N. 158 SENTENZA 18 - 22 giugno 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Agricoltura - Caccia - Norme della Regione Piemonte - Istituzione  di
  un "Marchio di valorizzazione" delle  produzioni  agroalimentari  -
  Anticipazioni sui contributi relativi al Regime di pagamento  unico
  previsto dalle norme comunitarie autorizzate dall'Agenzia Regionale
  per le Erogazioni in Agricoltura (ARPEA) - Interventi  straordinari
  a  protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  sul  prelievo
  venatorio  -  Ius  superveniens  abrogativo  o  sostitutivo   delle
  disposizioni censurate  -  Mancata  applicazione  medio  tempore  -
  Cessazione della materia del contendere. 
- Legge della Regione Piemonte 11 luglio 2011, n. 10, artt. 2,  comma
  7, 7, comma 1, e 8, comma 2. 
- Costituzione, artt. 3, 117, primo e secondo comma, lett. s). 
Rifiuti - Norme della Regione Piemonte - Comuni montani e  comuni  ad
  alta marginalita' con popolazione inferiore  ai  1.500  abitanti  -
  Attribuzione  alla  Giunta  regionale  del  potere  di  autorizzare
  unilateralmente una deroga al  raggiungimento  degli  obiettivi  di
  raccolta differenziata  -  Contrasto  con  la  normativa  nazionale
  secondo cui le deroghe agli obiettivi della raccolta  differenziata
  possono essere autorizzate dal Ministro dell'ambiente,  nell'ambito
  di una attivita' di programmazione che coinvolge anche la Regione -
  Violazione  della  competenza  legislativa  esclusiva  statale   in
  materia di tutela dell'ambiente - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Piemonte 11 luglio 2011, n. 10, art. 26,  comma
  2. 
- Costituzione, 117, secondo comma, lett. s); d.lgs. 3  aprile  2006,
  n. 152, art. 205, comma 1-bis. 
(GU n.26 del 27-6-2012 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  degli  articoli  2,
comma 7, 7, comma 1, 8, comma 2, e 26, comma  2,  della  legge  della
Regione Piemonte 11 luglio 2011, n. 10 (Disposizioni  collegate  alla
legge finanziaria per  l'anno  2011),  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il  9  settembre  2011,
depositato in cancelleria il 15 settembre 2011, ed iscritto al n.  93
del registro ricorsi 2011. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte; 
    udito nell'udienza pubblica del 5 giugno 2012 il Giudice relatore
Gaetano Silvestri; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Alessandro  De  Stefano  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Giovanna  Scollo
per la Regione Piemonte. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 9 settembre 2011  e  depositato  il
successivo 15 settembre, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale degli  articoli  2,
comma 7, 7, comma 1, 8, comma 2, e 26, comma  2,  della  legge  della
Regione Piemonte 11 luglio 2011, n. 10 (Disposizioni  collegate  alla
legge finanziaria per l'anno 2011), per  violazione  degli  artt.  3,
117, commi primo e secondo, lettera s), e  120,  primo  comma,  della
Costituzione. 
    1.1.-  La  difesa  dello  Stato  richiama  il   contenuto   delle
disposizioni impugnate e quindi espone gli argomenti a sostegno delle
relative censure. 
    1.2.- L'art.  2  della  legge  reg.  Piemonte  n.  10  del  2011,
rubricato «Valorizzazione delle produzioni agroalimentari»,  prevede,
al comma 7, che la Regione istituisca un marchio di valorizzazione al
fine di realizzare  gli  obiettivi  fissati  nel  comma  1,  e  cioe'
promuovere «la produzione, la commercializzazione e la valorizzazione
dei prodotti agroalimentari  destinati  all'alimentazione  umana  con
specificita'  di  processo  e  di  prodotto,  aventi  caratteristiche
qualitativamente superiori rispetto alle norme di commercializzazione
o  ai  requisiti  minimi  stabiliti  dalla  normativa  comunitaria  e
nazionale vigente», e  per  «valorizzare  i  prodotti  agroalimentari
afferenti ai sistemi di qualita' comunitari e nazionali prodotti  nel
proprio territorio».  La  disposizione  stabilisce  altresi'  che  il
relativo regolamento e il manuale d'uso saranno  approvati  con  atto
della  Giunta  regionale,  al  fine  di  richiedere   la   preventiva
registrazione del marchio presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi
e presso l'Ufficio di armonizzazione del mercato interno. 
    1.2.1.-  Secondo  il  ricorrente  la  norma   impugnata   sarebbe
incompatibile con gli artt. 40-42 [recte:  34-36]  del  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione  europea  (TFUE),  i  quali  sanciscono  il
principio della libera circolazione delle merci nel mercato  interno,
e si porrebbe pertanto in contrasto  con  l'art.  117,  primo  comma,
Cost. Allo stesso tempo, la norma violerebbe l'art. 120, primo comma,
Cost., il quale vieta l'adozione di provvedimenti che  ostacolino  in
qualunque modo la libera circolazione delle cose tra le Regioni. 
    In particolare, le norme comunitarie evocate non  consentirebbero
agli Stati membri di regolare o  applicare  misure  di  marcatura  di
origine delle merci, siano esse marchi obbligatori  o  volontari,  in
quanto  cio'  potrebbe  ostacolare  gli  scambi  intracomunitari.  E'
richiamata la sentenza 5  novembre  2002  della  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea, in causa C-325/00, Commissione  delle  Comunita'
europee contro Repubblica federale  di  Germania,  in  cui  si  trova
affermato che un sistema di marcatura, pur se facoltativo, quando sia
imputabile   ad   un'autorita'   pubblica   determina   un    effetto
potenzialmente restrittivo sulla libera circolazione delle merci  tra
gli Stati membri, posto che l'uso del marchio «favorisce, o e' atto a
favorire, lo smercio dei prodotti in questione rispetto  ai  prodotti
che non possono fregiarsene». 
    Sarebbe pertanto  evidente,  a  parere  dell'Avvocatura  generale
dello Stato, la violazione del parametro che impone il  rispetto  dei
vincoli fissati  dall'ordinamento  dell'Unione  europea,  nonche'  di
quello che tutela la liberta' degli scambi tra le Regioni. 
    1.3.- L'art.  7  della  legge  reg.  Piemonte  n.  10  del  2011,
rubricato  «Anticipazione  sui  contributi  relativi  al  Regime   di
pagamento unico previsto dai capitoli 1, 2, 3 e 4 del Titolo III  del
Regolamento (CE) 73/2009», stabilisce, al comma  1,  che  la  Regione
puo' autorizzare l'Agenzia regionale per le erogazioni in agricoltura
(ARPEA) ad erogare anticipazioni sui contributi come  sopra  indicati
«nel rispetto dei principi e delle regole di cui al Regolamento  (CE)
1290/2005 ed al Regolamento (CE) 1122/2009». Al comma 2 dello  stesso
art. 7 e' precisato che «la Giunta regionale, sentita la  commissione
consiliare competente, definisce con  proprio  atto  l'entita'  e  le
modalita'  dell'anticipazione»,  e  al  comma  3  e'   previsto   che
«l'eventuale aiuto derivante al beneficiario e' da considerarsi aiuto
in regime de minimis ai sensi del Regolamento (CE) 1535/2007». 
    1.3.1.- La norma regionale, a parere della  difesa  dello  Stato,
sarebbe incompatibile  con  la  disciplina  contenuta  nell'art.  29,
paragrafo 4,  del  regolamento  (CE)  19  gennaio  2009,  n.  73/2009
[Regolamento del Consiglio che stabilisce norme  comuni  relative  ai
regimi  di  sostegno  diretto  agli  agricoltori  nell'ambito   della
politica agricola e istituisce taluni regimi  di  sostegno  a  favore
degli agricoltori, e che modifica i regolamenti  (CE)  n.  1290/2005,
(CE) n. 247/2006, (CE) n. 378/2007 e abroga il  regolamento  (CE)  n.
1782/2003]. La disposizione regolamentare citata prevede infatti che,
in deroga al regime fissato nel paragrafo 2, secondo cui l'erogazione
dei pagamenti  diretti  puo'  avvenire  a  partire  dal  1°  dicembre
dell'anno  di  presentazione  della  domanda  e  fino  al  30  giugno
dell'anno successivo, la Commissione puo' autorizzare l'anticipazione
dei pagamenti, previo esame del comitato di  gestione  dei  pagamenti
diretti, secondo la procedura di cui all'art. 141, paragrafo  2,  del
medesimo regolamento. 
    L'anticipazione dei pagamenti nell'ambito del regime di  sostegno
comunitario trova giustificazione nel riconoscimento, da parte  della
Commissione, di  situazioni  eccezionali  che  abbiano  causato  agli
agricoltori difficolta'  finanziarie,  esigendo  comunque  la  previa
verifica della sussistenza delle condizioni di  ammissibilita'  della
richiesta di aiuto, come precisato al paragrafo 3 del citato art. 29. 
    Il legislatore regionale, prosegue  l'Avvocatura  generale  dello
Stato, avrebbe previsto le anticipazioni dei pagamenti oltre e al  di
fuori delle condizioni tassativamente indicate dal  regolamento  (CE)
n. 73/2009, con conseguente violazione dell'art.  117,  primo  comma,
Cost. 
    Sarebbe inoltre violato il principio di uguaglianza, poiche'  gli
agricoltori piemontesi verrebbero  a  beneficiare  di  aiuti  che,  a
parita' di condizioni, sono inibiti agli agricoltori residenti  nelle
altre Regioni del Paese. 
    1.4.- L'art. 8, comma 2, della legge reg. Piemonte n. 10 del 2011
introduce  l'art.  29-bis  nella  legge  della  Regione  Piemonte   4
settembre 1996, n. 70 (Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e  per  il  prelievo  venatorio).  La  nuova  disposizione,
rubricata «Interventi di contenimento straordinari», prevede al comma
1  che  la  Giunta  regionale,  «sentita  la  commissione  consiliare
competente, per le esigenze ambientali, di  gestione  del  patrimonio
zootecnico, la tutela del  suolo,  delle  produzioni  zootecniche  ed
agroforestali, la prevenzione dei rischi a persone e cose,  definisce
annualmente   l'elenco   delle   specie    oggetto    di    controllo
straordinario». Il medesimo art. 29-bis, ai commi 2 e  3,  stabilisce
che le Province approvano piani di contenimento delle specie inserite
nel citato elenco e autorizzano allo scopo l'intervento di cacciatori
nominativamente indicati dai comitati di gestione degli  ATC  (Ambiti
territoriali di caccia) e dei CA (Comprensori alpini) competenti  per
territorio. 
    1.4.1.-  Il  ricorrente  osserva  come  la  citata  disposizione,
intervenendo in materia di  contenimento  di  specie  animali,  abbia
rimesso alle Province la redazione dei relativi piani, con il  parere
dell'Istituto superiore per la protezione  e  la  ricerca  ambientale
(ISPRA), ed in considerazione di finalita' generiche, quali  sono  il
«raggiungimento  del  livello  compatibile  con  le   caratteristiche
ambientali»,  ovvero  «le  esigenze  di   gestione   del   patrimonio
zootecnico», o ancora «la prevenzione dei rischi a persone e cose». 
    Tale disciplina si porrebbe in contrasto con la normativa statale
di riferimento, che a sua volta rientra nella  materia  della  tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva dello  Stato
ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., e  pertanto
non derogabile dalle Regioni. 
    In particolare, la difesa statale osserva  come  la  disposizione
regionale riguardi gli animali selvatici predatori, per  i  quali  e'
previsto  un  regime  di  protezione  rigoroso  che  discende   dalla
direttiva 21 maggio  1992,  n.  92/43/CEE  (Direttiva  del  Consiglio
relativa alla conservazione degli habitat naturali e  seminaturali  e
della flora e della fauna  selvatiche),  recepita  con  il  d.P.R.  8
settembre  1997,  n.  357  (Regolamento  recante   attuazione   della
direttiva  92/43/CEE  relativa  alla  conservazione   degli   habitat
naturali  e  seminaturali,  nonche'  della  flora   e   della   fauna
selvatiche). 
    Ai sensi dell'art. 11 del medesimo d.P.R.  n.  357  del  1997,  i
programmi di contenimento delle specie animali indicate nell'allegato
D possono essere  autorizzati  dal  Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare, a seguito del parere  del  Ministro
per le politiche  agricole  e  dell'ISPRA,  soltanto  in  assenza  di
soluzioni alternative. Inoltre, in termini analoghi a quanto  avviene
per i prelievi in  deroga,  l'intervento  di  controllo  della  fauna
selvatica «deve essere attuato  valutando  ogni  singolo  caso  ed  a
seguito di analisi delle problematiche e dei motivi che  giustificano
la deroga», a condizione che non  sia  pregiudicato  il  mantenimento
delle popolazioni della specie interessata, nella  relativa  area  di
distribuzione naturale. Le  deroghe,  infine,  devono  perseguire  le
finalita' previste all'art. 11, primo comma, lettere da a) ad e), del
d.P.R. n. 357 del 1997. 
    L'Avvocatura  generale  dello  Stato  evidenzia  come  la   norma
regionale impugnata, invece, restringa gli interventi di contenimento
alle sole specie animali  indicate  nell'elenco  redatto  annualmente
dalla Regione,  in  tal  modo  potendo  impedire,  irragionevolmente,
l'attuazione di «interventi che si rendessero necessari per  esigenze
di carattere straordinario, riguardanti  altre  specie  non  comprese
nell'elenco». Sotto diverso profilo, risulterebbe in contrasto con la
disciplina statale l'attribuzione alle Province  della  competenza  a
redigere i piani di contenimento, senza il parere del  Ministero  per
le politiche agricole e sulla  base  di  criteri  generici,  che  non
rispettano le condizioni rigorose indicate nel  citato  art.  11  del
d.P.R. n. 357 del 1997. 
    1.5.- Infine, l'impugnato art. 26,  comma  2,  della  legge  reg.
Piemonte n. 10 del 2011, ha inserito il comma 5-bis dopo il  comma  5
dell'art. 13 della legge della Regione Piemonte 24 ottobre  2002,  n.
24  (Norme  per  la  gestione  dei  rifiuti),  prevedendo  che,   con
provvedimento  della  Giunta,  sentita  la   commissione   consiliare
competente, puo' essere disposta la deroga  al  raggiungimento  degli
obiettivi di raccolta differenziata,  per  i  Comuni  montani  e  per
quelli  ad  alta  marginalita'  con  popolazione  inferiore  a  1.500
abitanti. 
    La difesa statale ritiene che la disposizione regionale si  ponga
in contrasto con l'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  Cost.,  in
quanto incompatibile con la disciplina statale,  contenuta  nell'art.
205, comma 1-bis, del decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152
(Norme in materia ambientale), in tema di deroghe  al  raggiungimento
dei predetti obiettivi. 
    La  norma  statale  citata  prevede,  infatti,   che   i   Comuni
interessati debbano avanzare  la  richiesta  di  deroga  al  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il quale puo'
autorizzare la deroga previa stipula di un accordo di  programma  tra
lo stesso Ministero, la Regione e gli enti locali interessati. 
    Le Regioni non sarebbero dunque legittimate a consentire  deroghe
in assenza di  autorizzazione  ministeriale,  e  conseguentemente  le
disposizioni regionali difformi dalla norma richiamata come parametro
interposto  risulterebbero  illegittime,  in  quanto  invasive  della
competenza statale esclusiva in materia  di  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema. 
    2.- Con atto depositato il 21 ottobre 2011, si e'  costituita  in
giudizio la Regione Piemonte, in persona del Presidente pro  tempore,
ed ha chiesto che il ricorso sia respinto. 
    2.1.- La difesa regionale esamina la  censura  -  prospettata  in
riferimento agli artt. 117, primo comma, e 120, primo comma, Cost.  -
avente ad oggetto l'art. 2 della legge reg. Piemonte n. 10 del  2011,
che  istituisce   il   marchio   di   valorizzazione   dei   prodotti
agroalimentari, osservando come non sia pertinente il  richiamo  alla
sentenza  della  Corte  di  giustizia,  5  novembre  2002,  in  causa
C-325/00,  Commissione  delle  Comunita'  europee  contro  Repubblica
federale di Germania. 
    La  fattispecie   sottoposta   nell'occasione   alla   Corte   di
Lussemburgo, in realta',  riguardava  l'istituzione  di  un  ente  di
diritto pubblico di gestione dei  finanziamenti  volti  ad  orientare
l'interesse generale del settore agroalimentare tedesco,  laddove  la
disposizione regionale oggi impugnata si limita a definire la zona di
provenienza dei prodotti agroalimentari. 
    Secondo la Regione Piemonte sussisterebbe, invece,  analogia  tra
l'odierna questione e quella decisa dalla sentenza n.  213  del  2006
della Corte  costituzionale,  concernente  una  norma  della  Regione
Abruzzo che  prevedeva  misure  di  promozione  del  prodotto  ittico
locale. In particolare, precisa la  resistente,  la  sentenza  citata
avrebbe precisato che la previsione di misure per  la  promozione  di
certificazione di qualita' di prodotti del territorio  regionale  non
viola l'art. 117,  primo  comma,  Cost.,  trattandosi  di  misure  di
sostegno ad attivita' economica localizzata sul territorio stesso. 
    2.2.- Risulterebbe priva di fondamento,  a  parere  della  difesa
regionale, anche la censura prospettata in riferimento agli artt. 3 e
117, primo comma, Cost., avente ad oggetto l'art. 7, comma  1,  della
legge reg. Piemonte n. 10 del 2011. 
    Con la predetta disposizione, in ragione delle gravi  difficolta'
finanziarie provocate dalla crisi economica, si e' istituito un aiuto
alle aziende agricole, finalizzato a coprire  il  periodo  necessario
per l'erogazione  del  contributo  comunitario.  L'aiuto  e'  infatti
finanziato con fondi regionali, e' calcolato sulla  base  del  regime
del pagamento unico di cui agli artt. 1, 2, 3 e 4 del Titolo III  del
regolamento (CE) n. 73/2009, e non interferisce sulle  procedure  che
saranno applicate  dall'ARPEA  nell'ambito  del  predetto  regime  di
sostegno comunitario. 
    La stessa difesa precisa, inoltre, che  il  contributo  regionale
alle aziende agricole e' concesso in regime de minimis,  ai  sensi  e
per gli effetti del regolamento (CE) 20 dicembre 2007,  n.  1535/2007
(Regolamento della Commissione relativo all'applicazione degli  artt.
87 e 88 del trattato CE agli  aiuti  de  minimis  nel  settore  della
produzione dei prodotti agricoli), e pertanto non ricade nel  divieto
previsto dall'art. 87, paragrafo 1, del Trattato. Nella  specie,  non
si tratterebbe  di  un  sostegno  concesso  ad  imprese  che  abbiano
conseguito nell'arco dei tre anni fiscali aiuti de minimis di importo
eccedente i 7.500,00 euro. 
    2.3.- Quanto alla censura, prospettata  in  riferimento  all'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., avente ad  oggetto  l'art.  8,
comma 2, della legge reg. Piemonte n. 10 del 2011, nella parte in cui
introduce l'art. 29-bis nella legge reg. Piemonte n. 70 del 1996,  la
difesa della resistente evidenzia che la  disposizione  non  riguarda
gli animali selvatici per i quali e' previsto un  programma  speciale
di protezione ai sensi della direttiva 92/43/CEE, recepita dal d.P.R.
n. 357 del 1997. 
    In  ogni  caso,  prosegue  la  stessa  difesa,  l'intervento   di
contenimento delineato dalla norma regionale impugnata avverrebbe nel
rispetto delle norme statali - e' richiamato l'art. 19 della legge 11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio) - e comunitarie, presupponendo
una  valutazione  tecnico-scientifica  da  parte  dell'ISPRA  ed  una
preventiva verifica  dei  metodi,  in  conformita'  con  quanto  gia'
previsto dall'art. 29, comma 4, della legge reg. Piemonte n.  70  del
1996. 
    2.4.- Non sussisterebbe infine, a parere della Regione  Piemonte,
il prospettato contrasto tra il comma 5-bis dell'art. 13 della  legge
reg. Piemonte n. 24 del 2002 -  introdotto  dall'art.  26,  comma  2,
della legge reg. Piemonte n. 10 del 2011 -,  e  l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost.,  tramite  l'interposizione  dell'art.  205,
comma 1-bis, del d.lgs. n. 152 del 2006. 
    La disposizione impugnata prevede che la Giunta regionale  possa,
a determinate condizioni, consentire ai Comuni montani e a quelli  ad
alta marginalita' con popolazione inferiore  ai  1.500  abitanti  una
deroga al raggiungimento degli obiettivi di  raccolta  differenziata,
la' dove  la  normativa  statale  richiamata  esige  l'autorizzazione
ministeriale, previa stipula di accordo con la  Regione  e  gli  enti
locali interessati. 
    In realta', secondo la difesa della  resistente,  posto  che  gli
obiettivi della raccolta differenziata sono oggetto di programmazione
a livello regionale, e che l'art. 205 del  d.lgs.  n.  152  del  2006
prevede il rispetto di percentuali minime di  raccolta  differenziata
da parte di ogni ambito territoriale ottimale, la  normativa  statale
consentirebbe alla Regione di agevolare i piccoli Comuni,  una  volta
che  rimanga  inalterata  la  percentuale  complessiva  di   raccolta
differenziata riferita all'ambito territoriale di appartenenza. 
    3.- In data 22 maggio 2012, la  Regione  Piemonte  ha  depositato
memoria con la quale ha formulato istanza di cessazione della materia
del contendere in riferimento alle questioni collegate ai  primi  due
motivi  di  ricorso,  essendo  state   abrogate   o   modificate   le
disposizioni oggetto di impugnazione. 
    In particolare, la difesa della resistente ha evidenziato che con
l'art. 39, commi 1 e 2, della legge della Regione Piemonte  4  maggio
2012, n. 5 (Legge finanziaria per l'anno  2012),  e'  stato  abrogato
l'art. 2, comma 7, della legge reg. n. 10 del  2011,  istitutivo  del
marchio di valorizzazione dei prodotti agroalimentari  regionali,  ed
e' stato sostituito l'art. 7, comma 1, che prevedeva  la  concessione
di anticipazioni sugli  aiuti  comunitari  in  favore  delle  imprese
agricole regionali, con una disposizione che, allo scopo,  istituisce
un aiuto in regime de minimis. 
    4.- All'udienza di discussione, la difesa regionale  ha  ribadito
la  richiesta  di  declaratoria  di  cessazione  della  materia   del
contendere con riguardo alle questioni aventi ad oggetto gli artt. 2,
comma 7, e 7, comma 1, della legge reg.  Piemonte  n.  10  del  2011.
Analoga richiesta e' stata  formulata  per  la  questione  avente  ad
oggetto l'art. 8, comma 2, della medesima  legge,  in  ragione  della
intervenuta abrogazione, ad  opera  dell'art.  40  della  legge  reg.
Piemonte n. 5 del 2012, dell'intera legge reg.  Piemonte  n.  70  del
1996, e dunque anche dell'art. 29-bis introdotto dall'impugnato  art.
8, comma 2. 
    La  difesa  regionale  ha  altresi'  precisato  che  le  indicate
disposizioni regionali non hanno avuto medio tempore applicazione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale degli articoli 2, comma 7, 7, comma 1, 8,
comma 2, e 26, comma 2, della legge della Regione Piemonte 11  luglio
2011, n. 10 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria per l'anno
2011), per violazione degli artt. 3,  117,  primo  e  secondo  comma,
lettera s), e 120, primo comma, della Costituzione. 
    2.- Preliminarmente, si deve rilevare che,  in  epoca  successiva
alla proposizione del ricorso, la legge reg. Piemonte n. 10 del  2011
e'  stata  oggetto  di  modifiche,  come  evidenziato  dalla   difesa
regionale con la memoria  depositata  nell'imminenza  dell'udienza  e
ulteriormente precisato in sede di discussione. 
    In particolare, l'art. 2, comma  7,  istitutivo  del  marchio  di
valorizzazione  dei  prodotti  agroalimentari  regionali,  e'   stato
abrogato dall'art. 39, comma 2, della legge della Regione Piemonte  4
maggio 2012, n. 5 (Legge finanziaria per l'anno 2012). 
    L'art. 7, comma 1, che consentiva  alla  Regione  di  autorizzare
anticipazioni sui contributi spettanti  agli  imprenditori  agricoli,
nell'ambito del regime del pagamento unico previsto dai  capitoli  1,
2, 3 e 4 del Titolo III del regolamento  (CE)  19  gennaio  2009,  n.
73/2009  [Regolamento  del  Consiglio  che  stabilisce  norme  comuni
relative ai regimi di sostegno diretto agli  agricoltori  nell'ambito
della politica agricola e istituisce  taluni  regimi  di  sostegno  a
favore degli agricoltori,  e  che  modifica  i  regolamenti  (CE)  n.
1290/2005, (CE) n. 247/2006, (CE) n. 378/2007 e abroga il regolamento
(CE) n. 1782/2003], e' stato sostituito dall'art. 39, comma 3,  della
legge reg. Piemonte n. 5 del 2012. 
    Risulta inoltre abrogata, dall'art.  40  di  quest'ultima  legge,
l'intera legge della Regione Piemonte 4 settembre 1996, n. 70  (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per  il  prelievo
venatorio), e con essa anche l'art. 29-bis, introdotto  dall'art.  8,
comma 2, della legge  reg.  Piemonte  n.  10  del  2011,  oggetto  di
impugnazione. 
    2.1.- Occorre pertanto verificare l'incidenza del richiamato  ius
superveniens sulle questioni che hanno  ad  oggetto  le  disposizioni
regionali abrogate, alla luce delle  dichiarazioni  rese  in  udienza
dalla difesa regionale circa la mancata applicazione delle stesse nel
periodo, pure relativamente breve, di vigenza. 
    Discorso analogo vale con riferimento all'impugnato art. 7, comma
1, della legge reg. Piemonte n. 10 del 2011, che e' stato  sostituito
dall'art. 39, comma 3, della legge  reg.  Piemonte  n.  5  del  2012,
dovendosi  escludere   il   trasferimento   della   questione   sulla
disposizione  regionale  attualmente   vigente.   Con   quest'ultima,
infatti, il legislatore regionale ha  istituito  un  aiuto  a  favore
degli imprenditori agricoli, per gli esercizi  finanziari  2012-2013,
nell'ambito del regime de minimis previsto dal  regolamento  (CE)  20
dicembre 2007, n. 1535/2007 (Regolamento della  Commissione  relativo
all'applicazione degli artt. 87 e 88 del trattato CE  agli  aiuti  de
minimis nel settore della produzione  dei  prodotti  agricoli).  Tale
regime di  aiuti  si  sostanzia  nella  erogazione  di  anticipazioni
finanziarie sui futuri contributi relativi al pagamento unico di  cui
al regolamento (CE) n. 73/2009, spettante agli  stessi  imprenditori.
Diversamente, la  norma  censurata,  nel  testo  vigente  al  momento
dell'impugnazione, consentiva alla Regione di  autorizzare  l'Agenzia
regionale per le erogazioni in agricoltura  (ARPEA)  a  corrispondere
anticipazioni  sui  medesimi  contributi,  attribuendo  in  tal  modo
all'ente territoriale una competenza che l'art. 29, paragrafo 4,  del
citato regolamento (CE) n. 73/2009, assegna alla Commissione europea. 
    2.2.- Secondo quanto affermato dalla difesa regionale in udienza,
le  disposizioni  dianzi  richiamate,  oggetto   di   abrogazione   o
sostituzione, non hanno ricevuto medio tempore applicazione. 
    L'affermazione, che  risulta  plausibile  in  considerazione  sia
della  struttura  delle  predette  norme,  che  implicava   ulteriori
adempimenti  da  parte  degli  organi  regionali,  sia  del   periodo
relativamente  breve  di  vigenza,  consente,  in  conformita'   alla
giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 310 e n. 153
del 2011, n. 451 del 2007), di accogliere la richiesta della  Regione
e dichiarare, pertanto, la cessazione della  materia  del  contendere
delle questioni di legittimita' costituzionale aventi ad oggetto  gli
artt. 2, comma 7, 7, comma 1, e 8, comma 2, della legge reg. Piemonte
n. 10 del 2011. 
    3.- Residua la questione avente ad oggetto l'art.  26,  comma  2,
della legge reg. Piemonte n. 10 del 2011, che ha introdotto il  comma
5-bis dell'art. 13 della legge  della  Regione  Piemonte  24  ottobre
2002, n. 24 (Norme per la gestione dei  rifiuti).  Tale  disposizione
prevede: «La giunta  regionale,  sentita  la  Commissione  consiliare
competente, puo' consentire ai comuni montani ed ai  comuni  ad  alta
marginalita' con popolazione inferiore ai 1.500 abitanti  una  deroga
al  raggiungimento  degli  obiettivi   di   raccolta   differenziata,
stabilendo i relativi criteri e modalita'». 
    Lo Stato  ha  impugnato  la  suddetta  norma  in  quanto  avrebbe
introdotto una disciplina difforme da quella contenuta nell'art. 205,
comma 1-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme  in
materia ambientale), secondo cui  le  deroghe  agli  obiettivi  della
raccolta differenziata possono essere autorizzate, su  richiesta  del
Comune interessato, dal Ministro dell'ambiente. 
    La difesa  regionale  ha  chiesto  il  rigetto  della  questione,
affermando  che  gli  obiettivi  della  raccolta  differenziata  sono
stabiliti nella programmazione regionale,  mentre  la  norma  statale
richiamata dal ricorrente si limiterebbe a prevedere il  rispetto  di
percentuali minime di raccolta  differenziata  da  parte  di  ciascun
ambito territoriale ottimale. Da  cio'  deriverebbe  che  la  Regione
potrebbe autorizzare deroghe in favore di singoli Comuni, a patto  di
mantenere  inalterata  la   percentuale   complessiva   di   raccolta
differenziata in rapporto all'ambito territoriale di riferimento. 
    3.1.- La questione e' fondata. 
    Contrariamente  a  quanto  sostenuto  dalla   difesa   regionale,
l'attivita'  di  programmazione  attribuita  alle  Regioni,  per   la
delimitazione degli ambiti territoriali ottimali (art. 200, comma  2,
del d.lgs. n. 152 del  2006),  non  implica  che  le  stesse  Regioni
possano  autorizzare  deroghe  per  singoli  Comuni   rispetto   alle
percentuali di raccolta differenziata da raggiungere. La possibilita'
di  realizzare  "compensazioni"  tra  le  percentuali   di   raccolta
differenziata conseguite dai diversi Comuni all'interno del  medesimo
territorio costituisce, ai sensi  dell'art.  205,  comma  1-bis,  del
d.lgs. n. 152 del 2006, una delle modalita' attraverso cui il  Comune
richiedente intende conseguire gli obiettivi indicati dall'art.  181,
comma 1, del medesimo decreto. La suddetta  compensazione  e'  quindi
uno dei possibili  contenuti  dell'accordo  di  programma,  che  deve
essere stipulato tra Ministero dell'ambiente, Regione ed enti  locali
interessati prima dell'autorizzazione alla deroga, da  concedersi  da
parte del Ministro dell'ambiente. 
    Per le ragioni sopra indicate, la potesta' di  concedere  deroghe
ai Comuni, nel caso in cui non  sia  realizzabile  il  raggiungimento
degli obiettivi di raccolta differenziata, appartiene  allo  Stato  -
titolare di competenza legislativa esclusiva in materia di  ambiente,
ai sensi dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  Cost.  -  e  si
inserisce  nell'ambito  di  un'attivita'   di   programmazione,   che
coinvolge  anche  la  Regione.   Quest'ultima   pertanto   non   puo'
disciplinare unilateralmente la concessione delle  suddette  deroghe,
come invece stabilisce, in modo  costituzionalmente  illegittimo,  la
norma regionale censurata. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  26,
comma 2, della legge della Regione Piemonte 11  luglio  2011,  n.  10
(Disposizioni collegate alla legge finanziaria per l'anno 2011); 
    2) dichiara cessata la materia  del  contendere  in  ordine  alle
questioni di legittimita' costituzionale degli articoli 2,  comma  7,
7, comma 1, e 8, comma 2, della medesima legge regionale  n.  10  del
2011,  promosse  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,   in
riferimento agli artt. 3, 117, primo e  secondo  comma,  lettera  s),
della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 giugno 2012. 
 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
 
 
                    Gaetano SILVESTRI, Redattore 
 
 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2012. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
 
 
                       F.to: Gabriella MELATTI