N. 164 ORDINANZA 19 - 27 giugno 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Enti locali - Ordinamento di Roma capitale - Prevista pattuizione con
  il Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  del  concorso  agli
  obiettivi di finanza  pubblica  e,  in  caso  di  mancato  accordo,
  applicazione della  disciplina  concernente  i  restanti  Comuni  -
  Modalita' di erogazione  delle  risorse  statali  -  Ricorso  della
  Regione Lazio - Sopravvenuta modifica delle disposizioni  impugnate
  - Rinuncia al ricorso accettata dalla controparte - Estinzione  del
  processo. 
- Decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61, art. 12, commi 1 e 3. 
- Costituzione, artt. 76, 117, terzo comma, e 119; norme  integrative
  per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, art. 23. 
(GU n.27 del 3-7-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo
  CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  12,
commi 1 e 3, del decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61 (Ulteriori
disposizioni recanti attuazione dell'articolo 24 della legge 5 maggio
2009, n. 42, in materia di ordinamento  di  Roma  Capitale)  promosso
dalla Regione Lazio con ricorso  notificato  il  17-24  luglio  2012,
depositato in cancelleria il 24 luglio 2012 ed iscritto al n. 106 del
registro ricorsi del 2012. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  4  giugno  2013  il  Presidente
Franco Gallo, in luogo e con l'assenso del Giudice  relatore  Gaetano
Silvestri, e sentiti  l'avvocato  Francesco  Saverio  Marini  per  la
Regione Lazio e l'avvocato dello Stato Alessandro De Stefano  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che, con ricorso notificato e depositato  il  24  luglio
2012,  la  Regione  Lazio  ha  promosso  questioni  di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo
18 aprile 2012, n.  61  (Ulteriori  disposizioni  recanti  attuazione
dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009,  n.  42,  in  materia  di
ordinamento di Roma Capitale), per violazione degli  artt.  76,  117,
terzo comma, e 119 della  Costituzione,  e  del  principio  di  leale
collaborazione; 
    che, secondo la ricorrente, il comma 1 del citato art. 12  -  ove
si disponeva, nel testo vigente al  momento  della  proposizione  del
ricorso, che Roma Capitale pattuisse direttamente  con  il  Ministero
dell'economia e delle finanze il proprio concorso agli  obiettivi  di
finanza pubblica e che solo nel caso di mancato accordo si applicasse
la disciplina concernente i restanti  comuni  -  avrebbe  escluso  la
Regione Lazio dal processo decisionale in materia, con lesione  della
competenza legislativa  regionale  in  tema  di  coordinamento  della
finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.); 
    che parimenti illegittimo sarebbe stato il comma 3 dell'art.  12,
il quale stabiliva, nella versione vigente all'epoca del ricorso, che
fossero erogate direttamente a Roma Capitale le  risorse  statali  di
cui al  quinto  comma  dell'art.  119  Cost.  e  quelle  connesse  al
finanziamento  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni  e  degli
obiettivi di servizio di cui all'art. 13 del  decreto  legislativo  6
maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia  di  entrata
delle regioni a  statuto  ordinario  e  delle  province,  nonche'  di
determinazione dei  costi  e  dei  fabbisogni  standard  nel  settore
sanitario); 
    che, a proposito della prima tra  le  norme  impugnate  (comma  1
dell'art. 12), la ricorrente richiama il disposto dell'art. 32  della
legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  -  Legge  di  stabilita'
2012); 
    che il comma 17 del citato art. 32, in particolare,  prescriveva,
nel testo vigente all'epoca della proposizione del  ricorso,  che  le
modalita' di raggiungimento degli obiettivi di  finanza  pubblica,  a
decorrere dal 2013, potessero essere concordate tra  lo  Stato  e  le
Regioni (e le Province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano),  previo
accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali; 
    che la stessa norma prevedeva,  inoltre,  che  le  modalita'  per
l'attuazione della  disciplina  fossero  stabilite  con  decreto  del
Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  sentita  la   Conferenza
unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28  agosto  1997,
n.  281  (Definizione  ed  ampliamento   delle   attribuzioni   della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie
ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e  dei
comuni, con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali); 
    che la ricorrente  sottolinea  come  le  disposizioni  richiamate
vadano considerate, ai sensi del comma 1 dello stesso art.  32  della
legge n. 183 del 2011, «principi fondamentali di coordinamento  della
finanza pubblica ai sensi degli articoli 117,  terzo  comma,  e  119,
secondo comma, della Costituzione»; 
    che sarebbe chiara, alla luce di tali premesse,  l'illegittimita'
costituzionale del comma 1 dell'art. 12 del d.lgs. n.  61  del  2012,
data la completa  esclusione  dell'ente  regionale  dal  processo  di
condivisione degli obiettivi di finanza pubblica, in violazione della
competenza attribuita dal terzo comma dell'art. 117 Cost.; 
    che, per quanto attiene  al  comma  3  del  citato  art.  12,  la
ricorrente prospetta anzitutto l'intervenuta violazione dell'art. 119
Cost., il quale imporrebbe che  l'ente  competente  al  trasferimento
delle  funzioni  (id  est,  la   Regione   interessata)   sia   anche
destinatario delle risorse necessarie per  l'esercizio  delle  stesse
funzioni (e' citata la sentenza della Corte costituzionale n. 16  del
2004); 
    che lo Stato,  in  particolare,  potrebbe  allocare  direttamente
risorse presso gli enti locali solo  a  scopi  di  perequazione,  con
esclusione del normale esercizio  delle  funzioni,  mentre  la  norma
censurata sarebbe attinente a materie di competenza regionale; 
    che sarebbe illegittima, sempre a parere della ricorrente,  anche
la previsione secondo cui le modalita' di erogazione delle risorse da
parte dello Stato sono stabilite mediante un «decreto  del  Consiglio
dei ministri»; 
    che l'attribuzione diretta delle indicate risorse a Roma Capitale
violerebbe, quindi, la competenza legislativa regionale in materia di
coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.) e
l'autonomia finanziaria della Regione Lazio (art. 119 Cost.); 
    che  la  disciplina  censurata   contrasterebbe,   inoltre,   con
l'impianto della relativa legge di delega (legge 5  maggio  2009,  n.
42, recante «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale,  in
attuazione  dell'articolo  119  della  Costituzione»),  ove   sarebbe
presupposto che il finanziamento statale in favore degli enti locali,
per garantire i livelli essenziali delle relative prestazioni,  debba
operare conformemente al riparto di competenze legislative tra  Stato
e Regioni; 
    che il  denunciato  contrasto  con  la  delega  implicherebbe  la
violazione dell'art. 76 Cost., la quale «si riflette,  evidentemente,
in una lesione delle prerogative  costituzionali  garantite  in  capo
alla regione» dai gia' citati artt. 117 e 119 Cost.; 
    che le norme impugnate, infine, contrasterebbero  con  l'art.  2,
comma 3,  della  legge  n.  42  del  2009,  in  forza  del  quale  e'
prescritto, tra l'altro, che sugli schemi dei decreti  di  attuazione
delle deleghe si raggiunga  un'intesa  nell'ambito  della  Conferenza
unificata; 
    che il d.lgs. n. 61 del 2012,  infatti,  presenterebbe  «numerose
variazioni»  rispetto  allo  schema  sottoposto  alla  Conferenza  in
questione; 
    che l'indicata circostanza implicherebbe una violazione dell'art.
76 Cost. e del principio di leale collaborazione, tale da ridondare a
carico delle competenze legislative  e  finanziarie  attribuite  alla
ricorrente dagli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. (sono citate  le
sentenze della Corte costituzionale n. 225 del  2009  e  n.  206  del
2001); 
    che il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  si  e'  costituito  nel
giudizio con atto depositato in data 14 agosto 2012, chiedendo che le
questioni  sollevate   dalla   Regione   Lazio   vengano   dichiarate
inammissibili e/o infondate; 
    che l'Avvocatura generale osserva anzitutto  come  la  disciplina
dell'ordinamento di Roma Capitale sia espressamente riservata ad  una
legge dello Stato dall'art. 114, terzo comma, Cost.,  ed  assume  che
tale  ultima  norma  rappresenta  l'unico  parametro   costituzionale
rilevante  circa  l'attribuzione  delle  competenze   riguardo   alla
Capitale; 
    che il  legislatore  della  riforma  costituzionale,  riferendosi
all'ordinamento di Roma Capitale (in assonanza  con  quanto  disposto
alla lettera g) del  secondo  comma  dell'art.  117  Cost.,  riguardo
all'ordinamento dello Stato e degli enti pubblici nazionali), avrebbe
in  effetti  considerato  la  Capitale  come  soggetto   di   rilievo
nazionale, non riducibile, neppure nella sua relazione con la Regione
Lazio, alla disciplina dettata per gli enti locali; 
    che sarebbe chiara, in ogni  caso,  la  valenza  derogatoria  del
terzo comma dell'art. 114 Cost. rispetto alle disposizioni  contenute
negli artt. 117 e 119 Cost.; 
    che  la  disciplina  impugnata,  per  altro  verso,  non  sarebbe
incompatibile  con  i   parametri   costituzionali   invocati   dalla
ricorrente; 
    che, infatti, la competenza concorrente delle Regioni in  materia
di coordinamento della finanza pubblica avrebbe  riguardo  solo  alla
spesa regionale (e' citata la sentenza della Corte costituzionale  n.
414 del 2004), di talche' non sussisterebbe la prospettata violazione
del terzo comma dell'art. 117 Cost.; 
    che il riferimento all'art. 32  della  legge  n.  183  del  2011,
d'altra parte, sarebbe inconferente, poiche' la  normativa  censurata
non attiene alle «modalita'» per il raggiungimento degli obiettivi di
finanza pubblica delle singole Regioni; 
    che non sussisterebbe alcuna violazione della  legge  n.  42  del
2009, la quale anzi, al comma 5 dell'art. 24, prevede  espressamente,
fermo quanto stabilito dalle disposizioni per  il  finanziamento  dei
Comuni, l'assegnazione di ulteriori risorse a Roma Capitale,  tenendo
conto delle specifiche esigenze derivanti dal ruolo di Capitale della
Repubblica; 
    che d'altronde, secondo l'Avvocatura generale, il censurato comma
3 dell'art. 12 del d.lgs. n. 61 del 2012 presuppone che le risorse da
erogare a Roma Capitale siano gia' state  individuate  e  specificate
mediante altri strumenti normativi, e dunque non incide sul  relativo
procedimento decisorio; 
    che infine, a proposito dell'asserita violazione del principio di
leale  collaborazione,  la  difesa  del  Presidente   del   Consiglio
evidenzia come il d.lgs. n. 61 del 2012 abbia istituito, all'art.  4,
una sessione della Conferenza unificata mirata  proprio  al  raccordo
istituzionale tra Roma Capitale, lo Stato,  la  Regione  Lazio  e  la
Provincia di Roma, sessione nel  cui  ambito  la  ricorrente  avrebbe
piena possibilita' di attivare «processi di condivisione»,  anche  in
tema di allocazione delle risorse; 
    che le censure concernenti la procedura preparatoria del  decreto
legislativo  impugnato,  avuto  riguardo  al   coinvolgimento   della
Conferenza unificata,  sarebbero  inammissibili,  perche'  del  tutto
generiche, non avendo fornito  la  ricorrente  alcuna  specificazione
circa le variazioni che sarebbero state recate al testo rispetto allo
schema presentato e discusso presso la citata Conferenza. 
    Considerato  che  la  Regione  Lazio  ha  promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale  dell'articolo  12,  commi  1  e  3,  del
decreto legislativo 18 aprile 2012,  n.  61  (Ulteriori  disposizioni
recanti attuazione dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42,
in materia di ordinamento di Roma  Capitale),  per  violazione  degli
artt. 76, 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, e del principio
di leale collaborazione; 
    che all'articolo 12, comma 1, del citato d.lgs. n. 61  del  2012,
nel testo vigente all'epoca del ricorso, si dispone che Roma Capitale
pattuisca direttamente con il Ministero dell'economia e delle finanze
il proprio concorso agli obiettivi di finanza pubblica,  e  che  solo
nel caso di mancato accordo si applichi la disciplina  concernente  i
restanti Comuni; 
    che al comma 3 dello stesso art. 12,  sempre  nel  testo  vigente
all'epoca del ricorso, e' stabilito che sono erogate  direttamente  a
Roma Capitale le risorse statali di cui al quinto comma dell'art. 119
Cost. e quelle connesse al finanziamento dei livelli essenziali delle
prestazioni e degli obiettivi di servizio  di  cui  all'art.  13  del
decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia  di
autonomia di entrata  delle  regioni  a  statuto  ordinario  e  delle
province, nonche'  di  determinazione  dei  costi  e  dei  fabbisogni
standard nel settore sanitario); 
    che la prima delle disposizioni impugnate (comma 1 dell'art. 12),
ad avviso della ricorrente, viola l'art. 117, terzo comma, Cost., per
la lesione recata alla competenza legislativa regionale in materia di
coordinamento della finanza pubblica; 
    che il comma 3 dell'art. 12  si  porrebbe  in  contrasto,  a  sua
volta, con l'art. 117, terzo comma, oltreche' con l'art.  119  Cost.,
in relazione all'art. 76 Cost., per la lesione recata alle competenze
legislative regionali  ed  all'autonomia  finanziaria  della  Regione
Lazio, anche per effetto della difformita' rispetto alle disposizioni
della legge di delega attuata mediante la norma  impugnata  (legge  5
maggio 2009,  n.  42,  recante  «Delega  al  Governo  in  materia  di
federalismo  fiscale,   in   attuazione   dell'articolo   119   della
Costituzione»), ove e' presupposto che il  finanziamento  statale  in
favore degli enti locali, per garantire i  livelli  essenziali  delle
relative prestazioni,  debba  operare  conformemente  al  riparto  di
competenze legislative tra Stato e Regioni; 
    che entrambe  le  norme  censurate  contrasterebbero  infine  con
l'art. 76 Cost., in relazione al principio di  leale  collaborazione,
poiche' il d.lgs. n. 61 del 2012 presenterebbe,  nel  testo  emanato,
«numerose variazioni» rispetto  allo  schema  presentato  e  discusso
nell'ambito della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del  decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento  delle
attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento   e   Bolzano   ed
unificazione, per le materie ed i compiti di interesse  comune  delle
regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza  Stato-citta'
ed autonomie locali); 
    che le disposizioni impugnate, dopo la presentazione del ricorso,
sono state modificate rispettivamente dai commi 5 e 7 dell'art. 1 del
decreto legislativo 26 aprile 2013, n. 51 (Modifiche ed  integrazioni
al decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61,  concernente  ulteriori
disposizioni di attuazione dell'articolo  24  della  legge  5  maggio
2009, n. 42, in materia di ordinamento di Roma Capitale); 
    che, avuto riguardo alle  modifiche  indicate,  la  difesa  della
Regione ricorrente ha depositato,  in  data  28  maggio  2013,  sulla
conforme deliberazione assunta dalla Giunta  regionale  nella  seduta
del 17  maggio  precedente,  atto  di  rinuncia  al  ricorso  che  ha
introdotto il presente giudizio; 
    che l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato,  in  data  3
giugno 2013, atto di accettazione della rinuncia, in conformita' alla
deliberazione assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del  31
maggio precedente; 
    che, ai sensi dell'art. 23 delle norme integrative per i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale, la rinuncia al ricorso, seguita da
accettazione della controparte, determina l'estinzione  del  processo
(ex multis, da ultimo, ordinanza n. 55 del 2013). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara estinto il processo. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                    Gaetano SILVESTRI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI