N. 316 ORDINANZA 12 - 27 dicembre 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo amministrativo - Giudizi in materia  di  contratti  pubblici
  relativi a lavori, servizi e forniture - Responsabilita'  per  lite
  temeraria - Adozione di una decisione fondata su ragioni  manifeste
  od orientamenti giurisprudenziali consolidati -  Previsione,  fermo
  restante quanto stabilito dall'art.  26  del  codice  del  processo
  amministrativo approvato con d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104,  che  il
  giudice condanni la parte soccombente al pagamento di una  sanzione
  pecuniaria in misura non inferiore al doppio  e  non  superiore  al
  quintuplo  del  contributo  unificato   dovuto   per   il   ricorso
  introduttivo del giudizio - Asserita violazione  del  principio  di
  uguaglianza  -  Asserita  lesione  del  principio  di  legalita'  -
  Asserita incidenza sul diritto di  difesa  e  sul  principio  della
  tutela  giurisdizionale  -  Asserita  lesione   dei   principi   di
  imparzialita' e buon andamento  della  pubblica  amministrazione  -
  Asserita lesione dei principi del giusto  processo  -  Sopravvenuto
  mutamento  del  quadro  normativo  -  Necessita'   di   una   nuova
  valutazione della rilevanza  e  non  manifesta  infondatezza  della
  questione - Restituzione degli atti al giudice rimettente. 
- D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 246-bis. 
- Costituzione, artt. 3, 23, 24, 97, 111 e 113. 
(GU n.1 del 2-1-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici :Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 246-bis
del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei  contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in  attuazione  delle
direttive  2004/17/CE   e   2004/18/CE),   promosso   dal   Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio, nel procedimento vertente  tra
la Tecnoservizi s.r.l. e il  Comune  di  Contigliano  ed  altra,  con
ordinanza depositata il 3 novembre  2011,  iscritta  al  n.  182  del
registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
    Udito nella camera di consiglio del 5 dicembre  2012  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli. 
    Ritenuto che, con ordinanza depositata il  3  novembre  2011,  il
Tribunale amministrativo regionale per  il  Lazio  ha  sollevato,  in
riferimento  agli  articoli  3,  23,  24,  97,  111   e   113   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo
246-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.  163  (Codice  dei
contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e  forniture   in
attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e  2004/18/CE),  introdotto
dall'art. 4, comma 2, lettera ii), del decreto-legge 13 maggio  2011,
n. 70 (Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia),
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106; 
    che la disposizione denunciata,  rubricata  «Responsabilita'  per
lite temeraria», stabilisce, nell'ambito dei giudizi  in  materia  di
contratti pubblici relativi a lavori, servizi  e  forniture,  che  il
giudice, fermo restando quanto disposto dall'articolo 26  del  codice
del processo amministrativo di cui al decreto  legislativo  2  luglio
2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009,
n. 69, recante  delega  al  governo  per  il  riordino  del  processo
amministrativo),  «condanna  d'ufficio  la   parte   soccombente   al
pagamento di una sanzione  pecuniaria  in  misura  non  inferiore  al
doppio e non superiore al quintuplo del contributo  unificato  dovuto
per il ricorso introduttivo  del  giudizio  quando  la  decisione  e'
fondata  su  ragioni  manifeste  od  orientamenti   giurisprudenziali
consolidati»; 
    che  il  rimettente  ipotizza,  anzitutto,  l'esistenza   di   un
contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  giacche'   la   norma   censurata,
aggiungendosi all'istituto in materia di spese di lite  disciplinato,
in via generale, dall'art. 26,  comma  2,  del  codice  del  processo
amministrativo, penalizzerebbe "gravemente" chi intende accedere alla
via giudiziale per  tutelare  la  propria  posizione  soggettiva  nel
settore dell'affidamento di commesse pubbliche rispetto a chi propone
azioni  giudiziali  dinanzi  al  giudice  amministrativo  in  materie
diverse, privilegiando al  tempo  stesso  i  soggetti  economicamente
"forti" a discapito di coloro che non sono in grado, sempre sotto  il
profilo economico, "di  rischiare  -  in  caso  di  insuccesso  nella
contesa giudiziale - di vedersi inflitta una condanna al pagamento di
una importante sanzione pecuniaria", oltre alla dovuta corresponsione
del contributo unificato; 
    che sarebbe vulnerato anche l'art. 24, secondo comma,  Cost.,  in
quanto la forza dissuasiva del  "pericolo  di  vedersi  irrogare  una
sanzione pecuniaria", a fronte della possibilita'  di  contestare  le
illegittimita' perpetrate da una stazione appaltante nella  selezione
per l'affidamento della  commessa  pubblica,  confliggerebbe  con  il
diritto inviolabile della difesa; 
    che sussisterebbe, altresi',  la  lesione  dell'art.  111  Cost.,
nella sua declinazione di  principio  "della  parita'  delle  parti",
venendosi a determinare  "una  ingiustificata  selezione  in  ragione
delle capacita' economiche dei concorrenti  tra  coloro  che  possono
percorrere  serenamente  la  via  giudiziale  rispetto   agli   altri
concorrenti, meno abbienti", che ad essa potrebbero rinunciare; 
    che  sarebbe  violato  pure  l'art.  113  Cost.,  in  quanto  "la
potenziale inibizione alla tutela giudiziale in  materia  di  appalti
pubblici, provocata dal rischio di subire una condanna  al  pagamento
di una sanzione pecuniaria", verrebbe a limitare la tutela dinanzi al
giudice amministrativo; 
    che, inoltre, vi sarebbe  contrasto  con  l'art.  23  Cost.,  non
potendo la cosiddetta "giurisprudenza  consolidata",  in  quanto  non
ascrivibile al novero delle fonti del  diritto,  costituire  la  base
legale per infliggere una  sanzione  pecuniaria,  la  cui  disciplina
generale e' informata dal principio di legalita'; 
    che anche all'art. 97 Cost., nella sua declinazione di  principio
di   imparzialita'   e   correttezza   dell'azione   della   pubblica
amministrazione, sarebbe inferto un vulnus, posto  che  l'espressione
"giurisprudenza consolidata" non coincide con "una nozione  di  fonte
giuridica certa e dai contorni definiti", essendo arduo fissare  "una
soglia  di  consolidamento  dell'interpretazione  giurisprudenziale",
sempre soggetta a possibili mutamenti; 
    che, ad avviso del rimettente, tutti i  parametri  sopra  evocati
subirebbero una lesione anche qualora la parte  soccombente  non  sia
quella ricorrente, ma l'Amministrazione, come avvenuto  nel  caso  di
specie, posto che l'art. 246-bis  del  d.lgs.  n.  163  del  2006,  a
differenza da quanto previsto dall'art. 123  cod.  proc.  amm.,  "non
reca alcuna cautela processuale in  favore  del  potenziale  soggetto
trasgressore" che sia soccombente nella lite e cioe' non consente  ad
esso (anche nel caso si tratti dell'Amministrazione  resistente)  "di
poter controdedurre e tutelare la  propria  posizione  rispetto  alla
contestazione da parte del giudice amministrativo dell'affiorare  dei
presupposti  processuali  che  possono  condurre  alla  condanna   al
pagamento della sanzione pecuniaria"; 
    che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  che  ha
concluso per  una  pronuncia  di  restituzione  degli  atti  per  ius
superveniens o, comunque, per l'inammissibilita' o infondatezza della
questione. 
    Considerato    che,    successivamente     alla     pubblicazione
dell'ordinanza di rimessione, l'art. 1, comma 3, lettera  b),  numero
9) del decreto legislativo 15 novembre  2011,  n.  195  (Disposizioni
correttive ed integrative al decreto legislativo 2  luglio  2010,  n.
104, recante codice del processo amministrativo a norma dell'articolo
44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69), inserendo nel  corpo
dell'art. 4, comma 1, di cui all'allegato 4 al decreto legislativo n.
104 del 2010 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009,
n. 69, recante  delega  al  governo  per  il  riordino  del  processo
amministrativo) -  concernente  «Ulteriori  abrogazioni»  -  dopo  il
numero 36), il «36-bis) decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.  163:
articolo  246-bis»,  ha   determinato   l'abrogazione   della   norma
denunciata; 
    che, peraltro, lo stesso d.lgs. n.  195  del  2011,  all'art.  1,
comma 1, lettera f), ha modificato l'art. 26, comma 2, del codice del
processo amministrativo, rubricato «Spese di giudizio» - e  cioe'  la
norma che il rimettente assume a tertium comparationis  -  nel  senso
del recepimento, della disciplina gia' oggetto della  norma  speciale
abrogata, nella norma piu' generale di cui, appunto, al  citato  art.
26, comma 2; 
    che, pertanto, alla luce del sopravvenuto  mutamento  del  quadro
normativo  sopra  descritto  (con  incidenza  non  solo  sulla  norma
denunciata, ma anche su quella assunta a tertium comparationis),  gli
atti devono essere rimessi al giudice a quo affinche' proceda ad  una
nuova valutazione della rilevanza e non manifesta infondatezza  della
questione sollevata (tra le piu' recenti: ordinanze n. 232,  n.  190,
n. 180 e n. 168 del 2012). 
    Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,
n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per  i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    ordina la restituzione degli  atti  al  Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2012. 
 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 27 dicembre 2012. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA