N. 145 SENTENZA 17 - 20 giugno 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Miniere e cave - Norme della Provincia  di  Trento  -  Autorizzazione
  all'attivita' di  cava  -  Possibilita'  di  due  proroghe  per  il
  completamento  dei  lavori  di  coltivazione  autorizzati,  per  un
  periodo complessivo di massimo tre anni -  Ricorso  del  Governo  -
  Asserita elusione della osservanza della normativa di  VIA,  lesiva
  della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela
  dell'ambiente - Insussistenza - Scelta in se' non censurabile e non
  incongrua - Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione. 
- Legge della Provincia di Trento 20 luglio 2012,  n.  14,  artt.  4,
  comma 2, e 13, comma 2. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. s);  statuto  speciale
  della Regione Trentino-Alto Adige, art. 8, primo comma. 
(GU n.26 del 26-6-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Alessandro  CRISCUOLO,   Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  degli  articoli  4,
comma 2, e 13, comma 2,  della  legge  della  Provincia  autonoma  di
Trento  del  20  luglio  2012,  n.  14  (Modificazioni  della   legge
provinciale sulle cave e della legge  provinciale  sulla  valutazione
d'impatto ambientale), promosso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 21-25 settembre  2012,  depositato
in cancelleria il 25  settembre  2012  ed  iscritto  al  n.  127  del
registro ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento; 
    udito nell'udienza pubblica del 7 maggio 2013 il Giudice relatore
Paolo Grossi; 
    uditi l'avvocato dello Stato Angelo Venturini per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Franco Mastragostino  per  la
Provincia autonoma di Trento. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 21-25 settembre 2012 e  depositato
il successivo 25 settembre, il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
proposto in via principale - per violazione  dall'articolo  8,  primo
comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n.
670  (Approvazione  del  testo  unico  delle   leggi   costituzionali
concernenti  lo  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige)  e
dell'articolo 117, secondo comma, lettera s),  della  Costituzione  -
questioni di legittimita' costituzionale degli articoli 4, comma 2, e
13, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 20 luglio
2012, n. 14 (Modificazioni della legge provinciale sulle cave e della
legge provinciale sulla valutazione d'impatto ambientale). 
    Il ricorrente pone in evidenza che il censurato art. 4, comma 2 -
modificando  la  lettera  a)  dell'art.  7,  comma  5,  della   legge
provinciale 24 ottobre  2006,  n.  7  (Disciplina  dell'attivita'  di
cava), che, in tema di  autorizzazioni  alla  coltivazione  di  cave,
prevedeva che i Comuni potessero prorogare (per non piu' di un  anno)
le autorizzazioni alle condizioni stabilite nell'atto originale, solo
per il periodo necessario  a  completare  i  lavori  di  coltivazione
autorizzati, compresi quelli di  ripristino  -  dispone  ora  che  la
proroga delle autorizzazioni a tal fine possa essere disposta per  un
massimo di due volte per periodi non superiori a tre anni.  E  rileva
che, a sua volta, l'art.  13,  comma  2  -  che  inserisce  il  comma
7-quater dell'art. 37 della citata legge  provinciale  sulle  cave  -
prevede che il novellato art. 7, comma  5,  si  applichi  anche  alle
autorizzazioni rilasciate antecedentemente alla data  di  entrata  in
vigore della legge in esame. 
    Il ricorrente osserva che le citate disposizioni  consentono  che
tutte  le  autorizzazioni  per  le  quali  non  vi   sia   stato   il
completamento dei lavori di  coltivazione  possano  essere  rinnovate
senza alcuna condizione,  verifica  o  procedura  volta  alla  tutela
ambientale, essendo sufficiente che i titolari  presentino  una  mera
istanza al competente ufficio comunale, il  quale  puo'  disporne  la
proroga. Ma cio' potrebbe essere ammissibile solo per i progetti  che
siano gia' stati sottoposti alla procedura di VIA o alla procedura di
verifica di assoggettabilita' a VIA  entro  gli  ultimi  cinque  anni
(cioe' entro il termine di decadenza stabilito dall'art. 26, comma 6,
del decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.  152,  recante  «Norme  in
materia ambientale»), e non per quei progetti che in  precedenza  non
siano  mai  stati  sottoposti  alle  citate  procedure   (in   quanto
precedenti  all'entrata  in  vigore  della  normativa   comunitaria);
determinandosi altrimenti una palese violazione delle disposizioni in
materia di valutazione di impatto ambientale recate dagli articoli da
20 a 28 e dagli Allegati III, lettera s), e IV, punto 8, lettera  i),
dello stesso decreto legislativo n. 152 del 2006. 
    Poiche', secondo il ricorrente, modificare, ovvero  prorogare  il
termine di un'autorizzazione, o comunque rinnovarla  assegnandole  un
nuovo termine,  significa  modificarne  la  «sostanza»,  proprio  per
questo, alla stregua della direttiva 27  giugno  1985  n.  85/337/CEE
(Direttiva del  Consiglio  concernente  la  valutazione  dell'impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati), in base  alla
interpretazione  offertane  dalla  giurisprudenza  della   Corte   di
giustizia dell'Unione europea, e' necessaria una vera e propria nuova
autorizzazione,  che  postula  il   preventivo   espletamento   delle
procedure in materia di valutazione di impatto  ambientale  stabilite
dalla direttiva medesima, tanto piu' quando  la  verifica  ovvero  la
valutazione dell'impatto ambientale non sia stata effettuata in  sede
di prima autorizzazione anteriormente  all'entrata  in  vigore  della
normativa di  VIA  (il  ricorrente  richiama  a  sostegno  delle  sue
argomentazioni le sentenze di questa Corte n. 67 e n.  1  del  2010).
Ne', peraltro, in senso contrario potrebbe valere  la  considerazione
che la Provincia autonoma di Trento, ai sensi dell'art. 8,  comma  1,
punto 14,  dello  statuto  speciale,  gode  di  potesta'  legislativa
primaria  in  materia  di  miniere  (comprese  le  acque  minerali  e
termali), cave e torbiere,  giacche',  da  un  lato,  il  legislatore
provinciale e' assoggettato, nelle materie di propria competenza,  ai
vincoli posti dallo stesso art. 8, comma 1 (consistenti, tra l'altro,
nella necessita' di rispettare  gli  obblighi  internazionali  e  gli
interessi nazionali); e, dall'altro lato, in presenza  di  norme  che
afferiscono alla  tutela  ambientale,  la  potesta'  di  disciplinare
l'ambiente nella sua interezza, come entita' organica  (che  inerisce
ad  un  interesse  pubblico  di  valore  costituzionale  primario  ed
assoluto), deve ritenersi affidata in via  esclusiva  allo  Stato  ai
sensi dell'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost., e  costituisce
(come prescrive anche  il  diritto  comunitario)  un  limite  per  la
disciplina che le Regioni e le Province autonome sono legittimate  ad
adottare in materie di loro competenza. 
    2. - Si e'  costituita  in  giudizio  la  Provincia  autonoma  di
Trento, concludendo per la inammissibilita' e/o l'infondatezza  della
questione. 
    La resistente premette che essa Provincia,  nell'esercizio  della
propria competenza legislativa  esclusiva  in  materia  di  cave,  in
presenza di una peculiare contingenza economica,  si  e'  limitata  a
prevedere un termine di piu' ampio respiro  per  la  conclusione  dei
progetti, ferme restando tutte le altre condizioni  i  vincoli  e  le
prescrizioni  in   tema   di   tutela   ambientale   necessarie   per
l'autorizzazione  della   proroga.   E,   analizzata   la   normativa
provinciale in tema di VIA, osserva che  -  se  quanto  previsto,  in
termini  generali  sulla  efficacia  della  valutazione  dell'impatto
ambientale, dall'art. 9 della legge provinciale 29 agosto 1988, n. 28
(recante «Disciplina  della  valutazione  dell'impatto  ambientale  e
ulteriori norme di tutela dell'ambiente», che  ha  rappresentato  uno
dei primi recepimenti  della  direttiva  85/337/CEE)  non  differisce
dalla previsione dell'art. 26, comma 6, del  decreto  legislativo  n.
152 del 2006 (avente la  medesima  ratio  di  garantire,  decorso  il
termine  quinquennale  dal   rilascio   della   VIA,   una   verifica
sull'eventuale mutamento delle condizioni territoriali ed ambientali)
- lo stesso obiettivo e'  comunque  assicurato  dal  successivo  art.
9-bis (introdotto dalla legge provinciale 15 dicembre  2004,  n.  10,
recante   «Disposizioni   in   materia   di    urbanistica,    tutela
dell'ambiente,  acque  pubbliche,  trasporti,  servizio   antincendi,
lavori pubblici e caccia», ed applicabile dal 2005) che, in deroga  a
quanto stabilito nell'art. 9, definisce un particolare regime proprio
per i progetti di cave e di miniere (oltre che  di  discariche),  che
dura sino alla data di  completamento  delle  attivita'  autorizzate,
comprendendo anche la fase di gestione del progetto. 
    Infatti,  la  Provincia  rileva  che   anche   detta   differente
regolamentazione e' assistita  da  una  serie  di  prescrizioni,  che
valgono   a   salvaguardare   l'esigenza   che    il    prolungamento
dell'efficacia della accertata  compatibilita'  ambientale,  fino  al
completamento delle  attivita'  autorizzate,  sia  suffragato  da  un
costante  monitoraggio  sulla  permanenza   delle   date   condizioni
ambientali e dello sviluppo della attivita' autorizzata, onde imporre
nuove prescrizioni e modificazioni per aggiornare  la  compatibilita'
delle condizioni di autorizzazione alle eventuali  mutate  condizioni
territoriali. Ed aggiunge che la modifica  introdotta  dal  censurato
art. 4, comma 2, consente  di  prorogare  unicamente  la  durata  del
progetto, mantenendo fermi  tutti  gli  elementi  ed  i  vincoli  del
medesimo  e  le  relative   prescrizioni,   disponendone   una   mera
posticipazione, e non certo  un  rinnovo,  che  non  potrebbe  essere
disposto, anche  per  la  legislazione  provinciale,  se  non  previa
riedizione del procedimento di VIA. Osserva ancora che, comunque,  la
proroga, che in base alla nuova modifica  puo'  essere  concessa  dal
Comune (titolare del  procedimento  di  rilascio  dell'autorizzazione
all'attivita' di cava) per un massimo di tre  anni,  non  inciderebbe
(nel senso di escluderli) sugli  eventuali  provvedimenti  rilasciati
sulla medesima cava ai sensi  della  normativa  in  materia  di  VIA,
dovendo coordinarsi e correlarsi con le norme  previste  dalla  legge
provinciale sopra ricordata sulla validita' della VIA per i  progetti
di cava. 
    Pertanto, la Provincia deduce che il sistema non lascia  scoperta
alcuna forma di tutela, tant'e' che - data l'operativita' della norma
introdotta a decorrere dal 2005 con il citato art 9-bis  della  legge
provinciale n. 28 del 1988 - a tutt'oggi non esistono in Provincia di
Trento autorizzazioni di cava che non siano gia' state  sottoposte  a
procedura di VIA o di screening; e sostiene che, quindi, il paventato
pericolo di trovarsi di fronte a progetti sottratti  a  procedure  di
verifica di impatto  ambientale  e'  meramente  astratto  e  teorico.
Contesta, infine, l'erroneita' dell'assunto secondo cui, in  presenza
di autonomia statutaria in materia  -  che  esclude  di  per  se'  la
automatica integrale trasposizione della normativa statale, sia  pure
interessante una materia  trasversale,  nell'ordinamento  provinciale
autonomo - si verificherebbe un  vulnus  della  competenza  esclusiva
statale, anche solo per la previsione di un termine diverso,  ma  non
irragionevole ne'  inidoneo  allo  scopo,  da  quello  stabilito  dal
legislatore nazionale. 
    2.1. - In una memoria difensiva, la Provincia di Trento ribadisce
le argomentazioni svolte a sostegno delle conclusioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  impugna  -  per
violazione dell'articolo 8, primo comma, del decreto  del  Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige) e dell'articolo 117, secondo comma, lettera  s),
della Costituzione - gli articoli 4, comma 2, e 13,  comma  2,  della
legge della Provincia autonoma  di  Trento  20  luglio  2012,  n.  14
(Modificazioni della legge  provinciale  sulle  cave  e  della  legge
provinciale sulla valutazione d'impatto ambientale). 
    L'art. 4, comma 2, modificando la lettera a) dell'art.  7,  comma
5, della  legge  provinciale  24  ottobre  2006,  n.  7,  recante  la
«Disciplina dell'attivita' di cava» (che, in tema  di  autorizzazioni
alla  coltivazione  di  cave,  prevedeva  che  i   Comuni   potessero
prorogare, per non piu' di un anno, le autorizzazioni alle condizioni
stabilite nell'atto originale,  solo  per  il  periodo  necessario  a
completare i lavori di coltivazione autorizzati, compresi  quelli  di
ripristino), prevede ora che la proroga delle autorizzazioni  al  tal
fine possa «essere disposta per un massimo di due volte  per  periodi
non superiori a tre  anni».  A  sua  volta,  l'art.  13,  comma  2  -
inserendo  il  comma  7-quater  dell'art.  37  della   citata   legge
provinciale sulle cave - dispone che il novellato art. 7, comma 5, si
applichi anche alle autorizzazioni rilasciate  antecedentemente  alla
data di entrata in vigore della legge in esame. 
    Il ricorrente denuncia  la  violazione:  a)  dell'art.  8,  primo
comma,  punto  14,  dello  statuto  speciale,  poiche'  la   potesta'
legislativa  primaria  in  materia  di  miniere,  comprese  le  acque
minerali e termali, cave e torbiere, della Provincia di Trento (oltre
ad essere assoggettata ai vincoli posti dallo stesso  art.  8,  comma
1), trova un limite (sancito - secondo  il  ricorrente  -  anche  dal
diritto  comunitario)  nella  potesta'  di  disciplinare   l'ambiente
affidata in via esclusiva allo Stato ai sensi  dell'art.  117,  comma
secondo, lettera s), Cost.; b) dello stesso art. 117, secondo  comma,
lettera s), Cost., in  quanto  le  norme  impugnate  violerebbero  le
disposizioni in materia di valutazione di impatto  ambientale  recate
dagli articoli da 20 a 28 e dagli Allegati III,  lettera  s),  e  IV,
punto 8, lettera i), del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152
(Norme in materia ambientale). 
    1.1.  -  La  difesa  dello  Stato  muove  dall'assunto   che   le
disposizioni impugnate consentirebbero che  tutte  le  autorizzazioni
per le quali  non  vi  sia  stato  il  completamento  dei  lavori  di
coltivazione  possano  essere  rinnovate  senza  alcuna   condizione,
verifica o  procedura  volta  alla  tutela  ambientale,  mentre  cio'
potrebbe essere ammissibile solo per i progetti che siano gia'  stati
sottoposti alla procedura di VIA o  alla  procedura  di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA entro gli ultimi cinque anni - cioe' entro il
termine di decadenza stabilito dall'art. 26,  comma  6,  del  decreto
legislativo n. 152 del  2006  -  e  non  per  quei  progetti  che  in
precedenza non siano mai stati sottoposti alle citate  procedure,  in
quanto precedenti all'entrata in vigore della normativa  comunitaria.
Ed a sostegno delle  censure  di  incostituzionalita'  richiama,  tra
l'altro, la sentenza n. 67 del 2010, con la  quale  questa  Corte  (a
fronte della  previsione  di  proroghe  automatiche  delle  attivita'
estrattive  in  assenza  di   procedure   di   VIA)   ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di norme di una delibera  legislativa
siciliana e di una legge della Regione Campania; nonche' la  sentenza
n. 1 del 2010 (in tema  di  valutazioni  di  impatto  ambientale  che
debbano precedere il rilascio dei titoli legittimanti la ricerca e la
coltivazione delle acque  minerali  naturali,  delle  acque  termali,
delle acque di sorgente e delle piccole utilizzazioni locali), che ha
affermato la incostituzionalita'  di  altra  normativa  sempre  della
Regione Campania che, nel  prevedere  un  termine  cinquantennale  di
proroga delle concessioni a carattere  perpetuo,  aveva  operato  una
dilatazione eccessiva del termine  di  durata  gia'  trentennale,  in
contrasto con la necessita', in sede di rinnovo della concessione, di
procedere alla valutazione di impatto ambientale. 
    2. - La questione non e' fondata, nei sensi di seguito precisati. 
    2.1. - Va innanzi tutto rilevato come non sia in discussione  che
la potesta' legislativa primaria in materia di miniere,  comprese  le
acque minerali e termali, cave e torbiere (attribuita alla  Provincia
autonoma di Trento dall'art. 8, primo comma, punto 14  dello  statuto
speciale), trovi un limite nella competenza affidata in via esclusiva
allo Stato, ai sensi dell'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost.,
di disciplinare l'ambiente nella sua  interezza,  in  quanto  entita'
organica,  che  inerisce  ad  un   interesse   pubblico   di   valore
costituzionale  primario  ed  assoluto;  e  che,  pertanto,  ad  essa
Provincia sia consentito, in tale assetto di  attribuzioni,  soltanto
di eventualmente incrementare  i  livelli  della  tutela  ambientale,
allorquando «essa costituisce esercizio di una competenza legislativa
della Regione e non compromette un punto di equilibrio  tra  esigenze
contrapposte  espressamente  individuato  dalla  norma  dello  Stato»
(sentenze n. 58 del 2013, n. 66 del 2012, n. 225 del 2009). 
    Cio' premesso, va altresi' sottolineato che la  disciplina  della
Provincia autonoma di Trento in materia  di  valutazione  di  impatto
ambientale, e di verifica dell'assoggettabilita', ha trovato compiuta
regolamentazione gia' nella legge provinciale 29 agosto 1988, n.  28,
recante la «Disciplina della valutazione  dell'impatto  ambientale  e
ulteriori norme di tutela dell'ambiente» (che  ha  rappresentato  uno
dei primi recepimenti della Direttiva 27 giugno  1985  n.  85/337/CEE
«Direttiva del  Consiglio  concernente  la  valutazione  dell'impatto
ambientale  di  determinati  progetti  pubblici  e  privati»)  e  nel
relativo Regolamento di esecuzione,  approvato  con  il  decreto  del
Presidente della Giunta provinciale 22 novembre 1989, n.  l3-11  Leg.
(Regolamento di esecuzione della legge provinciale 29 agosto 1988, n.
28 «Disciplina della valutazione dell'impatto ambientale e  ulteriori
norme  di  tutela  dell'ambiente»),  aggiornato   con   decreto   del
Presidente della Giunta provinciale  13  marzo  2001,  n.  5-56  Leg.
(Modifiche al D.P.G.P. 22 novembre 1989, n. 13-11/Leg «Regolamento di
esecuzione della legge provinciale 29 agosto 1988, n. 28  "Disciplina
della valutazione dell'impatto ambientale e ulteriori norme di tutela
dell'ambiente"»), che si e' a sua volta conformato alla  sopravvenuta
direttiva 3 marzo 1997, n.  97/11/CE  (Direttiva  del  Consiglio  che
modifica  la  direttiva   85/337/CEE   concernente   la   valutazione
dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati). 
    Nella Provincia medesima,  poi,  alla  normativa  in  materia  di
valutazione di  impatto  ambientale  si  aggiunge  e  si  correla  la
regolamentazione specifica della attivita' di cava,  contenuta  nella
legge provinciale n.  7  del  2006,  come  appunto  modificata  dalle
disposizioni della legge provinciale n. 14 del  2012,  tra  le  quali
anche le norme oggetto della presente impugnazione governativa. 
    2.2. - A torto viene richiamata dal ricorrente a  sostegno  della
illegittimita' delle norme impugnate  la  sentenza  n.  67  del  2010
(insieme alla  n.  1  del  2010),  che  si  fonda  sulla  riscontrata
illegittimita' di normative regionali, le  quali,  nella  materia  de
qua, avevano  introdotto  eccezionali  ed  automatiche  "proroghe  di
diritto" per autorizzazioni  all'esercizio  di  cave,  rilasciate  in
assenza di procedure di VIA (o, comunque, eventualmente,  in  assenza
di VIA), e per di piu' gia' soggette a "rinnovi", in  una  situazione
dunque di  sicuro  contrasto  con  l'effetto  utile  della  direttiva
85/337/CEE,   perche'   mantiene   «inalterato   lo    status    quo,
sostanzialmente   sine   die,   superando   qualsiasi   esigenza   di
"rimodulare"  i  provvedimenti  autorizzatori   in   funzione   delle
modifiche subite, nel tempo,  dal  territorio  e  dall'ambiente».  Al
contrario, le norme de quibus risultano immuni dai dedotti profili di
incostituzionalita'. 
    Esse infatti vanno inquadrate, e  doverosamente  lette  in  senso
costituzionalmente conforme, nel  contesto  indubbiamente  "virtuoso"
(teso  a  dare  sollecita  ed  effettiva  attuazione  alla  direttiva
85/337/CEE)  delle  richiamate  normative  provinciali  in  tema   di
regolamentazione  della  disciplina  della  valutazione  di   impatto
ambientale e della attivita' di cava. 
    In particolare, l'art. 9-bis della legge provinciale  n.  28  del
1988 - pur «in deroga a quanto stabilito dall'art. 9», che  fissa  il
principio della efficacia limitata nel  tempo  della  valutazione  di
impatto ambientale in relazione  alle  caratteristiche  del  progetto
(comma 1),  disponendo  che,  scaduto  detto  termine  senza  che  il
progetto  sia  stato  realizzato,  la  VIA  decada  di  diritto   con
necessita' di integrale rinnovazione  della  procedura  (comma  2)  -
stabilisce, con specifico riguardo alle cave e miniere, non solo  che
la valutazione positiva di impatto  ambientale  abbia  efficacia,  in
relazione alle  caratteristiche  del  progetto,  fino  alla  data  di
completamento delle attivita' autorizzate (comma 1), ma anche che  la
perdurante  "attualita'"  di  siffatta  valutazione,  rispetto   alle
mutevoli condizioni  dei  luoghi  in  cui  si  svolge  l'attivita'  e
dell'ambiente circostante, sia garantita nel tempo  (esigenza  questa
sentita e tutelata anche dai commi 1 e 1-bis dell'art. 28 del decreto
legislativo n. 152 del 2006), con un costante monitoraggio  da  parte
della Agenzia provinciale per  la  protezione  dell'ambiente  (APPA),
attuato attraverso «specifici rapporti  sullo  stato  di  avanzamento
delle attivita' autorizzate con i contenuti e secondo la periodicita'
stabiliti dalla deliberazione della Giunta provinciale che approva la
valutazione dell'impatto ambientale» (comma 2); e che, a  seguito  di
cio', la Giunta provinciale,  sentito  il  comitato  provinciale  per
l'ambiente, possa «disporre, in esito all'esame del rapporto  di  cui
al comma 2  e  alle  correlate  verifiche  istruttorie  dell'agenzia,
prescrizioni e modifiche al progetto autorizzato, cui e'  subordinata
l'ulteriore prosecuzione dell'attivita'» (comma 3). 
    Da parte sua, l'art. 7, comma 5, della legge provinciale n. 7 del
2006 (in tema di autorizzazione alla coltivazione di cave in aree  di
proprieta' privata, la cui domanda, ai sensi del successivo  art.  8,
comma 1, ove l'intervento sia soggetto alle procedure di  verifica  o
di valutazione d'impatto ambientale, deve essere  presentata  con  le
modalita' stabilite dalla legge provinciale n.  28  del  1988  e  dal
relativo regolamento di esecuzione) prevedeva, nel  testo  originario
antecedente la censurata novellazione, che il Comune - data la regola
per cui «La durata dell'autorizzazione e' determinata sulla base  del
progetto di coltivazione allegato alla domanda e non puo' superare la
scadenza del programma di attuazione comunale»; e  per  cui,  «Se  il
comune non approva il  programma  di  attuazione,  le  autorizzazioni
rilasciate ai sensi di  questo  articolo  non  possono  avere  durata
superiore a diciotto anni fatto salvo quanto previsto  nel  comma  5»
(art. 7, comma 4) - potesse «prorogare l'autorizzazione, su  motivata
richiesta dell'interessato presentata entro  i  termini  di  scadenza
dell'autorizzazione  stessa,  alle  condizioni  stabilite   nell'atto
originale, solo per il periodo necessario a: a) completare  i  lavori
di coltivazione autorizzati, compresi quelli di  ripristino;  in  tal
caso la proroga puo' essere disposta per un periodo non  superiore  a
un    anno;    b)    adottare    il    provvedimento    di    rinnovo
dell'autorizzazione». 
    2.3. - La impugnata previsione dell'art. 4, comma 2, della  legge
provinciale n. 14 del 2012, rispetto al testo previgente dell'art. 7,
comma  5,  della  legge  provinciale  n.   7   del   2006,   modifica
esclusivamente  il  numero   delle   proroghe   consentite   per   il
completamento dei lavori di coltivazione autorizzati (portate da  una
a due) e la lunghezza  complessiva  del  periodo  totale  di  proroga
(elevato da uno ad un massimo di tre anni). 
    Rilevato  che  le  censure  svolte  dal  Governo  ricorrente   si
riferiscono esclusivamente a tali contestate modificazioni normative,
che  riguardano  propriamente  il  termine  di  completamento   delle
attivita' autorizzate e non gia' i presupposti di  concessione  della
autorizzazione (ivi  compresa  la  valutazione  positiva  di  impatto
ambientale, come regolamentata dalla  legge  provinciale  n.  28  del
1988), va ritenuto, allora, che non risulta, in primo luogo,  in  se'
censurabile la scelta del legislatore provinciale (in un ambito, come
detto, di competenza primaria) di disporre  una  mera  posticipazione
della durata dell'autorizzazione all'attivita' di cava, per un  tempo
che deve ritenersi non incongruo  ove  commisurato  alle  contingenti
reali  esigenze  degli  operatori  del  settore,  «considerato  anche
l'attuale periodo di contrazione del mercato» (come  evidenziato  nei
lavori preparatori della legge). D'altro canto,  tale  posticipazione
neppure risulta incoerente con quanto disposto dall'art. 26, comma 6,
del decreto legislativo n. 152 del 2006, che - nel  porre  la  regola
della efficacia limitata nel tempo del provvedimento  di  valutazione
dell'impatto  ambientale  dei  progetti  sottoposti  alla   fase   di
valutazione - tiene, pur  sempre,  conto  delle  caratteristiche  del
progetto, consentendo espressamente che possa stabilirsi  un  periodo
piu' lungo, prevedendo  contestualmente  che,  solo  trascorso  detto
periodo,  salvo  proroga  concessa  (su   istanza   del   proponente)
dall'autorita' che ha  emanato  il  provvedimento,  la  procedura  di
valutazione dell'impatto ambientale debba essere reiterata. 
    Nella  specie,  quindi,  non  si  tratta  ne'  di   una   proroga
automatica,  atta  ad  eludere  l'osservanza   nell'esercizio   della
attivita' di cava  della  normativa  di  VIA  (come  nel  caso  delle
richiamate sentenze n. 67 del 2010 e  n.  1  del  2010),  ne'  di  un
rinnovo, che non potrebbe essere disposto, anche in virtu' di  quanto
previsto  dalla  legislazione  provinciale  vigente,  se  non  previa
riedizione del procedimento di VIA (sentenza n. 114 del 2012), ma  di
un mero allungamento dei termini per il completamento delle attivita'
autorizzate.  Il  quale,  peraltro  (sulla  base  di   una   doverosa
ricostruzione sistematica, e costituzionalmente  orientata,  dei  due
plessi normativi riguardanti la valutazione dell'impatto ambientale e
il regime autorizzatorio delle attivita' di cava, anche in assenza di
disposizioni di coordinamento tra di essi)  deve  comunque  ritenersi
soggetto  alle  cautele  previste   dall'art.   9-bis   della   legge
provinciale  n.  28  del  1988,  e  quindi,   nello   specifico,   al
monitoraggio finalizzato a garantire la perdurante  attualita'  della
valutazione positiva  di  impatto  ambientale  dell'opera,  accertata
all'atto della domanda di autorizzazione.  La  qual  cosa  sostanzia,
appunto, un  assetto  normativo  perfettamente  coerente  ai  livelli
(anche comunitari) di tutela  ambientale,  divenuti  obbligatori  per
tutti i progetti successivi alla  data  «spartiacque»  del  3  luglio
1988,  di  scadenza  del  termine  di  attuazione   della   direttiva
85/337/CEE (sentenze di questa Corte n. 209 del 2011  e  n.  120  del
2010). 
    2.4. - Ne', sotto altro aspetto, puo' convenirsi con  l'ulteriore
argomentazione svolta a sostegno della impugnazione  dal  ricorrente,
secondo cui - dato che «la proroga potrebbe  essere  ammissibile  per
tutti i progetti che siano gia' stati sottoposti  alla  procedura  di
VIA o alla procedura di verifica di assoggettabilita' a VIA entro gli
ultimi cinque anni, cioe' entro il termine di decadenza stabilito dal
citato art. 26, comma  6,  del  d.lgs.  3  aprile  2006,  n.  152»  -
«risulta, invece, sicuramente illegittima per quei  progetti  che  in
precedenza non siano mai stati sottoposti alle  citate  procedure  di
VIA o di verifica di assoggettabilita' a VIA  (in  quanto  precedenti
all'entrata in vigore della normativa comunitaria)». 
    Rilevato, infatti che (per espressa  previsione  contenuta  nella
stessa norma) i termini di cui al richiamato comma 6 dell'art. 26  si
applicano solo ai procedimenti avviati successivamente alla  data  di
entrata in vigore del decreto  legislativo  16  gennaio  2008,  n.  4
(Ulteriori  disposizioni  correttive  ed  integrative   del   decreto
legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  recante  norme  in   materia
ambientale), va sottolineato che - oltre alla tempestiva introduzione
della  normativa  provinciale  in  tema  di  valutazione  di  impatto
ambientale di cui al piu' volte citato art. 9 della legge provinciale
n. 28 del 1988 - il comma  4  del  successivo  art.  9-bis  (aggiunto
dall'art. 12 della legge provinciale 15 dicembre 2004, n. 10, recante
«Disposizioni in materia di urbanistica, tutela dell'ambiente,  acque
pubbliche, trasporti, servizio antincendi, lavori pubblici e caccia»,
con decorrenza, ai sensi dell'art. 28 della stessa legge provinciale,
dal gennaio 2005)  pone,  proprio  per  le  attivita'  di  cava,  una
esplicita disciplina transitoria in  base  alla  quale:  «L'esercizio
delle attivita' considerate dai progetti o dai programmi  di  cui  al
comma 1, che abbiano acquisito la  valutazione  positiva  di  impatto
ambientale  precedentemente  alla  data  di  entrata  in  vigore   di
quest'articolo, puo' essere proseguito  anche  dopo  la  scadenza  di
efficacia  della   valutazione   dell'impatto   ambientale,   qualora
ricorrano  le  seguenti  condizioni:  a)  prima  della  scadenza   di
efficacia della predetta valutazione sia stata presentata domanda  di
proroga dell'efficacia medesima ovvero sia stato depositato un  nuovo
progetto o programma alla valutazione dell'impatto ambientale; b)  la
prosecuzione dell'attivita' avvenga nel rispetto  delle  modalita'  e
delle  previsioni,  anche  volumetriche,  del  progetto  o  programma
precedentemente autorizzato; c) la  prosecuzione  dell'attivita'  sia
autorizzata ai sensi delle norme di settore». 
    Orbene, tenuto conto che (come detto) i  primi  tre  commi  dello
stesso art. 9-bis prevedono a regime un costante  monitoraggio  della
perdurante  positivita'  della  valutazione  di  impatto  ambientale,
dinamicamente  inteso  ad  eventualmente  disporre   prescrizioni   o
modifiche in corso d'opera, subordinandone  l'ulteriore  prosecuzione
(comma  3),  appare  del  tutto  apodittica  ed  errata  (oltre   che
categoricamente smentita dalla Provincia  resistente)  l'affermazione
del ricorrente, che  paventa  la  possibile  applicazione  del  nuovo
regime di proroga anche «a progetti che in precedenza non  siano  mai
stati sottoposti alle citate  procedure  di  VIA  o  di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA (in quanto precedenti all'entrata  in  vigore
della normativa comunitaria)». 
    2.5. - Per le medesime ragioni  deve  ritenersi  non  fondata  la
questione riguardante l'art. 13, comma 2, della legge provinciale  n.
14 del 2012, che, aggiungendo il comma  7-quater  all'art.  37  della
legge provinciale n. 7 del 2006, dispone che «L'articolo 7,  comma  5
[nel testo modificato dall'art. 4, comma 2, legge  prov.  n.  14  del
2012],   si   applica   anche    alle    autorizzazioni    rilasciate
antecedentemente alla data di entrata in  vigore  di  questa  legge».
Alle considerazioni svolte a  sostegno  della  non  fondatezza  della
questione riferita all'art. 4, comma 2 (che novella  la  disposizione
la cui applicazione e' richiamata  dall'art.  13,  comma  2),  sembra
potersi aggiungere che  (come  rilevato  dalla  Provincia)  la  norma
censurata  ha  come  fine  anche  quello  di  garantire  parita'   di
condizioni  e   di   trattamento   e   ad   evitare   discriminazioni
ingiustificate, e di ricomprendere sotto la stessa disciplina tutti i
rapporti  suscettibili  di  essere  considerati  come  non  esauriti,
ovviamente  sempre  nel  rispetto  delle   richieste   procedure   di
valutazione di impatto ambientale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non  fondate,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione,  le
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 4,  comma  2,  e
13, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 20 luglio
2012, n. 14 (Modificazioni della legge provinciale sulle cave e della
legge provinciale sulla valutazione d'impatto ambientale), promosse -
in riferimento all'art. 8, primo comma, del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige) ed all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
della Costituzione - dal Presidente del Consiglio dei  ministri,  con
il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 giugno 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                       Paolo GROSSI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI