N. 194 ORDINANZA 17 - 19 luglio 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Ordinamento militare - Pensione privilegiata - Giudizio pensionistico
  contabile - Consulenza tecnica  d'ufficio  -  Pareri  medico-legali
  richiesti  ai  collegi  medici  istituiti   presso   le   pubbliche
  amministrazioni - Partecipazione dei consulenti di parte - Asserita
  inapplicabilita' delle garanzie processuali riconosciute dal codice
  di procedura civile - Asserito deficit di contraddittorio - Difetto
  di motivazione sulla rilevanza - Errata individuazione della  norma
  censurata  -  Omesso  tentativo  di  ricercare   un'interpretazione
  conforme  a  Costituzione  -   Manifesta   inammissibilita'   della
  questione. 
- D.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, art. 189. 
- Costituzione, artt. 24 e 111. 
(GU n.30 del 25-7-2012 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici :Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 189 del
decreto legislativo 15 marzo 2010,  n.  66  (Codice  dell'ordinamento
militare), promosso dalla Corte dei  conti,  sezione  giurisdizionale
per la Puglia, nel procedimento vertente tra D.G.V.  e  il  Ministero
della difesa, con ordinanza del 18 ottobre 2011, iscritta  al  n.  21
del registro ordinanze 2012 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  6  giugno  2012  il  Giudice
relatore Aldo Carosi. 
    Ritenuto che con ordinanza del 18  ottobre  2011,  la  Corte  dei
conti,  sezione  giurisdizionale  per  la  Puglia,  in   composizione
monocratica, in qualita' di giudice delle pensioni, ha sollevato,  in
riferimento agli articoli 24 e 111 della Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 189 del decreto legislativo  15
marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), la cui  rubrica
reca: «Collegio medico legale»; 
    che la norma censurata disciplina nel dettaglio  la  composizione
del  Collegio  medico  legale,  organo  collegiale   istituito   alle
dipendenze del Ministero della difesa, deputato ad  esprimere  pareri
medico-legali e ad eseguire le visite dirette ordinate dal  Ministero
della difesa e dalle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti; 
    che la questione e' sorta nell'ambito di un giudizio promosso  da
un militare di leva in congedo  nei  confronti  del  Ministero  della
difesa, al  fine  di  conseguire  il  riconoscimento  dell'infermita'
contratta per  causa  di  servizio  e  quindi  la  concessione  della
pensione privilegiata; 
    che,  secondo  quanto  riferisce  il   giudice   rimettente,   il
ricorrente,  all'udienza  pubblica  dell'8  giugno  2011,  si  doleva
dell'erroneita' del giudizio medico-legale espresso dalla Commissione
medica ospedaliera (C.M.O.) istituita presso l'Ospedale di Bari,  che
aveva  respinto  l'istanza  pensionistica,  e  chiedeva  che  venisse
acquisito il parere del Collegio medico  legale  (C.M.L.)  presso  il
Ministero  della  difesa,  previa  proposizione   di   questione   di
costituzionalita', per violazione degli artt. 3, 24, 101 e 111  della
Costituzione; 
    che il giudice a quo premette che la legislazione vigente prevede
specificamente la facolta',  per  le  sezioni  giurisdizionali  della
Corte dei conti, di richiedere "pareri" al C.M.L. del Ministero della
difesa, alla sezione  di  tale  Collegio  istituito  presso  la  sede
centrale della  Corte  dei  conti  in  Roma,  nonche'  agli  ospedali
militari o civili aventi sede nella Regione,  oltre  che  all'Ufficio
medico legale presso il Ministero della  salute,  e  che  le  sezioni
riunite  della  Corte  dei  conti  hanno  affermato  che  il  giudice
contabile, nei giudizi pensionistici, ha la facolta', ai sensi  degli
artt. 15, primo comma, e 26 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038
(Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla
Corte dei conti), nonche' degli artt. 73 del regio decreto 12  luglio
1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi  sulla  Corte
dei conti) e 2, comma 4, del decreto-legge 15 novembre 1993,  n.  453
(Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei
conti), convertito, con modificazioni, dalla legge 14  gennaio  1994,
n. 19, di disporre consulenze tecniche d'ufficio secondo le norme del
codice di procedura civile, affidandole a professionisti privati; 
    che, secondo il rimettente, anche dopo tale pronunciamento non si
e' riscontrato un sostanziale cambiamento della  prassi  giudiziaria,
poco incline ad utilizzare  lo  strumento  della  consulenza  tecnica
d'ufficio,  dandosi  preferenza  ai  pareri  richiesti  agli   organi
istituiti presso le pubbliche amministrazioni, sicche' il  ricorso  a
tali  organi  pubblici  risulterebbe  essere,  ancora,  lo  strumento
prediletto dal giudice contabile; 
    che, secondo il giudice a quo,  seppure  alcune  questioni  siano
gia' state esaminate dalla Corte costituzionale (ordinanze n. 131 del
1998 e n. 248 del 2007), residuerebbe ancora  quella  concernente  la
pienezza del contraddittorio tecnico,  da  assicurare  attraverso  la
presenza dei consulenti di parte, che postulerebbe la  necessita'  di
un controllo dell'elaborazione peritale sin dal suo momento  genetico
e non ex post; 
    che, ai  fini  della  questione  di  legittimita'  costituzionale
odierna, il giudice rimettente ritiene di rilievo  l'affermazione  di
questa Corte contenuta nella ordinanza n. 248 del 2007, la'  dove  si
precisa che l'art. 2 della legge 8 ottobre 1984, n. 658  (Istituzione
in Cagliari di una sezione giurisdizionale e  delle  sezioni  riunite
della Corte dei conti),  nel  consentire  alla  Corte  dei  conti  di
ricorrere indifferentemente agli ospedali militari e civili, offre al
giudice «che non voglia  utilizzare  lo  strumento  della  consulenza
tecnica d'ufficio» la possibilita' di rivolgersi, nei casi in cui  il
giudizio si svolga nei confronti del Ministero della difesa, anziche'
agli ospedali militari, a quelli civili; sicche', prosegue il giudice
a quo, si dovrebbe ritenere che la Corte costituzionale  abbia  "dato
per assodato" che la consulenza tecnica d'ufficio  sia  un  mezzo  di
indagine istruttoria alternativo all'acquisizione in sede giudiziaria
dei  "pareri"  medico-legali   di   organi   pubblici   espressamente
individuati; 
    che nella questione proposta, precisa la  Corte  dei  conti,  non
verrebbe in discussione la possibilita' per il giudice delle pensioni
di richiedere "pareri" al Collegio medico-legale presso il  Ministero
della  difesa  o   agli   altri   organi   istituiti   presso   altre
amministrazioni   pubbliche,    ne'    la    questione    concernente
l'"imparzialita'" dei suddetti organi, ma  piuttosto  il  deficit  di
contraddittorio nel procedimento che si svolge innanzi  agli  stessi,
che non possono essere qualificati come consulenti tecnici d'ufficio; 
    che, in proposito, il rimettente osserva  che  nello  svolgimento
della consulenza  e'  fondamentale  l'attuazione  del  principio  del
contraddittorio, e cio' significa che ciascuna parte ha il diritto di
essere  ascoltata  e  di  poter  partecipare  alla   formazione   del
convincimento del giudice, e che tale  principio  troverebbe  la  sua
attuazione nella disposizione del codice di procedura civile  secondo
il quale le parti possono  partecipare  alle  operazioni  svolte  dal
perito e presentare osservazioni ed istanze  (ex  art.  194,  secondo
comma, codice di procedura civile); 
    che,  tuttavia,  secondo  la  Corte  dei  conti   rimettente,   a
differenza di quanto previsto dalla disciplina  del  codice  di  rito
civile,  gli  organi  tecnici  delle  pubbliche  amministrazioni  non
sarebbero tenuti  a  rispettare  il  contraddittorio  nella  fase  di
formazione del parere tecnico, mentre l'effettivita' del  diritto  di
agire e di difendersi dovrebbe invece consentire ad ogni  interessato
di potersi fare assistere da  un  tecnico  che  abbia  le  conoscenze
specialistiche che la materia richiede; non potendosi quindi ritenere
identiche le garanzie  processuali  inerenti  ai  predetti  pareri  a
quelle che sono assicurate ai  pareri  resi  dal  consulente  tecnico
d'ufficio  secondo  le  norme  del  codice   di   procedura   civile,
sussisterebbero, secondo  la  Corte  dei  conti,  i  presupposti  per
investire la Corte  costituzionale  della  questione  concernente  la
violazione degli artt. 24 e 111 Cost., restando irrisolta  sul  piano
legislativo la compatibilita' dei pareri  medico-legali  -  acquisiti
facendo ricorso ai collegi medici di cui sopra - con i principi di un
giusto processo contabile, rispettoso delle esigenze difensive  delle
parti, svolte all'interno di un contraddittorio sulle prove; 
    che  difatti,  secondo  il  rimettente,  l'art.  189  del  codice
militare prevede soltanto - al comma  9  -  che  «il  presidente  del
Collegio  medico-legale  puo'  richiedere  l'intervento,  con  parere
consultivo e senza diritto di voto, di medici estranei  al  collegio,
scelti tra specialisti civili,  docenti  universitari  (...)»,  senza
disporre  che  si  applichino  le  norme  sulla  consulenza   tecnica
d'ufficio del codice di rito civile; 
    che, conclusivamente, la Corte dei conti precisa che la questione
di  legittimita'  costituzionale,  oltre   che   non   manifestamente
infondata, si presenta come rilevante nel giudizio  a  quo,  ai  fini
dell'applicazione delle norme del codice  di  procedura  civile,  nel
senso di consentire la partecipazione dei consulenti di parte; 
    che nel  presente  giudizio  e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, il quale ha  concluso  per  la  non  fondatezza
della questione; 
    che la difesa erariale si richiama alla sentenza della Corte  dei
conti, sezioni riunite, n. 10/QM, depositata  il  22  novembre  2007,
evidenziando che in tale occasione e' stato affermato che il  giudice
delle pensioni puo' avvalersi  della  consulenza  tecnica  d'ufficio,
secondo le norme del  codice  di  procedura  civile,  affiancando  ai
consulenti pubblici i consulenti nominati anche tra i  professionisti
privati, ai sensi degli artt. 15, primo comma, e 26 del r.d. n.  1038
del 1933, dell'art. 73 del r.d. n. 1214 del 1934 e dell'art. 2, comma
4, del d.l. n. 453 del 1993,  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge n. 19 del 1994. Al riguardo, la difesa erariale  evidenzia  che
si tratta di  un  significativo  e  progressivo  riavvicinamento  del
processo  pensionistico  alla  normativa  processuale  contenuta  nel
codice di  rito,  al  quale  il  citato  art.  26  rinvia  "in  senso
dinamico", cosi' garantendo l'attuazione dell'art. 24 Cost.; 
    che pertanto,  secondo  la  difesa  erariale,  non  vi  sarebbero
ragioni per dubitare della legittimita' costituzionale  della  scelta
legislativa espressa dalla  disposizione  censurata,  trattandosi  di
norma che indica per il  processo  contabile  un  modello  del  tutto
compatibile con i principi costituzionali. 
    Considerato che  il  dubbio  sollevato  dalla  Corte  dei  conti,
sezione giurisdizionale per la Puglia, in  composizione  monocratica,
in qualita' di giudice delle pensioni,  investe  l'articolo  189  del
decreto legislativo 15 marzo 2010,  n.  66  (Codice  dell'ordinamento
militare); 
    che ad avviso del giudice rimettente tale norma, nel prevedere in
particolare al comma 9 solamente  che  «il  presidente  del  Collegio
medico-legale puo' richiedere l'intervento, con parere  consultivo  e
senza diritto di voto, di medici estranei  al  collegio,  scelti  tra
specialisti civili,  docenti  universitari  (...)»,  si  porrebbe  in
contrasto con gli artt. 24 e 111 della Costituzione, in  quanto,  non
disponendo che  si  applichino  le  norme  sulla  consulenza  tecnica
d'ufficio prevista dal codice di procedura civile e non  consentendo,
quindi, la presenza di consulenti tecnici di parte, non  garantirebbe
l'effettivo contraddittorio delle parti; 
    che la questione e' manifestamente inammissibile; 
    che l'ordinanza di rimessione si limita a  richiamare  brevemente
lo svolgimento del processo («il ricorrente si duole della erroneita'
del giudizio medico-legale espresso dalla C.M.O. di  Bari,  chiedendo
che venga acquisito il parere del C.M.L. presso  il  Ministero  della
difesa, previa questione di costituzionalita',  siccome  in  epigrafe
indicato, per violazione degli artt. 3, 24,  101  e  111  Cost.»)  e,
motivando sulla  rilevanza  della  questione,  conclude  direttamente
affermando che essa «(...) si presenta come  rilevante  nel  presente
giudizio,  ai  fini  dell'applicazione  delle  norme  del  codice  di
procedura civile  nel  senso  di  consentire  la  partecipazione  dei
consulenti di parte»; 
    che,   sebbene   indubbiamente   il   giudice   possieda    ampia
discrezionalita'  nel  decidere  se  ricorrere  all'ausilio   di   un
consulente tecnico, nondimeno, il rimettente  non  da'  conto  alcuno
delle ragioni che lo avrebbero condotto alla specifica scelta di tale
mezzo istruttorio piuttosto che di quello, indicato come alternativo,
consistente nella  consulenza  tecnica  d'ufficio,  che  gli  avrebbe
senz'altro consentito di assegnare  alle  parti  un  termine  per  la
nomina dei rispettivi consulenti; 
    che infatti, solo nel caso in cui il giudice avesse espressamente
argomentato  sia  sulla  necessita'  di   dover   procedere   ad   un
accertamento tecnico, sia sull'opportunita' di  affidarlo  al  C.M.L.
presso il Ministero della  difesa  -  piuttosto  che  ricorrere  alla
consulenza  tecnica   d'ufficio   -,   avrebbe   acquistato   rilievo
l'individuazione del "regime processuale" cui doveva assoggettarsi il
suddetto mezzo istruttorio, e quindi anche la  questione  concernente
l'applicabilita' o meno delle regole dettate dal codice di  procedura
civile a presidio del contraddittorio; 
    che, inoltre, pare  evidente  che  il  giudice  rimettente  abbia
errato nell'individuazione della norma censurata,  tenuto  conto  che
egli  indica  unicamente  l'art.  189  del  codice   dell'ordinamento
militare, ed in  particolare  il  comma  9,  disposizione  che  pero'
considera l'ipotesi dell'integrazione dell'organo collegiale militare
con ulteriori componenti: medici, estranei al  collegio,  scelti  tra
specialisti  civili  o  docenti  universitari,  che  possono   essere
chiamati ad esprimere un parere consultivo senza diritto  di  voto  e
che vanno ad integrare il Collegio nella sua  composizione  ordinaria
se, con riguardo al caso di specie da affrontare, esso fosse privo di
determinate competenze specialistiche. Tuttavia, il  suddetto  comma,
come del resto l'intero art. 189 oggetto della censura, non prende in
considerazione ne' il procedimento ne' il ruolo delle parti o  quello
dei loro consulenti tecnici. Infatti, i consulenti tecnici  di  parte
prestano la loro opera professionale in favore  delle  parti  che  li
hanno incaricati e sono legati unicamente alle medesime in ragione di
tale rapporto fiduciario. Essi sono quindi esclusi da ogni  relazione
con il giudice ed i suoi ausiliari. Non vi e' ragione alcuna, quindi,
che  l'art.  189  in  questione,  trattando  della  composizione  del
collegio, dovesse in quella sede prendere in considerazione anche  il
ruolo dei consulenti  tecnici  delle  parti.  D'altronde,  lo  stesso
codice di procedura civile, considera il consulente tecnico d'ufficio
al Titolo I, Capo III, tra gli «ausiliari del  giudice»  (art.  61  e
seguenti del codice di procedura civile ed art. 13 e  seguenti  disp.
att. cod. proc. civ.), mentre  il  consulente  tecnico  di  parte  e'
menzionato al Titolo III, capo I, tra i  «difensori»  (art.  87  cod.
proc. civ.); 
    che, invece, non sono stati fatti oggetto di censura da parte del
giudice a quo ne' il successivo art. 190 del codice  dell'ordinamento
militare, che pure prevede il  funzionamento  del  medesimo  collegio
ripartito in sezioni, ne', soprattutto,  le  altre  disposizioni  che
consentono al giudice contabile delle pensioni di chiedere  i  pareri
ai suddetti organi tecnici nell'ambito del relativo processo (art. 2,
comma 4, del d.l. n. 453 del  1993,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge n. 19 del 1994, artt. 15, primo comma, e 26 del  r.d.  n.
1038 del 1933, nonche' art. 73 del r.d. n. 1214 del 1934); 
    che, infine, manca nell'ordinanza di  rimessione  ogni  cenno  al
tentativo di ricercare un'interpretazione conforme alla Costituzione,
prima  di  sollevare  la  questione  di  legittimita'  (ex  plurimis,
sentenze n. 301 del 2003 e n. 356 del 1996),  essendosi  limitato  il
giudice a quo a richiamare  una  precedente  affermazione  di  questa
Corte, dalla quale pretenderebbe  di  dedurre  il  riconoscimento  di
tratti di "alternativita'" dei pareri resi  dagli  organi  collegiali
istituiti presso le pubbliche amministrazioni rispetto a quelli  resi
dai consulenti nominati  dal  giudice  secondo  il  codice  del  rito
civile; 
    che non e' svolto, in particolare, alcun argomento per  sostenere
che tali supposte  diversita'  condurrebbero  a  connotare  i  pareri
suddetti come completamente impermeabili  alla  disciplina  contenuta
nel codice di procedura civile, insensibili quindi anche  al  "rinvio
dinamico" disposto dall'art. 26 del r.d. n. 1038 del 1933, e  neppure
suscettibili di trovare regolazione integrativa da parte del giudice,
facendo uso dei poteri accordati dall'art. 15 del medesimo r.d.; 
    che, nemmeno, il giudice a quo da' minimamente conto di un dubbio
residuo  che  si  mostrasse  irriducibile  ad   ogni   tentativo   di
interpretazione   costituzionalmente    conforme,    ne'    riferisce
dell'esistenza  di  un  diritto  vivente  che  lo  avrebbe  costretto
necessariamente verso l'interpretazione che egli sospetta affetta  da
incostituzionalita'. In proposito, ha recentemente  affermato  questa
Corte nell'ordinanza n.  26  del  2012  che  «(...)  in  un  contesto
caratterizzato dall'ampia discrezionalita' di cui gode il legislatore
in tema di disciplina del processo e di conformazione degli  istituti
processuali (sentenza n. 17 del 2011; ordinanza  n.  141  del  2011),
(...) la prospettata questione risulta viziata da  una  non  compiuta
sperimentazione da parte del rimettente stesso del doveroso tentativo
di dare una interpretazione costituzionalmente conforme  delle  norme
impugnate (ordinanze n. 101, n. 103 e n.  212  del  2011),  sembrando
piuttosto che egli cerchi di utilizzare in modo improprio e  distorto
l'incidente di costituzionalita', nel  tentativo  di  ottenere  dalla
Corte un avallo interpretativo (ordinanza n. 139 del 2011)». 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi  davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 189 del decreto legislativo
15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento  militare),  sollevata,
in riferimento agli artt. 24 e 111 della  Costituzione,  dalla  Corte
dei conti, sezione giurisdizionale per  la  Puglia,  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 luglio 2012. 
 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2012. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI