifica nel caso concreto
delle condizioni di necessita' ed urgenza della misura, che la  norma
censurata preclude disponendo l'esecuzione obbligatoria  dell'arresto
ad opera delle forze di polizia; 
        che  la  predetta  norma  sarebbe  dunque   irragionevole   e
sproporzionata nella parte  in  cui  «prevede  obbligatoriamente  una
misura  precautelare  che  ex  ante  -  e  salve  eventuali  esigenze
riscontrabili a seguito di una valutazione del  caso  concreto  -  si
rivela non necessaria»; 
        che del resto - conclude il rimettente -  il  legislatore  si
limita a conferire una mera facolta' di arresto anche per  reati  ove
la pericolosita' dell'autore e' "insita" nella qualita' stessa  della
sua condotta, come nel caso dell'evasione, pur commessa con  violenza
o minaccia, cioe' del fatto di chi si sottrae volontariamente ad  una
restrizione della liberta' gia' in atto; 
        che, in punto di rilevanza,  il  Tribunale  osserva  come  la
risoluzione del dubbio di legittimita' circa la norma  censurata  sia
pregiudiziale rispetto alla decisione da assumere sulla richiesta  di
convalida dell'arresto; 
        che  lo  stesso  Tribunale  di  Agrigento   in   composizione
monocratica, con tre ulteriori ordinanze - una deliberata il 19 marzo
2011 (r.o. n. 244 del 2011) e due deliberate il 22  marzo  successivo
(r.o. nn. 242 e 243 del 2011) - ha  sollevato,  in  riferimento  agli
articoli 3 e  13  Cost.,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 13, comma 13-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998; 
        che il procedimento principale, nel giudizio r.o. n. 242  del
2011, concerne la richiesta di convalida dell'arresto  formulata,  in
data 22 marzo 2011, nei  confronti  di  uno  straniero  al  quale  si
contesta il delitto di cui al comma 13 dell'art. 13 del d.lgs. n. 286
del 1998, in quanto, dopo essere stato raggiunto  da  un  decreto  di
espulsione e da un  ordine  di  allontanamento  notificatigli  il  14
dicembre 2009, avrebbe fatto rientro nel territorio  nazionale  senza
la necessaria autorizzazione del Ministro dell'interno; 
        che il giudizio r.o. n. 243 del 2011 origina da una richiesta
di convalida dell'arresto formulata,  in  data  22  marzo  2011,  nei
confronti di persona alla quale si contesta  il  delitto  di  cui  al
comma 13 dell'art. 13 del d.lgs. n. 286 del  1998,  in  quanto,  dopo
essere stata accompagnata alla frontiera dello  Stato  in  esecuzione
del provvedimento di espulsione notificato il 26 aprile 2004, avrebbe
fatto indebitamente rientro nel territorio nazionale; 
        che il rimettente, anche riguardo al giudizio r.o. n. 244 del
2011,  e'  chiamato  a  deliberare  su  una  richiesta  di  convalida
dell'arresto formulata, in data 19 marzo 2011, nei confronti  di  uno
straniero cui si contesta il delitto di cui al comma 13 dell'art.  13
del d.lgs. n. 286 del 1998, in quanto, dopo aver dato volontariamente
esecuzione al decreto di espulsione ed all'ordine  di  allontanamento
notificatigli il 17 giugno 2010, avrebbe fatto indebito  rientro  nel
territorio dello Stato; 
        che nelle tre ordinanze citate il Tribunale, premesso che  le
questioni sollevate sono pregiudiziali in ordine  alla  decisione  da
assumere circa la convalida degli  arresti,  sviluppa,  con  riguardo
all'ipotizzato contrasto della norma censurata con gli artt. 3  e  13
Cost.,  considerazioni  in   tutto   analoghe   a   quelle   espresse
nell'ordinanza r.o. n. 182 del 2011, delle quali  gia'  sopra  si  e'
detto; 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e'  intervenuto  in  tre
dei giudizi in corso con atti depositati il 27 settembre  2011  (r.o.
n. 182 del 2011) ed il 13 dicembre 2011  (r.o.  nn.  242  e  244  del
2011), tutti di analogo tenore; 
        che, secondo la difesa dello  Stato,  le  questioni  proposte
sarebbero inammissibili, anzitutto perche' il rimettente non  avrebbe
indicato i provvedimenti assunti circa la  liberta'  personale  degli
imputati, ed in particolare non avrebbe  specificato  se  gli  stessi
imputati  siano  stati  scarcerati  o  se  gli  arresti  siano  stati
convalidati  con  un  separato  provvedimento  (sono  richiamate   la
sentenza n. 236 del 2008 e l'ordinanza n. 54  del  2010  della  Corte
costituzionale); 
        che il Presidente del Consiglio dei  ministri  prospetta,  in
alternativa,  la  necessita'  di  una  restituzione  degli  atti   al
rimettente,  in  ragione  delle  modifiche   del   quadro   normativo
sopravvenute alle ordinanze di rimessione; 
        che viene ricordato, in particolare, come il Testo  unico  in
materia di immigrazione abbia subito profonde modifiche  per  effetto
del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89 (Disposizioni urgenti per  il
completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera
circolazione dei cittadini comunitari  e  per  il  recepimento  della
direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio  dei  cittadini  di  Paesi  terzi
irregolari), convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 agosto 2011, n. 129; 
        che, sebbene la novella non abbia inciso  direttamente  sulla
norma  censurata,  sono  state  recate  «modifiche  sostanziali  alla
disciplina del divieto di reingresso contenuta nell'art. 13, commi 13
e  14,  che  rappresenta  il  presupposto  della  norma   processuale
sull'arresto obbligatorio», avuto particolare riguardo alla riduzione
di durata del divieto, in precedenza decennale, ed ora compresa fra i
tre ed i cinque anni; 
        che, nel merito, la difesa dello Stato ricorda come,  con  la
sentenza n. 236 del 2008, la Corte costituzionale abbia stabilito  la
legittimita' della previsione di arresto obbligatorio per  i  delitti
di indebito trattenimento nel territorio dello  Stato,  spettando  al
legislatore  la  valutazione   delle   esigenze   di   tutela   della
collettivita' assicurabili  mediante  la  misura  coercitiva,  in  un
determinato contesto storico e secondo un criterio di  non  manifesta
irragionevolezza; 
        che analoghe considerazioni varrebbero,  a  maggior  ragione,
per l'odierna fattispecie, che presenta una gravita'  piu'  spiccata,
non  discutendosi  della  mera   inosservanza   di   un   ordine   di
allontanamento, ma di una condotta «attiva» dell'interessato, che  si
organizza al fine di violare il divieto di reingresso nel  territorio
nazionale; 
        che  la  differenza  strutturale  tra  le  due  tipologie  di
condotta, gia' posta in luce dalla Corte costituzionale (e' citata, a
tale  proposito,  l'ordinanza  n.  261  del  2005),  avrebbe  trovato
conferma, secondo la difesa dello Stato, nella sentenza deliberata il
28 aprile  2011,  nel  proc.  El  Dridi,  dalla  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea. 
    Considerato  che  il  Tribunale  di  Agrigento  in   composizione
monocratica, con quattro ordinanze di analogo tenore, ha sollevato  -
in riferimento agli articoli 3 e 13 della Costituzione - questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 13-ter,  del  decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero), ove e'  prescritto  l'arresto  obbligatorio  per  i
delitti di cui ai precedenti commi 13 e 13-bis  (indebito  reingresso
nel territorio dello Stato dello straniero gia'  destinatario  di  un
provvedimento di espulsione); 
        che la norma censurata violerebbe l'art. 3 Cost.,  anzitutto,
per la intrinseca  irragionevolezza,  in  un  sistema  fondato  sulla
prevalenza delle procedure amministrative per l'immediata  espulsione
o per il trattenimento in un centro di identificazione ed  espulsione
dello straniero in posizione di soggiorno irregolare, di  una  misura
(pre)cautelare penale meno efficace, ed anzi dannosa per il sollecito
avvio delle procedure indicate; 
        che  l'art.  3  Cost.  sarebbe  violato,  inoltre,   per   la
ingiustificata  previsione  dell'arresto  come  misura  obbligatoria,
anziche' come misura fondata  sulla  valutazione  caso  per  caso  di
concrete esigenze di tutela  della  collettivita',  a  differenza  di
quanto previsto per  reati  pure  intrinsecamente  significativi  del
pregiudizio di tali esigenze, come ad esempio il delitto di evasione; 
        che  infine,  secondo  il  rimettente,  la  norma   censurata
contrasterebbe con l'art. 13 Cost.,  in  quanto  non  corrisponde  al
requisito di necessita', cui la legge deve  subordinare  l'assunzione
di provvedimenti coercitivi ad opera della  polizia  giudiziaria,  la
previsione di un arresto obbligatorio reso inutile (ed anzi  dannoso)
dalla   concomitanza   di   procedure   amministrative    finalizzate
all'immediata espulsione od al trattenimento  dell'interessato,  fino
ad un limite di 180 giorni, in attesa che l'espulsione  stessa  possa
essere eseguita; 
        che i quattro giudizi promossi dal  Tribunale  di  Agrigento,
data l'identita' delle questioni sollevate,  possono  essere  riuniti
per consentirne una definizione unitaria; 
        che devono essere disattese, in via preliminare, le eccezioni
di inammissibilita' proposte dall'Avvocatura generale dello Stato; 
        che infatti, per un  verso,  il  rimettente  ha  puntualmente
sospeso i giudizi  di  convalida  in  corso  di  celebrazione,  senza
pronunciarsi neppure indirettamente sulla legittimita'  della  misura
adottata nei casi di  specie,  di  talche'  non  si  e'  prodotta  la
condizione di irrilevanza  riscontrata  da  questa  Corte,  in  altri
giudizi, con i provvedimenti  richiamati  dalla  difesa  statale  nel
motivare le proprie eccezioni; 
        che non assumono rilievo, per altro  verso,  i  provvedimenti
eventualmente  adottati  dal  Tribunale  in  merito   alla   liberta'
personale degli arrestati, dei  quali  non  viene  dato  conto  nelle
ordinanze di rimessione, posto che l'oggetto dei giudizi a quibus  e'
la  legittimita'  della  misura  precautelare,  e  che  l'esaurimento
dell'efficacia  di  questa,  quale  titolo  per  la  detenzione,  non
comporta la definizione del procedimento per  la  relativa  convalida
(sentenza n. 54 del 1993); 
        che  deve  essere  accolta,  di  contro,  la   sollecitazione
dell'Avvocatura generale dello Stato per una restituzione degli  atti
al Tribunale rimettente, a fini di nuova valutazione della  rilevanza
e della non manifesta infondatezza delle questioni sollevate; 
        che  la  disciplina  dell'espulsione   degli   stranieri   in
condizione di soggiorno irregolare e' stata profondamente incisa,  in
primo luogo, dalla direttiva n. 2008/115/CE del Parlamento europeo  e
del Consiglio, del 16 dicembre 2008 (recante norme e procedure comuni
applicabili negli Stati membri al rimpatrio  di  cittadini  di  paesi
terzi il  cui  soggiorno  e'  irregolare),  il  termine  per  la  cui
trasposizione  e'  scaduto  il  24  dicembre  2010,  con   assunzione
conseguente, nella ricorrenza delle ulteriori condizioni, di  diretta
efficacia nell'ordinamento nazionale; 
        che la citata direttiva disciplina, soprattutto all'art.  11,
l'imposizione del divieto agli stranieri espulsi di fare rientro  nel
territorio dello Stato procedente, stabilendo che  tale  divieto  sia
disposto obbligatoriamente o  facoltativamente,  con  valutazione  da
adottarsi caso per caso, per una durata variabile e  normalmente  non
superiore ai cinque anni, mediante un provvedimento motivato in forma
scritta, tradotto  in  una  lingua  comprensibile  all'interessato  e
suscettibile di ricorso; 
        che, successivamente alle ordinanze di rimessione,  la  Corte
di giustizia dell'Unione europea, con la  sentenza  28  aprile  2011,
C-61/11 PPU, ha  stabilito  che  la  direttiva  in  questione  (avuto
riguardo agli artt. 15 e 16) osta  ad  una  normativa  nazionale  che
preveda l'irrogazione di pene detentive nei confronti di stranieri in
condizione di soggiorno irregolare per la sola ragione che questi, in
violazione di un ordine di lasciare entro un determinato  termine  il
territorio dello Stato, si trattengano nel territorio stesso senza un
giustificato motivo; 
        che in seguito la stessa Corte di giustizia (Grande sezione),
con la sentenza 6  dicembre  2011,  C-329/11,  ha  stabilito  che  la
direttiva n. 2008/115/CE osta alla previsione di  sanzioni  detentive
nei confronti dello straniero espulso, non disposto  ad  allontanarsi
volontariamente dal territorio  dello  Stato  procedente,  prima  che
siano state interamente sperimentate le procedure coercitive previste
dall'art. 8 della direttiva medesima; 
        che,  sempre  nelle  more   dei   giudizi   incidentali,   e'
intervenuto il decreto-legge 23  giugno  2011,  n.  89  (Disposizioni
urgenti  per  il  completamento   dell'attuazione   della   direttiva
2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari  e  per
il  recepimento  della  direttiva  2008/115/CE  sul   rimpatrio   dei
cittadini di Paesi terzi irregolari), convertito, con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 2 agosto 2011, n. 129; 
        che e' rimasto invariato, pur dopo l'intervento  di  riforma,
il comma 13-ter dell'art. 13 del d.lgs. n. 286  del  1998,  cioe'  la
norma processuale in materia di  arresto  che  costituisce  l'oggetto
delle odierne censure; 
        che il testo della norma penale sostanziale cui si  riferisce
la disposizione censurata, cioe' il comma 13 del citato art.  13,  e'
stato  modificato  nella  sola  parte  in   cui,   identificando   il
destinatario  del  divieto  penalmente  sanzionato  di  rientrare  in
territorio  italiano,   si   riferiva   allo   «straniero   espulso»,
espressione sostituita con la locuzione «straniero destinatario di un
provvedimento di espulsione»; 
        che, nondimeno, ha subito profonde modifiche il comma 14  del
piu' volte citato  art.  13,  in  punto  di  durata  del  divieto  di
reingresso,  di  criteri  della  relativa  determinazione  ad   opera
dell'autorita' procedente, di condizioni per l'eventuale  revoca  del
provvedimento impositivo; 
        che  dunque  e'  mutata,  tra  l'altro,  la  disciplina   del
provvedimento  amministrativo  presupposto  alla  condotta   cui   si
riferiscono le norme penali sostanziali  per  la  cui  violazione  e'
previsto l'arresto dello straniero interessato; 
        che, in caso di mutamento del quadro normativo nel  quale  si
colloca  la  disposizione  oggetto  di  censura,  spetta  al  giudice
rimettente la valutazione degli effetti della  successione  di  leggi
nella disciplina del caso concreto sottoposto  al  suo  giudizio  (da
ultimo, ex multis, ordinanza n. 66 del 2010); 
        che questa Corte, d'altra  parte,  ha  piu'  volte  stabilito
come, nel caso di (ipotetica) irrilevanza penale  sopravvenuta  della
condotta contestata allo straniero nel giudizio principale, anche  la
valutazione circa la perdurante rilevanza delle questioni concernenti
l'arresto debba essere rimessa al giudice del procedimento principale
(ordinanze nn. 179 e 216 del 2011). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      


				 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 

 
    riuniti i giudizi, 
    ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Agrigento. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2012. 


				 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
                    Gaetano SILVESTRI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 

 
    Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2012. 


				 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI