N. 27 SENTENZA 13 - 22 febbraio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Commercio - Norme della Regione Toscana - Esercizi  di  commercio  al
  dettaglio in sede fissa - Introduzione di nuovi limiti agli orari -
  Limite massimo di apertura oraria  di  tredici  ore  giornaliere  e
  reintroduzione dell'obbligo di  chiusura  domenicale  e  festiva  -
  Contrasto con la normativa statale che ha eliminato i limiti  e  le
  prescrizioni agli orari e alle giornate di apertura degli  esercizi
  commerciali  -  Violazione  della  competenza  legislativa  statale
  esclusiva in materia di tutela della concorrenza  -  Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Toscana 27 dicembre 2011, n. 66, art. 88. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera e); d.l. 6  dicembre
  2011, n. 201 (convertito nella legge 2011, n. 214), art. 31,  comma
  1. 
Commercio   -   Norme   della   Regione   Toscana   -   Esercizi   di
  somministrazione di alimenti e  bevande  -  Introduzione  di  nuovi
  limiti  agli  orari  di  apertura  e  chiusura  al   pubblico,   da
  determinarsi dai Comuni previa concertazione con le  organizzazioni
  imprenditoriali e sindacali  del  settore  e  le  associazioni  dei
  consumatori - Contrasto con la normativa statale che ha eliminato i
  limiti e le prescrizioni agli orari e  alle  giornate  di  apertura
  degli  esercizi   commerciali   -   Violazione   della   competenza
  legislativa  statale  esclusiva  in   materia   di   tutela   della
  concorrenza - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Toscana 27 dicembre 2011, n. 66, art. 89. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera e); d.l. 6  dicembre
  2011, n. 201 (convertito nella legge 2011, n. 214), art. 31,  comma
  1. 
(GU n.9 del 27-2-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Paolo  Maria  NAPOLITANO,
  Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli  88  e
89 della legge della Regione Toscana 27 dicembre 2011, n.  66  (Legge
finanziaria per l'anno 2012), i quali sostituiscono, rispettivamente,
gli articoli 80 e 81, comma 1, della legge della  Regione  Toscana  7
febbraio 2005, n. 28 (Codice del Commercio. Testo Unico in materia di
commercio in sede  fissa,  su  aree  pubbliche,  somministrazioni  di
alimenti e bevande, vendita della stampa  quotidiana  e  periodica  e
distribuzione di carburanti),  notificato  il  27  febbraio-1°  marzo
2012, depositato in cancelleria il 5 marzo 2012 ed iscritto al n.  53
del registro ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  15  gennaio  2013  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    uditi l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Marcello Cecchetti per la Regione
Toscana. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato a mezzo posta il 27 febbraio-1°  marzo
2012 e depositato il successivo 5 marzo, il Presidente del  Consiglio
dei ministri ha impugnato - in riferimento all'articolo 117,  secondo
comma, lettera e), della Costituzione - gli articoli 88  e  89  della
legge  della  Regione  Toscana  27  dicembre  2011,  n.   66   (Legge
finanziaria per l'anno 2012), che sostituiscono  rispettivamente  gli
artt. 80 e 81, comma 1, della legge della Regione Toscana 7  febbraio
2005, n.  28  (Codice  del  Commercio.  Testo  Unico  in  materia  di
commercio in sede  fissa,  su  aree  pubbliche,  somministrazioni  di
alimenti e bevande, vendita della stampa  quotidiana  e  periodica  e
distribuzione di carburanti), nella parte  in  cui,  con  l'art.  88,
introducono nuovi limiti agli orari degli esercizi  di  commercio  al
dettaglio  in  sede  fissa  e  reintroducono  l'obbligo  di  chiusura
domenicale e festiva e, con l'art. 89, introducono nuovi limiti  agli
orari degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande. 
    L'Avvocatura dello Stato evidenzia che le norme impugnate violano
l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.  che  riserva  alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia della  tutela
della  concorrenza,  competenza  esercitata  mediante  l'approvazione
dell'art. 31, comma 1, del decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.  201
(Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il  consolidamento
dei conti pubblici), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  n.
214 del 2011, che ha eliminato i limiti e le prescrizioni agli  orari
e alle giornate di apertura degli esercizi commerciali. 
    La prima delle norme impugnate (art. 88 della legge regionale  n.
66 del 2011) reintroduce, per gli esercizi di commercio al dettaglio,
l'obbligo di chiusura domenicale e festiva, salvo limitate deroghe, e
prescrive il  limite  massimo  di  apertura  oraria  di  tredici  ore
giornaliere, salvo la possibilita' di introdurre deroghe da parte dei
comuni. 
    La seconda delle norme impugnate  (art.  89)  reintroduce  limiti
agli orari di apertura e chiusura al pubblico  per  gli  esercizi  di
somministrazione di alimenti e bevande da determinarsi da  parte  dei
Comuni previa concertazione con le organizzazioni imprenditoriali del
commercio e del turismo, le organizzazioni sindacali  dei  lavoratori
del  settore  e  le  associazioni   del   consumatori,   maggiormente
rappresentative. 
    A parere della parte ricorrente, sarebbe  evidente  il  contrasto
della normativa regionale impugnata  con  i  principi  fissati  dalla
nuova normativa statale di cui all'art. 3, comma 1, del decreto-legge
14  luglio  2006,  n.  223  (Disposizioni  urgenti  per  il  rilancio
economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della
spesa pubblica,  nonche'  interventi  in  materia  di  entrate  e  di
contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla
legge 4 agosto 2006, n. 248, come novellato dall'art.  31,  comma  1,
del d.l. n. 201 del 2011. 
    Gli interventi statali che aboliscono dei limiti orari e  festivi
all'apertura  degli  esercizi  di  vendita  al  dettaglio  tendono  a
realizzare, secondo l'Avvocatura dello Stato, migliori condizioni  di
competitivita'  del  settore,   accrescendo   le   possibilita'   dei
consumatori  di  accedere  ai  servizi  commerciali  al  dettaglio  e
rimuovendo le disparita' territoriali (spesso a base  micro-comunale)
che determinano notorie e gravi distorsioni nella concorrenza,  tanto
dal punto di vista dello svolgimento in atto dei servizi commerciali,
quanto dal punto di vista dell'insediamento  dei  nuovi  esercizi  di
vendita. 
    Le norme statali in materia di rimozione delle limitazioni orarie
e festive, tanto per gli esercizi di commercio  al  dettaglio  quanto
per  gli  esercizi  di  somministrazione  di  alimenti   e   bevande,
costituiscono -  per  il  ricorrente  -  esercizio  della  competenza
statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza  (art.  117,
secondo comma, lettera e, Cost.). 
    Pertanto la Regione Toscana, introducendo i limiti  di  cui  agli
impugnati artt. 88 e 89 della legge n. 66 del 2011,  avrebbe  violato
la competenza legislativa statale  esclusiva  in  materia  di  tutela
della concorrenza ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    1.1.- Si e' costituita in giudizio la Regione  Toscana  chiedendo
il rigetto del ricorso. 
    La resistente ricorda che la materia delle giornate e degli orari
di apertura degli esercizi commerciali e' stata dapprima disciplinata
dal legislatore statale con l'art. 35, commi 6 e 7, del decreto-legge
6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge  15  luglio
2011, n. 111, il quale  -  con  l'inserimento  della  lettera  d-bis)
nell'art. 3 del d.l. n. 223 del 2006 - aveva stabilito  che,  in  via
sperimentale,  nei  comuni  inclusi  negli  elenchi  regionali  delle
localita'  turistiche  o  citta'  d'arte,  le  attivita'  commerciali
potessero essere svolte senza i limiti e le  prescrizioni  aventi  ad
oggetto gli orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della chiusura
domenicale e festiva nonche' quello della mezza giornata di  chiusura
infrasettimanale (comma 6). 
    A tal fine, si prevedeva l'obbligo per  le  Regioni  e  gli  enti
locali  di   adeguare   le   proprie   disposizioni   legislative   e
regolamentari entro il 31 dicembre 2011 (comma 7). 
    Tale art. 35, commi 6 e 7, del d.l.  n.  98  del  2011  e'  stato
successivamente modificato dall'art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del
2011, che ha espunto il  riferimento  ai  comuni  turistici  ed  alle
citta' d'arte inseriti negli elenchi citati, e  alla  sperimentazione
dell'operazione. 
    Secondo la Regione Toscana l'art. 31 non  avrebbe  modificato  il
termine entro cui le Regioni devono adeguare la propria normativa  in
materia di orari dei negozi, rimanendo quindi fermo il termine del 31
dicembre 2011, disposto dall'art. 35, comma 7, del  d.l.  n.  98  del
2011. 
    Per questo motivo  la  Regione,  successivamente  all'entrata  in
vigore della legge di conversione del citato d.l. n. 201 del 2011  ed
entro il termine prescritto dall'art. 35, comma 7, del d.l. n. 98 del
2011, e' intervenuta sulla disciplina degli orari di  apertura  degli
esercizi commerciali con gli artt. 88 e 89 della legge reg. n. 66 del
2011, oggetto del presente giudizio. 
    In particolare, il nuovo art. 80 della legge reg. n. 28 del  2005
(come sostituito dall'art. 88 della legge reg. n. 66  del  2011)  non
distingue piu' tra comuni turistici e non turistici e,  inoltre,  non
contiene piu' alcun riferimento alle fasce orarie  entro  cui  tenere
aperti i negozi. 
    Inoltre, il limite  delle  13  ore  giornaliere,  cosi'  come  le
limitazioni alle aperture domenicali e festive, sono  derogabili  dal
Comune, senza specifica  motivazione,  previa  concertazione  con  le
parti sociali interessate (commi l e 2 per gli orari  di  apertura  e
commi 5 e 6, nonche' commi 7  e  8,  per  le  chiusure  domenicali  e
festive). 
    La resistente ritiene, pertanto, di aver disciplinato la  materia
degli orari e delle giornate di apertura degli  esercizi  commerciali
nel rispetto della legislazione statale, limitandosi a dettare alcune
regole relative a profili di competenza residuale delle Regioni. 
    In altri termini, con la disciplina  in  esame,  la  Regione  non
avrebbe posto preclusioni alle aperture,  sia  con  riferimento  agli
orari, sia con riferimento alle giornate domenicali e festive, ma  si
sarebbe limitata a regolamentare aspetti di sua competenza esclusiva,
prevedendo che la possibilita' di apertura sia bilanciata  con  altri
interessi, anch'essi di rilevanza costituzionale, come la tutela  dei
lavoratori, dell'ambiente, e dei beni culturali,  interessi  peraltro
richiamati piu' volte dallo stesso d.l. n. 201 del 2011 proprio nelle
parti in cui disciplina le liberalizzazioni. 
    In ogni caso, secondo la Regione non sarebbe possibile  ravvisare
quelle esigenze di tutela della concorrenza invocate dal  ricorrente,
posto che la normativa statale  di  rimozione  delle  limitazioni  in
ordine ad orari e  festivita'  per  il  commercio  al  dettaglio  non
interviene ad eliminare situazioni di squilibrio  esistenti  tra  gli
operatori del settore. 
    Pertanto, contrariamente  a  quanto  affermato  dallo  Stato,  la
disciplina regionale non violerebbe la competenza  esclusiva  statale
in materia di tutela della concorrenza,  anche  perche'  l'art.  117,
secondo  comma,  lettera  e),  Cost.  non  sarebbe  titolo  idoneo  a
legittimare la  compressione  totale  delle  prerogative  legislative
regionali costituzionalmente  garantite  in  una  materia,  quale  e'
quella del commercio, di competenza esclusiva delle Regioni, ai sensi
dell'art. 117, quarto comma, Cost. 
    Secondo la Regione, anche nel diritto comunitario si puo' trovare
conferma del fatto che la materia della regolamentazione degli  orari
e delle giornate di apertura degli esercizi commerciali non rilevi ai
fini della tutela della concorrenza. 
    Tale diritto, infatti, sarebbe totalmente  neutro  rispetto  alla
questione  dell'orario  di  apertura  e  chiusura  dei  negozi,  come
dimostrerebbe la  circostanza  che  nella  maggior  parte  dei  Paesi
dell'Unione Europea gli esercizi commerciali chiudono alle ore  18.00
e sono chiusi la domenica ed i giorni festivi. 
    In particolare, non verrebbero in rilievo ne' gli artt. 49  e  56
del  Trattato  sul  funzionamento   dell'Unione   europea   i   quali
disciplinano la libera circolazione  di  merci,  persone,  servizi  e
capitali e  liberta'  di  stabilimento,  per  garantire  l'accesso  e
l'esercizio di un'attivita' economica in un Paese dell'UE diverso  da
quello di origine, ne' le finalita' di tutela della concorrenza cosi'
come definite a livello comunitario, dagli artt. da  101  a  106  del
Trattato (gia' artt. da 81 a 86). 
    A questo proposito, la Regione richiama  la  Corte  di  Giustizia
che, proprio con riferimento  a  normative  degli  stati  membri  che
regolano l'apertura domenicale degli  esercizi  commerciali,  avrebbe
riconosciuto che esse perseguono «un obiettivo  legittimo  alla  luce
del diritto comunitario. Invero, le discipline nazionali che limitano
l'apertura   domenicale   di   esercizi   commerciali   costituiscono
l'espressione di determinate scelte,  rispondenti  alle  peculiarita'
socio culturali nazionali  o  regionali.  Spetta  agli  Stati  membri
effettuare queste scelte attenendosi alle  prescrizioni  del  diritto
comunitario,  in  particolare  al  principio   di   proporzionalita'»
(sentenza del 16 dicembre 1992, Causa C-169/91). 
    In conclusione, il ricorso sarebbe infondato e la Regione Toscana
avrebbe legittimamente esercitato la propria potesta' legislativa  in
materia di commercio. 
    Con memoria depositata in prossimita'  dell'udienza,  la  Regione
Toscana  ha   ribadito   le   proprie   argomentazioni   a   sostegno
dell'infondatezza  del  ricorso  anche  alla  luce   dell'intervenuta
sentenza n. 299 del 2012 con la quale  questa  Corte  ha  respinto  i
ricorsi proposti da alcune  Regioni,  compresa  la  Regione  Toscana,
avverso l'art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
notificato a mezzo posta il 27 febbraio-1° marzo 2012 e depositato il
successivo 5 marzo, ha sollevato, in  via  principale,  questione  di
legittimita' costituzionale degli articoli 88 e 89 della legge  della
Regione Toscana 27 dicembre 2011, n. 66 (Legge finanziaria per l'anno
2012), i quali sostituiscono, rispettivamente, gli articoli 80 e  81,
comma 1, della legge della Regione Toscana 7  febbraio  2005,  n.  28
(Codice del Commercio. Testo Unico in materia di  commercio  in  sede
fissa, su aree pubbliche, somministrazioni  di  alimenti  e  bevande,
vendita della  stampa  quotidiana  e  periodica  e  distribuzione  di
carburanti), nella parte in cui, con  l'art.  88,  introducono  nuovi
limiti agli orari degli esercizi di commercio al  dettaglio  in  sede
fissa e reintroducono l'obbligo di chiusura domenicale e  festiva  e,
con l'art. 89, introducono nuovi limiti agli orari degli esercizi  di
somministrazione di alimenti e bevande. 
    L'Avvocatura dello Stato ritiene che le norme  impugnate  violino
l'articolo 117, secondo comma, lettera  e),  della  Costituzione  che
riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la  materia
della  tutela  della  concorrenza,  competenza  esercitata   mediante
l'approvazione dell'art. 31, comma 1, del  decreto-legge  6  dicembre
2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita,  l'equita'  e  il
consolidamento dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge n.  214  del  2011,  che  ha  eliminato  i  limiti  e  le
prescrizioni agli orari e alle giornate di  apertura  degli  esercizi
commerciali. 
    La questione e' fondata. 
    L'art. 3, comma 1, del  decreto-legge  14  luglio  2006,  n.  223
(Disposizioni urgenti per il rilancio economico  e  sociale,  per  il
contenimento e la razionalizzazione  della  spesa  pubblica,  nonche'
interventi  in  materia  di  entrate  e  di  contrasto   all'evasione
fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4  agosto  2006,
n. 248, nel dettare le regole di tutela della concorrenza nel settore
della distribuzione commerciale - al fine di garantire condizioni  di
pari opportunita'  ed  il  corretto  ed  uniforme  funzionamento  del
mercato, nonche' di  assicurare  ai  consumatori  finali  un  livello
minimo ed uniforme di condizioni di  accessibilita'  all'acquisto  di
prodotti e servizi sul territorio nazionale -  individua  gli  ambiti
normativi per i quali espressamente esclude  che  lo  svolgimento  di
attivita'  commerciali,  comprese  quelle  di   somministrazione   di
alimenti e bevande, possa incontrare limiti e prescrizioni. 
    L'art. 35, comma 6,  del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha
aggiunto la lettera d-bis) al comma 1 del citato art. 3 del  d.l.  n.
223 del 2006, estendendo anche alla disciplina degli  orari  e  della
chiusura domenicale o festiva  degli  esercizi  commerciali  l'elenco
degli ambiti normativi per i quali e' espressamente  escluso  che  lo
svolgimento  di  attivita'  commerciali  possa  incontrare  limiti  e
prescrizioni, sia pure solo in via sperimentale e limitatamente  agli
esercizi ubicati nei comuni inclusi  negli  elenchi  regionali  delle
localita' turistiche o citta' d'arte 
    L'art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del  2011  ha  modificato  la
lettera d-bis) del comma 1 dell'art. 3 citato, eliminando  dal  testo
della norma  le  parole  «in  via  sperimentale»  e  dopo  le  parole
«dell'esercizio» l'espressione  «ubicato  nei  comuni  inclusi  negli
elenchi regionali delle localita' turistiche o citta' d'arte», con il
risultato che le attivita' commerciali non  possono  piu'  incontrare
limiti o prescrizioni relative a  orari  o  giornate  di  apertura  e
chiusura da rispettare, essendo tutto rimesso al libero apprezzamento
dell'esercente. 
    Tale ultima norma e' stata oggetto di impugnazione  da  parte  di
numerose Regioni che hanno lamentato la violazione  della  competenza
legislativa residuale in materia di  commercio,  ai  sensi  dell'art.
117, quarto comma, Cost. 
    Questa Corte, con sentenza n.  299  del  2012,  ha  ritenuto  non
fondate le questioni di  costituzionalita'  sollevate  dalle  Regioni
ricorrenti, dovendosi inquadrare l'art. 31, comma 1, del d.l. n.  201
del 2011 nella materia «tutela  della  concorrenza»,  riservata  alla
competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma,  lettera
e), Cost. 
    La prima delle norme impugnate nel  presente  giudizio  (art.  88
della legge regionale n. 66 del 2011) si  rivolge  agli  esercizi  di
commercio  al  dettaglio  in  sede  fissa,  in  relazione  ai   quali
reintroduce  l'obbligo  di  chiusura  domenicale  e  festiva,   salvo
limitate deroghe, e prescrive il limite massimo di apertura oraria di
tredici ore giornaliere, salvo la possibilita' di introdurre  deroghe
da parte dei comuni. 
    La seconda delle norme impugnate (l'art. 89 della medesima  legge
reg. n. 66 del 2011) reintroduce limiti  agli  orari  di  apertura  e
chiusura al pubblico per gli esercizi di somministrazione di alimenti
e bevande, da determinarsi da parte dei Comuni  previa  concertazione
con le organizzazioni imprenditoriali del commercio e del turismo, le
organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore e le associazioni
dei consumatori, maggiormente rappresentative. 
    Risulta palese il contrasto tra la normativa regionale  impugnata
e l'art. 3, comma 1, lettera d-bis), del d.l. n. 223 del  2006,  come
novellato  dall'art.  31,  comma  1,  del  d.l.  n.  201  del   2011,
ascrivibile alla competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
«tutela della concorrenza», che, come si  e'  innanzi  precisato,  ha
liberalizzato gli orari e le  giornate  di  apertura  degli  esercizi
commerciali. 
    Ne consegue che gli artt. 88 e 89 della legge reg. n. 66 del 2011
violano l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  80
della legge della Regione Toscana 7 febbraio 2005, n. 28 (Codice  del
Commercio. Testo Unico in materia di commercio in sede fissa, su aree
pubbliche, somministrazioni di  alimenti  e  bevande,  vendita  della
stampa quotidiana e periodica e distribuzione  di  carburanti),  come
sostituito dall'articolo 88 della  legge  della  Regione  Toscana  27
dicembre 2011, n. 66 (Legge finanziaria per l'anno 2012); 
    2) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  81,
comma 1, della legge della Regione  Toscana  n.  28  del  2005,  come
sostituito dall'articolo 89 della legge regionale n. 66 del 2011. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 febbraio 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                  Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 22 febbraio 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI