N. 28 SENTENZA 25 - 26 febbraio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Norme  della  Regione  Campania  -
  Fondo per le risorse finanziarie destinate  all'incentivazione  del
  personale del comparto della Giunta regionale -  Dotazione  per  il
  triennio 2011-2013 pari a quello relativo all'anno 2010  -  Ricorso
  del Governo -  Asserita  violazione  della  competenza  legislativa
  statale nella materia concorrente del coordinamento  della  finanza
  pubblica,  per  la  mancata   riduzione   del   fondo   in   misura
  proporzionale alla  riduzione  del  personale  in  servizio  -  Ius
  superveniens - Rinuncia  al  ricorso  accettata  dalla  controparte
  costituita - Estinzione del processo. 
- Legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, art.  23, comma
  7. 
- Costituzione, art.  117,  terzo  comma;  norme  integrative  per  i
  giudizi davanti alla Corte costituzionale, art. 23. 
Impiego pubblico -  Norme  della  Regione  Campania  -  Personale  in
  posizione di comando ed in servizio alla data del 31 dicembre  2011
  presso il Commissariato di Governo - Immissione a  domanda,  e  nei
  limiti dei posti in organico,  nei  ruoli  della  Giunta  regionale
  della  Campania  -  Ricorso  del   Governo   -   Lamentata   omessa
  specificazione che l'inquadramento e' limitato al  personale  delle
  Poste e non si estende al  personale  dell'Istituto  Poligrafico  e
  Zecca  dello  Stato  -   Asserita   violazione   della   competenza
  legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile, per
  incidenza su rapporti di diritto  privato  regolati  dai  contratti
  collettivi -  Asserita  violazione  dei  principi  di  eguaglianza,
  ragionevolezza,  imparzialita'  e  buon  andamento  della  pubblica
  amministrazione, nonche'  dei  principi  statali  di  coordinamento
  della finanza pubblica - Ius superveniens  -  Rinuncia  al  ricorso
  accettata dalla controparte costituita - Estinzione del processo. 
- Legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, art.  23, comma
  10. 
- Costituzione, artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera  l);  norme
  integrative per i giudizi davanti alla Corte  costituzionale,  art.
  23. 
Impiego pubblico - Norme della Regione Campania - Accesso  nei  ruoli
  regionali - Ricorso del Governo  -  Eccepita  inammissibilita'  per
  apoditticita' del ricorso e carenza di motivazione - Reiezione. 
- Legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, art. 24,  commi
  2 e 3. 
-   
Acque  -  Norme  della  Regione  Campania  -  Regolamento   regionale
  disciplinante il conferimento a terzi di concessioni di derivazioni
  idriche cessate - Inapplicabilita' alle richieste di riassegnazione
  inoltrate prima della sua entrata in vigore -  Conseguente  effetto
  di rinnovo automatico delle concessioni - Eccepita inammissibilita'
  per  censura  di  norma  inconferente  e  impugnazione  tardiva   -
  Reiezione. 
- Legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, art. 32,  comma
  2. 
-   
Bilancio e contabilita' pubblica - Norme  della  Regione  Campania  -
  Commissione per il  contrasto  dell'evasione  e  dell'elusione  dei
  tributi erariali in materia fiscale  e  contributiva  -  Potere  di
  formulare proposte per l'impiego di una quota delle somme derivanti
  dal recupero dell'evasione, prevedendo che le  relative  spese  non
  siano considerate ai fini del computo del  Patto  di  stabilita'  -
  Contrasto  con  la  disciplina  statale  del  Patto  di  stabilita'
  interno, che non prevede per gli enti locali alcuna possibilita' di
  escludere somme dal calcolo delle spese finali determinate ai  fini
  del rispetto del Patto di stabilita', e che, per quanto riguarda il
  riutilizzo del gettito derivante  dal  recupero  fiscale,  consente
  alle Regioni di escludere dal Patto solo  le  somme  effettivamente
  incassate al 30 novembre di ogni  anno,  utilizzate  per  spese  in
  conto capitale e acquisite  in  apposito  capitolo  di  bilancio  -
  Violazione  della  competenza  legislativa  statale  nella  materia
  concorrente   del   coordinamento   della   finanza   pubblica    -
  Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, art. 11,  comma
  4. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; legge  12  novembre  2011,  n.
  183, artt. 31 e 32, comma 4, lettera i). 
Bilancio e contabilita' pubblica - Norme  della  Regione  Campania  -
  Stanziamento di spese per complessivi 2.500.000 euro, gravanti  per
  almeno un milione di  euro  sul  fondo  di  riserva  per  le  spese
  impreviste, UPB 7.28.135, incapiente rispetto alle spese previste -
  Violazione dell'obbligo di  copertura  finanziaria  delle  spese  -
  Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, artt. 22, 37  e
  50. 
- Costituzione, art. 81, quarto comma. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Norme  della  Regione  Campania  -
  Dirigenza della Giunta regionale - Riduzione del 50 per cento delle
  posizioni dirigenziali  prive  di  titolarita'  alla  data  del  1°
  gennaio 2010 - Corrispondente riduzione dell'apposito fondo per  il
  finanziamento della retribuzione di posizione e di  risultato,  per
  un importo pari alla  somma  delle  retribuzioni  accessorie  delle
  posizioni soppresse - Ricorso del  Governo  -  Asserita  violazione
  della  competenza  legislativa  esclusiva  statale  in  materia  di
  ordinamento civile,  per  l'incidenza  della  norma  impugnata  sul
  trattamento economico della dirigenza, rimesso alla  contrattazione
  collettiva - Insussistenza - Non fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, art.  23, comma
  6. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera l). 
Impiego pubblico -  Norme  della  Regione  Campania  -  Personale  in
  posizione di comando da almeno 24 mesi presso  l'Agenzia  regionale
  per la protezione ambientale della Campania (ARPAC) - Inquadramento
  nei ruoli  dell'Agenzia  medesima  mediante  selezione  pubblica  -
  Contrasto con la norma statale che consente assunzioni di personale
  nel limite del  20%  della  spesa  corrispondente  alle  cessazioni
  dell'anno precedente  -  Violazione  della  competenza  legislativa
  statale nella materia concorrente del coordinamento  della  finanza
  pubblica - Violazione del principio dell'accesso ai pubblici uffici
  attraverso  concorso  pubblico,  e  dei  principi  di  eguaglianza,
  ragionevolezza,  imparzialita'  e  buon  andamento  della  pubblica
  amministrazione - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, art. 24,  comma
  2. 
- Costituzione, artt. 3, 97 e  117,  terzo  comma;  decreto-legge  31
  maggio 2010, n. 78 (convertito nella legge 30 luglio 2010, n. 122),
  art. 14, comma 9. 
Impiego pubblico - Norme della Regione Campania -  Agenzia  regionale
  per la protezione ambientale della  Campania  -  Autorizzazione  ad
  utilizzare la graduatoria esistente alla data del 31 dicembre  2009
  del concorso bandito per  il  profilo  professionale  di  dirigente
  ambientale,  per  far   fronte   all'attivita'   di   vigilanza   e
  monitoraggio del territorio - Contrasto con  la  normativa  statale
  che pone vincoli in materia di assunzione  di  personale  -  Omessa
  indicazione dei mezzi di copertura della spesa -  Violazione  della
  competenza  legislativa  statale  nella  materia  concorrente   del
  coordinamento della finanza pubblica - Violazione  dell'obbligo  di
  copertura finanziaria delle spese - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, art. 24,  comma
  3. 
- Costituzione,  artt.  81,  quarto  comma,  e  117,   terzo   comma;
  decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78  (convertito  nella  legge  30
  luglio 2010, n. 122), art. 14, comma 9. 
Appalti pubblici - Norme della  Regione  Campania  -  Bandi  di  gara
  effettuati con il criterio dell'offerta economica piu'  vantaggiosa
  - Parita'  di  punteggio  tra  i  concorrenti  -  Applicazione  del
  criterio della preferenza delle "imprese che hanno la propria  sede
  legale ed operative sul territorio  campano,  ovvero  che  svolgono
  almeno la meta'  della  propria  attivita'  in  territorio  campano
  ovvero che impiegano  almeno  la  meta'  dei  lavoratori  cittadini
  residenti in Campania"  -  Contrasto  con  i  principi  statali  in
  materia di procedure di affidamento e  di  criteri  di  valutazione
  dell'offerta - Violazione della  competenza  legislativa  esclusiva
  statale in materia di tutela della  concorrenza  e  di  ordinamento
  civile - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, art. 27,  comma
  1, lettera b). 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera e); d.lgs. 12 aprile
  2006, n. 163, art. 4, comma 3. 
Acque  -  Norme  della  Regione  Campania  -  Regolamento   regionale
  disciplinante il conferimento a terzi di concessioni di derivazioni
  idriche cessate - Inapplicabilita' alle richieste di riassegnazione
  inoltrate prima  della  sua  entrata  in  vigore,  con  conseguente
  effetto di rinnovo automatico delle concessioni - Contrasto con  la
  normativa statale che vieta la proroga delle concessioni giunte  al
  termine, senza  l'espletamento  delle  procedure  previste  per  la
  scelta del concessionario e di quelle relative alla  compatibilita'
  ambientale  -  Violazione  della  competenza  legislativa   statale
  esclusiva in  materia  di  tutela  dell'ambiente  -  Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, art. 32,  comma
  2. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); d.lgs. 3  aprile
  2006, n. 152, art. 95, comma 6. 
Sanita' pubblica - Norme della Regione Campania - Previsione  che  la
  Regione  e  le  Universita'  definiscano  uno  specifico  Piano  di
  riorganizzazione, anche in deroga alla programmazione vigente,  per
  l'assetto, gli accorpamenti e l'integrazione di Aziende ospedaliere
  universitarie - Contrasto con le previsioni dell'Accordo sul  Piano
  di rientro dei disavanzi sanitari 2007-2009 stipulato tra lo  Stato
  e la Regione - Interferenza con il mandato conferito al  Presidente
  della Regione quale Commissario ad acta per  la  realizzazione  del
  Piano medesimo - Violazione della potesta' sostitutiva dello  Stato
  - Illegittimita'  costituzionale  -  Assorbimento  degli  ulteriori
  motivi di censura. 
- Legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, art. 45,  comma
  1. 
- Costituzione, art. 120, secondo comma (art. 117, terzo comma). 
Sanita' pubblica - Norme della Regione Campania - Individuazione  dei
  finanziamenti che la Regione garantisce in applicazione  del  Piano
  di riorganizzazione per  le  Aziende  ospedaliere  universitarie  -
  Interferenza con il mandato conferito al Presidente  della  Regione
  quale Commissario ad acta per la realizzazione del Piano di rientro
  dei disavanzi sanitari  2007-2009  stipulato  tra  lo  Stato  e  la
  Regione - Violazione  della  potesta'  sostitutiva  dello  Stato  -
  Illegittimita' costituzionale - Assorbimento degli ulteriori motivi
  di censura. 
- Legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, art. 45,  comma
  3. 
- Costituzione, art. 120, secondo comma (artt. 81,  quarto  comma,  e
  117, terzo comma). 
(GU n.10 del 6-3-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Paolo  Maria  NAPOLITANO,
  Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  degli  articoli  11,
comma 4, 22, 23, commi 6, 7 e 10, 24, commi  2  e  3,  27,  comma  1,
lettera b), 32, comma 2, 37, 45, commi 1 e 3, e 50 della legge  della
Regione  Campania  27  gennaio  2012,  n.  1  (Disposizioni  per   la
formazione del bilancio annuale 2012 e  pluriennale  2012-2014  della
Regione Campania - Legge finanziaria  regionale  2012)  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei  ministri,  con  ricorso  notificato  il
27-28 marzo 2012, depositato presso la cancelleria il 30  marzo  2012
ed iscritto al n. 65 del registro ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  15  gennaio  2013  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi l'avvocato dello Stato Angelo Venturini per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto
per la Regione Campania. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 30 marzo 2012 ed iscritto al n.  65
del registro ricorsi 2012, il Presidente del Consiglio  dei  ministri
ha impugnato numerose disposizioni della legge della Regione Campania
27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Campania  -  Legge
finanziaria regionale 2012). 
    1.1.-  In  primo  luogo,  il  Presidente  del  Consiglio  impugna
l'articolo 11, comma 4, per contrasto con gli artt. 117, terzo comma,
e 119, secondo comma, della  Costituzione.  L'articolo  dispone,  tra
l'altro, la costituzione di un'apposita Commissione per il  contrasto
dell'evasione e dell'elusione dei tributi erariali in materia fiscale
e  contributiva.  Il  comma  4  censurato  prevede,  per  quanto  qui
interessa, che detta Commissione possa formulare proposte  anche  con
riferimento  all'«eventuale  riutilizzo  di  una  quota  del  maggior
gettito  riferibile  all'attivita'  di  recupero   fiscale   per   il
finanziamento di  programmi  e  interventi  finalizzati  al  sostegno
dell'economia, alla promozione di nuova occupazione e  di  assistenza
socio-sanitaria  in  favore  di  soggetti  a  rischio  di  esclusione
sociale» nel contesto regionale. Tale riutilizzo viene  escluso  «dal
complesso delle spese finali determinate ai fini del  rispetto  della
disciplina del Patto di stabilita' interno». 
    Secondo il ricorrente, la previsione  che  tali  somme,  sul  cui
utilizzo la Commissione puo' effettuare proposte, siano  escluse  dal
complesso delle spese finali ai fini del Patto di stabilita' interno,
comporterebbe innanzitutto un'asimmetria tra le  voci  di  entrata  e
quelle di spesa relative al Patto di stabilita', in quanto le entrate
verrebbero  considerate  relativamente  al  rispetto  del  Patto   di
stabilita', mentre non lo sarebbero le relative spese. 
    Sussisterebbe, inoltre, un conflitto tra la normativa censurata e
la disciplina statale relativa al Patto di stabilita'. Tale contrasto
si verificherebbe sia in riferimento agli enti locali, che, ai  sensi
dell'art. 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183  (Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  Legge
di stabilita' 2012), non potrebbero escludere alcuna voce di spesa in
relazione al Patto di stabilita', sia rispetto alle Regioni,  poiche'
per queste ultime l'art. 32, comma  4,  lettera  i),  della  medesima
legge n. 183 del 2011 disporrebbe l'esclusione, ai fini del Patto  di
stabilita', delle sole spese in conto capitale nei limiti delle somme
effettivamente incassate entro il  30  novembre  grazie  al  recupero
fiscale  e  purche'  iscritte  a  bilancio  separatamente.  La  norma
censurata  non  prevedrebbe  tali  condizioni  e  dunque  sarebbe  in
contrasto anche con la disciplina del Patto di stabilita' applicabile
ai bilanci regionali. 
    Di   conseguenza,   la   disposizione   regionale,    consentendo
incondizionatamente di escludere dal computo delle spese  finali,  da
valutare con riferimento al Patto di stabilita', le spese  finanziate
con il recupero fiscale, determinerebbe  un  aggravamento  dei  saldi
finanziari e, pertanto, si verificherebbe una violazione di norme  di
coordinamento della finanza pubblica  vincolanti  per  le  Regioni  e
dunque degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost. 
    1.2.- Vengono in secondo luogo censurati gli artt. 22,  37  e  50
della legge impugnata, con riferimento  all'art.  81,  quarto  comma,
Cost. L'art. 22 riguarda l'istituzione di una «societa' di scopo  per
azioni,  denominata  Campania  Ambiente  e  Servizi   spa,   per   lo
svolgimento di funzioni  in  materia  ambientale  e  di  prevenzione,
nonche' di manutenzione del  patrimonio  immobiliare  della  Regione,
degli enti regionali e del servizio sanitario  regionale  nonche'  in
materia di servizi strumentali degli  enti  predetti»,  con  capitale
sociale pari a 500.000 euro. L'art. 37 modifica l'art. 36 della legge
regionale 18 novembre 2009, n. 14 (Testo unico della normativa  della
Regione Campania in materia di lavoro e formazione professionale  per
la promozione della  qualita'  del  lavoro),  introducendo  il  comma
5-bis, con cui istituisce il «fondo per la gestione delle crisi e dei
processi di sviluppo», con un onere, per il 2012, pari a 1 milione di
euro. L'art. 50 istituisce infine il  fondo  di  finanziamento  delle
Universita' campane, autorizzando la spesa di 1 milione di euro. 
    Ciascuna di queste voci di spesa grava,  in  tutto  o  in  parte,
sulla medesima unita' previsionale di base 7.28.135, Fondo di riserva
per le spese impreviste: la spesa  prevista  dall'art.  22  vi  grava
totalmente,  quella  derivante  dall'art.  37  non   e'   esattamente
quantificata, in  quanto  il  fondo  per  la  gestione  di  crisi  e'
finanziato anche mediante le «risorse liberate  della  programmazione
2000-2006», mentre il fondo di cui all'art. 50 vi fa riferimento  per
500.000 euro. 
    Poiche' il Fondo per le spese impreviste per il  2012  ammonta  a
868.000 euro, le  previsioni  di  spesa  sopra  menzionate  sarebbero
parzialmente prive di copertura finanziaria e dunque contrasterebbero
con l'art. 81, quarto comma, Cost. 
    1.3.- E' poi censurato l'art. 23, comma 6, della legge  regionale
indicata in epigrafe, per contrasto con l'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), Cost.  Tale  articolo  dispone  che,  in  attuazione  del
principio di buon andamento dell'attivita' amministrativa, il 50  per
cento delle posizioni dirigenziali prive di titolarita' alla data del
1° gennaio 2010 siano soppresse e, a partire dalla medesima data,  il
fondo per il finanziamento  della  retribuzione  di  posizione  e  di
risultato dell'area della dirigenza della Giunta sia  ridotto  di  un
importo pari alla somma delle retribuzioni accessorie delle  suddette
posizioni. Tale norma inciderebbe cosi' su un fondo  gia'  costituito
nel suo ammontare e dotato di una destinazione di scopo, relativo  al
«trattamento economico  della  dirigenza»,  come  disciplinato  dagli
articoli 26, comma 3, 27, comma 9,  e  28,  comma  2,  del  contratto
collettivo nazionale del lavoro dell'Agenzia  per  la  Rappresentanza
Negoziale  delle  Pubbliche  Amministrazioni  del  23  dicembre  1999
(Contratto  collettivo  nazionale  di  lavoro  per   il   quadriennio
normativo 1998-2001 e per il  biennio  economico  1998-1999  relativo
all'area della dirigenza del comparto "Regioni - Autonomie  locali").
L'art. 45, comma 1, del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche)  disporrebbe  invece  che  il  trattamento
economico fondamentale sia definito dai contratti  collettivi  e,  in
generale, dal  Titolo  II  del  predetto  decreto,  attribuendo  alla
contrattazione collettiva il compito di disciplinare  il  trattamento
economico della dirigenza,  in  base  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), Cost., in materia di «ordinamento civile».  La  normativa
regionale  censurata  invaderebbe  pertanto  quest'ultima  competenza
legislativa esclusiva statale. 
    Secondo il ricorrente, la Corte costituzionale, con  sentenza  n.
339 del 2011, avrebbe confermato quest'orientamento. Del resto, anche
l'Agenzia   per   la   Rappresentanza   Negoziale   delle   Pubbliche
Amministrazioni (ARAN)  (parere  n.  A1129)  non  riterrebbe  che  le
amministrazioni regionali possano ridurre i relativi stanziamenti  di
risorse in occasione della  soppressione  di  funzioni  di  qualifica
dirigenziale. Pertanto, la norma  censurata  violerebbe  l'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost., che riserva la materia «ordinamento
civile», cui la disposizione attingerebbe,  all'esclusiva  competenza
legislativa statale. 
    1.4.- Il Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  ha  censurato
l'art. 23, comma 7, della legge regionale indicata in  epigrafe,  per
contrasto con  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.  Tale  disposizione
regionale prevede che il fondo per le risorse  finanziarie  destinate
all'incentivazione del personale del comparto per la Giunta regionale
per il triennio 2011-2013, nel rispetto di quanto stabilito dall'art.
9, commi 1 e 2-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78  (Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita'
economica), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122, sia pari a quello relativo all'anno  2010,  comprensivo
delle economie previste dall'art. 17, comma 5, del vigente  contratto
collettivo nazionale del lavoro di comparto. 
    La Regione, proprio per rispettare la citata normativa statale in
caso di cessazioni dal  servizio,  secondo  il  ricorrente,  dovrebbe
ridurre il fondo in misura proporzionale alla riduzione del personale
di servizio. In particolare, l'art. 9, comma 2-bis, del decreto-legge
n. 78 del 2010 dispone che a partire dal 2011 e fino a tutto il  2013
l'ammontare  delle  risorse  destinate  annualmente  al   trattamento
accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di  ciascuna
delle amministrazioni di cui all'articolo 1,  comma  2,  del  decreto
legislativo n. 165 del 2001, non  possa  superare  il  corrispondente
importo dell'anno 2010 e sia, comunque,  automaticamente  ridotto  in
misura  proporzionale  alla  riduzione  del  personale  in  servizio.
Pertanto, la norma oggetto di censura, omettendo  di  prevedere  tale
automatica riduzione del fondo in corrispondenza  alle  riduzioni  di
personale, contravverrebbe all'art. 9, commi 1 e 2-bis,  del  decreto
n. 78 del 2010, traducendosi in una violazione dell'art.  117,  terzo
comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica. 
    1.5.- E' stato censurato altresi'  l'art.  23,  comma  10,  della
legge regionale impugnata, per contrasto con gli artt. 3, 97  e  117,
secondo comma, lettera l), e terzo comma, Cost. L'art. 23, comma  10,
nella formulazione oggetto d'impugnazione, stabiliva infatti  che  il
personale di cui all'art. 3, comma 112, della legge 24 dicembre 2007,
n. 244  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2008),  in  posizione  di
comando ed in servizio alla data  del  31  dicembre  2011  presso  il
Commissariato di Governo, poteva  essere  immesso  a  domanda  e  nei
limiti dei posti  in  organico,  nei  ruoli  della  Giunta  regionale
campana. Il ricorrente ha rilevato che l'art. 3 della  legge  n.  244
del 2007, evocato dalla legislazione regionale, si applicava solo  al
personale  dell'Istituto  Poligrafico  dello  Stato  e  delle   Poste
Italiane Spa in posizione di comando dal 2007: specificazione che non
si sarebbe  ritrovata  nella  normativa  censurata.  La  proroga  del
comando e, quindi, la scadenza per disporre il relativo trasferimento
di ruolo avrebbe del resto riguardato il solo personale  delle  Poste
in posizione di comando dal 2007, a seguito dall'art.  21,  comma  1,
del decreto-legge 29  dicembre  2011,  n.  216  (Proroga  di  termini
previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni,
dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, mentre non  sarebbe  stata  piu'
consentita per il personale dell'Istituto Poligrafico e  Zecca  dello
Stato. 
    La norma regionale,  non  specificando  che  la  possibilita'  di
inquadramento nel ruolo della Giunta era limitata al personale  delle
Poste in posizione di comando dal 2007, avrebbe dunque violato l'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost., che  riserva  alla  competenza
esclusiva statale la disciplina dell'ordinamento  civile  e,  quindi,
dei rapporti di diritto privato regolabili dai contratti  collettivi.
Inoltre, l'estensione di tale disposizione al personale  che  non  ne
aveva titolo avrebbe comportato sia il rischio di richieste emulative
da parte di altri settori pubblici, sia la violazione dei principi di
uguaglianza, ragionevolezza, imparzialita'  e  buon  andamento  della
pubblica amministrazione di cui agli articoli 3 e 97  Cost.,  nonche'
del principio di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art.
117, terzo comma, Cost. 
    1.6.- L'art.  24,  comma  2,  oggetto  di  censura,  e'  ritenuto
illegittimo per contrasto con gli articoli 3, 97 e 117, terzo  comma,
Cost.  La  disposizione  impugnata  prevede  che  il  personale,   in
posizione di comando da almeno 24 mesi alla data d'entrata in  vigore
della legge censurata e in servizio presso l'Agenzia regionale per la
protezione ambientale della  Campania  (ARPAC),  transiti  attraverso
selezione pubblica nei ruoli dell'Agenzia, senza  ulteriori  oneri  a
carico del bilancio regionale. La norma non rispetterebbe l'art.  14,
comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010, espressione della potesta'
legislativa  statale  in  materia  di  coordinamento  della   finanza
pubblica di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., il quale stabilisce
che gli enti possano assumere personale nel limite del 20  per  cento
della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno  precedente.  La
disposizione regionale, configurando  un  inquadramento  riservato  a
determinato personale  in  violazione  del  principio  costituzionale
dell'accesso ai pubblici  uffici  attraverso  pubblico  concorso,  si
porrebbe altresi' in contrasto sia  con  l'art.  3  Cost.,  sotto  il
profilo della ragionevolezza e dell'uguaglianza, sia  con  l'art.  97
Cost., che impone il buon andamento e l'imparzialita' della  pubblica
amministrazione. 
    1.7.- Viene inoltre censurato l'art. 24,  comma  3,  della  legge
regionale indicata in epigrafe, per violazione degli artt. 81, quarto
comma, e 117, terzo comma, Cost. Questo articolo autorizza  l'Agenzia
regionale per la protezione ambientale della Campania a utilizzare la
graduatoria esistente alla data del 31 dicembre 2009, riferentesi  al
concorso  bandito  per  il   profilo   professionale   di   dirigente
ambientale, per far fronte alle esigenze dell'attivita' di  vigilanza
e monitoraggio del territorio. Secondo il ricorrente, con tale  norma
verrebbero aumentate le figure dirigenziali, senza alcuna indicazione
relativa alla copertura finanziaria e senz'alcun richiamo all'attuale
normativa   vincolistica   in   materia   di   personale    stabilita
dall'articolo  14,  comma  9,  del  decreto-legge  n.  78  del  2010.
Conseguentemente, si  verificherebbe  una  violazione  dell'art.  81,
quarto comma, Cost., in materia di copertura finanziaria, e dell'art.
117, terzo comma, Cost., in materia di coordinamento finanziario. 
    1.8.- Il Presidente del Consiglio impugna poi l'art. 27, comma 1,
lettera b), della legge regionale censurata, per contrasto con l'art.
117, secondo comma,  lettere  e)  e  l),  Cost.  La  norma  impugnata
modifica l'art. 44 della legge  regionale  27  febbraio  2007,  n.  3
(Disciplina dei lavori pubblici, dei servizi  e  delle  forniture  in
Campania), prevedendo che, qualora il contratto sia affidato  con  il
criterio dell'offerta economica piu'  vantaggiosa,  i  bandi  debbano
stabilire che, se i concorrenti  conseguono  il  medesimo  punteggio,
siano preferite le imprese che abbiano  la  propria  sede  legale  ed
operativa sul territorio campano, o  che  svolgano  almeno  la  meta'
della propria attivita' in territorio campano o che impieghino almeno
la meta' dei lavoratori cittadini residenti in Campania. 
    Tale norma si porrebbe in contrasto con diverse disposizioni  del
decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.  163  (Codice  dei  contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in  attuazione  delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE). In base all'art. 4, comma  3,  di
quest'ultimo decreto legislativo sarebbero  di  competenza  esclusiva
dello  Stato,  tra  l'altro,  la  qualificazione  e   selezione   dei
concorrenti,  le  procedure   di   affidamento   e   i   criteri   di
aggiudicazione. Inoltre,  mentre  l'art.  2,  comma  2,  del  decreto
legislativo imporrebbe il rispetto dei principi di parita',  liberta'
di concorrenza, parita' di trattamento e non discriminazione,  l'art.
83 stabilirebbe i criteri di valutazione nel caso  di  aggiudicazione
con il sistema dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa,  facendo
riferimento alla  natura,  all'oggetto  e  alle  caratteristiche  del
contratto, senza che possano  rilevare  la  sede  dell'impresa  o  la
residenza dei propri dipendenti nel territorio  regionale  in  quanto
tali. Tali  aspetti,  in  base  alla  giurisprudenza  costituzionale,
sarebbero riconducibili all'art. 117, secondo comma, lettere e) e f),
Cost., relative  alla  tutela  della  concorrenza  e  all'ordinamento
civile, e dunque esigerebbero  un'uniforme  disciplina  su  tutto  il
territorio  nazionale,   configurandosi   come   vincolanti   per   i
legislatori regionali. Si determinerebbe, dunque, un'invasione  delle
competenze statali sia in materia di tutela della concorrenza sia  di
ordinamento civile. 
    1.9.- Viene poi denunciata l'illegittimita' dell'art.  32,  comma
2, della legge regionale menzionata in epigrafe,  per  contrasto  con
l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.  La   disposizione
impugnata prevede che le norme del  regolamento  regionale  9  aprile
2010, n. 10 (Disciplina della ricerca ed  utilizzazione  delle  acque
minerali e termali, delle  ricerche  geotermiche  e  delle  acque  di
sorgente), che disciplinano il conferimento a  terzi  di  concessioni
oggetto di cessazione, non si applica alle istanze di  riassegnazione
delle concessioni dichiarate cessate, inoltrate prima dell'entrata in
vigore del regolamento. La norma, per espressa previsione, sarebbe in
continuita' con l'art. 44, comma 18, della legge regionale 22  luglio
2009, n. 8 (Modifica alla legge regionale 29  luglio  2008,  n.  8  -
Disciplina della ricerca ed  utilizzazione  delle  acque  minerali  e
termali, delle  risorse  geotermiche  e  delle  acque  di  sorgente),
secondo cui nelle more di adozione del regolamento non possono essere
rilasciate nuove concessioni, fatte salve le riassegnazioni di quelle
dichiarate cessate. Per tale ragione essa  comporterebbe  un  rinnovo
automatico delle concessioni, in violazione della normativa  statale,
la quale, in base al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme
in  materia  ambientale),  prevedrebbe,   a   tutela   dell'ambiente,
specifiche procedure per il conferimento delle concessioni oggetto di
cessazione. La norma regionale sottrarrebbe alla  disciplina  statale
le ipotesi di riassegnazione delle concessioni dichiarate cessate. 
    Piu' precisamente, la norma  regionale  non  terrebbe  conto  dei
principi  stabiliti  dal  decreto  legislativo  n.   152   del   2006
relativamente  ai  procedimenti  di  rilascio  delle  concessioni  di
derivazione di acque pubbliche.  L'art.  95,  comma  4,  del  decreto
disporrebbe infatti  che  ogni  derivazione  di  acqua  sia  regolata
dall'Autorita' concedente mediante la previsione di rilasci,  secondo
criteri adottati  dal  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio con apposito decreto,  previa  intesa  con  la  Conferenza
Stato-Regioni.  Il  successivo  articolo  97  del  decreto   dispone,
inoltre, che  le  concessioni  di  utilizzazione  di  acque  minerali
naturali e di sorgente siano rilasciate tenendo conto delle  esigenze
di approvvigionamento e distribuzione delle acque  potabili  e  delle
previsioni del Piano di tutela, previsto all'art. 121. 
    La norma, inoltre, sottrarrebbe alla vigente normativa in materia
di valutazione d'impatto ambientale (VIA), disciplinata  dagli  artt.
19 e seguenti  del  decreto  legislativo  n.  152  del  2006,  intere
categorie di progetti, in violazione di quanto previsto dal  decreto,
che codifica ipotesi interessate dalla norma regionale in  esame  per
le quali e' richiesto il rispetto della disciplina in tema di VIA. In
particolare,  andrebbero  considerate  le  ipotesi  di  utilizzo  non
energetico di acque superficiali, nei  casi  in  cui  la  derivazione
superi i mille litri al secondo, e di acque sotterranee, ivi comprese
quelle minerali e termali, nei casi in cui la  derivazione  superi  i
cento litri al secondo, o i casi di derivazione di acque superficiali
ed opere connesse che prevedano derivazioni  oltre  i  200  litri  al
secondo,  nonche'  le  trivellazioni  finalizzate  alla  ricerca  per
derivazioni di acque sotterranee superiori a  50  litri  al  secondo.
Sarebbero escluse dunque dalla VIA,  al  momento  del  rinnovo  della
concessione, quelle attivita' in precedenza  mai  sottoposte  a  tale
procedura, in quanto precedenti l'entrata in vigore  della  normativa
comunitaria. Sarebbe inoltre impossibile verificare, con  riferimento
a concessioni gia' in precedenza sottoposte a VIA, se  gli  eventuali
mutamenti  delle  condizioni  territoriali  ed   ambientali   rendano
necessario subordinare l'eventuale rinnovo ad un aggiornamento  della
procedura in materia di VIA. 
    Pertanto,  la   norma   regionale   detterebbe   una   disciplina
confliggente  con  la  normativa  vigente,  presentando  un   profilo
d'illegittimita' relativo all'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),
Cost., in materia di tutela ambientale e dell'ecosistema. 
    1.10.- Il ricorrente inoltre considera l'art. 45, commi  1  e  3,
della legge regionale indicata in epigrafe,  per  contrasto  con  gli
artt. 81, quarto comma, 117, terzo comma, e 120, secondo comma, Cost. 
    Il ricorrente premette che la Regione ha stipulato con lo  Stato,
in data 13 marzo 2007, ai sensi di quanto previsto dall'art. 1, comma
180, della legge 30  dicembre  2004,  n.  311  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  Legge
finanziaria 2005), l'Accordo  sul  Piano  di  rientro  dei  disavanzi
sanitari 2007-2009. Con l'approvazione di tale Accordo, la Regione si
sarebbe impegnata ad attuare il Piano e a rispettare la  legislazione
vigente, con riferimento a quanto disposto dall'art.  1,  comma  796,
lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  Legge
finanziaria  2007).  Successivamente,  poiche'  la  Regione   avrebbe
disatteso l'Accordo, nel luglio  2009  lo  Stato  avrebbe  esercitato
poteri sostitutivi, secondo quanto previsto dall'art. 4, comma 2, del
decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in  materia
economico-finanziaria,  per  lo  sviluppo   e   l'equita'   sociale),
convertito, con modificazioni, in legge 29  novembre  2007,  n.  222,
procedendo alla nomina del Presidente della Regione quale Commissario
ad acta per la realizzazione del Piano di rientro. 
    E'  stata  concessa  alle  Regioni  in  situazione  di   gestione
commissariale,  come  la  Regione  Campania,   la   possibilita'   di
proseguire  il  Piano  di  rientro  attraverso  programmi  operativi,
precisandosi all'art. 2, commi 80 e 95, della legge 23 dicembre 2009,
n. 191  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2010), che gli interventi
individuati dal Piano  sono  vincolanti  per  la  Regione,  la  quale
sarebbe obbligata a rimuovere i provvedimenti di ostacolo alla  piena
attuazione di quest'ultimo. 
    Ricevuto il mandato commissariale conferito con la  delibera  del
Consiglio dei ministri del 23 aprile 2010, il Commissario ad acta per
la Regione Campania ha adottato il decreto n. 41 del 14 luglio  2010,
avente ad oggetto l'«Approvazione del nuovo Programma  operativo  per
l'anno 2010». Nella riunione del 26 ottobre 2010, il  tavolo  tecnico
per la verifica degli adempimenti ha prospettato un  forte  disavanzo
non coperto per l'anno 2010 a causa della non completa attuazione del
Programma operativo 2010, invitando il Commissario ad approvare entro
l'anno il Programma operativo  2011-2012,  il  che  e'  avvenuto  con
decreto regolamentare del 20 giugno 2011, n. 45. 
    Il risultato  di  gestione  per  l'anno  2010  ha  nel  frattempo
registrato un disavanzo, il quale ha  determinato,  per  la  Regione,
l'applicazione degli automatismi fiscali previsti dall'art. 1,  comma
174, della legge n. 311 del 2004, ossia l'ulteriore incremento  delle
aliquote fiscali dell'imposta regionale sulle attivita' produttive  e
dell'addizionale regionale  all'imposta  sui  redditi  delle  persone
fisiche; inoltre, si e' verificato il  blocco  delle  assunzioni  del
personale del servizio sanitario regionale fino al 31  dicembre  2013
ed e' stato applicato il divieto di effettuare spese non obbligatorie
per il medesimo periodo. 
    La Corte costituzionale, ad avviso  del  ricorrente,  si  sarebbe
gia' pronunciata sui piani di rientro dal disavanzo  sanitario  e  di
gestione commissariale. In particolare, avrebbe affermato che  l'art.
1, comma 796, lettera b),  della  legge  n.  296  del  2006  ha  reso
vincolanti, per le Regioni che li hanno sottoscritti, gli  interventi
individuati  negli  atti   di   programmazione   necessari   per   il
perseguimento dell'equilibrio economico,  compreso,  nel  caso  della
Campania, l'Accordo tra lo Stato  e  la  Regione.  La  Corte  avrebbe
inoltre chiarito che l'operato del Commissario ad  acta  sopraggiunge
all'esito di una persistente inerzia degli organi regionali, al  fine
di garantire la tutela dell'unita' economica  della  Repubblica  e  i
livelli  essenziali  delle   prestazioni,   per   cui   le   funzioni
amministrative del Commissario ad acta  dovrebbero  essere  poste  al
riparo da ogni interferenza da parte delle istituzioni regionali. 
    1.11.- Alla luce di tali premesse, la legge in esame presenta due
diversi profili d'illegittimita' costituzionale. In primo  luogo,  Il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri   rileva   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 45, comma 1, della legge regionale n. 1  del
2012, il quale prescrive che la Regione e le Universita',  entro  sei
mesi dalla data di entrata in vigore della legge impugnata e al  fine
di  ristabilire  l'equilibrio  economico  delle  Aziende  ospedaliere
universitarie, definiscano uno specifico Piano  di  riorganizzazione,
su base pluriennale, contemplando anche provvedimenti in deroga  alla
programmazione  vigente,  relativi  all'assetto  organizzativo,  agli
accorpamenti e all'integrazione di tali Aziende. 
    Tale disposizione, prevedendo deroghe alla programmazione vigente
in materia di  assetti  organizzativi,  accorpamenti  e  integrazione
delle Aziende, si porrebbe  in  contrasto  per  due  aspetti  con  il
mandato commissariale, che attribuisce tali compiti al Commissario ad
acta in via esclusiva: in particolare sussiste un  conflitto  con  il
punto 1, lettera i), del mandato commissariale di cui  alla  Delibera
del  Consiglio  dei  ministri  del  23  aprile   2010   (Verifica   e
ridefinizione dei protocolli d'intesa con le Universita' pubbliche) e
con il punto 9  del  Programma  operativo  della  Campania  2011-2012
(Protocolli d'intesa con le Universita' degli studi), che  rinvia  al
decreto n. 49 del 2010 di riorganizzazione  del  sistema  ospedaliero
regionale secondo criteri da applicarsi  con  protocolli  anche  alle
Aziende ospedaliere universitarie, e dei decreti commissariali nn. 60
e 61 del 2010 di approvazione dei protocolli gia' intervenuti con due
Universita'. 
    Di conseguenza vi sarebbe una lesione dei  principi  fondamentali
relativi al  contenimento  della  spesa  pubblica  sanitaria  di  cui
all'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009,  in  base  ai
quali, in costanza del Piano di rientro,  alla  Regione  e'  preclusa
l'adozione di nuovi provvedimenti di ostacolo alla  piena  attuazione
del Piano. Sussisterebbe, pertanto,  una  violazione  dell'art.  117,
terzo  comma,  Cost.,  in  relazione  ai  principi  fondamentali   di
coordinamento  della   finanza   pubblica.   Inoltre,   la   medesima
disposizione, intervenendo in  materia  di  organizzazione  sanitaria
durante  la  vigenza  del  Piano,  interferirebbe  con   l'attuazione
predisposta attraverso gli atti commissariali, e  dunque  con  l'art.
120, secondo comma, Cost.,  nel  quale  trova  fondamento  il  potere
sostitutivo  esercitato  dal  Governo  attraverso   la   nomina   del
Commissario ad acta. 
    1.12.- Sulle medesime basi viene censurato l'art.  45,  comma  3,
della  legge  regionale  indicata  in  epigrafe,  ove   definisce   i
finanziamenti che la Regione garantisce in applicazione del Piano  di
riorganizzazione   per   le   Aziende   ospedaliere    universitarie,
individuando alcune fonti di  finanziamento.  Tali  disposizioni  non
troverebbero  riscontro  nei  contenuti   del   Programma   operativo
2011-2012, ne' sarebbero accompagnate da altri provvedimenti  che  ne
garantiscano la copertura finanziaria. 
    Anche in questo caso, dunque, il ricorrente ravvisa un  contrasto
con l'art. 2, commi 80 e 95, della legge n.  191  del  2009,  secondo
cui, durante la  vigenza  del  Piano  di  rientro,  alla  Regione  e'
preclusa l'adozione di provvedimenti che siano di ostacolo  alla  sua
attuazione.  Conseguentemente,  si  verificherebbe   una   violazione
dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, per contrasto  con  i
principi fondamentali della legislazione in materia di  coordinamento
della finanza pubblica, nonche' dell'art. 120, secondo comma,  Cost.,
per interferenza con le  attribuzioni  conferite  al  Commissario  ad
acta. Verrebbe infine violato l'art.  81,  quarto  comma,  Cost.,  in
quanto l'articolo censurato ometterebbe  d'individuare  la  copertura
finanziaria per gli oneri che introduce. 
    2.- Con atto depositato presso la Cancelleria il 7  maggio  2012,
si e' costituita in giudizio la Regione Campania,  chiedendo  che  le
censure vengano dichiarate inammissibili e infondate, e  riservandosi
di argomentare ulteriormente. 
    3.- Con legge 15 giugno 2012,  n.  14,  recante  «Interpretazione
autentica dell'articolo 23, comma 10 della legge regionale 27 gennaio
2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale  2012
e pluriennale 2012 - 2014 della Regione Campania - Legge  finanziaria
regionale 2012) e dell'articolo 18, comma 2 della legge  regionale  3
novembre 1994, n. 32 (Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502  e
successive modifiche ed integrazioni, riordino del servizio sanitario
regionale)», la Regione Campania ha successivamente  specificato  che
la disposizione di cui all'art. 23, comma 10, della  legge  regionale
censurata, si applica soltanto al personale delle Poste  italiane  di
cui all'art.  21,  comma  1,  del  decreto-legge  n.  216  del  2011,
modificando, cosi', la disposizione impugnata in  senso  satisfattivo
delle doglianze del ricorrente. 
    Con atto depositato il  19  settembre  2012,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  rinunciato  al  ricorso   limitatamente
all'art. 23, comma 10, della legge impugnata; tale rinuncia e'  stata
accettata dalla  parte  resistente  con  atto  depositato  presso  la
cancelleria della Corte il 18 ottobre 2012. 
    4.- L'art.  23,  comma  7,  della  legge  regionale  indicata  in
epigrafe e' stato sostituito dall'art. 1,  lettera  a),  della  legge
della Regione Campania 10 maggio 2012, n. 11 (Modifiche legislative e
disposizioni in  materia  di  consorzi  di  bonifica),  il  quale  ha
previsto  che  il  fondo  per  l'incentivazione  delle  politiche  di
sviluppo delle risorse umane sia ridotto proporzionalmente a  seguito
delle cessazioni dal servizio, modificando la disposizione  impugnata
in senso satisfattivo rispetto alla doglianza iniziale. 
    5.- Il Presidente del Consiglio ha, quindi,  presentato  rinuncia
al ricorso limitatamente all'art. 23, comma 7,  depositandola  presso
la cancelleria della Corte il 18 dicembre 2012. 
    La rinuncia e' stata accettata dalla Regione resistente con  nota
depositata il 10 gennaio 2013. 
    6.- Con memoria depositata il 24 dicembre 2012, la resistente  ha
argomentato  in  riferimento  alle  censure,  sia  sotto  il  profilo
dell'inammissibilita' sia sotto quello del merito. 
    6.1.- Relativamente all'art. 11, comma 4, della  legge  regionale
impugnata, che attribuisce alla Commissione di contrasto all'evasione
il compito di formulare  proposte  sulla  destinazione  del  recupero
fiscale, escludendo le relative somme dal computo ai fini  del  patto
di stabilita'  interno,  la  Regione  sostiene  che  la  censura  non
considererebbe  il  mero   potere   di   proposta   attribuito   alla
Commissione.  Sarebbe  la   normativa   eventualmente   approvata   a
disciplinare l'operativita' dei meccanismi previsti dalla  norma  qui
censurata. Dunque, l'effettiva osservanza  del  Patto  di  stabilita'
dovrebbe essere verificata con riferimento alle  norme  eventualmente
introdotte  su  proposta  della  Commissione.  Da  cio'   deriverebbe
l'infondatezza della censura. 
    6.2.- Con riferimento alla censura degli art. 22,  37  e  50,  la
Regione  ritiene  la  ricostruzione  del  Presidente  del   Consiglio
destituita di fondamento. Infatti, in  primo  luogo,  gli  interventi
relativi a tali articoli risulterebbero solo parzialmente  finanziati
attraverso le  risorse  presenti  sull'unita'  previsionale  di  base
7.28.135: l'art. 37 prevede una copertura anche attraverso le risorse
liberate dalla programmazione 2000-2006,  mentre  il  fondo  previsto
all'art. 50 viene finanziato anche attraverso una riduzione del fondo
di riserva per le spese obbligatorie. 
    Inoltre, secondo la resistente, la tesi  dell'Avvocatura  sarebbe
fondata  sul  presupposto  che  le  risorse   appostate   sull'unita'
previsionale dedicata alle spese impreviste siano  insufficienti  per
sostenere le spese derivanti dalle disposizioni regionali  impugnate.
Tuttavia, la legge regionale Campania 27 gennaio 2012, n. 2 (Bilancio
di previsione della Regione  Campania  per  l'anno  2012  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2012-2014),  all'art.  6,  che  contempla
esattamente quel  fondo  che  il  Presidente  ritiene  insufficiente,
risulterebbe gia' comprensiva delle rimodulazioni degli  stanziamenti
di bilancio originariamente previsti, rimodulazioni effettuate  anche
per corrispondere alle previsioni censurate. Del resto,  il  medesimo
disegno di legge relativo al bilancio regionale 2012, approvato dalla
Giunta regionale della Campania con delibera  15  novembre  2012,  n.
641, prevedeva inizialmente l'appostamento  sull'unita'  previsionale
7.28.135 di una cifra complessiva di 8.000.000 di euro, sufficienti a
coprire le spese previste  nella  normativa  censurata.  In  sede  di
approvazione della legge regionale di bilancio 2012, lo  stanziamento
sarebbe invece stato modificato dal Consiglio regionale in base  agli
interventi di spesa programmati dalla legge regionale finanziaria per
il 2012. Ne sarebbe pertanto conseguita una riduzione  delle  risorse
dell'unita' previsionale di base 7.28.135  che  l'avrebbe  portata  a
868.000 euro,  al  netto  degli  oneri  previsti  dalle  disposizioni
impugnate. Il ricorso dovrebbe dunque ritenersi  infondato  anche  su
questo punto. 
    6.3.- Con riferimento alla censura  dell'art.  23,  comma  6,  la
difesa regionale lamenta innanzitutto la assoluta inconferenza  della
giurisprudenza costituzionale evocata dal  Presidente  del  Consiglio
per argomentare sull'illegittimita' della norma.  Infatti,  la  norma
regionale dichiarata illegittima con la  sentenza  n.  339  del  2011
avrebbe avuto ad  oggetto  il  trattamento  economico  dei  dirigenti
regionali, laddove la  norma  dell'art.  23,  comma  6,  della  legge
regionale  qui  censurata  si   limiterebbe   a   ridurre   l'importo
complessivamente appostato  nel  fondo  per  il  finanziamento  della
retribuzione  della  dirigenza  della  Giunta  regionale,  in  misura
corrispondente  alla  riduzione   dell'organico.   Dunque,   non   si
verificherebbe alcuna modificazione rispetto al trattamento economico
dei dirigenti. 
    Il riferimento al parere ARAN n. A1129, che non consentirebbe  la
riduzione delle risorse in occasione della soppressione di funzioni e
di posti di qualifica dirigenziale,  sarebbe  ugualmente  mal  posto.
Infatti, la medesima ARAN, nel successivo parere  n.  A1196,  avrebbe
specificato  che  la  norma  che  prescrive  l'irriducibilita'  delle
risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione  e
di risultato dei dirigenti non si estende alle  voci  retributive  di
natura  variabile,  nel  tempo  e  nell'entita'.  L'Agenzia  medesima
avrebbe ritenuto, infatti, che  qualora  vengano  meno  le  posizioni
dirigenziali cui tali voci si legano, debbano  venir  meno  anche  le
relative  risorse,  altrimenti   queste   ultime   mancherebbero   di
giustificazione. 
    Infine, il medesimo legislatore statale, con la legge  30  luglio
2010,  n.  122  (Conversione  in  legge,   con   modificazioni,   del
decreto-legge 31 maggio  2010,  n.  78,  recante  misure  urgenti  in
materia  di   stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'
economica), all'art. 9, comma 2-bis, avrebbe disposto  che  dal  2011
fino  all'intero  2013  l'ammontare  delle   risorse   destinate   al
trattamento  accessorio  del  personale,  anche  dirigenziale,  delle
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del  decreto  legislativo
n.  165  del  2001  -  tra  cui  rientrerebbe   pacificamente   anche
l'amministrazione regionale campana - non  possa  superare  l'importo
corrispondente per il 2010 e sia comunque  ridotto  proporzionalmente
alla riduzione del personale in  servizio.  Dunque,  la  disposizione
regionale censurata configurerebbe una fattispecie analoga  a  quella
considerata dal legislatore statale, che effettua la riduzione  delle
risorse  destinate  alle  retribuzioni  accessorie,   qualora   delle
posizioni vengano soppresse. L'analogia tra  la  normativa  regionale
censurata  e  quella  statale  confermerebbe   l'infondatezza   della
censura. 
    6.4.- Con riferimento alla censura dell'art. 24, comma  2,  della
legge  impugnata,  riguardante  il   transito,   mediante   selezione
pubblica,  del  personale  in  posizione   di   comando   da   almeno
ventiquattro  mesi  presso  l'Agenzia  regionale  per  la  protezione
ambientale della Campania, la resistente argomenta in  punto  sia  di
ammissibilita', sia di merito. 
    La resistente sostiene, infatti, l'inammissibilita' della censura
poiche' questa  sarebbe  priva  di  adeguato  corredo  motivazionale,
"idoneo a comprenderne in maniera plausibile le ragioni". Il  ricorso
si limiterebbe a dedurre "apoditticamente"  la  violazione  dell'art.
14, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010, senza  esplicitare  in
che termini  sussisterebbe  tale  violazione.  Questo  determinerebbe
l'inammissibilita'  del  ricorso  sul   punto,   poiche'   la   Corte
costituzionale    si    sarebbe    espressa    negando    chiaramente
l'ammissibilita' di questioni di legittimita' dedotte senza  percorsi
logici  argomentativi  capaci   di   ricondurle   ai   parametri   di
costituzionalita' evocati. 
    Venendo  alle  argomentazioni  relative  al  merito,  la   difesa
regionale sostiene l'infondatezza del ricorso mettendo in luce che il
transito nei ruoli dell'Agenzia da parte del personale  in  posizione
di comando avverrebbe in ogni caso nel rispetto dei vincoli di  legge
in  materia  di  reclutamento,  dunque  in  piena  rispondenza   alle
normative che il ricorrente riterrebbe invece violate. 
    Inoltre, quanto alle censure relative alla competenza statale  di
coordinamento della finanza pubblica ex art. 117, terzo comma, Cost.,
la disposizione regionale risulterebbe in linea  con  le  indicazioni
derivanti dalla giurisprudenza costituzionale costante,  che  avrebbe
specificato  come   le   Regioni   siano   autorizzate   a   modulare
discrezionalmente le riduzioni delle singole voci di spesa, fermo  il
vincolo complessivo imposto dal legislatore statale. 
    Con riferimento alle censure relative agli artt. 3  e  97  Cost.,
che evidenzierebbero un illegittimo inquadramento  del  personale  in
deroga  al  principio  del  pubblico  concorso,  proprio   la   Corte
costituzionale avrebbe riconosciuto la strumentalita' di quest'ultimo
rispetto al canone di efficienza dell'amministrazione, consentendo di
derogarvi in presenza di particolari  ragioni  giustificatrici,  come
l'esigenza  di  consolidare   specifiche   esperienze   professionali
maturate  all'interno  dell'amministrazione.  In  questo  caso,  tali
ragioni  sussisterebbero.  Anche  le  censure  su  tale  disposizione
regionale sarebbero, pertanto, infondate. 
    6.5.-  Con  riferimento  alla  censura  dell'art.  24,  comma  3,
relativa all'utilizzo da parte dell'Agenzia regionale per  l'Ambiente
della Campania di una graduatoria preesistente al  fine  di  assumere
personale di rango dirigenziale, la resistente  lamenta  innanzitutto
il  suo  carattere  apodittico,  che  costituirebbe  una  ragione  di
inammissibilita'. 
    Con  riferimento  al  merito,  la  Regione  evidenzia  che   tale
disposizione non creerebbe nuove posizioni  dirigenziali  all'interno
dell'Agenzia regionale per l'ambiente,  ma  accorderebbe  soltanto  a
quest'ultima la  possibilita'  di  fare  riferimento  alle  esistenti
graduatorie concorsuali, laddove sia necessaria l'assunzione di nuove
figure  professionali   di   dirigente   ambientale.   Tra   l'altro,
consentendo l'utilizzazione dei nominativi presenti nelle graduatorie
gia'  formate,  la  norma  regionale   eviterebbe   nuove   procedure
concorsuali, con l'effetto di contenere le spese relative. 
    Infine,  le  previsioni  dell'art.  24,  comma  3,  della   legge
regionale n.  1  del  2012  andrebbero  lette  in  combinato  con  il
precedente comma 2, che, da un lato, vincola le nuove  assunzioni  al
rispetto  dei  vincoli  di  legge  in  materia  di  reclutamento  del
personale  delle  amministrazioni  pubbliche,   mentre,   dall'altro,
precisa l'assenza di nuovi oneri a carico del bilancio regionale. Per
tali ragioni, anche  le  censure  rivolte  contro  tale  disposizione
sarebbero infondate. 
    6.6.- Rispetto  alle  censure  relative  all'art.  27,  comma  1,
lettera b), della legge impugnata, riferite alla  previsione  di  una
preferenza, in caso di  parita'  di  punteggio  all'interno  di  gare
d'appalto,  per  i  soggetti  aventi  un  grado  di  radicamento  nel
territorio   regionale,   la   difesa   argomenta   ugualmente    per
l'infondatezza. 
    In primo luogo, l'art. 83 del decreto legislativo n. 163 del 2006
prevede propriamente che il bando di gara contempli per ogni criterio
di   valutazione   prescelto   tra   quelli   elencati   in   maniera
esemplificativa i sub-criteri e sub-pesi o sub-punteggi necessari  al
fine di consentire l'affidamento del  contratto  a  concorso.  Questo
risponderebbe  al  principio  generale,   espresso   dalla   costante
giurisprudenza amministrativa, secondo cui la  predeterminazione  dei
sub-criteri gia' in sede di redazione del bando ridurrebbe  il  grado
di apprezzamento soggettivo da parte della commissione giudicatrice e
consentirebbe  ai  concorrenti  di  conoscere  tutti   gli   elementi
rilevanti ai fini della preparazione dell'offerta. Proprio  per  tali
ragioni, la legislazione regionale avrebbe inserito un  "sub-criterio
integrativo" operante solo nel caso di parita' tra i concorrenti. Del
resto, il decreto legislativo n.  163  del  2006  non  contemplerebbe
alcuna previsione relativa ai casi  in  cui  le  diverse  offerte  si
collochino in una graduatoria in posizione di parita'. 
    Inoltre, la clausola di territorialita'  sarebbe  stata  ritenuta
pienamente compatibile con la  tutela  della  concorrenza  e  con  il
principio di buon  andamento  dell'amministrazione,  da  parte  della
giurisprudenza amministrativa, la quale  avrebbe  ritenuto  che  dare
rilievo alla localizzazione  della  sede  dell'impresa  risponderebbe
allo scopo di assicurare il migliore  svolgimento  della  prestazione
contrattuale.  Ne  deriverebbe,   pertanto,   anche   in   tal   caso
l'infondatezza dei motivi del ricorso. 
    6.7.- Con riferimento all'art. 32, comma 2, censurato, la Regione
deduce  innanzitutto  l'inammissibilita'  della   relativa   censura,
sostenendo che la norma impugnata  sarebbe  priva  di  reale  portata
innovativa, limitandosi ad offrire un'interpretazione  autentica  del
disposto dell'art. 44, comma 18,  della  legge  regionale  29  luglio
2008, n. 8 (Disciplina della ricerca delle acque minerali e  termali,
delle risorse geotermiche e delle acque di sorgente). Di conseguenza,
la censura erariale, in realta', sarebbe rivolta  verso  quest'ultima
disposizione e sarebbe percio'  intervenuta  tardivamente,  oltre  il
termine di impugnazione ex art. 127 Cost. 
    Venendo alle argomentazioni in punto  d'infondatezza,  la  difesa
regionale sostiene che dalla norma censurata non  si  possa  desumere
alcuna riassegnazione  automatica  delle  concessioni  cessate,  come
sostiene,  invece,  l'Avvocatura  dello  Stato.  La  norma,  infatti,
stabilirebbe l'inapplicabilita' delle prescrizioni del regolamento n.
10 del 2010 alle istanze presentate prima della data  di  entrata  in
vigore di quest'ultimo. Non vi sarebbe  traccia,  invece,  di  alcuna
previsione derogatoria delle regole procedimentali  per  il  rilascio
delle concessioni di utilizzo di acque. Alle  concessioni  rilasciate
prima  dell'entrata  in  vigore  del  regolamento   verrebbe   dunque
applicata  la  disciplina  statale  vigente,  anche  in  materia   di
valutazione d'impatto ambientale, in base al principio  tempus  regit
actum.  Del   resto,   la   giurisprudenza   amministrativa   avrebbe
chiaramente statuito che la regola dell'irretroattivita'  dell'azione
amministrativa e' espressione tanto  dell'esigenza  di  garantire  la
certezza dei rapporti giuridici quanto del  principio  di  legalita',
che   non   consentirebbe   al   potere   regolamentare    d'incidere
unilateralmente e con effetto ex ante sulle situazioni soggettive del
privato. Di conseguenza, le censure relative a questa norma sarebbero
infondate. 
    6.8.- Con  riguardo  all'art.  45,  commi  1  e  3,  della  legge
regionale n. 1 del 2012, relativo alla riorganizzazione delle Aziende
ospedaliere universitarie, la difesa regionale nota innanzitutto  che
tali disposizioni vincolerebbero espressamente la  pianificazione  al
rispetto delle competenze attribuite al Commissario ad acta, nominato
ai fini dell'attuazione del Piano di rientro dal  deficit  sanitario,
escludendo ogni possibilita' d'interferenza dell'intervento regionale
rispetto alle attribuzioni commissariali relative al Piano di rientro
medesimo. 
    In  secondo  luogo,  la  Regione  evidenzia  che  la   disciplina
censurata  sarebbe  in  ogni  caso  pienamente  in  linea   con   gli
orientamenti della giurisprudenza costituzionale in materia, la quale
avrebbe   chiaramente   affermato    l'illegittimita'    d'interventi
effettuati dalle Regioni in presenza  di  un  Piano  di  rientro  dal
disavanzo sanitario, ma nei limiti in cui detti interventi  risultino
tali da aggravare la situazione finanziaria della sanita'  regionale.
La giurisprudenza avrebbe  in  particolare  escluso  l'illegittimita'
costituzionale di norme regionali  se  piu'  rigorose  rispetto  alle
disposizioni del Piano di rientro. Nel caso  ora  portato  di  fronte
alla Corte, le disposizioni censurate prevedrebbero interventi  volti
a conseguire proprio lo scopo del risanamento. 
    Infine, la difesa regionale specifica che la Corte costituzionale
avrebbe,  con  riferimento  alle  Aziende  ospedaliero-universitarie,
stabilito che il risanamento non potrebbe effettuarsi  in  violazione
dell'autonomia universitaria prevista all'art. 33 Cost.,  e,  dunque,
che sarebbero in ogni  caso  necessari  protocolli  d'intesa  tra  la
Regione e le Universita'  per  perseguire  gli  scopi  del  Piano  di
rientro:   l'art.   45   censurato,   prevedendo    un    Piano    di
riorganizzazione, rispetterebbe pienamente le  indicazioni  derivanti
dalla giurisprudenza costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso depositato presso la cancelleria della  Corte  il
30 marzo 2012 ed iscritto al n. 65  del  registro  ricorsi  2012,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri   ha   impugnato   numerose
disposizioni della legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1
(Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale   2012   e
pluriennale 2012-2014 della  Regione  Campania  -  Legge  finanziaria
regionale 2012). 
    1.1.- La prima doglianza si riferisce all'articolo 11,  comma  4,
della legge regionale impugnata.  Il  comma  censurato  prevede,  tra
l'altro,  che  la   neoistituita   Commissione   per   il   contrasto
dell'evasione e dell'elusione dei tributi erariali in materia fiscale
e contributiva possa formulare proposte per l'impiego  di  una  quota
delle somme  derivanti  dal  recupero  dell'evasione,  per  obiettivi
determinati. Il riutilizzo di tali somme, essendo, in base alla norma
censurata, escluso dal complesso delle spese  finali  determinate  ai
fini del rispetto della disciplina del Patto di  stabilita'  interno,
violerebbe l'art. 117, terzo comma,  e  l'art.  119,  secondo  comma,
Cost. Infatti, la normativa statale sul Patto di stabilita'  interno,
di cui alla legge 12 novembre  2011,  n.  183  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita' 2012), all'art. 31 non prevedrebbe, per gli  enti  locali,
alcuna possibilita' di escludere somme dal calcolo delle spese finali
determinate ai fini del rispetto del  Patto  di  stabilita',  mentre,
all'art. 32, consentirebbe alle Regioni di escludere dal  Patto,  per
quanto riguarda il riutilizzo del gettito derivante dall'attivita' di
recupero fiscale,  solo  le  somme  effettivamente  incassate  al  30
novembre di ogni anno, utilizzate  per  spese  in  conto  capitale  e
acquisite in apposito capitolo di bilancio: condizioni,  queste,  che
non sarebbero precisate dalla normativa regionale censurata. 
    1.2.- La seconda censura ha ad oggetto gli  artt.  22,  37  e  50
della legge regionale indicata in epigrafe, che  sarebbero  privi  di
copertura finanziaria  e  percio'  sarebbero  contrari  all'art.  81,
quarto comma, Cost. Precisamente, i tre articoli prevedrebbero spese,
per complessivi 2.500.000 euro, gravanti per  almeno  un  milione  di
euro sul fondo di riserva per le spese impreviste, UPB  7.28.135,  il
quale ammonterebbe a  868.000  euro  e  sarebbe,  dunque,  incapiente
rispetto alle spese previste. 
    1.3.- La terza censura riguarda l'art. 23, comma 6,  della  legge
regionale indicata in epigrafe. Tale comma prevede la  riduzione  del
50 per cento delle posizioni dirigenziali prive di  titolarita'  alla
data del 1° gennaio 2010 e aggiunge  che,  dalla  medesima  data,  il
fondo per il finanziamento  della  retribuzione  di  posizione  e  di
risultato dell'area della dirigenza della Giunta regionale e' ridotto
di un importo pari alla somma  delle  retribuzioni  accessorie  delle
posizioni soppresse. Il Presidente del Consiglio ritiene che la norma
incida su un fondo gia' predeterminato nell'ammontare e dotato di una
destinazione di scopo, in tal modo invadendo l'ambito del trattamento
economico della dirigenza,  il  quale,  ai  sensi  dell'art.  45  del
decreto  legislativo  30  marzo  2001,   n.   165   (Norme   generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche),    e'    rimesso    alla    contrattazione    collettiva.
Conseguentemente, la norma regionale violerebbe l'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost., in materia di ordinamento civile. 
    1.4.- La quarta doglianza si appunta sull'art. 23, comma 7, della
legge citata in epigrafe, il  quale  prevede  che  il  fondo  per  le
risorse finanziarie destinate all'incentivazione  del  personale  del
comparto della Giunta regionale, per il triennio 2011-2013, sia  pari
a quello relativo all'anno 2010. A detta del ricorrente,  la  Regione
avrebbe  omesso  di  prevedere  la  riduzione  del  fondo  in  misura
proporzionale alla riduzione del personale in servizio,  come  invece
esigerebbe l'art. 9, commi 1 e 2-bis, del  decreto-legge  n.  78  del
2010. La  norma  regionale  sarebbe  pertanto  in  contrasto  con  la
legislazione statale, determinando la violazione dell'art. 117, terzo
comma, Cost., con riferimento alla competenza statale in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica. 
    1.5.- Viene inoltre censurato l'art. 23, comma  10,  della  legge
regionale, per contrasto con gli artt. 3, 97 e  117,  secondo  comma,
lettera l), e terzo comma, Cost. Il comma 10 stabilisce, infatti, che
il personale di cui all'art. 3, comma 112, della  legge  24  dicembre
2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2008),  in  posizione  di
comando ed in servizio alla data  del  31  dicembre  2011  presso  il
Commissariato di Governo, possa  essere  immesso,  a  domanda  e  nei
limiti dei posti in organico, nei ruoli della Giunta regionale  della
Campania. Il  ricorrente  rileva  innanzitutto  che  la  proroga  del
comando e, quindi, la scadenza per disporre il relativo trasferimento
di ruolo riguarderebbe il solo personale delle Poste in posizione  di
comando dal 2007, in base all'art. 21, comma 1, del decreto-legge  29
dicembre 2011, n. 216 (Proroga di termini  previsti  da  disposizioni
legislative), convertito, con modificazioni, nella legge 24  febbraio
2012, n. 14, mentre non sarebbe  piu'  consentita  per  il  personale
dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. 
    La norma regionale,  non  specificando  che  la  possibilita'  di
inquadramento nel ruolo della Giunta e' limitata al  personale  delle
Poste in posizione  di  comando  dal  2007,  violerebbe  l'art.  117,
secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  che  riserva  alla  competenza
esclusiva statale la disciplina dell'ordinamento  civile  e,  quindi,
dei rapporti di diritto privato regolabili dai contratti  collettivi.
Inoltre, l'estensione di tale disposizione al personale  che  non  ne
abbia titolo comporterebbe sia il rischio di richieste  emulative  da
parte di altri settori pubblici, sia la violazione  dei  principi  di
uguaglianza, ragionevolezza, imparzialita'  e  buon  andamento  della
pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione,
nonche' dei principi statali di coordinamento della finanza  pubblica
di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    1.6.- La sesta doglianza riguarda l'art. 24, comma 2, della legge
regionale indicata in epigrafe.  Tale  disposizione  prevede  che  il
personale in posizione di comando da almeno 24 mesi presso  l'Agenzia
regionale  per  la  protezione  ambientale  della  Campania   (ARPAC)
transiti mediante selezione pubblica nei ruoli di quest'ultimo  ente.
Questa norma contrasterebbe, secondo il ricorrente, innanzitutto  con
la norma statale di cui all'art. 14, comma 9,  del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione
finanziaria  e  di   competitivita'   economica),   convertito,   con
modificazioni, in legge 30 luglio 2010,  n.  122,  che  consentirebbe
assunzioni di personale nel limite del 20% della spesa corrispondente
alle  cessazioni  dell'anno  precedente.  Contravvenendo  al   regime
vincolistico relativo  alle  assunzioni,  la  disposizione  censurata
violerebbe  l'art.  117,  terzo   comma,   Cost.,   in   materia   di
coordinamento finanziario, cui sarebbe riconducibile la  disposizione
statale evocata a parametro interposto. 
    Inoltre,  la  norma  regionale  consentirebbe  un   inquadramento
riservato al personale in posizione di  comando,  violando  l'obbligo
costituzionale di accesso  ai  pubblici  uffici  attraverso  pubblico
concorso.   Risulterebbero,   dunque,   violati   i    principi    di
ragionevolezza, uguaglianza, buon  andamento  e  imparzialita'  della
pubblica amministrazione, di cui agli artt. 3 e 97 Cost. 
    1.7.- L'art. 24, comma  3,  della  legge  regionale  indicata  in
epigrafe e' poi censurato, in quanto  autorizza  l'Agenzia  regionale
per  la  protezione  ambientale  della  Campania  ad  utilizzare   la
graduatoria esistente alla data del 31  dicembre  2009  del  concorso
bandito per il profilo professionale di dirigente ambientale, per far
fronte all'attivita' di  vigilanza  e  monitoraggio  del  territorio.
Anche in questo caso, l'art. 14, comma 9, del decreto-legge n. 78 del
2010 viene evocato a parametro interposto,  poiche'  l'autorizzazione
ad utilizzare la graduatoria non verrebbe circoscritta in  base  alla
normativa  vincolistica  in  materia  di  assunzione  del  personale,
configurando in tal modo una violazione dell'art. 117,  terzo  comma,
Cost., in materia di coordinamento finanziario. Vi  si  aggiungerebbe
un'ulteriore censura, sulla base dell'art. 81, quarto  comma,  Cost.,
in quanto  l'autorizzazione  alle  assunzioni  non  individuerebbe  i
relativi mezzi di copertura finanziaria. 
    1.8.- Viene inoltre censurato l'art. 27,  comma  1,  lettera  b),
della legge regionale indicata in epigrafe. La  disposizione  oggetto
d'impugnazione modifica l'art. 44 della legge regionale  27  febbraio
2007, n. 3 (Disciplina dei  lavori  pubblici,  dei  servizi  e  delle
forniture in Campania), prevedendo, nel caso in cui il contratto  sia
affidato con il criterio  dell'offerta  economica  piu'  vantaggiosa,
che,  se  all'esito  della  valutazione  alcuni  tra  i   concorrenti
conseguono  il  medesimo  punteggio,  debbono  essere  «preferite  le
imprese che hanno la propria sede legale ed operative sul  territorio
campano, ovvero che svolgono almeno la meta' della propria  attivita'
in territorio campano  ovvero  che  impiegano  almeno  la  meta'  dei
lavoratori cittadini residenti in Campania». Secondo  il  ricorrente,
in base all'art. 4, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile  2006,
n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a  lavori,  servizi  e
forniture in attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e  2004/18/CE)
sarebbero di competenza legislativa esclusiva statale,  tra  l'altro,
la qualificazione e la selezione dei  concorrenti,  le  procedure  di
affidamento, esclusi i profili di organizzazione amministrativa, e  i
criteri di aggiudicazione. Gli artt. 2, comma 2,  e  83  del  decreto
legislativo n. 163 del 2006 stabilirebbero i principi di  parita'  di
trattamento,  liberta'  di   concorrenza   e   non   discriminazione,
individuando altresi' i criteri  di  valutazione  dell'offerta.  Tali
aspetti, che non darebbero rilievo  alla  sede  dell'impresa  o  alla
residenza  dei  dipendenti  nel   territorio   regionale,   sarebbero
riconducibili alla tutela della concorrenza e all'ordinamento civile,
di competenza esclusiva statale, ex art. 117, secondo comma,  lettere
e) e l), Cost. 
    1.9.- Viene  poi  censurato  l'art.  32,  comma  2,  della  legge
indicata  in  epigrafe.  Tale  comma  esclude  l'applicazione   delle
disposizioni  del  regolamento  regionale  9  aprile  2010,   n.   10
(Disciplina della ricerca ed utilizzazione  delle  acque  minerali  e
termali, delle ricerche geotermiche e delle acque di  sorgente),  che
disciplinano il conferimento a terzi di  concessioni  di  derivazioni
idriche  cessate,  la  cui  richiesta  di  riassegnazione  sia  stata
inoltrata prima dell'entrata in  vigore  di  quest'ultimo.  La  norma
comporterebbe un rinnovo automatico delle concessioni  in  violazione
della normativa statale di cui al decreto legislativo 3 aprile  2006,
n. 152 (Norme  in  materia  ambientale)  e  pertanto  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s),  Cost.  Inoltre,  la  normativa  regionale
sottrarrebbe le concessioni in tal modo riassegnate alla  valutazione
d'impatto ambientale, disciplinata dal decreto legislativo n. 152 del
2006, ugualmente contravvenendo alla normativa statale in materia  e,
pertanto, al medesimo parametro. 
    1.10.- Il ricorrente, infine, censura l'art. 45,  commi  1  e  3,
della legge regionale indicata in epigrafe,  per  contrasto  con  gli
artt. 81, quarto comma, 117, terzo comma, e 120, secondo comma, Cost. 
    Premesso che la Regione ha stipulato con lo Stato  l'Accordo  sul
Piano di rientro dei disavanzi sanitari 2007-2009 e che lo  Stato  ha
esercitato poteri sostitutivi, secondo quanto previsto  dall'art.  4,
comma 2, del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti
in  materia  economico-finanziaria,  per  lo  sviluppo  e   l'equita'
sociale), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  29  novembre
2007, n. 222, procedendo alla nomina  del  Presidente  della  Regione
quale Commissario ad acta per la realizzazione del Piano di  rientro,
il ricorrente ritiene che le due disposizioni presentino due  diversi
profili d'illegittimita' costituzionale. 
    In primo luogo, l'art. 45, comma 1, prevedendo che la  Regione  e
le Universita' definiscano uno specifico Piano di riorganizzazione  e
contemplando provvedimenti in  deroga  alla  programmazione  vigente,
relativi   all'assetto    organizzativo,    agli    accorpamenti    e
all'integrazione di tali Aziende, si porrebbe  in  contrasto  con  il
mandato commissariale, che attribuisce tali compiti al Commissario ad
acta  in  via  esclusiva.  La  norma  incorrerebbe   pertanto   nella
violazione dell'art. 117, terzo comma Cost., in relazione ai principi
fondamentali di coordinamento della  finanza  pubblica,  e  dell'art.
120, secondo comma  Cost.,  nel  quale  trova  fondamento  il  potere
sostitutivo  esercitato  dal  Governo  attraverso   la   nomina   del
Commissario ad acta, che non ammetterebbe interferenze. 
    Sulle medesime basi viene impugnato l'art.  45,  comma  3,  della
legge indicata in epigrafe, che  definisce  i  finanziamenti  che  la
Regione garantisce in applicazione del Piano di riorganizzazione  per
le Aziende ospedaliere universitarie, individuando  alcune  fonti  di
finanziamento. Il ricorrente ritiene tale disposizione in  violazione
dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, per contrasto  con  i
principi fondamentali della legislazione in materia di  coordinamento
della finanza pubblica, nonche' dell'art. 120 Cost., per interferenza
con le attribuzioni conferite al Commissario ad acta. Sarebbe inoltre
violato  l'art.  81,  quarto  comma,  Cost.,  in  quanto  mancherebbe
l'individuazione della copertura finanziaria per gli oneri  derivanti
dall'articolo censurato. 
    2.- Va, preliminarmente,  dichiarata  l'estinzione  del  processo
limitatamente alle censure relative all'art. 23, commi 7 e 10,  della
legge regionale n. 1 del 2012. 
    Infatti, a seguito della modifica apportata  al  testo  impugnato
con l'art. 1 della legge regionale Campania 15 giugno  2012,  n.  14,
recante «Interpretazione autentica dell'articolo 23, comma 10,  della
legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012  -  2014  della  Regione
Campania - Legge finanziaria  regionale  2012)  e  dell'articolo  18,
comma 2 della  legge  regionale  3  novembre  1994,  n.  32  (Decreto
legislativo 30 dicembre  1992,  n.  502  e  successive  modifiche  ed
integrazioni,  riordino  del  servizio  sanitario   regionale)»,   il
Presidente del Consiglio dei Ministri ha rinunciato  al  ricorso  con
atto depositato il 19 settembre 2012, con  riferimento  all'art.  23,
comma 10. La Regione ha accettato tale rinuncia con  atto  depositato
il 18 ottobre 2012. 
    Inoltre, l'art. 23, comma 7, della legge indicata in epigrafe  e'
stato modificato dall'art. 1 della legge regionale Campania 10 maggio
2012, n. 11 (Modifiche  legislative  e  disposizioni  in  materia  di
consorzi di bonifica). A seguito di tale modifica, il Presidente  del
Consiglio dei Ministri ha sul punto rinunciato al ricorso,  con  atto
depositato presso la cancelleria il 18 dicembre 2012. La rinuncia  e'
stata accettata dalla Regione con nota depositata il 10 gennaio 2013. 
    Ai sensi dell'art. 23  delle  norme  integrative  per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale, la rinuncia al ricorso,  accettata
dalle parti costituite, comporta l'estinzione del processo. 
    3.- Deve, poi, essere respinta  l'eccezione  di  inammissibilita'
delle censure  relative  all'art.  24,  commi  2  e  3,  della  legge
regionale n. 1 del 2012. 
    Con riferimento  a  dette  disposizioni,  la  Regione  resistente
reputa  il  ricorso  apodittico  e  del  tutto   privo   di   corredo
motivazionale. Deve ritenersi, invece, che il ricorso, con riguardo a
entrambi i commi censurati, individui con  sufficiente  chiarezza  le
ragioni della doglianza, precisando le norme statali  interposte  con
le quali le disposizioni regionali  si  porrebbero  in  contrasto  ed
evocando specifici parametri costituzionali. 
    4.-  Parimenti,  va  respinta  l'eccezione  di   inammissibilita'
relativa all'impugnato  art.  32,  comma  2,  della  legge  regionale
indicata in epigrafe. 
    La Regione, infatti, ritiene che  la  disposizione  impugnata  si
limiti a fornire una interpretazione autentica  dell'art.  44,  comma
18,  della  legge  della  Regione  Campania  29  luglio  2008,  n.  8
(Disciplina della ricerca  delle  acque  minerali  e  termali,  delle
risorse geotermiche e delle acque di sorgente),  con  la  conseguenza
che  la  censura  erariale  dovrebbe   considerarsi   rivolta   verso
quest'ultima   disposizione   e   sarebbe,    percio',    intervenuta
tardivamente, oltre il termine di  impugnazione  stabilito  dall'art.
127 Cost. Deve invece osservarsi che il censurato art. 32,  comma  2,
della legge regionale n. 1 del 2012 ha un preciso ed autonomo effetto
normativo rispetto all'art. 44, comma 18, della legge regionale n.  8
del  2008.  Quest'ultima  disposizione  si   limitava   a   prevedere
eccezionalmente la possibilita'  di  riassegnare  le  concessioni  di
acque, dichiarate cessate, «nelle more dell'adozione dei regolamenti»
previsti  dalla  medesima  legge  regionale  e,   dunque,   rimuoveva
temporaneamente, nel limitato caso della riassegnazione, il  generale
divieto di rilasciare nuove concessioni, fino a che i regolamenti non
fossero stati emanati. Cio' significa che la portata normativa  della
disposizione di cui all'art. 44, comma 8, legge regionale  n.  8  del
2008 era di consentire la riassegnazione  delle  concessioni  cessate
solo fino a quando i regolamenti di attuazione fossero stati emanati,
cio' che neppure poteva  porre  un  problema  di  applicazione  e  di
effetti nel tempo di un regolamento non ancora adottato.  L'impugnato
art. 32, comma 2, della legge regionale n.  1  del  2012  stabilisce,
invece,  l'inapplicabilita'   delle   disposizioni   concernenti   il
conferimento a terzi di concessioni oggetto di cessazione,  contenute
nel regolamento n. 10  del  2010,  in  riferimento  alle  domande  di
riassegnazione inoltrate anteriormente all'entrata in vigore di detto
regolamento, cosi' da rappresentare una norma transitoria che  regola
gli effetti nel tempo del regolamento medesimo. 
    Tenuto conto dell'autonomia  degli  effetti  normativi  collegati
all'art.  32,  comma  2,  della  legge  regionale  n.  1  del   2012,
l'impugnazione non puo' dirsi proposta  contro  il  citato  art.  44,
comma 18, della legge regionale n. 8 del 2008  e,  pertanto,  neppure
puo' considerarsi tardiva. Del resto, anche ove si  volesse  ritenere
che   la   disposizione   regionale   oggi   impugnata    costituisca
interpretazione autentica  della  precedente,  deve  rammentarsi  che
questa Corte  (ex  plurimis,  sentenza  n.  309  del  2011)  ha  gia'
considerato ammissibili questioni relative a  disposizioni  regionali
ritenute di interpretazione autentica di altre gia' vigenti. Infatti,
ove la disposizione di interpretazione  autentica  selezioni,  tra  i
significati attribuibili all'originaria disposizione, un  significato
espressivo  di   una   norma   illegittima,   cosi'   impedendo   una
interpretazione    costituzionalmente    orientata    dell'originaria
disposizione,   si   evidenzia   l'esigenza   della   sua   rimozione
dall'ordinamento per la sua illegittimita'. 
    5.- Nel merito, la questione relativa all'art. 11, comma 4, della
legge della Regione Campania n. 1 del 2012, e' fondata. 
    L'articolo impugnato autorizza la Commissione da esso istituita a
formulare proposte per l'impiego delle somme recuperate all'evasione,
prevedendo che tali spese non siano considerate ai fini  del  computo
relativo al Patto di stabilita', al cui rispetto e'  tenuto  l'intero
sistema delle autonomie.  Tale  previsione  contrasta  con  le  norme
statali relative al Patto di  stabilita',  le  quali,  in  base  alla
giurisprudenza di questa Corte,  sono  espressione  della  competenza
legislativa  statale  in  materia  di  coordinamento  della   finanza
pubblica  (ex  multis,  sentenza  n.  155  del  2011).  Infatti,   la
disciplina statale del Patto di stabilita', contenuta nella legge  n.
183 del 2011, non consente alle Regioni di sottrarre, ai  fini  della
determinazione dell'ammontare delle spese che devono essere contenute
entro  un  tetto  massimo  stabilito  nella  stessa   legge,   quelle
finanziate con il gettito derivante dal  recupero  dell'evasione,  se
non alla condizione che tali uscite si riferiscano a spese  in  conto
capitale,  che  il  relativo  ammontare   sia   limitato   a   quanto
effettivamente riscosso entro il 30 novembre di ogni anno e che siano
iscritte a bilancio separatamente (art. 32, comma 4, lettera i, della
legge n. 183 del  2011).  Al  contrario,  la  disposizione  regionale
impugnata  non  prevede  alcuna  delle   condizioni   stabilite   dal
legislatore statale. Essa e', dunque, costituzionalmente  illegittima
in quanto permette l'esclusione di spese «dal complesso  delle  spese
finali determinate ai fini del  rispetto  del  Patto  di  stabilita'»
(art. 11, comma 4, ultimo periodo, legge regionale n.  1  del  2012),
oltre i limiti fissati dal legislatore statale all'art. 32, comma  4,
lettera i), della legge n. 183 del 2011. 
    Inoltre, il testo censurato si presta ad essere  applicato  anche
nei confronti degli  enti  locali,  verso  i  quali  la  legislazione
statale in tema di Patto di stabilita' e' ancor  piu'  rigorosa,  dal
momento che, in relazione a detti enti, l'art. 31 della legge n.  183
del 2011 non consente di sottrarre alcuna somma dal computo dei saldi
relativi al rispetto del Patto di stabilita', senza eccezioni.  Anche
sotto questo profilo, dunque, si configura una ulteriore  ragione  di
contrasto tra la normativa regionale impugnata e quella  statale,  in
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    6.- Le censure relative agli  artt.  22,  37  e  50  della  legge
regionale n. 1 del 2012 sono ugualmente fondate. 
    Come osserva il ricorrente, la legge della  Regione  Campania  27
gennaio 2012, n. 2 (Bilancio di previsione della Regione Campania per
l'anno 2012 e bilancio pluriennale per il triennio 2012-2014) apposta
all'unita' previsionale di base 7.28.125 una  somma  pari  a  868.000
euro,   di   gran   lunga   inferiore   all'ammontare   delle   spese
complessivamente previste dalle tre disposizioni impugnate, le  quali
risultano, percio', prive di copertura finanziaria e  dunque  affette
da illegittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 81, quarto
comma, Cost., il quale esige, per costante giurisprudenza  di  questa
Corte,  che  la  copertura  finanziaria  sia  indicata   in   maniera
"credibile" (ex multis, sentenze n. 214 e 115 del 2012). 
    Vi e' poi da considerare che la violazione dell'art.  81,  quarto
comma, Cost. determinata dalle disposizioni impugnate e' persino piu'
radicale. L'unita' previsionale su cui vengono fatte gravare le spese
disposte  dalle  norme  impugnate  contiene,  come  la   sua   stessa
intitolazione rivela, un «fondo di riserva per le  spese  impreviste»
per l'anno 2012. Contrasta, dunque, con le  regole  di  contabilita',
stabilire che determinate spese, inserite nel bilancio di  previsione
- e per cio' stesso "previste" - siano fatte gravare su un fondo  per
spese  "impreviste",  che  e'  invece  destinato  ad  evenienze   non
preventivabili.  La  medesima  legislazione  della  Regione  Campania
relativa alla contabilita' - legge 30 aprile 2002, n. 7  (Ordinamento
contabile Regione Campania articolo 34, comma 1, decreto  legislativo
28 marzo 2000, n. 76) - prescrive, all'art.  28,  l'esistenza  di  un
fondo per le spese impreviste, «finalizzato a far fronte  alle  spese
aventi carattere di imprescindibilita' e di improrogabilita' che  non
siano prevedibili all'atto di  adozione  della  legge  di  bilancio».
Dunque, la finalita' stessa del  fondo  esclude  che  vi  si  possano
appostare spese in fase di approvazione del bilancio di previsione. 
    7.- La questione relativa all'art. 23, comma 6, non e' fondata. 
    Con  la  disposizione  in  esame,  il  legislatore  regionale  ha
soppresso il cinquanta per cento delle posizioni  dirigenziali  prive
di titolare dal 1° gennaio 2010  e  contestualmente  ha  previsto  la
riduzione del  fondo  per  il  finanziamento  della  retribuzione  di
posizione  e  di  risultato  dell'area  della  dirigenza,  in  misura
corrispondente  alla  somma  delle  retribuzioni   accessorie   delle
posizioni soppresse. Contrariamente a quanto sostiene il  ricorrente,
e diversamente dal caso deciso da questa Corte con  sentenza  n.  339
del  2011,  la  disposizione  impugnata  non   incide   affatto   sul
trattamento economico del personale, ma  si  limita  ad  adeguare  il
bilancio di previsione alla mutata consistenza numerica del personale
dirigenziale. Pertanto, l'intervento del legislatore  regionale,  che
si mostra perfettamente aderente a quanto  disposto  dal  legislatore
statale, il quale aveva gia' previsto - con l'art.  9,  comma  2-bis,
del decreto-legge n. 78 del 2010,  come  convertito  -  la  riduzione
delle poste per il trattamento accessorio in funzione della riduzione
del  personale  in  servizio,  non  interferisce   con   la   materia
dell'"ordinamento civile", di competenza statale ai  sensi  dell'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost., ne' contravviene al vincolo di
destinazione delle  risorse  per  le  retribuzioni  aggiuntive  della
dirigenza, di cui all'art. 28,  comma  2,  del  contratto  collettivo
nazionale di lavoro 23 dicembre 1999 per il personale  con  qualifica
dirigenziale dipendente dagli enti del comparto Regioni  -  Autonomie
Locali (Contratto collettivo nazionale di lavoro per  il  quadriennio
normativo 1998-2001 e per il  biennio  economico  1998-1999  relativo
all'area della dirigenza del comparto "Regioni - Autonomie locali"). 
    8.- La  censura  relativa  all'art.  24,  comma  2,  della  legge
regionale  impugnata,  e'   fondata,   sotto   entrambi   i   profili
d'illegittimita' evocati dal ricorrente. 
    La disposizione stabilisce  che  il  personale  in  posizione  di
comando da almeno ventiquattro mesi alla data di  entrata  in  vigore
della legge impugnata e in servizio presso l'Agenzia regionale per la
protezione  ambientale  della  Campania  (ARPAC)  transiti,  mediante
selezione pubblica, nei ruoli del suddetto ente, senza  osservare  le
prescrizioni contenute nell'art. 14, comma 9, del decreto-legge n. 78
del 2010,  che  pone  vincoli  alle  assunzioni  di  personale.  Tali
vincoli,  per  costante  giurisprudenza  costituzionale  (ex  multis,
sentenza n. 108 del 2011), in quanto principi fondamentali  rientrano
nella competenza statale in materia di  coordinamento  della  finanza
pubblica, ex art. 117, terzo comma, Cost., e dispongono,  per  quanto
qui interessa, che si possa fare luogo ad assunzioni nel  limite  del
venti per  cento  della  spesa  corrispondente  alle  cessazioni  dal
servizio dell'anno precedente.  Tale  quota  non  e'  in  alcun  modo
prevista  dalla  disposizione   impugnata,   cosicche'   quest'ultima
potrebbe dar luogo all'assunzione nei  ruoli  dell'Agenzia  di  tutti
coloro  che  vi  siano  impiegati  in  posizione  di  comando,  senza
considerare i vincoli posti dal legislatore statale in materia. 
    La norma censurata viola anche l'obbligo  del  pubblico  concorso
quale strumento di selezione del personale da assumere, in linea  con
il principio di uguaglianza e i canoni di  imparzialita'  e  di  buon
andamento della pubblica amministrazione ex artt. 3 e 97 Cost., nella
parte in cui prevede che la stabilizzazione del  personale  comandato
avvenga tramite "selezione pubblica". Come gia' questa Corte ha avuto
modo di chiarire, «il previo superamento di una qualsiasi  "selezione
pubblica" e' requisito troppo generico per autorizzare una successiva
stabilizzazione  senza  concorso,   perche'   tale   previsione   non
garantisce che la previa selezione abbia  natura  concorsuale  e  sia
riferita alla tipologia e al livello delle funzioni che il  personale
successivamente stabilizzato e' chiamato a svolgere» (sentenza n. 127
del 2011). Anche sotto questo aspetto,  dunque,  la  disposizione  e'
costituzionalmente illegittima. 
    9.- La  censura  relativa  all'art.  24,  comma  3,  della  legge
regionale impugnata, e' fondata. 
    La  norma  autorizza  l'Agenzia  regionale  per   la   protezione
ambientale della Campania ad utilizzare le graduatorie per il profilo
di  dirigente  ambientale,  in  essere  al  31  dicembre  2009,   per
l'assunzione di personale da preporre allo svolgimento  di  attivita'
di vigilanza e monitoraggio del territorio. La disposizione,  dunque,
consente di procedere ad assunzioni di nuovo personale, attingendo  a
graduatorie esistenti, senza tuttavia quantificare gli oneri  che  ne
derivano  e  senza  neppure  individuare  le   necessarie   coperture
finanziarie. Sotto  questo  aspetto  la  disposizione  contrasta  con
l'art. 81, quarto comma, Cost. 
    Inoltre - anche a prescindere  da  ogni  considerazione  circa  i
dubbi sulla conformita' del profilo professionale delle  graduatorie,
che riguarda personale destinato a  svolgere  funzioni  dirigenziali,
con quello del personale da assumere, che dovrebbe essere preposto  a
mansioni   di   vigilanza   e   monitoraggio   del    territorio    -
l'autorizzazione,  contenuta   nella   disposizione   impugnata,   ad
utilizzare le graduatorie esistenti ignora i vincoli  introdotti  dal
legislatore statale con l'art. 14, comma 9, del decreto-legge  n.  78
del 2010, gia' richiamati poco sopra, la cui violazione si ripercuote
sull'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  che  attribuisce  allo  Stato
competenze  legislative  in  materia  di  principi  fondamentali   di
coordinamento della finanza pubblica.  Anche  sotto  questo  profilo,
dunque, la disposizione e' viziata di illegittimita' costituzionale. 
    10.- La censura relativa all'art. 27, comma 1, lettera b),  della
legge della Regione Campania e' fondata. 
    Tale norma introduce nella legislazione regionale in  materia  di
lavori pubblici la previsione che i bandi di gara effettuati  con  il
criterio dell'offerta piu' vantaggiosa  debbano  stabilire  che,  nel
caso in cui l'esito della valutazione dia luogo  ad  una  parita'  di
punteggio tra piu' concorrenti, debbano essere preferite  le  imprese
che sono caratterizzate da un radicamento nel territorio campano.  In
particolare,  la  preferenza  dovrebbe  essere   accordata,   tra   i
concorrenti che conseguono il medesimo punteggio,  alle  imprese  che
abbiano la propria sede legale ed operativa sul  territorio  campano,
ovvero a quelle che svolgano almeno la meta' della propria  attivita'
in territorio campano o, ancora, a quelle che  impieghino  almeno  la
meta' dei lavoratori cittadini residenti in Campania. 
    Questa Corte ha ripetutamente chiarito - ex multis,  sentenze  n.
411 del 2008 e n. 401 del 2007 - che la fase di aggiudicazione  degli
appalti attiene alla "tutela della concorrenza" e,  pertanto,  spetta
al legislatore statale,  in  via  esclusiva,  disciplinare  tanto  le
procedure  di  affidamento,   quanto   i   criteri   di   valutazione
dell'offerta,  confermando  in  questo  senso  quanto   espressamente
stabilito dall'art. 4, comma 3, del decreto legislativo  n.  163  del
2006, ove si afferma  che  le  Regioni  «non  possono  prevedere  una
disciplina diversa da quella del presente codice  in  relazione  [tra
l'altro] ai criteri di aggiudicazione». 
    La necessita' di assicurare «l'adozione di uniformi procedure  di
evidenza pubblica nella scelta del contraente, idonee a garantire, in
particolare, il rispetto dei principi di parita' di  trattamento,  di
non discriminazione, di proporzionalita' e di trasparenza»  (sentenza
n. 401 del 2007) esige che la disciplina delle procedure di gara,  la
regolamentazione  della  qualificazione   e   della   selezione   dei
concorrenti,  le  procedure   di   affidamento   e   i   criteri   di
aggiudicazione siano disciplinati dal  legislatore  statale,  essendo
riconducibili alla tutela della concorrenza (ex  multis  sentenze  n.
186 del 2010 e 283 del 2009). 
    Considerata  nel  suo  contenuto,  poi,  la  normativa  censurata
esprime una preferenza per  le  imprese  radicate  in  uno  specifico
territorio e, dunque, anche sotto questo profilo e' di ostacolo  alla
concorrenza, la cui tutela esige piuttosto  di  allargare  la  platea
degli operatori economici (cosiddetta "concorrenza nel  mercato")  e,
in ogni caso, impone la  parita'  di  trattamento  di  questi  ultimi
(cosiddetta "concorrenza per il mercato"). La disposizione oggetto di
censura, dunque, viola per molteplici  aspetti  l'art.  117,  secondo
comma, lettera e), Cost., relativo alla competenza statale in  ordine
alla tutela della concorrenza. 
    11.- La questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  32,
comma 2, della legge regionale n. 1 del 2012 e' fondata. 
    La norma impugnata prevede, infatti, che «le disposizioni di  cui
al regolamento regionale n.  10/2010  (Disciplina  della  ricerca  ed
utilizzazione  delle  acque  minerali  e   termali,   delle   risorse
geotermiche  e  delle  acque  di  sorgente),  che   disciplinano   il
conferimento a terzi di concessioni oggetto  di  cessazione,  non  si
applicano alle istanze di riassegnazione delle concessioni dichiarate
cessate,  inoltrate  antecedentemente  all'entrata  in   vigore   del
predetto regolamento, in conformita' al  disposto  dell'articolo  44,
comma 18, della legge regionale n. 8/2008,  secondo  cui  nelle  more
dell'adozione dei regolamenti  previsti  dalla  presente  legge,  non
possono  essere  rilasciate  nuove  concessioni,   fatte   salve   le
riassegnazioni di quelle dichiarate cessate». 
    Orbene,   l'uso   del   termine    "riassegnazione",    congiunto
all'esclusione dell'applicazione del  regolamento  -  il  quale,  nel
disciplinare le procedure di attuazione in materia di acque  minerali
e termali, stabilisce, tra l'altro,  le  regole  per  la  scelta  del
concessionario e prevede le modalita' con le quali  nel  procedimento
amministrativo devono essere acquisiti i pareri  sulla  garanzia  del
minimo deflusso idrico e  la  valutazione  di  impatto  ambientale  -
induce a ritenere che, con la disposizione impugnata, si  sia  inteso
consentire una proroga delle concessioni  giunte  al  termine,  senza
l'espletamento  delle  procedure   previste   per   la   scelta   del
concessionario e  neppure  di  quelle  relative  alla  compatibilita'
ambientale. 
    Deve, quindi, ritenersi, diversamente  da  quanto  opinato  dalla
difesa regionale, che l'art. 32, comma 2, della legge regionale n.  1
del  2012  consenta  l'automatica  riassegnazione  delle  concessioni
cessate, senza assicurare  che  siano  effettuate,  tra  l'altro,  la
valutazione della garanzia  del  minimo  deflusso  vitale  del  corpo
idrico ex art. 95, comma 6, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e
la valutazione di impatto ambientale (VIA). 
    La garanzia del minimo  deflusso  vitale  del  corpo  idrico,  in
quanto volta ad evitare l'esaurimento  della  fonte,  deve  ritenersi
concernere la "conservazione" del bene acqua e non il  mero  utilizzo
della stessa, con la conseguenza  che  la  relativa  disciplina  deve
considerarsi attratta nella  competenza  esclusiva  dello  Stato,  ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., relativa  alla
tutela dell'ambiente. Sul punto va richiamata  la  giurisprudenza  di
questa Corte (sentenza n. 1 del 2010), secondo cui il  riparto  delle
competenze tra Stato e Regioni in  materia  di  acque  dipende  dalla
«distinzione tra uso delle acque minerali e  termali,  di  competenza
regionale residuale, e tutela ambientale delle stesse acque,  che  e'
di competenza esclusiva statale, ai sensi del vigente art. 117, comma
secondo, lettera s), della Costituzione. Si  tratta  di  un  evidente
concorso di  competenze  sullo  stesso  bene  (le  acque  minerali  e
termali), competenze che riguardano, per quanto attiene alle Regioni,
l'utilizzazione del bene e, per quanto attiene allo Stato, la  tutela
o conservazione del bene stesso (sentenze n. 225 del 2009  e  n.  105
del 2008)». 
    In ordine poi alla valutazione d'impatto ambientale, la Corte (ex
plurimis, sentenza n. 227 del 2011), ha ricordato di aver  «precisato
piu' volte che la normativa sulla  valutazione  d'impatto  ambientale
attiene a procedure che accertano in concreto  e  preventivamente  la
"sostenibilita' ambientale" e rientrano nella  materia  della  tutela
dell'ambiente,  sicche',  "seppure  possono  essere  presenti  ambiti
materiali di spettanza regionale [...] deve ritenersi prevalente,  in
ragione della precipua funzione cui assolve il procedimento in esame,
il citato titolo di legittimazione  statale"  (sentenza  n.  186  del
2010, n. 234 del 2009)». 
    Sulla base delle precedenti  considerazioni  deve  quindi  essere
dichiarata l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  32,  comma  2,
della legge regionale n. 1 del 2012, per  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., in quanto lesivo  della  competenza
legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente. 
    12.- Le questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  45,
commi 1 e 3, della legge regionale impugnata sono fondate. 
    Le  disposizioni  censurate   prevedono,   rispettivamente,   uno
specifico Piano di riorganizzazione  su  base  pluriennale  che,  con
provvedimenti anche in deroga alla programmazione vigente, disciplini
l'assetto, gli accorpamenti e l'integrazione di  Aziende  ospedaliere
universitarie (comma 1), nonche' la definizione di finanziamenti  che
la  Regione  garantisce  per  l'attuazione  del  predetto  Piano   di
riorganizzazione per le Aziende ospedaliere universitarie (comma 3). 
    Deve osservarsi, peraltro, che la Regione Campania  ha  stipulato
un accordo per  l'attuazione  del  Piano  di  rientro  dal  disavanzo
sanitario e, in assenza della corretta attuazione del Piano predetto,
lo Stato ha gia'  nominato  un  Commissario  ad  acta,  al  quale  ha
attribuito in esclusiva i relativi compiti di attuazione. 
    Le previsioni regionali contestate, di cui all'art. 45, commi 1 e
3, della legge regionale n. 1 del 2012, interferiscono con  il  punto
1, lettera i), del mandato commissariale di  cui  alla  delibera  del
Consiglio  dei  Ministri   del   23   aprile   2010,   in   relazione
all'attuazione  del  Programma  operativo  della   Regione   Campania
2011-2012 (con particolare riferimento al  suo  punto  9)  e  percio'
violano l'art. 120, secondo comma, Cost. 
    Non puo' condividersi la tesi della difesa regionale, la quale ha
dedotto sul punto che la violazione delle disposizioni costituzionali
predette  si  realizzerebbe   solo   qualora   le   norme   regionali
determinassero un aggravamento del disavanzo  sanitario,  aggiungendo
che un simile aggravamento sarebbe da escludersi nel caso di  specie,
in considerazione del fatto che la previsione impugnata (ex art.  45,
comma 1, della legge regionale n. 1 del 2012) si prefigge il «fine di
ristabilire  l'equilibrio   economico   delle   Aziende   ospedaliere
universitarie». Infatti, le  sentenze  citate  dalla  resistente  per
sostenere  tale  principio  riguardano  in  realta'  casi  del  tutto
inconferenti, come  quello  di  una  legge  regionale  contenente  un
divieto di consulenze esterne (sentenza n. 100 del 2010), oppure casi
in cui si era comunque verificato anche un aggravamento del disavanzo
sanitario e dove, quindi, non era affrontata la  questione  se  fosse
possibile ritenere la violazione dell'art. 120, secondo comma,  Cost.
anche in assenza di simile aggravamento del  disavanzo  (sentenza  n.
131  del  2012).  Piuttosto,  in  ordine  alla  questione  ora  posta
all'esame   della   Corte,   assume   rilievo    la    giurisprudenza
costituzionale  secondo  cui  «l'operato  del  commissario  ad  acta,
incaricato  dell'attuazione  del  Piano  di  rientro  dal   disavanzo
sanitario  previamente  concordato  tra  lo  Stato   e   la   Regione
interessata, sopraggiunge all'esito di una persistente inerzia  degli
organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti  ad  un'attivita'
che pure e'  imposta  dalle  esigenze  della  finanza  pubblica.  E',
dunque,  proprio  tale  dato  -  in  uno  con  la  constatazione  che
l'esercizio del potere sostitutivo e', nella  specie,  imposto  dalla
necessita'  di  assicurare  la  tutela  dell'unita'  economica  della
Repubblica,  oltre  che  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni
concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual  e'  quello
alla salute - a legittimare la conclusione secondo  cui  le  funzioni
amministrative del Commissario, ovviamente fino  all'esaurimento  dei
suoi compiti di attuazione del Piano di rientro, devono essere  poste
al riparo da ogni interferenza  degli  organi  regionali,  senza  che
possa essere evocato il rischio di fare di esso l'unico soggetto  cui
spetti di provvedere per il superamento della situazione di emergenza
sanitaria in ambito regionale» (sentenza n. 78 del 2011). 
    Quindi,  la  semplice  interferenza  da  parte  del   legislatore
regionale con le funzioni del Commissario ad acta, come definite  nel
mandato commissariale, determina di per se' la  violazione  dell'art.
120, secondo comma, Cost., laddove, come nella specie, il Commissario
sia  l'organo  esclusivo  incaricato  dell'attuazione  del  Piano  di
rientro (ex plurimis, sentenza n. 2 del 2010). 
    Deve, infatti, ritenersi priva di reale significato normativo una
generica clausola di  salvaguardia  delle  competenze  commissariali,
quale quella contenuta nell'art. 45, comma 1, della  legge  regionale
n. 1 del 2012, che e' contraddetta proprio dalle specifiche e precise
disposizioni che la seguono. Una simile clausola di salvaguardia deve
ritenersi del tutto  inidonea  a  porre  al  riparo  la  disposizione
censurata dal vizio di illegittimita' costituzionale denunciato,  che
consegue,  come  detto,  alla  semplice  interferenza  da  parte  del
legislatore regionale con l'attivita' del Commissario ad  acta  e  si
determina, comunque,  proprio  per  effetto  della  previsione  della
riorganizzazione,  da  parte  della  Regione  in   accordo   con   le
Universita', delle Aziende ospedaliere universitarie  e  per  effetto
della   ridefinizione   dei    relativi    finanziamenti,    previste
rispettivamente dal comma  1  e  dal  comma  3  dell'art.  45,  legge
regionale n. 1 del 2012. 
    La circostanza, poi, che il Commissario ad acta  debba  garantire
l'autonomia universitaria e procedere, quindi, all'attuazione del suo
mandato mediante protocolli d'intesa con le Universita' (sentenze  n.
91 del 2012 e n. 68 del 2011)  non  legittima  certo  il  legislatore
regionale ad interferire con il mandato  commissariale  medesimo,  in
contrasto con l'art. 120, secondo comma, Cost. 
    Deve quindi dichiararsi l'illegittimita' costituzionale, ex  art.
120, secondo comma, Cost., dell'art. 45, commi 1  e  3,  della  legge
regionale n. 1 del 2012. 
    Restano assorbiti gli ulteriori motivi di censura. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  11,
comma 4, della legge della Regione Campania 27  gennaio  2012,  n.  1
(Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale   2012   e
pluriennale 2012-2014 della  Regione  Campania  -  Legge  finanziaria
2012); 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale degli articoli 22, 37
e 50 della legge della Regione Campania n. 1 del 2012; 
    3) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  24,
comma 2, della legge della Regione Campania n. 1 del 2012; 
    4) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  24,
comma 3, della legge della Regione Campania n. 1 del 2012; 
    5) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  27,
comma 1, lettera b), della legge della  Regione  Campania  n.  1  del
2012; 
    6) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  32,
comma 2, della legge della Regione Campania n. 1 del 2012; 
    7) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  45,
commi 1 e 3, della legge della Regione Campania n. 1 del 2012; 
    8)  dichiara  l'estinzione  del   processo   relativamente   alle
questioni di legittimita' costituzionale dell'articolo 23, commi 7  e
10, della legge della Regione Campania n. 1 del  2012,  promosse  dal
Presidente del Consiglio dei ministri, con riferimento agli  articoli
3, 97 e  117,  secondo  comma,  lettera  l),  e  terzo  comma,  della
Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    9)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 23, comma 6, della legge  della  Regione
Campania n. 1 del 2012, promossa dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, con riferimento all'articolo 117,  secondo  comma,  lettera
l), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI