N. 193 SENTENZA 17 - 19 luglio 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Realizzazione degli  obiettivi  di
  finanza  pubblica  per  la   stabilizzazione   finanziaria   e   il
  contenimento  della  spesa   pubblica   -   Concorso   degli   enti
  territoriali - Ripartizione degli  oneri  sulla  base  di  apposito
  decreto ministeriale che classifica  gli  enti  in  quattro  classi
  secondo parametri di virtuosita' - Previsione di  "un  coefficiente
  di correzione connesso alla dinamica nel  miglioramento  conseguito
  dalle singole amministrazioni" - Ricorso della Regione  Sardegna  -
  Sopravvenuta abrogazione della norma censurata - Mancata attuazione
  medio tempore - Cessazione della materia del contendere. 
- D.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito nella legge 15  luglio  2011,
  n. 111), art.  20, comma 2-ter. 
- Costituzione, artt.  3, 5, 116, 117 e 119;  statuto  della  Regione
  Sardegna, artt. 1, 3, 4, 5, 7 e 8. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Realizzazione degli  obiettivi  di
  finanza  pubblica  per  la   stabilizzazione   finanziaria   e   il
  contenimento  della  spesa   pubblica   -   Concorso   degli   enti
  territoriali - Ripartizione degli  oneri  sulla  base  di  apposito
  decreto ministeriale che classifica  gli  enti  in  quattro  classi
  secondo parametri di virtuosita' - Ricorso della Regione Sardegna -
  Asserita applicabilita' della disciplina alle autonomie speciali in
  violazione del metodo pattizio  di  cui  all'art.  27  della  legge
  delega in materia di federalismo fiscale n. 42 del 2009 -  Asserita
  lesione della peculiare  autonomia  finanziaria  riconosciuta  alle
  Regioni speciali - Insussistenza - Non fondatezza, nei sensi di cui
  in motivazione. 
- D.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito nella legge 15  luglio  2011,
  n. 111), art.  20, commi 2, 2-bis e 3. 
- Costituzione, artt.  3, 5, 116, 117 e 119;  statuto  della  Regione
  Sardegna, artt. 1, 3, 4, 5, 7 e 8. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Realizzazione degli  obiettivi  di
  finanza  pubblica  per  la   stabilizzazione   finanziaria   e   il
  contenimento  della  spesa   pubblica   -   Concorso   degli   enti
  territoriali  -  Comuni  obbligati  all'esercizio  associato  delle
  funzioni - Individuazione - Innalzamento della  soglia  demografica
  che l'insieme dei Comuni deve raggiungere - Ricorso  della  Regione
  Sardegna - Asserita applicabilita' della disciplina alle  autonomie
  speciali in violazione del metodo pattizio di cui all'art. 27 della
  legge delega in materia di federalismo fiscale n.  42  del  2009  -
  Asserita lesione della potesta' legislativa regionale esclusiva  in
  materia  di  "ordinamento  degli  enti  locali  e  delle   relative
  circoscrizioni" - Insussistenza - Non fondatezza, nei sensi di  cui
  in motivazione. 
- D.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito nella legge 15  luglio  2011,
  n. 111), art.  20, comma 2-quater, modificato dall'art.  14,  comma
  31, del d.l. 31 maggio 2010,  n.  78,  convertito  nella  legge  30
  luglio 2010, n. 122. 
- Statuto della Regione Sardegna, art. 3, primo comma, lett. b). 
Bilancio e contabilita' pubblica - Realizzazione degli  obiettivi  di
  finanza  pubblica  per  la   stabilizzazione   finanziaria   e   il
  contenimento  della  spesa  pubblica  -   Contributo   degli   enti
  territoriali - Misure previste per l'anno 2013 dall'art. 14,  comma
  1, del  d.l.  n.  78  del  2010  -  Estensione  agli  anni  2014  e
  successivi, senza limiti temporali  -  Principio  della  necessaria
  transitorieta' delle norme di riequilibrio della finanza pubblica -
  Applicazione - Sostituzione della espressione "anche agli anni 2014
  e  successivi"   con   l'espressione   "sino   all'anno   2014"   -
  Illegittimita' costituzionale parziale. 
- D.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito nella legge 15  luglio  2011,
  n. 111), art.  20, comma 4. 
- Costituzione,   art.   119;   statuto   speciale   della    Regione
  Friuli-Venezia Giulia,  artt.  48  e  49;  statuto  speciale  della
  Regione Sardegna, artt. 7 e 8. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Realizzazione degli  obiettivi  di
  finanza  pubblica  per  la   stabilizzazione   finanziaria   e   il
  contenimento  della  spesa  pubblica  -   Contributo   degli   enti
  territoriali - Misure gia' previste di restrizioni alla spesa degli
  enti territoriali - Estensione agli anni successivi al 2014,  senza
  limiti temporali - Principio della necessaria transitorieta'  delle
  norme di riequilibrio  della  finanza  pubblica  -  Applicazione  -
  Sostituzione della espressione "per gli anni 2012 e successivi" con
  l'espressione "sino all'anno  2014",  nonche'  dell'espressione  "a
  decorrere dall'anno 2012" con l'espressione "sino all'anno 2014"  -
  Illegittimita' costituzionale parziale. 
- D.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito nella legge 15  luglio  2011,
  n. 111), art.  20, comma 5, lett. b). 
- Costituzione,   art.   119;   statuto   speciale   della    Regione
  Friuli-Venezia Giulia,  artt.  48  e  49;  statuto  speciale  della
  Regione Sardegna, artt. 7 e 8. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Realizzazione degli  obiettivi  di
  finanza  pubblica  per  la   stabilizzazione   finanziaria   e   il
  contenimento  della  spesa  pubblica  -   Contributo   degli   enti
  territoriali - - Misure gia' previste  di  restrizioni  alla  spesa
  delle  Regioni  ordinarie,  delle  Province  e   dei   Comuni   con
  popolazione superiore a  5.000  abitanti  -  Estensione  agli  anni
  successivi al  2014,  senza  limiti  temporali  -  Principio  della
  necessaria transitorieta' delle norme di riequilibrio della finanza
  pubblica  -  Applicazione  -  Sostituzione  delle  espressioni   "a
  decorrere dall'anno  2012"  e  "a  decorrere  dall'anno  2013"  con
  l'espressione "sino all'anno 2014" - Illegittimita'  costituzionale
  in via consequenziale. 
- D.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito nella legge 15  luglio  2011,
  n. 111), art.  20, comma 5, lett. a), c) e d). 
- Costituzione,   art.   119;   statuto   speciale   della    Regione
  Friuli-Venezia Giulia,  artt.  48  e  49;  statuto  speciale  della
  Regione Sardegna, artt. 7 e 8; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 27. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Riduzione  dei  rimborsi  e  delle
  compensazioni  relativi  alle  imposte  -  Ricorso  della   Regione
  Sardegna -  Genericita'  delle  censure  -  Inammissibilita'  delle
  questioni. 
- D.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito nella legge 15  luglio  2011,
  n. 111), art.  20, comma 17-bis. 
- Costituzione, artt.  3, 5, 116, 117 e 119;  statuto  della  Regione
  Sardegna, artt. 1, 3, 4, 5, 7 e 8. 
(GU n.30 del 25-7-2012 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici :Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  20,
commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 3, 4, 5 e 17-bis, del  decreto-legge
6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'articolo  1,  comma
1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, e dell'art. 1, commi  8  e  9,
lettera b), del decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138  (Ulteriori
misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  14
settembre 2011, n.  148,  promossi  con  due  ricorsi  della  Regione
autonoma Friuli-Venezia  Giulia  e  con  due  ricorsi  della  Regione
autonoma Sardegna, notificati il 14 settembre e il 15 novembre  2011,
depositati in cancelleria il 20 settembre, il 22 ed  il  24  novembre
2011, ed iscritti, rispettivamente, ai numeri 94, 96, 139 e  160  del
registro ricorsi 2011. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  19  giugno  2012  il  Giudice
relatore Gaetano Silvestri; 
    uditi  gli  avvocati   Giandomenico   Falcon   per   la   Regione
Friuli-Venezia Giulia, Massimo Luciani  per  la  Regione  Sardegna  e
l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del  Consiglio
dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 14 settembre 2011 e  depositato  il
successivo 20 settembre (reg.  ric.  n.  94  del  2011),  la  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia ha promosso questioni di  legittimita'
costituzionale di alcune  disposizioni  del  decreto-legge  6  luglio
2011,  n.   98   (Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'articolo  1,  comma
1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, e, tra queste,  dell'art.  20,
commi 4 e 5, per violazione degli artt. 116 e 119 della Costituzione,
degli artt. 48 e 49 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n.  1
(Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia)   e   del
principio di leale collaborazione. 
    1.1.- La ricorrente illustra anzitutto  il  contenuto  precettivo
del comma 4 dell'art. 20, secondo il quale,  «fermo  restando  quanto
previsto dal comma 3, ai  fini  della  tutela  dell'unita'  economica
della Repubblica (...) si intendono estese anche  agli  anni  2014  e
successivi» le misure previste per l'anno 2013 dall'art. 14, comma 1,
del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  30
luglio 2010, n. 122. Cio' fino «alla entrata in vigore  di  un  nuovo
patto di stabilita' interno fondato, nel rispetto  dei  principi  del
federalismo fiscale di cui all'articolo  17,  comma  1,  lettera  c),
della legge 5 maggio 2009, n. 42, sui saldi, sulla virtuosita'  degli
enti e  sulla  riferibilita'  delle  regole  a  criteri  europei  con
riferimento all'individuazione delle entrate e delle spese valide per
il patto». 
    La ricorrente segnala che le misure di cui all'art. 14, comma  1,
del  d.l.  n.  78  del  2010  prevedono  il  contributo  degli   enti
territoriali alla realizzazione degli obiettivi di  finanza  pubblica
per il triennio  2011-2013,  nella  misura  fissata,  in  termini  di
fabbisogno e indebitamento  netto,  quanto  alle  Regioni  a  statuto
speciale ed alle Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano,  in  500
milioni di euro per l'anno 2011 ed in 1.000 milioni di euro  annui  a
decorrere dall'anno 2012 (lettera b). 
    In  epoca  successiva,  la  legge  13  dicembre  2010,   n.   220
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita' 2011), con la tabella 1, richiamata
dal comma 131 dell'art. 1, ha indicato per il  Friuli-Venezia  Giulia
l'obiettivo della riduzione di spesa pari ad euro 77.216.900  per  il
2011 e ad euro 154.433.800 l'anno per il 2012 ed il 2013. 
    Il senso dell'impugnato comma 4 dell'art. 20 del d.l. n.  98  del
2011 sarebbe dunque quello  di  rendere  stabili  e  continuative  le
indicate misure di contenimento finanziario. 
    Per altro - prosegue la ricorrente - il comma 5 dell'art. 20  del
d.l. n. 98 del 2011, anch'esso oggetto di censura, prevede  ulteriori
restrizioni di spesa per gli enti territoriali, misurate, quanto alle
Regioni a statuto speciale ed alle  Province  autonome  di  Trento  e
Bolzano, in 1.000 milioni di euro per il 2013, ed in 2.000 milioni di
euro a partire dal 2014. 
    Secondo la Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  le  norme  censurate
ledono l'autonomia  finanziaria  che  e'  riconosciuta  alla  Regione
medesima dall'art. 48 del suo statuto e dall'art. 119, primo, secondo
e quarto comma, Cost. Le stesse norme violerebbero l'art. 116,  primo
comma, Cost., e l'art. 49 del citato statuto speciale. 
    1.2.- Ai  fini  di  un  migliore  inquadramento  delle  questioni
promosse, la ricorrente evidenzia come  le  misure  introdotte  dalle
norme impugnate si aggiungano ad altre, a partire da quelle  previste
dal gia' citato d.l. n. 78 del 2010 e fino alla previsione del  comma
156 dell'art. 1 della legge  n.  220  del  2010,  che  richiede  alla
Regione  Friuli-Venezia  Giulia  un   ulteriore   «effetto   positivo
sull'indebitamento netto», pari a 150 milioni di euro nel  2011,  200
milioni di euro nel 2012, 250 milioni di euro nel 2013,  300  milioni
di euro nel 2014, 350 milioni di euro nel 2015, 340 milioni  di  euro
nel 2016, 350 milioni di euro annui dal 2017 al 2030 e 370 milioni di
euro annui a decorrere dal 2031. 
    Dopo aver operato un computo presuntivo degli oneri  su  di  essa
ricadenti, la ricorrente osserva come si tratti comunque  di  impegni
destinati ad aumentare in virtu' delle modifiche apportate alle norme
impugnate, con effetto dal gennaio 2012, dall'art. 1,  comma  8,  del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione  finanziaria  e  per  lo  sviluppo),  in   corso   di
conversione   al   momento   della   proposizione   del   ricorso   e
successivamente convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,
della legge 14 settembre 2011, n. 148. L'art. 1, comma 8, del  citato
d.l. n. 138 del 2011 ha infatti incrementato le diminuzioni di  spesa
prescritte, anticipandole al 2012. 
    1.3.- La Regione Friuli-Venezia Giulia ammette che  l'imposizione
agli enti regionali di  contenimenti  «transitori»  delle  spese  non
contrasta di per se' con la Costituzione (e' citata, al proposito, la
sentenza n. 284 del 2009 della Corte costituzionale), e che il vulnus
all'autonomia  finanziaria  deve  essere  apprezzato   valutando   la
complessiva disponibilita' di risorse per  l'assicurazione  dei  fini
istituzionali. Proprio per tale ragione, tuttavia, la legittimita' di
singole disposizioni (le sole che  possono  essere  impugnate,  entro
termini tassativi) dovrebbe essere misurata nel piu'  ampio  contesto
degli interventi legislativi che concorrono  alla  realizzazione  del
medesimo  obiettivo.  In  questa  prospettiva,  le  norme   impugnate
sarebbero illegittime per contrasto con l'art. 119 Cost. e con l'art.
48 dello statuto speciale, in quanto  finalizzate  ad  una  riduzione
della capacita' di spesa tale da  pregiudicare  l'assolvimento  delle
funzioni pubbliche conferite alla Regione. 
    La ricorrente pone in rilievo che il primo  comma  dell'art.  116
Cost.  attribuisce  alle   Regioni   a   statuto   speciale   margini
privilegiati di autonomia, anche sul piano finanziario (e' richiamata
la sentenza n. 82 del 2007 della Corte costituzionale). Tuttavia,  in
violazione della norma costituzionale appena citata, i commi  4  e  5
dell'art. 20 del d.l. n. 98 del 2011 riservano alle Regioni  speciali
ed alle Province autonome un trattamento deteriore rispetto a  quello
applicato per le Regioni ordinarie, esigendo dalle prime riduzioni di
spesa complessivamente piu' rilevanti che per le seconde. 
    La sperequazione sarebbe tanto  piu'  irragionevole  considerando
che questa differenziazione  opererebbe  «in  un  contesto  normativo
stabile, quanto alle funzioni,  per  le  Regioni  ordinarie»,  mentre
sarebbe aumentato il concorso specifico della Regione  Friuli-Venezia
Giulia, la quale sarebbe chiamata a  partecipare  all'attuazione  del
federalismo fiscale con una contribuzione  di  370  milioni  di  euro
l'anno, attraverso il versamento di somme allo Stato o la rinuncia ad
assegnazioni statali connesse a leggi di settore, o infine  assumendo
direttamente funzioni  amministrative  attualmente  esercitate  dallo
Stato, con gli oneri conseguenti (art. 1, comma 152, delle  legge  n.
220 del 2010). 
    A parere della ricorrente, dunque, se  e'  vero  che  le  risorse
attribuite alle Regioni  speciali  sono  piu'  ampie,  in  dipendenza
dell'assetto  di  competenze  realizzato   dalle   leggi   di   rango
costituzionale, e' vero anche che solo  questo  tipo  di  leggi  puo'
modificare l'equilibrio corrispondente. 
    D'altra parte - osserva ancora la difesa regionale  -  l'art.  49
dello  statuto  speciale  assicura   determinate   entrate   per   il
perseguimento dei fini istituzionali  della  Regione  (e'  citata  la
sentenza n. 74 del 2009 della Corte costituzionale), ma  la  relativa
garanzia non  avrebbe  senso  se  fosse  legittima  una  compressione
sostanziale della capacita' di utilizzare le entrate medesime  per  i
fini  propri,   di   talche'   le   norme   censurate   violerebbero,
indirettamente, anche il parametro statutario indicato. 
    1.4.- La Regione Friuli-Venezia Giulia  non  nega  che  anche  le
Regioni a statuto speciale siano soggette ai principi fondamentali in
materia di coordinamento  della  finanza  pubblica,  i  quali  devono
essere ovviamente  fissati  dallo  Stato,  anche  in  adempimento  di
obblighi europei (e' richiamata la sentenza  n.  82  del  2007  della
Corte costituzionale); che  siano  esposte  all'andamento  del  ciclo
economico  riguardo  all'attribuzione  di  quote  fisse  del  gettito
fiscale; che siano  chiamate  a  gestire  la  propria  autonomia  «in
armonia con i principi della  solidarieta'  nazionale»  (come  recita
l'art. 48 dello statuto speciale). 
    Tuttavia la considerazione di tali valori deve avvenire  mediante
il    ricorso    a    «strumenti    costituzionalmente    ammissibili
nell'ordinamento».  Cosi',  ad  esempio,  le  norme   di   attuazione
statutaria (art. 4 del d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114, recante «Norme
di attuazione dello Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia in materia di finanza regionale») consentono allo Stato di non
attribuire alla Regione le nuove entrate tributarie  statali  il  cui
gettito sia destinato, con apposite leggi, alla  copertura  di  oneri
diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative
dello  Stato,  specificate  nelle  leggi  medesime  (e'  citata,   in
proposito, la sentenza n. 61 del 1987 della Corte costituzionale). 
    Inoltre,  le  stesse   disposizioni   statutarie   sull'autonomia
finanziaria possono sempre essere  modificate  senza  ricorrere  alla
revisione con legge costituzionale, purche' vi sia il  coinvolgimento
della Regione (art. 63, quinto comma, dello statuto speciale). 
    In termini generali, poi,  i  rapporti  finanziari  tra  Stato  e
Regione sono ispirati al principio della determinazione  consensuale,
che vale a contemperare le  esigenze  di  rispetto  dei  limiti  alla
spesa, imposti dal cosiddetto «patto di stabilita'», con la peculiare
autonomia  finanziaria  delle  Regioni  a  statuto   speciale   (sono
richiamate le sentenze n. 82 del 2007 e n. 353 del 2004  della  Corte
costituzionale). 
    Quale espressione di  tale  principio,  la  ricorrente  evoca  la
disposizione di cui all'art. 27 della legge  5  maggio  2009,  n.  42
(Delega al Governo in materia di federalismo fiscale,  in  attuazione
dell'articolo 119 della Costituzione),  che  rimette  alle  norme  di
attuazione  statutaria   la   concretizzazione   dei   principi   del
federalismo fiscale. Viene ricordato, inoltre, che i commi 152 e  156
dell'art. 1 della legge n. 220 del  2010,  concernenti  lo  specifico
apporto  del  Friuli-Venezia  Giulia  al  risanamento  della  finanza
pubblica, sono il frutto di procedure di concertazione tra lo Stato e
la Regione stessa. 
    Le norme impugnate sarebbero, pertanto, illegittime anche perche'
introdotte   in   violazione   del   principio   costituzionale    di
collaborazione. 
    Da  ultimo,   la   ricorrente   sottolinea   che   dall'eventuale
annullamento dei commi 4 e 5 dell'art. 20 del d.l. n. 98 del 2011 non
deriverebbe «alcun  necessario  pregiudizio  alla  "unita'  economica
della Repubblica", ne' ai principi  di  solidarieta'  nazionale,  ne'
agli obiettivi  di  risanamento  finanziario»,  in  quanto  lo  Stato
continuerebbe ad  avere  tutti  gli  strumenti  per  perseguire  tali
obiettivi nel rispetto dell'autonomia regionale. 
    2.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio con atto depositato in data 24 ottobre 2011,  chiedendo  che
il ricorso  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  venga  dichiarato
inammissibile o, comunque, infondato. 
    La difesa  statale  assume  che  le  doglianze  della  ricorrente
sarebbero infondate, anzitutto, in ragione dell'indebito accostamento
operato tra misure che sono state adottate con finalita' diverse.  Le
misure  assunte  con  la  legge  n.  220   del   2010   afferirebbero
principalmente  all'attuazione   del   federalismo   fiscale,   nella
prospettiva del contributo richiesto alle autonomie speciali  secondo
il disposto dell'art. 27 della legge n. 42 del 2009. Le misure di cui
alle norme oggetto dell'impugnazione, invece, implicano  il  concorso
di tutti gli enti  territoriali  per  il  superamento  di  una  crisi
finanziaria grave e contingente, secondo gli impegni assunti anche in
ambito europeo. 
    Secondo l'Avvocatura generale, la censura  fondata  sull'asserita
sperequazione del carico imposto  alle  Regioni  a  statuto  speciale
sarebbe inammissibile, perche' essenzialmente  centrata  sull'art.  3
Cost., e dunque  su  un  parametro  non  evocabile  nel  giudizio  di
legittimita' promosso in via  principale.  In  ogni  caso,  le  norme
impugnate  sarebbero  intervenute   ad   eliminare   uno   squilibrio
determinatosi con il d.l. n. 78 del  2010,  che  aveva  imposto  alle
Regioni ordinarie un carico di gran lunga eccedente  quello  gravante
sulle Regioni speciali. 
    Infondate, da ultimo, sarebbero anche le doglianze pertinenti  al
principio di leale collaborazione. Le norme in  esame,  infatti,  non
incidono ne' sulla procedura per l'annuale determinazione del livello
complessivo delle spese e dei relativi pagamenti, ne' sulla procedura
regolata dall'art. 27 della  legge  n.  42  del  2009,  che  attiene,
peraltro,  alla  diversa  materia  dell'attuazione  del   federalismo
fiscale. 
    3.- Con ricorso notificato il 14 settembre 2011 e  depositato  il
successivo 20 settembre (reg.  ric.  n.  96  del  2011),  la  Regione
autonoma Sardegna ha promosso - con riguardo agli artt.  3,  5,  116,
117 e 119 Cost. ed agli artt.  1,  3,  4,  5,  7  ed  8  della  legge
costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  3  (Statuto  speciale  per  la
Sardegna) - questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  20,
commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 3, 5, e 17-bis, del d.l. n.  98  del
2011, convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,  della
legge n. 111 del 2011, ed ulteriormente modificato dal  d.l.  n.  138
del 2011, in fase di conversione al momento del ricorso. 
    3.1.- In via preliminare, la  ricorrente  richiama  il  contenuto
dell'art. 20 del d.l. n. 98 del 2011, ponendo a  raffronto  il  testo
originario della  disposizione  con  quello  modificato  in  sede  di
conversione del decreto, ed illustra le  ulteriori  modifiche  subite
dalla stessa disposizione per effetto degli interventi attuati con il
d.l. n. 138 del 2011. 
    Tale ultima novella, in particolare,  non  avrebbe  inciso  sulla
struttura della manovra realizzata mediante il d.l. n. 98 del 2011, i
cui vizi sarebbero rimasti inalterati; piuttosto, il d.l. n. 138  del
2011 avrebbe modificato «alcuni  dati  quantitativi  della  manovra»,
anticipandone temporalmente gli effetti. Da quanto  appena  detto  la
ricorrente deduce  l'irrilevanza,  ai  fini  delle  odierne  censure,
dell'eventuale mancata conversione, in tutto o in parte, del d.l.  n.
138 del 2011. 
    Sempre in  via  preliminare,  la  Regione  Sardegna  richiama  le
modifiche recate all'art. 8 del suo statuto dall'art. 1,  comma  834,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  Legge  finanziaria
2007).  Nella  prospettazione  della  ricorrente,  le   nuove   norme
statutarie  in  materia  di  entrate  regionali  -  la  cui   mancata
attuazione, «per la colpevole inerzia dello Stato», ha dato luogo  al
promovimento di un conflitto di attribuzione, iscritto  al  numero  8
del  registro  conflitti  enti  2011  -  costituiscono  parametro  di
valutazione della legittimita' delle norme impugnate. 
    3.2.- Nel merito, la Regione lamenta,  anzitutto,  la  violazione
dell'art. 8 del proprio statuto, anche in riferimento agli  artt.  1,
3, 4, 5 e 7 dello statuto medesimo, ed agli artt. 3, 5,  116,  117  e
119 Cost. La ricorrente osserva come la norma statutaria, per  quanto
modificata  (secondo  le  previsioni  dello   stesso   statuto)   con
disposizione di rango  ordinario  (legge  n.  296  del  2006),  funga
comunque   da   parametro   di   valutazione    della    legittimita'
costituzionale delle norme impugnate (sono citate le sentenze  n.  70
del 1987 e n. 215 del 1996 della Corte costituzionale). 
    Secondo la  difesa  regionale,  l'interlocuzione  con  lo  Stato,
culminata nella  menzionata  riforma  della  norma  statutaria  sulle
entrate  regionali,  dimostrerebbe  per  tabulas   che   la   vecchia
disciplina della materia non garantiva la possibilita'  di  assolvere
ai compiti istituzionali della Regione Sardegna. L'assetto  scaturito
dalla  riforma,  peraltro,  non  sarebbe  ancora  operativo  a  causa
dell'inerzia statale riguardo agli adempimenti necessari  allo  scopo
(questione  oggetto  del  gia'  citato  ricorso  per   conflitto   di
attribuzione n. 8 del 2011). 
    Di conseguenza, la Regione Sardegna, «il cui regime delle entrate
e' stato esplicitamente ritenuto inadeguato», sarebbe assoggettata al
«generale regime premiale e sanzionatorio, connesso al  rispetto  del
patto di stabilita', in ragione di criteri palesemente  irragionevoli
se  applicati  ad  un  Ente  che   (...)   e'   tuttora   in   attesa
dell'ottenimento delle risorse cui ha statutariamente diritto». 
    3.3.-  Per  le  ragioni  anzidette  la  ricorrente   impugna   le
disposizioni recate dal comma 2 dell'art. 20 del d.l. n. 98 del 2011,
le quali prevedono la divisione degli enti territoriali in classi  di
merito al fine di determinare la misura della loro partecipazione  al
perseguimento degli obiettivi di finanza  pubblica.  In  particolare,
sono  censurate  le  norme  che  stabiliscono  i  parametri  per   la
valutazione  della  virtuosita'  degli  enti,  in   quanto   ritenuti
incongruenti con la modifica statutaria avvenuta nel 2006. 
    Anzitutto, il criterio indicato  alla  lettera  a)  del  comma  2
dell'art. 20 del d.l. n. 98 del 2011, che mira  a  dare  «prioritaria
considerazione»  alla  «convergenza  tra  spesa  storica  e  costi  e
fabbisogni standard», trascurerebbe la diversita' dei costi sostenuti
in una Regione insulare (come la Sardegna) rispetto a quelli  cui  si
riferisce la  norma  impugnata.  Cio'  determinerebbe  la  violazione
dell'art.  3  Cost.,  per  l'indebita  equiparazione  fra  situazioni
diverse e per l'irragionevolezza della norma censurata, nonche' degli
artt. 5, 116, 117 e 119 Cost.,  che  garantiscono  l'autonomia  della
Regione Sardegna, con particolare riferimento (quanto  all'art.  116)
alla sua specialita' e  (quanto  all'art.  119)  alla  sua  autonomia
finanziaria. Sarebbe altresi' violato lo statuto speciale sardo,  con
particolare riferimento agli artt. 1 (che costituisce la Sardegna  in
Regione autonoma), 3, 4 e 5 (che elencano le funzioni  regionali,  il
cui esercizio  sarebbe  palesemente  pregiudicato  dall'adozione  del
criterio sopra descritto), e 7 (che riconosce l'autonomia finanziaria
della Regione). 
    Oltre alla  lesione  dei  parametri  costituzionali  e  statutari
indicati, si determinerebbe una puntuale violazione dell'art. 8 dello
statuto  speciale;  norma,  questa,  modificata  proprio  in  ragione
dell'inadeguatezza  delle  entrate  regionali  rispetto  alle   spese
necessarie per l'assolvimento delle funzioni. Pertanto, l'imposizione
alla Regione Sardegna dell'obbligo di convergere sui costi  standard,
senza alcun adattamento alle condizioni peculiari dell'ente, connesse
all'insularita', produrrebbe il contrasto con l'art. 8 dello  statuto
speciale. 
    E' impugnata anche la norma che individua  fra  i  «parametri  di
virtuosita'» il rispetto del patto di stabilita' interno  (lettera  b
del citato comma 2 dell'art. 20), in  quanto  non  riconoscerebbe  la
peculiare situazione della Regione Sardegna  che  -  si  ribadisce  -
vedrebbe  riconosciuta  per  statuto  l'inadeguatezza  delle  proprie
risorse finanziarie. La ricorrente precisa che non chiede  di  essere
esonerata dai vincoli derivanti dal patto di stabilita' e  sottolinea
come la necessita' di assicurare comunque le  funzioni  di  spettanza
istituzionale comporti uno svantaggio inevitabile nella  competizione
tra le Regioni al fine di ottenere  una  classificazione  elevata  in
punto  di  «virtuosita'».  Da  quanto  appena  detto  deriverebbe  la
violazione degli artt. 3, 5, 116, 117 e 119 Cost. e degli artt. 1, 3,
4, 5 e 7 dello statuto speciale, per  le  ragioni  gia'  riferite  in
relazione alla lettera a) del comma 2 dell'art. 20. 
    In  particolare,  l'indisponibilita'  de  facto  delle   maggiori
risorse previste dall'art. 8 dello statuto impedirebbe  alla  Regione
Sardegna di perseguire  adeguatamente  l'obiettivo  di  rispetto  del
patto di stabilita', con effetti tanto piu' dannosi ove tale rispetto
fosse valutato  secondo  il  criterio  del  saldo  finanziario,  come
disposto dal comma 656 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006. 
    Quanto alla lettera d) del comma 2 dell'art. 20, che valorizza il
criterio dell'autonomia finanziaria, la ricorrente ammette trattarsi,
sul piano generale, di una norma ragionevole,  che  perderebbe  pero'
tale ragionevolezza ove riferita alla  Regione  Sardegna,  stante  la
piu' volte citata indisponibilita' dei mezzi che sarebbero  necessari
- per norma statutaria -  al  fine  di  esercitare  detta  autonomia.
Ancora una volta, dunque, sarebbero violati gli artt. 3, 5, 116,  117
e 119 Cost. e gli artt. 1, 3, 4, 5 e 7 dello statuto speciale, per le
ragioni indicate in precedenza. 
    Analogamente, il criterio di  cui  alla  successiva  lettera  e),
riferito all'equilibrio di parte  corrente  del  bilancio  regionale,
potrebbe ragionevolmente applicarsi alla ricorrente solo in regime di
piena ed effettiva applicazione dell'art. 8 dello  statuto  speciale.
Di qui la  violazione  degli  anzidetti  parametri  costituzionali  e
statutari. 
    3.4.- La Regione Sardegna assume l'illegittimita' dei commi 2-bis
e 2-ter dell'art. 20 del  d.l.  n.  98  del  2011,  i  quali  fissano
ulteriori indicatori  che  dovranno  essere  valutati  in  vista  del
decreto interministeriale di classificazione degli enti  territoriali
in fasce di merito. In particolare, il comma 2-bis stabilisce criteri
connessi alla qualita' dei servizi ed il comma 2-ter un meccanismo di
correzione  in  base  al  miglioramento  dei  misuratori  di  cui  al
precedente comma 2. Anche in questo caso, vi sarebbe  violazione  dei
parametri costituzionali e statutari piu' volte indicati, essendo  la
ricorrente discriminata,  a  causa  della  «conclamata  insufficienza
delle risorse attribuite», circa le possibilita' effettive di accesso
ad una elevata classificazione,  tale  in  potenza  da  sottrarre  la
stessa  ricorrente  all'obbligo  di  contribuire  agli  obiettivi  di
finanza pubblica. 
    3.5.-  Per  quest'ultima   ragione,   in   particolare,   sarebbe
illegittimo  anche  il  comma  3  dell'art.  20,  il  quale   appunto
stabilisce che gli enti  classificati  al  livello  piu'  elevato  di
«virtuosita'»,  fermo  restando  l'obiettivo   del   comparto,   sono
esonerati dal concorso al risanamento. 
    3.6.- Sempre  alla  luce  dell'asserita  difformita'  dei  flussi
finanziari disponibili rispetto  alle  statuizioni  dell'art.  8  del
proprio statuto, la  Regione  Sardegna  assume  l'illegittimita'  del
comma 5 dell'art. 20 del d.l. n. 98  del  2011,  ove  si  dispone  il
concorso delle Regioni a statuto speciale e delle  Province  autonome
alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica con «ulteriori
misure» in termini di fabbisogno e di indebitamento netto. 
    Per i motivi  piu'  volte  indicati,  l'analogia  di  trattamento
rispetto alle altre Regioni, pur nella perdurante mancata  attuazione
della  previsione  statutaria  in  materia  di   finanza   regionale,
implicherebbe la violazione dell'art. 8 dello statuto speciale, anche
in rapporto ai  principi  di  uguaglianza  e  ragionevolezza  fissati
all'art. 3 Cost. La norma impugnata contrasterebbe, inoltre, con  gli
artt. 3, 4, 5, 7 e 8 dello statuto, nonche' con gli artt. 5, 116, 117
e 119 Cost., per le ragioni  gia'  riferite  in  relazione  ai  commi
precedenti dell'art. 20. 
    La ricorrente pone in particolare rilievo, sempre con riguardo al
comma 5, come resti frustrato il principio di finanziamento integrale
delle funzioni demandate alle Regioni ex art. 119 Cost. (sono  citate
le  sentenze  n.  245  del  1984  e  n.  307  del  1983  della  Corte
costituzionale), anche alla luce del fatto che  nuove  funzioni  sono
state trasferite alla  Sardegna  proprio  con  la  legge  di  riforma
dell'art. 8 del relativo statuto (art. 1,  commi  836  e  837,  della
legge n. 296 del 2006). 
    A parere della Regione Sardegna, il comma 5 dell'art. 20 del d.l.
n. 98 del 2011 violerebbe gli artt. 3, 4, 5,  7  e  8  dello  statuto
sardo e gli artt. 3, 116, 117 e 119 Cost. anche  per  il  trattamento
discriminatorio riservato alle Regioni  ad  autonomia  speciale,  cui
sarebbe imposto un onere irragionevolmente  piu'  gravoso  di  quello
posto a carico delle Regioni a statuto ordinario. 
    Ancora una  volta,  la  sperequazione  avrebbe  speciale  rilievo
quanto alla ricorrente, per le ragioni ormai ripetutamente  indicate.
La prova che lo  Stato  avrebbe  potuto  e  dovuto  adottare  modelli
differenziali di concorso alla  stabilizzazione  finanziaria  sarebbe
data, ad esempio,  dalle  disposizioni  concernenti  il  «Piano  Sud»
assunte con il d.l. n. 138 del 2011,  (in  corso  di  conversione  al
momento dell'odierno ricorso e successivamente  convertito  dall'art.
1,  comma  1,  della  legge  n.  148  del  2011),  ove  e'  stabilita
l'assunzione in carico da parte dello Stato e delle altre Regioni  di
una  porzione  degli  oneri  potenzialmente  spettanti  alle  Regioni
interessate dal suddetto Piano (art. 5-bis). 
    La Regione Sardegna prospetta ulteriormente la  violazione  degli
artt. 3, 4, 5, 7 e 8 del proprio statuto e degli artt. 3, 116, 117  e
119  Cost.,  in  quanto  la  creazione   di   uno   «pseudo-comparto»
comprendente  tutte  le  autonomie  regionali   sarebbe   del   tutto
irrazionale,  assimilando  realta'   disomogenee   sotto   molteplici
aspetti, quand'anche si avesse riguardo alle sole Regioni  a  statuto
speciale. La disposizione  impugnata  avrebbe  infatti  completamente
trascurato le differenti discipline che segnano la  compartecipazione
alle entrate, a norma, per la Sardegna, del piu' volte citato art.  8
dello statuto, e delle rispettive disposizioni statutarie quanto alla
Sicilia (artt. 36 e seguenti),  alla  Valle  d'Aosta  (art.  12),  al
Friuli-Venezia Giulia (art. 48 e seguenti),  al  Trentino-Alto  Adige
(artt. 69 e seguenti). 
    La indebita assimilazione di trattamento  ridonderebbe  a  carico
della ricorrente, vulnerando la sua autonomia finanziaria,  garantita
dall'art. 7 dello statuto e dall'art. 119 Cost. 
    3.7.- A parere della Regione Sardegna, e  sempre  per  le  stesse
ragioni, anche il comma 17-bis dell'art. 20 del d.l. n. 98 del  2011,
che stabilisce riduzioni dei rimborsi e delle compensazioni  relativi
alle imposte, «dell'importo di 700 milioni di euro per l'anno 2013  e
di 1.400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno  2014»,  avrebbe
dovuto recare un differente trattamento per la ricorrente. 
    3.8.- E' censurato, infine, il comma 2-quater del citato art. 20,
che sostituisce il comma 31 dell'art. 14 del d.l.  n.  78  del  2010,
concernente l'esercizio in forma associata di  funzioni  fondamentali
da parte dei Comuni. L'intervento statale in detta materia violerebbe
l'art. 3, primo comma,  lettera  b),  dello  statuto  speciale  della
Sardegna.  Tale  norma  riserva  infatti  alla  Regione  la  potesta'
legislativa in materia di «ordinamento  degli  enti  locali  e  delle
relative circoscrizioni». 
    La disposizione impugnata, ed in particolare l'innalzamento della
soglia  demografica  per  l'identificazione  dei   Comuni   obbligati
all'esercizio  associato  delle   funzioni,   non   potrebbe   essere
considerata quale norma fondamentale delle «riforme economico-sociali
della Repubblica», e dunque violerebbe la competenza esclusiva  della
ricorrente. 
    3.9.- Da ultimo, la difesa regionale sottolinea che le censure da
essa formulate sono rivolte al testo del d.l. n. 98  del  2011,  come
risultante  a  seguito  della  sua  conversione  in  legge  e   della
successiva entrata in vigore del d.l. n. 138  del  2011  (non  ancora
convertito in legge al momento della proposizione  del  ricorso).  Al
riguardo, la ricorrente precisa che l'eventuale  mancata  conversione
in legge  del  d.l.  n.  138  del  2011  sarebbe  comunque  priva  di
conseguenze rispetto alle censure mosse al  provvedimento  impugnato,
rimasto inalterato nella sua struttura essenziale. Nel caso  opposto,
le stesse censure dovrebbero trasferirsi sulla legge di  conversione,
a condizione che questa  non  modifichi  la  sostanza  normativa  del
decreto (sono citate le sentenze n. 326 del 2010 e n.  232  del  2011
della Corte costituzionale). 
    4.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio con atto depositato il 24 ottobre  2011,  chiedendo  che  il
ricorso della Regione Sardegna venga respinto in quanto infondato. 
    La difesa statale, dopo aver riassunto le  doglianze  prospettate
con il ricorso, osserva preliminarmente come tutte le norme impugnate
siano finalizzate al risanamento della  finanza  pubblica,  obiettivo
cui nessun ente territoriale potrebbe sottrarsi. 
    4.1.- In particolare, le censure mosse al comma  5  dell'art.  20
del d.l. n. 98  del  2011,  pur  formalmente  centrate  sull'asserita
violazione dell'art.  8  dello  statuto  della  Regione  interessata,
sarebbero  in  effetti  riferite  ai  principi   di   uguaglianza   e
ragionevolezza, riconducibili ad un parametro, l'art. 3 Cost., che le
Regioni non possono invocare nel giudizio in via principale, salva la
prova della ridondanza della lesione sul terreno  delle  attribuzioni
di competenza (e' citata la sentenza n.  116  del  2006  della  Corte
costituzionale). 
    Si tratterebbe, in ogni caso,  di  doglianze  infondate.  L'onere
piu' elevato per le Regioni a statuto speciale, derivante dalla norma
censurata, sarebbe  infatti  destinato  a  compensare  lo  squilibrio
determinato dall'art. 14, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, che aveva
imposto alle Regioni a statuto ordinario risparmi di  spesa  di  gran
lunga piu' elevati di quelli richiesti alle restanti Regioni ed  alle
Province autonome. 
    In ogni caso, le autonomie speciali  sarebbero  preservate  dalla
perdurante necessita' di un accordo con il Ministro  dell'economia  e
delle  finanze,  da  raggiungere  entro  il  31  dicembre   dell'anno
precedente, circa il livello complessivo delle spese  correnti  e  in
conto capitale, nonche' dei relativi pagamenti. 
    4.2.- Quanto alle censure concernenti i commi  2,  2-bis,  2-ter,
2-quater, 3 e 17-bis del citato art. 20, l'Avvocatura generale  dello
Stato osserva come le norme  sul  patto  di  stabilita'  interno  non
possano costituire il  terreno  di  attuazione  del  testo  riformato
dell'art. 8 dello statuto speciale della Sardegna. D'altra  parte,  i
commi 838 e 839  dell'art.  1  della  legge  n.  296  del  2006,  non
prevedendo alcuna copertura in  termini  di  indebitamento  netto,  a
seguito della disposta riforma dell'art.  8  dello  statuto  speciale
della Sardegna, avrebbero presupposto  il  rispetto  dei  vincoli  di
spesa recati dal patto di stabilita'. 
    L'autonomia delle Regioni a statuto  speciale  e  delle  Province
autonome sarebbe comunque preservata, a parere dello Stato, dalla non
diretta  applicabilita'  nei  loro   confronti   dei   parametri   di
«virtuosita'»  censurati  dalla  ricorrente,  vista  la  gia'  citata
necessita' di concordare annualmente, con lo Stato, il livello  delle
spese e dei pagamenti. 
    D'altra parte, lo stesso parametro della convergenza della  spesa
storica ai fabbisogni ed ai costi standard sarebbe privo  di  rilievo
diretto per le Regioni a statuto speciale, in base  all'art.  13  del
decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia  di
autonomia di entrata  delle  regioni  a  statuto  ordinario  e  delle
province, nonche'  di  determinazione  dei  costi  e  dei  fabbisogni
standard nel settore sanitario) ed all'art. 8, comma 4,  del  decreto
legislativo 26 novembre 2010, n.  216  (Disposizioni  in  materia  di
determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni,  Citta'
metropolitane e Province).  Per  le  autonomie  speciali,  piuttosto,
resta fermo il disposto dell'art. 27 della legge n. 42  del  2009,  a
mente del quale le  modalita'  di  concorso  al  perseguimento  degli
obiettivi convergenti sulla stabilita' finanziaria sono definite  con
norme di attuazione dei  rispettivi  statuti,  approvate  secondo  le
procedure previste. Lo stesso art. 27, al comma  2,  dispone  che  le
citate norme di attuazione tengono conto  dei  fattori  peculiari  di
ogni realta' regionale e provinciale, anche  con  specifico  riguardo
agli svantaggi strutturali permanenti ed ai costi dell'insularita'. 
    5.- Con memoria depositata il 29 maggio 2012 la Regione Sardegna,
nell'insistere per l'accoglimento del ricorso,  ha  inteso  replicare
alle  osservazioni  sviluppate  dal  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri. 
    5.1.-  Riguardo  alla  pretesa  inammissibilita'  delle   censure
fondate sull'art. 3 Cost., relativamente al comma 5 dell'art. 20  del
d.l. n. 98 del 2011, la ricorrente rammenta d'aver evocato una  lunga
serie di parametri posti a protezione  della  sua  autonomia  (anche)
finanziaria, e ricorda che la giurisprudenza  costituzionale  ammette
il riferimento  a  parametri  «intimamente  connessi»  a  quelli  che
presidiano le competenze e le prerogative regionali. 
    5.2.- Nel merito, l'argomento per il  quale  la  norma  impugnata
varrebbe a compensare un preteso precedente squilibrio in danno delle
Regioni a statuto ordinario costituirebbe la conferma  che  le  norme
attuali sono squilibrate in danno  delle  Regioni  speciali.  D'altra
parte, la ragionevolezza  della  sperequazione  non  potrebbe  essere
misurata  in  una  logica  di  «regressus  ad  infinitum»,  pena   la
sostanziale insindacabilita' delle disposizioni assunte. 
    La Regione Sardegna nega rilevanza, poi, alla procedura negoziale
- prevista dall'art. 1, comma 132, della legge n. 220 del 2010 -  per
la  definizione  del  patto  di  stabilita'  territoriale.  La  Corte
costituzionale avrebbe infatti gia'  chiarito  come  detta  procedura
debba comunque svilupparsi entro l'ambito finanziario  definito,  tra
l'altro, dalla normativa censurata (e' citata la sentenza n. 118  del
2012). 
    Infine, osservando che il Presidente del  Consiglio  non  avrebbe
obiettato agli ulteriori ed essenziali  argomenti  posti  a  sostegno
della questione promossa, la  ricorrente  richiama  nuovamente  detti
argomenti, nei termini sopra sintetizzati. 
    5.3.- La Regione Sardegna procede quindi  all'esame  dei  rilievi
mossi alle censure concernenti i commi 2, 2-bis,  2-ter,  2-quater  e
17-bis del citato art. 20, nel  contempo  analizzando  le  variazioni
introdotte  dall'art.  30  della  legge  12  novembre  2011,  n.  183
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita' 2012). 
    Anzitutto, il comma 4 dell'art. 30 ha abrogato  una  delle  norme
impugnate, il comma 2-ter dell'art. 20 del d.l. n. 98 del  2011,  con
l'effetto di eliminare finanche il meccanismo di correzione, previsto
nella norma abrogata, cui il Presidente  del  consiglio  aveva  fatto
riferimento  per  sostenere  la  ragionevolezza   complessiva   della
disciplina censurata. 
    Le modifiche recate al comma 3 dell'art. 20 del d.l.  n.  98  del
2011 - per mezzo dell'art. 30, comma 2, della legge n. 183 del 2011 -
sarebbero irrilevanti per le Regioni a statuto  speciale,  in  quanto
prevederebbero riduzioni del contributo richiesto solo in  favore  di
altri enti territoriali. 
    Priva di rilevanza sarebbe anche l'intervenuta modifica del comma
2 dell'art. 20 citato (ad opera dell'art. 30,  comma  3,  lettera  a,
della legge n. 183 del 2011), con la conseguente riduzione da quattro
a due delle classi di merito  istituite  in  punto  di  «virtuosita'»
degli enti territoriali. La ricorrente, infatti, ha inteso  escludere
in radice la legittimita' di una comparazione con altre  Regioni  nel
contesto della mancata attuazione del testo novellato dell'art. 8 del
proprio statuto. 
    Ancor piu' irrilevanti sarebbero le  ulteriori  modifiche  recate
alle norme impugnate. 
    Nel  merito,  la  Regione   Sardegna   afferma   di   condividere
l'«interpretazione conforme a Costituzione», desumibile dall'atto  di
costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri,  secondo  cui
le procedure valutative in questione, ed in particolare  il  criterio
di prioritaria convergenza tra spesa storica  e  costi  e  fabbisogni
standard, non sarebbero applicabili alle Regioni a statuto  speciale.
Tuttavia  solo  l'accoglimento  delle  questioni  sollevate   darebbe
certezza agli interpreti e sarebbe integralmente  satisfattivo,  alla
luce  del   principio   -   asseritamente   enunciato   dalla   Corte
costituzionale con le sentenze n. 118 e n. 99 del 2012 - per il quale
la Sardegna non potrebbe essere coinvolta  nel  patto  di  stabilita'
fino a quando non sia  data  piena  attuazione  all'art.  8  del  suo
statuto. 
    In particolare, con la citata sentenza n. 118 del  2012,  sarebbe
stata stabilita la necessita' di considerare l'attuale vigenza  della
norma statutaria sulle entrate regionali  nella  procedura  negoziale
concernente il patto di stabilita' territoriale, non potendo rimanere
«indipendenti e non coordinati, nel suo ambito, i profili della spesa
e quelli  dell'entrata».  La  stessa  Corte  costituzionale,  con  la
sentenza n. 99  del  2012,  pure  citata,  avrebbe  inoltre  smentito
l'assunto della parte resistente, secondo cui l'attuazione del  testo
novellato dell'art. 8  dello  statuto  richiederebbe  necessariamente
l'intervento  legislativo  dello  Stato:   infatti,   sarebbe   stato
riconosciuto il diritto della Regione Sardegna di redigere il proprio
bilancio preventivo in base alle previsioni della  norma  statutaria,
la cui attuazione non richiederebbe  affatto  la  procedura  regolata
dall'art. 56 dello statuto medesimo (cioe' mediante specifiche  norme
di attuazione). 
    6.- Con ricorso notificato il 15 novembre 2011  e  depositato  il
successivo 22 novembre (reg.  ric.  n.  139  del  2011),  la  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  ha   promosso   questioni   di   legittimita'
costituzionale di alcune disposizioni  del  d.l.  n.  138  del  2011,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.
148 del 2011, e, tra queste, dell'art. 1,  comma  8,  per  violazione
degli artt. 116 e 119 Cost., degli artt. 48 e 49 della legge cost. n.
1 del 1963 e del principio di leale collaborazione. 
    6.1.- La ricorrente evidenzia come il comma 5  dell'art.  20  del
d.l. n. 98 del 2011 avesse posto a carico  delle  Regioni  a  statuto
speciale e delle Province autonome, in termini  di  fabbisogno  e  di
indebitamento netto, un onere di 1.000 milioni di euro per il 2013  e
di 2.000 milioni a decorrere dal 2014. Per  effetto  delle  modifiche
recate dalla norma impugnata, gli oneri sono stati anticipati al 2012
e fissati in 2.000 milioni di euro. 
    Secondo la difesa regionale, l'impatto effettivo della  normativa
impugnata sulla sua autonomia finanziaria e sulle risorse disponibili
per lo svolgimento delle funzioni istituzionali puo' essere  compreso
solo rilevando come gli oneri relativi si aggiungano  a  quelli  gia'
imposti nel corso del 2010. 
    A norma dell'art. 14, comma 1, lettera b), del  d.l.  n.  78  del
2010, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di  Trento
e Bolzano sono state chiamate a concorrere alla  realizzazione  degli
obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2011-2013, in  «termini
di fabbisogno e indebitamento netto», per 500  milioni  di  euro  per
l'anno 2011 e 1.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012.
Con il comma 131 dell'art. 1 della legge n. 220 del 2010,  e  con  la
tabella 1  allegata  alla  legge  medesima,  e'  stato  stabilito  un
concorso della Regione Friuli-Venezia Giulia alla manovra finanziaria
per oltre 77 milioni di euro nel 2011, e per oltre 154  milioni  euro
l'anno riguardo al biennio successivo. Infine, a norma  dell'art.  1,
comma 156, della stessa legge n.  220  del  2010,  la  ricorrente  e'
chiamata a garantire un effetto  positivo  sull'indebitamento  netto,
ulteriore rispetto a quello previsto dalla legislazione  vigente,  di
150 milioni di euro nel 2011, di 200 milioni di euro nel 2012, di 250
milioni di euro nel 2013, di 300 milioni di euro  nel  2014,  di  350
milioni di euro nel 2015, di 340 milioni di euro  nel  2016,  di  350
milioni di euro annui dal 2017 al 2030, e  di  370  milioni  di  euro
annui a decorrere dal 2031. 
    A tutto cio' si sono aggiunti gli oneri previsti dall'art. 20 del
d.l. n. 98 del 2011, come implementati dalle  norme  impugnate  nella
presente sede. 
    6.2.-   La   Regione   Friuli-Venezia   Giulia   ribadisce    che
l'imposizione agli enti regionali di contenimenti «transitori»  delle
spese non contrasta di per se' con la Costituzione e  che  il  vulnus
all'autonomia  finanziaria  deve  essere  apprezzato   valutando   la
complessiva disponibilita' di risorse per  l'assicurazione  dei  fini
istituzionali. Proprio per tale ragione, tuttavia, la legittimita' di
singole disposizioni (le sole che  possono  essere  impugnate,  entro
termini tassativi) dovrebbe essere misurata nel piu'  ampio  contesto
degli interventi legislativi che concorrono  alla  realizzazione  del
medesimo  obiettivo.  In  questa  prospettiva,  le  norme   impugnate
sarebbero illegittime per contrasto con l'art. 119 Cost. e con l'art.
48 dello statuto speciale, in quanto  finalizzate  ad  una  riduzione
della capacita' di spesa tale da  pregiudicare  l'assolvimento  delle
funzioni pubbliche conferite alla Regione. 
    6.3.- La lesione denunciata  sarebbe  resa  ancor  piu'  evidente
dalla violazione concorrente degli ulteriori  parametri  evocati.  In
particolare, la  ricorrente  prospetta  un  contrasto  tra  la  norma
impugnata e l'art. 116, primo comma, Cost., che comprende l'autonomia
finanziaria tra le condizioni particolari riconosciute alle Regioni a
statuto speciale. 
    La disciplina censurata realizzerebbe una grave sperequazione tra
le  Regioni  ordinarie  (chiamate  per  il  2012  ad  un   contributo
complessivo di 1.600 milioni di euro)  e  le  meno  numerose  Regioni
speciali e Province autonome (chiamate  per  lo  stesso  anno  ad  un
contributo  di  2.000  milioni,  762   dei   quali   a   carico   del
Friuli-Venezia Giulia). 
    La sperequazione sarebbe tanto  piu'  ingiustificata  in  quanto,
mentre per le Regioni  ordinarie  sarebbe  stabile  il  quadro  delle
funzioni istituzionalmente demandate,  il  concorso  specifico  della
ricorrente  all'attuazione   del   federalismo   fiscale   e'   stato
incrementato, a norma dell'art. 1, comma 152, della citata  legge  n.
220 del 2010. 
    L'indicata  alterazione  dei   rapporti   non   potrebbe   essere
giustificata, secondo la Regione, dal maggior flusso di risorse verso
gli enti a statuto speciale. I  rapporti  di  scala  nella  divisione
delle risorse, come disegnati  dall'ordinamento  costituzionale,  non
potrebbero   essere   modificati   se   non   percorrendo   «le   vie
costituzionalmente  prescritte»,  e  non  certamente  con  le   norme
ordinarie oggetto delle odierne censure. 
    Dette norme, d'altra parte, violerebbero anche  l'art.  49  dello
statuto della ricorrente, che  garantisce  alla  Regione  determinate
entrate  (e'  citata  la  sentenza  n.  74  del  2009   della   Corte
costituzionale), e che non puo' essere eluso attraverso una massiccia
riduzione della spesa. 
    Il  necessario  concorso  degli  enti  territoriali  allo  sforzo
generale della stabilizzazione  finanziaria,  anche  in  ossequio  ad
obblighi  europei,  puo'  certamente  essere  assicurato,   ma   solo
attraverso gli strumenti ammessi dall'ordinamento costituzionale. Tra
questi, le norme di attuazione statutaria (e' citata la  sentenza  n.
75 del 1967 della Corte costituzionale), le quali consentono  deroghe
finalizzate ad assicurare finalita' contingenti o continuative  dello
Stato,  che  pero'  siano  oggetto  di  una  specifica  clausola   di
destinazione (e' citata la sentenza n. 61 del 1987),  e  che  possono
essere modificate con legge ordinaria, purche' nel  procedimento  sia
coinvolta la  Regione  interessata  (art.  63,  quinto  comma,  dello
statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia). 
    La Corte costituzionale avrebbe chiarito che  l'obbligo  generale
di partecipazione di tutte le Regioni all'azione di risanamento della
finanza pubblica deve essere contemperato con la peculiare  autonomia
finanziaria delle Regioni a statuto speciale,  attraverso  il  metodo
dell'accordo tra le Regioni stesse ed il  Ministero  dell'economia  e
delle finanze, per la determinazione delle spese correnti e in  conto
capitale, nonche' dei relativi pagamenti (sono citate le sentenze  n.
82 del 2007 e n. 353 del 2004). A tale principio  sarebbero  ispirate
le discipline introdotte con l'art. 27 della legge n. 42 del  2009  e
con l'art. 1, commi 152 e 156, della legge  n.  220  del  2010,  gia'
citate. Lo stesso carattere, invece, farebbe difetto nella  normativa
impugnata. 
    7.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio con atto depositato il 23 dicembre 2011,  chiedendo  che  il
ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia sia respinto. 
    L'Avvocatura  generale  ricorda  come  le  misure  disposte   dal
decreto-legge impugnato  costituiscano  un  intervento  emergenziale,
originato da una situazione di carattere eccezionale e finalizzato al
risanamento   della   finanza   pubblica.   Piu'   volte   la   Corte
costituzionale avrebbe riconosciuto che l'autonomia delle  Regioni  a
statuto  speciale  non  vale  ad  esimerle  da  vincoli  di  bilancio
introdotti dal legislatore statale «in via transitoria o in vista  di
specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica» (sentenza
n. 36 del 2004; sono citate anche le sentenze n. 82 del 2007, n.  417
del 2005, nn. 353, 345  e  36  del  2004).  La  Corte  avrebbe  anche
precisato  come  lo  Stato,  nell'ambito  della  propria   competenza
esclusiva in materia tributaria (art. 117, secondo comma, lettera  e,
Cost.), possa disporre in merito alla disciplina di tributi  da  esso
istituiti, anche se il correlativo gettito  sia  di  spettanza  della
Regione, purche' non sia alterato il rapporto tra complessivi bisogni
regionali e mezzi finanziari per farvi fronte. 
    Le  doglianze  della  ricorrente  sarebbero   dunque   generiche,
inidonee a documentare la grave alterazione del rapporto tra  bisogni
regionali e risorse finanziare complessivamente messe a  disposizione
della  Regione,  con  conseguente  inammissibilita'  delle  questioni
sollevate. 
    7.1.- Le questioni sarebbero, comunque, infondate. La  ricorrente
avrebbe arbitrariamente accostato gli oneri  derivanti  dall'art.  1,
comma  8,  del  d.l.  n.  138  del  2011,  che  sono  finalizzati  al
risanamento  della  finanza  pubblica,  e  le  disposizioni  relative
all'attuazione del federalismo fiscale, di cui alla legge n. 220  del
2010 ed alla legge n. 42 del 2009. 
    L'efficacia   della   manovra   di   risanamento,   pacificamente
riguardante tutti gli enti territoriali, sarebbe  stata  pregiudicata
se fossero state introdotte eccezioni  o  discipline  particolari  in
rapporto al processo di progressiva attuazione del federalismo. 
    Il carico imposto alle Regioni a statuto speciale, d'altra parte,
interverrebbe a compensare  l'opposto  squilibrio  determinatosi,  in
danno delle Regioni ordinarie, a seguito del d.l. n. 78 del 2010. 
    Infine,  la  difesa  statale  evidenzia  come  l'osservanza   del
principio  di  leale  collaborazione  sia  assicurata  dal   disposto
dell'art. 32, comma 11,  della  legge  n.  183  del  2011,  il  quale
prevede, al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di  finanza
pubblica, che le Regioni  a  statuto  speciale,  escluse  la  Regione
Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento  e  di  Bolzano,
concordino «entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente,  con  il
Ministro dell'economia e delle finanze, per ciascuno degli anni 2012,
2013 e successivi, il livello complessivo delle spese correnti  e  in
conto capitale, nonche' dei relativi pagamenti, determinato riducendo
gli obiettivi  programmatici  del  2011  della  somma  degli  importi
indicati dalla tabella  di  cui  al  comma  10»,  e  complessivamente
fissati dai decreti-legge n. 78 del 2010, n. 98 del 2011 e n. 138 del
2011. 
    8.- Con memoria depositata in data 28  maggio  2012,  la  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  ha   inteso   replicare   ad   alcune   delle
osservazioni espresse nell'atto di costituzione  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
    La ricorrente nega, in primo luogo, che  il  verificarsi  di  una
situazione  eccezionale  possa  consentire  la  deroga   alle   norme
costituzionali  poste  a  tutela  dell'autonomia  regionale,  ed   in
particolare  delle  Regioni  a  statuto  speciale.  Una  «valutazione
comparativa» delle esigenze dell'intera collettivita' - si osserva  -
puo'   svolgersi   solo   attraverso   procedure   costituzionalmente
compatibili,  come  ad   esempio   quelle   di   approvazione   delle
disposizioni di attuazione degli statuti  regionali,  richiamate  per
l'attuazione del federalismo fiscale. 
    In secondo  luogo,  la  Regione  considera  privi  di  rilievo  i
riferimenti  alla  giurisprudenza   costituzionale   concernente   la
competenza statale a variare la disciplina  di  tributi  erariali  in
parte destinati alle finanze regionali.  La  riduzione  del  prelievo
lascia inalterate le  percentuali  riservate,  mentre  i  divieti  di
spesa, operati in termini  assoluti,  vanificherebbero  di  fatto  la
stessa disponibilita' delle entrate. 
    In terzo luogo, la Regione Friuli-Venezia Giulia nega  fondamento
al rilievo per il quale non avrebbe provato uno squilibrio grave  tra
risorse disponibili e necessita'  di  finanziamento  delle  attivita'
istituzionali.  A  prescindere  dall'enorme  impatto   delle   misure
contestate sul bilancio regionale (attestato  da  studi  in  allegato
alla memoria), la ricorrente assume che spetterebbe allo  Stato,  una
volta approvate le disposizioni statutarie sulle entrate,  dimostrare
l'esistenza di variazioni che legittimino l'alterazione del  relativo
equilibrio. 
    La ricorrente contesta, ancora, le affermazioni  secondo  cui  le
norme  impugnate  andrebbero   valutate   separatamente   da   quelle
concernenti il  federalismo  fiscale  (essendo  invece  congiunto  il
relativo effetto sull'autonomia finanziaria regionale) e  si  sarebbe
dovuto compensare un precedente squilibrio  in  danno  delle  Regioni
ordinarie (non essendosi spiegato l'attuale squilibrio  in  danno  di
quelle speciali). 
    Infine, quanto al rispetto del principio di leale  collaborazione
(desumibile, secondo lo Stato, dall'art. 32, comma 11, della legge n.
183 del 2011), la difesa regionale rileva  come  proprio  la  mancata
osservanza delle procedure negoziali costituisca un vizio delle norme
impugnate. 
    9.- Con ricorso notificato il 15 novembre 2011  e  depositato  il
successivo 24 novembre (reg.  ric.  n.  160  del  2011),  la  Regione
Sardegna ha promosso  questioni  di  legittimita'  costituzionale  di
alcune disposizioni  del  d.l.  n.  138  del  2011,  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 148 del 2011,  e,
tra queste, dell'art. 1, comma 9, lettera b),  per  violazione  degli
artt. 5, 116, 117 e 119 Cost. e degli artt. 1, 3, 4, 5, 7 e  8  della
legge cost. n. 3 del 1948, recante lo statuto speciale per la Regione
Sardegna. 
    La ricorrente  esordisce  rammentando  come  la  norma  impugnata
incida sulla  situazione  determinatasi  a  seguito  delle  modifiche
recate, per mezzo dell'art. 1, comma 834,  della  legge  n.  296  del
2006,  all'art.  8  dello  statuto  speciale  della  stessa   Regione
Sardegna. Le nuove misure previste in tema di entrate tributarie  non
sono state ancora attuate,  e  la  ricorrente  ricorda  d'avere,  per
questo, promosso un conflitto di attribuzione tra enti  (reg.  confl.
enti n. 8 del 2011). 
    La difesa regionale  osserva  che  la  riforma  dell'art.  8  era
derivata dalla palese insufficienza, riconosciuta dallo Stato,  delle
risorse  utilizzabili   per   l'assolvimento   dei   propri   compiti
istituzionali. Ricorda, altresi', che, sebbene modificato  con  legge
ordinaria, il menzionato art. 8 funge  da  parametro  di  valutazione
della legittimita' costituzionale delle  norme  oggetto  dell'odierno
ricorso. 
    9.1.- La Regione Sardegna precisa che la  disposizione  in  esame
era gia' stata  impugnata  dalla  stessa  ricorrente  nella  versione
originaria, quella cioe' non emendata  dalla  legge  di  conversione,
considerandone il portato di modifica del comma 3  dell'art.  20  del
d.l. n. 98 del 2011. La legge di  conversione,  successiva  al  primo
ricorso, ha operato  una  variazione  solo  formale  (sostituendo  le
parole «di cui a primi due periodi» con le seguenti «di cui ai  primi
due periodi»). Ugualmente  la  stessa  Regione  ritiene  di  proporre
l'odierno ricorso - «fosse  pure  per  tuziorismo»  -  replicando  le
censure gia' a suo tempo  proposte  riguardo,  appunto,  al  comma  3
dell'art. 20 del d.l. n. 98 del 2011, ed alla cui sintesi si rinvia. 
    10.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio con atto depositato il 23 dicembre 2011,  chiedendo  che  il
ricorso della Regione Sardegna sia respinto. 
    L'Avvocatura generale rileva come  le  censure  della  ricorrente
reiterino quelle proposte contro il comma 3 dell'art. 20 del d.l.  n.
98 del 2011, e siano dunque essenzialmente incentrate  sulla  mancata
attuazione del  nuovo  regime  statutario  per  i  flussi  d'entrata.
Pertanto,  la  difesa  statale  ribadisce  che  le  norme   impugnate
rispondono ad esigenze  urgenti  ed  insopprimibili  di  contenimento
della spesa, e non possono rappresentare la sede  per  doglianze  che
riguardano un diverso oggetto. 
    11.- Con memoria depositata in data 29 maggio  2012,  la  Regione
Sardegna ha inteso replicare  a  parte  delle  osservazioni  espresse
nell'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Per quanto attiene all'art. 1, comma 9, lettera b), del  d.l.  n.
138  del  2011,  nel  testo  risultante  a  seguito  della   relativa
conversione in legge, la ricorrente contesta l'obiezione secondo  cui
le  questioni  relative  all'attuazione  dell'art.  8  dello  statuto
sarebbero irrilevanti ai fini della valutazione di  interventi  volti
al necessario  ed  urgente  contenimento  della  spesa  pubblica.  La
Regione Sardegna - si osserva - non intende discutere  la  necessita'
della propria partecipazione allo sforzo comune, ma chiede  che  tale
partecipazione sia regolata in corrispondenza effettiva al  contenuto
della norma statutaria. 
    La necessaria correlazione tra regole del patto di  stabilita'  e
concreta attuazione dell'art. 8 dello statuto speciale sarebbe stata,
del resto, riconosciuta dalla Corte costituzionale con la sentenza n.
118 del 2012. In proposito la ricorrente svolge osservazioni analoghe
a quelle espresse con la memoria depositata nel  giudizio  introdotto
con il ricorso n. 96 del 2011, alla cui sintesi si rinvia. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Le Regioni autonome Friuli-Venezia  Giulia  e  Sardegna,  con
quattro distinti ricorsi, hanno promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale di alcune  disposizioni  del  decreto-legge  6  luglio
2011,  n.   98   (Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'articolo  1,  comma
1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, sia  nel  testo  risultante  a
seguito delle  modifiche  operate  dal  successivo  decreto-legge  13
agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la  stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo), in corso di  conversione  al  momento
della proposizione dei primi due ricorsi (reg. ric. n. 94 e n. 96 del
2011), sia nel testo vigente dopo la conversione del citato  d.l.  n.
138 del 2011 ad opera dell'art. 1, comma 1, della legge 14  settembre
2011, n. 148 (reg. ric. n. 139 e n. 160 del 2011). 
    Tra le disposizioni impugnate dalle due Regioni rileva in  questa
sede l'art. 20 del d.l. n. 98 del 2011. 
    In particolare, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha  impugnato  i
commi 4 e 5 del menzionato art. 20 (reg.  ric.  n.  94  del  2011)  e
l'art. 1, comma 8, del d.l. n. 138 del 2011  (reg.  ric.  n.  96  del
2011), recante modifiche al testo originario dell'art. 20,  comma  5,
del d.l. n. 98 del 2011. 
    La Regione Sardegna ha,  invece,  impugnato  i  commi  2,  2-bis,
2-ter, 2-quater, 3, 5 e 17-bis, dell'art. 20 (reg. ric.  n.  139  del
2011) e l'art. 1, comma 9, lettera b), del d.l. n. 138 del 2011 (reg.
ric.  n.  160  del  2011),  recante  modifiche  al  testo  originario
dell'art. 20, comma 3, del d.l. n. 98 del 2011. 
    Riservata a  separate  pronunce  la  decisione  sull'impugnazione
delle altre disposizioni contenute nei decreti-legge n. 98 e  n.  138
del  2011,  vengono  in  esame  in  questa  sede  le   questioni   di
legittimita' costituzionale relative all'art.  20,  commi  2,  2-bis,
2-ter, 2-quater, 3, 4, 5 e 17-bis, del d.l. n.  98,  ed  all'art.  1,
commi 8 e 9, lettera b), del d.l. n. 138. 
    I giudizi, cosi' separati e delimitati, in  considerazione  della
loro connessione oggettiva devono essere riuniti, per  essere  decisi
con un'unica pronuncia. 
    2.- Le questioni di legittimita' costituzionale aventi ad oggetto
i commi 2, 2-bis, 2-ter e 3 dell'art. 20 del d.l. n. 98 del  2011,  e
l'art. 1, comma 9, lettera b), del d.l.  n.  138  del  2011,  possono
essere  trattate  congiuntamente  in  quanto  la   Regione   Sardegna
utilizza, a sostegno della loro fondatezza, le stesse argomentazioni. 
    2.1.- E' opportuna in via preliminare, data la successione  degli
interventi legislativi sulle norme oggetto di  censura,  una  precisa
ricostruzione della disciplina sottoposta dalla ricorrente al  vaglio
di legittimita' di questa Corte. 
    I commi 2, 2-bis, 2-ter e 3 dell'art. 20 del d.l. n. 98 del 2011,
sono stati impugnati nel testo risultante a seguito della conversione
in legge e delle modifiche operate dal d.l. n. 138  del  2011,  prima
che quest'ultimo venisse convertito (reg. ric. n. 96 del 2011). 
    Il solo comma 3 dell'art. 20  e'  stato  modificato  in  sede  di
conversione in legge del d.l. n. 138 del 2011, e la Regione  Sardegna
ha ritenuto di impugnare  (reg.  ric.  n.  160  del  2011)  anche  la
relativa disposizione di modifica (art. 1, comma 9,  lettera  b,  del
d.l. n. 138 del 2011, convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge n. 148 del 2011). 
    Il  comma  2  dell'art.  20,  nel  testo   vigente   al   momento
dell'impugnazione, stabiliva che, al fine di ripartire - tra gli enti
del singolo livello di  governo  -  «l'ammontare  del  concorso  alla
realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica», fissati dal comma
5 dello stesso art. 20 e dall'art. 14  del  decreto-legge  31  maggio
2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria
e  di  competitivita'  economica),  convertito,  con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, i  predetti
enti fossero  divisi,  con  un  apposito  decreto  ministeriale,  «in
quattro  classi»  sulla  base  di  alcuni  parametri  di  virtuosita'
indicati nelle lettere da a) a l). 
    Il  comma  2-bis  comprende,  tra  gli  anzidetti  parametri   di
virtuosita', «indicatori quantitativi  e  qualitativi  relativi  agli
output dei servizi resi». 
    Il comma 2-ter, nel testo vigente prima  della  sua  abrogazione,
prevedeva  che  il  decreto  di  cui  al  comma  2  individuasse  «un
coefficiente di correzione connesso alla dinamica  nel  miglioramento
conseguito dalle singole amministrazioni». 
    Il comma 3 dispone, tra l'altro, che  gli  enti  collocati  nella
classe  piu'  virtuosa  «non  concorrono  alla  realizzazione   degli
obiettivi di finanza pubblica». 
    Successivamente agli odierni ricorsi,  le  disposizioni  indicate
sono state ulteriormente modificate dall'art. 30, commi 2 e 3,  della
legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  -  Legge  di  stabilita'
2012), che ha, tra l'altro, ridotto da quattro a  due  le  classi  di
merito degli enti del singolo livello di governo ed  ha  previsto  la
decorrenza dell'operativita' di alcuni  «parametri  di  virtuosita'»,
indicati dal comma  2  dell'art.  20,  a  far  data  dall'anno  2013.
Inoltre, l'art. 30, comma 4, della legge n. 183 del 2011 ha  disposto
l'abrogazione del comma 2-ter dell'art. 20 del d.l. n. 98 del 2011. 
    La mancata alterazione della sostanza normativa censurata fa  si'
che le questioni prospettate  sul  testo  dei  commi  2,  2-bis  e  3
dell'art. 20 del d.l.  n.  98  del  2011,  come  vigente  al  momento
dell'impugnazione, si trasferiscano sul  testo  oggi  in  vigore  (ex
plurimis, sentenze n. 30 del 2012 e n. 153 del 2011). 
    2.2.- Riguardo  alla  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 20, comma 2-ter, del d.l. n. 98 del 2011 si deve dichiarare
la cessazione della  materia  del  contendere,  poiche',  come  sopra
rilevato, successivamente alla proposizione degli odierni ricorsi, la
norma impugnata e' stato abrogata dall'art. 30, comma 4, della  legge
n. 183 del 2011, senza che sia stato adottato il decreto  di  cui  al
comma 2 dell'art. 20. 
    L'abrogazione della disposizione censurata, unitamente  alla  sua
mancata applicazione nel periodo di vigenza, impone  la  declaratoria
di cessazione della materia del contendere. 
    2.3.- Le questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  20,
commi 2, 2-bis e 3, del d.l. n. 98 del 2011 non sono fondate. 
    2.3.1.- L'Avvocatura generale dello Stato  ha  sostenuto  che  le
norme in oggetto non  si  applicano  alle  Regioni  speciali  e  alle
Province autonome, in quanto, ai sensi dell'art.  27  della  legge  5
maggio 2009, n. 42 (Delega  al  Governo  in  materia  di  federalismo
fiscale, in attuazione dell'articolo  119  della  Costituzione),  gli
enti suddetti concorrono al conseguimento degli obiettivi di  finanza
pubblica  «secondo  criteri  e  modalita'  stabiliti  da   norme   di
attuazione dei rispettivi statuti», anche alla luce «degli  svantaggi
strutturali permanenti, ove ricorrano, dei costi  dell'insularita'  e
dei livelli di reddito pro capite  che  caratterizzano  i  rispettivi
territori o parte di essi». 
    A conferma di questo assunto,  il  Presidente  del  Consiglio  ha
richiamato il disposto dell'art. 13 del decreto legislativo 6  maggio
2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia  di  entrata  delle
regioni  a  statuto  ordinario   e   delle   province,   nonche'   di
determinazione dei  costi  e  dei  fabbisogni  standard  nel  settore
sanitario), e dell'art.  8,  comma  4,  del  decreto  legislativo  26
novembre 2010, n. 216 (Disposizioni in materia di determinazione  dei
costi e dei fabbisogni standard di  Comuni,  Citta'  metropolitane  e
Province), norme entrambe applicabili alle  sole  Regioni  a  statuto
ordinario. 
    A questi argomenti la difesa regionale, nella memoria  depositata
in prossimita' dell'udienza, ne ha aggiunto altri, pur insistendo per
l'accoglimento delle questioni. 
    Innanzitutto, la ricorrente ha sottolineato che i commi 128 e 129
dell'art. 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita' 2011), richiamati nel comma 3 dell'art. 20 del d.l. n.  98
del 2011, si riferiscono alle sole Regioni di diritto comune,  mentre
la ripartizione del concorso alla manovra finanziaria delle Regioni a
statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano  e'
regolata dai commi 131 e 132 del medesimo art. 1. 
    In secondo luogo, la difesa regionale ha evidenziato come  l'art.
32 della legge n. 183 del 2011 richiami i parametri di virtuosita' di
cui all'art.  20,  comma  2,  del  d.l.  n.  98  del  2011  solo  con
riferimento alle Regioni a statuto ordinario. Al  contrario,  per  le
Regioni a statuto speciale e per le  Province  autonome,  l'art.  32,
comma 10, della legge n.  183  non  opera  alcun  richiamo  ai  detti
criteri. 
    2.3.2.- Come ricordato dalla  difesa  statale,  l'art.  27  della
legge n. 42 del 2009 dispone: «Le regioni a  statuto  speciale  e  le
province autonome di Trento e Bolzano,  nel  rispetto  degli  statuti
speciali, concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione
e di solidarieta' ed all'esercizio  dei  diritti  e  doveri  da  essi
derivanti, nonche' al patto di stabilita' interno e  all'assolvimento
degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario, secondo criteri  e
modalita' stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da
definire, con le procedure previste dagli statuti medesimi, e secondo
il principio di graduale superamento del criterio della spesa storica
di cui all'art. 2, comma 2, lettera m)». 
    La norma riportata possiede una portata generale ed esclude - ove
non sia espressamente disposto in senso contrario per casi  specifici
da  una  norma  successiva  -  che  le  previsioni   finalizzate   al
contenimento della spesa pubblica possano essere ritenute applicabili
alle Regioni  a  statuto  speciale  al  di  fuori  delle  particolari
procedure previste dai rispettivi statuti. Tale  principio  e'  stato
successivamente ribadito dalla normativa richiamata dalle parti ed in
particolare dall'art. 8, comma 4, del  d.lgs.  n.  216  del  2010,  e
dall'art. 1, commi 128 e 129, della legge n. 220 del  2010.  Si  deve
aggiungere che - secondo quanto rilevato dalla difesa  della  Regione
Sardegna - l'art. 32, comma 8, della legge n. 183 del 2011 richiama i
parametri di "virtuosita'" di cui all'art. 20, comma 2, del  d.l.  n.
98  del  2011  con  esclusivo  riferimento  alle  Regioni  a  statuto
ordinario. 
    Il comma 1 del medesimo art.  32  stabilisce  esplicitamente  che
anche le Regioni speciali e  le  Province  autonome  concorrono  alla
realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto  delle
disposizioni contenute nei commi successivi,  da  ritenersi  principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi  degli
artt. 117, terzo  comma,  e  119,  secondo  comma,  Cost.,  con  cio'
confermando che l'estensione alle Regioni speciali delle disposizioni
in  materia  di  finanza  deve  essere  espressamente  dichiarata   e
circoscritta dal legislatore,  salva  naturalmente  ogni  valutazione
sulla legittimita' costituzionale di  tale  estensione,  nei  singoli
casi in cui essa sia prevista. In caso di silenzio, resta  valido  il
principio generale di cui al citato art. 27 della  legge  n.  42  del
2009. 
    Per i motivi esposti, le censure di  legittimita'  costituzionale
riguardanti le disposizioni sopra citate devono essere dichiarate non
fondate, in quanto le norme in esse contenute  non  sono  applicabili
alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento  e
Bolzano. 
    3.- La Regione Sardegna ha impugnato l'art. 20,  comma  2-quater,
del d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dall'art.  1,
comma 1, della legge n. 111 del 2011,  per  violazione  dell'art.  3,
primo comma, lettera b), dello statuto speciale  sardo,  che  riserva
alla ricorrente la potesta' legislativa in  materia  di  «ordinamento
degli  enti  locali  e  delle  relative  circoscrizioni».  Il   detto
parametro  statutario  sarebbe  violato  in  quanto  la  disposizione
censurata, sostituendo il testo dell'art. 14, comma 31, del  d.l.  n.
78 del 2010, convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge n. 122 del 2010, ed innalzando la soglia demografica  per
l'individuazione dei Comuni obbligati all'esercizio  associato  delle
funzioni, non potrebbe essere considerata  quale  norma  fondamentale
delle riforme economico-sociali della Repubblica e dunque  violerebbe
la competenza esclusiva della ricorrente. 
    3.1.- Successivamente all'impugnazione, la disposizione novellata
da quella censurata e' stata modificata dall'art. 16, comma  24,  del
d.l. n. 138 del 2011, convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma  1,  della  legge  n.  148  del  2011,  che,  tra  l'altro,  ha
ulteriormente innalzato, da  5.000  a  10.000  abitanti,  «il  limite
demografico minimo che  l'insieme  dei  Comuni  che  sono  tenuti  ad
esercitare  le  funzioni  fondamentali  in   forma   associata   deve
raggiungere», ed ha  previsto  la  possibilita'  per  le  Regioni  di
individuare un «diverso limite demografico»,  entro  due  mesi  dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n.  138
del 2011. 
    L'art. 29, comma 11-bis, del decreto-legge 29 dicembre  2011,  n.
216  (Proroga  di  termini  previsti  da  disposizioni  legislative),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  24
febbraio 2012, n. 14, ha poi previsto che «I termini temporali  e  le
disposizioni di cui ai commi da 1 a 16, 22, 24, 25 e 27 dell'articolo
16  del  decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sono  prorogati
di nove mesi». 
    Da ultimo, l'art. 19, comma 1, del decreto-legge 6  luglio  2012,
n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con
invarianza dei servizi dei cittadini)  -  non  ancora  convertito  in
legge - ha ulteriormente prorogato il termine per l'individuazione di
un diverso limite demografico da parte delle Regioni  («entro  i  tre
mesi antecedenti il primo termine di esercizio associato obbligatorio
delle funzioni fondamentali, ai sensi del comma 31-ter»). 
    Le modifiche di cui si e' riferito non hanno alterato la  portata
precettiva della norma impugnata, con la conseguenza che la questione
originariamente promossa avverso l'art. 20, comma 2-quater, del  d.l.
n. 98 del 2011 deve  ritenersi  trasferita  sul  testo  oggi  vigente
dell'art. 14, comma 31, del d.l. n. 78 del 2010. 
    3.2.- Nel merito, la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 20, comma 2-quater, del d.l. n. 98 del 2011, trasferita sul
testo vigente dell'art. 14, comma 31, del d.l. n. 78 del 2010, non e'
fondata. 
    Anche  in   questo   caso   la   difesa   statale   ha   rilevato
l'inapplicabilita' alle Regioni speciali del comma impugnato  per  le
ragioni gia' riferite nel punto 2.3.1., alle quali ha aderito, in via
subordinata, la ricorrente. 
    Questa Corte condivide siffatta ricostruzione per i  motivi  gia'
esposti al punto 2.3.2. Inoltre, con specifico riferimento alla norma
qui in esame (comma 2-quater),  le  argomentazioni  sopra  illustrate
trovano  conferma  in  una   considerazione   ulteriore,   desumibile
dall'art. 16, comma 29, del d.l. n. 138 del 2011, il quale stabilisce
che «Le disposizioni di cui al  presente  articolo  si  applicano  ai
comuni appartenenti alle regioni a statuto speciale ed alle  province
autonome di Trento e di Bolzano  nel  rispetto  degli  statuti  delle
regioni e province medesime, delle relative  norme  di  attuazione  e
secondo quanto previsto dall'articolo 27 della legge 5  maggio  2009,
n. 42». 
    La previsione  richiamata  contiene  una  specifica  clausola  di
salvaguardia che fa salvo, espressamente, il metodo pattizio (ex art.
27 della legge n. 42 del 2009) nella  determinazione  dei  criteri  e
delle  modalita'  di   concorso   delle   autonomie   speciali   alla
realizzazione degli obiettivi  di  finanza  pubblica.  La  scelta  di
metodo cosi' operata consente di escludere che il legislatore statale
abbia voluto rendere direttamente applicabili  anche  alle  autonomie
speciali le norme ivi contenute. 
    Pertanto, la  questione  promossa  dalla  Regione  Sardegna  deve
essere dichiarata non fondata, in quanto la norma  impugnata  non  si
applica alle Regioni speciali ed alle Province autonome. 
    4.-  Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  concernenti
l'art. 20, commi 4 e 5, del d.l. n. 98 del 2011, e l'art. 1, comma 8,
del d.l.  n.  138  del  2011  sono  fondate  nei  limiti  di  seguito
specificati. 
    4.1.- Secondo le Regioni Friuli-Venezia  Giulia  e  Sardegna,  le
norme citate violerebbero gli artt. 3, 5, 116, 117 e 119  Cost.,  gli
artt. 48 e 49 dello statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia e gli artt. 1, 3, 4, 5, 7 e 8  dello  statuto  speciale  della
Regione Sardegna. 
    In particolare, il comma 4 e' impugnato in  quanto  estende  agli
anni 2014 e seguenti le misure previste dall'art. 14,  comma  1,  del
d.l. n. 78 del 2010. Il comma 5, come modificato dall'art.  1,  comma
8, del d.l. n. 138 del 2011, e' impugnato nella parte in cui  dispone
ulteriori tagli  alle  spese  delle  Regioni  speciali,  a  decorrere
dall'anno 2012. 
    Esigenze  di  connessione  oggettiva  delle  questioni  sollevate
impongono di esaminare congiuntamente le censure prospettate. 
    Preliminarmente, occorre rilevare che il testo delle disposizioni
impugnate non ha subito modifiche  a  seguito  della  conversione  in
legge del d.l. n. 138 del 2011, sicche' la  Corte  deve  pronunciarsi
sulle questioni aventi ad oggetto le disposizioni dei commi 4 e 5 nel
testo riformulato dal d.l. n. 138 del 2011. 
    Peraltro, con le modifiche citate da ultimo,  il  legislatore  ha
inteso  soltanto  anticipare  nel  tempo  gli  effetti  delle  misure
disposte e variare l'entita' dei tagli. 
    4.2.-  Questa  Corte  si  e'  recentemente  espressa  sulla   non
incompatibilita' con la Costituzione delle misure disposte con l'art.
14, commi 1 e 2, del d.l. n. 78 del 2010, sul presupposto - richiesto
dalla propria costante giurisprudenza - che possono  essere  ritenute
principi fondamentali  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost., le norme  che
«si  limitino  a  porre  obiettivi  di  riequilibrio  della   finanza
pubblica,  intesi  nel   senso   di   un   transitorio   contenimento
complessivo, anche se  non  generale,  della  spesa  corrente  e  non
prevedano  in  modo  esaustivo   strumenti   o   modalita'   per   il
perseguimento dei suddetti obiettivi»  (sentenza  n.  148  del  2012;
conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del 2011 e n. 326 del 2010). 
    Con riferimento alle norme oggetto del presente giudizio, si deve
osservare  che  l'estensione  a  tempo  indeterminato  delle   misure
restrittive gia' previste nella precedente normativa di cui sopra, fa
venir meno una delle due  condizioni  sopra  indicate,  quella  della
temporaneita'  delle  restrizioni.  Ne'  si  potrebbe  dire  che   il
carattere  transitorio   delle   suddette   misure   sia   desumibile
dall'inciso iniziale del comma 4 dell'art. 20 («Fino  all'entrata  in
vigore di un nuovo patto di stabilita' interno»), giacche' si  tratta
di formula priva di riferimenti temporali precisi,  che  consente  il
protrarsi sine die delle misure, le  quali  rimarrebbero  cosi'  solo
nominalmente temporanee. 
    Al contempo, questa Corte non puo' stabilire  a  sua  discrezione
l'arco  temporale  di  operativita'  delle  norme  in  esame,   cosi'
sostituendosi al legislatore. Si tratta,  dunque,  di  dedurre  dalla
trama  normativa  censurata  un  termine  finale  che   consenta   di
assicurare la natura transitoria delle misure previste e, allo stesso
tempo, di non  stravolgere  gli  equilibri  della  finanza  pubblica,
specie in relazione all'anno finanziario in corso. 
    L'esame congiunto  dei  commi  4  e  5  consente  di  individuare
siffatto dies ad quem nell'anno 2014,  espressamente  richiamato  nel
comma 4, la' dove estende «agli anni 2014  e  successivi»  le  misure
previste dall'art. 14, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010. Per  ragioni
di coerenza,  lo  stesso  termine  finale  va  individuato  anche  in
relazione al comma 5, il quale dispone ulteriori  misure  restrittive
«ai medesimi fini di cui al comma 4». 
    Per  i  motivi  esposti,  si  deve  dichiarare   l'illegittimita'
costituzionale - per violazione dell'art. 119 Cost., degli artt. 48 e
49 dello statuto speciale  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  e
degli artt. 7 e 8 dello statuto speciale  della  Regione  Sardegna  -
dell'art. 20, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, nella  parte  in  cui
estende anche  agli  anni  successivi  al  2014  le  misure  disposte
dall'art. 14, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, e del comma  5  dello
stesso art. 20, nella parte in cui dispone che le misure previste  si
applichino, nei confronti delle Regioni speciali, «per gli anni  2012
e successivi» e «a decorrere dall'anno 2012»  (lettera  b),  anziche'
«sino all'anno 2014». 
    4.3.- Per le medesime ragioni  deve  essere  dichiarata,  in  via
consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo  1953,  n.
87, l'illegittimita' costituzionale delle restanti parti del comma  5
dell'art. 20 (lettere a, c e d), le quali dispongono ulteriori misure
restrittive - in riferimento alle Regioni ordinarie (lettera a), alle
Province (lettera c) ed ai Comuni con popolazione superiore  a  5.000
abitanti  (lettera  d)  -  senza  indicare  un  termine   finale   di
operativita' delle misure stesse. 
    L'intervento ablativo concerne pertanto le suddette  norme  nella
parte in cui prevedono che gli interventi restrittivi si  applichino,
nella misura indicata, «a decorrere dall'anno 2012» (lettera  a),  «a
decorrere dall'anno 2013» (lettera c), e «a decorrere dall'anno 2013»
(lettera d), anziche' «sino all'anno 2014». 
    5.- La questione di legittimita' costituzionale avente ad oggetto
l'art. 20, comma 17-bis,  del  d.l.  n.  98  del  2011,  deve  essere
dichiarata  inammissibile  per  la  genericita'  delle  censure.   La
ricorrente Regione Sardegna si limita infatti ad affermare che «anche
in questo caso la mancata  considerazione  della  specificita'  della
condizione della Regione Sardegna vizia la previsione  impugnata,  in
riferimento a tutti i parametri e ai profili sopra  evidenziati,  che
debbono intendersi qui pienamente richiamati». 
    I parametri cui fa riferimento la difesa regionale sono gli artt.
3, 5, 116, 117 e 119 Cost. e gli artt. 1,  3,  4,  5,  7  e  8  dello
statuto speciale della Regione Sardegna. Non sono tuttavia illustrate
le ragioni per le quali la ricorrente ritiene che la norma in  esame,
disponendo una riduzione dei rimborsi e delle compensazioni  relativi
alle imposte, violi  le  attribuzioni  costituzionali  della  Regione
Sardegna, tutelate dai parametri indicati. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a  separate  pronunce  la  decisione  sull'impugnazione
delle altre disposizioni contenute nel decreto-legge 6  luglio  2011,
n. 98 (Disposizioni  urgenti  per  la  stabilizzazione  finanziaria),
convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della  legge
15 luglio 2011, n. 111, e nel decreto-legge 13 agosto  2011,  n.  138
(Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo
sviluppo), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 14 settembre 2011, n.  148,  promosse  dalle  Regioni  autonome
Friuli-Venezia Giulia e Sardegna, con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  20,  comma
4, del d.l. n. 98 del 2011, nella parte in cui dispone che le  misure
previste si applicano «anche agli anni 2014 e  successivi»,  anziche'
«sino all'anno 2014»; 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  20,  comma
5, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, nella parte  in  cui  dispone
che le misure previste si applicano «per gli anni 2012 e successivi»,
anziche' «sino  all'anno  2014»,  e  «a  decorrere  dall'anno  2012»,
anziche' «sino all'anno 2014»; 
    3) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'art.  27  della
legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimita' costituzionale dell'art.
20, comma 5, lettera a), del d.l. n. 98 del 2011, nella parte in  cui
dispone che le misure previste si applicano  «a  decorrere  dall'anno
2012», anziche' «sino all'anno 2014»; 
    4) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'art.  27  della
legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimita' costituzionale dell'art.
20, comma 5, lettere c) e d), del d.l. n. 98 del 2011, nella parte in
cui dispongono che le  misure  previste  si  applicano  «a  decorrere
dall'anno 2013», anziche' «sino all'anno 2014»; 
    5)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 20, comma 17-bis, del d.l. n. 98  del  2011,
promosse dalla Regione Sardegna, per violazione  degli  artt.  3,  5,
116, 117 e 119 della Costituzione e degli artt. 1, 3, 4,  5,  7  e  8
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3  (Statuto  speciale
per la Sardegna); 
    6) dichiara non fondate, nei sensi  di  cui  in  motivazione,  le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 20, commi 2, 2-bis
e 3, del d.l. n. 98 del 2011, promosse dalla  Regione  Sardegna,  per
violazione degli artt. 3, 5, 116, 117 e 119 Cost. e degli artt. 1, 3,
4, 5, 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948; 
    7) dichiara non fondata, nei sensi  di  cui  in  motivazione,  la
questione  di  legittimita'  costituzionale   dell'art.   20,   comma
2-quater, del d.l. n. 98  del  2011,  trasferita  sul  testo  vigente
dell'art. 14, comma 31, del  decreto-legge  31  maggio  2010,  n.  78
(Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica), convertito, con  modificazioni,  dall'art.
1, comma 1, della legge  30  luglio  2010,  n.  122,  promossa  dalla
Regione Sardegna, per violazione dell'art. 3,  primo  comma,  lettera
b), della legge cost. n. 3 del 1948; 
    8) dichiara cessata la materia  del  contendere  in  ordine  alle
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 20,  comma  2-ter,
del d.l. n.  98  del  2011,  promosse  dalla  Regione  Sardegna,  per
violazione degli artt. 3, 5, 116, 117 e 119 Cost. e degli artt. 1, 3,
4, 5, 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 luglio 2012. 
 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
                    Gaetano SILVESTRI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2012. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI