N. 133 SENTENZA 3 - 7 giugno 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Straniero  -  Norme  della  Regione  Trentino-Alto  Adige  -  Assegno
  regionale  al  nucleo  familiare  per  i  figli  ed  equiparati   -
  Erogazione agli stranieri extracomunitari subordinata  al  possesso
  del requisito della residenza nella regione da almeno cinque anni -
  Discriminazione   arbitraria   per   l'assenza    di    ragionevole
  correlazione tra il requisito della residenza e  le  condizioni  di
  bisogno - Illegittimita' costituzionale parziale - Assorbimento  di
  ulteriori censure. 
- Legge della Regione Trentino-Alto Adige 18  febbraio  2005,  n.  1,
  art. 3, comma 1, secondo  periodo,  come  modificato  dall'art.  3,
  comma  3,  della  legge  regionale  14   dicembre   2011,   n.   8,
  limitatamente alle parole "da almeno cinque anni". 
- Costituzione, art. 3 (art. 117, secondo comma, lett. b). 
Impiego  pubblico  -  Norme  della  Regione  Trentino-Alto  Adige   -
  Trattamento economico conseguente a passaggi all'interno  dell'area
  di appartenenza - Ricorso del Governo  -  Rinuncia  al  ricorso  in
  assenza  di  costituzione  della  controparte  -   Estinzione   del
  processo. 
- Legge della Regione Trentino-Alto Adige 14  dicembre  2011,  n.  8,
  art. 7, commi 1 e 2. 
- Costituzione, art. 117, commi secondo, lettera l), e  terzo;  norme
  integrative per i giudizi davanti alla Corte  costituzionale,  art.
  23. 
(GU n.24 del 12-6-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Luigi MAZZELLA; 
Giudici :Gaetano SILVESTRI, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,
  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo   GROSSI,   Giorgio
  LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario
  Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  degli  articoli  3,
comma 3, e 7, commi  1  e  2,  della  legge  della  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol 14 dicembre 2011, n. 8 (Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della
Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol -  Legge  finanziaria),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 17-22 febbraio 2012, depositato in  cancelleria  il  23
febbraio 2012 ed iscritto al n. 30 del registro ricorsi 2012. 
    Udito nell'udienza pubblica del 12 marzo 2013 il Giudice relatore
Giuseppe Frigo; 
    udito l'avvocato  dello  Stato  Maria  Vittoria  Lumetti  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 17 febbraio 2012,
notificato  il  22  febbraio  2012  e  depositato  il  successivo  23
febbraio, il Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale in via principale: 
    a) dell'articolo 3, comma 3, della legge della  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/ Südtirol 14 dicembre 2011,  n.  8  (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale 2012 e  pluriennale  2012-2014
della  Regione  autonoma   Trentino-Alto   Adige/Südtirol   -   Legge
finanziaria), in riferimento agli articoli 3 e  117,  secondo  comma,
lettera b), della Costituzione; 
    b) dell'articolo 7, commi 1 e 2, della medesima legge  regionale,
in riferimento all'art. 117, commi  secondo,  lettera  l),  e  terzo,
della Costituzione. 
    1.1.- Il ricorrente rileva come l'art. 3, comma 3,  della  citata
legge regionale, modificando l'art. 3, comma 1, della legge  reg.  18
febbraio 2005,  n.  1  (Pacchetto  famiglia  e  previdenza  sociale),
introduca una distinzione tra i cittadini italiani  e  gli  stranieri
extracomunitari ai fini dell'erogazione  dell'«assegno  regionale  al
nucleo familiare per i figli ed equiparati», disciplinato dalla norma
novellata. Mentre, infatti, ai cittadini  italiani  e'  richiesta  la
semplice residenza nella Regione, la corresponsione  dell'assegno  ai
cittadini  extracomunitari  e'  condizionata   al   «possesso   della
residenza in regione da almeno cinque anni». 
    Ad avviso della difesa dello Stato, tale  ultima  previsione  non
sarebbe in linea con il disposto dell'art. 41 del decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero) e dell'art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n.
388  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), che, ai fini della
fruizione delle prestazioni e delle provvidenze, anche economiche, di
assistenza sociale, equiparano ai cittadini  italiani  gli  stranieri
titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno  di  durata
non inferiore a  un  anno.  Inoltre,  l'art.  9  del  citato  decreto
legislativo richiede, ai  fini  del  rilascio  del  permesso  CE  per
soggiornanti  di  lungo  periodo,  il  possesso  di  un  permesso  di
soggiorno per  almeno  cinque  anni.  Il  quinquennio  si  riferisce,
dunque, non alla  residenza,  ma  solo  alla  regolare  presenza  nel
territorio dello Stato. 
    La norma  regionale  censurata,  nel  subordinare  l'attribuzione
delle prestazioni assistenziali considerate al possesso, da parte dei
cittadini  extracomunitari  legalmente  soggiornanti  nel  territorio
dello Stato, dell'ulteriore requisito della residenza in Regione  per
un periodo minimo ininterrotto  di  cinque  anni,  introdurrebbe  una
discriminazione tra cittadini italiani  e  cittadini  extracomunitari
lesiva dell'art. 3 Cost. 
    Come gia' rilevato dalla  Corte  costituzionale  in  rapporto  ad
analoghe norme regionali (sentenza n. 40 del 2011), non  vi  sarebbe,
infatti, alcuna ragionevole correlazione tra il requisito di  accesso
ai benefici individuato dal legislatore regionale («il possesso della
residenza in regione da almeno  cinque  anni»)  e  le  situazioni  di
bisogno e di  disagio  che  le  provvidenze  in  questione  mirano  a
fronteggiare. La stessa Corte costituzionale ha,  inoltre,  precisato
come, una volta che il diritto a soggiornare nel territorio nazionale
non sia in discussione, non si possano «discriminare  gli  stranieri,
stabilendo,  nei  loro  confronti,  particolari  limitazioni  per  il
godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece
ai cittadini» (sentenza n. 61 del 2011). 
    La  disposizione  censurata  violerebbe   anche   la   competenza
legislativa esclusiva dello Stato in materia  di  immigrazione  (art.
117, secondo comma, lettera b, Cost.). La disparita'  di  trattamento
da   essa   introdotta   inciderebbe,    infatti,    sullo    «status
economico-sociale  dell'immigrato  e  del   suo   nucleo   familiare,
pregiudicandone l'uniformita' sul territorio nazionale». 
    1.2.- Il Governo censura, in secondo luogo, l'art. 7 della  legge
reg. n. 8 del 2011,  recante  norme  in  materia  di  personale,  con
particolare riguardo alle previsioni dei commi 1  e  2.  Il  comma  1
stabilisce che, «a decorrere dal 1° luglio 2012, ai fini del concorso
agli obiettivi di finanza pubblica, ai sensi dell'articolo  79  dello
Statuto di autonomia, i trattamenti economici conseguenti ai passaggi
all'interno dell'area sono corrisposti nei limiti delle  risorse  del
Fondo  per  il  finanziamento  del  sistema  di  classificazione  del
personale». Il comma 2 dispone, a sua  volta,  che  «il  comma  1  si
applica anche al personale  delle  Camere  di  Commercio,  Industria,
Artigiano e Agricoltura di Trento e di Bolzano». 
    Secondo  il  Presidente  del   Consiglio   dei   ministri,   tali
disposizioni si porrebbero in contrasto con quanto previsto dall'art.
9, comma 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti
di  stabilizzazione  finanziaria  e  di  competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in
base al quale «per il personale contrattualizzato le progressioni  di
carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree  eventualmente
disposte per gli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti
anni,  ai  fini  esclusivamente  giuridici».   Le   norme   censurate
violerebbero, di conseguenza, l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  con
riferimento ai limiti della potesta' legislativa regionale in materia
di coordinamento della finanza pubblica. 
    Sarebbe violato, altresi', l'art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost., che riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di
ordinamento civile, alla  quale  andrebbe  ricondotta  la  disciplina
dell'inquadramento dei lavoratori contrattualizzati e delle  relative
conseguenze economiche. 
    2.- Nel  giudizio  non  si  e'  costituita  la  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige. 
    3.- Con atto depositato il 4 settembre 2012,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  rinunciato  al  ricorso,  limitatamente
all'impugnazione dell'art. 7, commi 1 e 2, evidenziando come l'art. 1
della sopravvenuta legge reg. 18  giugno  2012,  n.  3  (Disposizioni
urgenti in materia di personale regionale, di  Camere  di  commercio,
industria, artigianato e agricoltura, di  ordinamento  delle  aziende
pubbliche di servizi alla persona e di previdenza integrativa)  abbia
modificato  le  norme  impugnate  in  modo  da  renderle  conformi  a
Costituzione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questioni di legittimita' costituzionale in via principale di  alcune
disposizioni  della  legge  della  Regione   autonoma   Trentino-Alto
Adige/Südtirol 14 dicembre 2011, n. 8 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale  2012  e  pluriennale  2012-2014  della  Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol - Legge finanziaria). 
    2.- Il ricorrente impugna, in primo luogo, l'articolo 3, comma 3,
di tale legge regionale, nella parte in cui - modificando  l'art.  3,
comma 1, della legge reg. 18 febbraio 2005, n. 1 (Pacchetto  famiglia
e previdenza sociale) - richiede, quale condizione  per  l'erogazione
ai «cittadini stranieri extracomunitari» dell'«assegno  regionale  al
nucleo familiare per i  figli  ed  equiparati»,  il  «possesso  della
residenza in regione da almeno cinque anni». 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  la   norma   impugnata   violerebbe
l'articolo 3 della Costituzione, introducendo una discriminazione tra
i cittadini extracomunitari e  i  cittadini  italiani  (ai  quali  e'
richiesta  la  semplice  residenza  in   Regione)   che   apparirebbe
arbitraria, stante l'assenza di ogni ragionevole correlazione tra  il
requisito di accesso legato a una particolare tipologia di  residenza
e le condizioni di bisogno e disagio della persona che le provvidenze
in questione mirano ad affrontare. 
    Sarebbe violato, altresi', l'art. 117, secondo comma, lettera b),
Cost.,  che  attribuisce  alla  competenza   statale   esclusiva   la
legislazione in materia di immigrazione, in quanto la  durata  minima
della  residenza  in  Regione  richiesta  allo  straniero   ai   fini
dell'accesso alle prestazioni di assistenza sociale atterrebbe  «allo
status economico-sociale dell'immigrato e del suo  nucleo  familiare,
pregiudicandone l'uniformita' sul territorio nazionale». 
    2.1.- In riferimento all'art. 3 Cost., la questione e' fondata. 
    L'impugnato art. 3, comma 3, della legge  reg.  n.  8  del  2011,
novellando l'art. 3, comma  1,  della  legge  reg.  n.  1  del  2005,
modifica   i   requisiti   necessari   per   ottenere    l'erogazione
dell'«assegno  regionale  al  nucleo  familiare  per   i   figli   ed
equiparati», disciplinato  dalla  norma  novellata,  con  particolare
riguardo  alla  condizione  della  residenza  del  richiedente  nella
Regione. Come precisato dal comma 4-bis dell'art. 3 della legge  reg.
n. 1 del 2005, l'assegno in  questione  e'  istituto  allo  scopo  di
integrare, nell'ambito delle competenze della Regione, le provvidenze
previste dalla legislazione statale in  materia  previdenziale  e  di
istituire «forme  di  tutela  e  di  sostegno  della  famiglia  nello
svolgimento della sua funzione sociale». L'entita' dell'assegno - che
spetta a un  solo  richiedente  per  ogni  nucleo  familiare  la  cui
condizione economica non superi i limiti  stabiliti  con  regolamento
regionale (art. 3, commi 1 e 4, della legge reg. n.  1  del  2005)  -
varia in funzione della composizione di detto nucleo (presenza o meno
di entrambi i genitori, numero dei figli ed  equiparati,  presenza  o
meno di figli o equiparati disabili: tabelle A, B e C  allegate  alla
legge reg. n. 1 del 2005). 
    Nel testo anteriore alla modifica operata dalla norma  impugnata,
l'art. 3, comma 1, della legge reg. n. 1 del 2005 prevedeva,  in  via
generale, come condizione  per  l'ottenimento  dell'assegno,  che  il
richiedente fosse residente  da  almeno  cinque  anni  nella  Regione
Trentino-Alto Adige o coniugato  con  persona  in  possesso  di  tale
requisito. 
    La norma impugnata ha, per converso, operato  una  distinzione  a
seconda  dalla  nazionalita'  dell'interessato.  La  provvidenza  e',
infatti,  riconosciuta  ai  cittadini  italiani  a   condizione   che
risiedano in Regione (non  importa  da  quanto  tempo)  o  che  siano
coniugati con persona in possesso di  tale  requisito;  ai  cittadini
comunitari,  «entro  i  limiti  e  secondo  criteri  previsti   dalla
normativa europea in materia di coordinamento dei  sistemi  nazionali
di sicurezza sociale»; ai cittadini  extracomunitari,  solo  ove  «in
possesso della residenza in regione da almeno cinque anni». Ed e'  su
tale requisito di "residenza qualificata" - attualmente previsto  per
i soli cittadini extracomunitari  e  tale,  dunque,  da  attuare  una
disciplina differenziata e meno favorevole nei loro confronti  -  che
si appuntano le censure del ricorrente. 
    2.2.- In proposito, questa Corte ha gia' avuto modo di  affermare
che  al  legislatore,  sia  statale  che  regionale,  e'   consentito
introdurre  una   disciplina   differenziata   per   l'accesso   alle
prestazioni eccedenti i limiti dell'essenziale  -  tra  le  quali  va
inclusa quella qui considerata - al fine  di  conciliare  la  massima
fruibilita' dei benefici previsti con la  limitatezza  delle  risorse
finanziarie disponibili. La legittimita' di  una  simile  scelta  non
esclude, tuttavia, che i canoni selettivi adottati  debbano  comunque
rispondere al principio di ragionevolezza, in quanto  «e'  consentito
[...]  introdurre  regimi  differenziati,  circa  il  trattamento  da
riservare ai singoli consociati, soltanto in presenza di una  "causa"
normativa non palesemente  irrazionale  o,  peggio,  arbitraria».  Lo
scrutinio va operato all'interno  della  specifica  disposizione,  al
fine di verificare se vi sia  una  ragionevole  correlazione  tra  la
condizione prevista per l'ammissibilita' al  beneficio  e  gli  altri
peculiari requisiti  che  ne  condizionano  il  riconoscimento  e  ne
definiscono la ratio (sentenza n. 432 del 2005). 
    Sulla scorta di tali considerazioni, la Corte  ha  gia'  in  piu'
occasioni ritenuto costituzionalmente illegittime, per contrasto  con
l'art. 3 Cost., norme legislative regionali o provinciali  che,  come
quella   oggetto    dell'odierno    scrutinio,    subordinavano    il
riconoscimento  di   determinate   prestazioni   assistenziali,   nei
confronti dei soli stranieri, alla residenza nella  Regione  o  nella
Provincia autonoma per un certo periodo minimo di tempo. 
    Al riguardo, si e'  in  particolare  rilevato  che,  in  tema  di
accesso degli  stranieri  alle  prestazioni  di  assistenza  sociale,
mentre  la  residenza  costituisce,  rispetto  ad   una   provvidenza
regionale, «un criterio  non  irragionevole  per  l'attribuzione  del
beneficio» (sentenza n. 432 del 2005),  non  altrettanto  puo'  dirsi
quanto alla previsione di un  requisito  differenziale  basato  sulla
residenza protratta per un  predeterminato  e  significativo  periodo
minimo di tempo (nella specie, quinquennale).  La  previsione  di  un
simile requisito, infatti, non risulta  rispettosa  dei  principi  di
ragionevolezza e di uguaglianza, in  quanto  «introduce  nel  tessuto
normativo elementi di distinzione arbitrari»,  non  essendovi  alcuna
ragionevole  correlazione  tra  la  durata  della  residenza   e   le
situazioni di bisogno o  di  disagio,  riferibili  direttamente  alla
persona  in  quanto  tale,  che  costituiscono  il   presupposto   di
fruibilita' delle provvidenze in questione (sentenza n. 40 del 2011).
Non e', infatti, possibile presumere, in termini  assoluti,  che  gli
stranieri immigrati nel territorio regionale o provinciale  «da  meno
di cinque anni, ma pur sempre ivi stabilmente residenti o  dimoranti,
versino in stato di bisogno minore rispetto a chi vi risiede o dimora
da piu' anni» (sentenza n.  2  del  2013;  in  prospettiva  similare,
sentenza n. 4 del 2013). 
    Le medesime considerazioni valgono evidentemente in rapporto alla
norma oggi impugnata, che presenta un'analoga  struttura.  L'art.  3,
comma 1, secondo periodo, della legge reg. n. 1 del 2005,  nel  testo
risultante a seguito delle modifiche operate dal  censurato  art.  3,
comma 3, della legge reg. n. 8 del  2011,  va  dichiarato,  pertanto,
costituzionalmente illegittimo, limitatamente alle parole  -  che  in
esso compaiono, con  riferimento  al  requisito  della  residenza  in
Regione dei cittadini extracomunitari - «da almeno cinque anni». 
    Le censure riferite all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  b),
Cost. restano assorbite. 
    3.- Con riguardo alla concorrente impugnazione dell'art. 7, commi
1 e 2, della legge reg. n. 8 del 2011, di cui era stato denunciato il
contrasto con l'art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo,  Cost.,
il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  ha  depositato  atto  di
rinuncia al ricorso. 
    Per tale parte, il processo  va  dichiarato  dunque  estinto,  ai
sensi dell'art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale, stante  la  mancata  costituzione  in  giudizio
della Regione (ex plurimis, ordinanze n. 283, n. 282, n. 122 e n.  98
del 2012). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  3,
comma  1,  secondo  periodo,  della  legge  della  Regione   autonoma
Trentino-Alto  Adige/Südtirol  18  febbraio  2005,  n.  1  (Pacchetto
famiglia e previdenza  sociale),  come  modificato  dall'articolo  3,
comma 3, della legge regionale 14 dicembre 2011, n.  8  (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale 2012 e  pluriennale  2012-2014
della  Regione  autonoma   Trentino-Alto   Adige/Südtirol   -   Legge
finanziaria), limitatamente alle parole «da almeno cinque anni»; 
    2)  dichiara  estinto  il  processo  quanto  alla  questione   di
legittimita' costituzionale dell'articolo  7,  commi  1  e  2,  della
medesima legge regionale n. 8 del 2011. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 giugno 2013. 
 
                                F.to: 
                     Luigi MAZZELLA, Presidente 
                      Giuseppe FRIGO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI