N. 139 SENTENZA 5 - 13 giugno 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Paesaggio - Norme della Regione Veneto - Appostamenti per  la  caccia
  al colombaccio, realizzati con particolari accorgimenti secondo gli
  usi e le consuetudini locali - Introduzione di  deroga  all'obbligo
  di autorizzazione  paesaggistica  -  Riduzione  dello  standard  di
  protezione assicurato dalla  normativa  dello  Stato  -  Violazione
  della  competenza  esclusiva   statale   in   materia   di   tutela
  dell'ambiente e dell'ecosistema - Illegittimita' costituzionale  in
  parte qua. 
- Legge della Regione Veneto 6 luglio 2012, n. 25, art. 1, comma 3. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s). 
Paesaggio - Norme della Regione Veneto - Appostamenti  fissi  per  la
  caccia -  Introduzione  di  deroga  all'obbligo  di  autorizzazione
  paesaggistica - Riduzione dello standard di  protezione  assicurato
  dalla normativa dello Stato - Violazione della competenza esclusiva
  statale in materia di  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema  -
  Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Legge della Regione Veneto 6 luglio 2012, n. 25, art. 2, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s). 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione  Veneto  -  Appostamenti
  fissi per la caccia - Introduzione di deroga all'obbligo di  titolo
  abilitativo edilizio -  Contrasto  con  il  principio  fondamentale
  della  legislazione  statale,  secondo  cui  tali  manufatti   sono
  soggetti a permesso di  costruire  -  Violazione  della  competenza
  legislativa statale  nella  materia  concorrente  del  governo  del
  territorio - Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Legge della Regione Veneto 6 luglio 2012, n. 25, art. 2, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; d.P.R. 6 giugno 2001, n.  380,
  artt. 3, 6 e 10. 
(GU n.25 del 19-6-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Alessandro  CRISCUOLO,   Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  degli  articoli  1,
comma 3, e 2, comma 1, della legge  della  Regione  Veneto  6  luglio
2012, n. 25 (Modifiche alla legge regionale 9 dicembre  1993,  n.  50
"Norme per la protezione della fauna  selvatica  e  per  il  prelievo
venatorio"), promosso dal Presidente del Consiglio dei  ministri  con
ricorso notificato il 10-13 settembre 2012, depositato in cancelleria
il 17 settembre 2012 ed iscritto al n. 122 del registro ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito nell'udienza pubblica del 7 maggio 2013 il Giudice relatore
Giorgio Lattanzi; 
    uditi l'avvocato dello Stato Cristina Gerardis per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e  gli  avvocati  Luigi  Manzi  e  Daniela
Palumbo per la Regione Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 10 settembre 2012 e  depositato  il
successivo 17 settembre (reg. ric. n. 122 del 2012) il Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  ha  sollevato  questioni   di   legittimita'
costituzionale degli articoli 1, comma 3, e 2, comma 1,  della  legge
della Regione Veneto 6 luglio  2012,  n.  25  (Modifiche  alla  legge
regionale 9 dicembre 1993, n. 50 "Norme per la protezione della fauna
selvatica e per il prelievo venatorio"), in riferimento  all'articolo
117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, della Costituzione. 
    Le  disposizioni  impugnate  modificano  la  legge  regionale   9
dicembre 1993, n. 50 (Norme per la protezione della fauna selvatica e
per il prelievo venatorio). 
    In particolare, l'art. 1, comma 3,  aggiungendo  un  comma  3-bis
all'art. 20-bis di quest'ultimo testo normativo, stabilisce che  «gli
appostamenti per la caccia al colombaccio di cui al presente articolo
sono soggetti alla comunicazione al comune e  non  richiedono  titolo
abitativo  edilizio  ai  sensi  dell'articolo  6  del   decreto   del
Presidente della repubblica 6 giugno 2001, n. 380 "Testo unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia  di  edilizia"  e
successive  modificazioni  e  si  configurano  quali  interventi  non
soggetti ad autorizzazione  paesaggistica,  ove  siano  correttamente
mimetizzati e siano realizzati, secondo gli  usi  e  le  consuetudini
locali, in legno e  metallo,  di  altezza  non  superiore  il  limite
frondoso degli alberi e siano privi di allacciamenti e  di  opere  di
urbanizzazione  e  comunque  non  siano  provvisti  di   attrezzature
permanenti per il riscaldamento». 
    Il ricorrente ritiene lesiva  della  competenza  esclusiva  dello
Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema (art. 117,
secondo comma, lettera  s,  Cost.)  la  previsione  che  esclude  gli
appostamenti per la  caccia  al  colombaccio,  indicati  dalla  norma
impugnata, dall'autorizzazione  paesaggistica,  dato  che  essa  deve
ritenersi richiesta ai sensi  degli  artt.  146  e  149  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6  luglio  2002,  n.
137). Tali interventi, infatti, non  potrebbero  avere  carattere  di
lieve   entita'   e   non   ricadrebbero,    quindi,    nel    regime
dell'"autorizzazione semplificata" di cui all'art.  1  del  d.P.R.  9
luglio 2010, n. 139 (Regolamento recante procedimento semplificato di
autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve  entita',  a
norma dell'articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22  gennaio
2004, n. 42, e successive modificazioni). 
    La seconda disposizione  impugnata,  cioe'  l'art.  2,  comma  1,
aggiunge una previsione all'art. 9, comma 2, lettera h), della  legge
regionale n. 50 del 1993,  stabilendo  che  «tutte  le  tipologie  di
appostamento  di  cui  all'articolo  20  della   presente   legge   e
all'articolo 12, comma 5 della legge  n.  157  del  1992,  realizzate
secondo  gli  usi  e  le  consuetudini  locali,   sono   soggette   a
comunicazione al comune e non richiedono titolo abitativo edilizio ai
sensi dell'articolo 6 del decreto del Presidente della  repubblica  6
giugno 2001, n. 380 "Testo unico  delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia di edilizia" e successive modificazioni e si
configurano  quali  interventi   non   soggetti   ad   autorizzazione
paesaggistica; per  gli  appostamenti  che  vengono  rimossi  a  fine
giornata di caccia non e' previsto l'obbligo della  comunicazione  al
comune territorialmente competente». 
    Il ricorrente in primo  luogo  formula  la  medesima  censura  di
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.  avanzata
nei confronti dell'art. 3, comma 1, per la sottrazione di  tutti  gli
appostamenti all'autorizzazione paesaggistica. 
    In secondo luogo, per l'esclusione della  necessita'  del  titolo
abilitativo  edilizio,  il  ricorrente  denuncia  la  violazione  del
principio fondamentale in materia di  governo  del  territorio  (art.
117, terzo comma, Cost.) recato dall'art. 3, comma 1,  lettera  e.5),
del d.P.R. 6 giugno 2001, n.  380  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia - Testo A). 
    A parere del ricorrente, in base a  questa  disposizione  restano
soggetti  a  permesso  di  costruire  interventi  edilizi  privi  del
carattere  della  precarieta'  funzionale,  per  la   tipologia   dei
materiali impiegati e l'uso non temporaneo. 
    Gli  appostamenti  per   la   caccia   rientrerebbero   in   tale
fattispecie,  avendo  carattere  fisso,  sicche'  neppure  in   forza
dell'art. 6, comma 6, lettera a), del d.P.R. n.  380  del  2001,  che
pure consente alla Regione  di  estendere  il  regime  dell'attivita'
edilizia libera, il legislatore  regionale  avrebbe  potuto  derogare
all'obbligo del permesso di costruire. 
    2.- Si e' costituita in giudizio la Regione Veneto, chiedendo che
il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque non fondato. 
    La Regione rileva che lo Stato non ha impugnato  l'art.  1  della
legge regionale  24  febbraio  2012,  n.  12  (Modifiche  alla  legge
regionale 9 dicembre 1993, n. 50 "Norme per la protezione della fauna
selvatica  e  per  il  prelievo  venatorio"),  che  ha  esentato  gli
appostamenti   per   la   caccia   a    ungulati,    ivi    indicati,
dall'autorizzazione paesaggistica e dal titolo abilitativo  edilizio,
ne' l'art. 3 della stessa legge, recante analoga  esenzione  per  gli
appostamenti nel territorio lagunare e vallivo. 
    Cio' avrebbe indotto il legislatore regionale a  confidare  nella
legittimita' degli analoghi interventi  oggi  impugnati.  Del  resto,
aggiunge la difesa regionale, la delibera di  Giunta  del  2  ottobre
2012, n. 2005, nell'approntare una disciplina piu' puntuale circa  il
regime degli appostamenti per la caccia  ad  ungulati  e  colombacci,
avrebbe recepito le indicazioni rese dalla Direzione regionale per  i
beni culturali e paesaggistici. 
    Rispetto all'art. 1,  comma  3,  impugnato,  e  alla  deroga  ivi
introdotta  all'obbligo  di  autorizzazione  paesaggistica,  andrebbe
considerato che gli appostamenti per la  caccia  ai  colombacci  sono
collocabili solo nelle zone identificate dalle Province,  sulla  base
di criteri minimi uniformi sull'assetto del territorio e la sicurezza
enunciati dalla Giunta regionale (art. 20-bis, comma 2,  della  legge
regionale n. 50 del 1993). La Regione ribadisce,  a  tale  proposito,
che la relativa delibera di Giunta e' stata preceduta  da  un  parere
favorevole del competente organo statale. 
    Ne seguirebbe che i profili di tutela dell'ambiente di competenza
statale  sarebbero   da   valutare   solo   con   riguardo   all'atto
amministrativo della  Giunta,  e  non  alla  disposizione  impugnata,
«priva di autonomo carattere precettivo». 
    Rispetto all'art. 2, comma 1, la Regione ritiene  che,  sotto  il
profilo edilizio,  tutti  gli  appostamenti  per  la  caccia  abbiano
carattere precario, poiche' destinati ad  un  impiego  limitato  alla
stagione venatoria, percio' la legge regionale potrebbe esentarli dal
titolo abilitativo, ai sensi dell'art. 6, comma 6,  lettera  a),  del
d.P.R. n. 380  del  2001,  al  pari  delle  serre  mobili  stagionali
previste dal comma 1, lettera e), di tale ultima norma. 
    Ne' sarebbe pertinente il  richiamo  fatto  dal  ricorrente  alla
sentenza n. 171 del 2012 di questa Corte, con la quale sarebbe  stata
dichiarata la illegittimita' costituzionale di  una  norma  regionale
che esentava dal titolo edilizio strutture di  natura  permanente,  e
non precaria, come gli appostamenti per la caccia. 
    Quanto all'autorizzazione paesaggistica, la  Regione  reputa  che
gli appostamenti per la caccia possano costituire interventi inerenti
all'esercizio dell'attivita' agro-silvo-pastorale, per i quali l'art.
149, comma 1, lettera  b),  del  d.lgs.  n.  42  del  2004,  a  certe
condizioni, non richiede l'autorizzazione. Tale conclusione  andrebbe
desunta dall'art. 10, comma 1, della legge 11 febbraio 1992,  n.  157
(Norme per la protezione della fauna selvatica  omeoterma  e  per  il
prelievo   venatorio),   che   assoggetta   tutto    il    territorio
agro-silvo-pastorale a pianificazione faunistico-venatoria. 
    Inoltre, la difesa regionale  evidenzia  che  sono  esentati  gli
appostamenti realizzati secondo gli usi  e  le  consuetudini  locali:
essi, percio', sarebbero per definizione "strutture integrate con  il
territorio" e non potrebbero reputarsi "nuove costruzioni". 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha  sollevato  questioni
di legittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 3, e 2,  comma
1, della legge della Regione Veneto 6 luglio 2012, n.  25  (Modifiche
alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 "Norme per la  protezione
della fauna selvatica e per il prelievo venatorio"),  in  riferimento
all'articolo 117, secondo comma, lettera s),  e  terzo  comma,  della
Costituzione. 
    Le  disposizioni  impugnate  apportano   modifiche   alla   legge
regionale 9 dicembre 1993, n. 50 (Norme per la protezione della fauna
selvatica e per il prelievo venatorio). 
    In particolare, l'art. 1, comma 3, della legge oggetto di ricorso
aggiunge un comma 3-bis all'art. 20 della legge regionale n.  50  del
1993,  il  quale,  per  quanto  qui  interessa,  sottrae  al   regime
dell'autorizzazione paesaggistica gli appostamenti per la  caccia  al
colombaccio, realizzati con particolari accorgimenti secondo gli  usi
e le consuetudini locali. 
    L'art. 2, comma 1, impugnato modifica, invece, l'art. 9, comma 2,
lettera h), della legge regionale  n.  50  del  1993  ed  esclude  la
necessita' di richiedere sia l'autorizzazione paesaggistica,  sia  il
titolo abilitativo edilizio per gli appostamenti fissi per la caccia,
che sono definiti come attivita' edilizia libera, ai sensi  dell'art.
6 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia di edilizia - Testo A). 
    Il ricorrente impugna entrambe le disposizioni,  con  riferimento
alla deroga introdotta all'obbligo dell'autorizzazione paesaggistica,
perche' violerebbero la competenza esclusiva dello Stato  in  materia
di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema (art. 117,  secondo  comma,
lettera s, Cost.). 
    Il solo art. 2, comma 1, viene censurato anche nella parte in cui
esenta gli appostamenti fissi per la caccia  dal  titolo  abilitativo
edilizio, perche'  violerebbe  il  principio  fondamentale  espresso,
nella materia concorrente del governo del territorio (art. 117, terzo
comma, Cost.), dall'art. 3 del d.P.R. n. 380  del  2001,  secondo  il
quale tali manufatti sarebbero soggetti a permesso di costruire. 
    2.-  In  via  preliminare,   la   Corte   rileva   che   l'omessa
impugnazione, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri,  di
precedenti norme del legislatore veneto, analoghe  alle  disposizioni
oggetto di  ricorso,  non  ha  alcun  rilievo,  dato  che  l'istituto
dell'acquiescenza non e' applicabile  nel  giudizio  di  legittimita'
costituzionale in via principale (ex plurimis,  sentenze  n.  71  del
2012 e n. 187 del 2011). 
    Ai fini della risoluzione delle odierne questioni, non e'  dunque
pertinente l'osservazione della difesa regionale, secondo cui  l'art.
1, comma 3, impugnato estende agli  appostamenti  per  la  caccia  ai
colombacci quanto era gia' stato stabilito per gli ungulati dall'art.
1 della legge regionale 24 febbraio 2012, n. 12 (Modifiche alla legge
regionale 9 dicembre 1993, n. 50 "Norme per la protezione della fauna
selvatica  e  per  il  prelievo  venatorio").  Ugualmente  privo   di
pertinenza  e'  il  riferimento  all'art.  3  della  medesima   legge
regionale, che  ha  sottratto  gli  appostamenti  per  la  caccia  in
territorio  lagunare  e  vallivo,  sia  al   titolo   edilizio,   sia
all'autorizzazione paesaggistica. 
    3.- Le questioni di legittimita' costituzionale  di  entrambe  le
disposizioni impugnate, nella parte in cui esse derogano  all'obbligo
dell'autorizzazione  paesaggistica,  sono  fondate   in   riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Questa Corte  ha  ripetutamente  affermato  che  non  compete  al
legislatore regionale disciplinare ipotesi di esenzione, rispetto  ai
casi per i quali la normativa dello Stato subordina  l'esecuzione  di
un intervento al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica (sentenze
n. 66 del 2012; n. 235 del 2011; n. 232 del  2008).  Questo  istituto
persegue, infatti, finalita' di tutela dell'ambiente e del paesaggio,
rispetto alle quali la legge  regionale,  nelle  materie  di  propria
competenza, puo' semmai ampliare, ma  non  ridurre,  lo  standard  di
protezione assicurato  dalla  normativa  dello  Stato  (ex  plurimis,
sentenze n. 58 del 2013; n. 66 del 2012; n. 225 del 2009; n. 398  del
2006; n. 407 del 2002). 
    Cio' posto, deve ritenersi  che  l'impatto  prodotto  nelle  aree
tutelate  dagli  appostamenti  venatori,  siano  essi  fissi,  ovvero
destinati a cacciare i colombacci,  comporti  la  necessita'  di  una
preventiva  valutazione  di  compatibilita',  mediante   il   ricorso
all'autorizzazione paesaggistica. 
    E' da aggiungere che la Regione non sarebbe  competente,  in  una
materia di esclusiva spettanza dello Stato, ad irrigidire nelle forme
della legge casi di deroga al regime autorizzatorio,  neppure  quando
essi fossero gia'  desumibili  dall'applicazione  in  concreto  della
disciplina statale. In ogni caso per gli appostamenti in questione e'
da escludere che, come invece pretenderebbe la difesa regionale,  una
simile deroga possa venire tratta dall'art. 149, comma 1, lettera b),
del decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42  (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10  della  legge  6
luglio  2002,  n.  137),   posto   che   tale   disposizione   esenta
dall'autorizzazione   taluni   interventi   attinenti   all'attivita'
agro-silvo-pastorale, e non dunque a quella venatoria. 
    Va da se', poi, che le finalita' sottese al regime autorizzatorio
debbono venire assolte mediante lo strumento  tipico  previsto  dalla
legge  statale,  senza  che  la  Regione  possa   addurre,   in   via
surrogatoria,    modalita'    procedimentali     comunque     diverse
dall'autorizzazione. Percio' e' irrilevante sia che la delibera della
Giunta  regionale  n.  2005  del  2012  abbia  approvato  criteri  di
sicurezza e di uso del territorio ai fini della  realizzazione  degli
appostamenti per ungulati e colombacci; sia che tale atto  sia  stato
adottato su parere favorevole della competente amministrazione  dello
Stato; sia che usi e consuetudini locali permettano,  come  prospetta
la difesa regionale, una favorevole integrazione  degli  appostamenti
fissi nel territorio. 
    4.- La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,
comma 1, della legge regionale n. 25 del 2012, anche nella  parte  in
cui esenta dal titolo abilitativo edilizio gli appostamenti fissi per
la caccia, realizzati secondo usi e consuetudini locali, e'  fondata,
in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Questa Corte ha gia'  affermato  che  la  disciplina  dei  titoli
richiesti per eseguire un intervento edilizio,  e  l'indicazione  dei
casi  in  cui  essi  sono   necessari,   costituisce   un   principio
fondamentale del governo del territorio, che vincola la  legislazione
regionale di  dettaglio  (sentenza  n.  303  del  2003;  in  seguito,
sentenze n. 171 del 2012; n. 309 del 2011). 
    Gli appostamenti regolati dalla norma  impugnata,  attraverso  il
rinvio all'art. 12, comma 5, della legge 11  febbraio  1992,  n.  157
(Norme per la protezione della fauna selvatica  omeoterma  e  per  il
prelievo venatorio), e all'art. 20 della legge regionale  n.  50  del
1993,  sono  "fissi";  essi,  in  altri   termini,   comportano   una
significativa e permanente  trasformazione  del  territorio,  che  la
stessa realizzazione secondo usi e consuetudini non e'  in  grado  di
sminuire: basti pensare che dall'art. 1, comma 3, impugnato si deduce
la compatibilita' con gli usi di strutture in  legno  o  metallo,  di
un'altezza che puo' raggiungere «il limite frondoso degli alberi». 
    E' da  aggiungere  che  il  carattere  stagionale  dell'attivita'
venatoria e,  conseguentemente,  dell'impiego  dell'appostamento  non
vale ad escludere, sulla base della legislazione vigente, il  rilievo
che quest'ultimo assume  sul  piano  edilizio.  L'art.  3,  comma  1,
lettera e.5), del  d.P.R.  n.  380  del  2001,  dedotto  quale  norma
interposta dal ricorrente, qualifica come nuova costruzione, soggetta
a permesso di costruire in forza dell'art. 10, comma 1,  lettera  a),
del medesimo testo normativo, l'installazione  di  manufatti  leggeri
che non siano destinati a soddisfare esigenze  meramente  temporanee.
Da tale disposizione si e' tratto il piu' generale principio  che  la
natura stagionale dell'uso non  implica  precarieta'  del  manufatto,
quando esso sia volto a garantire bisogni destinati a reiterarsi  nel
tempo, sia pure non continuativamente. 
    Ne consegue che l'appostamento fisso per la caccia, che la stessa
difesa regionale distingue «da quelli suscettibili  di  rimozione  al
termine»  della  stagione  venatoria,  e'  soggetto  a  permesso   di
costruire, in base agli artt. 3 e 10 del d.P.R. n. 380 del 2001. 
    Cio'  premesso,  si  tratta  di   decidere   se   possa   trovare
applicazione l'art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, che indica casi  di
attivita' edilizia libera e prevede, con il comma 6, lettera a),  che
le Regioni a statuto ordinario possono estendere  tale  disciplina  a
«interventi edilizi ulteriori». 
    Questa Corte ha gia' escluso che la  disposizione  appena  citata
permetta al legislatore regionale di sovvertire le  "definizioni"  di
"nuova costruzione" recate dall'art. 3 del d.P.R.  n.  380  del  2001
(sentenza n. 171 del 2012). 
    L'attivita'  demandata  alla  Regione  si  inserisce  pur  sempre
nell'ambito derogatorio definito dall'art. 6 del d.P.R.  n.  380  del
2001, attraverso la enucleazione di interventi tipici da sottrarre  a
permesso di costruire e  SCIA  (segnalazione  certificata  di  inizio
attivita'). Non e' percio' pensabile che il legislatore statale abbia
reso cedevole l'intera disciplina dei  titoli  edilizi,  spogliandosi
del compito, proprio del legislatore dei principi fondamentali  della
materia, di determinare quali  trasformazioni  del  territorio  siano
cosi' significative, da soggiacere comunque a permesso di costruire. 
    Lo  spazio  attribuito  alla  legge  regionale  si  deve   quindi
sviluppare secondo scelte coerenti con le ragioni giustificatrici che
sorreggono, secondo le previsioni dell'art. 6 del d.P.R. n.  380  del
2001, le specifiche ipotesi di sottrazione al titolo abilitativo. 
    Gli appostamenti fissi per la caccia, sotto questo  profilo,  non
sono assimilabili, come sostiene  la  difesa  regionale,  alle  serre
mobili stagionali, sprovviste di struttura in muratura  e  funzionali
allo svolgimento dell'attivita' agricola, che costituiscono attivita'
edilizia libera ai sensi dell'art. 6, comma 1, lettera e), del d.P.R.
n. 380 del 2001. 
    Il perno del regime derogatorio,  infatti,  e'  costituito  dalla
mobilita' delle serre, requisito di cui l'appostamento "fisso" di per
se' non gode. 
    Il  legislatore  regionale  ha   percio'   valicato   il   limite
determinato dall'art. 6, comma 6, lettera a), del d.P.R. n.  380  del
2001, relativo alla estensione dei casi di attivita' edilizia  libera
ad ipotesi non integralmente nuove, ma "ulteriori", ovvero coerenti e
logicamente assimilabili agli interventi di cui ai commi 1  e  2  del
medesimo art. 6. 
    Ne consegue che la norma impugnata, avendo ad  oggetto  manufatti
per i quali la normativa dello Stato esige il permesso di  costruire,
ha ecceduto dalla sfera di competenza concorrente assegnata dall'art.
117, terzo comma, Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  1,
comma 3, della legge della  Regione  Veneto  6  luglio  2012,  n.  25
(Modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 "Norme per  la
protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio"), nella
parte    in    cui    esenta    dall'assoggettamento    al     regime
dell'autorizzazione paesaggistica gli appostamenti per la  caccia  al
colombaccio; 
    2)  dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  2,
comma 1, della legge della Regione Veneto n. 25 del 2012, nella parte
in cui esenta dall'assoggettamento al regime del  titolo  abilitativo
edilizio e dell'autorizzazione paesaggistica gli  appostamenti  fissi
per la caccia. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                     Giorgio LATTANZI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2013. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA