N. 81 SENTENZA 24 aprile - 3 maggio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Attivita' amministrativa - Norme della Regione Sardegna -  Previsione
  che il criterio di riparto tra le funzioni di  indirizzo  politico,
  rimesse  agli  organi  politici,  e   le   funzioni   di   gestione
  amministrativa,  affidate  ai  dirigenti,  possa  essere   derogato
  soltanto a opera di specifiche disposizioni legislative  -  Carenza
  di  argomentazioni   circa   la   necessaria   applicazione   delle
  disposizioni censurate nel giudizio a quo - Difetto di  motivazione
  in  ordine  alla  rilevanza  -  Manifesta  inammissibilita'   della
  questione. 
- Legge della Regione Sardegna 13 novembre 1998, n. 31, art. 8, comma
  4. 
- Costituzione, art. 97. 
Attivita'  amministrativa  -   Norme   della   Regione   Sardegna   -
  Attribuzione alla Giunta regionale,  anziche'  ai  dirigenti  della
  Regione, del potere  decisionale  in  ordine  alla  valutazione  di
  impatto  ambientale  -  Asserita  violazione   del   principio   di
  separazione tra  funzioni  di  indirizzo  politico  e  funzioni  di
  gestione amministrativa, espressione dei principi di buon andamento
  e   imparzialita'   dell'amministrazione    -    Insussistenza    -
  Ragionevolezza della scelta di attribuire alla Giunta regionale  il
  potere decisionale, prevedendo espressamente che debba tener  conto
  dell'attivita' istruttoria svolta dai  dirigenti  regionali  -  Non
  fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Sardegna 12 giugno 2006, n. 9, art.  48,  comma
  3. 
- Costituzione, art. 97. 
(GU n.19 del 8-5-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo
  CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 8 della
legge della  Regione  autonoma  Sardegna  13  novembre  1998,  n.  31
(Disciplina  del  personale  regionale  e  dell'organizzazione  degli
uffici della Regione) e dell'articolo 48, comma 3, della legge  della
Regione autonoma Sardegna 12  giugno  2006,  n.  9  (Conferimento  di
funzioni  e  compiti  agli  enti  locali),  promosso  dal   Tribunale
amministrativo regionale per la Sardegna, nel  procedimento  vertente
tra la s.p.a. C. P. e la Regione  autonoma  Sardegna  ed  altri,  con
ordinanza del 12 ottobre  2011,  iscritta  al  n.  279  del  registro
ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 2, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna; 
    udito nell'udienza pubblica del 9 aprile 2013 il Giudice relatore
Sabino Cassese; 
    udito  l'avvocato  Massimo  Luciani  per  la   Regione   autonoma
Sardegna. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.  -  Con  ordinanza  del  12  ottobre  2011,  depositata  nella
cancelleria il 21 dicembre 2011 (reg.  ord.  n.  279  del  2011),  il
Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sezione  seconda,
ha sollevato questioni di legittimita'  costituzionale  dell'articolo
48, comma 3, della legge della Regione Sardegna 12 giugno 2006, n.  9
(Conferimento  di  funzioni  e   compiti   agli   enti   locali),   e
dell'articolo 8, comma 4,  della  legge  della  Regione  Sardegna  13
novembre  1998,  n.  31  (Disciplina  del   personale   regionale   e
dell'organizzazione  degli  uffici  della  Regione),  per  violazione
dell'articolo 97 della Costituzione. 
    L'art. 48, comma 3, della legge regionale n. 9 del 2006,  prevede
che le procedure in materia di valutazione di impatto ambientale  «si
concludono,  sulla  base   dell'attivita'   istruttoria,   con   atto
deliberativo   assunto   dalla   Giunta   regionale,   su    proposta
dell'Assessore regionale della difesa dell'ambiente». 
    L'art. 8, della legge della Regione  Sardegna  n.  31  del  1998,
rubricato «Direzione politica e direzione  amministrativa»,  dispone,
al comma 1, che «La Giunta regionale, il Presidente e gli  Assessori,
secondo le rispettive competenze, esercitano le funzioni di indirizzo
politico-amministrativo [...]», e, al  comma  3,  che  «Ai  dirigenti
dell'amministrazione e degli enti  spetta  l'adozione  degli  atti  e
provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti  che  impegnano
le amministrazioni verso l'esterno, nonche' la gestione  finanziaria,
tecnica e amministrativa [...]». L'impugnato comma 4 precisa che  «Le
attribuzioni dei  dirigenti  indicate  dal  comma  3  possono  essere
derogate soltanto a opera di specifiche disposizioni legislative». 
    2. - Le questioni di costituzionalita' sono state  sollevate  nel
corso di un giudizio che -  secondo  quanto  riferisce  il  Tribunale
rimettente - ha ad oggetto la richiesta, da parte della s.p.a. C. P.,
societa' mineraria titolare dal 1999 al 2005 della concessione per la
coltivazione della miniera denominata "Pitzu Rubiu", di  annullamento
della deliberazione  del  30  gennaio  2009  n.  7/21,  della  Giunta
Regionale della Regione autonoma della Sardegna  e  ogni  altro  atto
presupposto, connesso  e  conseguente.  Con  tale  deliberazione,  la
Giunta ha espresso giudizio positivo sulla compatibilita'  ambientale
del progetto di rinnovo della concessione mineraria presentato  dalla
s.p.a. C. P., ma l'ha subordinato ad una serie di condizioni ritenute
eccessivamente onerose dalla societa' (ad esempio,  la  durata  della
concessione sarebbe di dieci anni, anziche' di quindici). 
    Con  ordinanza  n.  234  del  3   giugno   2009,   il   Tribunale
amministrativo regionale per la Sardegna, sezione seconda, ha accolto
l'istanza cautelare. Con l'ordinanza n. 279 del 2011, lo  stesso  TAR
per la Sardegna, facendo proprie le argomentazioni prospettate  dalla
societa'  ricorrente,  ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale  delle  due  disposizioni  citate,  contenute  in  due
diverse leggi regionali. 
    2.1. - Ad avviso  del  giudice  rimettente,  l'attribuzione  alla
Giunta  regionale,  anziche'  alla  dirigenza,  della  competenza  ad
esprimere il giudizio di valutazione di impatto ambientale,  prevista
dall'art. 48, comma 3, della legge regionale  n.  9  del  2006  -  in
deroga al principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico
e funzioni di gestione amministrativa -, violerebbe l'art.  97  Cost.
La deroga di cui all'art. 48, comma 3, della legge regionale n. 9 del
2006, si fonderebbe sull'art. 8, comma 4, della legge regionale n. 31
del 1998, anch'esso, percio', lesivo dell'art. 97 Cost. 
    2.2. - Quanto alla rilevanza, il giudice rimettente  osserva  che
«qualora fondata, la dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale
delle  norme  in  questione  comporterebbe   l'illegittimita'   della
deliberazione della  giunta  regionale  impugnata  dalla  ricorrente,
sotto il profilo preliminare ed  assorbente  dell'incompetenza  della
giunta regionale medesima ad esprimere il giudizio di  compatibilita'
ambientale,  dovendosi  ritenere  la   competenza   dirigenziale   ad
esprimere il giudizio medesimo». 
    2.3. - Il giudice sostiene poi che, in ragione delle  «specifiche
disposizioni legislative statali succedutesi nel tempo»  -  gli  atti
normativi citati sono i  seguenti:  decreto  legislativo  3  febbraio
1993, n. 29,  recante  «Razionalizzazione  dell'organizzazione  delle
amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia  di
pubblico impiego, a norma dell'articolo  2  della  legge  23  ottobre
1992, n. 421»; decreto legislativo  31  marzo  1998  n.  80,  recante
«Nuove disposizioni in materia di organizzazione  e  di  rapporti  di
lavoro  nelle  amministrazioni  pubbliche,  di  giurisdizione   nelle
controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate  in
attuazione dell'articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo  1997,  n.
59»; legge 15 maggio 1997 n. 127,  recante  «Misure  urgenti  per  lo
snellimento  dell'attivita'  amministrativa  e  dei  procedimenti  di
decisione e di controllo»; legge 16  giugno  1998,  n.  191,  recante
«Modifiche ed integrazioni alle legge 15 marzo 1997, n. 59,  e  legge
15 maggio 1997, n. 127, nonche' norme in materia  di  formazione  del
personale  dipendente  e  di  lavoro  a  distanza   nelle   pubbliche
amministrazioni. Disposizioni in  materia  di  edilizia  scolastica»;
decreto legislativo 18 agosto 2000,  n.  267,  recante  «Testo  unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali»; decreto  legislativo
30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali  sull'ordinamento  del
lavoro alle  dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche»;  decreto
legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, recante «Attuazione della  legge
4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttivita'
del lavoro pubblico e di efficienza  e  trasparenza  delle  pubbliche
amministrazioni» -, debba ritenersi che «il principio di  separazione
della funzione politica da quella  amministrativa  costituisca,  allo
stato,   principio   fondamentale   dell'ordinamento   giuridico»   e
«espressione diretta dei principi di buon andamento  e  imparzialita'
dell'amministrazione» di cui all'art. 97  Cost.  Infine,  il  giudice
rimettente  ritiene  che  il  giudizio  di  valutazione  di   impatto
ambientale costituisca senz'altro «atto amministrativo  di  gestione,
di natura tecnico discrezionale, senza che nell'espressione  di  tale
giudizio  rilevino  profili  di  programmazione,  o  valutazioni   di
indirizzo  politico»,  dovendo  quindi  ritenersi  la  non  manifesta
infondatezza della questione. 
    3. - Si e' costituita in giudizio la Regione  autonoma  Sardegna,
con atto depositato nella cancelleria il 31 gennaio  2012,  deducendo
l'inammissibilita' e comunque l'infondatezza delle questioni. 
    3.1.  -  La  difesa  regionale  sostiene,  innanzitutto,  che  le
questioni sarebbero  inammissibili  per  difetto  di  motivazione  in
ordine alla rilevanza, dato  che  «il  remittente  nulla  osserva  in
ordine al  persistere  dell'interesse,  in  capo  al  ricorrente  nel
giudizio  principale,  all'annullamento   dell'atto   originariamente
impugnato», nonostante il  provvedimento  impugnato  risalga  «al  30
gennaio del 2009» e il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
Sardegna abbia «accolto  l'istanza  cautelare  proposta  dalla  parte
privata» con l'ordinanza n. 234 del 3 giugno 2009. 
    3.2. - Nel merito, le censure sarebbero non fondate,  in  ragione
della  particolare  «complessita'  del  procedimento  di  valutazione
d'impatto ambientale», caratterizzato da una specifica "integrazione"
tra valutazioni tecnico-scientifiche e  valutazioni  socio-politiche.
La disciplina prevista dalla  legge  sarda  terrebbe  conto  di  tale
complessita', attribuendo alla  Giunta  regionale  la  competenza  ad
adottare la  deliberazione  finale,  ma  «sulla  base  dell'attivita'
istruttoria» riservata ad organi  tecnici.  Ad  avviso  della  difesa
regionale, il giudice  remittente  farebbe  «un  uso  schematico  del
paradigma  della  rigida  separazione  di   competenze   tra   organi
amministrativi  e  organi  politici»,  laddove  «la  separazione   di
funzioni tra le competenze dell'organo di  direzione  politica  e  la
dirigenza amministrativa non puo' essere  valutata  aprioristicamente
in termini astratti, ma deve essere rapportata alla effettiva  natura
della funzione pubblica svolta». In particolare,  la  valutazione  di
impatto ambientale (VIA) comprenderebbe al suo interno  «sia  aspetti
tipici  dell'attivita'  di  indirizzo   politico-amministrativo   sia
contenuti  piu'  propriamente  gestionali».  Di  cio'   costituirebbe
conferma anche l'art. 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
(Norme in materia  ambientale),  che  attribuisce  al  Consiglio  dei
ministri il potere sostitutivo quando vi sia  un  ritardo,  da  parte
dell'autorita'  competente,   a   concludere   il   procedimento   di
valutazione  dell'impatto  ambientale,  e  l'art.  7,  comma  5,  del
medesimo decreto, che identifica nel Ministero dell'ambiente e  della
tutela del territorio e del mare l'autorita' competente a condurre la
VIA. Anche la giurisprudenza  amministrativa  ha  affermato  in  piu'
occasioni - osserva la difesa  regionale  -  che  la  valutazione  di
impatto ambientale «impone una ponderazione complessa  che  coinvolge
profili tecnici e profili di vera  e  propria  opportunita'  che  ben
possono farsi rientrare nell'ambito dei poteri di indirizzo  politico
amministrativo, eccedendo  la  mera  attivita'  gestionale»  (in  tal
senso, e' citata la decisione del  Consiglio  Stato,  sezione  V,  11
febbraio 2004, n. 258). Tale orientamento sarebbe stato  ribadito  in
alcune pronunce successive (sono richiamate: Consiglio Stato, sezione
VI, 24 gennaio 2005, n. 127; Consiglio Stato, sezione VI, 18  gennaio
2006, n. 129; Consiglio Stato, sezione VI, 17 maggio 2006,  n.  2851;
TAR Lazio, Roma, sez. II, 8 settembre 2010, n. 32176;  TAR  Sardegna,
Cagliari, sez. I, 10 marzo 2011, n. 209). 
    4. - In data 19 marzo  2013,  la  Regione  autonoma  Sardegna  ha
depositato una memoria, in cui  si  ribadisce  l'inammissibilita'  e,
comunque, la non fondatezza delle questioni. 
    4.1. - La difesa regionale riafferma che le  questioni  sarebbero
inammissibili sotto il profilo del difetto di motivazione  in  ordine
alla rilevanza, poiche' il giudice rimettente non avrebbe argomentato
sulla «necessaria applicazione della  norma  censurata  nel  giudizio
innanzi a lui pendente». In secondo luogo,  ad  avviso  della  difesa
regionale, le questioni sarebbero inammissibili «per indeterminatezza
dell'oggetto», in quanto il rimettente,  pur  rivolgendo  le  proprie
censure non solo all'art. 48, comma 3, della legge regionale n. 9 del
2006, ma anche all'art. 8, comma 4, della legge regionale n.  31  del
1998, non avrebbe chiarito quale  sia  «il  nesso  di  rilevanza  che
intercorre  tra  le  due  norme  [...]  e  il  giudizio  a  quo».  Di
conseguenza, ad avviso della difesa  regionale,  la  censura  avrebbe
altresi'  carattere  ancipite,  «perche'  inammissibilmente   rivolta
alternativamente verso due disposizioni di legge». 
    4.2. - Nel merito, la difesa regionale richiama la  sentenza  del
Consiglio di Stato, sezione V, 31 maggio 2012, n.  3254,  in  cui  il
collegio, chiamato a pronunciarsi  proprio  sull'art.  48,  comma  3,
della legge reg. Sardegna n. 9 del 2006, ha affermato che  «non  puo'
sostenersi che la valutazione di impatto ambientale sia un mero  atto
(tecnico) di gestione» e che di conseguenza tale normativa  regionale
«si sottrae  [...]  al  dubbio  di  legittimita'  costituzionale,  in
relazione agli articoli 3 e 97 della Costituzione, per la prospettata
violazione del principio di separazione della funzione  di  indirizzo
politico-amministrativo da  quella  gestionale  di  attuazione  della
prima». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.  -  Con  ordinanza  del  12  ottobre  2011,  depositata  nella
cancelleria il 21 dicembre 2011 (reg.  ord.  n.  279  del  2011),  il
Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sezione  seconda,
ha sollevato questioni di legittimita'  costituzionale  dell'articolo
48, comma 3, della legge della Regione Sardegna 12 giugno 2006, n.  9
(Conferimento  di  funzioni  e   compiti   agli   enti   locali),   e
dell'articolo 8, comma 4,  della  legge  della  Regione  Sardegna  13
novembre  1998,  n.  31  (Disciplina  del   personale   regionale   e
dell'organizzazione  degli  uffici  della  Regione),  per  violazione
dell'articolo 97 della Costituzione. 
    2.  -  In  via  preliminare,  vanno  esaminate  le  eccezioni  di
inammissibilita' prospettate dalla Regione autonoma Sardegna. 
    2.1. - Ad avviso della difesa  regionale,  «il  remittente  nulla
osserva in ordine al persistere dell'interesse, in capo al ricorrente
nel giudizio principale, all'annullamento  dell'atto  originariamente
impugnato», nonostante il  provvedimento  impugnato  risalga  «al  30
gennaio  del  2009»  e  il  TAR  Sardegna  abbia  «accolto  l'istanza
cautelare proposta dalla parte privata» con ordinanza n.  234  del  3
giugno 2009. Cio' renderebbe la questione inammissibile  per  difetto
di rilevanza. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    L'accoglimento  dell'istanza  cautelare  non  ha  determinato  la
cessazione dell'interesse del ricorrente nel giudizio principale, ne'
ha esaurito i poteri del giudice rimettente, il quale ha sollevato le
questioni di legittimita' costituzionale nella  fase  di  merito  del
giudizio principale. Inoltre, il decorso del  tempo,  invocato  dalla
difesa  regionale  quale  ragione   di   inammissibilita',   non   ha
conseguenze sull'applicazione  delle  norme  censurate  nel  giudizio
tuttora pendente e dunque non incide sulla rilevanza delle questioni. 
    2.2. - La Regione autonoma della Sardegna, poi, eccepisce che  le
questioni sarebbero  inammissibili  per  difetto  di  motivazione  in
ordine alla rilevanza, perche'  il  giudice  rimettente  non  avrebbe
fornito alcuna  argomentazione  circa  la  «necessaria  applicazione»
delle disposizioni censurate nel giudizio innanzi a lui pendente. 
    2.2.1. - Tale eccezione va accolta con riguardo all'art. 8, comma
4, della legge regionale n.  31  del  1998.  Questa  disposizione  si
limita a prevedere che il criterio di riparto - fissato dal  medesimo
art. 8 - tra le funzioni di indirizzo politico, rimesse  agli  organi
politici, e le  funzioni  di  gestione  amministrativa,  affidate  ai
dirigenti, possa essere  derogato  soltanto  a  opera  di  specifiche
disposizioni  legislative.  La  norma,  quindi,  non  trova   diretta
applicazione nel giudizio principale. Ne discende  che  la  questione
riferita all'art. 8, comma 4, della legge della Regione  Sardegna  n.
31 del 1998 e' manifestamente inammissibile per difetto di  rilevanza
(da ultimo, sentenza n. 257 del 2012). 
    2.2.2. - L'eccezione va respinta, invece, con  riguardo  all'art.
48, comma 3, della legge della Regione autonoma  Sardegna  n.  9  del
2006.  Tale  disposizione  attribuisce  alla  Giunta   regionale   la
competenza  a  deliberare  in  materia  di  valutazione  di   impatto
ambientale (VIA), sulla base dell'attivita'  istruttoria  svolta  dai
dirigenti  regionali:  laddove  tale  disposizione  fosse  dichiarata
costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 97 Cost.,  ne
deriverebbe, come osservato dal giudice rimettente, «l'illegittimita'
della deliberazione della giunta regionale impugnata dalla ricorrente
sotto il profilo preliminare ed  assorbente  dell'incompetenza  della
giunta regionale medesima ad esprimere il giudizio di  compatibilita'
ambientale». Si deve, percio', ritenere che la disposizione censurata
trovi  applicazione  nel  giudizio  principale  e  che   il   giudice
rimettente  abbia  sufficientemente  motivato  la   rilevanza   della
questione (da ultimo, sentenza n. 236 del 2012). 
    3. - La questione relativa all'art.  48,  comma  3,  della  legge
della Regione autonoma Sardegna n. 9  del  2006  deve  quindi  essere
esaminata nel merito. 
    Ad avviso del  giudice  rimettente,  l'attribuzione  alla  Giunta
regionale,  anziche'  ai  dirigenti   della   Regione,   del   potere
decisionale in ordine alla  valutazione  di  impatto  ambientale  (ma
«sulla  base  dell'attivita'  istruttoria»  svolta   dai   dirigenti)
violerebbe il principio di  separazione  tra  funzioni  di  indirizzo
politico e funzioni di gestione amministrativa, «espressione  diretta
dei principi di buon andamento e  imparzialita'  dell'amministrazione
sanciti dall'art. 97 della Costituzione», in quanto la valutazione di
impatto ambientale costituirebbe un «atto amministrativo di gestione,
di natura tecnico discrezionale, senza che nell'espressione  di  tale
giudizio  rilevino  profili  di  programmazione,  o  valutazioni   di
indirizzo politico». 
    La questione non e' fondata. 
    Il ragionamento svolto dal giudice rimettente si articola in  due
passaggi argomentativi. Innanzitutto, il principio di separazione tra
funzioni di indirizzo politico e funzioni di gestione  amministrativa
costituirebbe espressione  dell'art.  97  Cost.;  in  secondo  luogo,
l'atto oggetto del giudizio principale - la  valutazione  di  impatto
ambientale - dovrebbe essere qualificato come atto di gestione. Se la
prima  affermazione  risulta   in   linea   con   le   giurisprudenza
costituzionale, la seconda  va  respinta,  nei  termini  chiariti  di
seguito. 
    3.1. - Il principio di  separazione  tra  funzioni  di  indirizzo
politico-amministrativo, spettanti agli organi di governo, e funzioni
di gestione amministrativa, proprie  dei  dirigenti,  introdotto  dal
d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione  dell'organizzazione
delle amministrazioni  pubbliche  e  revisione  della  disciplina  in
materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della  legge  23
ottobre 1992, n. 421), e' stato  poi  «accentuato»  dal  legislatore,
«proprio per porre i dirigenti (generali) "in condizione di  svolgere
le loro funzioni nel rispetto dei  principi  d'imparzialita'  e  buon
andamento della  pubblica  amministrazione"»  (sentenza  n.  104  del
2007). Tale rafforzamento si e' realizzato, dapprima, con  il  d.lgs.
31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione
e  di  rapporti  di  lavoro  nelle  amministrazioni   pubbliche,   di
giurisdizione  nelle  controversie  di  lavoro  e  di   giurisdizione
amministrativa, emanate in  attuazione  dell'articolo  11,  comma  4,
della legge 15 marzo 1997, n. 59) e, poi,  con  il  d.lgs.  30  marzo
2001,  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche). 
    Con riferimento alla dirigenza amministrativa, la  giurisprudenza
costituzionale ha affermato  piu'  volte  che  una  «netta  e  chiara
separazione tra  attivita'  di  indirizzo  politico-amministrativo  e
funzioni  gestorie»  (sentenza  n.  161  del  2008)  costituisce  una
condizione «necessaria per garantire il rispetto dei principi di buon
andamento e di imparzialita' dell'azione amministrativa» (sentenza n.
304 del 2010; nello stesso senso, sentenze n. 390 del 2008, n. 104  e
n. 103 del 2007). Al principio di imparzialita' sancito dall'art.  97
Cost. si accompagna, come «natural[e] corollari[o]»,  la  separazione
«tra politica e amministrazione, tra l'azione del  "governo"  -  che,
nelle democrazie parlamentari, e' normalmente legata  agli  interessi
di una parte politica, espressione delle forze  di  maggioranza  -  e
l'azione dell'"amministrazione" - che, nell'attuazione dell'indirizzo
politico della  maggioranza,  e'  vincolata  invece  ad  agire  senza
distinzione di parti  politiche,  al  fine  del  perseguimento  delle
finalita' pubbliche obbiettivate dall'ordinamento» (sentenza  n.  453
del 1990). 
    3.2.   -   La   separazione    tra    funzioni    di    indirizzo
politico-amministrativo  e  funzioni  di   gestione   amministrativa,
quindi, costituisce un principio di carattere generale, che trova  il
suo fondamento nell'art. 97 Cost. L'individuazione dell'esatta  linea
di demarcazione tra gli atti da ricondurre alle funzioni  dell'organo
politico e  quelli  di  competenza  della  dirigenza  amministrativa,
pero', spetta al legislatore. A sua volta, tale  potere  incontra  un
limite nello stesso art. 97  Cost.:  nell'identificare  gli  atti  di
indirizzo politico amministrativo e quelli a carattere gestionale, il
legislatore non  puo'  compiere  scelte  che,  contrastando  in  modo
irragionevole  con  il  principio  di  separazione  tra  politica   e
amministrazione,    ledano     l'imparzialita'     della     pubblica
amministrazione. 
    Con  la  disposizione  censurata,  il  legislatore  regionale  ha
attribuito alla Giunta il potere di  decidere  sulla  valutazione  di
impatto ambientale di interesse provinciale  o  regionale;  tuttavia,
tale potere decisionale deve tener  conto,  per  espressa  previsione
legislativa,  dell'attivita'   istruttoria   svolta   dai   dirigenti
regionali. La scelta realizzata dal legislatore  regionale  determina
una divisione di competenze tra la Giunta e i dirigenti regionali che
non appare irragionevole, anche in considerazione  della  particolare
complessita' della VIA. In quest'ultimo atto, infatti, a verifiche di
natura tecnica circa la compatibilita' ambientale del  progetto,  che
rientrano nell'attivita' di gestione in senso stretto e  che  vengono
realizzate nell'ambito della fase istruttoria, possono affiancarsi  e
intrecciarsi complesse valutazioni che - nel bilanciare fra loro  una
pluralita' di interessi pubblici quali la  tutela  dell'ambiente,  il
governo  del  territorio  e  lo   sviluppo   economico   -   assumono
indubbiamente un particolare rilievo politico. In ragione di cio', il
riparto di competenze previsto dalla disposizione  censurata,  in  un
ambito caratterizzato  da  un  intreccio  di  attivita'  a  carattere
gestionale e di valutazioni di tipo politico,  non  viola  l'art.  97
Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara  manifestamente  inammissibile   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 8,  comma  4,  della  legge
della Regione autonoma Sardegna 13 novembre 1998, n.  31  (Disciplina
del personale regionale  e  dell'organizzazione  degli  uffici  della
Regione),   sollevata,   in   riferimento   all'articolo   97   della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna,
sezione seconda, con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 48, comma 3, della legge  della  Regione
Sardegna 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento  di  funzioni  e  compiti
agli enti locali), sollevata, in riferimento all'articolo  97  Cost.,
dal Tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Sardegna,  sezione
seconda, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 aprile 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                      Sabino CASSESE, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 3 maggio 2013. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA