N. 241 SENTENZA 24 - 31 ottobre 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Finanza regionale - Riserva allo Stato di maggiori entrate  derivanti
  da  specifiche  misure  attinenti  a  prelievi  tributari  o  dalla
  diminuzione di agevolazioni  -  Ricorsi  della  Regione  siciliana,
  della Regione Sardegna, della Regione Valle d'Aosta, della  Regione
  Friuli-Venezia Giulia - Eccepita inammissibilita' sotto il  profilo
  che le disposizioni censurate non sottraggono risorse alle  Regioni
  e dunque non arrecano alcun vulnus diretto  e  concreto  alla  loro
  autonomia finanziaria - Reiezione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), artt. 1 e 2. 
- Costituzione, artt. 3, 117 e 119; statuto della Regione  siciliana,
  artt. 36 e 37; statuto della Regione Sardegna, artt. 7 e 8; statuto
  della Regione Valle d'Aosta,  artt.  48-bis  e  50,  comma  quinto;
  statuto della Regione Friuli-Venezia  Giulia,  artt.  48,  49,  63,
  commi primo e quinto, e 65. 
Finanza regionale -  Riserva  integrale  allo  Stato  delle  maggiori
  entrate derivanti dall'introduzione dall'aumento  dell'aliquota  di
  base dell'accisa sui tabacchi  lavorati  -  Ricorso  della  Regione
  Valle  d'Aosta  -  Asserita  lesione   dell'autonomia   finanziaria
  regionale  -   Asserita   violazione   del   principio   di   leale
  collaborazione,   per   l'omessa   attivazione   della    procedura
  consensuale necessaria per la modifica  delle  norme  statutarie  -
  Insussistenza - Operativita' della  clausola  di  salvaguardia  che
  consente  l'applicabilita'  del  decreto  impugnato  agli  enti  ad
  autonomia differenziata solo se conforme ai loro  statuti  ed  alle
  correlative norme di attuazione - Non fondatezza delle questioni. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, comma 3, secondo e quarto periodo. 
- Statuto della Regione Valle  d'Aosta,  artt.  48-bis  e  50,  comma
  quinto; d.lgs. 22 aprile 1994, n. 320, art. 1;  legge  26  novembre
  1981, n. 690, art. 8; legge 5 maggio 2009, n. 42, art. 27; d.l.  13
  agosto 2011, n. 138 (convertito nella legge 14 settembre  2011,  n.
  148), art. 19-bis. 
Finanza regionale - Riserva  allo  Stato  per  un  quinquennio  delle
  maggiori  entrate  derivanti  dal  decreto   legge,   separatamente
  contabilizzate  nel  bilancio  dello  Stato,   da   destinarsi   al
  raggiungimento di obiettivi di finanza pubblica concordati in  sede
  europea - Ricorso della Regione Valle d'Aosta  -  Asserita  lesione
  dell'autonomia finanziaria  regionale  -  Asserita  violazione  del
  principio di leale collaborazione, per l'omessa  attivazione  della
  procedura  consensuale  necessaria  per  la  modifica  delle  norme
  statutarie  -  Omessa   specificazione   delle   maggiori   entrate
  illegittimamente   riservate   allo   Stato   -    Indeterminatezza
  dell'oggetto delle questioni - Inammissibilita'. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, comma 36. 
- Statuto della Regione Valle  d'Aosta,  artt.  48-bis  e  50,  comma
  quinto; d.lgs. 22 aprile 1994, n. 320, art. 1;  legge  26  novembre
  1981, n. 690, art. 8; legge 5 maggio 2009, n. 42, art. 27. 
Finanza regionale - IRPEF - Contributo temporaneo di solidarieta'  in
  misura pari al 3 per cento  sulla  parte  del  reddito  complessivo
  eccedente l'importo di 300.000 euro lordi annui - Riserva integrale
  allo  Stato,   per   un   quinquennio,   delle   maggiori   entrate
  separatamente contabilizzate nel bilancio dello Stato, al  fine  di
  raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica  concordati  in  sede
  europea - Ricorso della Regione Friuli-Venezia  Giulia  -  Asserita
  lesione dell'autonomia  finanziaria  regionale  -  Insussistenza  -
  Mancanza dei  requisiti  previsti  dallo  statuto  per  la  riserva
  integrale allo Stato - Operativita' della clausola di  salvaguardia
  che consente l'applicabilita' del decreto impugnato  agli  enti  ad
  autonomia differenziata solo se conforme ai loro  statuti  ed  alle
  correlative norme di attuazione - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, comma 2, in combinato disposto con il  comma
  36. 
- Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, art. 49, comma  primo,
  alinea e n. 1); d.P.R. 23 gennaio  1965,  n.  114,  art.  4,  comma
  primo; d.l. 13 agosto 2011,  n.  138  (convertito  nella  legge  14
  settembre 2011, n. 148), art. 19-bis. 
Finanza regionale - IVA - Aumento dell'aliquota  dal  20  al  21  per
  cento, nonche' specifiche modalita' di calcolo dell'imponibile  per
  alcuni contribuenti, relativo regime temporale ed esenzione per  lo
  Stato ed enti pubblici - Riserva allo Stato delle relative entrate,
  per un quinquennio, al fine di raggiungere gli obiettivi di finanza
  pubblica concordati in sede europea, con contabilizzazione separata
  nel bilancio dello Stato -  Ricorso  della  Regione  Friuli-Venezia
  Giulia - Asserita lesione dell'autonomia  finanziaria  regionale  -
  Insussistenza - Mancanza dei requisiti previsti dallo  statuto  per
  la riserva integrale allo Stato - Operativita'  della  clausola  di
  salvaguardia che consente l'applicabilita'  del  decreto  impugnato
  agli enti ad autonomia  differenziata  solo  se  conforme  ai  loro
  statuti ed alle correlative norme di attuazione  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, in  combinato
  disposto con il comma 36. 
- Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, art. 49, comma  primo,
  n. 4); d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114, art. 4, comma primo; d.l. 13
  agosto 2011, n. 138 (convertito nella legge 14 settembre  2011,  n.
  148), art. 19-bis. 
Finanza regionale - Aumento dell'aliquota  di  base  dell'accisa  sui
  tabacchi  lavorati  -  Riserva  integrale  allo   Stato,   per   un
  quinquennio, delle maggiori entrate, al  fine  di  raggiungere  gli
  obiettivi di finanza  pubblica  concordati  in  sede  europea,  con
  contabilizzazione separata nel bilancio dello Stato - Ricorso della
  Regione Friuli-Venezia Giulia  -  Asserita  lesione  dell'autonomia
  finanziaria regionale -  Insussistenza  -  Mancanza  dei  requisiti
  previsti dallo statuto  per  la  riserva  integrale  allo  Stato  -
  Operativita'  della   clausola   di   salvaguardia   che   consente
  l'applicabilita' del  decreto  impugnato  agli  enti  ad  autonomia
  differenziata solo se conforme ai loro statuti ed alle  correlative
  norme di attuazione - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, comma 3, in combinato disposto con il  comma
  36. 
- Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, art. 49, primo  comma,
  n. 7); d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114, art. 4, comma primo; d.l. 13
  agosto 2011, n. 138 (convertito nella legge 14 settembre  2011,  n.
  148), art. 19-bis. 
Finanza regionale - Imposte sostitutive sui  redditi  di  capitale  -
  Fissazione nella misura unica del 20 per cento - Riserva  integrale
  allo Stato, per un quinquennio, delle maggiori entrate, al fine  di
  raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica  concordati  in  sede
  europea, con contabilizzazione separata nel bilancio dello Stato  -
  Ricorso della Regione  Friuli-Venezia  Giulia  -  Asserita  lesione
  dell'autonomia finanziaria regionale - Insussistenza - Mancanza dei
  requisiti previsti dallo statuto  per  la  riserva  integrale  allo
  Stato - Operativita' della clausola di  salvaguardia  che  consente
  l'applicabilita' del  decreto  impugnato  agli  enti  ad  autonomia
  differenziata solo se conforme ai loro statuti ed alle  correlative
  norme di attuazione - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, comma 6, in combinato disposto con il  comma
  36. 
- Statuto della Regione Friuli-Venezia  Giulia,  art.  49;  legge  28
  dicembre 2001, n. 448, art. 25, comma 6; d.P.R. 23 gennaio 1965, n.
  114, art. 4, comma primo; d.l. 13 agosto 2011, n.  138  (convertito
  nella legge 14 settembre 2011, n. 148), art. 19-bis. 
Finanza regionale - IRES - Incremento  della  quota  di  utili  netti
  annuali  delle  societa'   cooperative   destinati   alla   riserva
  obbligatoria nonche' maggiorazione  dell'aliquota  a  carico  delle
  societa' - Riserva integrale allo Stato, per un quinquennio,  delle
  maggiori entrate, al fine di raggiungere gli obiettivi  di  finanza
  pubblica concordati in sede europea, con contabilizzazione separata
  nel bilancio dello Stato -  Ricorso  della  Regione  Friuli-Venezia
  Giulia - Asserita lesione dell'autonomia  finanziaria  regionale  -
  Insussistenza - Mancanza dei requisiti previsti dallo  statuto  per
  la riserva integrale allo Stato - Operativita'  della  clausola  di
  salvaguardia che consente l'applicabilita'  del  decreto  impugnato
  agli enti ad autonomia  differenziata  solo  se  conforme  ai  loro
  statuti ed alle correlative norme di attuazione  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2,  commi  36-bis,  36-quater,  36-quinquies  e
  36-decies. 
- Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, art. 49, primo  comma,
  n. 2); d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114, art. 4, comma primo; d.l. 13
  agosto 2011, n. 138 (convertito nella legge 14 settembre  2011,  n.
  148), art. 19-bis. 
Finanza regionale - Riserva  allo  Stato  per  un  quinquennio  delle
  maggiori entrate derivanti dal  decreto  legge,  da  destinarsi  al
  raggiungimento di obiettivi di finanza pubblica concordati in  sede
  europea e separatamente contabilizzate nel bilancio dello  Stato  -
  Ricorso della Regione  Friuli-Venezia  Giulia  -  Asserita  lesione
  dell'autonomia finanziaria  regionale  -  Asserita  violazione  del
  principio di leale collaborazione, per l'omessa  attivazione  della
  procedura  consensuale  necessaria  per  la  modifica  delle  norme
  statutarie  -  Insussistenza  -  Operativita'  della  clausola   di
  salvaguardia che consente l'applicabilita'  del  decreto  impugnato
  agli enti ad autonomia  differenziata  solo  se  conforme  ai  loro
  statuti ed alle correlative norme di attuazione  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2. 
- Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 63, commi  primo
  e quinto, e 65; d.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella legge
  14 settembre 2011, n. 148), art. 19-bis. 
Finanza regionale - Riserva allo Stato di maggiori entrate  derivanti
  da  specifiche  misure  attinenti  a  prelievi  tributari  o  dalla
  diminuzione di agevolazioni - Ricorso  della  Regione  siciliana  -
  Eccepita inammissibilita' sotto il profilo della genericita'  delle
  censure - Reiezione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2. 
- Statuto della Regione siciliana, artt. 36 e 37;  d.P.R.  26  luglio
  1965, n. 1074, art. 2. 
Finanza regionale - Imposte sostitutive sui  redditi  di  capitale  -
  Fissazione nella misura unica del 20  per  cento  -  Ricorso  della
  Regione siciliana - Asserita riduzione del gettito  spettante  alla
  Regione in base allo statuto di autonomia e alle relative norme  di
  attuazione - Asserita lesione dell'autonomia finanziaria  regionale
  per  l'omessa  introduzione  di  idonee   misure   compensative   -
  Insussistenza  -  Erronea  ricostruzione  del  quadro  normativo  -
  Operativita'  della   clausola   di   salvaguardia   che   consente
  l'applicabilita' del  decreto  impugnato  agli  enti  ad  autonomia
  differenziata solo se conforme ai loro statuti ed alle  correlative
  norme di attuazione - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, comma 6. 
- Statuto della Regione siciliana, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n.
  1074, art. 2; d.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito  nella  legge
  14 settembre 2011, n. 148), art. 19-bis. 
Finanza regionale -  Riserva  integrale  allo  Stato  delle  maggiori
  entrate derivanti dall'introduzione dall'aumento  dell'aliquota  di
  base dell'accisa sui tabacchi  lavorati  -  Ricorso  della  Regione
  siciliana - Asserita lesione dell'autonomia finanziaria regionale -
  Insussistenza - Operativita' della  clausola  di  salvaguardia  che
  consente  l'applicabilita'  del  decreto  impugnato  agli  enti  ad
  autonomia differenziata solo se conforme ai loro  statuti  ed  alle
  correlative norme di attuazione - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, comma 3, secondo, terzo e quarto periodo. 
- Statuto della Regione siciliana, art. 36, secondo comma; d.P.R.  26
  luglio 1965, n. 1074, art. 2 e tabella B); d.l. 13 agosto 2011,  n.
  138 (convertito nella  legge  14  settembre  2011,  n.  148),  art.
  19-bis. 
Finanza regionale - Riserva allo  Stato  del  gettito  delle  entrate
  erariali connesse a condoni, sanatorie e controlli  previsti  dalla
  legge finanziaria del 2003 -  Ricorso  della  Regione  siciliana  -
  Asserita   lesione   dell'autonomia   finanziaria    regionale    -
  Insussistenza - Entrate  interamente  e  nominativamente  riservate
  all'Erario in base alla normativa statutaria - Non fondatezza della
  questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, commi 5-bis e 5-ter. 
- Statuto della Regione siciliana, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n.
  1074. 
Finanza regionale - Riserva allo  Stato  del  gettito  delle  entrate
  erariali connesse a condoni, sanatorie e controlli  previsti  dalla
  legge finanziaria  del  2003  -  Tributi  riscossi  nel  territorio
  siciliano non nominativamente attribuiti all'Erario dallo statuto -
  Espressa applicabilita' alla  Regione  siciliana  -  Riduzione  del
  gettito spettante alla Regione in base allo statuto di autonomia  e
  alle  relative  norme  di  attuazione  -   Lesione   dell'autonomia
  finanziaria regionale - Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, commi 5-bis e 5-ter. 
- Statuto della Regione siciliana, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n.
  1074, art. 2. 
Finanza regionale - Riserva allo  Stato  del  gettito  delle  entrate
  erariali  derivante  dalla  riduzione  dei  trattamenti   economici
  complessivi dei dipendenti pubblici di cui all'art. 9, comma 2  del
  d.l.  n.  78  del  2010  -  Ricorso  della  Regione   siciliana   -
  Sopravvenuta dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  della
  disposizione che costituisce presupposto per  l'applicazione  della
  norma impugnata - Inammissibilita' della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, comma 1, prima parte. 
- Statuto della Regione siciliana, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n.
  1074, art. 2. 
Finanza regionale - Riserva allo  Stato  del  gettito  delle  entrate
  erariali derivante dal contributo di perequazione di  cui  all'art.
  18, comma 22-bis, del d.l. n. 98 del 2011 - Ricorso  della  Regione
  siciliana -  Erronea  individuazione  della  disposizione  ritenuta
  lesiva (aberratio ictus) - Inammissibilita' della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, comma 1, restante parte. 
- Statuto della Regione siciliana, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n.
  1074, art. 2. 
Finanza regionale - Riserva  allo  Stato  del  gettito  derivante  da
  entrate  varie  di  natura  tributaria  (temporaneo  contributo  di
  solidarieta'  sul  reddito   complessivo,   aumento   dell'aliquota
  dell'IVA, imposta di bollo sui trasferimenti all'estero) -  Ricorso
  della  Regione  siciliana   -   Asserita   lesione   dell'autonomia
  finanziaria regionale - Insussistenza - Operativita' della clausola
  di salvaguardia che consente l'applicabilita' del decreto impugnato
  agli enti ad autonomia  differenziata  solo  se  conforme  ai  loro
  statuti ed alle correlative norme di attuazione  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater e 35-octies. 
- Statuto della Regione siciliana, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n.
  1074, art. 2; d.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito  nella  legge
  14 settembre 2011, n. 148), art. 19-bis. 
Finanza  regionale  -  Riserva  allo  Stato  delle  maggiori  entrate
  derivanti  dall'attivita'  di  contrasto  all'evasione  fiscale   -
  Ricorso della Regione siciliana - Asserita  lesione  dell'autonomia
  finanziaria regionale - Insussistenza - Operativita' della clausola
  di salvaguardia che consente l'applicabilita' del decreto impugnato
  agli enti ad autonomia  differenziata  solo  se  conforme  ai  loro
  statuti ed alle correlative norme di attuazione  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, comma 36, terzo periodo. 
- Statuto della Regione siciliana, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n.
  1074, art. 2; d.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito  nella  legge
  14 settembre 2011, n. 148), art. 19-bis. 
Finanza  regionale  -  Riserva  allo  Stato  delle  maggiori  entrate
  derivanti dall'anticipazione di riduzione di agevolazioni - Ricorso
  della Regione Sardegna -  Ius  superveniens  che  abroga  la  norma
  denunciata,  rimasta  inattuata  -  Cessazione  della  materia  del
  contendere. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), artt. 2, comma 36, primo e  secondo  periodo,  e  1,
  comma 6, in combinato disposto. 
- Costituzione, artt. 3, 117 e 119; statuto della  Regione  Sardegna,
  artt. 7 e 8. 
Finanza regionale - IRPEF - Riserva allo Stato del gettito  derivante
  dal contributo di solidarieta' temporaneo sul  reddito  complessivo
  imponibile eccedente i 300.000 euro annui - Ricorso  della  Regione
  Sardegna - Asserita lesione dell'autonomia finanziaria regionale  -
  Insussistenza - Operativita' della  clausola  di  salvaguardia  che
  consente  l'applicabilita'  del  decreto  impugnato  agli  enti  ad
  autonomia differenziata solo se conforme ai loro  statuti  ed  alle
  correlative norme di attuazione - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, commi 36, primo e secondo periodo,  e  2  in
  combinato disposto. 
- Statuto della Regione Sardegna, art. 8, primo comma, lett. a); d.l.
  13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella legge 14  settembre  2011,
  n. 148), art. 19-bis. 
Finanza regionale - IVA - Aumento dell'aliquota  dal  20  al  21  per
  cento, nonche' specifiche modalita' di calcolo dell'imponibile  per
  alcuni contribuenti, relativo regime temporale ed esenzione per  lo
  Stato ed enti pubblici - Riserva allo Stato delle relative entrate,
  per un quinquennio, al fine di raggiungere gli obiettivi di finanza
  pubblica concordati in sede europea, con contabilizzazione separata
  nel bilancio  dello  Stato  -  Ricorso  della  Regione  Sardegna  -
  Asserita   lesione   dell'autonomia   finanziaria    regionale    -
  Insussistenza - Operativita' della  clausola  di  salvaguardia  che
  consente  l'applicabilita'  del  decreto  impugnato  agli  enti  ad
  autonomia differenziata solo se conforme ai loro  statuti  ed  alle
  correlative norme di attuazione - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2,  comma  36,  primo  e  secondo  periodo,  in
  combinato disposto con i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater. 
- Statuto della Regione Sardegna, art. 8, primo comma, lett. f); d.l.
  13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella legge 14  settembre  2011,
  n. 148), art. 19-bis. 
Finanza regionale - Riserva allo Stato,  per  un  quinquennio,  delle
  maggiori entrate derivanti  dall'introduzione  di  nuovi  giochi  e
  lotterie, al fine di raggiungere gli obiettivi di finanza  pubblica
  concordati in sede  europea,  con  contabilizzazione  separata  nel
  bilancio dello Stato - Ricorso della Regione  Sardegna  -  Asserita
  lesione dell'autonomia  finanziaria  regionale  -  Insussistenza  -
  Operativita'  della   clausola   di   salvaguardia   che   consente
  l'applicabilita' del  decreto  impugnato  agli  enti  ad  autonomia
  differenziata solo se conforme ai loro statuti ed alle  correlative
  norme di attuazione - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, commi 36, primo  e  secondo  periodo,  e  3,
  primo e quarto periodo. 
- Statuto della Regione Sardegna, art. 8, primo comma, lett. m); d.l.
  13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella legge 14  settembre  2011,
  n. 148), art. 19-bis. 
Finanza regionale - Riserva  allo  Stato,  per  un  quinquennio,  del
  gettito delle entrate erariali  connesse  a  condoni,  sanatorie  e
  controlli previsti dalla legge finanziaria del 2003, da  destinarsi
  al raggiungimento di obiettivi di finanza  pubblica  concordati  in
  sede europea, separatamente contabilizzate nel bilancio dello Stato
  - Ricorso della Regione Sardegna - Asserita lesione  dell'autonomia
  finanziaria regionale - Insussistenza - Operativita' della clausola
  di salvaguardia che consente l'applicabilita' del decreto impugnato
  agli enti ad autonomia  differenziata  solo  se  conforme  ai  loro
  statuti ed alle correlative norme di attuazione  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, commi 36, primo e secondo  periodo, 5-bis  e
  5-ter. 
- Statuto della Regione Sardegna, art. 8; d.l. 13 agosto 2011, n. 138
  (convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148), art. 19-bis. 
Finanza regionale - Imposta sostitutiva sui  redditi  di  capitale  -
  Fissazione nella misura unica del  20  per  cento  -  Riserva  allo
  Stato, per un quinquennio, delle maggiori entrate, da destinarsi al
  raggiungimento di obiettivi di finanza pubblica concordati in  sede
  europea, separatamente contabilizzate nel bilancio  dello  Stato  -
  Ricorso della Regione Sardegna -  Asserita  lesione  dell'autonomia
  finanziaria regionale - Insussistenza - Operativita' della clausola
  di salvaguardia che consente l'applicabilita' del decreto impugnato
  agli enti ad autonomia  differenziata  solo  se  conforme  ai  loro
  statuti ed alle correlative norme di attuazione  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, commi, 36, primo e secondo  periodo, 6  e 9,
  in combinato disposto. 
- Statuto della Regione Sardegna, art. 8, primo comma, lett. m); d.l.
  13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella legge 14  settembre  2011,
  n. 148), art. 19-bis. 
Finanza regionale - Riserva allo Stato,  per  un  quinquennio,  delle
  maggiori   entrate,   derivanti   dall'attivita'    di    contrasto
  all'evasione, da  destinarsi  al  raggiungimento  di  obiettivi  di
  finanza  pubblica  concordati  in   sede   europea,   separatamente
  contabilizzate nel bilancio dello Stato  -  Ricorso  della  Regione
  Sardegna - Asserita lesione dell'autonomia finanziaria regionale  -
  Insussistenza - Operativita' della  clausola  di  salvaguardia  che
  consente  l'applicabilita'  del  decreto  impugnato  agli  enti  ad
  autonomia differenziata solo se conforme ai loro  statuti  ed  alle
  correlative norme di attuazione - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 2, comma 36. 
- Statuto della Regione Sardegna, art. 8; d.l. 13 agosto 2011, n. 138
  (convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148), art. 19-bis. 
(GU n.44 del 7-11-2012 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici :Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  6,
e dell'art. 2, commi 1, 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 3,  5-bis,  5-ter,
6, 9, 35-octies, 36, 36-bis, 36-quater, 36-quinquies e 36-decies  del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria  e  per  lo  sviluppo),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, promossi  dalla
Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, dalla Regione autonoma
Friuli-Venezia  Giulia,  dalla  Regione  siciliana  e  dalla  Regione
autonoma Sardegna con ricorsi notificati il 14-16, il  15  ed  il  15
novembre 2011, depositati in cancelleria il 18, il 22, il 23 ed il 24
novembre 2011 e rispettivamente iscritti ai nn. 135, 139, 140  e  160
del registro ricorsi 2011. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 3 luglio 2012 il Giudice relatore
Franco Gallo; 
    uditi gli avvocati Ulisse Corea per  la  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste, Giandomenico Falcon per la  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia, Marina Valli per la Regione siciliana, Massimo
Luciani per la Regione autonoma Sardegna  e  l'avvocato  dello  Stato
Maria Letizia Guida per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste (ricorso  n.
135 del 2011, notificato il  14-16  novembre  2011  e  depositato  il
successivo 18 novembre), la Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia
(ricorso n. 139 del 2011, notificato il 15 novembre 2011 e depositato
il successivo 22 novembre), la Regione siciliana (ricorso n. 140  del
2011, notificato il 15 novembre 2011 e depositato  il  successivo  23
novembre) e la Regione autonoma Sardegna (ricorso n.  160  del  2011,
notificato  il  15  novembre  2011  e  depositato  il  successivo  24
novembre) hanno impugnato numerose disposizioni del decreto-legge  13
agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la  stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni,  dalla
legge 14 settembre 2011, n. 148. 
    Le impugnazioni che vengono qui all'esame riguardano gli artt.  1
e 2 del citato decreto-legge. 
    In particolare, quanto all'art. 1, e' impugnato il solo  comma  6
dalla Regione autonoma Sardegna; dell'art. 2, il comma 1 e' censurato
dalla  Regione  siciliana;  il  comma  2  dalle  Regioni   siciliana,
Friuli-Venezia Giulia e Sardegna;  i  commi  2-bis,  2-ter,  2-quater
dalle Regioni siciliana, Friuli-Venezia Giulia e Sardegna; il comma 3
da tutte le ricorrenti tranne la Regione autonoma Sardegna;  i  commi
5-bis e 5-ter dalle Regioni siciliana e Sardegna; il  comma  6  dalle
Regioni  siciliana,  Friuli-Venezia  Giulia  e  Sardegna;  il   comma
35-octies  dalla  Regione  siciliana;  il  comma  36  da   tutte   le
ricorrenti; i commi 36-bis, 36-quater, 36-quinquies e 36-decies dalla
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. 
    Le questioni sono proposte in riferimento agli  articoli:  a)  3,
117 e 119 della Costituzione; b) 48-bis e  50,  comma  quinto,  della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per  la
Valle d'Aosta), in relazione all'art. 1 del  decreto  legislativo  22
aprile 1994, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto speciale della
regione Valle d'Aosta), all'art. 8 della legge 26 novembre  1981,  n.
690  (Revisione  dell'ordinamento  finanziario  della  regione  Valle
d'Aosta) e all'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n.  42  (Delega  al
Governo in materia di federalismo fiscale in attuazione dell'articolo
119 della Costituzione); c) 48, 49, 63,  commi  primo  e  quinto,  65
della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n.  1  (Statuto  speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia), 4, comma primo, del  d.P.R.  23
gennaio 1965, n. 114 (Norme  di  attuazione  dello  Statuto  speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza  regionale)
e 6, comma 2, del decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 8 (Norme  di
attuazione dello  Statuto  speciale  per  la  Regione  Friuli-Venezia
Giulia recanti modifiche ed integrazioni al  decreto  del  Presidente
della Repubblica 23 gennaio 1965, n.,  114,  concernente  la  finanza
regionale);  d)  36  e  37  del  r.d.lgs.  15  maggio  1946,  n.  455
(Approvazione dello statuto della Regione  siciliana),  in  relazione
all'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074  (Norme  di  attuazione
dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria); e) 7 e
8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale
per la Sardegna). 
    2.- Il comma 6 dell'art. 1 del decreto-legge n. 138 del 2011,  in
combinato disposto con il comma 36 dell'art. 2 del medesimo  decreto,
e' denunciato dalla  Regione  autonoma  Sardegna.  Detto  comma,  nel
modificare l'articolo 40 del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,
anticipa al 2012 la riduzione del  5  per  cento  delle  agevolazioni
tributarie («esenzione, esclusione e favore fiscale») introdotte  per
il 2013 e al  2013  la  riduzione  del  20  per  cento  delle  citate
agevolazioni  introdotte  per  il  2014  dal  medesimo  art.  40.  La
ricorrente si duole che  la  riduzione  dei  regimi  di  agevolazione
aumenti il gettito di tributi erariali e che l'integrale  riserva  di
tale maggior gettito allo Stato si ponga in contrasto  con  l'art  8,
comma primo, lettera m), dello statuto,  il  quale  attribuisce  alla
Regione i sette decimi  di  tutte  le  entrate  erariali,  dirette  o
indirette, comunque denominate, riscosse nel proprio territorio. 
    3.- Il comma 1 dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del  2011  e'
impugnato dalla Regione siciliana. Esso ribadisce l'operativita':  a)
dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2013 della «riduzione» -  prevista
dall'art. 9, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita'
economica), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122 - del  trattamento  economico  complessivo  dei  singoli
dipendenti  delle  amministrazioni  pubbliche  inserite   nel   conto
economico consolidato della pubblica amministrazione nella misura del
5 per cento per la parte eccedente l'importo  di  90.000  euro  lordi
annui nonche' del 10 per cento per la parte eccedente  150.000  euro;
b) dal  1°  agosto  2011  al  31  dicembre  2014  del  contributo  di
perequazione cui sono assoggettati - ai  sensi  dell'art.  18,  comma
22-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni  urgenti
per la stabilizzazione finanziaria), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n.  111  -  i  trattamenti  pensionistici
corrisposti da enti gestori di forme di  previdenza  obbligatorie,  i
cui importi complessivamente superino 90.000 euro lordi annui,  nella
misura del 5 per cento della parte eccedente il predetto importo, del
10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro e del 15  per  cento
per la parte eccedente 200.000 euro. La Regione siciliana ne denuncia
il contrasto con l'art. 36 dello statuto di autonomia,  in  combinato
disposto con l'art. 2 del citato d.P.R. n. 1074 del 1965, secondo cui
«Ai sensi del  primo  comma  dell'articolo  36  dello  Statuto  della
Regione siciliana, spettano alla Regione siciliana, oltre le  entrate
tributarie  da  essa  direttamente  deliberate,  tutte   le   entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio,  dirette
o indirette, comunque denominate, ad eccezione  delle  nuove  entrate
tributarie il cui gettito  sia  destinato  con  apposite  leggi  alla
copertura  di  oneri  diretti  a  soddisfare  particolari   finalita'
contingenti  o  continuative  dello  Stato  specificate  nelle  leggi
medesime».  Le  maggiori   entrate   derivanti   dalla   disposizione
impugnata,  secondo  la  difesa  regionale,  sono   state   riservate
all'erario senza rispettare le condizioni previste per detta  riserva
dagli evocati  parametri.  Difetterebbero,  in  particolare,  sia  la
novita' delle entrate, «intesa sia come novita'  del  tributo  in  se
stesso sia come maggiorazione di entrate derivanti da un tributo gia'
esistente», sia la specifica destinazione  alla  copertura  di  oneri
diretti   a   soddisfare   «particolari   finalita'   contingenti   o
continuative dello Stato». 
    4.- Il comma 2 dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del  2011  e'
denunciato dalla Regione siciliana, nonche',  in  combinato  disposto
con il comma 36 dello stesso  art.  2  -  che  riserva  integralmente
all'erario le maggiori entrate derivanti dall'intero decreto-legge -,
dalle Regioni autonome Friuli-Venezia Giulia  e  Sardegna.  Il  comma
impugnato prevede:  «In  considerazione  della  eccezionalita'  della
situazione economica internazionale e  tenuto  conto  delle  esigenze
prioritarie di raggiungimento degli  obiettivi  di  finanza  pubblica
concordati in sede europea, a decorrere dal 1° gennaio 2011 e fino al
31 dicembre 2013, sul reddito complessivo di cui all'articolo  8  del
testo  unico  delle  imposte  sui  redditi  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917,  e  successive
modificazioni, di importo superiore a 300.000 euro  lordi  annui,  e'
dovuto un contributo di solidarieta' del  3  per  cento  sulla  parte
eccedente il predetto importo». 
    La Regione siciliana ne lamenta il contrasto con l'art. 36  dello
statuto, in combinato disposto con l'art. 2 del d.P.R.  n.  1074  del
1965,  perche'  non  ricorrerebbero  le  condizioni  per  la  riserva
all'erario del maggior gettito  derivante  dalla  misura  contestata,
sotto il profilo del difetto di novita' del tributo e di specificita'
della destinazione delle risorse. 
    La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia  deduce  la  violazione
dell'art. 49, primo comma, numero 1), dello statuto, che riserva alla
Regione «sei  decimi  del  gettito  dell'imposta  sul  reddito  delle
persone fisiche». 
    La Regione autonoma Sardegna contesta  la  lesione  dell'art.  8,
comma primo, lettera m), dello statuto, che riserva ad essa  i  sette
decimi di tutte le entrate erariali, dirette  o  indirette,  comunque
denominate, riscosse nel proprio territorio. 
    5.- I commi 2-bis, 2-ter, 2-quater dell'art. 2 del  decreto-legge
n. 138 del  2011,  sono  censurati  dalla  Regione  siciliana  e,  in
combinato disposto con il comma 36 del  medesimo  articolo  2,  dalle
Regioni  autonome  Friuli-Venezia  Giulia  e  Sardegna.  Detti  commi
prevedono,  rispettivamente:   a)   il   comma   2-bis   l'incremento
dell'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto  (IVA)  dal  venti  al
ventuno per cento della base imponibile dell'operazione; b) il  comma
2-ter,  l'applicazione  dell'aumento  di   aliquota   dell'IVA   alle
operazioni effettuate a partire dalla data di entrata in vigore della
legge di conversione del decreto in oggetto; c)  il  comma  2-quater,
l'inapplicabilita' della variazione  dell'aliquota  dell'imposta  sul
valore aggiunto «alle operazioni effettuate nei confronti dello Stato
e degli enti e istituti indicati nel quinto comma dell'articolo 6 del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633,  per
le quali al giorno precedente la data di cui al comma 2-ter sia stata
emessa e registrata la fattura ai sensi degli articoli 21,  23  e  24
del predetto decreto, ancorche' al medesimo giorno  il  corrispettivo
non sia stato ancora pagato». 
    La Regione siciliana si duole della violazione dell'art. 36 dello
statuto in combinato disposto con l'art. 2 del richiamato  d.P.R.  n.
1074 del 1965, osservando che non ricorrono  le  condizioni  previste
per la riserva all'erario del maggior gettito derivante  dalla  norma
impugnata. 
    Le Regioni autonome Friuli-Venezia Giulia  e  Sardegna  deducono,
rispettivamente, la violazione: dell'art. 49, primo comma, numero 4),
dello statuto,  che  riserva  alla  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia i «9,1 decimi del gettito dell'imposta  sul  valore  aggiunto,
esclusa quella all'importazione (...)» riscossi sul territorio  della
Regione  stessa;  dell'art.  8,  lettera  f),  dello   statuto,   che
attribuisce alla Regione autonoma Sardegna i nove decimi del  gettito
dell'imposta sul valore aggiunto generata sul territorio regionale da
determinare sulla base dei consumi regionali delle famiglie  rilevati
annualmente dall'ISTAT. 
    6.- Il comma 3 dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del  2011  e'
impugnato dalle Regioni siciliana, Valle  d'Aosta,  e  Friuli-Venezia
Giulia. 
    Detto  comma  prevede:  «Il  Ministero  dell'economia   e   delle
finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di  Stato,  con  propri
decreti dirigenziali adottati entro sessanta  giorni  dalla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, emana tutte  le  disposizioni
in materia di giochi pubblici utili al fine  di  assicurare  maggiori
entrate, potendo tra l'altro introdurre nuovi  giochi,  indire  nuove
lotterie, anche ad estrazione istantanea, adottare nuove modalita' di
gioco  del  Lotto,  nonche'  dei  giochi  numerici  a  totalizzazione
nazionale, variare l'assegnazione della percentuale  della  posta  di
gioco a montepremi ovvero a vincite in denaro, la misura del prelievo
erariale unico, nonche' la percentuale del compenso per le  attivita'
di gestione  ovvero  per  quella  dei  punti  vendita.  Il  Direttore
generale dell'Amministrazione autonoma dei  monopoli  di  Stato  puo'
proporre al Ministro dell'economia e delle finanze  di  disporre  con
propri decreti, entro il 30  giugno  2012,  tenuto  anche  conto  dei
provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi  di  vendita  al
pubblico dei tabacchi lavorati eventualmente  intervenuti,  l'aumento
dell'aliquota di base  dell'accisa  sui  tabacchi  lavorati  prevista
dall'Allegato 1 al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo
unico delle disposizioni legislative  concernenti  le  imposte  sulla
produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative)
e  successive  modificazioni.  L'attuazione  delle  disposizioni  del
presente comma assicura maggiori entrate in misura  non  inferiore  a
1.500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012.  Le  maggiori
entrate derivanti dal presente comma  sono  integralmente  attribuite
allo Stato». 
    6.1.- Le Regioni autonome Valle d'Aosta e  Friuli-Venezia  Giulia
deducono che la  norma  impugnata  deroga,  con  una  fonte  primaria
"ordinaria", alle norme statutarie e pertanto e' diretta a modificare
unilateralmente  l'ordinamento  finanziario  delle  ricorrenti  senza
seguire il procedimento di revisione e di  attuazione  degli  statuti
disciplinato nelle norme parametro  rispettivamente  evocate  (l'art.
48-bis in combinato disposto  con  l'art.  50,  comma  quinto,  dello
statuto della Valle d'Aosta e con l'art. 1 del decreto legislativo 22
aprile 1994, n. 320,  recante  «Norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale della regione Valle d'Aosta»; gli artt. 48,  49,  63,  commi
primo  e  quinto,   65   dello   statuto   della   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia). 
    6.2.- Il comma 3 e' censurato  dalla  medesima  Regione  autonoma
Valle  d'Aosta  anche  per  violazione   del   principio   di   leale
collaborazione e dell'art. 8 della legge 26  novembre  1981,  n.  690
(Revisione dell'ordinamento finanziario della regione Valle d'Aosta),
nella parte in cui prevede che «Il provento  derivante  alla  regione
Valle d'Aosta da maggiorazioni di aliquote e da  altre  modificazioni
dei tributi ad essa devoluti (...), ove sia destinato per legge (...)
per la copertura di nuove o maggiori spese che sono da  effettuare  a
carico  del  bilancio  statale,  e'  riversato  allo  Stato»  e   che
«L'ammontare di cui al comma precedente e'  determinato  per  ciascun
esercizio finanziario con decreto dei Ministri delle  finanze  e  del
tesoro, d'intesa con il presidente della giunta regionale». Il  comma
impugnato si porrebbe in contrasto con gli evocati parametri  perche'
non prevede alcuna forma di intesa o  di  intervento  del  Presidente
della Giunta  regionale  nella  determinazione  dell'ammontare  annuo
delle somme - da riversare allo  Stato  -  derivanti  dalla  prevista
maggiorazione dell'aliquota di base dell'accisa sui tabacchi. 
    6.3.- Il comma 3 dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 e'
impugnato dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia nella parte in
cui  riserva   allo   Stato   il   gettito   derivante   dall'aumento
dell'aliquota di  base  dell'accisa  sui  tabacchi  lavorati.  Se  ne
denuncia il  contrasto  con  l'art.  49,  numero  7),  dello  statuto
speciale friulano, che attribuisce alla ricorrente i nove decimi  del
gettito dell'imposta sul consumo dei tabacchi. L'accisa sui  tabacchi
coinciderebbe, infatti con  la  predetta  imposta  di  consumo,  come
risulterebbe dal fatto che: a) gli articoli 27 e 28 del decreto-legge
30 agosto 1993, n. 331 (Armonizzazione delle disposizioni in  materia
di imposte sugli oli minerali, sull'alcole, sulle bevande  alcoliche,
sui tabacchi lavorati e in  materia  di  IVA  con  quelle  recate  da
direttive CEE e modificazioni  conseguenti  a  detta  armonizzazione,
nonche' disposizioni concernenti la disciplina dei Centri autorizzati
di  assistenza  fiscale,  le  procedure  dei  rimborsi  di   imposta,
l'esclusione dall'ILOR dei  redditi  di  impresa  fino  all'ammontare
corrispondente al contributo diretto lavorativo, l'istituzione per il
1993 di un'imposta erariale straordinaria su  taluni  beni  ed  altre
disposizioni tributarie) usano indifferentemente i termini "accisa" e
"imposta di consumo"; b)  l'intero  decreto-legge  n.  331  del  1993
prevede solo due imposte sui  tabacchi  lavorati,  e  cioe'  l'IVA  e
l'accisa; c) l'art. 1 del d.lgs. n. 504  del  1995  precisa  che  per
accisa si intende «l'imposizione indiretta  sulla  produzione  o  sul
consumo dei prodotti energetici (...) e dei tabacchi lavorati»; d)  i
codici  tributo  n.  2839  e  n.  2842  sui  quali  si   applica   la
compartecipazione regionale, collegati al capitolo 1601 del  bilancio
dello Stato, sono denominati "Imposta sul  consumo  dei  tabacchi"  e
comprendono appunto l'accisa  sui  tabacchi,  come  e'  comprovato  -
secondo la ricorrente - dalla risoluzione della Agenzia delle entrate
15 febbraio 2008, n. 50 E. 
    6.4.- Il comma 3 dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 e'
denunciato dalle Regioni  Friuli-Venezia  Giulia  e  siciliana  nella
parte in cui riserva«all'Erario» le  maggiori  entrate  derivanti  da
detto comma. Le ricorrenti ne assumono il contrasto con le previsioni
degli statuti e delle relative norme  di  attuazione  che  consentono
tale riserva all'Erario, ma la assoggettano a precise condizioni.  In
particolare: a) la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia denuncia il
contrasto con l'art. 49, numero 7), del proprio statuto  speciale  in
combinato disposto con l'art. 4, comma primo, del d.P.R.  23  gennaio
1965, n. 114, il quale stabilisce  quali  requisiti  per  la  riserva
all'Erario del «gettito derivante da maggiorazioni di aliquote  o  da
altre modificazioni in ordine  ai  tributi  devoluti  alla  regione»:
a.1.) la destinazione per legge «alla copertura di  nuove  specifiche
spese di carattere non continuativo, che non rientrano nelle  materie
di competenza della regione, ivi comprese quelle relative a calamita'
naturali»; a.2.) la delimitazione temporale  del  gettito;  a.3.)  la
contabilizzazione   distinta    nel    bilancio    statale    e    la
quantificabilita'; b) la Regione siciliana  si  duole  della  lesione
dell'art. 36 dello statuto di autonomia, in  combinato  disposto  con
l'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, secondo  cui  «Ai  sensi
del  primo  comma  dell'articolo  36  dello  Statuto  della   Regione
siciliana,  spettano  alla  Regione  siciliana,  oltre   le   entrate
tributarie  da  essa  direttamente  deliberate,  tutte   le   entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio,  dirette
o indirette, comunque denominate, ad eccezione  delle  nuove  entrate
tributarie il cui gettito  sia  destinato  con  apposite  leggi  alla
copertura  di  oneri  diretti  a  soddisfare  particolari   finalita'
contingenti  o  continuative  dello  Stato  specificate  nelle  leggi
medesime». 
    Secondo la  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  la  norma
impugnata non destina le maggiori entrate da esso previste  a  «nuove
specifiche spese di carattere  non  continuativo»,  non  dispone  una
delimitazione temporale della  riserva  di  gettito  all'Erario,  ne'
prevede una distinta contabilizzazione. Inoltre, essa non  indica  la
destinazione specifica di dette maggiori entrate, «dato  che  il  suo
carattere di specialita' induce a  ritenere  che  essa  prevalga,  in
relazione all'accisa sui tabacchi, sulla disciplina "generale" di cui
all'art. 2, co. 36, primo periodo» del  decreto-legge  impugnato,  il
quale, a sua volta, destina le maggiori  entrate  da  esso  derivanti
«alle esigenze  prioritarie  di  raggiungimento  degli  obiettivi  di
finanza pubblica concordati in sede europea, anche  alla  luce  della
eccezionalita' della situazione economica internazionale». 
    Quanto alla Regione siciliana,  le  condizioni  previste  per  la
riserva all'Erario non sarebbero rispettate per quel che concerne, in
particolare: la  novita'  delle  entrate  e  la  specifica  finalita'
contingente o continuativa cui le risorse devono essere destinate. 
    Il medesimo comma  3  dell'art.  2  e'  impugnato  dalla  Regione
autonoma  Sardegna  nella  parte  in  cui  autorizza   il   Ministero
dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma  dei  monopoli
di Stato ad emanare, con decreti dirigenziali, «tutte le disposizioni
in materia di giochi pubblici utili al fine  di  assicurare  maggiori
entrate». Secondo la ricorrente la disposizione impugnata si porrebbe
in contrasto con l'art. 8, comma 1, lettera m),  dello  statuto,  che
assegna alla Regione i «sette decimi di tutte  le  entrate  erariali,
dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione di  quelle  di
spettanza di  altri  enti  pubblici»  sul  presupposto  della  natura
erariale delle entrate derivanti dai giochi pubblici. 
    7.- I commi 5-bis e 5-ter dell'art. 2 del  decreto-legge  n.  138
del 2011 sono impugnati  dalla  Regione  siciliana  e,  in  combinato
disposto con il comma 36  del  medesimo  articolo  2,  dalla  Regione
autonoma Sardegna. 
    Le  disposizioni  censurate  disciplinano,  rispettivamente,   il
recupero «all'entrata del bilancio dello Stato delle somme dichiarate
e non versate dai contribuenti che si  sono  avvalsi  dei  condoni  e
delle sanatorie di cui alla legge 27 dicembre  2002,  n.  289»  e  la
sanzione - per il caso di  omesso  pagamento  delle  somme  dovute  e
iscritte a ruolo entro il termine di cui al comma 5-bis - pari al 50%
delle predette somme. 
    La Regione siciliana ne denuncia il contrasto con l'art. 36 dello
statuto in combinato disposto con l'art. 2 del  d.P.R.  n.  1074  del
1965, perche' non sarebbero rispettate le condizioni  previste  negli
evocati parametri per  la  riserva  all'Erario  del  maggior  gettito
derivante dalla disposizione contestata. 
    La Regione autonoma Sardegna deduce la  violazione  dell'art.  8,
comma 1, lettera m), dello statuto, il quale attribuisce alla Regione
i sette decimi di tutte le entrate  erariali,  dirette  o  indirette,
comunque denominate, riscosse nel proprio territorio.  La  ricorrente
osserva, al riguardo, che le somme derivanti sia dal  recupero  delle
somme dichiarate e non versate da parte di  chi  si  e'  avvalso  dei
condoni previsti dalla legge finanziaria del 2003, sia dalle sanzioni
previste per l'omesso versamento delle somme  dovute  e  iscritte  al
ruolo sono connesse alle aliquote e  ai  tributi  esistenti,  al  cui
gettito la ricorrente  compartecipa  in  base  all'evocato  parametro
statutario. 
    7.1.- Il comma 6 dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 e'
censurato dalla Regione siciliana e, in  combinato  disposto  con  il
comma 36 dello stesso articolo, dalle Regioni autonome Friuli-Venezia
Giulia e Sardegna. La disposizione impugnata recita: «Le ritenute, le
imposte sostitutive sugli interessi, premi e ogni altro  provento  di
cui all'articolo 44 del decreto del Presidente  della  Repubblica  22
dicembre 1986, n. 917 e sui redditi diversi di cui  all'articolo  67,
comma 1, lettere da c-bis a c-quinquies del medesimo decreto, ovunque
ricorrano, sono stabilite nella misura del 20 per cento». La  Regione
siciliana ne denuncia il contrasto  con  gli  artt.  36  e  37  dello
statuto, in combinato disposto con l'art. 2 del d.P.R.  n.  1065  del
1974,  lamentando  che  la  riduzione  dal  27  al   20   per   cento
dell'aliquota sulle rendite finanziarie non e' accompagnata da alcuna
misura compensativa atta a salvaguardare il  gettito  derivante  alla
Regione siciliana dalla compartecipazione a tale tributo erariale. 
    La Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  deduce,  invece,  la
violazione dell'art. 49  dello  statuto  in  combinato  disposto  con
l'art.  25,  comma  6,  della  legge  28  dicembre   2001,   n.   448
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2002), in base al quale alla  Regione
spettano - quando  le  somme  siano  riscosse  nel  territorio  della
Regione - i sei decimi dell'imposta sostitutiva di cui all'art. 2 del
d.lgs. 1° aprile 1996, n. 239 (Imposta sostitutiva  sugli  interessi,
premi ed altri frutti di talune obbligazioni e titoli similari per  i
soggetti residenti) e i 4,965 decimi dell'imposta di cui all'art.  18
del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917  (Approvazione  del  testo  unico
delle  imposte  sui  redditi),  cioe'  dell'imposta  sostitutiva  dei
redditi da capitale da fonte estera. 
    Quanto, infine, alla Regione autonoma Sardegna, essa  lamenta  la
lesione dell'art. 8, comma 1, lettera m), dello statuto, che  -  come
visto - attribuisce alla  ricorrente  i  sette  decimi  di  tutte  le
entrate erariali, ad eccezione di quelle di spettanza di  altri  enti
pubblici. 
    7.2.- Il comma 35-octies dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del
2011 e' impugnato dalla Regione  siciliana.  Detto  comma  istituisce
un'imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all'estero attraverso
gli istituti bancari, le agenzie «money transfer» ed altri agenti  in
attivita' finanziaria, e la determina in misura pari al 2  per  cento
dell'importo trasferito con ogni singola operazione, con un minimo di
prelievo pari a 3 euro. 
    La ricorrente ne  denuncia  il  contrasto  con  l'art.  36  dello
statuto, in combinato disposto con l'art. 2 del citato d.P.R. n. 1074
del  1965,  rilevando  che  le  somme  derivanti  dalle  disposizioni
impugnate  sono  state  riservate  all'erario  senza  rispettare   le
condizioni  previste  per  detta  riserva  dagli  evocati  parametri.
Difetterebbero, in particolare, sia la novita' delle entrate, «intesa
sia come novita' del tributo in se stesso sia come  maggiorazione  di
entrate derivanti da un tributo gia'  esistente»,  sia  la  specifica
destinazione  alla  copertura   di   oneri   diretti   a   soddisfare
«particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato». 
    7.3.- Il comma 36 dell'art. 2 del decreto-legge n. 138  del  2011
e' denunciato dalle Regioni autonome  Valle  d'Aosta,  Friuli-Venezia
Giulia e siciliana in riferimento all'art. 8 della legge n.  690  del
1981 (Regione Valle d'Aosta); all'art. 49 dello statuto della Regione
Friuli-Venezia Giulia in  combinato  disposto  con  l'art.  4,  comma
primo, del d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114; all'art. 36 dello  statuto
della Regione siciliana, in  combinato  disposto  con  l'art.  2  del
d.P.R. n. 1074 del 1965 (Regione siciliana); nonche' al principio  di
leale collaborazione e in particolare al  principio  consensuale  che
«deve presiedere alla regolamentazione dei rapporti finanziari tra lo
Stato e la Regione» (Regioni Valle d'Aosta e Friuli-Venezia Giulia). 
    Il comma impugnato dispone che: «Le  maggiori  entrate  derivanti
dal presente decreto sono riservate all'Erario,  per  un  periodo  di
cinque anni,  per  essere  destinate  alle  esigenze  prioritarie  di
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede
europea,  anche  alla  luce  della  eccezionalita'  della  situazione
economica  internazionale.  Con  apposito   decreto   del   Ministero
dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto, sono stabilite le modalita' di  individuazione  del  maggior
gettito, attraverso separata contabilizzazione. A  partire  dall'anno
2014, il Documento di economia e finanza  conterra'  una  valutazione
delle   maggiori   entrate   derivanti,   in   termini    permanenti,
dall'attivita' di contrasto all'evasione. Dette maggiori entrate,  al
netto di quelle necessarie al mantenimento del pareggio  di  bilancio
ed alla riduzione  del  debito,  confluiranno  in  un  Fondo  per  la
riduzione strutturale della pressione fiscale e  saranno  finalizzate
alla riduzione degli oneri  fiscali  e  contributivi  gravanti  sulle
famiglie e sulle imprese». 
    Le Regioni  autonome  Valle  d'Aosta,  siciliana,  Friuli-Venezia
Giulia lamentano  che  la  riserva  del  maggior  gettito  all'erario
disposta da tale articolo  viola  le  condizioni  previste  per  tale
riserva nei rispettivi statuti e nelle relative norme di  attuazione.
Le ricorrenti osservano, in particolare che: a) le  maggiori  entrate
non sono destinate a nuove o maggiori spese (Valle  d'Aosta);  b)  le
entrate non sono nuove e non sono indirizzate a specifiche  finalita'
contingenti   o   continuative,   ma   mirano    genericamente    «al
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede
europea» (Regioni siciliana e Friuli-Venezia Giulia). 
    7.4.- Il comma  36  e'  impugnato  pure  dalla  Regione  autonoma
Sardegna in riferimento all'art. 3 della Costituzione,  in  combinato
disposto con l'art. 7 dello statuto di autonomia e con gli artt.  117
e 119 Cost. Premesso che le note del Ragioniere generale dello  Stato
n. 0102482 del 3 agosto 2005 e 0112371 del 2 settembre 2005 avrebbero
riconosciuto l'insufficienza dell'attuale  regime  di  risorse  della
Regione,   la    ricorrente    lamenta    l'irragionevolezza    della
finalizzazione delle maggiori risorse  derivanti  dalla  disposizione
impugnata a  «vaghi  obiettivi  di  finanza  pubblica»,  anziche'  al
soddisfacimento   delle   esigenze   regionali,   tanto    piu'    in
considerazione  del  periodo  notevolmente  lungo  (cinque  anni)  di
applicazione della disciplina censurata. La Regione autonoma Sardegna
denuncia anche la violazione dell'art. 7 dello statuto di  autonomia,
che  riconosce  autonomia  finanziaria  alla  Regione,  perche'  tale
autonomia e' compromessa dalla riduzione  di  entrate  regionali  che
discende dalle misure impugnate; e degli artt. 117 e  119  Cost.,  in
quanto  tali  articoli  «confermano  la  tutela   della   particolare
autonomia economico-finanziaria della Regione  e  attribuiscono  alla
Sardegna la competenza concorrente nella  materia  del  coordinamento
della finanza pubblica». 
    7.5.- Ulteriore  questione  di  legittimita'  costituzionale  del
comma 36 dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del  2011  e'  proposta
dalle Regioni autonome Valle  d'Aosta  e  Friuli-Venezia  Giulia.  Le
ricorrenti  deducono  che  la  norma  impugnata  -   modificando   il
meccanismo della  compartecipazione  regionale  ai  tributi  erariali
statutariamente previsto e, in particolare, facendo venire  meno  «la
struttura automatica della compartecipazione» - deroga, con una fonte
primaria "ordinaria", alle norme statutarie, in violazione, oltre che
del principio consensuale che «domina le relazioni finanziarie fra lo
Stato e le Regioni speciali», anche degli artt.  63,  commi  primo  e
quinto, e 65 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia. 
    7.6.-  Il  medesimo  comma  36,  secondo  la   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia, viola anche l'art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 8
del 1997. In base a tale evocata disposizione, «entro sei mesi  dalla
data di entrata in vigore  del  presente  decreto  sono  determinati,
d'intesa tra il Governo  e  la  regione,  l'ammontare  delle  riserve
all'erario, gia' disposte da leggi in  vigore  sino  al  31  dicembre
1996, sulla base di una stima degli incrementi di  gettito  derivanti
dalle medesime leggi, al netto delle eventuali riduzioni  di  gettito
conseguenti   a   norme   connesse,   e   dell'incremento   derivante
dall'evoluzione tendenziale, nonche' le modalita' per la  regolazione
anche  graduale  dei  rapporti  finanziari  conseguenti».  La  difesa
regionale  premette  che  l'evocata  norma   interposta   non   trova
applicazione alla disciplina contestata, perche' opera  in  relazione
allo  specifico  accordo  annuale,  tra  Governo   e   Regione,   che
determinava «l'eventuale quota che rimane a carico del bilancio della
regione  -  per  l'esercizio  oggetto  dell'accordo  -  delle   spese
derivanti  dall'esercizio  delle  funzioni  statali   delegate   alla
medesima» (art. 4, comma 2, lettera b, del d.P.R. n. 114  del  1965).
Ritiene tuttavia la Regione che,  nel  caso  la  norma  si  consideri
applicabile,  sarebbe   evidente   la   sua   violazione   da   parte
dell'impugnato comma 36. E cio' perche',  da  un  lato,  detto  comma
dispone unilateralmente una riserva di  gettito  allo  Stato,  mentre
l'evocato art. 6, comma 2, del  d.lgs.  n.  8  del  1997,  presuppone
l'accordo; dall'altro, la disposizione censurata riserva  allo  Stato
tutte le maggiori entrate e non  soltanto  «una  quota  del  previsto
incremento del gettito tributario spettante alla regione». 
    7.7. - Il comma 36 dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del  2011
e' impugnato, infine, dalla Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia
nella parte  in  cui  prevede  che  «A  partire  dall'anno  2014,  il
Documento di economia  e  finanza  conterra'  una  valutazione  delle
maggiori entrate derivanti, in termini permanenti, dall'attivita'  di
contrasto all'evasione» e stabilisce che: «Dette maggiori entrate, al
netto di quelle necessarie al mantenimento del pareggio  di  bilancio
ed alla riduzione  del  debito,  confluiranno  in  un  Fondo  per  la
riduzione strutturale della pressione fiscale e  saranno  finalizzate
alla riduzione degli oneri  fiscali  e  contributivi  gravanti  sulle
famiglie e sulle imprese». La ricorrente ne denuncia il contrasto con
l'art.   49   dello   statuto,   che   attribuisce    alla    Regione
compartecipazioni al gettito di entrate tributarie erariali  percette
nel  proprio  territorio,  nonche'  con   il   principio   di   leale
collaborazione. Si osserva, sotto il primo profilo, che  le  maggiori
entrate ricavate dalla messa  in  opera  di  strumenti  di  contrasto
dell'evasione fiscale non costituiscono entrate "nuove", perche'  non
apportano alcuna modificazione alla disciplina delle aliquote  e  dei
tributi esistenti; sotto il secondo profilo, che  la  quantificazione
delle maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione e'  operata
nel Documento di economia  e  finanza  senza  alcuna  intesa  con  la
Regione  benche'   tale   quantificazione   incida   direttamente   e
negativamente sulla dimensione delle risorse ad essa spettanti. 
    8.-  I  commi  36-bis  e  36-quater,  36-quinquies  e   36-decies
dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del  2011  sono  denunciati,  in
combinato  disposto  con  il  comma  36,   dalla   Regione   autonoma
Friuli-Venezia  Giulia.  I  commi  36-bis  e  36-quater   dispongono,
rispettivamente, l'incremento, ai fini IRES,  della  quota  di  utili
netti annuali  delle  societa'  cooperative  destinati  alla  riserva
obbligatoria che sono sottratti al regime di esenzione e l'esclusione
dal regime di esenzione anzidetto del 10 per cento di tali riserve. I
commi   36-quinquies   e   36-decies   prevedono   la   maggiorazione
dell'aliquota IRES, pari a 10,5 punti  percentuali,  a  carico  delle
cosiddette "societa' di comodo" (le  societa'  di  cui  all'art.  30,
comma 1, della legge 23 dicembre 1994,  n.  724  recante  "Misure  di
razionalizzazione della  finanza  pubblica")  e  delle  societa'  che
presentano per tre periodi di imposta  consecutivi  dichiarazioni  in
perdita fiscale. La ricorrente ne denuncia il  contrasto  con  l'art.
49, primo comma, numero 2), dello statuto, che riserva  alla  Regione
«quattro decimi e mezzo del gettito dell'imposta  sul  reddito  delle
persone giuridiche» riscossa sul suo territorio. 
    9. - In via logicamente subordinata  rispetto  alle  impugnazioni
proposte,  tutte  le  ricorrenti  -  tranne  la  Regione  Sicilia   -
prospettano  un'interpretazione  adeguatrice  secondo  la  quale   le
disposizioni impugnate non  sarebbero  applicabili  alle  Regioni  ad
autonomia speciale. Tale interpretazione si  fonda  sull'art.  19-bis
del decreto-legge n. 138 del 2011, il quale prevede che «L'attuazione
delle disposizioni del  presente  decreto  nelle  regioni  a  statuto
speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano avviene nel
rispetto dei loro statuti e delle  relative  norme  di  attuazione  e
secondo quanto previsto dall'articolo 27 della legge 5  maggio  2009,
n. 42». Detto articolo, a sua volta, dispone che le Regioni a statuto
speciale e le Province autonome  concorrano  al  conseguimento  degli
obiettivi di perequazione e di solidarieta' indicati  dalla  medesima
legge delega «secondo criteri  e  modalita'  stabiliti  da  norme  di
attuazione dei rispettivi statuti,  da  definire,  con  le  procedure
previste dagli statuti medesimi». Da  queste  premesse  normative  le
ricorrenti  traggono  la  conclusione  che  l'espressa  clausola   di
salvaguardia  degli  statuti  inserita  nel  richiamato  art.  19-bis
nonche'  il  rinvio  al  citato  art.  27  della  legge  delega   sul
federalismo fiscale n.  42  del  2009,  consentono  di  ritenere  non
operante la disciplina  impugnata  nei  confronti  delle  Regioni  ad
autonomia differenziata. 
    10.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che i ricorsi siano rigettati. 
    Con riferimento ai ricorsi promossi  dalle  Regioni  siciliana  e
Sardegna,    il    resistente    ne     eccepisce     preliminarmente
l'inammissibilita' «per la mancanza di prova di un "vulnus" diretto e
concreto  alla  finanza  regionale»  (si  richiama  in  proposito  la
sentenza di questa Corte n. 145 del 2008). Le disposizioni  impugnate
- secondo la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri  -  «in
quanto finalizzate al reperimento di entrate  aggiuntive  rispetto  a
quelle ordinarie, non si risolvono,  infatti,  nella  sottrazione  di
risorse alle autonomie territoriali, ne' sono dirette  a  ridurre  la
misura delle  compartecipazioni  ai  tributi  erariali  previsti  dai
rispettivi statuti di autonomia». Non  vi  sarebbe,  percio',  alcuna
lesione diretta e concreta alle finanze regionali.  Il  solo  ricorso
siciliano sarebbe inoltre  inammissibile  per  la  genericita'  delle
censure,  che   non   sarebbero   suffragate   da   idonei   supporti
motivazionali. 
    Nel merito, la difesa dello Stato premette in via generale che le
disposizioni  impugnate   sono   «norme   finanziarie   "eccezionali"
finalizzate a fronteggiare una situazione economica  "emergenziale"»,
in quanto inserite  in  un  percorso  di  risanamento  della  finanza
pubblica al quale devono  concorrere  anche  le  autonomie  speciali.
Infatti - prosegue il resistente - l'autonomia finanziaria degli enti
locali «non si pone in termini quantitativi, ma  nell'ambito  di  una
valutazione comparativa delle esigenze dell'intera collettivita'». In
questa  cornice,  lo  Stato,  nell'esercizio  della  sua   competenza
legislativa esclusiva in materia di sistema  tributario,  tutela  del
risparmio  e  dei  mercati,  nonche'   perequazione   delle   risorse
finanziarie (art. 117, secondo comma, lettera  e,  Cost.),  ha  piena
potesta' di disporre in merito alla disciplina dei  tributi  da  esso
istituiti, anche se il gettito relativo sia di spettanza regionale, a
condizione che non sia alterato il rapporto tra  complessivi  bisogni
regionali e mezzi finanziari per farvi fronte;  circostanza,  questa,
che - secondo la difesa del Presidente del Consiglio dei  ministri  -
non e' stata dedotta in punto di fatto dalle ricorrenti. 
    La difesa del Presidente del Consiglio osserva che gli incrementi
di entrata previsti dalle disposizioni impugnate  sono  riferibili  a
tributi istituiti e disciplinati dalla legge statale; che  essi  sono
espressamente diretti - limitatamente a un periodo di cinque  anni  -
al soddisfacimento di «esigenze prioritarie di  raggiungimento  degli
obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea»;  che  tali
obiettivi non sono piu' precisamente elencati nelle  norme  censurate
perche' essi devono essere concordati con  i  partner  europei;  che,
comunque,  nel  caso  di  specie,  non  si  tratta,  come   sostenuto
erroneamente  dai  ricorrenti,  «di  manovre  finanziarie   volte   a
perseguire semplici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica,
ma di un mezzo necessario a scongiurare  gli  effetti  di  una  crisi
economico finanziaria di  portata  internazionale».  L'eccezionalita'
della situazione avrebbe imposto, anche in  ossequio  a  principi  di
solidarieta' nazionale, una  temporanea  compressione  dell'autonomia
finanziaria  della  Regione,  peraltro  contenuta  nei  limiti  della
ragionevolezza,  quale  misura   necessaria   per   la   salvaguardia
dell'unita' economica della Repubblica e del risanamento  finanziario
dello Stato. 
    Cosi' inquadrate, le misure previste dalle disposizioni censurate
sono riconducibili in via prevalente, secondo la difesa statale, alla
materia concorrente della armonizzazione dei  bilanci  pubblici,  del
coordinamento della finanza pubblica  e  del  sistema  tributario,  e
quindi a una competenza  nell'esercizio  della  quale  lo  Stato  ben
potrebbe imporre alle  Regioni,  con  normativa  di  principio  quale
quella  oggetto  di  censura,  adempimenti   derivanti   da   impegni
finanziari assunti in sede europea. 
    Cio' premesso, il resistente ritiene che sussistano i presupposti
per la riserva all'erario  delle  maggiori  entrate  derivanti  dalle
disposizioni  oggetto  di  censura,  perche':  a)  le  entrate   sono
finalizzate al  raggiungimento  di  specifici  obiettivi  di  finanza
pubblica - in  sostanza,  l'impegno  a  raggiungere  il  pareggio  di
bilancio entro il 2013 e a ridurre il debito pubblico -  inizialmente
definiti nel Documento di economia e finanza (DEF) e  successivamente
concordati in sede europea;  b)  il  maggior  gettito  e'  diretto  a
coprire nuove spese di carattere non continuativo, perche' connesse a
una     eccezionale,     contingente     situazione     di      crisi
economico-finanziaria  e  a  obiettivi  altrettanto  contingenti   di
raggiungimento del pareggio di bilancio; c) il gettito  e'  destinato
alla copertura di spese che non rientrano nelle materie di competenza
delle  regioni  ricorrenti,  ma  e'   riconducibile   alla   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato in materia di rapporti dello  Stato
con l'Unione europea (art. 117, secondo  comma,  lettera  a,  Cost.),
sistema tributario (art.  117,  secondo  comma,  lettera  e,  Cost.),
armonizzazione dei bilanci pubblici  e  coordinamento  della  finanza
pubblica e del sistema tributario  (art.  117,  terzo  comma,  Cost.)
perche' riguarda «l'assetto economico nazionale nel  suo  complesso»;
d) la riserva e' temporalmente delimitata  a  un  periodo  di  cinque
anni; e) le maggiori entrate derivano da nuove forme  di  prelievo  o
maggiorazioni di aliquote di  tributi  esistenti  che  presentano  il
carattere della novita'; f) le maggiori  entrate  sono  distintamente
contabilizzate   nel    bilancio    statale,    a    tale    separata
contabilizzazione  dovendo  provvedere  con   apposito   decreto   il
Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi del secondo periodo
del comma 36 dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011. 
    Quanto alla comune, denunciata violazione del principio di  leale
collaborazione e delle  norme  statutarie  che  prevedono  meccanismi
concertativi o paritetici  per  la  modifica  dei  rispettivi  regimi
finanziari,  il  resistente  afferma  che  tale  principio   non   e'
invocabile quale requisito di legittimita' costituzionale a proposito
dell'esercizio della funzione legislativa, quando - come nel caso  di
specie  -  detta  funzione  sia   esercitata   nel   rispetto   della
Costituzione e del riparto di competenze da essa stabilito. La difesa
del Presidente del Consiglio dei ministri ricorda inoltre che  l'art.
19-bis  del  decreto-legge  impugnato  contiene   una   clausola   di
compatibilita' con gli  statuti  speciali  e  le  relative  norme  di
attuazione che e' rivolta «a bilanciare il rapporto tra rispetto  dei
citati statuti e delle relative norme di attuazione e misure  fiscali
sancite» dallo Stato, traendone spunto per concludere nel senso della
non fondatezza delle censure "procedurali" avanzate dalle ricorrenti. 
    Quanto alla specifica censura - formulata dalla Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia - secondo cui  le  maggiori  entrate  derivanti
dalla lotta all'evasione (art. 2, comma 36, terzo e  quarto  periodo)
sono connesse comunque alle aliquote e ai tributi esistenti,  il  cui
gettito spetta, in compartecipazione, alle  ricorrenti,  l'Avvocatura
dello  Stato  osserva  che  la  doglianza  si  fonda   su   un'errata
ricostruzione dell'attivita'  di  contrasto  all'evasione.  Questa  -
illustra  il  resistente  -  «non  si  esaurisce  nell'attivita'   di
accertamento e recupero degli obblighi tributari invalsi, ma consiste
anche  nell'attivita'  sanzionatoria».  Con  la  conseguenza  che  le
maggiori entrate risultanti dal contrasto all'evasione «non  derivano
tanto  dall'attivita'  di  crediti  tributari  riscossi,  quanto  dal
pagamento  di  sanzioni  amministrative  tributarie  da   parte   dei
contravventori». Di qui l'infondatezza della  censura,  che  comunque
sarebbe infondata per l'ulteriore ragione che le maggiori entrate  in
questione -  in  quanto  frutto  delle  sanzioni  (anche)  pecuniarie
previste  per  gli  illeciti  tributari  commessi  -  devono   essere
ricondotte alla  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato  in
materia di sistema tributario e contabile e di ordinamento  civile  e
penale (art. 117, secondo comma, lettere e e l, Cost.). 
    11.- La Regione autonoma Valle d'Aosta, con atto depositato il 13
giugno 2012, ha fatto pervenire la rinuncia al mandato del difensore,
professore avvocato Francesco Saverio Marini e la  nomina  del  nuovo
difensore nella persona dell'avvocato Ulisse Corea. 
    12.- In prossimita' dell'udienza pubblica ha  depositato  memorie
la  Regione  autonoma  Sardegna,  che   insiste   nelle   conclusioni
rassegnate nel ricorso. 
    Quanto all'eccezione di inammissibilita'  dei  ricorsi  sollevata
dalla   difesa   dello   Stato   e   fondata   sulla   premessa   che
dall'applicazione della norma impugnata non derivi alcun  pregiudizio
per le finanze regionali, la Regione replica che il sacrificio per la
ricorrente  -  e  il  conseguente  interesse   a   ricorrere   -   e'
implicitamente ammesso dalla stessa difesa statale, la' dove  afferma
che alla manovra di finanza pubblica disposta  con  il  decreto-legge
censurato «sono chiamati a concorrere  tutti  i  livelli  di  governo
(quindi anche le  Regioni  ad  autonomia  speciale)»,  sopportando  i
relativi oneri. 
    Osserva inoltre la Regione autonoma Sardegna che fra le  maggiori
entrate  attribuite  allo  Stato  dalla  disposizione  impugnata  non
possono in alcun modo essere considerate aggiuntive quelle  derivanti
dal recupero dell'evasione fiscale, trattandosi di  entrate  comunque
spettanti, pro quota, alla ricorrente, che solo per una patologia del
sistema non sono state acquisite e che pertanto  non  possono  essere
distratte in favore dello Stato. 
    La ricorrente rileva, infine, che le piu' recenti sentenze  della
Corte costituzionale le quali hanno  ritenuto  legittima  la  riserva
allo Stato di entrate derivanti da tributi erariali  il  cui  gettito
spetta alle Regioni (si richiamano le sentenze n. 143, n.  142  e  n.
135 del 2012, nonche' n. 182 del 2010)  sono  strettamente  calibrate
sulle norme statutarie e di attuazione  statutaria  vigenti  per  gli
enti parti dei relativi giudizi e, quindi, non sono estensibili  alla
Regione sarda. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Quattro Regioni a statuto speciale, la Regione autonoma Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste (ricorso n. 135 del 2011), la Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia (ricorso n. 139 del 2011), la Regione siciliana
(ricorso n. 140 del 2011) e la Regione autonoma Sardegna (ricorso  n.
160 del 2011) hanno promosso  questioni  principali  di  legittimita'
costituzionale di numerose disposizioni del decreto-legge  13  agosto
2011,  n.  138  (Ulteriori  misure  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni,  dalla
legge 14 settembre 2011, n. 148. 
    L'esame di questa Corte e' qui limitato alle  questioni  relative
agli artt. 1  e  2  di  detto  decreto-legge,  restando  riservata  a
separate  pronunce  la  decisione   di   quelle   riguardanti   altre
disposizioni del citato decreto. 
    In particolare, l'art. 1 e' impugnato, con riguardo al  comma  6,
dalla sola Regione Sardegna; l'art. 2 e' impugnato: quanto  al  comma
1, dalla sola Regione siciliana; quanto al  comma  2,  dalle  Regioni
siciliana, Friuli-Venezia Giulia e Sardegna; quanto ai  commi  2-bis,
2-ter, 2-quater, dalle Regioni  siciliana,  Friuli-Venezia  Giulia  e
Sardegna; quanto al comma  3,  da  tutte  le  ricorrenti,  tranne  la
Regione Sardegna; quanto  ai  commi  5-bis  e  5-ter,  dalle  Regioni
siciliana e Sardegna; quanto al comma  6,  dalle  Regioni  siciliana,
Friuli-Venezia Giulia e Sardegna;  quanto  al  comma  9,  dalla  sola
Regione Sardegna; quanto  al  comma  35-octies,  dalla  sola  Regione
siciliana; quanto al comma 36, da tutte le ricorrenti (da solo  o  in
combinato disposto con le altre  disposizioni);  quanto,  infine,  ai
commi 36-bis, 36-quater, 36-quinquies e 36-decies, dalla sola Regione
Friuli-Venezia Giulia. 
    Le questioni sono promosse evocando a parametro: a) gli artt.  3,
117 e 119 della Costituzione (con il ricorso della  Regione  autonoma
Sardegna) ed il principio di  leale  collaborazione  (con  i  ricorsi
delle Regioni autonome Valle d'Aosta e Friuli-Venezia Giulia); b) gli
artt. 48-bis e  50,  comma  quinto,  della  legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 4 (Statuto  speciale  per  la  Valle  d'Aosta),  in
relazione all'art. 1 del decreto legislativo 22 aprile 1994,  n.  320
(Norme di attuazione  dello  statuto  speciale  della  regione  Valle
d'Aosta), all'art. 8 della legge 26 novembre 1981, n. 690  (Revisione
dell'ordinamento finanziario della regione Valle d'Aosta), e all'art.
27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia  di
federalismo   fiscale   in   attuazione   dell'articolo   119   della
Costituzione), con il ricorso della Regione autonoma  Valle  d'Aosta;
c) gli artt. 48, 49,  63,  commi  primo  e  quinto,  65  della  legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della  Regione
Friuli-Venezia Giulia), 4, comma primo, del d.P.R. 23  gennaio  1965,
n. 114 (Norme di attuazione  dello  statuto  speciale  della  regione
Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza regionale), e 6, comma 2,
del decreto legislativo 2 gennaio 1997, n.  8  (Norme  di  attuazione
dello Statuto speciale per la Regione Friuli-Venezia  Giulia  recanti
modifiche  ed  integrazioni  al  d.P.R.  23  gennaio  1965,  n.  114,
concernente la finanza  regionale),  con  il  ricorso  della  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia; d) gli artt. 36 e 37 del r.d.lgs.  15
maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello  statuto  della  Regione
siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n.
2, in relazione all'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074  (Norme
di attuazione  dello  Statuto  della  Regione  siciliana  in  materia
finanziaria), con il ricorso della Regione siciliana; e) gli artt.  7
e 8 della legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  3  (Statuto
speciale per la Sardegna), con  il  ricorso  della  Regione  autonoma
Sardegna. 
    Le Regioni ricorrenti impugnano disposizioni che prevedono, in un
caso, una diminuzione di entrate erariali (art.  2,  comma  6,  nella
parte impugnata dalla Regione siciliana) oppure,  negli  altri  casi,
riservano allo Stato (art. 2, comma 36) le maggiori entrate derivanti
dalla   diminuzione   di   agevolazioni   (art.    1,    comma    6),
dall'introduzione  di  nuovi  giochi  e   lotterie   o   dall'aumento
dell'accisa sui tabacchi lavorati (art. 2, comma  3),  da  specifiche
misure attinenti a prelievi tributari (art. 2,  commi  1,  2,  2-bis,
2-ter, 2-quater, 3, 5-bis, 5-ter, 6 -  nella  parte  impugnata  dalla
Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia   -,   35-octies,   36-bis,
36-quater,  36-quinquies  e   36-decies),   nonche',   in   generale,
dall'attivita' di contrasto all'evasione fiscale (art. 2,  comma  36,
terzo e quarto periodo). 
    La diminuzione di entrate erariali, comportando una riduzione del
gettito spettante per statuto alla Regione siciliana, viene censurata
per l'asserito impoverimento  arrecato  alla  finanza  regionale.  La
riserva allo Stato delle suddette maggiori entrate e', a  sua  volta,
ritenuta lesiva dell'autonomia finanziaria delle ricorrenti, le quali
lamentano  la  violazione  delle  disposizioni  statutarie  e   delle
relative  norme  di  attuazione  che:  a)  attribuiscono  ai  bilanci
regionali quote  delle  entrate  derivanti  dal  gettito  di  tributi
erariali riscossi nei rispettivi territori; b) pongono condizioni per
la riserva  allo  Stato  dell'intero  gettito  di  tali  tributi;  c)
prevedono, comunque, peculiari procedure consensuali per le modifiche
dell'ordinamento finanziario delle Regioni a statuto speciale. 
    Il comune presupposto interpretativo di tutte tali censure -  ivi
comprese quelle in cui vengono evocati a parametro, oltre a norme  di
rango statutario, anche articoli della Costituzione -  risiede  nella
ritenuta applicabilita' delle norme impugnate alle  Regioni  autonome
ricorrenti. 
    2.-  In  considerazione  della  parziale  identita'  delle  norme
denunciate e delle censure proposte, i giudizi, come sopra separati e
delimitati, devono essere riuniti per essere trattati  congiuntamente
e decisi con un'unica pronuncia. 
    3.- L'Avvocatura generale dello Stato ha preliminarmente eccepito
l'inammissibilita' di tutte le questioni, sotto  il  profilo  che  le
disposizioni  censurate  non  sottraggono  risorse  alle  Regioni  e,
quindi, non arrecano  alcun  vulnus  diretto  e  concreto  alla  loro
autonomia finanziaria. 
    L'eccezione non e' fondata per due diverse ragioni. 
    In primo luogo, perche' in  tutti  i  casi  di  maggiori  entrate
integralmente riservate all'Erario la dedotta mancata  partecipazione
al gettito di tributi che spetterebbero pro  quota  o  in  toto  alle
ricorrenti in base alle  norme  statutarie  evocate  come  parametri,
oltre a determinare evidenti effetti finanziari negativi  in  termini
di minori introiti regionali, integra  -  secondo  la  prospettazione
delle  ricorrenti  -  una  violazione  diretta  di  norme  di   rango
statutario e quindi, diversamente da  quanto  sostenuto  dalla  parte
resistente, produce un vulnus alla loro autonomia  finanziaria  quale
garantita  da  norme  di  rango  costituzionale.  In  secondo  luogo,
perche', almeno nel caso di cui al censurato comma 6 dell'art. 2, per
la parte impugnata dalla sola Regione siciliana, viene stabilita  una
riduzione delle aliquote di alcuni tributi,  tale  da  comportare  in
relazione ad essi  una  "minore  entrata"  rispetto  al  gettito  che
sarebbe spettato alla Regione in  assenza  della  riduzione;  con  la
conseguenza che si verificherebbe una  diminuzione  delle  risorse  a
disposizione della Regione  e,  quindi,  una  menomazione  della  sua
autonomia finanziaria. 
    Tanto basta per giustificare l'interesse processuale  al  ricorso
ed il rigetto dell'eccezione. 
    4.- Prima di procedere allo scrutinio nel merito  delle  suddette
questioni e' necessario vagliare la fondatezza  del  sopra  ricordato
presupposto  interpretativo  delle   ricorrenti   circa   l'effettiva
applicabilita' alle Regioni autonome delle norme impugnate e, in caso
positivo, accertare se si verifichino le  prospettate  lesioni  degli
statuti speciali. 
    A tal fine, occorre muovere dall'interpretazione dell'art. 19-bis
del decreto-legge n. 138 del 2011 (articolo introdotto dalla legge di
conversione e rubricato «Disposizioni finali concernenti le regioni a
statuto  speciale  e  le   province   autonome»),   il   quale,   nel
disciplinare, in via generale, il rapporto tra  tale  decreto  e  gli
enti ad autonomia differenziata,  dispone  che:  «L'attuazione  delle
disposizioni del presente decreto nelle regioni a statuto speciale  e
nelle province autonome di Trento e Bolzano avviene nel rispetto  dei
loro statuti e delle relative norme di attuazione  e  secondo  quanto
previsto dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42». 
    4.1.- In proposito, va precisato che l'«attuazione» del  decreto,
menzionata nell'articolo, deve  essere  intesa  non  nella  ristretta
accezione di predisposizione di fonti normative secondarie dirette  a
regolamentare in  dettaglio  i  principi  o  le  norme  espressi  nel
decreto, ma in quella, piu' ampia e generica, di  applicazione  delle
norme del decreto. Diversamente, si verrebbe a creare una  insanabile
contraddizione con la successiva statuizione, contenuta nello  stesso
articolo, la quale pone la regola del rispetto degli statuti speciali
e delle relative norme di  attuazione.  Infatti,  ove  le  norme  del
decreto fossero in contrasto con tali statuti e con le loro norme  di
attuazione, sarebbe  palesemente  illogico  limitare  il  divieto  di
violare  la  normativa  statutaria  con  riguardo  alle  sole   norme
secondarie del decreto, che ne costituiscono  «attuazione»  in  senso
stretto, e non anche al decreto stesso, di cui tali norme  secondarie
costituiscono semplice applicazione. 
    4.2.- La parte residua dell'articolo in esame presenta un duplice
contenuto normativo: da un lato, una clausola di  salvaguardia  degli
enti  ad  autonomia  speciale  (l'applicazione  deve  avvenire   «nel
rispetto dei loro statuti e delle  relative  norme  di  attuazione»);
dall'altro, un rinvio espresso all'art. 27 della legge 5 maggio 2009,
n. 42, recante «Delega al Governo in materia di federalismo  fiscale,
in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione» («secondo  quanto
previsto dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n.  42»).  Detto
art. 27 prevede, in particolare, che le Regioni a statuto speciale  e
le Province autonome concorrano al conseguimento degli  obiettivi  di
perequazione e di solidarieta' ed all'esercizio dei diritti e  doveri
da  essi  derivanti,  nonche'  al  patto  di  stabilita'  interno  ed
all'assolvimento degli obblighi  posti  dall'ordinamento  comunitario
«nel rispetto degli statuti speciali» e «secondo criteri e  modalita'
stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da definire,
con le procedure previste dagli statuti medesimi». 
    Per quanto riguarda la  clausola  di  salvaguardia,  gli  evocati
parametri di  rango  statutario  assumono,  attraverso  di  essa,  la
funzione di  generale  limite  per  l'applicazione  delle  norme  del
decreto-legge  n.  138  del  2011,  nel   senso   che   queste   sono
inapplicabili agli enti a statuto speciale ove siano in contrasto con
gli statuti e le relative norme di attuazione. Detta inapplicabilita'
esclude la fondatezza delle questioni di legittimita'  costituzionale
basate sulla violazione di tali parametri statutari (in tal senso,  a
proposito di disposizioni analoghe, le sentenze n. 64 del 2012  e  n.
152  del  2011).  Ovviamente,  l'indicata  clausola  non  opera   nei
particolari casi in cui singole  norme  del  decreto-legge  prevedano
espressamente, derogando alla clausola in esame, la  propria  diretta
ed  immediata  applicabilita'  agli  enti  ad   autonomia   speciale,
ancorche' esse siano in contrasto con lo statuto d'autonomia e con le
relative  norme  di  attuazione.  Pertanto,  solo  in   questi   casi
eccezionali - che ricorrono, per la Regione siciliana,  con  riguardo
agli impugnati commi 5-bis e 5-ter dell'art. 2 (esaminati  infra,  al
punto 7.3.5.) - si pone un problema  di  legittimita'  costituzionale
della normativa introdotta dal decreto-legge. 
    Ne consegue che l'art. 19-bis, nel richiedere la  necessita'  del
«rispetto» degli statuti speciali, non costituisce una  mera  formula
di stile, priva di significato normativo, ma ha la  precisa  funzione
di  rendere  applicabile  il   decreto   agli   enti   ad   autonomia
differenziata solo a condizione che siano  "rispettati"  gli  statuti
speciali  e  quindi,  per  quanto  attiene  alle  «maggiori  entrate»
erariali derivanti  dal  decreto,  soltanto  se  l'integrale  riserva
quinquennale allo Stato del gettito - prevista in  via  generale  dal
comma 36 dell'art. 2 - sia  consentita  da  tali  statuti.  Pertanto,
quando il  contrasto  non  sussista  o,  pur  sussistendo,  operi  la
clausola di salvaguardia che determina l'inapplicabilita' della norma
denunciata alle Regioni a statuto speciale, la questione deve  essere
comunque dichiarata non fondata. E cio' perche', nel caso in  cui  il
contrasto non sussista, non c'e', ovviamente, alcuna violazione della
normativa statutaria e, nel caso in cui  il  contrasto  sussista,  la
clausola di salvaguardia impedisce l'applicabilita'  alle  ricorrenti
della normativa censurata. 
    In questo contesto, l'ulteriore rinvio,  contenuto  nello  stesso
art. 19-bis, all'art. 27 della legge di delegazione  sul  federalismo
fiscale n. 42 del 2009 assume solo il significato di  prefigurare  un
percorso procedurale, dominato dal principio consensualistico, per la
modificazione delle norme di attuazione degli statuti  speciali,  con
riguardo all'eventualita' in cui lo  Stato  voglia  introdurre  negli
enti ad autonomia differenziata, quanto  alle  materie  trattate  nel
decreto-legge, una disciplina non conforme alle norme  di  attuazione
statutaria. L'art. 27, infatti, pone una vera e propria  «riserva  di
competenza alle norme di attuazione degli statuti»  speciali  per  la
modifica  della  disciplina  finanziaria  degli  enti  ad   autonomia
differenziata (sentenza n. 71 del 2012), cosi' da configurarsi  quale
autentico presidio procedurale della specialita' finanziaria di  tali
enti. Il suddetto richiamo  all'art.  27  conferma,  quindi,  che  il
decreto-legge n. 138 del 2011  si  applica  agli  enti  ad  autonomia
differenziata solo se conforme ai loro statuti  ed  alle  correlative
norme di attuazione. 
    4.3.- Cosi' interpretato l'art. 19-bis, si puo'  ora  passare  ad
accertare, come richiesto da  tale  articolo,  se  le  singole  norme
impugnate "rispettino" gli  statuti  speciali  e,  quindi,  se  siano
applicabili alle Regioni autonome ricorrenti. 
    E' opportuno sottolineare che questa Corte, nel dichiarare la non
fondatezza  delle  questioni,   non   puo'   limitarsi   a   rilevare
l'operativita' della clausola di salvaguardia. E' invece  necessario,
in considerazione delle opposte conseguenze in ordine alla  spettanza
delle «maggiori entrate», precisare le ragioni della non  fondatezza,
distinguendo - come sopra visto - i casi in cui la  norma  denunciata
sia  applicabile  in  quanto  conforme  alle  norme  statutarie  (con
conseguente spettanza dell'entrata allo Stato),  da  quelli  in  cui,
proprio  per  effetto  della  predetta  clausola,  sia  inapplicabile
perche' non conforme allo  statuto  (con  conseguente  spettanza  del
gettito  alla  Regione).  In  mancanza  di  una  tale  specificazione
motivazionale, espressamente richiesta da tutte le parti in giudizio,
il problema della spettanza delle  «maggiori  entrate»  non  verrebbe
risolto e  costringerebbe  gli  enti  ad  autonomia  differenziata  a
riproporre le questioni di legittimita' costituzionale sotto forma di
conflitti di attribuzione aventi ad oggetto gli atti con i  quali  lo
Stato provvedera' ad acquisire dette «maggiori entrate». 
    5.- Con il ricorso n. 135 del 2011,  la  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta  impugna  l'art.  2  del  decreto-legge  n.  138  del   2011,
limitatamente ai commi 3, secondo  e  quarto  periodo,  e  36.  Viene
denunciata la  violazione  del  principio  di  leale  collaborazione,
nonche' degli artt. 48-bis e 50, comma quinto, dello statuto speciale
(legge costituzionale n. 4 del 1948),  dell'art.  1  delle  norme  di
attuazione statutarie (d.lgs. n. 320 del  1994),  dell'art.  8  della
legge  di  revisione  dell'ordinamento  finanziario   della   Regione
ricorrente (legge n. 690 del 1981) e  dell'art.  27  della  legge  di
delegazione in materia di federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009). 
    5.1.- Il secondo e quarto periodo del comma  3  dell'art.  2  del
decreto-legge n. 138 del 2011  sono  impugnati  nella  parte  in  cui
prevedono l'integrale attribuzione allo Stato delle maggiori  entrate
derivanti dall'aumento dell'aliquota di base dell'accisa sui tabacchi
lavorati: «Il Direttore generale  dell'Amministrazione  autonoma  dei
monopoli di Stato puo' proporre al  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze di disporre con propri decreti,  entro  il  30  giugno  2012,
[...]  l'aumento  dell'aliquota  di  base  dell'accisa  sui  tabacchi
lavorati prevista dall'allegato I al decreto legislativo  26  ottobre
1995, n. 504» (secondo periodo); «Le maggiori entrate  derivanti  dal
presente comma sono  integralmente  attribuite  allo  Stato»  (quarto
periodo). 
    La Regione autonoma lamenta che la norma censurata  riservi  allo
Stato detta  maggiore  entrata,  nonostante  che  non  sussistano  le
condizioni previste dall'art. 8 della legge n. 690 del 1981 per  tale
riserva. Tale parametro  prevede  che  «Il  provento  derivante  alla
regione Valle  d'Aosta  da  maggiorazioni  di  aliquote  e  da  altre
modificazioni dei tributi ad essa devoluti [...], ove  sia  destinato
per  legge,  ai  sensi  dell'articolo   81,   quarto   comma,   della
Costituzione, per la copertura di nuove o maggiori spese che sono  da
effettuare a carico del bilancio statale, e'  riversato  allo  Stato»
(comma  primo),  nella  misura  determinata  «per  ciascun  esercizio
finanziario con decreto dei Ministri  delle  finanze  e  del  tesoro,
d'intesa con il presidente della giunta regionale» (comma secondo). 
    La questione non e' fondata. 
    L'accisa sui tabacchi lavorati  e'  un  tributo  "devoluto"  alla
Regione autonoma ricorrente, ai sensi del  primo  comma  dell'evocato
art. 8 della legge n. 690 del  1981.  Infatti,  l'art.  4,  comma  2,
lettera  e),  della  medesima  legge  n.   690   del   1981   riserva
espressamente alla Regione autonoma «l'intero gettito dell'accisa sui
tabacchi». Deve pertanto ritenersi devoluto alla Regione, ai sensi di
tali parametri,  anche  il  maggior  gettito  derivante  dall'aumento
dell'aliquota della suddetta accisa. 
    In base, poi, al secondo comma del medesimo art. 8 della legge n.
690 del 1981, per poter legittimamente  "riversare  allo  Stato",  in
tutto o in parte, tale maggiore entrata tributaria, occorre non  solo
la destinazione del gettito a «copertura di nuove  o  maggiori  spese
che sono da effettuare a carico del bilancio statale», ma  anche  una
specifica    determinazione    ministeriale    sulla    misura    del
"riversamento", che deve essere adottata «d'intesa» con il Presidente
della  Giunta  regionale.  Tale  intesa,   nella   specie,   non   e'
intervenuta. Cio' e' sufficiente per determinare un contrasto  con  i
parametri statutari evocati. 
    Opera, pertanto, la menzionata clausola di salvaguardia di cui al
ricordato  art.  19-bis,  con   conseguente   inapplicabilita'   alla
ricorrente della norma impugnata. Il che fa venir meno il presupposto
interpretativo     delle      censure,      costituito,      appunto,
dall'applicabilita' della norma impugnata e comporta, quindi, la  non
fondatezza della questione in riferimento a tutti i parametri evocati
dalla Regione autonoma. 
    5.2.-  La  medesima  Regione  impugna,  altresi',  il  comma   36
dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, il quale prevede - per
quanto qui interessa - che: a)  le  maggiori  entrate  derivanti  dal
decreto-legge «sono riservate all'Erario, per un  periodo  di  cinque
anni,   per   essere   destinate   alle   esigenze   prioritarie   di
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede
europea,  anche  alla  luce  della  eccezionalita'  della  situazione
economica internazionale» (primo periodo); b) «con  apposito  decreto
del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,  da  emanare  entro
sessanta giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione del presente decreto,  sono  stabilite  le  modalita'  di
individuazione   del    maggior    gettito,    attraverso    separata
contabilizzazione» (secondo periodo). La Regione  lamenta,  anche  in
tale caso, la violazione dell'art. 8 della legge n. 690 del 1981,  il
quale indica le  condizioni  per  riservare  allo  Stato  i  proventi
derivanti dalle maggiorazioni di aliquote e  da  altre  modificazioni
dei tributi devoluti alla Regione stessa. 
    La questione e'  inammissibile  per  l'indeterminatezza  del  suo
oggetto. 
    Infatti,  la  ricorrente  omette  di  precisare  quali  siano  le
specifiche «maggiori entrate» previste dal decreto-legge n.  138  del
2011 che costituiscono «proventi» di tributi ad  essa  «devoluti»  ai
sensi delle norme statutarie  e  dell'ordinamento  finanziario  della
Regione. Il ricorso, pertanto, per la sua generica formulazione,  non
consente di individuare quali,  fra  le  maggiori  entrate  derivanti
dalle numerose misure disposte dal suddetto decreto-legge,  sarebbero
state  illegittimamente   "riversate"   allo   Stato.   La   lacunosa
formulazione  della  questione  di  legittimita'  costituzionale   si
risolve, percio', nella carente  individuazione  delle  «disposizioni
ritenute viziate da illegittimita'» e, quindi, nella mancanza di  uno
degli elementi richiesti dal combinato disposto degli artt. 34  e  23
della legge 11 marzo 1953, n. 87, per  la  rituale  proposizione  del
ricorso di legittimita' costituzionale  in  via  principale.  Di  qui
l'inammissibilita' della questione. 
    5.3.- La Regione autonoma Valle d'Aosta  prospetta,  infine,  una
censura generale che investe tutte le sopra indicate disposizioni  da
essa impugnate. La ricorrente assume che tali disposizioni  avrebbero
apportato  modifiche  alla  normativa  statutaria  o  di   attuazione
statutaria in materia di ordinamento finanziario delle Regioni  senza
aver seguito le peculiari procedure  consensuali  necessarie  a  tale
fine, previste, in particolare, dagli artt. 48-bis e 50 dello statuto
d'autonomia nonche' dall'art. 1 del d.lgs. n. 320 del  1994,  recante
norme di attuazione statutaria.  Ai  fini  della  decisione,  occorre
distinguere tra le questioni aventi  ad  oggetto  il  secondo  ed  il
quarto periodo del comma 3 dell'art. 2 del decreto-legge n.  138  del
2011 e quella avente ad oggetto il comma 36 dell'art. 2 del  medesimo
decreto-legge. 
    Le questioni riguardanti il comma  3  non  sono  fondate;  quella
riguardante il comma 36 e' inammissibile. 
    5.3.1.- Come si e' osservato al punto  5.1.,  il  secondo  ed  il
quarto periodo del comma 3 dell'art.  2  non  sono  applicabili  alla
Regione ricorrente, per effetto della clausola di cui all'art. 19-bis
del citato decreto-legge.  Una  volta  accertato  che  tale  clausola
preclude l'applicazione agli enti ad autonomia speciale  delle  norme
del decreto-legge n. 138  del  2011  contrastanti  con  i  rispettivi
statuti speciali e le relative norme  attuative  e  preso  atto  che,
nella specie, non  risultano  impedimenti  all'operativita'  di  tale
clausola, viene meno il presupposto da cui muovono le censure,  cioe'
l'applicabilita' alla ricorrente di norme contrastanti con lo statuto
speciale o con le norme di attuazione statutaria. Come gia' osservato
al punto 4.3., le disposizioni del decreto  che  derogano  al  regime
statutario delle compartecipazioni regionali al  gettito  di  tributi
erariali  non  trovano  applicazione  nei  confronti  della   Regione
ricorrente e, conseguentemente, sono inidonee ad apportare  modifiche
al suo ordinamento  finanziario.  Di  qui  la  non  fondatezza  delle
questioni. 
    5.3.2.- Quanto alla questione riguardante il comma 36, valgono le
stesse osservazioni svolte al punto 5.2. e, pertanto, la questione e'
inammissibile per l'indeterminatezza del suo oggetto. Anche in questo
caso, infatti, la ricorrente  omette  di  precisare  quali  siano  le
specifiche «maggiori entrate» previste dal decreto-legge n.  138  del
2011 che costituiscono «proventi» di tributi ad  essa  «devoluti»  ai
sensi delle norme statutarie  e  dell'ordinamento  finanziario  della
Regione. Il ricorso non consente,  pertanto,  l'individuazione  delle
norme che, ad avviso della Regione, hanno  apportato  unilaterali  ed
illegittime modifiche all'ordinamento finanziario. 
    6.-  Con  il  ricorso  n.  139  del  2011,  la  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia impugna l'art. 2 del decreto-legge n.  138  del
2011, limitatamente ai  commi  2,  2-bis,  2-ter,  2-quater,  6,  36,
36-bis, 36-quater, 36-quinquies e 36-decies. La ricorrente deduce che
l'integrale riserva allo Stato delle maggiori entrate derivanti dalle
disposizioni censurate si pone in contrasto con il principio di leale
collaborazione e con gli artt. 48, 49, 63, commi primo e  quinto,  65
dello statuto speciale (legge costituzionale  n.  1  del  1963),  con
l'art. 4, comma primo, delle norme di attuazione  statutaria  (d.P.R.
n. 114 del 1965) e con l'art. 6, comma 2, delle  ulteriori  norme  di
attuazione statutaria in materia di finanza regionale  (d.lgs.  n.  8
del 1997). 
    Le questioni non sono fondate perche' le norme impugnate  non  si
applicano alla Regione ricorrente  in  conseguenza  dell'operativita'
della  clausola  di  salvaguardia  di   cui   all'art.   19-bis   del
decreto-legge n. 138 del 2011. 
    Come sara' evidenziato  nei  punti  seguenti,  non  si  verifica,
infatti, la condizione prevista da  tale  clausola  -  il  «rispetto»
della normativa statutaria  -  per  l'applicazione  delle  norme  del
decreto-legge agli enti ad autonomia differenziata. 
    6.1.- In primo luogo, viene denunciato  (al  pari  della  Regione
siciliana e della Regione autonoma Sardegna, come sara' precisato  ai
punti 7.3.3. e 8.2.) il comma 2 dell'art. 2 del decreto-legge n.  138
del 2011, che prevede un temporaneo «contributo di solidarieta'» (dal
1° gennaio 2011 al  31  dicembre  2013,  ma  suscettibile  di  essere
prorogato  «anche  per  gli  anni  successivi  al   2013,   fino   al
raggiungimento del pareggio di bilancio», con decreto del  Presidente
della Repubblica, su proposta  del  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze) in misura pari al  3  per  cento  sulla  parte  del  reddito
complessivo (determinato ai sensi dell'art. 8 del d.P.R. 22  dicembre
1986, n. 917,  recante  «Testo  unico  delle  imposte  sui  redditi»)
eccedente l'importo di 300.000 euro lordi annui. 
    La disposizione e' impugnata in combinato disposto con  il  comma
36 del medesimo art. 2 - il quale, come  visto,  attribuisce  per  un
quinquennio  allo   Stato   le   maggiori   entrate   derivanti   dal
decreto-legge, separatamente contabilizzate nel bilancio dello  Stato
- per violazione del combinato disposto dell'art.  49,  primo  comma,
alinea e numero 1), dello statuto e dell'art.  4,  comma  primo,  del
d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114 (Norme  di  attuazione  dello  Statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in  materia  di  finanza
regionale). Gli evocati parametri stabiliscono, rispettivamente, che:
a) «Spettano alla Regione le seguenti quote fisse delle sottoindicate
entrate tributarie erariali riscosse  nel  territorio  della  Regione
stessa: [...] 1) sei decimi  del  gettito  dell'imposta  sul  reddito
delle persone fisiche» (art. 49, primo  comma,  alinea  e  numero  1,
dello statuto); b) «Il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote
o da altre modificazioni in ordine ai tributi devoluti alla  regione,
se destinato per legge, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, per
finalita' diverse da quelle di cui al  comma  2,  lettera  b)  [cioe'
diverse  dal  finanziamento  delle  funzioni  statali  delegate  alla
Regione], alla copertura di nuove specifiche spese di  carattere  non
continuativo, che non rientrano nelle  materie  di  competenza  della
regione, ivi  comprese  quelle  relative  a  calamita'  naturali,  e'
riservato  allo  Stato,  purche'  risulti  temporalmente  delimitato,
nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio  statale  e  quindi
quantificabile» (art. 4, comma primo, del d.P.R. n. 114 del 1965). 
    La normativa impugnata e' in contrasto con lo statuto  e  le  sue
norme di attuazione, il cui «rispetto» e' invece richiesto  dal  piu'
volte citato art. 19-bis del decreto-legge n. 138 del 2011,  al  fine
dell'applicabilita'  di  detta  normativa  agli  enti  ad   autonomia
differenziata. 
    Va rilevato, in proposito,  che  l'entrata  in  esame  ha  natura
indiscutibilmente tributaria,  come  incidentalmente  rilevato  dalla
sentenza di questa Corte n. 223 del 2012, ai punti 13.2.2. e  13.3.1.
del «Considerato in diritto», in quanto presenta la struttura di  una
sovrimposta  dell'IRPEF,  tanto  che   per   il   suo   accertamento,
riscossione e contenzioso  lo  stesso  comma  2  stabilisce  che  «si
applicano le disposizioni vigenti per le imposte sui redditi» (quinto
periodo del comma). Dalla natura di imposta sui redditi  discende  la
spettanza allo  Stato  non  dell'intero  gettito  del  contributo  di
solidarieta' riscosso nel territorio regionale, ma solo  dei  quattro
decimi del medesimo gettito,  come  previsto  dall'evocata  norma  di
attuazione statutaria. 
    Nella specie, poi, non risulta realizzata  alcuna  delle  ipotesi
statutarie di riserva integrale allo Stato  delle  entrate  erariali.
Con riferimento al citato primo comma dell'art. 4 del d.P.R.  n.  114
del  1965,  infatti,  ricorrono  solo  i  requisiti   relativi   alla
delimitazione temporale del gettito ed alla sua  quantificabilita'  e
distinta contabilizzazione nel bilancio statale (prevista dal secondo
periodo del comma 36), ma non ricorre anche il requisito  consistente
nella  «copertura  di  nuove  specifiche  spese  di   carattere   non
continuativo», richiesto anch'esso dall'evocato  parametro.  Infatti,
gli obiettivi ai  quali  e'  finalizzato  il  maggior  gettito  -  le
indicate «esigenze prioritarie di raggiungimento degli  obiettivi  di
finanza pubblica concordati in  sede  europea»  -  sono  privi  della
specificita' richiesta dall'indicata norma di  attuazione  statutaria
in materia di finanza regionale. Ne'  puo'  farsi  riferimento,  come
invece fa  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  agli  obiettivi  di
finanza pubblica inizialmente definiti nel Documento  di  economia  e
finanza  (DEF)  e  successivamente  concordati   in   sede   europea,
consistenti nell'impegno di raggiungere il pareggio di bilancio entro
il 2013. Anche detti obiettivi, in realta', sono generici, perche' il
raggiungimento del pareggio di bilancio e'  alla  base  di  qualsiasi
misura finanziaria adottata dallo Stato  e  perche'  comunque,  nella
visione unitaria del bilancio statale, tutto concorre al pareggio;  e
cio' a maggior ragione dopo la revisione dell'art. 81 Cost. che,  con
effetto dal 2014, ha elevato  a  dignita'  costituzionale  la  regola
dell'equilibrio fra le entrate e le spese del  bilancio  statale.  Va
inoltre considerato che, come questa  Corte  ha  gia'  osservato,  il
suddetto impegno di  ridurre  il  pareggio  di  bilancio  «ha  natura
meramente  politica  e  non  si  e'  tradotto  in  norme   giuridiche
vincolanti»  (sentenza  n.  142  del  2012).  L'assenza  di  un  tale
carattere di giuridica cogenza rende  ancora  piu'  evidente  che  la
destinazione del gettito derivante dal primo periodo del comma 36 non
e' specifica, come invece richiesto dall'evocata norma statutaria. 
    Anche  per  tale  ragione,  la  maggiore  entrata  derivante  dal
«contributo di solidarieta'» non puo' essere integralmente  riservata
allo Stato. 
    6.2.- In secondo luogo,  vengono  impugnate  dalla  ricorrente  i
commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'art. 2, in combinato disposto  con
il comma 36 del medesimo art. 2, il quale, come si e' visto,  riserva
integralmente  «all'Erario»  per   cinque   anni   e   con   separata
contabilizzazione   le   maggiori   entrate   derivanti   dall'intero
decreto-legge. In particolare, i commi  2-bis,  2-ter,  2-quater:  a)
prevedono l'aumento dal 20 al 21 per cento dell'aliquota  dell'IVA  e
specifiche  modalita'   di   calcolo   dell'imponibile   per   alcuni
contribuenti (comma 2-bis); b) disciplinano il  regime  temporale  di
applicazione di tali disposizioni attribuendo loro effetto dalla data
di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  decreto-legge
(comma 2-ter); c) precisano i casi ed i tempi in cui detta variazione
dell'aliquota dell'IVA non si applica nei confronti dello Stato e  di
altri enti pubblici (comma 2-quater). La ricorrente  assume  che  non
ricorrono le condizioni statutarie per tale  integrale  riserva  allo
Stato e, pertanto, denuncia il contrasto dei suddetti  commi  con  il
combinato disposto  dell'art.  49,  primo  comma,  numero  4),  dello
statuto (il quale riserva alla Regione  i  «9,1  decimi  del  gettito
dell'imposta sul valore  aggiunto,  esclusa  quella  all'importazione
[...]», riscossa nel territorio della Regione  stessa)  ed  il  sopra
citato art. 4, comma primo, del d.P.R. n. 114  del  1965  (il  quale,
come precisato al punto  precedente,  indica  le  condizioni  per  la
riserva allo Stato dell'intero gettito dell'imposta). 
    Anche in questo caso la normativa impugnata non  presenta  quella
conformita' allo statuto ed alle relative norme di attuazione che e',
invece, richiesta dall'art. 19-bis del decreto-legge n. 138 del  2011
per l'applicabilita'  di  detta  normativa  agli  enti  ad  autonomia
speciale. 
    L'aumento  di  gettito  derivante  dall'incremento  dell'aliquota
dell'IVA  -  che,  in  base  all'evocato  art.  49   dello   statuto,
spetterebbe per i 9,1 decimi alla Regione ricorrente -  e'  riservato
interamente «all'Erario» dal richiamato  comma  36  dell'art.  2  del
decreto-legge n. 138 del 2011. Come  osservato  al  precedente  punto
6.1.,  la  censurata  normativa  non  soddisfa,  tuttavia,  le  sopra
ricordate condizioni fissate dal primo comma dell'art. 4  del  d.P.R.
n. 114 del 1965 per una tale integrale riserva allo Stato, in  quanto
non ricorre il requisito della specificita'  della  destinazione  del
gettito. 
    6.3.- In terzo luogo, la Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia
impugna il comma 3 dell'art. 2, nella  parte  in  cui,  in  combinato
disposto con il piu' volte richiamato comma 36 dello stesso  articolo
(oltre che con il quarto periodo del medesimo comma 3),  riserva  per
un  quinquennio  allo  Stato  la  maggiore   entrata,   separatamente
contabilizzata,  derivante   dall'aumento   dell'aliquota   di   base
dell'accisa sui tabacchi lavorati (come  ricordato  supra,  al  punto
5.1.).  Anche  qui,  la  ricorrente  deduce  che  non  ricorrono   le
condizioni statutarie per l'integrale riserva del gettito allo  Stato
e, pertanto, denuncia la violazione del combinato disposto  dell'art.
49, primo comma, numero 7), dello statuto (il quale attribuisce  alla
Regione i «nove decimi del gettito della quota  fiscale  dell'imposta
erariale di consumo relativa ai prodotti dei  monopoli  dei  tabacchi
consumati nella regione») e del primo comma dell'art. 4 del d.P.R. n.
114 del 1965 (riguardante - come visto nei due punti precedenti -  le
condizioni per l'integrale riserva allo Stato del gettito). 
    Va osservato, al riguardo, che le accise, pur avendo la struttura
delle «imposte di produzione» esigibili al momento dell'immissione al
consumo,  vanno  annoverate,  secondo  la  terminologia   attualmente
utilizzata dal legislatore, tra le «imposte sul  consumo»  intese  in
senso lato (sentenze n. 185 del 2011 e n. 115 del 2010). L'accisa sui
tabacchi lavorati di cui e' questione, connotandosi  come  un'imposta
erariale  di  consumo,  rientra,  dunque,  nella  sfera   applicativa
dell'evocato  parametro  statutario.  Ne  deriva  che  alla   Regione
ricorrente dovrebbero essere assegnati  i  nove  decimi  del  gettito
relativo, laddove il comma 36 dell'art. 2  riserva  interamente  allo
Stato anche tale maggiore entrata tributaria.  Ne'  ricorre,  per  le
stesse considerazioni svolte nei due punti precedenti, la  condizione
della «copertura di nuove specifiche spese» richiesta per la  riserva
integrale allo Stato del gettito dall'evocato art.  4,  comma  primo,
del d.P.R. n. 114 del 1965. 
    Non sussiste, pertanto, il «rispetto»  dei  parametri  statutari,
richiesto dall'art. 19-bis del decreto-legge  n.  138  del  2011  per
rendere applicabile alla ricorrente la normativa impugnata. 
    6.4.-  In  quarto  luogo,  la  medesima  ricorrente  impugna   il
combinato disposto dei commi 6 e 36 dell'art. 2,  in  quanto  riserva
per un quinquennio allo Stato,  con  separata  contabilizzazione,  il
maggior gettito complessivo derivante dalla fissazione  nella  misura
unica del 20 per cento delle ritenute e delle imposte sostitutive sui
redditi di capitale di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 917 del  1986  e
sui redditi diversi di cui all'art. 67, comma 1, lettere da c-bis)  a
c-quinquies), dello stesso decreto. La riconduzione del prelievo alla
medesima percentuale del  20  per  cento,  eliminando  la  precedente
varieta' di aliquote sui predetti redditi, ha  comportato  in  alcuni
casi una riduzione della precedente aliquota (ad esempio, rispetto al
27 per cento sui conti correnti bancari o postali), in altri casi  un
aumento (ad esempio, rispetto al 12,5 per cento  sulle  obbligazioni,
azioni, exchange traded funds, operazioni pronti conto  termine).  La
ricorrente, diversamente dalla Regione siciliana (infra, punto 7.2.),
denuncia  tali  norme  non  nella  parte  in  cui  la  nuova   misura
dell'aliquota comporta una riduzione  di  quella  precedente,  ma  in
quanto, introducendo una misura unica dell'aliquota stessa,  comporta
complessivamente una  «maggiore  entrata»  tributaria,  integralmente
attribuita allo Stato.  La  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia
afferma che non ricorrono  le  condizioni  previste  dalle  norme  di
attuazione  statutaria  per  tale  integrale  riserva  all'Erario  e,
pertanto, deduce il contrasto: a) con gli articoli 49 dello statuto e
25, comma 6, della legge 28 dicembre 2001, n. 448  (Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  legge
finanziaria 2002), in base ai quali alla  Regione  spettano,  ove  le
somme siano riscosse nel suo territorio, i  sei  decimi  dell'imposta
sostitutiva su interessi, premi e altri frutti di talune obbligazioni
e titoli similari per i soggetti residenti  (art.  2  del  d.lgs.  1°
aprile 1996, n. 239, recante «Modificazioni al regime  fiscale  degli
interessi,  premi  ed  altri  frutti  delle  obbligazioni  e   titoli
similari, pubblici e privati»), nonche' i 4,965  decimi  dell'imposta
sostitutiva sui redditi da capitale da  fonte  estera  (art.  18  del
d.P.R. n. 917 del 1986); b) con l'art. 4, comma primo, del d.P.R.  n.
114 del  1965  (il  quale,  come  visto  nei  tre  punti  precedenti,
specifica le condizioni per attribuire il gettito integralmente  allo
Stato). 
    Va rilevato,  in  proposito,  che  le  maggiori  entrate  cui  fa
riferimento  la  disposizione  denunciata  hanno  sicuramente  natura
tributaria e, precisamente, di imposte sui redditi.  Da  tale  natura
dei prelievi discende la spettanza allo Stato  non  dell'intero  loro
maggior gettito complessivo, ma solo della quota di esso che  residua
rispetto a quella  attribuita  alla  Regione  autonoma  dai  suddetti
parametri statutari. Ne' - come osservato nei tre punti precedenti  -
ricorre  il  requisito  di  specificita'  richiesto  per  la  riserva
integrale allo Stato del gettito dall'evocato art.  4,  comma  primo,
del d.P.R. n. 114 del 1965. 
    Anche in  questo  caso,  dunque,  l'applicabilita'  alla  Regione
autonoma ricorrente della denunciata normativa e' impedita dal citato
art. 19-bis del decreto-legge n. 138 del 2011, il quale richiede  per
tale applicabilita' il «rispetto» dello statuto speciale e delle  sue
norme di attuazione. 
    6.5.- In quinto  luogo,  la  Regione  autonoma  impugna  i  commi
36-bis,  36-quater,  36-quinquies  e  36-decies   dell'art.   2   del
decreto-legge n. 138 del 2011. I commi 36-bis e 36-quater dispongono,
rispettivamente, l'incremento, ai  fini  dell'IRES,  della  quota  di
utili netti annuali delle societa' cooperative destinati alla riserva
obbligatoria che sono  sottratti  al  regime  di  esenzione,  nonche'
l'esclusione dal regime di esenzione anzidetto del 10  per  cento  di
tali  riserve.  I  commi  36-quinquies  e  36-decies   prevedono   la
maggiorazione dell'aliquota IRES, pari a 10,5  punti  percentuali,  a
carico sia delle societa' (cosiddette "di comodo")  di  cui  all'art.
30, comma 1,  della  legge  23  dicembre  1994,  n.  724  (Misure  di
razionalizzazione della finanza  pubblica)  sia  delle  societa'  che
presentano per tre periodi di imposta  consecutivi  dichiarazioni  in
perdita fiscale. La ricorrente sostiene che la  riserva  quinquennale
all'Erario  dell'intero  ammontare  di  tali  maggiori   entrate   e'
illegittima, perche' non  sussistono  le  condizioni  indicate  dalle
norme  di  attuazione  statutaria  per  una  tale  riserva.  Lamenta,
pertanto, la violazione del combinato disposto  dell'art.  49,  primo
comma, numero 2), dello  statuto  (che  attribuisce  alla  Regione  i
«quattro decimi e mezzo del gettito dell'imposta  sul  reddito  delle
persone giuridiche» riscossa sul suo territorio)  e  del  piu'  volte
citato primo comma dell'art. 4 del d.P.R. n. 114 del  1965  (relativo
alle condizioni per riservare il gettito interamente allo Stato: vedi
i quattro punti precedenti). 
    Le norme  denunciate  costituiscono  maggiori  entrate  derivanti
dall'IRES, cioe' dall'imposta che  ha  sostituito  l'abrogata  IRPEG,
menzionata dallo statuto. L'assimilabilita', a tali fini, tra  l'IRES
e l'IRPEG (naturalmente, solo per quanto attiene ai soggetti  passivi
aventi personalita' giuridica)  rende  applicabile  alla  fattispecie
l'art. 49, primo comma, numero 2), dello  statuto,  che,  attribuendo
alla Regione i quattro decimi e mezzo del gettito  dell'«imposta  sul
reddito  delle  persone   giuridiche»,   non   consente   l'integrale
attribuzione allo Stato di tale gettito.  Ne'  tale  attribuzione  e'
consentita dalla normativa di attuazione  statutaria,  perche',  come
osservato nei quattro punti precedenti,  non  ricorre  la  condizione
della specificita' della destinazione del gettito,  richiesta  a  tal
fine da detta normativa. 
    La normativa  impugnata  contrasta,  pertanto,  con  gli  evocati
parametri  statutari  e,  dunque,  ai  sensi  dell'art.  19-bis   del
decreto-legge n. 138 del 2011, non e' applicabile alla ricorrente. 
    6.6.-  In  sesto  luogo,  la  ricorrente  prospetta  una  censura
generale - analoga a quella proposta  dalla  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta, gia' esaminata al punto 5.3. - che investe tutte le norme da
essa impugnate.  Essa  assume  che  tali  norme  avrebbero  apportato
modifiche alla normativa statutaria o  di  attuazione  statutaria  in
materia di ordinamento finanziario della Regione senza  aver  seguito
le peculiari procedure consensuali necessarie a tale fine,  previste,
in particolare, dagli artt. 63, commi primo  e  quinto,  e  65  dello
statuto d'autonomia. 
    La  gia'  rilevata  inapplicabilita'  di  tutte  le  disposizioni
impugnate dalla Regione autonoma per l'operare della clausola di  cui
all'art. 19-bis del decreto-legge n. 138 del 2011 fa venire  meno  il
presupposto su cui si fonda il vizio denunciato e ne comporta la  non
fondatezza. 
    7.- Con il ricorso n. 140 del 2011, la Regione siciliana  impugna
i commi 1, 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 3, secondo  e  quarto  periodo,
5-bis, 5-ter, 6,  35-octies,  36,  terzo  periodo,  dell'art.  2  del
decreto-legge n. 138 del 2011, per violazione degli artt. 36 e 37 del
r.d.lgs. n. 455 del 1946, convertito in legge costituzionale n. 2 del
1948, in relazione all'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965. 
    7.1.-  La  difesa  dello  Stato  ha  eccepito  in  via   generale
l'inammissibilita' di tali censure, deducendone la genericita'. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Il  ricorso  -  ancorche'   conciso   -   rende,   infatti,   ben
identificabili i termini delle questioni  proposte,  individuando  le
disposizioni impugnate, i parametri evocati e le ragioni dei dubbi di
legittimita' costituzionale. 
    7.2.- La Regione siciliana impugna, in  primo  luogo,  l'art.  2,
comma 6, nella parte in cui prevede una "minore entrata" per  effetto
della fissazione della misura unica del 20 per cento delle ritenute e
delle imposte sostitutive sui redditi di capitale di cui all'art.  44
del d.P.R. n. 917 del 1986 e sui redditi diversi di cui all'art.  67,
comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies) dello stesso decreto.  Come
rilevato al punto 6.4., la riconduzione del  prelievo  alla  medesima
percentuale del 20 per cento, eliminando la  precedente  varieta'  di
aliquote sui predetti redditi,  ha  comportato  in  alcuni  casi  una
riduzione ed in altri casi  un  aumento  dell'aliquota  preesistente.
Diversamente  dalla  Regione  autonoma  Friuli-Venezia   Giulia,   la
ricorrente censura la norma in relazione non al risultato complessivo
(«maggiore entrata») derivante dall'applicazione della nuova aliquota
fissa a tutti i redditi suddetti, ma  ai  soli  casi  di  diminuzione
della precedente aliquota e per i quali -  ad  avviso  della  Regione
siciliana - sarebbe stato necessario introdurre  misure  compensative
idonee a conservare l'entita' del  gettito  in  precedenza  spettante
alla Regione. Sono evocati a parametri  l'art.  36  dello  statuto  e
l'art.  2  delle  correlative  norme   di   attuazione   in   materia
finanziaria. 
    La questione non e' fondata. 
    Occorre  innanzitutto  osservare  che  gli  effetti  della  norma
denunciata devono essere considerati nel loro complesso e,  pertanto,
e' ben possibile che essi determinino un incremento netto di  gettito
e,  quindi,  una  «maggiore  entrata»,   nella   specie   di   natura
indubbiamente tributaria. Si e' gia' sottolineato, del resto, che  la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha impugnato la medesima norma
(vedi supra, al punto 6.4.) proprio sul  plausibile  presupposto  che
essa determini complessivamente una «maggiore entrata». Tanto basta a
inficiare la correttezza del diverso  presupposto  da  cui  muove  la
ricorrente, la quale, nella sua censura,  ha  omesso  di  considerare
l'effetto globale dell'unitaria manovra  fiscale  introdotta  con  la
disposizione  impugnata,  limitando   artificiosamente   la   propria
doglianza a un solo segmento di essa. Di qui la non fondatezza  della
censura per l'erronea ricostruzione del quadro normativo. 
    In ogni caso, anche ad ammettere l'ipotesi che l'impugnato  comma
6 comporti, nell'insieme, una riduzione di gettito, detto  comma  non
violerebbe, comunque, i parametri evocati, perche' da questi  non  e'
desumibile alcun principio di invarianza di gettito per la Regione in
caso di modifica di tributi erariali. In particolare, il primo  comma
dell'art. 36 dello statuto si limita a stabilire che  «Al  fabbisogno
finanziario della regione si  provvede  con  i  redditi  patrimoniali
della Regione a mezzo di tributi, deliberati dalla medesima».  L'art.
2 delle norme di attuazione  in  materia  finanziaria,  poi,  prevede
soltanto che  spettano  alla  Regione  tutte  le  entrate  tributarie
erariali riscosse nell'ambito del suo territorio,  ad  eccezione  sia
«delle nuove entrate tributarie il  cui  gettito  sia  destinato  con
apposite  leggi  alla  copertura  di  oneri  diretti   a   soddisfare
particolari  finalita'  contingenti  o   continuative   dello   Stato
specificate nelle leggi medesime», sia di alcune specifiche  entrate,
nominativamente  indicate  e  parimenti  riservate  allo  Stato.   Al
riguardo va qui ribadito -  in  conformita'  alla  giurisprudenza  di
questa  Corte  -  che  «le  norme  statutarie  e  di  attuazione  non
stabiliscono,  a  favore   della   Regione,   una   rigida   garanzia
"quantitativa", cioe' la garanzia  della  disponibilita'  di  entrate
tributarie non inferiori a quelle ottenute in passato: onde nel  caso
di abolizione di tributi erariali il cui gettito  era  devoluto  alla
Regione, o di complesse operazioni di riforma e  di  sostituzione  di
tributi [...] possono aversi, senza violazione costituzionale,  anche
riduzioni di risorse per la Regione,  purche'  non  tali  da  rendere
impossibile lo svolgimento delle sue funzioni» (sentenza n.  138  del
1999).  Poiche'  la  Regione,  nella  specie,  non  ha   fornito   la
dimostrazione che la dedotta riduzione di gettito  rende  impossibile
lo svolgimento delle funzioni regionali, deve ritenersi che la  norma
impugnata non comporta una violazione dello statuto e delle norme  di
attuazione e quindi soddisfa  la  piu'  volte  richiamata  condizione
prevista dall'art. 19-bis ai fini della diretta applicabilita'  della
disposizione denunciata alla ricorrente. 
    7.3.- La Regione siciliana impugna, in secondo luogo,  le  misure
riguardanti le «maggiori entrate» previste dai  commi  1,  2,  2-bis,
2-ter,  2-quater,  3,  secondo  e  quarto  periodo,   5-bis,   5-ter,
35-octies, 36, terzo periodo, dell'art. 2 del  decreto-legge  n.  138
del 2011, deducendo di avere  diritto  all'attribuzione  del  gettito
corrispondente, con conseguente illegittimita' della sua  devoluzione
all'Erario. 
    Piu' in dettaglio, con riguardo a tali disposizioni: a) il  comma
1  -  attraverso  il  richiamo  sia  dell'art.  9,   comma   2,   del
decreto-legge  31   maggio   2010,   n.   78   (Misure   urgenti   di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio  2010,  n.  122,
sia dell'art. 18, comma 22-bis, del decreto-legge 6 luglio  2011,  n.
98  (Disposizioni  urgenti  per  la   stabilizzazione   finanziaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111  -
prevede: a.1.) la riduzione del 5 per cento del trattamento economico
complessivo dei dipendenti pubblici superiore  a  90.000  euro  e  la
riduzione del 10 per cento per la parte di tale trattamento eccedente
i 150.000 euro (art. 9, comma 2, del decreto-legge n. 78  del  2010);
a.2.) il contributo di perequazione per trattamenti  pensionistici  i
cui importi complessivamente superino 90.000 euro lordi  annui,  pari
al 5 per cento della parte  eccedente  il  predetto  importo  fino  a
150.000 euro, al 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro  ed
al 15 per cento per la parte eccedente 200.000 euro (art.  18,  comma
22-bis, del decreto-legge n. 98 del 2011); b) il comma 2 introduce un
temporaneo (ma suscettibile di proroga) «contributo di  solidarieta'»
- sopra descritto al punto 6.1. - pari al 3 per cento sulla parte del
reddito complessivo eccedente l'importo di 300.000 euro lordi  annui;
c) i commi 2-bis, 2-ter, 2-quater disciplinano l'aumento  al  21  per
cento dell'aliquota dell'IVA e stabiliscono specifiche  modalita'  di
calcolo dell'imponibile per alcuni contribuenti (come  illustrato  al
punto 6.2.); d) il secondo periodo  del  comma  3  dispone  l'aumento
dell'aliquota  di  base  dell'accisa  sui  tabacchi  lavorati   (come
ricordato ai punti 5.1.  e  6.3.);  e)  il  comma  5-bis  prevede  il
recupero al bilancio dello Stato di somme dichiarate  e  non  versate
dai contribuenti che si sono avvalsi dei condoni  e  delle  sanatorie
previsti dalla legge finanziaria del 2003; f) il comma 5-ter prevede,
in caso di omesso tempestivo pagamento delle somme richieste ai sensi
dell'indicato comma  5-bis,  l'applicazione  di  una  sanzione  e  la
sottoposizione a controllo della posizione del contribuente  relativa
agli anni successivi a quelli condonati e per i quali sia  ancora  in
corso il termine per l'accertamento;  prevede  altresi'  una  proroga
annuale dei termini di accertamento dell'IVA ancora  pendenti  al  31
dicembre 2011; g) il comma 35-octies istituisce  l'imposta  di  bollo
sui  trasferimenti  di  denaro  all'estero  attraverso  gli  istituti
bancari, le agenzie «money transfer» ed  altri  agenti  in  attivita'
finanziaria,  determinandola  in  misura  pari   al   2   per   cento
dell'importo trasferito con ogni singola operazione, con un minimo di
prelievo pari a 3 euro; h) il terzo  periodo  del  comma  36  prevede
«maggiori   entrate»   derivanti   «dall'attivita'    di    contrasto
all'evasione». 
    Tutte queste «maggiori entrate» (come ricordato, in  particolare,
ai punti 5.2. e 6.1.) sono acquisite, con separata contabilizzazione,
al bilancio dello Stato per un periodo di cinque anni, ai  sensi  del
primo periodo del comma 36 dell'art. 2, per  essere  «destinate  alle
esigenze prioritarie di raggiungimento  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica  concordati  in  sede  europea,  anche   alla   luce   della
eccezionalita'  della  situazione   economica   internazionale».   In
particolare, per le maggiori entrate derivanti dall'applicazione  del
comma 3 (ivi comprese, percio', quelle conseguenti alla maggiorazione
dell'accisa sui tabacchi lavorati, oggetto del ricorso della  Regione
siciliana), il quarto periodo  del  medesimo  comma  3  ne  ribadisce
l'integrale attribuzione allo Stato. Anche i commi 5-bis  e  5-ter  -
attraverso l'indicazione della finalita' «di  recuperare  all'entrata
del bilancio dello Stato» sia le somme dichiarate e non  versate  dai
contribuenti che si sono avvalsi delle agevolazioni di cui alla legge
n. 289 del 2002, sia gli ammontari delle nuove sanzioni previste  per
l'omesso  versamento  delle  somme  dovute  ed  iscritte  a  ruolo  -
confermano il disposto del primo periodo del comma 36, riservando  al
bilancio statale le maggiori entrate da essi previste.  Analogamente,
il terzo ed il quarto periodo del comma  36  riservano  espressamente
allo Stato le maggiori entrate derivanti «dall'attivita' di contrasto
all'evasione», precisando che esse sono destinate  al  Fondo  per  la
riduzione strutturale della pressione fiscale  «al  netto  di  quelle
necessarie al mantenimento del pareggio di bilancio ed alla riduzione
del debito». 
    Va osservato che, benche' il comma 35-octies sia stato  abrogato,
dopo  la  proposizione  del  ricorso,  dall'art.  3,  comma  15,  del
decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di
semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento  delle
procedure di  accertamento),  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 26 aprile 2012, n. 44, non puo' ritenersi che tale  abrogazione
abbia comportato la cessazione della materia del contendere  relativa
alla questione avente ad oggetto detto comma 35-octies. Infatti,  non
risulta provato in giudizio che la norma abrogata non abbia mai avuto
applicazione. 
    La ricorrente deduce che la riserva  allo  Stato  delle  suddette
maggiori entrate riscosse nel  territorio  siciliano  viola  i  sopra
ricordati artt. 36 dello statuto speciale e 2 del d.P.R. n. 1074  del
1965, perche' mancherebbero le  condizioni  statutariamente  previste
per l'operativita' della riserva. 
    L'evocato art. 36,  primo  comma,  dello  statuto,  in  combinato
disposto con l'art. 2, primo comma,  del  d.P.R.  n.  1074  del  1965
indica le seguenti tre  condizioni  per  l'eccezionale  riserva  allo
Stato del gettito delle entrate erariali:  a)  la  natura  tributaria
dell'entrata; b) la novita' di tale entrata; c) la  destinazione  del
gettito «con  apposite  leggi  alla  copertura  di  oneri  diretti  a
soddisfare particolari finalita'  contingenti  o  continuative  dello
Stato specificate nelle leggi medesime». 
    Occorre pero' precisare che  vi  sono  anche  altre  disposizioni
dello statuto e delle sue norme  di  attuazione  che  riservano  allo
Stato   altre   entrate   erariali   (tutte   testualmente   definite
«tributarie») nominativamente indicate. In particolare, per quel  che
qui interessa, il secondo comma dell'art. 36 dello statuto stabilisce
che «Sono [...] riservate allo Stato le imposte di  produzione  e  le
entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto». In attuazione di tale
disposizione, il secondo ed il terzo comma dell'art. 2 del d.P.R.  n.
1074  del  1965  prevedono  che  «competono  allo  Stato  le  entrate
derivanti: a) dalle imposte  di  produzione;  b)  dal  monopolio  dei
tabacchi; c) dal  lotto  e  dalle  lotterie  a  carattere  nazionale»
(secondo comma) e che «Le entrate previste nelle  lettere  precedenti
sono indicate nelle annesse tabelle A), B)  e  C),  che  fanno  parte
integrante del presente  decreto»  (terzo  comma).  Tra  le  «Entrate
tributarie riservate allo Stato in base  all'art.  36  secondo  comma
dello Statuto della Regione siciliana»,  la  tabella  A)  indica,  al
numero 16), «Entrate eventuali  diverse  concernenti  le  imposte  di
fabbricazione e i residui attivi» e, al numero  17),  «Indennita'  di
mora per ritardato versamento imposte di produzione»; la  tabella  B)
indica «Proventi del monopolio dei tabacchi»; la  tabella  C)  indica
«Proventi del lotto». 
    Ai fini dello scrutinio  delle  promosse  questioni,  e'  percio'
necessario esaminare ciascuna norma  impugnata  per  valutare  se  la
riserva allo Stato  della  maggiore  entrata  da  essa  prevista  sia
conforme  alla  normativa  statutaria  ed  alle  relative  norme   di
attuazione. 
    7.3.1.- In proposito, occorre constatare,  innanzitutto,  che  il
censurato comma 3 dell'art. 2 riguarda una delle  entrate  tributarie
nominativamente riservate allo Stato dallo statuto  d'autonomia.  Gli
impugnati secondo, terzo e quarto periodo del  comma  3  dell'art.  2
stabiliscono  -  come  visto  nel  punto   precedente   -   l'aumento
dell'aliquota di base dell'accisa sui tabacchi  lavorati,  prevedendo
che:  «Il  Direttore  generale  dell'Amministrazione   autonoma   dei
monopoli di Stato puo' proporre al  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze di disporre con propri decreti,  entro  il  30  giugno  2012,
tenuto anche conto dei provvedimenti di variazione delle tariffe  dei
prezzi di vendita al pubblico  dei  tabacchi  lavorati  eventualmente
intervenuti, l'aumento dell'aliquota di base dell'accisa sui tabacchi
lavorati prevista dall'allegato I al decreto legislativo  26  ottobre
1995,  n.  504  e  successive   modificazioni.   L'attuazione   delle
disposizioni del presente comma assicura maggiori entrate  in  misura
non inferiore a 1.500 milioni di euro  annui  a  decorrere  dall'anno
2012.  Le  maggiori  entrate  derivanti  dal  presente   comma   sono
integralmente attribuite allo Stato». 
    La questione sollevata dalla Regione  siciliana  in  ordine  alla
spettanza ad essa del gettito derivante dall'aumento dell'aliquota di
base di detta accisa non  e'  fondata.  La  riserva  allo  Stato  del
prelievo in esame, infatti, e'  conforme  ai  parametri  evocati,  in
quanto espressamente prevista da due distinte disposizioni statutarie
e di attuazione statutaria. 
    Tali disposizioni sono: in primo luogo,  gli  artt.  36,  secondo
comma, dello statuto siciliano e 2, secondo comma,  lettera  a),  del
d.P.R. n. 1074 del 1965; in  secondo  luogo  gli  artt.  36,  secondo
comma, del medesimo statuto e  2,  secondo  comma,  lettera  b),  del
d.P.R. n. 1074 del 1965,  nonche'  la  Tabella  B)  allegata  a  tale
decreto  del  Presidente  della  Repubblica.  Il  primo   gruppo   di
disposizioni attribuisce allo Stato, con norma speciale,  le  entrate
derivanti  dalle  «imposte  di  produzione»,  tra  le   quali   vanno
annoverate,  secondo  la  terminologia   all'epoca   utilizzata   dal
legislatore statutario, anche le accise (comprensive  di  quelle  sui
tabacchi  lavorati),  che  attualmente  sono  invece  denominate  dal
legislatore «imposte sul consumo», in senso lato (sentenza n. 115 del
2010). Il secondo gruppo di disposizioni, unitamente alla Tabella B),
riserva espressamente allo  Stato,  sempre  con  norma  speciale,  le
entrate derivanti dal monopolio dei tabacchi e, in particolare, tutti
i proventi di tale monopolio, tra  cui  1'«imposta  sul  consumo  dei
tabacchi», da intendersi in senso lato, ivi compresa,  quindi,  anche
l'accisa sui tabacchi  lavorati.  In  ogni  caso,  dunque,  l'entrata
tributaria in esame e' nominativamente destinata all'Erario. 
    Ne consegue che la normativa denunciata,  essendo  conforme  agli
statuti, si applica legittimamente,  ai  sensi  all'art.  19-bis  del
decreto-legge n. 138 del 2011, alla Regione ricorrente. Di qui la non
fondatezza della questione promossa, per difetto di contrasto  con  i
parametri statutari e di attuazione statutaria. 
    7.3.2.-  Venendo  ora  alle  questioni  riguardanti  le   entrate
erariali previste dai commi 5-bis  e  5-ter,  va  rilevato  che  tali
entrate sono accessorie ad altre entrate, in quanto  attengono  (come
sopra ricordato al punto  7.3.):  a)  alle  somme  dichiarate  e  non
versate dai contribuenti che si sono  avvalsi  dei  condoni  e  delle
sanatorie previsti dalla legge finanziaria del 2003 (comma 5-bis); b)
alle sanzioni per l'omesso tempestivo pagamento delle somme  suddette
(comma 5-ter); c) alle somme incassate per  effetto  degli  ulteriori
controlli effettuati a carico  dei  predetti  contribuenti  (medesimo
comma 5-ter). La tipologia di tali  maggiori  entrate  tributarie  e'
percio' diversa a seconda dell'entrata cui accedono, cioe', a seconda
dell'oggetto dei singoli condoni, sanatorie o controlli. 
    7.3.2.1.- Ne segue che, nel caso in cui il condono, la  sanatoria
o il controllo abbiano ad oggetto entrate  tributarie  interamente  e
nominativamente  riservate  all'Erario   in   base   alla   normativa
statutaria (ad  esempio,  le  accise),  le  questioni  devono  essere
dichiarate  non  fondate,  non  sussistendo  alcun  contrasto  con  i
parametri statutari ed essendo quindi le norme impugnate direttamente
applicabili alle  Regioni  a  statuto  speciale  ai  sensi  dell'art.
19-bis.  In  particolare,  occorre  sottolineare  che   costituiscono
entrata tributaria - nonostante  i  dubbi  prospettati  dalla  difesa
dello Stato - anche le sanzioni previste dal comma 5-ter: si  tratta,
infatti, di entrata che spetta alla Regione, ove  acceda  ad  entrate
tributarie spettanti alla Regione medesima, come stabilito  dall'art.
3 delle citate norme di attuazione statutaria in materia finanziaria,
secondo cui «Le entrate  spettanti  alla  Regione  comprendono  anche
quelle  accessorie  [...]  derivanti  dall'applicazione  di  sanzioni
pecuniarie amministrative [...]». 
    7.3.2.2. - Nel caso in cui, invece, il condono, la sanatoria o il
controllo abbiano ad oggetto entrate  non  nominativamente  riservate
allo  Stato  dalla  normativa  di  rango  statutario,  e'  necessario
valutare,  preliminarmente,  se  la  riserva  del  relativo   gettito
all'Erario rispetti le tre condizioni ricordate supra, al punto  7.3.
che, in base  allo  statuto,  debbono  congiuntamente  ricorrere  per
l'eccezionale e integrale riserva statale di tale gettito. 
    Va rilevato che per dette entrate ricorre indubbiamente la  prima
delle suddette tre condizioni, rappresentata dal carattere tributario
dell'entrata erariale. Non ricorrono invece le altre due condizioni. 
    Quanto   alla   seconda   condizione,   relativa   alla   novita'
dell'entrata tributaria, va ricordato che, secondo la  giurisprudenza
di questa Corte: a) per  la  sua  sussistenza  «deve  verificarsi  un
"incremento di gettito" (sentenza n. 198 del 1999), cioe' una entrata
aggiuntiva, rilevando la novita' del provento,  non  la  novita'  del
tributo» (sentenza n. 135 del 2012; le sentenze n. 47 del 1968  e  n.
49 del 1972,  che  hanno  ritenuto  "nuova"  l'entrata  derivante  da
un'addizionale); b) puo'  considerarsi  "nuova"  «anche  la  maggiore
entrata»  complessiva  «derivante  da  disposizioni  legislative  che
introducono  nuovi  tributi  o  aumentano  le  aliquote  di   tributi
preesistenti e contestualmente dispongono la soppressione di  tributi
esistenti o la riduzione delle loro aliquote» (sentenza  n.  143  del
2012; sentenza  n.  348  del  2000);  c)  costituisce  nuova  entrata
tributaria «una entrata aggiuntiva che non  venga  anticipatamente  a
sostituire quelle gia' in precedenza previste siccome spettanti  alla
Regione» (sentenza n. 342 del 2010). Alla stregua  di  tali  criteri,
deve escludersi che l'entrata di cui  al  comma  5-bis  (recupero  di
somme dichiarate e non versate dai contribuenti che si  sono  avvalsi
del condono) costituisca una «nuova entrata», riguardando essa  somme
gia' dovute in base alla precedente normativa fiscale.  Detto  comma,
infatti,  non  incide  sulla  legislazione  fiscale  previgente,  non
introduce  alcun  nuovo  tributo  ne'  determina   modificazione   di
aliquote. Pertanto, non si verifica alcuna  "novita'  del  provento".
Analoghe osservazioni valgono con riguardo  alle  «maggiori  entrate»
derivanti dagli ulteriori controlli sui  contribuenti,  previste  dal
citato comma 5-ter. Infatti, l'attivita'  di  ulteriore  accertamento
fiscale non  comporta  alcuna  modifica  della  legislazione  fiscale
vigente, ne' determina un "nuovo provento".  La  riserva  allo  Stato
delle entrate di cui ai commi 5-bis e 5-ter (per  la  parte  relativa
agli ulteriori controlli fiscali) non e', pertanto, consentita  dallo
statuto. 
    Quanto alla terza condizione, relativa alla  «specificita'  della
destinazione del gettito della nuova entrata», va ricordato che  essa
«e' soddisfatta quando la legge statale stabilisce che il gettito sia
utilizzato  per  la  copertura  di   oneri   diretti   a   perseguire
"particolari  finalita'  contingenti  o  continuative   dello   Stato
specificate"» nella legge stessa  (sentenza  n.  135  del  2012).  Ne
deriva che la destinazione del gettito di tali entrate «alle esigenze
prioritarie di raggiungimento degli  obiettivi  di  finanza  pubblica
concordati in sede europea,  anche  alla  luce  della  eccezionalita'
della situazione economica internazionale» (comma 36, primo  periodo)
non puo' considerarsi specifica, per le medesime ragioni gia' esposte
al punto 6.1., a proposito del ricorso del Friuli-Venezia Giulia. 
    In definitiva, la mancanza delle tre condizioni di  riserva  allo
Stato delle entrate in esame, ove  queste  accedano  ad  entrate  non
nominativamente  riservate  allo  Stato  dalla  normativa  di   rango
statutario, rende la devoluzione all'Erario del gettito non  conforme
allo  statuto  ed  alle  relative  norme  di  attuazione.   Da   cio'
deriverebbe,  ove  operasse  anche  in  tale  caso  la  clausola   di
salvaguardia  di  cui  all'art.   19-bis,   l'inapplicabilita'   alla
ricorrente delle norme censurate.  Invece,  con  riferimento  a  tali
entrate, la suddetta clausola di salvaguardia non opera,  perche'  il
tenore letterale dei commi impugnati eccezionalmente dispone che essi
siano immediatamente applicabili alla Regione siciliana. 
    In  particolare,  il  suddetto  comma   5-bis   stabilisce   che:
«L'Agenzia delle entrate e le societa'  del  gruppo  Equitalia  e  di
Riscossione Sicilia, al fine di recuperare all'entrata  del  bilancio
dello Stato le somme dichiarate e non versate dai contribuenti che si
sono avvalsi dei condoni e delle  sanatorie  di  cui  alla  legge  27
dicembre 2002, n. 289, anche dopo l'iscrizione a ruolo e la  notifica
delle relative cartelle di pagamento, provvedono all'avvio,  entro  e
non oltre trenta giorni dalla data di entrata in vigore  della  legge
di conversione del presente decreto,  di  una  ricognizione  di  tali
contribuenti. Nei successivi trenta giorni, le  societa'  del  gruppo
Equitalia e quelle di Riscossione Sicilia  provvedono,  altresi',  ad
avviare nei confronti di ciascuno dei contribuenti di cui al  periodo
precedente ogni azione coattiva  necessaria  al  fine  dell'integrale
recupero delle somme  dovute  e  non  corrisposte,  maggiorate  degli
interessi maturati, anche mediante l'invio di un'intimazione a pagare
quanto   concordato   e   non   versato   alla   prevista   scadenza,
inderogabilmente entro il  termine  ultimo  del  31  dicembre  2011».
L'art. 5-ter prevede, a sua volta, che: «In caso di omesso  pagamento
delle somme dovute e iscritte a ruolo entro  il  termine  di  cui  al
comma 5-bis, si applica una sanzione  pari  al  50  per  cento  delle
predette somme e la posizione del contribuente  relativa  a  tutti  i
periodi di imposta successivi a quelli  condonati,  per  i  quali  e'
ancora in corso  il  termine  per  l'accertamento,  e'  sottoposta  a
controllo da parte dell'Agenzia delle  entrate  e  della  Guardia  di
finanza entro il 31 dicembre 2013, anche con riguardo alle  attivita'
svolte dal contribuente medesimo con identificativo  fiscale  diverso
da quello indicato nelle dichiarazioni relative  al  condono.  Per  i
soggetti che hanno aderito al condono di cui alla legge  27  dicembre
2002, n. 289, i termini per l'accertamento ai fini  dell'imposta  sul
valore aggiunto pendenti al 31 dicembre 2011  sono  prorogati  di  un
anno».  Tali  commi,  pertanto,  fanno  espresso   riferimento   alle
attivita'  di  ricognizione  e   di   accertamento   fiscale   svolte
dall'agente della riscossione competente per la  Sicilia  (denominato
«Riscossione Sicilia»), esercitate  con  la  specifica  finalita'  di
«recuperare  all'entrata  del  bilancio  dello  Stato»   il   gettito
correlato a tale attivita'.  Detta  finalita'  implica,  percio',  la
volonta' di acquisire al bilancio dello Stato l'intero ammontare  sia
delle somme dichiarate e non versate dai  contribuenti  che  si  sono
avvalsi dei condoni e delle sanatorie di cui alla legge  27  dicembre
2002, n. 289, sia delle nuove sanzioni previste  per  il  ritardo  di
tali pagamenti,  sia  di  quanto  accertato  per  effetto  dei  nuovi
controlli e della proroga del termine  di  accertamento  dell'IVA.  E
cio' anche se tali somme, in quanto  riscosse  nel  territorio  della
Regione siciliana, sarebbero spettate alla Regione per il piu'  volte
richiamato combinato disposto dell'art. 36 dello statuto siciliano  e
dell'art. 2 delle norme di attuazione in materia finanziaria. 
    I commi impugnati, dunque, nella parte in cui riguardano tutti  i
tributi  riscossi  nel  territorio  siciliano   non   nominativamente
attribuiti all'Erario dallo statuto, violano direttamente i parametri
evocati con conseguente loro illegittimita' costituzionale. 
    7.3.3.- La Regione  siciliana,  come  sopra  ricordato,  denuncia
l'illegittimita' della riserva allo Stato anche delle entrate di  cui
ai commi 1, 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater e  35-octies  dell'art.  2  del
decreto-legge  n.  138  del  2011,  nessuna   delle   quali   risulta
nominativamente riservata allo Stato dalla normativa statutaria e  di
attuazione statutaria. 
    In proposito valgono considerazioni in parte analoghe a quelle di
cui al precedente punto 7.3.2.2. E'  necessario  valutare,  pertanto,
anche con  riguardo  a  tali  norme,  se  la  riserva  delle  entrate
all'Erario rispetti tutte le  indicate  tre  condizioni  poste  dallo
statuto per la devoluzione allo Stato del gettito. 
    7.3.3.1.- Occorre prendere atto in limine che,  con  sentenza  n.
223  del  2012,   questa   Corte   ha   dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 2,  del  decreto-legge  n.  78  del
2010, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  122  del  2010,
nella parte in cui prevede la «riduzione» dei  trattamenti  economici
complessivi dei dipendenti  pubblici.  Poiche'  la  norma  dichiarata
illegittima    costituisce    l'indefettibile     presupposto     per
l'applicazione della denunciata prima parte del comma 1  dell'art.  2
del decreto-legge n. 138 del 2011 (che non e' autonoma, in quanto  si
limita  ad  affermare  la  vigenza  dell'art.   9,   comma   2,   del
decreto-legge n. 78 del 2010), la questione  deve  essere  dichiarata
inammissibile per il sopraggiunto venir meno di detto presupposto,  e
cioe'  dell'entrata,  rivendicata  dalla  ricorrente,  corrispondente
all'indicata «riduzione». 
    7.3.3.2.- Ad analoga  conclusione  di  inammissibilita'  si  deve
giungere con riguardo alla questione relativa  all'ulteriore  entrata
espressamente richiamata  dall'impugnato  comma  1  dell'art.  2  del
decreto-legge n. 138 del 2011; cioe' il contributo di perequazione di
cui all'art. 18, comma 22-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  n.  111   del   2011.
L'inammissibilita', in questo caso, deve essere pronunciata  non  per
effetto   di   una   precedente   dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale della norma che prevede  il  prelievo  (dichiarazione,
nella specie, non intervenuta), ma in forza di  un  diverso  percorso
argomentativo, fondato sull'erronea individuazione della disposizione
ritenuta lesiva. 
    Il contributo  oggetto  di  censura  e'  previsto  a  carico  dei
trattamenti pensionistici corrisposti da enti  gestori  di  forme  di
previdenza obbligatorie ed ha natura certamente tributaria, in quanto
costituisce un prelievo analogo a quello effettuato  sul  trattamento
economico complessivo dei dipendenti  pubblici  (sopra  descritto  al
punto 7.3.) previsto dallo stesso  comma  1  nella  parte  dichiarata
illegittima da questa Corte con la suddetta sentenza n. 223 del  2012
e la cui natura tributaria e' stata espressamente riconosciuta  dalla
medesima  sentenza.  La  norma  impugnata,   infatti,   integra   una
decurtazione patrimoniale definitiva del  trattamento  pensionistico,
con acquisizione al bilancio  statale  del  relativo  ammontare,  che
presenta tutti i requisiti richiesti dalla giurisprudenza  di  questa
Corte per caratterizzare il prelievo come  tributario  (ex  plurimis,
sentenze n. 223 del 2012; n. 141 del 2009; n. 335, n. 102 e n. 64 del
2008; n. 334 del 2006; n. 73 del 2005). 
    Tuttavia, da quanto precede emerge anche che il contributo  e  la
sua  attribuzione  al  bilancio  dello  Stato   sono   previsti   non
dall'impugnato decreto-legge n. 138 del 2011, ma dal non impugnato  e
tuttora vigente decreto-legge n. 98 del 2011, il quale - come  si  e'
visto - aveva gia' riservato allo  Stato  il  prelievo  gravante  sul
trattamento pensionistico e la cui vigenza e' stata  ribadita,  senza
nulla innovare, dalla normativa denunciata. In particolare, la  legge
14 settembre 2011, n. 148, nel non convertire in  legge  l'originaria
formulazione del comma 1 dell'art. 2 del  decreto-legge  n.  138  del
2011  (che  aveva  abrogato  il  comma  22-bis   dell'art.   18   del
decreto-legge n. 98 del 2011), ha sostituito il comma non  convertito
con una disposizione che si e' limitata a riaffermare  la  perdurante
efficacia del comma 22-bis dell'art. 18 del decreto-legge n.  98  del
2011 («le disposizioni di cui agli articoli [...] 18,  comma  22-bis,
del  decreto-legge  6   luglio   2011,   n.   98,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,  continuano  ad
applicarsi nei termini ivi previsti rispettivamente  dal  1°  gennaio
2011 al 31 dicembre 2013 e dal 1° agosto 2011 al 31 dicembre  2014»).
Non puo' obiettarsi, al riguardo, che il comma  22-bis  dell'art.  18
del decreto-legge n. 98 del  2011  e'  stato  abrogato,  con  effetto
irreversibile, ad opera del comma 1 dell'art. 2 del decreto-legge  n.
138 del 2011, ancorche' il decreto non sia stato convertito in  legge
sul  punto.  In  realta',  con  la  mancata  conversione,  la  stessa
abrogazione  e'  venuta  meno,  con  effetto  retroattivo,  cosi'  da
determinare la reviviscenza del comma 22-bis abrogato dal decreto non
convertito (art. 77, terzo comma, Cost.: «I decreti perdono efficacia
sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge [...]»). 
    Ne deriva che l'impugnazione, in parte qua, del comma 1 dell'art.
2 del decreto-legge n. 138 del  2011  e'  incorsa  in  una  aberratio
ictus, che comporta, secondo la giurisprudenza di questa  Corte,  una
pronuncia di inammissibilita' della questione (ex plurimis,  in  tema
di aberratio ictus, ordinanze n. 180 e 120 del 2011, n. 335 e n.  248
del 2010; n. 92 del 2009). 
    7.3.3.3.- Una volta escluso l'esame nel  merito  delle  questioni
dichiarate inammissibili, e' ora necessario valutare se sussistano le
sopra indicate tre condizioni statutariamente richieste per riservare
allo Stato le altre entrate non nominativamente attribuite all'Erario
e rivendicate dalla Regione (precisate al punto 7.3.3.). 
    Quanto alla prima condizione posta dallo statuto,  relativa  alla
natura tributaria delle entrate, e' indubbio che essa sussiste: a) il
censurato comma 2 dell'art. 2  del  decreto-legge  n.  138  del  2011
attiene  al  temporaneo  contributo  di  solidarieta'   sul   reddito
complessivo ed ha natura tributaria - come  gia'  rilevato  al  punto
6.1.,  a  proposito  del  ricorso  proposto  dalla  Regione  autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  -,  perche'  si  risolve   in   un   prelievo
corrispondente  ad  una  aliquota  aggiuntiva  rispetto  al   reddito
imponibile dell'IRPEF e, quindi, in  una  temporanea  sovrimposta  di
tale tributo; b)  i  commi  2-bis,  2-ter  e  2-quater  dello  stesso
articolo disciplinano l'aumento dell'aliquota dell'IVA, cioe' di  una
imposta tipica; c) il comma 35-octies regola l'imposta di  bollo  sui
trasferimenti  all'estero  e,  quindi,  afferisce  anch'esso  ad  una
imposta tipica. 
    Anche  la  seconda  condizione  -   consistente   nella   novita'
dell'entrata  tributaria  -  appare  soddisfatta,  perche'  le  norme
indicate introducono nuovi proventi (anche se non nuovi tributi). 
    Non  e'  soddisfatta,  invece,  la   condizione   relativa   alla
«specificita' della destinazione del gettito  della  nuova  entrata»,
perche', come gia' osservato ai punti 6.1. e  7.3.2.2.,  il  disposto
del comma 36, primo periodo, dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del
2011 prevede una destinazione solo generica di tale gettito. 
    Ne deriva che la devoluzione all'Erario di tali entrate viola  la
normativa di rango statutario, con la conseguenza che, in forza della
clausola generale di salvaguardia di cui all'art. 19-bis  del  citato
decreto-legge, le norme censurate (a differenza di quelle di  cui  ai
commi 5-bis e 5-ter) non sono applicabili alla Regione siciliana.  Di
qui la non fondatezza delle questioni. 
    7.4.- La ricorrente Regione impugna,  infine,  la  normativa  che
riserva allo Stato le «maggiori entrate» derivanti dall'attivita'  di
contrasto all'evasione fiscale, ai sensi del comma 36, terzo periodo,
dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011. 
    Come  nell'ipotesi  esaminata  al  punto   7.3.2.,   le   entrate
tributarie in esame (derivanti dal  contrasto  all'evasione  fiscale)
fanno riferimento ad altre entrate tributarie. La tipologia  di  tali
maggiori entrate e', percio', diversa a seconda dell'entrata  cui  si
riferiscono, cioe', a seconda  dell'oggetto  delle  singole  evasioni
fiscali. 
    Ne segue che, ove l'evasione abbia ad oggetto entrate  tributarie
interamente e  nominativamente  riservate  all'Erario  in  base  alla
normativa  statutaria,  la  questione  deve  essere  dichiarata   non
fondata, perche' si verifica la condizione del «rispetto» delle norme
statutarie richiesta dal menzionato art. 19-bis del decreto-legge  n.
138 del 2011  ai  fini  della  diretta  applicabilita'  alle  Regioni
speciali  della  normativa  impugnata,  con  esclusione,  dunque,  di
qualsiasi violazione di tali parametri. Ove, invece, l'evasione abbia
ad oggetto entrate non nominativamente  riservate  allo  Stato  dalla
normativa di rango statutario, e' necessario valutare  -  come  nelle
ipotesi esaminate al punto 7.3.2.2.  -  se  la  riserva  del  gettito
all'Erario sia conforme alla normativa statutaria siciliana. 
    Nella specie, si e' in presenza di  una  entrata  tributaria  (in
quanto effetto dell'attivita' di contrasto all'evasione fiscale),  ma
non «nuova» (perche' il recupero delle somme sottratte al  fisco  non
comporta alcuna modifica  della  legislazione  fiscale  vigente,  ne'
determina un "nuovo provento") e,  comunque,  priva  (per  le  stesse
considerazioni  svolte  ai  punti  6.1.,  7.3.2.2.  e  7.3.3.)  della
destinazione specifica richiesta dal combinato disposto  degli  artt.
36 dello statuto e 2 delle correlative norme di attuazione in materia
finanziaria ai fini della devoluzione del gettito all'Erario. Poiche'
la riserva allo Stato di tali somme  (non  nominativamente  destinate
allo Stato dallo statuto speciale) non e' consentita dalla  normativa
di rango statutario, il mancato «rispetto» dello statuto comporta, in
forza  della  clausola  di  salvaguardia  di  cui  all'art.   19-bis,
l'inapplicabilita'  alla  Regione  ricorrente  dell'impugnato   terzo
periodo del comma 36 e, quindi, la non fondatezza della questione. 
    7.5.- In estrema sintesi, dunque, le  questioni  sollevate  dalla
Regione siciliana sono fondate con riferimento ai commi 5-bis e 5-ter
dell'art. 2, nella  parte  in  cui  riguardano  tributi  riscossi  in
Sicilia non nominativamente  riservati  allo  Stato  dalla  normativa
statutaria e, percio', dalla  stessa  attribuiti  alla  Regione.  Non
sono, invece, fondate ne' con riferimento al comma 1 dell'art. 2, sia
per la parte relativa  alla  «riduzione»  del  trattamento  economico
complessivo, sia per la  parte  relativa  al  contributo  perequativo
gravante sui trattamenti pensionistici; ne' con riferimento ai  commi
5-bis, 5-ter e 36, terzo periodo, dello stesso art. 2, nella parte in
cui tali commi riguardano tributi riscossi in Sicilia nominativamente
riservati allo Stato dalla normativa statutaria; ne' con  riferimento
al comma 6 dello stesso articolo, impugnato nella sola parte  in  cui
prevede una "minore entrata"; ne' con riferimento, infine,  al  comma
36, terzo periodo, dello stesso  art.  2  per  la  parte  riguardante
entrate non  nominativamente  riservate  allo  Stato  e  riscosse  in
Sicilia. 
    8.- Con il ricorso n. 160 del 2011, la Regione autonoma  Sardegna
ha promosso questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,
comma  36  (rectius:  comma  36,  primo  e  secondo   periodo),   del
decreto-legge n. 138 del 2011, in combinato disposto con gli artt. 1,
comma 6, 2, commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 3, 5-bis, 5-ter,  6,  9,
36,  terzo  e  quarto  periodo,  dello  stesso   decreto-legge,   per
violazione degli artt. 3, 117 e 119 della Costituzione e degli  artt.
7 e 8 dello statuto speciale (legge costituzionale n. 3 del 1948). Le
norme sono  censurate  in  quanto,  in  contrasto  con  la  normativa
statutaria e di attuazione  dello  statuto,  riservano  integralmente
allo  Stato,  per  un  periodo  di  cinque  anni   e   con   separata
contabilizzazione, le maggiori entrate da esse previste. 
    A parte la questione di cui si dira' al  successivo  punto  8.1.,
per  la  quale  va  dichiarata  la  cessazione  della   materia   del
contendere, tutte le questioni promosse  dalla  ricorrente  non  sono
fondate per l'inapplicabilita' alla Regione autonoma ricorrente delle
norme oggetto di impugnazione. 
    8.1.-  La  ricorrente  impugna,  in  primo  luogo,  il  combinato
disposto degli artt. 2, comma 36, primo e secondo periodo, e 1, comma
6, del decreto-legge n. 138 del 2011 per violazione degli artt. 7 e 8
dello statuto speciale, nonche' degli artt. 3, 117 e 119 Cost. 
    In ordine a tale questione deve essere dichiarata  la  cessazione
della materia del contendere. 
    L'impugnato comma 6 dell'art. 1  del  suddetto  decreto-legge  ha
modificato i commi l-ter e 1-quater dell'art. 40 del decreto-legge  6
luglio 2011, n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge  15  luglio
2011, n. 111, nel senso di anticipare all'anno 2012 la riduzione  del
5 per cento delle  agevolazioni  tributarie  («regimi  di  esenzione,
esclusione e favore fiscale»), di cui all'Allegato C-bis al  medesimo
decreto, gia' prevista per l'anno 2013, nonche' di anticipare al 2013
la riduzione del  20  per  cento  delle  medesime  agevolazioni  gia'
prevista a decorrere dall'anno 2014.  Piu'  precisamente,  l'art.  1,
comma 6, alinea e lettera a),  del  decreto-legge  n.  138  del  2011
dispone che: «All'art. 40 del [...]  decreto-legge  n.  98  del  2011
convertito con legge n. 111 del  2011,  sono  apportate  le  seguenti
modificazioni: a) al comma 1-ter, le parole: "del  5  per  cento  per
l'anno 2013 e del 20 per cento  a  decorrere  dall'anno  2014",  sono
sostituite dalle seguenti: "del cinque per cento per  l'anno  2012  e
del 20 per cento a decorrere dall'anno 2013" [...]».  Successivamente
alla proposizione del  ricorso,  il  comma  1-ter  dell'art.  40  del
decreto-legge n. 98 del 2011, come modificato dall'impugnato art.  1,
comma 6, del decreto-legge n. 138 del 2011, e' stato sostituito - con
effetto dal 6 dicembre 2011 - dall'art. 18, comma 1, lettera a),  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,  n.  214
(che prevede l'incremento di  alcune  aliquote  dell'IVA).  Il  comma
1-quater dello stesso art. 40 e' stato modificato  dalla  lettera  b)
del medesimo comma 1 dell'art. 18  (che  disciplina  una  ipotesi  di
possibile non applicazione  del  novellato  comma  1-ter).  Tale  ius
superveniens, pertanto, ha abrogato la riduzione  delle  agevolazioni
che il denunciato art. 1, comma 6, del decreto-legge n. 138 del  2011
aveva anticipato. Poiche' detta abrogazione ha  avuto  effetto  prima
ancora che le agevolazioni - previste, al piu' presto, a far data dal
1° gennaio 2012 - trovassero applicazione, la  sopravvenuta  modifica
normativa e' pienamente satisfattiva delle pretese della  ricorrente,
tanto  che,  venute  meno  le  ragioni  della  controversia,  si   e'
determinata la cessazione della materia del contendere in ordine alla
questione in esame. 
    8.2.- La ricorrente  impugna,  in  secondo  luogo,  il  combinato
disposto dei commi 36, primo e secondo periodo, e 2 dell'art.  2  del
decreto-legge n. 138 del 2011,  in  quanto  riservano  all'Erario  il
gettito del temporaneo prelievo tributario  introdotto  dallo  stesso
comma 2, denominato «contributo di solidarieta'»,  pari  al  tre  per
cento  sulla  parte  del  reddito  complessivo  imponibile  ai   fini
dell'IRPEF  eccedente  l'importo  di  300.000,00   euro   annui.   La
ricorrente deduce che la riserva  allo  Stato  del  gettito  di  tale
contributo di solidarieta' viola, in  particolare,  l'art.  8,  primo
comma, lettera a), del proprio statuto, che attribuisce alla  Regione
autonoma Sardegna i «sette  decimi  del  gettito  delle  imposte  sul
reddito delle persone fisiche [...]  riscosse  nel  territorio  della
regione». 
    Il prelievo in esame - come si e' gia' osservato supra, ai  punti
6.1. e 7.3.3. con riguardo  alle  questioni  promosse  dalla  Regione
autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  e   dalla   Regione   siciliana   -
costituisce indubbiamente una sovrimposta dell'IRPEF,  in  quanto  si
risolve nell'applicazione di  una  aliquota  aggiuntiva  rispetto  al
reddito imponibile di tale tributo. Il «contributo  di  solidarieta'»
va, quindi, qualificato come una temporanea imposta sul reddito delle
persone fisiche,  il  cui  gettito  -  ove  riscosso  nel  territorio
regionale - va attribuito, per i sette decimi, alla Regione  autonoma
Sardegna, ai sensi dell'evocato art.  8,  primo  comma,  lettera  a),
dello statuto d'autonomia (come indicato al  punto  precedente).  Non
risultano, infatti, eccezioni poste da norme di  rango  statutario  a
tale attribuzione di gettito alla Regione autonoma. 
    La  normativa  impugnata  pertanto,  nel  riservare  allo   Stato
l'intero gettito del prelievo, si pone  in  contrasto  con  l'evocato
parametro statutario. Da tale contrasto deriva  l'operativita'  della
clausola di salvaguardia di cui al piu' volte citato art. 19-bis  del
decreto-legge n. 138 del 2011, cosi' da escludere l'applicazione alla
ricorrente della norma impugnata (come precisato supra ai punti  4.1.
e 4.3.). Viene meno, pertanto,  la  premessa  interpretativa  sottesa
alla sollevata questione, la quale va conseguentemente dichiarata non
fondata. 
    8.3.- La Regione autonoma  Sardegna  promuove,  in  terzo  luogo,
questioni aventi ad oggetto il primo e secondo periodo del  comma  36
dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, in combinato  disposto
con i commi 2-bis, 2-ter, 2-quater dello stesso art.  2,  i  quali  -
come visto al punto 6.2. - hanno aumentato l'aliquota  base  dell'IVA
(comma 2-bis) con effetto dalla data di entrata in vigore della legge
di conversione del decreto-legge (comma 2-ter), escludendo, tuttavia,
l'applicazione  di  tale  variazione  di  aliquota  alle   operazioni
effettuate nei confronti dello Stato e, in alcuni casi, di altri enti
e istituti (comma 2-quater). La ricorrente deduce che tali commi, nel
riservare allo Stato  per  il  periodo  di  cinque  anni  il  gettito
derivante  da   tale   maggiorazione   dell'aliquota,   violano,   in
particolare,  l'art.  8,  primo  comma,  lettera  f),  dello  statuto
speciale, che attribuisce alla Regione Sardegna i  «nove  decimi  del
gettito dell'imposta sul  valore  aggiunto  generata  sul  territorio
regionale da determinare  sulla  base  dei  consumi  regionali  delle
famiglie rilevati annualmente dall'ISTAT». 
    Appare evidente che la mancata attribuzione alla Regione autonoma
Sardegna dei nove decimi del maggior gettito  derivante  dall'aumento
dell'aliquota base dell'IVA generata sul territorio regionale si pone
in contrasto con l'invocata  previsione  statutaria,  non  risultando
previste integrali riserve statutarie  di  gettito  in  favore  dello
Stato. Ne consegue,  per  effetto  della  clausola  di  salvaguardia,
l'inapplicabilita' alla ricorrente della norma  impugnata  e  la  non
fondatezza della questione per le medesime ragioni indicate nel punto
precedente. 
    8.4.- La Regione autonoma impugna, in quarto luogo, il  combinato
disposto del primo e secondo periodo del comma  36  dell'art.  2  del
decreto-legge n. 138 del 2011 e del primo e quarto periodo del  comma
3 dello stesso art. 2,  il  quale  riserva  integralmente  all'Erario
(comma 3, quarto periodo), «per un periodo di cinque anni» (comma 36,
primo periodo) ed «attraverso separata contabilizzazione» (comma  36,
secondo periodo), le maggiori  entrate  derivanti  dall'adozione,  da
parte del «Ministero dell'economia  e  delle  finanze-Amministrazione
autonoma  dei  monopoli  di  Stato»  (comma  3,  primo  periodo),  di
disposizioni in  materia  di  giochi  pubblici  utili  ad  assicurare
maggiori entrate (introduzione di nuovi giochi;  indizione  di  nuove
lotterie adozione di nuove modalita' di gioco del Lotto e dei  giochi
numerici a  totalizzazione  nazionale;  variazione  dell'assegnazione
della percentuale della posta di gioco a montepremi ovvero a  vincite
di  denaro,  della  misura  del  prelievo  erariale  unico  e   della
percentuale del compenso per le  attivita'  di  gestione  ovvero  per
quella dei punti vendita). Secondo la  ricorrente,  tale  riserva  di
gettito allo Stato viola l'art. 8, primo  comma,  lettera  m),  dello
statuto speciale, che assegna alla Regione autonoma i  «sette  decimi
di  tutte  le  entrate  erariali,  dirette  o   indirette,   comunque
denominate, ad  eccezione  di  quelle  di  spettanza  di  altri  enti
pubblici» (salve le specifiche assegnazioni previste dalle precedenti
lettere da a ad l del primo comma dello stesso art. 8,  in  relazione
alle entrate  derivanti  dall'IRPEF,  dall'IRPEG,  dalle  imposte  di
bollo, registro,  ipotecarie,  sul  consumo  dell'energia  elettrica,
dalle  tasse  sulle  concessioni  governative,  dalle  imposte  sulle
successioni e donazioni, dalle imposte di fabbricazione, dall'imposta
erariale di consumo sui prodotti dei monopoli dei tabacchi, dall'IVA,
dai canoni per le concessioni idroelettriche, dai  tributi  propri  e
sul turismo, dai redditi patrimoniali  e  demaniali,  dai  contributi
statali straordinari per particolari piani di opere  pubbliche  e  di
trasformazione fondiaria). 
    Come nei  due  casi  precedenti,  la  mancata  attribuzione  alla
Regione autonoma Sardegna della quota fissa statutariamente  prevista
(nella specie, i sette decimi del maggior  provento  derivante  dalle
suddette misure relative ai giochi pubblici) si pone in contrasto con
lo statuto, non risultando disposte integrali riserve  statutarie  di
gettito in favore dello Stato. Infatti - premesso che e' pacifica  la
natura di «entrate erariali» (ai sensi  dell'evocata  lettera  m  del
primo comma  dell'art.  8  dello  statuto  speciale  sardo)  sia  del
prelievo erariale unico (PREU) sia dei proventi derivanti dai  giochi
pubblici -, e' evidente che l'impugnata  normativa,  sottraendo  alla
Regione autonoma Sardegna la quota ad essa spettante dei sette decimi
delle entrate erariali  riscosse  o  percette  nel  territorio  della
Regione, violerebbe l'evocato parametro statutario ove  non  operasse
la clausola di inapplicabilita' della norma alla Regione ricorrente. 
    Da qui la non fondatezza della questione. 
    8.5.- La Regione autonoma impugna, in quinto luogo, il  combinato
disposto del primo e secondo periodo del comma  36  dell'art.  2  del
decreto-legge n. 138 del 2011 e dei commi 5-bis, 5-ter  dello  stesso
art. 2, il quale, riserva all'Erario, «per un periodo di cinque anni»
ed  «attraverso  separata  contabilizzazione»,  le  maggiori  entrate
derivanti dall'applicazione dei commi 5-bis e 5-ter dello stesso art.
2. Questi ultimi due commi  (come  visto  ai  punti  7.3.  e  7.3.4.)
prevedono, rispettivamente, il  recupero  «all'entrata  del  bilancio
dello Stato» delle somme dichiarate e non  versate  dai  contribuenti
che si sono avvalsi dei condoni e delle sanatorie di cui  alla  legge
n. 289 del 2002 (comma 5-bis);  l'applicazione,  in  caso  di  omesso
pagamento delle somme dovute e iscritte a ruolo entro il termine  del
31 dicembre 2011, di una sanzione pari al 50 per  cento  delle  somme
medesime;  la  sottoposizione  a  controllo   della   posizione   del
contribuente relativa agli anni successivi a quelli condonati e per i
quali sia ancora in corso il termine per l'accertamento;  la  proroga
di un anno dei termini di accertamento dell'IVA ancora pendenti al 31
dicembre 2011 (comma 5-ter). La ricorrente deduce che anche in questo
caso la suddetta riserva allo  Stato  delle  maggiori  entrate  viola
l'art. 8 dello statuto speciale, trattandosi di un gettito  che,  ove
le  somme  dovute  dai  contribuenti  fossero  state  tempestivamente
riscosse nel territorio regionale, sarebbe spettato, in base a  detto
parametro statutario, alla Regione. 
    Come si e' gia' visto in precedenza, le maggiori entrate in esame
hanno entrambe natura  tributaria:  quelle  che  derivano  dal  comma
5-bis, perche' sono relative alle somme dovute dai contribuenti sulla
base dei condoni e delle sanatorie tributari introdotti  dalla  legge
n. 289 del 2002; quelle  derivanti  dal  comma  5-ter,  perche'  sono
accessorie alle  prime  per  effetto  dell'applicazione  di  sanzioni
amministrative pecuniarie tributarie previste per il caso di  mancato
pagamento di dette somme o, comunque,  per  effetto  di  accertamenti
tributari. Diversamente dallo statuto della  Regione  siciliana  (sul
quale vedi supra il punto 7.3.), non risultano riserve integrali allo
Stato  previste  dallo  statuto  della  Regione  autonoma   Sardegna.
Pertanto, la denunciata mancata attribuzione  a  tale  Regione  degli
importi  corrispondenti  all'applicazione  delle   quote   fisse   di
compartecipazione previste dall'art.  8  dello  statuto  speciale  in
relazione ai diversi tributi oggetto del condono o  della  sanatoria,
contrasta con l'evocato parametro statutario. 
    Analogamente a quanto osservato  nei  tre  punti  precedenti,  la
sussistenza di tale contrasto comporta, in forza  della  clausola  di
salvaguardia di cui al sopra menzionato art. 19-bis del decreto-legge
n. 138 del  2011,  l'inapplicabilita'  alla  ricorrente  delle  norme
impugnate e la non fondatezza delle questioni. 
    8.6.-  La  medesima  ricorrente  impugna,  in  sesto  luogo,   il
combinato disposto del primo e secondo periodo del comma 36 dell'art.
2 del decreto-legge n. 138 del 2011 e dei commi 6 e  9  dello  stesso
art.  2,  il  quale  (come  visto  ai  punti  6.4.  e  7.2.)  riserva
all'Erario, per un quinquennio, le maggiori entrate  derivanti  dalla
fissazione nella misura unica del 20 per cento delle ritenute e delle
imposte sostitutive sui redditi di capitale di cui  all'art.  44  del
d.P.R. n. 917 del 1986 e sui redditi  diversi  di  cui  all'art.  67,
comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies) del medesimo decreto (comma
6), rispettivamente, divenuti esigibili e realizzati a decorrere  dal
l° gennaio 2012 (comma 9). Ad avviso della ricorrente, tale combinato
disposto viola, in particolare, l'art. 8, primo  comma,  lettera  m),
dello statuto speciale, che - come gia' osservato nel  punto  8.4.  -
assegna alla Regione Sardegna i «sette decimi  di  tutte  le  entrate
erariali, dirette o indirette, comunque denominate, ad  eccezione  di
quelle di spettanza di altri enti pubblici». 
    Anche tale denunciata normativa  si  pone  in  contrasto  con  lo
statuto  speciale,  perche':  1)  le  complessive  maggiori   entrate
derivanti  dall'applicazione  dei   commi   impugnati   costituiscono
«entrate erariali», ai sensi dell'evocata lettera m) del primo  comma
dell'art. 8  dello  statuto  speciale;  2)  sottrae,  pertanto,  alla
Regione autonoma Sardegna, in favore dell'Erario, i sette  decimi  di
tali maggiori entrate, riscosse nel territorio regionale. 
    Di qui l'inapplicabilita' alla  Regione  della  norma  e  la  non
fondatezza della questione per le stesse ragioni esposte nei  quattro
punti precedenti. 
    8.7.- Con la settima ed ultima  questione,  la  Regione  autonoma
Sardegna impugna, con riferimento  alle  maggiori  entrate  derivanti
dall'«attivita' di contrasto all'evasione», il comma 36  dell'art.  2
del decreto-legge n. 138 del 2011, il quale destina al Fondo  per  la
riduzione strutturale della pressione  fiscale  le  maggiori  entrate
derivanti da tale  attivita',  «al  netto  di  quelle  necessarie  al
mantenimento del pareggio di bilancio ed alla riduzione  del  debito»
(vedi supra, il punto 7.3.). La Regione deduce che l'acquisizione  in
capo allo Stato di tali maggiori entrate viola l'art. 8 dello statuto
speciale, trattandosi di un  gettito  che,  in  assenza  di  condotte
evasive degli obblighi tributari, sarebbe spettato pro quota, in base
a detto parametro statutario, alla Regione. 
    In mancanza di riserve statutarie in  favore  dello  Stato,  deve
osservarsi che la normativa impugnata non e'  conforme  allo  statuto
speciale.  Infatti,  le  complessive   maggiori   entrate   derivanti
dall'attivita'  di  contrasto  dell'evasione  fiscale   costituiscono
«entrate tributarie» che l'evocato  art.  8  dello  statuto  speciale
attribuisce alla Regione autonoma (se riscosse  o  percette  nel  suo
territorio), secondo le quote fisse indicate  nello  stesso  articolo
con riguardo  ai  diversi  tributi  oggetto  di  tale  attivita'.  Ne
consegue anche qui l'inapplicabilita' alla Regione autonoma  Sardegna
della normativa denunciata e la non fondatezza della questione per le
medesime ragioni esposte nei punti precedenti. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  delle  ulteriori
questioni di legittimita' costituzionale del decreto-legge 13  agosto
2011,  n.  138  (Ulteriori  misure  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni,  dalla
legge 14 settembre 2011, n.  148,  promosse  dalla  Regione  autonoma
Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, dalla Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia, dalla Regione siciliana e dalla Regione autonoma Sardegna con
i ricorsi indicati in epigrafe; 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  2,  commi
5-bis e 5-ter, del decreto-legge n. 138  del  2011,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n.  148  del  2011,  nella  parte  in  cui
dispone che la riserva allo Stato del gettito delle entrate derivanti
da tali commi si  applica  alla  Regione  siciliana  con  riguardo  a
tributi spettanti alla Regione ai sensi del r.d.lgs. 15 maggio  1946,
n.  455  (Approvazione  dello  statuto  della   Regione   siciliana),
convertito in legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  2,  e  dal
d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme  di  attuazione  dello  Statuto
della Regione siciliana in materia finanziaria); 
    2) dichiara cessata la materia  del  contendere  in  ordine  alle
questioni di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli
artt. 2, comma 36, primo  e  secondo  periodo,  e  1,  comma  6,  del
decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con  modificazioni,  dalla
legge n. 148 del 2011, promosse dalla Regione autonoma  Sardegna,  in
riferimento agli artt. 3, 117 e 119 della Costituzione ed agli  artt.
7 e 8 della legge costituzionale 26  febbraio  1948,  n.  3  (Statuto
speciale per la Sardegna), con il ricorso n. 160 del 2011; 
    3)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 36, del decreto-legge  n.  138  del
2011, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  148  del  2011,
promosse dalla  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  in
riferimento  all'art.  8  della  legge  26  novembre  1981,  n.   690
(Revisione dell'ordinamento finanziario della regione Valle  d'Aosta)
ed in riferimento al principio di leale collaborazione  nonche'  agli
artt. 48-bis e  50,  comma  quinto,  della  legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 4 (Statuto  speciale  per  la  Valle  d'Aosta),  in
relazione all'art. 1 del decreto legislativo 22 aprile 1994,  n.  320
(Norme di attuazione  dello  statuto  speciale  della  regione  Valle
d'Aosta), con il ricorso n. 135 del 2011; 
    4)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 3, del  decreto-legge  n.  138  del
2011, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  148  del  2011,
promosse dalla  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  in
riferimento all'art. 8  della  legge  n.  690  del  1981  nonche'  al
principio di leale collaborazione ed agli artt. 48-bis  e  50,  comma
quinto, della legge  costituzionale  n.  4  del  1948,  in  relazione
all'art. 1 del decreto legislativo n. 320 del 1994, con il ricorso n.
135 del 2011; 
    5)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, commi  2-bis,  2-ter,  2-quater,  36-bis,
36-quater, 36-quinquies, 36-decies del decreto-legge n. 138 del 2011,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011,  promosse
dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in riferimento  all'art.
49, comma primo, numero 4), della  legge  costituzionale  31  gennaio
1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), ed
all'art. 4, comma primo, del d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114 (Norme di
attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia
in materia di finanza regionale), con il ricorso n. 139 del 2011; 
    6)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 1, del  decreto-legge  n.  138  del
2011, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  148  del  2011,
promosse dalla Regione siciliana in riferimento agli artt.  36  e  37
del r.d.lgs. n. 455 del 1946, convertito in legge costituzionale n. 2
del 1948, in relazione all'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, con il
ricorso n. 140 del 2011; 
    7)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, commi 2-bis, 2-ter, 2-quater, 3,  secondo
e quarto periodo,  35-octies  del  decreto-legge  n.  138  del  2011,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011,  promosse
dalla Regione siciliana  in  riferimento  agli  artt.  36  e  37  del
r.d.lgs. n. 455 del 1946, convertito in legge costituzionale n. 2 del
1948, in relazione all'art. 2 del d.P.R. n. 1074  del  1965,  con  il
ricorso n. 140 del 2011; 
    8)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 6, del  decreto-legge  n.  138  del
2011, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  148  del  2011,
promossa dalla Regione siciliana in riferimento agli artt.  36  e  37
del r.d.lgs. n. 455 del 1946, convertito in legge costituzionale n. 2
del 1948, in relazione all'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, con il
ricorso n. 140 del 2011; 
    9)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.   2,   comma   36,   terzo   periodo,   del
decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con  modificazioni,  dalla
legge  n.  148  del  2011,  promossa  dalla  Regione   siciliana   in
riferimento  agli  artt.  36  e  37  del   suddetto   regio   decreto
legislativo, in relazione all'art. 2 del parimenti menzionato  d.P.R.
n. 1074 del 1965, con il ricorso n. 140 del 2011; 
    10)  dichiara  non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dei combinati disposti dell'art. 2, comma 36, primo  e
secondo periodo, del decreto-legge n. 138 del 2011,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, e  dei  commi  2,  2-bis,
2-ter e 2-quater, 3, primo periodo, 5-bis, 5-ter, 6, 9, 36,  terzo  e
quarto periodo, dell'art.  2  dello  stesso  decreto-legge,  promosse
dalla Regione autonoma Sardegna, in riferimento agli artt. 3,  117  e
119 della Costituzione ed agli artt. 7 e 8 della legge costituzionale
n. 3 del 1948, con il ricorso n. 160 del 2011. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 ottobre 2012. 
 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
                       Franco GALLO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 31 ottobre 2012. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI