N. 198 SENTENZA 17 - 20 luglio 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Regione (in genere)  -  Numero  dei  consiglieri  e  degli  assessori
  regionali  -  Riduzione  -  Ricorso  della  Regione  Basilicata   -
  Inconferenza  del  parametro  evocato  -   Inammissibilita'   della
  questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 14, comma 1. 
- Costituzione, art. 114. 
Regione (in genere)  -  Numero  dei  consiglieri  e  degli  assessori
  regionali - Riduzione -  Ricorso  delle  Regioni  Emilia-Romagna  e
  Umbria - Difetto di interesse - Difetto assoluto di  motivazione  -
  Inammissibilita' delle questioni. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 14, comma 1. 
- Costituzione, artt. 3 e 97. 
Regione (in genere)  -  Numero  dei  consiglieri  e  degli  assessori
  regionali  -  Riduzione   -   Ricorso   delle   Regioni   Calabria,
  Emilia-Romagna e Umbria - Evocazione di parametri diversi da quelli
  contenuti nel Titolo V della Costituzione - Mancata motivazione  in
  ordine alla ridondanza sul riparto di competenze - Inammissibilita'
  delle questioni. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 14, comma 1. 
- Costituzione, artt. 77 e 70. 
Regione (in genere)  -  Numero  dei  consiglieri  e  degli  assessori
  regionali  -  Riduzione  -  Ricorsi  delle   Regioni   Calabria   e
  Trentino-Alto Adige e  delle  Province  autonome  di  Trento  e  di
  Bolzano - Asserita violazione del principio di leale collaborazione
  - Difetto di motivazione - Inammissibilita' delle questioni. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 14, commi 1 e  2. 
-   
Regione (in genere)  -  Numero  dei  consiglieri  e  degli  assessori
  regionali - Riduzione - Ricorsi della Regione Trentino-Alto Adige e
  delle Province autonome di Trento e  di  Bolzano  -  Evocazione  di
  parametri non richiamati nella  delibera  degli  enti  regionali  e
  provinciali competenti a proporre ricorso - Inammissibilita'  delle
  questioni. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 14, comma 2. 
- Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, n. 1), 8, n.1),
  69 e 75; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10.   
Regioni a statuto speciale - Numero dei consiglieri e degli assessori
  regionali - Riduzione -  Adeguamento  ai  parametri  statali  quale
  condizione per l'applicazione dell'art. 27 della legge  n.  42  del
  2009 ed "elemento  di  riferimento  per  l'applicazione  di  misure
  premiali  o  sanzionatorie  previste  dalla  normativa  vigente"  -
  Imposizione di limiti e  condizioni  con  legge  ordinaria  in  una
  materia, quale la disciplina degli  organi  regionali  e  dei  loro
  componenti, riservata agli  statuti  speciali  adottati  con  legge
  costituzionale  -  Violazione  delle  particolari   condizioni   di
  autonomia  riconosciute  alle  Regioni   a   statuto   speciale   -
  Illegittimita'  costituzionale  -  Assorbimento   degli   ulteriori
  profili. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 14, comma 2. 
- Costituzione, art. 116 (artt. 3, 116, 117, commi terzo e  sesto,  e
  119; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 24,  25,  36,
  47, 48, 103, 104 e 107; statuto della Regione Valle d'Aosta,  artt.
  14, 15, 16 e 25; statuto della Regione Sardegna, artt. 15 e 16). 
Regione  (in  genere)  -  Numero  massimo  dei  consiglieri  e  degli
  assessori regionali - Riduzione degli emolumenti dei consiglieri  -
  Istituzione di un Collegio dei revisori dei conti -  Ricorsi  delle
  Regioni  Basilicata,  Calabria,  Campania,  Emilia-Romagna,  Lazio,
  Lombardia, Umbria e Veneto - Asserita disciplina  di  dettaglio  in
  materia di competenza concorrente - Asserita lesione dell'autonomia
  finanziaria in quanto la norma statale stabilisce le modalita'  con
  cui le Regioni devono raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica
  fissati  dal  patto  di  stabilita'  -  Asserita  violazione  della
  competenza legislativa regionale residuale  -  Asserita  violazione
  della potesta' statutaria  delle  Regioni  -  Asserita  esorbitanza
  dello Stato dalle competenze attribuitegli in materia di  struttura
  organizzativa delle  Regioni  -  Insussistenza  -  Introduzione  di
  criteri di proporzione tra elettori, eletti e nominati, in coerenza
  con  il  principio  di  eguaglianza,  nel   quadro   generale   del
  contenimento della spesa pubblica - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 14, comma 1, modificato dall'art. 30, comma  5,
  della legge 12 novembre 2011, n. 183. 
- Costituzione, artt. 117, commi secondo, terzo e quarto, 119, 122  e
  123. 
Regione (in genere) - Riduzione del numero dei  consiglieri  e  degli
  assessori regionali - Adozione entro sei mesi con  efficacia  dalla
  prima legislatura regionale  successiva  -  Ricorsi  delle  Regioni
  Emilia-Romagna e Umbria - Asserita irragionevolezza di  un  termine
  di cui la Regione non dispone compiutamente - Insussistenza  -  Non
  fondatezza della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148),  art.  14,  comma  1,  lett.  a)  e  b),  modificato
  dall'art. 30, comma 5, della legge 12 novembre 2011, n. 183. 
- Costituzione, art. 3. 
Regione (in genere) - Istituzione di un  Collegio  dei  revisori  dei
  conti, quale "organo  di  vigilanza  sulla  regolarita'  contabile,
  finanziaria ed economica della gestione dell'ente" -  Raccordo  con
  le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, ai fini di
  coordinamento  della  finanza  pubblica  -  Ricorsi  delle  Regioni
  Emilia-Romagna, Lombardia e Umbria - Asserita delegazione di poteri
  di natura regolamentare nella materia concorrente del coordinamento
  della finanza pubblica, con violazione della potesta' legislativa e
  regolamentare regionale - Asserita violazione della funzione  della
  Corte dei conti - Asserita violazione della potesta'  statutaria  e
  legislativa regionale in materia di organi regionali non  necessari
  - Insussistenza - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 14, comma 1, lett. e), modificato dall'art. 30,
  comma 5, della legge 12 novembre 2011, n. 183. 
- Costituzione, artt. 100, 103, 117, commi terzo e sesto, e 121. 
(GU n.30 del 25-7-2012 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici :Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  14,
commi 1 e 2, del decreto-legge 13  agosto  2011,  n.  138  (Ulteriori
misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo),
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.  148
e dell'articolo 30, comma 5, della legge 12  novembre  2011,  n.  183
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge  di  stabilita'  2012),  promossi  dalla  Regione
Lazio, dalla Regione autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste,  dalla
Regione Basilicata, dalla Provincia autonoma di Trento, dalla Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, dalle Regioni  Emilia-Romagna,
Veneto, Umbria, dalla Provincia autonoma di  Bolzano,  dalle  Regioni
Campania, Lombardia, Calabria, dalla Regione autonoma della  Sardegna
e dalla Regione Veneto, notificati il 14-16, il 15, il 17, il  15-17,
il 17, il 15 novembre 2011 ed  il  13  gennaio  2012,  depositati  in
cancelleria il 18, il 23, il 24 novembre 2011 ed il 18 gennaio  2012,
rispettivamente iscritti ai nn. 134, 135, 136, 142,  143,  144,  145,
147, 152, 153, 155, 158 e 160 del registro ricorsi 2011 ed al  n.  11
del registro ricorsi 2012. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  19  giugno  2012  il  Giudice
relatore Sabino Cassese; 
    uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per la Provincia  autonoma
di  Trento  e  la  Regione  autonoma  Trentino-Alto   Adige/Südtirol,
Giandomenico  Falcon  e   Franco   Mastragostino   per   le   Regioni
Emilia-Romagna e Umbria, Massimo  Luciani  per  la  Regione  autonoma
della Sardegna, Renato Marini per la Regione Lazio, Ulisse Corea  per
la Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, Marcello  Cecchetti
per la  Regione  Basilicata,  Luigi  Manzi  per  la  Regione  Veneto,
Giuseppe Franco Ferrari e Roland Riz per  la  Provincia  autonoma  di
Bolzano, Beniamino Caravita di Toritto  per  le  Regioni  Campania  e
Lombardia, Graziano Pungi' per la Regione Calabria, Mario  Bertolissi
per la Regione Veneto e l'avvocato dello Stato Paolo Gentili  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Le  Regioni  Lazio  (reg.  ric.  n.  134  del  2011),  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste (reg. ric. n. 135 del 2011), Basilicata  (reg.
ric. n. 136 del 2011), Trentino Alto-Adige/Südtirol (reg. ric. n. 143
del 2011), Emilia-Romagna (reg. ric. n. 144 del 2011),  Veneto  (reg.
ric. n. 145 del 2011), Umbria (reg. ric. n. 147 del  2011),  Campania
(reg. ric. n. 153 del 2011), Calabria (reg. ric. n. 158 del  2011)  e
Sardegna (reg. ric. n. 160 del 2011), nonche' le Province  di  Trento
(reg. ric. n. 142 del 2011) e di Bolzano (reg. ric. n. 152 del  2011)
hanno impugnato, fra l'altro,  l'articolo  14  del  decreto-legge  13
agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la  stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni,  dalla
legge 14 settembre 2011, n. 148. La Regione Veneto (reg. ric.  n.  11
del 2012) ha inoltre impugnato l'articolo 30, comma 5, della legge 12
novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2012), che ha
modificato l'articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011. 
    1.1.- I parametri invocati nei ricorsi, nel complesso,  sono  gli
artt. 3, 70, 77, 97, 100, 103, 114, 116, 117, 119,  121,  122  e  123
della Costituzione, nonche' il principio di  leale  collaborazione  e
l'articolo 10 della  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). 
    In particolare, la Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee  d'Aoste
lamenta la violazione degli articoli 2, primo comma, lettera a),  15,
16 e 25 della legge costituzionale 26 febbraio 1948,  n.  4  (Statuto
speciale per la Valle d'Aosta), e del decreto legislativo  5  ottobre
2010, n. 179  (Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale  della
regione   autonoma   Valle   d'Aosta/Vallee    d'Aoste    concernenti
l'istituzione di una sezione di controllo della Corte dei conti).  Il
Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province di  Trento  e  di  Bolzano
deducono la violazione degli articoli 4, numero 1), 8, numero 1), 25,
36, 47, 48, 69, 75, 79, 103, 104 e 107  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige),  e  delle  relative  norme  di  attuazione:  il
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione  dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti  il  rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche'
la  potesta'  statale  di  indirizzo  e  coordinamento),  il  decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
provinciale), e il decreto del Presidente della Repubblica 15  luglio
1988, n. 305 (Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  la
regione  Trentino-Alto  Adige  per  l'istituzione  delle  sezioni  di
controllo della Corte dei conti di Trento  e  di  Bolzano  e  per  il
personale ad esse addetto). La Regione Sardegna lamenta la violazione
degli articoli 15 e 16 della legge costituzionale 26  febbraio  1948,
n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna). 
    2.-  Le  disposizioni  censurate   riguardano   il   numero   dei
consiglieri e degli assessori regionali, nonche'  l'indennita'  e  il
trattamento previdenziale dei  consiglieri,  e  prevedono,  altresi',
l'istituzione, da parte delle Regioni, di un  Collegio  dei  revisori
dei conti, quale organo di  vigilanza  sulla  regolarita'  contabile,
finanziaria ed economica della gestione dell'ente. 
    2.1.- In particolare, ai sensi dell'articolo  14,  comma  1,  del
decreto-legge  n.  138  del  2011,  «[p]er  il  conseguimento   degli
obiettivi  stabiliti  nell'ambito  del  coordinamento  della  finanza
pubblica, le Regioni, ai fini della collocazione nella classe di enti
territoriali piu' virtuosa di  cui  all'articolo  20,  comma  3,  del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, oltre al rispetto  dei  parametri
gia' previsti dal predetto articolo 20, debbono adeguare, nell'ambito
della  propria  autonomia  statutaria  e  legislativa,  i  rispettivi
ordinamenti ai seguenti ulteriori parametri: 
    a)  previsione che il numero massimo dei  consiglieri  regionali,
ad esclusione del Presidente della Giunta  regionale,  sia  uguale  o
inferiore a 20 per le Regioni con popolazione fino ad un  milione  di
abitanti; a 30 per le Regioni con popolazione fino a due  milioni  di
abitanti; a 40 per le Regioni con popolazione fino a quattro  milioni
di abitanti; a 50 per le Regioni con popolazione fino a  sei  milioni
di abitanti; a 70 per le Regioni con popolazione fino ad otto milioni
di abitanti; a 80 per le Regioni con popolazione  superiore  ad  otto
milioni  di  abitanti.  La  riduzione  del  numero  dei   consiglieri
regionali rispetto a  quello  attualmente  previsto  e'  adottata  da
ciascuna Regione entro sei mesi dalla data di entrata in  vigore  del
presente decreto e  deve  essere  efficace  dalla  prima  legislatura
regionale successiva a quella della data di  entrata  in  vigore  del
presente decreto. Le Regioni che, alla data di entrata in vigore  del
presente  decreto,  abbiano  un  numero  di   consiglieri   regionali
inferiore a quello  previsto  nella  presente  lettera,  non  possono
aumentarne il numero; 
    b)  previsione che il numero massimo  degli  assessori  regionali
sia pari o inferiore ad un  quinto  del  numero  dei  componenti  del
Consiglio regionale,  con  arrotondamento  all'unita'  superiore.  La
riduzione deve essere operata entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore del presente decreto  e  deve  essere  efficace,  in  ciascuna
regione, dalla prima legislatura regionale  successiva  a  quella  in
corso alla data di entrata in vigore del presente decreto; 
    c)  riduzione a decorrere dal 1° gennaio 2012, in  attuazione  di
quanto previsto dall'articolo 3 del decreto-legge 25 gennaio 2010, n.
2, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010,  n.  42,
degli emolumenti e delle utilita', comunque denominati,  previsti  in
favore dei consiglieri  regionali  entro  il  limite  dell'indennita'
massima spettante ai membri del Parlamento, cosi' come  rideterminata
ai sensi dell'articolo 13 del presente decreto; 
    d)  previsione  che  il  trattamento  economico  dei  consiglieri
regionali sia commisurato all'effettiva partecipazione ai lavori  del
Consiglio regionale; 
    e)  istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2012, di un  Collegio
dei revisori dei conti, quale organo di vigilanza  sulla  regolarita'
contabile, finanziaria ed  economica  della  gestione  dell'ente;  il
Collegio, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, opera  in
raccordo con le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti;
i componenti di tale Collegio sono scelti mediante estrazione  da  un
elenco, i cui iscritti devono  possedere  i  requisiti  previsti  dai
principi contabili internazionali, avere  la  qualifica  di  revisori
legali di cui al decreto legislativo  27  gennaio  2010,  n.  39,  ed
essere in  possesso  di  specifica  qualificazione  professionale  in
materia di contabilita' pubblica e gestione economica  e  finanziaria
anche degli enti territoriali, secondo i  criteri  individuati  dalla
Corte dei conti; 
    f)  passaggio, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto e con efficacia a decorrere dalla prima  legislatura
regionale successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore
del presente decreto, al sistema  previdenziale  contributivo  per  i
consiglieri regionali». 
    2.2.- L'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 138  del  2011
prevede che «[l]'adeguamento ai parametri di cui al comma 1 da  parte
delle Regioni a Statuto speciale e delle province autonome di  Trento
e di Bolzano costituisce condizione per l'applicazione  dell'articolo
27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, nei confronti di quelle  Regioni
a statuto speciale e province autonome per  le  quali  lo  Stato,  ai
sensi  del  citato  articolo  27,  assicura  il  conseguimento  degli
obiettivi  costituzionali  di  perequazione  e  di  solidarieta',  ed
elemento di riferimento  per  l'applicazione  di  misure  premiali  o
sanzionatorie previste dalla  normativa  vigente».  L'art.  27  della
legge n. 42 del 2009, intitolato «Coordinamento della  finanza  delle
regioni a statuto speciale e delle province  autonome»,  prevede,  al
primo comma, che «[l]e regioni  a  statuto  speciale  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto degli statuti speciali,
concorrono al conseguimento degli  obiettivi  di  perequazione  e  di
solidarieta' ed all'esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti,
nonche' al patto  di  stabilita'  interno  e  all'assolvimento  degli
obblighi  posti  dall'ordinamento  comunitario,  secondo  criteri   e
modalita' stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da
definire, con le procedure previste dagli statuti medesimi, e secondo
il principio  del  graduale  superamento  del  criterio  della  spesa
storica di cui all'articolo 2, comma 2, lettera m)». 
    2.3.- L'art. 30 della legge n. 183 del 2011, impugnato dalla sola
Regione Veneto, ha modificato il primo alinea dell'art. 14, comma  1,
del decreto-legge  n.  138  del  2011,  sostituendo  la  formulazione
originaria secondo cui le  Regioni  dovevano  adeguare  i  rispettivi
ordinamenti ai parametri elencati alle lettere  successive  «ai  fini
della collocazione nella classe di enti territoriali piu' virtuosa di
cui all'articolo 20, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,
oltre al rispetto dei parametri gia' previsti dal  predetto  articolo
20»,  con  la  seguente:  «[p]er  il  conseguimento  degli  obiettivi
stabiliti nell'ambito del coordinamento della  finanza  pubblica,  le
Regioni adeguano, nell'ambito della propria  autonomia  statutaria  e
legislativa,  i  rispettivi   ordinamenti   ai   seguenti   ulteriori
parametri». 
    3.- La Regione Lazio (reg. ric. n. 134  del  2011)  ha  impugnato
l'articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011  in  quanto
inciderebbe  sulla  forma  di  governo  regionale  e   sui   principi
fondamentali di organizzazione e funzionamento, la cui determinazione
spetta allo statuto regionale, cosi' violando gli  artt.  122  e  123
Cost. 
    Si e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo  che  le  censure  siano   dichiarate   inammissibili   per
sopravvenuta carenza di interesse, in quanto l'art. 30 della legge n.
183 del 2011  ha  eliminato  il  collegamento  tra  l'adeguamento  ai
parametri previsti dall'art. 14, comma 1, del  decreto-legge  n.  138
del 2011 e  la  collocazione  delle  Regioni  nella  classe  di  enti
territoriali piu' virtuosa ai fini dell'applicazione della disciplina
del patto di stabilita'. 
    4.- La Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste  (reg.  ric.
n. 135 del 2011) ha impugnato l'art. 14 del decreto-legge n. 138  del
2011, in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost., agli artt.  2,
primo comma, lettera a), 15, 16 e 25  dello  statuto  speciale  della
Regione Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e del decreto legislativo n. 179
del 2010. 
    4.1.- La  ricorrente  lamenta,  in  primo  luogo,  la  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost., poiche' la disposizione  impugnata
conterrebbe   norme   di   dettaglio   nella   materia    concorrente
«coordinamento  della  finanza  pubblica».  L'art.  14,  inoltre,  si
porrebbe in contrasto con le norme dello statuto in materia di  forma
di governo: in particolare, con l'art. 15,  che  demanda  alla  legge
regionale la forma di governo regionale e le  modalita'  di  elezione
degli assessori, con l'art. 16, che fissa in trentacinque  il  numero
dei consiglieri regionali, e con l'art. 25,  che  affida  alla  legge
regionale   la   determinazione   delle   indennita'   degli   stessi
consiglieri. L'art. 14, comma 1, lettera e), del decreto-legge n. 138
del 2011, poi, nella parte in cui istituisce il Collegio dei revisori
dei conti, violerebbe l'art. 2, primo comma, lettera a) dello statuto
speciale e le relative norme  di  attuazione  contenute  nel  decreto
legislativo n. 179 del 2010, in quanto interferirebbe con la potesta'
legislativa esclusiva in materia di «ordinamento degli uffici e degli
enti dipendenti dalla Regione». 
    4.2.- Si e' costituito in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che  il  ricorso  sia  dichiarato  inammissibile  e,
comunque, non fondato. In via  preliminare,  la  difesa  dello  Stato
chiede che la censura relativa all'art. 14 del decreto-legge  n.  138
del 2011 sia dichiarata inammissibile  per  sopravvenuta  carenza  di
interesse a ricorrere, in ragione della modifica intervenuta ad opera
dell'art. 30 della legge n. 183 del 2011. 
    Nel merito, la difesa dello Stato sostiene  che  la  disposizione
impugnata non lederebbe l'autonomia finanziaria della ricorrente,  in
quanto  i  parametri  indicati  dall'art.  14,   «seppur   specifici,
rientrano in quelle disposizioni atte a dare concreta effettivita' al
patto  di  stabilita'»  e,  quindi,   costituirebbero   principi   di
coordinamento della finanza pubblica. Inoltre, la norma censurata non
modificherebbe  l'assetto  organizzativo  della  Regione  e  non   ne
lederebbe l'autonomia organizzativa, garantiti dagli artt. 15,  16  e
25 dello statuto  speciale,  in  quanto  l'adeguamento  ai  parametri
indicati dall'art.  14,  comma  1,  varrebbe  «quale  condizione  per
l'applicazione dell'art. 27» della  legge  n.  42  del  2009  e  come
«riferimento per l'applicazione di misure premiali e sanzionatorie». 
    5.- La  Regione  Basilicata  (reg.  ric.  n.  136  del  2011)  ha
impugnato l'articolo  14  del  decreto-legge  n.  138  del  2011.  La
ricorrente lamenta il  contrasto  della  disposizione  in  esame  con
l'art. 123 Cost., in quanto «limita di fatto l'autonomia in  tema  di
forma di governo e  di  principi  fondamentali  di  organizzazione  e
funzionamento della Regione»; con l'art. 117, terzo comma, Cost.,  in
quanto  introdurrebbe  una  disciplina  di  dettaglio  nella  materia
concorrente «coordinamento della finanza pubblica»; con  l'art.  114,
in quanto, con la norma impugnata,  il  legislatore  statale  avrebbe
voluto «ripristinare quella distinzione  tra  gli  enti  territoriali
tipica della superata "centralita'"», in contrasto con  il  principio
di equiordinazione tra enti. 
    Si e' costituito in giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che tali censure siano dichiarate  inammissibili  o,
comunque, non fondate. Innanzitutto, si eccepisce  l'inammissibilita'
del ricorso  per  l'assoluta  genericita'  delle  censure  sollevate.
Inoltre, si rileva che,  a  seguito  dell'approvazione  dell'art.  30
della legge n. 183 del 2011, che ha modificato l'art.  14,  comma  1,
del decreto-legge n. 138 del 2011, le doglianze  regionali  sarebbero
«comunque  superate».   Nel   merito,   le   disposizioni   censurate
lascerebbero alle Regioni un ampio margine di  scelta,  nel  rispetto
del vincolo stabilito dal legislatore statale. 
    6.- La Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol  (reg.  ric.
n. 143 del 2011) ha impugnato l'art. 14, comma 2,  del  decreto-legge
n. 138 del 2011, per violazione degli artt. 117, sesto comma,  e  119
Cost., degli artt. 4, numero 1), 24, 25, 36, 48, 69, 79, 103,  104  e
107 dello statuto speciale  e  delle  relative  norme  di  attuazione
(decreto legislativo n. 266 del 1992, decreto legislativo n. 268  del
1992, e decreto del Presidente della Repubblica  n.  305  del  1988),
nonche' dei principi di ragionevolezza e leale collaborazione. 
    6.1.- In  primo  luogo,  la  disposizione  impugnata,  stante  il
carattere dettagliato delle misure  previste,  lederebbe  l'autonomia
finanziaria della  Regione,  in  violazione  dell'art.  119  Cost.  e
dell'art. 79 dello statuto.  Inoltre,  sarebbero  violati  anche  gli
artt.  103,  104  e  107  dello  statuto  e  il  principio  di  leale
collaborazione,  «perche'  una  fonte  primaria  ordinaria,  adottata
unilateralmente, ha derogato ad una norma statutaria, adottata con la
speciale procedura di cui all'art. 104». 
    In secondo luogo, l'art. 14, comma 2, violerebbe le  norme  dello
statuto che disciplinano  la  forma  di  governo  della  Regione  (in
particolare, con gli  artt.  25  e  36,  riguardanti  il  numero  dei
consiglieri e assessori regionali, e  con  l'art.  4,  numero  1,  in
materia di organizzazione interna). 
    In terzo luogo, la norma censurata, nella parte  in  cui  prevede
l'istituzione del Collegio dei revisori dei conti (comma  1,  lettera
e), invaderebbe un settore di competenza delle norme  di  attuazione,
cosi' violando l'art. 107 dello statuto e il d.P.R. n. 305  del  1988
(in  particolare,  l'art.  10,  comma  3-ter,  che   considera   come
facoltativa la richiesta di ulteriori forme di collaborazione con  le
sezioni della Corte dei conti), nonche' l'art. 4,  numero  1),  dello
statuto, in quanto interverrebbe in una materia - l'ordinamento degli
uffici - di competenza regionale. Inoltre, la stessa disposizione  si
porrebbe in contrasto con l'art. 117, sesto comma, Cost.,  in  quanto
attribuirebbe a un organo statale un potere normativo  secondario,  e
con l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, «che ritiene solo  gli  atti
legislativi statali idonei a far sorgere un dovere di adeguamento». 
    6.2.- Si e' costituito in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che  il  ricorso  sia  dichiarato  inammissibile  e,
comunque, nel merito non fondato. In via preliminare, la difesa dello
Stato eccepisce l'inammissibilita' per genericita' della formulazione
delle censure relative all'art. 69 dello statuto e agli artt. 9, 10 e
10-bis del  d.lgs.  n.  268  del  1992,  indicate  nell'epigrafe  del
ricorso. Con riguardo alle rimanenti censure,  l'Avvocatura  generale
dello  Stato  chiede   che   siano   dichiarate   inammissibili   per
sopravvenuta carenza  di  interesse  a  ricorrere,  a  seguito  della
modifica introdotta dall'art. 30, comma 5, della  legge  n.  183  del
2011. 
    6.3.- Con memoria  depositata  il  29  maggio  2012,  la  Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, innanzi tutto, precisa che  le
censure rispetto alle quali  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ha
eccepito  l'inammissibilita'  per  genericita'  sono  riferite  a  un
diverso motivo di ricorso, riguardante altra disposizione. Inoltre, a
proposito della modifica dell'art. 14, comma 1, del d.l. n.  138  del
2011 apportata dall'art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011, la
ricorrente sostiene che essa  non  puo'  ritenersi  satisfattiva,  in
quanto l'art. 14, comma 2, rimasto immutato, continua a prevedere che
l'adeguamento ai parametri previsti dal comma 1  resta  «elemento  di
riferimento per l'applicazione di  misure  premiali  o  sanzionatorie
previste dalla normativa vigente». 
    7.- La Regione Emilia-Romagna (reg. ric.  n.  144  del  2011)  ha
impugnato l'art. 14, comma 1, del d.l. n. 138 del 2011 per violazione
degli artt. 3, 77, 97, 100, 103, 117, commi secondo, terzo  e  sesto,
119, 121 e 123 Cost. 
    7.1.-  La  ricorrente  lamenta,   innanzitutto,   la   violazione
dell'art.  123  Cost.,  in   quanto   la   composizione   dell'organo
legislativo  regionale  costituirebbe  una  scelta  fondamentale  che
attiene alla forma di governo,  la  cui  determinazione  spetta  agli
statuti regionali, assoggettati «al solo criterio della "armonia  con
la Costituzione"», talche'  la  norma  censurata  eccederebbe  limiti
della potesta' legislativa dello  Stato  (art.  117,  secondo  comma,
Cost.). Sarebbe altresi' lesa l'autonomia finanziaria di cui all'art.
119 Cost., negandosi alla Regione la  possibilita'  di  scegliere  le
modalita' per raggiungere gli obiettivi di finanza  pubblica  fissati
dalla disciplina del patto di stabilita'. La disposizione  censurata,
poi, lederebbe l'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto prevederebbe
regole  di  dettaglio  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    In subordine, la Regione rileva  che  la  disposizione  censurata
richiede di ridurre il  numero  dei  consiglieri  e  degli  assessori
regionali entro sei mesi dall'entrata in vigore del  decreto  stesso.
Tale termine puo' essere rispettato solo  laddove  le  modifiche  non
richiedano una revisione statutaria, per la quale e' previsto un iter
di approvazione suscettibile di  richiedere  tempi  piu'  lunghi.  La
disposizione censurata, sanzionando la Regione  per  una  circostanza
della  quale  essa  non  dispone,  sarebbe  illegittima   in   quanto
palesemente irragionevole. 
    La ricorrente rileva poi che la lettera e) dell'art. 14, comma 1,
relativa all'obbligo di istituzione di un Collegio dei  revisori  dei
conti che operi in raccordo con le  sezioni  regionali  di  controllo
della Corte dei conti, violerebbe l'art.  121  Cost.,  che  individua
direttamente gli organi necessari delle Regioni (Presidente, Giunta e
Consiglio), in quanto il legislatore statale  ordinario  difetterebbe
«di    qualsivoglia    competenza    in    ordine     alla     stessa
previsione/imposizione del nuovo organo quale  componente  necessaria
dell'organizzazione  regionale».  Ad   avviso   della   Regione,   la
disposizione censurata determinerebbe l'affidamento  alla  Corte  dei
conti di poteri di natura regolamentare il cui esercizio «snatura  la
funzione  della  Corte  dei  conti  quale  organo  di   controllo   e
giurisdizionale» e costituirebbe quindi violazione degli  artt.  100,
secondo comma,  e  103,  secondo  comma,  Cost.  La  disposizione  si
porrebbe altresi' in contrasto con l'art. 117, commi terzo  e  sesto,
Cost., in quanto lo Stato, essendo privo  di  potesta'  regolamentare
nelle materie concorrenti,  non  potrebbe  demandarla  all'organo  di
controllo. 
    La ricorrente, inoltre, deduce nello  specifico  l'illegittimita'
dell'ultimo periodo della lettera a) dell'art. 14, comma 1, ai  sensi
del quale «[l]e Regioni che, alla  data  di  entrata  in  vigore  del
presente  decreto,  abbiano  un  numero  di   consiglieri   regionali
inferiore a quello  previsto  nella  presente  lettera,  non  possono
aumentarne il numero». Ad avviso della ricorrente,  tale  previsione,
ledendo i principi di razionalita' e di eguaglianza,  violerebbe  gli
artt. 3 e 97 Cost., dato che «una Regione non sarebbe neppure  libera
di determinare un numero di consiglieri regionali che la stessa legge
statale mostra di giudicare congruo, per  la  sola  ragione  che  con
precedente scelta la  Regione  stessa  aveva  determinato  un  numero
inferiore». 
    Infine,  ad  avviso  della  Regione  la  disposizione   censurata
violerebbe  l'art.  77  Cost.,  in  quanto,  stabilendo  il   termine
stringente di sei mesi per l'adozione delle modifiche, ma rinviandone
l'efficacia alla successiva legislatura regionale,  difetterebbe  dei
requisiti della straordinaria necessita' e dell'urgenza. 
    7.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio, chiedendo che le censure  siano  respinte.  Le  motivazioni
addotte corrispondono a quelle sostenute dalla difesa dello Stato con
riguardo al ricorso della Regione Basilicata.  Le  censure  regionali
sarebbero,  comunque,  da  ritenersi  superate,  in   ragione   della
sopravvenuta modifica dell'art. 14 del d.l. n. 138 del 2011 ad  opera
dell'art. 30 della l. n. 183 del 2011. 
    7.3.- Con memoria  depositata  il  29  maggio  2012,  la  Regione
Emilia-Romagna ha ribadito la fondatezza delle censure prospettate  e
ha contestato la ricostruzione dell'Avvocatura generale dello  Stato,
sostenendo che le modifiche introdotte dall'art. 30, comma  5,  della
l. n. 183 del 2011 non  avrebbero  fatto  venir  meno  l'interesse  a
ricorrere. 
    8.- La Regione Veneto (reg. ric. n. 145 del 2011)  ha  impugnato,
tra gli altri, l'articolo 14, comma 1, lettere a), b), c), d) ed  e),
del d.l. n. 138 del 2011. Ad avviso della ricorrente, la disposizione
censurata violerebbe gli artt. 117 e 119 Cost., perche'  prevederebbe
misure di dettaglio riguardanti specifiche voci di spesa regionali, e
l'art. 123 Cost.,  in  quanto  inciderebbe  sulla  forma  di  governo
regionale. 
    Si e' costituito in giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la  censura  sia  dichiarata  inammissibile  per
sopravvenuta  carenza  di  interesse,  in  ragione   della   modifica
introdotta dall'art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011. 
    9.- La Regione Umbria (reg. ric. n. 147 del  2011)  ha  impugnato
l'art. 14, comma 1, del d.l. n. 138 del  2011  per  violazione  degli
artt. 3, 77, 97, 100, 103, 117, commi secondo, terzo  e  sesto,  119,
121 e 123 Cost., adducendo  le  medesime  argomentazioni  prospettate
dalla Regione Emilia-Romagna. Inoltre, la Regione sostiene che,  dato
che il proprio statuto ha gia' previsto l'istituzione di un  Collegio
dei revisori dei conti (in seguito disciplinato con legge regionale),
la normativa statale andrebbe a sostituirsi a quella regionale «senza
che vi sia alcun titolo che legittimi un intervento cosi' pervasivo». 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, si e' costituito  in  giudizio,
chiedendo  che  la   censura   sia   dichiarata   inammissibile   per
sopravvenuta  carenza  di  interesse,  in  ragione   della   modifica
introdotta dall'art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011. 
    Con memoria depositata il 28 maggio 2012, la  Regione  Umbria  ha
confermato il proprio interesse a ricorrere, ribadendo la  fondatezza
delle censure prospettate nel ricorso. 
    10.- La Regione Campania (reg. ric. n. 153 del 2011) ha impugnato
l'art. 14 del decreto-legge n. 138 del 2011  perche'  violerebbe  gli
artt. 117, commi terzo e quarto,  e  119  Cost.,  in  quanto  prevede
«nuove misure stringenti che incidono in modo illegittimo non solo su
voci di spesa, ma anche sull'ordinamento e  sulla  forma  di  governo
delle Regioni stesse»; gli artt. 122 e 123  Cost.,  in  quanto  detta
misure nell'ambito della forma di governo regionale; l'art. 3 Cost. e
il  principio  di  ragionevolezza,  in  quanto  produrrebbe  «effetti
irragionevoli  e  comunque  in  forte  squilibrio  in  rapporto  alla
densita' delle popolazioni residenti nelle varie regioni». 
    Si e' costituito in giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la   censura   relativa   all'art.   14   del
decreto-legge n.  138  del  2011  sia  dichiarata  inammissibile  per
sopravvenuta  carenza  di  interesse,  in  ragione   della   modifica
introdotta dall'art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011. 
    La  Regione  Campania,  con  memoria  del  29  maggio  2012,   ha
confermato  il  proprio  interesse  a  ricorrere  e  ha  ribadito  la
fondatezza delle censure sollevate. 
    11.- La  Regione  Lombardia  (reg.  ric.  n.  155  del  2011)  ha
impugnato l'art. 14 del decreto-legge n. 138 del 2011 per  violazione
degli articoli 117, terzo e  quarto  comma,  119,  122  e  123  della
Costituzione. 
    11.1.-  Innanzitutto,  la  disposizione  censurata,  introducendo
misure  di  dettaglio  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica e incidendo sulle competenze regionali residuali, violerebbe
l'art. 117, terzo e quarto comma, Cost. In secondo luogo,  l'art.  14
del decreto-legge n. 138 del  2011,  dettando  disposizioni  relative
alla forma di governo regionale, sarebbe in contrasto con  gli  artt.
122 e 123 Cost. Infine, l'istituzione di un Collegio dei revisori dei
conti, prevista dall'art. 14, comma 1, lettera e), violerebbe  l'art.
121 Cost., dato che  la  previsione  di  organi  regionali  ulteriori
rispetto  a  quelli  necessari,   espressamente   elencati,   sarebbe
integralmente rimessa allo statuto regionale. 
    11.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio,  chiedendo  che  le  censure  sollevate  siano   dichiarate
inammissibili per difetto di interesse,  in  ragione  della  modifica
introdotta dall'art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011. 
    11.3.- Con memoria del 29 maggio 2012, la  Regione  Lombardia  ha
replicato  all'Avvocatura  generale  dello  Stato,   escludendo   che
l'intervenuta modifica normativa abbia fatto venir  meno  il  proprio
interesse  a  ricorrere  e  ribadendo  la  fondatezza  delle  censure
sollevate. 
    12.- La Regione Calabria (reg. ric. n. 158 del 2011) ha impugnato
l'articolo 14 del decreto-legge n. 138 del 2011 per violazione  degli
artt. 70, 77, 117, quarto comma, 122 e 123 Cost., e del principio  di
leale collaborazione. 
    12.1.-  Innanzitutto,  la  ricorrente   lamenta   la   violazione
dell'art. 77  Cost.,  per  assenza  dei  requisiti  di  straordinaria
necessita' e urgenza, e dell'art. 70 Cost., in quanto in tal modo  le
Camere sarebbero state espropriate  della  funzione  legislativa.  In
secondo luogo, la disposizione censurata violerebbe gli artt.  122  e
123 Cost.,  in  quanto  inciderebbe  sulla  forma  di  governo  della
Regione. Anche la previsione di un Collegio dei revisori  dei  conti,
di cui alla lettera e) del comma 1 dell'art.  14,  inciderebbe  sulla
riserva statutaria  prevista  dall'art.  123  Cost.  e  lederebbe  la
competenza  regionale  in  materia  di  organizzazione  degli  uffici
regionali (art. 117, quarto comma, Cost.). 
    12.2.- Si e' costituito in giudizio il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  le   censure   sollevate   siano   dichiarate
inammissibili per difetto di interesse,  in  ragione  della  modifica
introdotta dall'art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011. 
    Nel merito, la difesa dello Stato  osserva  che  la  disposizione
censurata lascia «ampi margini di scelta, nel  rispetto  dei  vincoli
quantitativi e dei tetti massimi predefiniti dal legislatore statale,
circa le  determinazioni  inerenti  la  composizione  numerica  degli
organi  regionali»,  nonche'  «circa  le  modalita'  con   cui   dare
attuazione  alla  riduzione  della  spesa  prevista  dal  legislatore
statale». 
    12.3.- La Regione Calabria, con memoria depositata il  23  maggio
2012, ha escluso che l'intervenuta  modifica  normativa  abbia  fatto
venir meno  il  proprio  interesse  a  ricorrere  e  ha  ribadito  la
fondatezza delle censure sollevate. 
    13.- La Regione autonoma Sardegna (reg. ric. n. 160 del 2011)  ha
impugnato l'art. 14 del decreto-legge n. 138 del 2011, per violazione
degli artt. 3, 116 e 119 Cost., degli artt. 15 e  16  dello  statuto,
nonche' del principio di ragionevolezza. 
    13.1.- La disposizione impugnata violerebbe gli  artt.  3  e  119
Cost.,  «perche'  la   doverosa   applicazione   del   principio   di
perequazione e' irragionevolmente  subordinata  alla  rinuncia  della
Regione alla sua autonomia  costituzionalmente  garantita».  Inoltre,
l'irragionevolezza della  disposizione  impugnata  deriverebbe  dalla
previsione del termine di sei mesi  previsto  per  l'adeguamento,  in
quanto la riforma statutaria «puo' avvenire solo con il  procedimento
stabilito per la revisione costituzionale»  e,  dunque,  non  sarebbe
nella disponibilita' della Regione. L'art.  14  interferirebbe,  poi,
con la competenza regionale in materia di determinazione della  forma
di governo della Regione,  dei  rapporti  fra  i  suoi  organi  e  di
definizione del numero di consiglieri, violando cosi' gli artt. 15  e
16 dello statuto, nonche' l'art. 116 Cost. 
    13.2.- Si e' costituito in giudizio il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che, a seguito della modifica  introdotta  dall'art.
30, comma 5, della legge n. 183 del 2011, le censure sollevate  siano
dichiarate inammissibili per difetto di interesse. 
    13.3.- Con memoria depositata  il  29  maggio  2012,  la  Regione
autonoma della Sardegna deduce il carattere  non  satisfattivo  dello
ius superveniens, ribadendo la fondatezza delle  censure  prospettate
nel ricorso. 
    14.- La Provincia autonoma di Trento (reg. ric. n. 142 del  2011)
ha impugnato l'art. 14, comma 2, del decreto-legge n. 138  del  2011,
per violazione degli artt. 117, comma sesto, e 119 Cost., degli artt.
4, numero 1), 47, 48, 75, 79, 103, 104 e 107 dello statuto  speciale,
degli artt. 9, 10, 10-bis del decreto legislativo n.  268  del  1992,
dell'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, e degli artt. 2,
6 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 305  del  1988,
nonche' del  principio  di  leale  collaborazione,  con  le  medesime
argomentazioni   addotte   dalla   Regione   autonoma   Trentino-Alto
Adige/Südtirol (reg. ric. n. 143 del  2011).  Inoltre,  la  Provincia
autonoma lamenta che la disposizione censurata violerebbe  l'art.  48
dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, in quanto
una legge ordinaria inciderebbe sulla determinazione del  numero  dei
membri del Consiglio provinciale prevista da una legge costituzionale
quale e' lo statuto, e con l'art. 47,  secondo  comma,  dello  stesso
statuto,  in  quanto  interferirebbe  con  la   speciale   competenza
legislativa di integrazione della disciplina statutaria in materia di
«forma di governo della Provincia». 
    Si e' costituito in giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che, a seguito della modifica  introdotta  dall'art.
30, comma 5, della legge n. 183 del 2011, le censure sollevate  siano
dichiarate inammissibili per difetto di  interesse.  Nel  merito,  la
difesa dello Stato  sostiene  che  la  norma  contestata,  nella  sua
attuale formulazione, «prevede solamente che l'adeguamento  da  parte
delle Regioni [e delle  Province  autonome]  ai  succitati  parametri
avvenga nell'ambito della loro autonomia  statutaria  e  legislativa,
nel  rispetto,  quindi,  delle  loro  prerogative  costituzionalmente
sancite». 
    Con memoria depositata il 29 maggio 2012, la  Provincia  autonoma
di Trento osserva che la modifica introdotta con l'art. 30, comma  5,
della legge n. 183 del  2011  non  puo'  ritenersi  satisfattiva,  in
quanto interessa il comma 1 dell'art. 14, e non il comma 2, impugnato
dalla  ricorrente.  Per  le  Regioni  e  le  Province  ad   autonomia
differenziata l'adeguamento a quei parametri continuerebbe ad  essere
«elemento di riferimento per  l'applicazione  di  misure  premiali  o
sanzionatorie previste dalla normativa  vigente»,  determinando  anzi
«una condizione deteriore rispetto alle stesse Regioni ordinarie». 
    15.- La Provincia autonoma di  Bolzano  (reg.  ric.  n.  152  del
2011), ha impugnato l'art. 14, comma 2, del decreto-legge n. 138  del
2011, per violazione degli artt. 24, 25, 47, 48, 79, 103, 104  e  107
dello statuto speciale; delle relative norme di  attuazione  (decreto
legislativo n. 266 del 1992, decreto legislativo n. 268  del  1992  e
d.P.R. n. 305 del 1988); nonche' dei  principi  di  ragionevolezza  e
leale collaborazione. 
    15.1.-  Innanzitutto,  la   disposizione   impugnata   violerebbe
l'autonomia finanziaria della Provincia autonoma,  sancita  dall'art.
79, comma 4, dello statuto, e sarebbe in contrasto con gli artt. 103,
104  e  107   dello   statuto,   poiche'   il   legislatore   statale
modificherebbe l'ordinamento finanziario provinciale senza  ricorrere
alla procedura rinforzata prevista per le leggi costituzionali. 
    Inoltre, l'art. 14, comma 2, si porrebbe  in  contrasto  con  gli
artt. 24, 25, 47, 48 e 103 dello statuto che disciplinano la forma di
governo delle Province autonome (in  particolare,  la  determinazione
della forma di governo  della  Provincia,  l'elezione  del  Consiglio
provinciale e  degli  assessori,  e  la  composizione  del  Consiglio
regionale e dei Consigli provinciali). L'art. 14, poi, nella parte in
cui prevede la  riduzione  degli  emolumenti  e  delle  utilita'  dei
consiglieri regionali (comma 1, lettera c), lederebbe una  competenza
riservata alla Regione e alle Province autonome. 
    Infine,  la  norma  censurata,  nella  parte   in   cui   dispone
l'istituzione del Collegio dei revisori dei  conti,  si  porrebbe  in
contrasto con le norme di  attuazione  dello  statuto  contenute  nel
d.P.R. n. 305  del  1988,  poiche'  violerebbe  la  competenza  della
provincia in materia di procedimenti di controllo contabile. 
    15.2.- Si e' costituito in giudizio il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che, a seguito della modifica  introdotta  dall'art.
30, comma 5, della legge n. 183 del 2011, le censure sollevate  siano
dichiarate inammissibili per difetto di interesse. 
    15.3.- Con memoria depositata il 29  maggio  2012,  la  Provincia
autonoma di Bolzano afferma che la modifica  intervenuta  con  l'art.
30, comma 5, della legge n.  183  del  2011,  non  avrebbe  carattere
satisfattivo, dato che essa non incide sull'art.  14,  comma  2,  del
decreto-legge n. 138 del 2011, applicabile  alle  Regioni  a  statuto
speciale, e insiste per l'accoglimento delle censure sollevate. 
    16.- La Regione Veneto (reg. ric. n. 11 del  2012)  ha  impugnato
l'art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011,  che  ha  modificato
l'art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011, per violazione
degli artt. 117, commi terzo e quarto, 119 e 123 Cost. 
    16.1.-  Ad  avviso  della  ricorrente,  in  base  alla   modifica
apportata dall'art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011, «quelle
che potevano essere considerate facolta', o, per  meglio  dire  oneri
per le  Regioni  (...)  sono  oggi  puri  e  semplici  obblighi».  Di
conseguenza, la Regione ribadisce i motivi di illegittimita' proposti
con il ricorso avverso l'art. 14, comma 1, del decreto-legge  n.  138
del 2011, nella sua originaria formulazione (reg.  ric.  n.  145  del
2011). 
    16.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio, chiedendo che il ricorso sia dichiarato  inammissibile,  e,
nel merito, non fondato. 
    16.3.- Con memoria depositata  il  29  maggio  2012,  la  Regione
Veneto ribadisce l'illegittimita' della disposizione  censurata,  per
contrasto con l'art. 123 Cost.,  poiche'  porrebbe  dei  limiti  alla
competenza  statutaria  generale.  Inoltre,  l'art.   14   impugnato,
contenendo disposizioni di  dettaglio  in  materia  di  coordinamento
della finanza pubblica, violerebbe l'art. 117, terzo comma, Cost.,  e
lederebbe l'autonomia finanziaria della Regione, di cui all'art.  119
Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con  piu'  ricorsi,  diverse  Regioni  hanno  impugnato,  fra
l'altro, l'articolo 14 del  decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138
(Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo
sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla  legge  14  settembre
2011, n. 148, che detta misure riguardanti il numero dei  consiglieri
e degli assessori  regionali,  nonche'  il  trattamento  economico  e
previdenziale dei consiglieri, e prevede l'istituzione di un Collegio
dei revisori dei conti. 
    1.1.- In particolare, le Regioni Basilicata (reg. ric. n. 136 del
2011), Campania (reg. ric. n. 153 del 2011), Lombardia (reg. ric.  n.
155 del 2011), Calabria (reg. ric. n. 158  del  2011)  e  la  Regione
autonoma Sardegna  (reg.  ric.  n.  160  del  2011)  hanno  impugnato
l'intero articolo 14 del decreto-legge n. 138 del  2011.  Le  Regioni
Lazio (reg. ric. n. 134 del 2011), Emilia-Romagna (reg. ric.  n.  144
del 2011), Umbria (reg. ric. n. 147 del 2011), e Veneto (reg. ric. n.
145 del 2011) hanno impugnato il solo comma  1  (la  Regione  Veneto,
limitatamente alle lettere a, b,  c,  d  ed  e),  mentre  le  Regioni
autonome Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste (reg. ric. n. 135 del  2011)  e
Trentino Alto-Adige/Südtirol (reg. ric. n. 143 del 2011), nonche'  le
Province autonome di Trento (reg. ric. n. 142  del  2011)  e  Bolzano
(reg. ric. n. 152 del 2011) hanno impugnato il solo comma 2. 
    1.2.- Con il ricorso  n.  11  del  2012,  la  Regione  Veneto  ha
impugnato  l'articolo  30  della  legge  12  novembre  2011,  n.  183
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello  Stato  -  Legge  di  stabilita'  2012),  che  ha  parzialmente
modificato l'articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011. 
    1.3.- I parametri invocati nei ricorsi sono gli articoli  3,  70,
77, 97,  100,  103,  114,  116,  117,  119,  121,  122  e  123  della
Costituzione,  nonche'  il  principio  di  leale   collaborazione   e
l'articolo 10 della  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). 
    In particolare, la Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee  d'Aoste
lamenta la violazione degli articoli 2, primo comma, lettera a),  15,
16 e 25 della legge costituzionale 26 febbraio 1948,  n.  4  (Statuto
speciale per la Valle d'Aosta), e del decreto legislativo  5  ottobre
2010, n. 179  (Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale  della
regione   autonoma   Valle   d'Aosta/Vallee    d'Aoste    concernenti
l'istituzione di una sezione di controllo della Corte dei conti).  Il
Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province di  Trento  e  di  Bolzano
deducono la violazione degli articoli 4, numero 1), 8, numero 1), 25,
36, 47, 48, 69, 75, 79, 103, 104 e 107  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige),  e  delle  relative  norme  di  attuazione:  il
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione  dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti  il  rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche'
la  potesta'  statale  di  indirizzo  e  coordinamento),  il  decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
provinciale), e il d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305 (Norme di attuazione
dello  statuto  speciale  per  la  regione  Trentino-Alto  Adige  per
l'istituzione delle sezioni di controllo della  Corte  dei  conti  di
Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto).  La  Regione
autonoma della Sardegna lamenta la violazione degli articoli 15 e  16
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3  (Statuto  speciale
per la Sardegna). 
    1.4.-   Riservata    a    separate    pronunce    la    decisione
sull'impugnazione   delle   altre    disposizioni    contenute    nel
decreto-legge n. 138 del 2011, vengono in esame  in  questa  sede  le
questioni relative all'articolo 14 del medesimo decreto-legge. 
    I giudizi, cosi' separati e delimitati, in  considerazione  della
loro connessione oggettiva, devono essere riuniti, per essere  decisi
con un'unica pronuncia. 
    2.- Successivamente alla presentazione dei  ricorsi,  l'art.  30,
comma 5, della legge n. 183 del 2011, ha modificato il  primo  alinea
dell'art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011, che,  nella
sua formulazione  originaria,  prevedeva  che  le  Regioni  dovessero
adeguare i rispettivi ordinamenti ai parametri elencati dal  medesimo
articolo  «ai  fini  della  collocazione   nella   classe   di   enti
territoriali piu' virtuosa di  cui  all'articolo  20,  comma  3,  del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, oltre al rispetto  dei  parametri
gia' previsti dal predetto articolo 20».  Al  meccanismo  premiale  -
rappresentato dal collegamento tra l'adeguamento a detti parametri da
parte  delle  Regioni  e  la  collocazione  nella  classe   di   enti
territoriali piu' virtuosa - si sostituisce la previsione «le Regioni
adeguano i rispettivi ordinamenti ai parametri previsti dal comma 1»,
in  forza  della  quale  tali  misure  hanno  efficacia  diretta  nei
confronti delle Regioni. 
    La modifica normativa, quindi, non ha  carattere  satisfattivo  e
non  determina  la  cessazione  della  materia  del  contendere.   Di
conseguenza, l'eccezione  sollevata  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato per sopravvenuta carenza di interesse delle ricorrenti non puo'
essere accolta e la questione proposta con i ricorsi  nn.  134,  135,
136, 142, 143, 144, 145, 147, 152, 153, 155, 158 e 160  del  2011  si
intende trasferita al testo vigente dell'art. 14 del decreto-legge n.
138 del 2011. Anche la questione sollevata con il ricorso n.  11  del
2012, con il quale  la  Regione  Veneto  ha  autonomamente  impugnato
l'art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011, nella parte  in  cui
modifica l'art. 14 del decreto-legge n.  138  del  2011,  si  intende
trasferita su quest'ultimo articolo, nella sua attuale formulazione. 
    3.- In via preliminare,  vanno  dichiarate  inammissibili  alcune
censure. 
    3.1.- E' inammissibile, per inconferenza del parametro  invocato,
la censura relativa alla violazione dell'art. 114  Cost.,  presentata
dalla Regione Basilicata, secondo la  quale  il  legislatore  statale
avrebbe  voluto  «ripristinare  quella  distinzione  tra   gli   enti
territoriali tipica della superata "centralita'"». 
    3.2.- Sono inammissibili le censure,  prospettate  dalle  Regioni
Emilia-Romagna e Umbria, relative alla violazione degli artt. 3 e  97
Cost., in base alle quali l'art. 14, comma 1,  del  decreto-legge  n.
138 del 2011, prevedendo che le Regioni con un numero di  consiglieri
regionali inferiore  a  quello  indicato  dall'articolo  stesso,  non
possono  aumentarlo,  lederebbe  i  principi  di  razionalita'  e  di
eguaglianza. La censura relativa alla violazione dell'art. 3 Cost. e'
inammissibile per difetto di interesse, in quanto nessuna Regione  ha
attualmente un numero di consiglieri  inferiore  a  quello,  previsto
dall'art. 14 del decreto-legge n. 138 del 2011. La  censura  riferita
all'art. 97 Cost., invece, e' inammissibile per difetto  assoluto  di
motivazione. 
    3.3.- Sono inammissibili le censure relative all'art.  77  Cost.,
prospettate  dalle  Regioni  Calabria,  Emilia-Romagna  e  Umbria,  e
all'art. 70, censura sollevata dalla sola Regione  Calabria.  Secondo
le ricorrenti, la previsione, contenuta nell'art. 14,  comma  1,  del
decreto-legge n. 138 del 2011, secondo  la  quale  la  riduzione  dei
consiglieri e degli assessori deve essere adottata entro sei mesi, ma
l'efficacia di tale modifica e' rinviata alla successiva  legislatura
regionale, violerebbe l'art. 77 Cost.,  in  quanto  difetterebbe  dei
requisiti  di  straordinaria  necessita'  e  urgenza  e  in   quanto,
configurando  un  uso  illegittimo  della   decretazione   d'urgenza,
contrasterebbe - secondo la Regione  Calabria  -  con  l'assegnazione
alle Camere della funzione legislativa, in  violazione  dell'art.  70
Cost. Al riguardo, deve richiamarsi il  consolidato  orientamento  di
questa Corte, in base al  quale  le  Regioni  possono  invocare,  nel
giudizio di costituzionalita' in via principale, parametri diversi da
quelli contenuti nel Titolo V della Parte  II  della  Costituzione  a
condizione  che  la  lamentata  violazione  ridondi  sul  riparto  di
competenze legislative tra Stato e Regioni (sentenze n. 33 del  2011,
n. 156, n. 52 e n. 40 del 2010, n. 341 del 2009). Nel caso di specie,
le ricorrenti non spiegano in che modo  l'asserita  violazione  degli
artt. 70 e 77 Cost. determini una compressione delle competenze delle
Regioni. 
    3.4.- Sono inammissibili le censure relative alla violazione  del
principio di leale collaborazione, prospettate dalle Regioni Calabria
e Trentino-Alto Adige/Südtirol e dalle Province autonome di Trento  e
Bolzano, con riguardo all'art. 14, commi 1 e 2, del decreto-legge  n.
138 del 2011, perche' non viene fornita alcuna  motivazione  di  tale
violazione (ex plurimis, sentenze n. 185, n. 129, n. 114 e n.  8  del
2011). 
    3.5.- Sono inammissibili  le  censure  fondate  sulla  violazione
degli artt. 4, numero 1), 8, numero 1), 69 e  75  dello  Statuto  del
Trentino-Alto Adige/Südtirol, nonche' dell'art. 10 della legge  cost.
n. 3 del 2001, in quanto tali parametri  non  sono  richiamati  nella
delibera  degli  enti  regionali   e   provinciali   competenti.   E'
necessario, infatti, che vi sia corrispondenza tra  il  contenuto  di
tali delibere e l'oggetto del ricorso, al fine  di  salvaguardare  la
volonta' politica dell'organo  legittimato  a  proporlo  (da  ultimo,
sentenza n. 205 del 2011), e tale principio  non  riguarda  solamente
l'individuazione   della   norma   censurata,   ma   anche   l'esatta
delimitazione dei parametri del ricorso (sentenze n. 311 e n. 27  del
2008, nonche' n. 453 del 2007). 
    4.- Nel merito, le censure prospettate possono  essere  suddivise
in due gruppi: il primo relativo all'art. 14, comma 2,  che  riguarda
le sole Regioni a statuto speciale e le Province autonome; il secondo
all'art. 14, comma 1. 
    5.- L'art. 14, comma 2, del decreto-legge n.  138  del  2011,  in
base al quale l'adeguamento ai parametri previsti  dal  comma  1  del
medesimo articolo e' «condizione  per  l'applicazione»  dell'art.  27
della  legge  n.  42  del  2009  ed  «elemento  di  riferimento   per
l'applicazione di misure  premiali  o  sanzionatorie  previste  dalla
normativa vigente», e' impugnato  dalle  Regioni  autonome  Sardegna,
Trentino-Alto Adige/Südtirol e Valle d'Aosta//Vallee d'Aoste, nonche'
dalle Province di Trento e di Bolzano per violazione degli  artt.  3,
116, 117, commi terzo e  sesto,  e  119  Cost.  Tutte  le  ricorrenti
lamentano, inoltre, la violazione delle disposizioni  dei  rispettivi
statuti relative alla forma di governo della Regione e delle Province
autonome,  alla  modalita'  di  elezione  dei  consiglieri  e   degli
assessori regionali e provinciali, al  numero  e  all'indennita'  dei
consiglieri (artt. 14, 15, 16 e 25 dello Statuto della Regione  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste; artt. 24, 25, 36, 47 e 48 dello  Statuto  del
Trentino-Alto Adige/Südtirol; artt.  15  e  16  dello  Statuto  della
Regione  Sardegna).  Infine,  ad  avviso   della   Regione   autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano,  la  violazione  delle   disposizioni   statutarie   avrebbe
l'effetto di modificare in via diretta la composizione  degli  organi
di governo della Regione e delle Province, violando cosi'  gli  artt.
103,  104  e  107  dello  statuto  regionale,  che  disciplinano   il
procedimento di modifica dello stesso statuto. 
    La questione e' fondata. 
    La disciplina  relativa  agli  organi  delle  Regioni  a  statuto
speciale e ai loro componenti e' contenuta  nei  rispettivi  statuti.
Questi,  adottati  con  legge  costituzionale,  ne  garantiscono   le
particolari  condizioni  di  autonomia,   secondo   quanto   disposto
dall'art. 116 Cost. L'adeguamento da parte delle  Regioni  a  statuto
speciale e delle Province autonome ai parametri di cui  all'art.  14,
comma 1, del decreto-legge n.  138  del  2011  richiede,  quindi,  la
modifica di fonti di rango costituzionale. A  tali  fonti  una  legge
ordinaria non puo' imporre limiti e condizioni. Non  a  caso,  l'art.
19-bis del decreto-legge n. 138 del 2011, non  impugnato,  stabilisce
che «l'attuazione delle disposizioni» di tale decreto-legge da  parte
delle Regioni a statuto speciale deve avvenire «nel rispetto dei loro
statuti e  delle  relative  norme  di  attuazione  e  secondo  quanto
previsto» dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009. 
    Va quindi dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
14, comma 2, del  decreto-legge  n.  138  del  2011,  per  violazione
dell'art. 116  Cost.  Restano  assorbiti  gli  ulteriori  profili  di
censura, ivi inclusi  quelli  prospettati  dalle  Regioni  a  statuto
speciale e dalle Province autonome in riferimento  alle  disposizioni
dell'art. 14, comma 1, del medesimo decreto-legge. 
    6.- La questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  14,
comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011, sollevata dalle Regioni a
statuto ordinario, si articola in tre gruppi di  censure:  il  primo,
avente ad oggetto l'intero art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 138
del 2011, in riferimento agli  artt.  117,  commi  secondo,  terzo  e
quarto, 119, 122 e 123 Cost.; il secondo, concernente la  previsione,
contenuta nell'art. 14, lettere a)  e  b),  in  base  alla  quale  la
riduzione  sia  dei  consiglieri  sia  degli  assessori  deve  essere
adottata da ciascuna Regione entro sei mesi dalla data di entrata  in
vigore del decreto e deve essere  efficace  dalla  prima  legislatura
regionale successiva a quella della data di  entrata  in  vigore  del
decreto stesso, con riguardo all'art. 3 Cost.; il  terzo,  avente  ad
oggetto  l'istituzione  del  Collegio  dei  revisori  dei  conti,  in
riferimento agli artt. 100, 103, 117, commi  terzo  e  sesto,  e  121
Cost. 
    6.1.- Secondo un primo gruppo di censure, l'art. 14, comma 1, del
decreto-legge n. 138 del 2011, nel prevedere  il  numero  massimo  di
consiglieri e assessori regionali, la riduzione degli emolumenti  dei
consiglieri, nonche' l'istituzione di un Collegio  dei  revisori  dei
conti, violerebbe l'art. 117, terzo comma, Cost., perche'  detterebbe
una disciplina di dettaglio in  materia  di  competenza  concorrente;
l'art. 119 Cost, in quanto  stabilirebbe  le  modalita'  con  cui  le
Regioni devono raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica  fissati
dal patto di stabilita'; l'art  117,  quarto  comma,  Cost.,  perche'
invaderebbe l'ambito riservato alla  potesta'  legislativa  regionale
residuale;  l'art.  123  Cost.,  in  quanto  lederebbe  la   potesta'
statutaria delle Regioni; l'art. 122 Cost., perche' attribuirebbe  al
legislatore  statale   una   competenza   ulteriore   rispetto   alla
determinazione della durata degli  organi  elettivi  e  dei  principi
fondamentali  relativi  al  sistema  di  elezione  e   ai   casi   di
ineleggibilita' e di incompatibilita' del Presidente  e  degli  altri
componenti della Giunta regionale, nonche' dei consiglieri regionali. 
    Le censure non sono fondate. 
    La  disposizione  in  esame,   inserita   nel   Titolo   IV   del
decreto-legge, dedicato alla  «Riduzione  dei  costi  degli  apparati
istituzionali»,   detta   parametri   diretti    esplicitamente    al
«conseguimento   degli   obiettivi    stabiliti    nell'ambito    del
coordinamento della finanza pubblica»  (primo  alinea  dell'art.  14,
comma 1, del decreto-legge n. 138 del  2011).  Le  lettere  a)  e  b)
dell'art. 14, comma 1, fissano un limite al numero dei consiglieri  e
degli assessori, rapportato agli  abitanti,  lasciando  alle  Regioni
l'esatta definizione della composizione dei Consigli e  delle  Giunte
regionali.  La  lettera  c)  fissa  un  «tetto»  all'ammontare  degli
emolumenti dei consiglieri, che non possono essere superiori a quelli
previsti per i parlamentari: si tratta di  un  «limite  complessivo»,
che lascia alle Regioni un autonomo margine di  scelta  (sentenze  n.
182 e n. 91 del 2011; n. 326 del 2010 e n. 297, n. 284 e n.  237  del
2009). Anche le disposizioni di cui alle lettere d) ed  f)  dell'art.
14,  comma  1,  del  decreto-legge  n.  138  del  2011,   prevedendo,
rispettivamente,  che  il  trattamento  economico   dei   consiglieri
regionali debba essere commisurato  all'effettiva  partecipazione  ai
lavori del Consiglio, e che il loro trattamento  previdenziale  debba
essere di tipo contributivo, pongono precetti di portata generale per
il contenimento della spesa. 
    Accertata  la  finalita'   della   disposizione   impugnata,   va
individuata la materia  nella  quale  interviene.  Essa  riguarda  la
struttura organizzativa delle Regioni, regolata dagli articoli 121  e
123 Cost. Il primo enumera gli organi regionali - Consiglio,  Giunta,
Presidente - e le loro funzioni. Il secondo demanda agli  statuti  il
compito di determinare la forma di governo e i principi  fondamentali
di organizzazione  e  di  funzionamento.  L'art.  123  Cost.  dispone
altresi' che gli statuti siano «in armonia con la Costituzione». 
    La  Costituzione  detta  norme   che   riguardano   il   rapporto
elettori-eletti per i consiglieri  e  le  modalita'  dell'accesso  ai
pubblici uffici per gli assessori. Vengono in rilievo, per il diritto
di  elettorato  attivo,  l'art.  48  Cost.,  e,  per  il  diritto  di
elettorato passivo e l'accesso agli uffici pubblici, l'art. 51  Cost.
Il primo dispone che «il voto (...) e' eguale», il secondo che «tutti
i cittadini (...)  possono  accedere  agli  uffici  pubblici  e  alle
cariche elettive in condizioni di  eguaglianza».  Entrambe  le  norme
sono espressione del piu'  generale  principio  di  eguaglianza,  del
quale rappresentano una specificazione (sentenze n. 166 del 1972 e n.
96 del 1968). 
    La disposizione censurata, fissando un  rapporto  tra  il  numero
degli abitanti e quello dei consiglieri, e  quindi  tra  elettori  ed
eletti (nonche'  tra  abitanti,  consiglieri  e  assessori),  mira  a
garantire proprio il principio in base al  quale  tutti  i  cittadini
hanno il diritto di essere egualmente rappresentati.  In  assenza  di
criteri posti dal legislatore statale, che regolino  la  composizione
degli organi regionali, puo' verificarsi - come  avviene  attualmente
in alcune Regioni, sia nell'ambito  dei  Consigli  che  delle  Giunte
regionali - una marcata diseguaglianza nel  rapporto  elettori-eletti
(e in quello elettori-assessori): i  seggi  (nel  Consiglio  e  nella
Giunta) sono ragguagliati in misura differente  alla  popolazione  e,
quindi, il valore del voto degli elettori (e quello di  scelta  degli
assessori) risulta diversamente ponderato da Regione a Regione. 
    Come  gia'   notato,   il   principio   relativo   all'equilibrio
rappresentati-rappresentanti  non  riguarda  solo  il  rapporto   tra
elettori ed eletti, ma anche quello tra elettori e assessori  (questi
ultimi nominati). Questa Corte ha gia' chiarito che «il principio  di
eguaglianza, affermato dall'art. 48, si ricollega a quello piu' ampio
affermato dall'art. 3», sicche' «quando  nelle  elezioni  di  secondo
grado l'elettorato attivo e' attribuito ad un  cittadino  eletto  dal
popolo  in  sua  rappresentanza,  non  contrasta  col  principio   di
eguaglianza, ma anzi vi si conforma, la norma che  faccia  conto  del
numero di elettori che gli conferirono il proprio voto, e con esso la
propria fiducia» (sentenza n. 96 del 1968).  Principio  analogo  vale
per gli assessori, sia perche', in base all'art. 123 Cost., «forma di
governo» e «principi fondamentali di organizzazione e  funzionamento»
debbono essere «in armonia con la Costituzione», sia  perche'  l'art.
51 Cost. subordina al  rispetto  delle  «condizioni  di  eguaglianza»
l'accesso non solo alle «cariche elettive»,  ma  anche  agli  «uffici
pubblici» (non elettivi). 
    La disposizione censurata, quindi, non viola gli artt. 117, 122 e
123 Cost.,  in  quanto,  nel  quadro  della  finalita'  generale  del
contenimento della spesa pubblica, stabilisce,  in  coerenza  con  il
principio di eguaglianza, criteri di proporzione tra elettori, eletti
e nominati. 
    6.2.- Le Regioni Emilia-Romagna e Umbria censurano la previsione,
contenuta  nelle  lettere  a)  e  b),  dell'art.  14,  comma  1,  del
decreto-legge n. 138 del 2011 in base alla  quale  la  riduzione  del
numero dei consiglieri e degli assessori regionali rispetto a  quello
attualmente in vigore deve essere adottata da ciascuna Regione  entro
sei mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge e
deve essere efficace dalla prima legislatura regionale  successiva  a
quella della data di entrata in vigore del  decreto  stesso.  Poiche'
l'iter di approvazione dello statuto e'  suscettibile  di  avere  una
durata maggiore, a causa dell'eventuale referendum  e  dell'eventuale
questione  di  legittimita'  costituzionale  previsti  dall'art.  123
Cost., la Regione sarebbe ritenuta responsabile per il rispetto di un
termine (previsto sia per l'adozione della modifica, sia per  la  sua
efficacia) di cui  essa  non  dispone  compiutamente,  in  violazione
dell'art. 3 Cost. 
    La censura non e' fondata. 
    Le disposizioni di cui alle lettere a) e b) dell'art.  14,  comma
1, del decreto-legge n. 138 del 2011  richiedono  l'«adozione»  della
riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore del  decreto,  e  non  che  entro  lo
stesso termine si svolga il referendum popolare sullo statuto e venga
sollevata l'eventuale questione di legittimita' costituzionale. 
    6.3.- Le Regioni Emilia-Romagna, Lombardia,  e  Umbria  censurano
anche la lettera e) dell'art. 14, comma 1, del decreto-legge  n.  138
del 2011 che prevede l'istituzione di un Collegio  dei  revisori  dei
Conti,  quale  «organo  di  vigilanza  sulla  regolarita'  contabile,
finanziaria ed economica della gestione dell'ente», e stabilisce che,
ai fini di coordinamento della  finanza  pubblica,  il  Collegio  dei
revisori debba operare  in  raccordo  con  le  sezioni  regionali  di
controllo della Corte dei conti. 
    Ad  avviso  delle  ricorrenti,  l'istituzione  del  Collegio  dei
revisori violerebbe l'art. 117, commi terzo e sesto, Cost., in quanto
prevederebbe una delegazione di poteri di natura regolamentare  nella
materia concorrente del coordinamento  della  finanza  pubblica;  gli
artt. 100 e 103 Cost., perche' snaturerebbe la funzione  della  Corte
dei conti;  l'art.  121  Cost.,  in  quanto  istituirebbe  un  organo
regionale ulteriore rispetto a quelli necessari,  la  cui  previsione
spetta invece allo statuto o alla legge regionale. 
    Le censure non sono fondate. 
    La   disposizione   impugnata   mira   a   introdurre   per    le
amministrazioni regionali un sistema di controllo  analogo  a  quello
gia' previsto, per le amministrazioni locali, dalla legge 23 dicembre
2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge finanziaria  2006),  «ai  fini  della
tutela dell'unita' economica della  Repubblica  e  del  coordinamento
della finanza pubblica» (art. 1, comma 166). Tale legge  prevede  che
gli organi  degli  enti  locali  di  revisione  economico-finanziaria
trasmettano alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti
una relazione sul bilancio di previsione dell'esercizio di competenza
e sul rendiconto dell'esercizio medesimo, e che le sezioni  regionali
accertino, anche sulla base di dette relazioni, il conseguimento,  da
parte degli enti  locali,  degli  equilibri  di  bilancio  fissati  a
livello nazionale. Laddove vengano accertati «comportamenti  difformi
dalla sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi
posti con il patto [di stabilita'  interno]»,  le  sezioni  regionali
della Corte dei  conti  segnalano  dette  irregolarita'  agli  organi
rappresentativi dell'ente, perche' adottino idonee misure correttive. 
    L'art. 14, comma 1, lettera e),  del  decreto-legge  n.  138  del
2011, per il «conseguimento degli obiettivi stabiliti nell'ambito del
coordinamento della finanza pubblica», stabilisce un  «raccordo»  fra
il Collegio dei  revisori  dei  conti  della  Regione  e  la  sezione
regionale di controllo della Corte dei conti. La norma  censurata  si
collega alle disposizioni relative alle funzioni di  controllo  della
Corte dei conti sulla gestione delle amministrazioni  regionali:  per
un verso, l'art. 3, comma 4, della  legge  14  gennaio  1994,  n.  20
(Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei
conti), su cui si e' gia' espressa questa Corte con la sentenza n. 29
del 1995; per altro verso, l'art. 7, comma 7, della  legge  5  giugno
2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento  dell'ordinamento  della
Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3),  che  ha
rimesso alla Corte  dei  conti,  «ai  fini  del  coordinamento  della
finanza pubblica», il compito  di  «verifica[re]  il  rispetto  degli
equilibri  di  bilancio  da  parte  di   Comuni,   Province,   Citta'
metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilita'  interno
ed ai  vincoli  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  all'Unione
europea». 
    Nel quadro normativo  descritto,  la  disposizione  impugnata  ha
previsto un collegamento fra i controlli interni alle amministrazioni
regionali e i controlli esterni della Corte  dei  conti,  secondo  il
modello che, in attuazione del citato art. 7, comma 7, della legge n.
131 del 2003, e' stato  sperimentato,  per  gli  enti  locali,  dalla
menzionata legge n. 266 del 2005. 
    Chiamata a pronunciarsi sulle disposizioni di tale ultima  legge,
questa Corte ha affermato - fra l'altro - che  il  controllo  esterno
esercitato dalla Corte dei conti nei confronti degli enti locali, con
l'ausilio dei collegi dei revisori dei conti,  e'  «ascrivibile  alla
categoria del  riesame  di  legalita'  e  regolarita'»,  e  che  esso
concorre «alla formazione  di  una  visione  unitaria  della  finanza
pubblica, ai fini  della  tutela  dell'equilibrio  finanziario  e  di
osservanza del patto di stabilita'  interno»  (sentenza  n.  179  del
2007). 
    Questa Corte ha altresi' ritenuto  che  tale  attribuzione  trovi
diretto fondamento nell'art. 100 Cost., il quale «assegna alla  Corte
dei conti il controllo successivo sulla gestione del  bilancio,  come
controllo esterno ed imparziale» e che il  riferimento  dello  stesso
art. 100 Cost. al controllo «sulla gestione del bilancio dello Stato»
debba intendersi oggi esteso ai bilanci di tutti  gli  enti  pubblici
che costituiscono,  nel  loro  insieme,  il  bilancio  della  finanza
pubblica allargata. A quest'ultima, del resto, vanno riferiti  sia  i
principi derivanti dagli artt. 81, 97, primo comma, 28 e 119,  ultimo
comma, Cost. (sentenza n. 179 del 2007),  sia  il  principio  di  cui
all'art. 1, comma 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196  (Legge  di
contabilita' e  finanza  pubblica),  per  cui  «[l]e  amministrazioni
pubbliche concorrono al  perseguimento  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica sulla base dei principi fondamentali dell'armonizzazione dei
bilanci pubblici e del coordinamento della  finanza  pubblica,  e  ne
condividono le conseguenti responsabilita'». 
    L'art. 14, comma 1, lettera e), del decreto-legge n. 138 del 2011
consente  alla  Corte  dei  conti,  organo  dello   Stato-ordinamento
(sentenze n. 267 del 2006 e n. 29 del 1995), il controllo complessivo
della  finanza  pubblica  per  tutelare  l'unita'   economica   della
Repubblica   (art.   120   Cost.)    ed    assicurare,    da    parte
dell'amministrazione controllata, il «riesame» (sentenza n.  179  del
2007)  diretto  a  ripristinare  la  regolarita'   amministrativa   e
contabile.  Al  contempo,  la   disposizione   censurata   garantisce
l'autonomia delle Regioni, stabilendo che i componenti dell'organo di
controllo interno debbano possedere speciali requisiti  professionali
ed  essere  nominati  mediante  sorteggio  -  al  di  fuori,  quindi,
dall'influenza della politica -, e che tale organo sia collegato  con
la Corte dei conti, istituto  indipendente  dal  Governo  (art.  100,
terzo  comma,  Cost.).  Il  collegamento  fra  controllo  interno   e
controllo esterno assolve anche a una funzione di razionalita'  nelle
verifiche di regolarita' e di efficienza sulla gestione delle singole
amministrazioni, come risulta,  del  resto,  dalla  disciplina  della
legge n. 20 del 1994,  secondo  cui  «la  rispondenza  dei  risultati
dell'attivita' amministrativa agli obiettivi stabiliti  dalla  legge»
e' accertata dalla Corte dei conti «anche in base all'esito di  altri
controlli. 
    Infine, la disposizione impugnata non implica alcuna  delegazione
di potere regolamentare, ne' nella parte in cui prevede l'istituzione
del Collegio dei revisori, ne' nella parte in cui assegna alla  Corte
dei  conti  il  potere  di  definire  i  criteri  di   qualificazione
professionale dei membri di tale organo. La scelta di rimettere  alla
Corte dei conti la definizione di tali criteri si giustifica  con  la
specializzazione della stessa Corte nella materia della  contabilita'
pubblica. Ne discende che la disposizione non viola l'art. 117, comma
sesto, Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale sollevate con i  ricorsi  indicati  in
epigrafe; 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  14,
comma 2, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138  (Ulteriori  misure
urgenti per  la  stabilizzazione  finanziaria  e  per  lo  sviluppo),
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148; 
    2)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 14, comma 1, del  decreto-legge  n.  138
del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011,
promossa, in riferimento agli  artt.  3,  70,  77,  97  e  114  della
Costituzione, nonche' del principio di  leale  collaborazione,  dalle
Regioni Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna e Umbria, con i  ricorsi
indicati in epigrafe; 
    3)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 14, comma 2, del  decreto-legge  n.  138
del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011,
promossa, in riferimento  alla  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione e agli artt. 4, numero 1), 8, numero 1), 69 e  75  del
decreto del Presidente  della  Repubblica  31  agosto  1972,  n.  670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), nonche' dell'art. 10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V  della   parte   seconda   della   Costituzione),   dalla   Regione
Trentino-Alto Adige/Südtirol e dalle Province di Trento e di Bolzano,
con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    4)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 14, comma 1, del  decreto-legge  n.  138
del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011,
e modificato dall'articolo 30, comma 5, della legge 12 novembre 2011,
n. 183  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge di  stabilita'  2012),  promossa,  in
riferimento agli artt. 3, 100,  103,  117,  commi  secondo,  terzo  e
quarto,  119,  121,  122  e  123  Cost.,  dalle  Regioni  Basilicata,
Calabria,  Campania,  Emilia-Romagna,  Lazio,  Lombardia,  Umbria   e
Veneto, con i ricorsi indicati in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 luglio 2012. 
 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
                      Sabino CASSESE, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2012. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI