N. 149 SENTENZA 4 - 7 giugno 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Amministrazione pubblica - Impiego pubblico - Bilancio e contabilita'
  pubblica - Disposizioni urgenti per la stabilizzazione  finanziaria
  - Attribuzione ad uno o piu'  regolamenti  di  delegificazione  del
  compito di dettare misure di razionalizzazione e contenimento della
  spesa in materia  di  pubblico  impiego  -  Ricorso  della  Regione
  Emilia-Romagna - Impugnazione di  disposizione  non  inclusa  nella
  delibera  con  cui  la   Giunta   regionale   ha   autorizzato   la
  presentazione del ricorso - Necessaria  corrispondenza,  attesa  la
  natura politica dell'atto di impugnazione - Inammissibilita'  della
  questione. 
- D.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito nella legge 15  luglio  2011,
  n. 111) art. 16, comma 1, lett. c). 
-   
Amministrazione pubblica - Impiego pubblico - Bilancio e contabilita'
  pubblica - Disposizioni urgenti per la stabilizzazione  finanziaria
  - Attribuzione ad uno o piu'  regolamenti  di  delegificazione  del
  compito di dettare misure di razionalizzazione e contenimento della
  spesa in materia  di  pubblico  impiego  -  Ricorso  della  Regione
  Emilia-Romagna - Asserita lesione delle attribuzioni  regionali  e,
  in subordine, violazione del principio di  leale  collaborazione  -
  Insussistenza - Disposizione  incidente  in  una  molteplicita'  di
  settori  che  presentano  commistione  di  competenze   statali   e
  regionali -  Applicazione  futura  alle  amministrazioni  regionali
  delle sole norme delegificate che attengano a materie di competenza
  esclusiva  statale  -  Non  fondatezza,  nei  sensi   di   cui   in
  motivazione. 
- D.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito nella legge 15  luglio  2011,
  n. 111) art. 16, comma 1, lett. b), d), e) ed f). 
- Costituzione, artt. 114, 117, terzo comma, e 118. 
Amministrazione pubblica - Impiego pubblico - Bilancio e contabilita'
  pubblica - Disposizioni urgenti per la stabilizzazione  finanziaria
  - Attribuzione ad uno o piu'  regolamenti  di  delegificazione  del
  compito di dettare misure di razionalizzazione e contenimento della
  spesa in materia  di  pubblico  impiego  -  Ricorso  della  Regione
  Liguria - Asserita  lesione  delle  attribuzioni  regionali  e,  in
  subordine, violazione  del  principio  di  leale  collaborazione  -
  Insussistenza - Disposizione  incidente  in  una  molteplicita'  di
  settori  che  presentano  commistione  di  competenze   statali   e
  regionali -  Applicazione  futura  alle  amministrazioni  regionali
  delle sole norme delegificate che attengano a materie di competenza
  esclusiva statale - Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione 
- D.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito nella legge 15  luglio  2011,
  n. 111) art. 16, comma 1, lett. b), c), d), e) ed f). 
- Costituzione, artt. 114, 117, terzo comma, e 118. 
(GU n.24 del 13-6-2012 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici :Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  16,
comma 1, lettere b), c), d), e) ed f),  del  decreto-legge  6  luglio
2011,  n.   98   (Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011,
n. 111, promossi dalle Regioni Emilia-Romagna e Liguria  con  ricorsi
notificati il 14 settembre 2011,  depositati  in  cancelleria  il  21
settembre 2011 ed iscritti ai nn. 98 e 99 del registro ricorsi 2011. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  22  maggio  2012  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi  gli  avvocati   Giandomenico   Falcon   per   le   Regioni
Emilia-Romagna e Liguria e l'avvocato dello  Stato  Angelo  Venturini
per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con due ricorsi, notificati al Presidente del Consiglio  dei
ministri il 14 settembre 2011  e  depositati  in  cancelleria  il  21
settembre 2011, la Regione Emilia-Romagna (ricorso n. 98 del 2011)  e
la Regione Liguria (ricorso n. 99 del 2011) hanno impugnato, fra  gli
altri, l'articolo 16, comma 1, lettere b), c),  d),  e)  ed  f),  del
decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge
15 luglio 2011, n. 111. 
    Nella parte relativa alla  disposizione  in  esame  nel  presente
giudizio i due ricorsi hanno identico contenuto e pertanto ad essi si
fara' riferimento congiuntamente. 
    Le Regioni lamentano la  violazione  degli  articoli  117,  terzo
comma, in materia di coordinamento della finanza pubblica,  114,  per
lesione dell'autonomia regionale, della Costituzione e, in subordine,
del principio di leale collaborazione "in connessione" con l'art. 118
della Costituzione. 
    2. - L'art. 16, comma 1, lettere b),  c),  d),  e),  ed  f),  del
decreto-legge n. 98 del 2011 (d'ora in avanti, art.  16),  avente  ad
oggetto il contenimento delle spese in materia di  pubblico  impiego,
detta la seguente disciplina: 
    «1. Al fine di  assicurare  il  consolidamento  delle  misure  di
razionalizzazione e contenimento della spesa in materia  di  pubblico
impiego adottate nell'ambito della manovra di  finanza  pubblica  per
gli  anni  2011-2013,  nonche'  ulteriori  risparmi  in  termini   di
indebitamento netto, non inferiori a 30 milioni di  euro  per  l'anno
2013 e ad euro 740 milioni di euro  per  l'anno  2014,  ad  euro  340
milioni di euro per l'anno 2015 ed a 370  milioni  di  euro  annui  a
decorrere dall'anno 2016 con uno o piu'  regolamenti  da  emanare  ai
sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.  400,
su  proposta  dei  Ministri  per  la   pubblica   amministrazione   e
l'innovazione e dell'economia e delle finanze, puo' essere disposta: 
    (omissis) 
    b) la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni
che limitano la crescita dei trattamenti  economici  anche  accessori
del  personale  delle  pubbliche   amministrazioni   previste   dalle
disposizioni medesime; 
    c)  la   fissazione   delle   modalita'   di   calcolo   relative
all'erogazione dell'indennita' di vacanza contrattuale per  gli  anni
2015-2017; 
    d) la semplificazione, il rafforzamento e l'obbligatorieta' delle
procedure   di   mobilita'   del   personale   tra    le    pubbliche
amministrazioni; 
    e) la possibilita' che l'ambito applicativo delle disposizioni di
cui alla lettera a) nonche', all'esito di apposite consultazioni  con
le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative del pubblico
impiego, alla lettera b) sia differenziato, in ragione  dell'esigenza
di valorizzare ed incentivare l'efficienza di determinati settori; 
    f) l'inclusione di tutti  i  soggetti  pubblici,  con  esclusione
delle regioni e delle  province  autonome,  nonche'  degli  enti  del
servizio sanitario nazionale, nell'ambito degli enti  destinatari  in
via diretta  delle  misure  di  razionalizzazione  della  spesa,  con
particolare  riferimento  a  quelle  previste  dall'articolo  6   del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 30 luglio 2010, n. 122». 
    2.1. - Ad avviso delle Regioni ricorrenti il  censurato  art.  16
affida ad uno o piu' regolamenti di delegificazione, ex articolo  17,
comma  2,  della  legge  23   agosto   1988,   n.   400   (Disciplina
dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del
Consiglio dei ministri), misure che prevedono la possibilita' di: 
    - prorogare al 31  dicembre  2014  le  disposizioni  vigenti  che
limitano la crescita dei trattamenti economici  del  personale  delle
pubbliche amministrazioni; 
    - fissare le modalita'  di  calcolo  relative  all'indennita'  di
vacanza contrattuale per gli anni 2015-2017; 
    - semplificare, rafforzare e rendere obbligatorie le procedure di
mobilita' tra le pubbliche amministrazioni; 
    - differenziare l'ambito applicativo delle  disposizioni  di  cui
alle lettere a) (non impugnata) e b),  in  ragione  dell'esigenza  di
valorizzare ed incentivare l'efficienza di determinati settori; 
    - includere tutti i soggetti pubblici, escluse le  Regioni  e  le
Province autonome e gli enti del servizio sanitario locale,  fra  gli
enti destinatari delle misure di razionalizzazione  della  spesa,  in
particolare quelle previste  dall'articolo  6  del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione
finanziaria e di competitivita' economica), convertito  in  legge  30
luglio 2010, n. 122. 
    2.2. - In particolare, entrambe le ricorrenti ritengono che  tali
misure, pur non  essendo  rivolte  specificamente  alle  Regioni,  le
riguardino  direttamente,  incidendo:  sull'organizzazione  e   sulla
finanza regionale (per quanto riguarda le  lettere  b)  e  d);  sulla
possibilita' e modalita' di reclutamento del  personale  regionale  e
dunque sull'autonomia organizzativa della Regione per quanto concerne
la lettera d); sulla funzionalita' dei servizi  in  riferimento  alla
lettera e). Le Regioni lamentano che anche le misure  previste  dalla
lettera  f),  pur  non  riguardandole  direttamente,   risulterebbero
comunque lesive  dell'autonomia  loro  garantita,  perche'  prevedono
restrizioni di spesa applicabili agli enti dipendenti  dalle  Regioni
stesse. La genericita' inoltre della lettera f) renderebbe  possibile
estendere agli enti locali misure restrittive delle  quali  essi  non
siano  stati  sinora  destinatari,  incidendone   cosi'   l'autonomia
costituzionale e la  possibilita'  stessa  di  svolgere  attivita'  e
servizi di interesse regionale. 
    3. - Secondo le ricorrenti, la  disposizione  censurata  -  sulla
base  della  finalita'   perseguita,   resa   palese   dalla   stessa
disposizione impugnata - risulterebbe chiaramente riconducibile  alla
materia del coordinamento della finanza pubblica, ex art. 117,  terzo
comma, della Costituzione di  cui  violerebbe,  dal  punto  di  vista
formale, la previsione secondo la quale nelle materie di legislazione
concorrente la  determinazione  dei  soli  principi  fondamentali  e'
riservata alla legislazione dello Stato. Di conseguenza la rimessione
della definizione delle misure di contenimento della  spesa  pubblica
alla fonte regolamentare risulterebbe in  violazione  dell'art.  117,
terzo  comma,  della  Costituzione.   Tanto   piu',   sostengono   le
ricorrenti, alla luce della riserva alle Regioni - nelle  materie  di
legislazione concorrente  -  della  potesta'  regolamentare  prevista
dall'art. 117, sesto comma, Cost. 
    Da  un  punto  di  vista  sostanziale,  inoltre,  le   ricorrenti
affermano  che  la  disposizione  contestata   riservi   alla   fonte
regolamentare  statale  la  specificazione  delle  modalita'  per  il
conseguimento del contenimento della spesa pubblica,  privando  cosi'
le  Regioni  di  qualunque  spazio  di  individuazione  delle  misure
ritenute   necessarie   allo   scopo.   La   disposizione   impugnata
risulterebbe, nella lettura datane nel ricorso, enunciativa non  gia'
dei principi della materia, ma di concrete regole  di  dettaglio.  Le
ricorrenti argomentano, anche  sulla  base  della  giurisprudenza  di
questa Corte in tema di coordinamento della finanza pubblica,  che  i
vincoli che legittimamente il legislatore statale puo'  imporre  agli
enti autonomi, per  ragioni  di  coordinamento  finanziario,  possono
riguardare unicamente  l'entita'  del  disavanzo  di  parte  corrente
oppure, ma solo transitoriamente, la crescita  della  spesa  corrente
degli  enti  autonomi.  Alla  legge  statale  e'  dunque   consentito
stabilire solo limiti complessivi, lasciando libere le Regioni e  gli
enti locali di individuare le misure specifiche necessarie.  Pertanto
le ricorrenti ravvisano nella disposizione censurata  una  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. in materia di  coordinamento  della
finanza pubblica e dell'art. 114 Cost.,  per  lesione  dell'autonomia
regionale. 
    3.1. - In subordine le  Regioni  osservano  che  -  nel  caso  si
ritenesse legittima  la  competenza  statale  a  determinare  in  via
amministrativa specifiche e dettagliate misure di contenimento  della
spesa per il personale previste nella  disposizione  impugnata  -  la
mancata  previsione  dell'intesa  configurerebbe  una   lesione   del
principio di leale collaborazione, "in connessione"  con  l'art.  118
Cost. 
    4. - Con distinte memorie depositate in data 24 ottobre  2011  si
e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la
questione prospettata nei ricorsi sia dichiarata infondata. 
    In primo luogo la difesa dello Stato evidenzia che le limitazioni
all'autonomia finanziaria degli enti territoriali in materia di spesa
del personale vanno sempre intese,  alla  luce  della  giurisprudenza
costituzionale, per quanto stringenti, come principi di coordinamento
della finanza pubblica e come tali "tollerate" nel quadro dell'azione
statale di risanamento della finanza pubblica. 
    In secondo luogo rileva che, in merito alle  presunte  violazioni
delle   competenze   regionali   in   materia    di    organizzazione
amministrativa, la disciplina del pubblico impiego  viene  ricondotta
dalla  giurisprudenza  della  Corte   costituzionale   alla   materia
dell'ordinamento civile, di competenza esclusiva statale, in tal modo
assicurando l'uniformita' di disciplina sul territorio  nazionale  ed
evitando una disparita' di trattamento tra soggetti  appartenenti  al
pubblico  impiego,  con   possibile   lesione   dell'art.   3   della
Costituzione. 
    5. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  memoria  depositata
il 27 marzo 2012 in riferimento  al  ricorso  della  Regione  Liguria
(ricorso n. 99 del 2011), ha ribadito l'infondatezza della  questione
di legittimita' costituzionale sollevata dalle ricorrenti, osservando
che la  disciplina  della  materia  di  cui  si  tratta  deve  essere
necessariamente connotata da una tendenziale uniformita' su tutto  il
territorio nazionale. Inoltre il Governo osserva che  gli  interventi
previsti non sono specifici, coinvolgendo aspetti generali e  non  di
dettaglio della relativa disciplina. Infine, la  difesa  dello  Stato
ricorda che questa Corte, con sentenza n. 388 del 2004, ha  affermato
che le prerogative delle Regioni e  delle  autonomie  locali  possono
legittimamente attenuarsi, se  cio'  e'  necessario  alla  tutela  di
diritti costituzionali fondamentali, qual e' il diritto al lavoro. 
    6. - Le Regioni Liguria ed Emilia-Romagna, in data 27 marzo 2012,
hanno replicato all'atto di costituzione del Presidente del Consiglio
dei ministri, con memorie che, nella parte relativa alle disposizioni
oggetto  del  presente  giudizio,  sono  di  identico  contenuto.  Le
ricorrenti  sostengono  che   sia   ipotizzabile   un'interpretazione
costituzionalmente conforme della disposizione  impugnata,  che  veda
escluse le Regioni dall'ambito di applicazione dell'art. 16, comma 1,
lettere b), c) e d). 
    A sostegno di tale interpretazione le  ricorrenti  utilizzano  il
dettato della  lettera  f)  che  esplicitamente  esclude  le  Regioni
dall'applicazione diretta delle  misure  di  razionalizzazione  della
spesa che possono venire "estese" a tutte le  altre  amministrazioni.
Sarebbe percio' incongruo, concludono sul punto le ricorrenti, che le
Regioni fossero invece soggette alle specifiche misure di limitazione
della spesa definite dai regolamenti di delegificazione in base  alle
lettere precedenti dell'art. 16, comma 1. Le Regioni ribadiscono  che
la disposizione impugnata rimette ai regolamenti di  delegificazione,
anziche' alla  competenza  regionale,  la  previsione  di  specifiche
misure di razionalizzazione della spesa. Misure che sono  analoghe  a
quelle richiamate dalla lettera f)  dell'art.  16,  comma  1,  e  che
possono essere considerate  vincolanti  per  le  Regioni  "solo  come
limite complessivo di spesa" (la memoria richiama la  sentenza  della
Corte costituzionale n. 182 del 2011). 
    Le Regioni ribadiscono, inoltre, che le norme impugnate hanno una
palese finalita' di coordinamento della finanza  pubblica  e  che  di
conseguenza non  sono  riconducibili  alla  materia  dell'ordinamento
civile,  di  competenza  esclusiva  statale.  Pertanto,  le   memorie
insistono per l'accoglimento  della  questione  sollevata,  salva  la
possibile interpretazione costituzionalmente  conforme  con  riguardo
alle lettere b), c) e d). 
    7.  -  Le  Regioni  Emilia-Romagna  e  Liguria,  in   prossimita'
dell'udienza pubblica, hanno depositato due  ulteriori  memorie  che,
nella parte relativa alle disposizioni oggetto del presente giudizio,
sono  di  identico  contenuto,  insistendo  per  l'accoglimento   del
ricorso. 
    7.1. - In particolare le ricorrenti, nel  ribadire  integralmente
le ragioni esposte nell'atto introduttivo e nella memoria  depositata
il  27  marzo  2012,  tornano  a  sostenere:  che  sia   ipotizzabile
un'interpretazione costituzionalmente conforme che  veda  escluse  le
Regioni dall'ambito di applicazione dell'art. 16,  comma  1,  lettere
b), c) e d); che  la  disposizione  impugnata  attiene  alla  materia
concorrente del coordinamento della finanza pubblica e di conseguenza
che la previsione di specifiche  misure  di  razionalizzazione  della
spesa dovrebbe essere riservata alla competenza regionale. 
    7.2. - Le memorie inoltre negano l'esistenza  di  una  competenza
statale esclusiva quanto alla mobilita' del personale (art. 16, comma
1, lettera d), come risulta - secondo le ricorrenti - dagli artt.  1,
comma 3, 2, commi 2 (lettere d e g), 3 e 4 del decreto legislativo 23
dicembre 1997, n. 469 (Conferimento alle regioni e agli  enti  locali
di funzioni e compiti in materia  di  mercato  del  lavoro,  a  norma
dell'articolo 1 della legge 15 marzo  1997,  n.  59),  nonche'  dalle
sentenze della Corte costituzionale  nn.  390  e  307  del  2004.  Di
conseguenza,  il  rinvio  dell'intera  disciplina  a  regolamenti  di
delegificazione,  senza  prevedere   l'intesa   con   la   Conferenza
Stato-Regioni, eccederebbe la competenza statale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Le Regioni Liguria ed Emilia-Romagna, con distinti  ricorsi,
hanno impugnato numerose  disposizioni  del  decreto-legge  6  luglio
2011,  n.   98   (Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011,
n. 111. 
    Riservata a separate pronunce  la  decisione  sulle  impugnazioni
delle altre disposizioni, contenute nel d.l. n.  98  del  2011,  sono
prese qui  in  esame  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
relative all'articolo 16, comma 1, lettere b), c), d), e) ed f). 
    Nella parte  relativa  alle  disposizioni  oggetto  del  presente
giudizio, i due ricorsi presentano identico contenuto e  ad  essi  si
fara' riferimento congiuntamente. 
    Secondo le ricorrenti  l'art.  16,  comma  1,  sopra  menzionato,
autorizzando l'emanazione di regolamenti di delegificazione ai  sensi
dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina
dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del
Consiglio dei ministri)  in  ambiti  riconducibili  al  coordinamento
della finanza pubblica, violerebbe gli artt. 114, 117, terzo comma, e
118 della Costituzione sotto un duplice profilo: dal punto  di  vista
formale, non sarebbe rispettata la previsione costituzionale  secondo
la quale nelle materie di legislazione concorrente la  determinazione
dei principi fondamentali e' riservata alla legge  dello  Stato;  dal
punto di vista sostanziale, la  disposizione  contestata,  rimettendo
alla fonte regolamentare statale la  specificazione  delle  modalita'
per  il  conseguimento  del  contenimento   della   spesa   pubblica,
priverebbe le Regioni di qualunque  spazio  di  individuazione  delle
misure ritenute necessarie allo scopo. 
    In subordine, le Regioni  ricorrenti  lamentano  la  lesione  del
principio di leale collaborazione, "in connessione"  con  l'art.  118
Cost.,  poiche'  la  disposizione  impugnata  non   prevede   che   i
regolamenti di delegificazione siano adottati previa  intesa  con  la
Conferenza Stato-Regioni, al fine della determinazione  delle  misure
di contenimento della spesa applicabili alle regioni. 
    2.  -  Poiche'  i  ricorsi  pongono  questioni  identiche,  viene
disposta la riunione dei relativi giudizi ai fini di una  trattazione
unitaria e di un'unica decisione. 
    3. - Preliminarmente  deve  essere  dichiarata  inammissibile  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  promossa  dalla  Regione
Emilia-Romagna, avente per oggetto l'art. 16, comma 1, lettera c). 
    Questa  Corte  ha  piu'  volte  statuito  che  nei   giudizi   di
legittimita' costituzionale in via principale deve sussistere, a pena
d'inammissibilita', una  piena  corrispondenza  tra  le  disposizioni
impugnate nel ricorso e le disposizioni  individuate  dalla  delibera
con cui la Giunta regionale (nell'ipotesi di  iniziativa  assunta  da
una Regione) ne ha  autorizzato  la  proposizione  sulla  base  della
necessaria corrispondenza tra la  deliberazione  con  cui  l'ente  si
determina all'impugnazione ed il contenuto  del  ricorso,  attesa  la
natura politica dell'atto di impugnazione (da ultimo, sentenze n. 205
del 2011, n. 278 del 2010, n. 533 del 2002). 
    Poiche' la delibera della Giunta della Regione Emilia-Romagna del
5 settembre 2011, n. 1271/2011 si riferisce  all'art.  16,  comma  1,
lettere b), d), e) ed f), mentre omette di menzionare la  lettera  c)
del medesimo art.  16,  comma  1,  l'impugnazione  di  tale  lettera,
proposta nel ricorso, deve essere dichiarata inammissibile, in quanto
non  facente  parte  delle  disposizioni  indicate   nella   delibera
dell'organo esecutivo regionale. 
    4. - Nel merito, la questione - per le restanti parti  -  non  e'
fondata. 
    4.1.- La disposizione censurata, al dichiarato fine di assicurare
il consolidamento delle misure di razionalizzazione e di contenimento
della spesa gia' adottate dal legislatore e allo scopo di  realizzare
ulteriori risparmi, autorizza l'emanazione di uno o piu'  regolamenti
di  delegificazione  che  incidono  su  una   varieta'   di   aspetti
dell'organizzazione   delle   pubbliche   amministrazioni   attinenti
principalmente, benche' non in modo esclusivo, al pubblico impiego. 
    Diversamente dall'interpretazione fatta propria dalle ricorrenti,
le  delegificazioni  autorizzate  dalla  disposizione  impugnata  non
possono essere ascritte interamente alla  materia  del  coordinamento
della finanza pubblica. Benche' la finalita'  della  disposizione  in
esame sia esplicitamente quella di perseguire il  contenimento  e  la
razionalizzazione della  spesa  pubblica,  l'oggetto  dell'intervento
normativo e dei regolamenti ivi previsti interessa una  molteplicita'
di settori.  E'  dunque  in  riferimento  a  questi  ultimi,  e  alla
competenza legislativa che lo Stato detiene  rispetto  ad  essi,  che
deve  essere  valutata   la   legittimita'   della   previsione   dei
procedimenti di delegificazione. 
    4.2. - Infatti -  a  prescindere  da  ogni  considerazione  sulla
correttezza della prassi di autorizzare l'emanazione  di  regolamenti
di delegificazione tramite decreto-legge (come e' avvenuto  nel  caso
in esame) e lasciando impregiudicata ogni valutazione sulle procedure
di delegificazione non conformi al  modello  previsto  dall'art.  17,
comma 2, della legge n. 400 del 1988, quale e' quella prevista  dalla
disposizione  impugnata,  che  non  determina  «le   norme   generali
regolatrici della materia», ne'  indica  espressamente  le  norme  di
rango primario da  ritenersi  abrogate  con  effetto  dalla  data  di
entrata in  vigore  dei  regolamenti  di  delegificazione  -  occorre
rammentare che la potesta' regolamentare spetta allo Stato nelle sole
materie di competenza esclusiva (art. 117, sesto comma, Cost.).  Tale
principio vale per ogni tipo di regolamenti, ivi  inclusi  quelli  di
delegificazione (ex multis, sentenze n. 69 del 2011, n. 325 del 2010,
n. 200 del 2009). 
    Nel caso sottoposto all'esame  della  Corte,  le  delegificazioni
previste dalla disposizione  impugnata  riguardano  una  varieta'  di
ambiti, alcuni  dei  quali  di  sicura  pertinenza  della  competenza
esclusiva dello Stato,  altri  astrattamente  e  in  via  di  ipotesi
suscettibili di interferire con le competenze regionali,  concorrenti
e residuali. In  particolare,  nell'ambito  del  pubblico  impiego  -
oggetto di numerose previsioni di delegificazione qui censurate -  si
intrecciano aspetti afferenti alla competenza esclusiva  dello  Stato
con altri che eccedono dai limiti delle  competenze  statali.  Nessun
dubbio che lo Stato abbia competenza per regolare la  disciplina  del
personale delle amministrazioni statali, anche con  fonti  di  natura
secondaria. D'altra parte,  secondo  la  costante  giurisprudenza  di
questa Corte, l'impiego pubblico anche regionale deve ricondursi, per
i profili privatizzati del rapporto, all'ordinamento civile e  quindi
alla competenza  legislativa  statale  esclusiva,  mentre  i  profili
"pubblicistico-organizzativi"    rientrano     nell'ordinamento     e
organizzazione amministrativa regionale, e quindi  appartengono  alla
competenza legislativa residuale della Regione (ex  multis,  sentenze
n. 63 del 2012, nn. 339 e 77 del 2011, n. 233  del  2006,  n.  2  del
2004).  Similmente,  anche  gli  altri  settori   interessati   dalla
previsione di delegificazione  qui  impugnata  presentano  un'analoga
commistione di competenze statali e regionali. 
    4.3. - Data l'ampiezza dell'intervento di delegificazione, non e'
possibile determinare in via preventiva  e  astratta  quali,  tra  le
misure  che  saranno  eventualmente  contenute  nei  regolamenti   di
delegificazione, dovranno essere ritenute vincolanti per le Regioni. 
    Piuttosto,  occorre  chiarire  che  i  regolamenti  adottati  dal
Governo in attuazione della disposizione impugnata  si  applicheranno
alle amministrazioni regionali solo in quanto attengano a materie  di
competenza esclusiva dello Stato, tra cui  rientrano  in  particolare
gli aspetti privatizzati della disciplina del pubblico impiego. 
    Al di fuori dei confini delle competenze esclusive, le Regioni  e
le Province autonome non dovranno considerarsi tra i destinatari  dei
regolamenti di delegificazione, i quali esplicheranno i loro  effetti
solo nei confronti delle amministrazioni statali. 
    4.4. - E' appena il caso di ribadire che, qualora  i  regolamenti
di delegificazione fossero redatti  in  modo  tale  da  vulnerare  le
competenze regionali, resta salva  la  facolta'  per  le  Regioni  di
denunciarne la  lesivita'  mediante  lo  strumento  del  ricorso  per
conflitto di  attribuzioni,  sempre  che  ne  ricorrano  i  necessari
presupposti (sentenze nn. 322 e 200 del 2009). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi e riservata a separate  pronunce  la  decisione
delle altre questioni di legittimita' costituzionale  promosse  dalle
Regioni Emilia-Romagna e Liguria con i ricorsi in epigrafe; 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
dell'articolo 16, comma 1, lettera c), del  decreto  legge  6  luglio
2011,  n.   98   (Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio  2011
n. 111, promossa dalla Regione Emilia  Romagna  in  riferimento  agli
artt. 114, 117, terzo comma, e 118 della Costituzione, con il ricorso
indicato in epigrafe. 
    2) dichiara non fondata, nei sensi  di  cui  in  motivazione,  la
questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 16,  comma  1,
lettere b), c), d), e) ed f),  del  decreto-legge  n.  98  del  2011,
convertito, con modificazioni, in legge n.  111  del  2011,  promossa
dalla Regione Liguria, in riferimento  agli  artt.  114,  117,  terzo
comma, e 118 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    3) dichiara non fondata, nei sensi  di  cui  in  motivazione,  la
questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 16,  comma  1,
lettere b),  d),  e)  ed  f),  del  decreto-legge  n.  98  del  2011,
convertito, con modificazioni, in legge n.  111  del  2011,  promossa
dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento  agli  artt.  114,  117,
terzo comma, e 118 della Costituzione, con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2012. 
 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2012. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI