N. 185 ORDINANZA 3 - 9 luglio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo penale - Competenza penale del giudice di pace -  Previsione
  che " se  e'  stata  esercitata  l'azione  penale,  la  particolare
  tenuita' del fatto puo' essere  dichiarata  con  sentenza  solo  se
  l'imputato o la persona offesa  non  si  oppongono"  -  Difetto  di
  motivazione in ordine alla rilevanza  e  omessa  descrizione  della
  fattispecie oggetto del giudizio a quo - Manifesta inammissibilita'
  delle questioni. 
- Decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, art. 34, comma 3. 
- Costituzione, artt. 3, 101 e 111. 
(GU n.29 del 17-7-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Alessandro  CRISCUOLO,   Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  34,
comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni
sulla competenza penale del giudice di pace), promosso dal Giudice di
pace di  Spoleto  nel  procedimento  penale  a  carico  di  C.C.  con
ordinanza del 19  luglio  2012,  iscritta  al  n.  227  del  registro
ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 42, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 22  maggio  2013  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano. 
    Ritenuto che il Giudice di Pace di Spoleto, con ordinanza del  19
luglio 2012, ha sollevato - in riferimento agli articoli 3, 101 e 111
della  Costituzione  -  questioni  di   legittimita'   costituzionale
dell'articolo 34, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n.
274 (Disposizioni sulla competenza  penale,  del  giudice  di  pace),
nella parte in cui prevede che:  «Se  e'  stata  esercitata  l'azione
penale, la particolare tenuita' del fatto puo' essere dichiarata  con
sentenza solo se l'imputato o la persona offesa non si oppongono»; 
    che, secondo il rimettente, dai precedenti commi dell'art. 34 del
d.lgs. n. 274 del  2000  emergerebbe  l'intentio  legis  di  ancorare
l'estinzione dell'azione penale o del reato alla tenuita' del fatto; 
    che sarebbe evidente che tale ratio non possa da un lato soffrire
alcuna  limitazione  a  seconda  dello  stato  del  procedimento   e,
dall'altro, non possa essere condizionata dal  consenso  delle  parti
nell'ultima fase del procedimento penale, ossia quando  esso  approda
al dibattimento; 
    che, pertanto, la norma censurata si porrebbe  in  contrasto  con
l'art.  3  Cost.,   sotto   il   profilo   della   ragionevolezza   e
dell'eguaglianza; 
    che l'art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000 violerebbe anche  l'art.
101 Cost., in quanto «il Giudice e' soggetto solo alla  legge  e  nel
caso di specie alla "tenuita' del fatto" che esclude che possa a  sua
volta essere limitata dal consenso delle parti»; 
    che la norma e' denunciata come illegittima anche con riferimento
all'art. 111 Cost., in quanto «l'attivita' giurisdizionale  non  puo'
essere condizionata ugualmente dal consenso delle parti in violazione
del principio della ragionevole  durata  del  processo  cui  l'intera
normativa sul Giudice di  pace  si  ispira  e  in  contrasto  con  la
garanzia del giusto processo»; 
    che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o,
in subordine, infondata; 
    che  l'Avvocatura  dello  Stato  eccepisce,   in   primo   luogo,
l'inammissibilita' della questione  per  difetto  di  motivazione  in
ordine alla  rilevanza,  mancando  del  tutto  la  descrizione  della
fattispecie concreta e, perfino, del reato per il quale si procede; 
    che,   in   secondo   luogo,   la   difesa   statale    eccepisce
l'inammissibilita' della questione  per  difetto  di  motivazione  in
ordine alla non manifesta infondatezza, in quanto il rimettente si e'
limitato a riportare l'eccezione formulata dal legale dell'imputata e
non ha adeguatamente motivato la violazione dei parametri evocati; 
    che,  nel  merito,  la  questione  sarebbe  comunque   infondata,
basandosi su un palese erroneo presupposto interpretativo; 
    che,  infatti,  non  sarebbe   corretta   l'interpretazione   del
rimettente  secondo  la  quale  il  comma  3  del  citato   art.   34
subordinerebbe al positivo "consenso" delle parti la possibilita'  di
dichiarare con sentenza la particolare tenuita' del fatto; 
    che, invece, secondo  l'Avvocatura  dello  Stato,  la  norma  non
prevedrebbe  alcuna  esplicita  manifestazione  di  volonta',   dando
rilievo, al contrario, solo alla mancata opposizione; 
    che, infine, non risulterebbero violati ne' l'art. 3  Cost.,  non
potendosi  riscontrare  alcuna  disparita'  di  trattamento  rispetto
all'ipotesi disciplinata dal  comma  2,  tenuto  conto  dell'evidente
differenza tra la fase  del  dibattimento  e  quella  delle  indagini
preliminari,  ne'  l'art.  111  Cost.,  in  quanto  il  principio  di
ragionevole durata del processo e' posto  a  presidio  dell'interesse
delle parti alla sollecita definizione delle  posizioni  coinvolte  e
sono  proprio  quelle  stesse   parti   che   possono,   manifestando
l'opposizione, determinare la prosecuzione del giudizio,  ne'  l'art.
101 della Costituzione, posto che la  pronuncia  della  sentenza  che
accerta la particolare tenuita' del fatto non e' affatto  subordinata
ad una positiva manifestazione di "consenso" delle parti, dovendo, al
contrario, le stesse attivarsi al fine di impedirla; 
    Considerato che il  Giudice  di  pace  di  Spoleto  dubita  della
legittimita' costituzionale, in riferimento agli articoli  3,  101  e
111  della  Costituzione,  dell'art.  34,  comma   3,   del   decreto
legislativo 28 agosto 2000, n.  274  (Disposizioni  sulla  competenza
penale del giudice di pace), nella parte in cui prevede che:  «Se  e'
stata esercitata l'azione penale, la particolare tenuita'  del  fatto
puo' essere dichiarata con sentenza solo se l'imputato o  la  persona
offesa non si oppongono»; 
    che, in particolare, secondo il rimettente,  la  norma  censurata
violerebbe sia l'art. 3  Cost.,  essendo  irragionevole  condizionare
l'estinzione dell'azione penale, nel caso  ricorra  la  tenuita'  del
fatto, anche al consenso delle parti, sia l'art. 101  Cost.,  poiche'
il Giudice e' soggetto solo alla legge e, nel caso  di  specie,  alla
"tenuita' del fatto" e non puo' essere limitato  dal  consenso  delle
parti, sia l'art. 111 Cost., in  quanto  l'attivita'  giurisdizionale
non puo' essere condizionata dal consenso delle parti  in  violazione
del principio della ragionevole durata  del  processo,  cui  l'intera
normativa sul Giudice di pace  si  ispira,  e  in  contrasto  con  la
garanzia del giusto processo; 
    che la questione e' manifestamente inammissibile; 
    che l'ordinanza non  contiene,  infatti,  alcuna  motivazione  in
ordine  alla  rilevanza  e  difetta  anche  della  descrizione  della
fattispecie oggetto del giudizio a quo, neppure identificata nei suoi
requisiti minimi; 
    che «l'omessa o insufficiente descrizione della fattispecie,  non
emendabile mediante la  diretta  lettura  degli  atti,  impedita  dal
principio di autosufficienza dell'atto  di  rimessione,  preclude  il
necessario controllo in punto di rilevanza  (ex  plurimis:  ordinanze
nn. 6 e 3 del 2011; nn. 343, 318 e 85 del 2010; nn. 211,  201  e  191
del 2009)» (sentenza n. 338 del 2011). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 34, comma  3,  del  decreto
legislativo 28 agosto 2000, n.  274  (Disposizioni  sulla  competenza
penale del giudice di pace), sollevate, in riferimento agli artt.  3,
101 e 111 della Costituzione, dal Giudice  di  pace  di  Spoleto  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                  Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 9 luglio 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI