N. 203 SENTENZA 3 - 18 luglio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Disabile  -  Congedo  per  la  cura  e  l'assistenza  di  persona  in
  situazione  di  disabilita'  grave  -  Soggetti  legittimati   alla
  fruizione del beneficio - Mancata previsione  che,  in  assenza  di
  altri soggetti idonei,  sia  legittimato  altro  parente  o  affine
  convivente - Petitum volto ad estendere la fruibilita' del  congedo
  straordinario ad una platea indefinita di soggetti -  Richiesta  di
  intervento additivo in assenza di una soluzione  costituzionalmente
  necessitata - Inammissibilita' della questione. 
- Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, art. 42, comma 5. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 4, 29, 32, 35 e 118, quarto comma. 
Disabile  -  Congedo  per  la  cura  e  l'assistenza  di  persona  in
  situazione  di  disabilita'  grave  -  Soggetti  legittimati   alla
  fruizione  del  beneficio  -  Mancata  inclusione  del  parente   o
  dell'affine entro il terzo grado convivente, in caso  di  mancanza,
  decesso o patologia  invalidante  dei  soggetti  individuati  dalla
  disposizione impugnata - Violazione degli  inderogabili  doveri  di
  solidarieta', del diritto alla salute, della tutela della famiglia,
  e  del  ruolo  privilegiato  della  famiglia   nell'attuazione   di
  interessi generali  legati  all'assistenza  e  al  benessere  della
  persona - Illegittimita' costituzionale in parte qua - Assorbimento
  degli ulteriori motivi di censura. 
- Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, art. 42, comma 5. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto  comma  (artt.  4  e
  35). 
(GU n.30 del 24-7-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  42,
comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151  (Testo  unico
delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno  della
maternita' e paternita', a norma dell'art. 15  della  legge  8  marzo
2000, n. 53), promosso dal Tribunale amministrativo  regionale  della
Calabria, sezione  staccata  di  Reggio  Calabria,  nel  procedimento
vertente tra F.U. e il Ministero della giustizia, con ordinanza del 7
novembre 2012, iscritta  al  n.  5  del  registro  ordinanze  2013  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  5,  prima
serie speciale, dell'anno 2013. 
    Udito nella camera di consiglio del  5  giugno  2013  il  Giudice
relatore Marta Cartabia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  ordinanza   del   7   novembre   2012,   il   Tribunale
amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata  di  Reggio
Calabria,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001,  n.
151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di  tutela
e sostegno della maternita' e paternita', a norma dell'art. 15  della
legge 8 marzo 2000, n. 53), per violazione degli artt. 2, 3, 29,  32,
118, quarto comma, nonche' 4 e 35 della Costituzione. 
    L'art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 rubricato  «Riposi
e permessi per i figli con handicap  grave»  prevede,  nel  testo  in
vigore, che: «Il coniuge  convivente  di  soggetto  con  handicap  in
situazione di gravita' accertata ai sensi dell'articolo 4,  comma  1,
della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del  congedo
di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 marzo  2000,  n.  53,
entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o
in presenza di  patologie  invalidanti  del  coniuge  convivente,  ha
diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche  adottivi;  in
caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti  del
padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del  congedo
uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in  presenza
di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha  diritto  a  fruire
del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi». 
    Ad avviso del Tribunale rimettente, la norma contrasterebbe con i
citati parametri costituzionali «nella parte in cui,  in  assenza  di
altri soggetti  idonei,  non  consente  ad  altro  parente  o  affine
convivente  di  persona  con  handicap  in  situazione  di  gravita',
debitamente accertata, di poter  fruire  del  congedo  straordinario;
solo in via subordinata, «nella parte in cui non include  nel  novero
dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi  previsto  l'affine
di terzo grado convivente, in assenza  di  altri  soggetti  idonei  a
prendersi cura della persona  in  situazione  di  disabilita'  grave,
debitamente accertata». 
    1.1.- Il giudizio principale ha a oggetto il ricorso promosso  da
F.U., assistente capo di Polizia penitenziaria in servizio presso  la
casa circondariale di Palmi, contro due decreti del  Ministero  della
giustizia, Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Direzione
generale del personale e della formazione. 
    Con il primo decreto l'amministrazione ha rigettato l'istanza  di
trasferimento, presentata da F.U., ai sensi della  legge  5  febbraio
1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e
i diritti delle persone handicappate), per poter assistere il proprio
zio materno S.A., nominato nel 1985 protutore e  fattosi  carico  del
mantenimento del ricorrente, rimasto orfano, con lui  convivente.  La
domanda di annullamento di questo primo decreto e' stata definita con
sentenza parziale. 
    Con  il  secondo  decreto  l'ufficio  dell'organizzazione   delle
relazioni del  personale  e  della  formazione  del  Ministero  della
giustizia aveva annullato ex tunc due provvedimenti con  i  quali  il
ricorrente  era  stato  collocato  in   congedo   straordinario   per
assistenza a disabile in situazione di gravita' per un totale di  120
giorni. Con lo stesso decreto era stata disposta  nei  confronti  del
sig. F.U. la contestuale decadenza da ogni trattamento economico. 
    L'istanza e' stata rigettata, afferma il TAR,  innanzitutto,  per
il fatto che S.A. non era il padre, come affermato dal ricorrente, ma
il marito della sorella della madre; in secondo luogo, poiche'  S.A.,
essendosi rivelato lo zio, non rientrava  nel  novero  dei  congiunti
disabili, per i quali l'art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del  2001
prevede  il  beneficio  del  congedo  straordinario  a   favore   del
lavoratore che con lui convive. 
    Il sig. F.U. afferma di aver utilizzato l'appellativo di padre  e
non di zio per un'abitudine basata su un legame affettivo  rafforzato
dalle particolari vicende della sua vita, e comunque  sottolinea  che
la diversita' dei cognomi escludeva ogni possibilita' di equivoco per
l'amministrazione.  Cio'  premesso  sostiene   che   la   particolare
posizione di S.A. potrebbe farsi rientrare nell'ambito  dei  soggetti
individuati dall'art. 42 del d.lgs. n. 151  del  2001,  tenuto  conto
anche  del  fatto  che  nessun  altro  familiare  puo'  farsi  carico
dell'assistenza dello zio.  In  subordine,  il  ricorrente  eccepisce
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 42, comma 5, del d.lgs.  n.
151 del 2001 per violazione degli artt. 2, 3, 29 e 32 Cost. 
    2.-  Il  Tribunale  rimettente,   premesso   che   gli   elementi
evidenziati nel ricorso inducono a  ritenere  che  vi  sia  stato  un
involontario   errore   materiale,    indotto    dalle    particolari
vicissitudini  della  sua  vita,  non  aderisce  alla  proposta   del
ricorrente secondo cui  dovrebbe  essere  accolta  un'interpretazione
estensiva della disposizione richiamata, in  modo  da  ricomprendere,
tra i soggetti che  possono  fruire  del  beneficio,  in  assenza  di
parenti o affini espressamente inclusi  nel  comma  5  dell'art.  42,
anche i nipoti conviventi. Tale  beneficio,  infatti,  determinerebbe
una deroga rispetto alla disciplina generale del rapporto di  lavoro,
cosicche' le ipotesi di congedo straordinario retribuito  contemplate
dalla legge sarebbero da considerarsi tassative. 
    Esclusa la possibilita' di una interpretazione estensiva,  capace
di portare all'ammissione di detto beneficio a favore di un ulteriore
soggetto non previsto ex lege, il Tribunale ritiene che sussistano  i
presupposti per  dubitare  della  legittimita'  costituzionale  della
norma in esame. 
    2.1.- Il giudice a quo ravvisa la rilevanza  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 42, comma 5, del d.lgs. n.  151
del 2001, in quanto la pretesa azionata dal  ricorrente  deve  essere
esaminata necessariamente in riferimento alla disposizione  censurata
che - cosi' come formulata e stante l'impossibilita'  di  attribuirle
un significato diverso e  piu'  ampio  -  non  gli  consentirebbe  di
mantenere il congedo  parentale  retribuito,  espressamente  previsto
solo per coniuge, genitore, figlio, fratello o sorella convivente  di
soggetto con handicap in situazione di gravita' accertata, laddove il
provvedimento impugnato si regge proprio sulla mancata inclusione del
nipote (affine di terzo grado in  via  collaterale)  nel  novero  dei
lavoratori legittimati. 
    Il TAR precisa, inoltre, che il testo dell'art. 42, comma 5,  del
d.lgs. n. 151 del 2001 nella sua formulazione attuale  non  contiene,
con  riguardo  ai  soggetti  legittimati  a  chiedere   il   congedo,
previsioni rilevanti  in  relazione  alla  posizione  del  ricorrente
nemmeno in seguito all'inserimento, tramite il decreto legislativo 18
luglio 2011, n.  119  (Attuazione  dell'articolo  23  della  legge  4
novembre 2010, n. 183, recante delega  al  Governo  per  il  riordino
della normativa in materia di congedi, aspettative e  permessi),  dei
commi 5-bis, 5-ter, 5-quater e 5-quinquies,  finalizzati  a  recepire
gli interventi additivi della Corte costituzionale. 
    Alla luce di tale quadro normativo, il giudice a quo ritiene  che
il ricorso dovrebbe  essere  rigettato,  conseguendone  la  rilevanza
della prospettata questione di costituzionalita'. 
    2.2.-  Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,  il  Tribunale
rimettente osserva che la disposizione impugnata viola gli  artt.  2,
3, 4, 29, 32, 35 e 118, quarto comma, Cost. 
    Il TAR ricorda che la Corte costituzionale, con  le  sentenze  n.
233 del 2005, n. 158 del 2007 e n. 19 del 2009, ha esteso  il  novero
dei soggetti legittimati al beneficio,  sottolineando  che  la  ratio
dell'istituto  in  esame   consiste   essenzialmente   nel   favorire
l'assistenza al disabile grave in ambito familiare e  nell'assicurare
continuita' nelle cure e nell'assistenza. 
    3.- Alla luce di tali premesse, secondo il giudice,  l'esclusione
del  nipote  convivente  del  disabile  dal   novero   dei   soggetti
legittimati a fruire del congedo, previsto dall'art. 42, comma 5, del
d.lgs. n. 151 del 2001,  in  mancanza  di  altre  persone  idonee  ad
occuparsi dello stesso, contrasterebbe, in primo luogo, con l'art. 32
Cost., poiche' la tutela del diritto alla salute va intesa, una volta
che siano insorte  malattie,  come  predisposizione  degli  strumenti
necessari per rendere possibili le relative cure e l'assistenza  piu'
opportuna. 
    In secondo luogo, sempre ad  avviso  del  giudice  a  quo,  detta
esclusione violerebbe l'art. 2 Cost., in quanto esso, nel  richiedere
il rispetto dei  doveri  inderogabili  di  solidarieta',  implica  la
conseguente  messa  a   disposizione   di   misure   che   consentano
l'adempimento dei medesimi, nonche', in terzo luogo, l'art. 29 Cost.,
poiche' l'assistenza rappresenta anche  una  forma  di  tutela  della
famiglia e i soggetti ammessi a fruire  del  congedo  sono  tutti  in
rapporto di parentela con la persona affetta da patologie. Del resto,
tale assistenza permette al soggetto bisognoso di cure  la  sua  piu'
piena e duratura integrazione nell'ambito  del  nucleo  familiare.  A
parere del giudice rimettente, dalla lettura combinata degli artt. 2,
29 e 32 Cost. emergerebbe una legittimazione della famiglia  nel  suo
insieme a divenire strumento di assistenza del disabile. 
    In quarto luogo, secondo il TAR,  sussiste  anche  la  violazione
dell'art. 118, quarto  comma,  Cost.,  inteso  come  espressione  del
principio di sussidiarieta' orizzontale. Una lettura combinata  degli
artt.  29  e  118,  quarto  comma,  Cost.  indurrebbe,   infatti,   a
valorizzare la  famiglia  anche  come  «strumento  di  attuazione  di
interessi generali, quali il benessere della persona  e  l'assistenza
sociale». In quest'ottica l'attuale formulazione dell'art. 42,  comma
5,  del  d.lgs.  n.  151  del  2001,  fissando  in  modo  rigoroso  e
restrittivo i soggetti lavoratori  che  possono  fruire  del  congedo
straordinario, frustrerebbe quella prospettiva sussidiaria e dinamica
nella quale, a parere del giudice a quo, si  e'  andata  inserendo  a
pieno titolo anche la famiglia. 
    In quinto luogo, appaiono violati  anche  gli  articoli  4  e  35
Cost., poiche' il congiunto del disabile, per poter garantire cure ed
assistenza,  e'  costretto  a  rinunciare  alla   propria   attivita'
lavorativa o a ridurne il numero di ore, o a sceglierne una  diversa,
maggiormente compatibile con detta finalita'. 
    Infine, il TAR rileva anche  la  violazione  dell'art.  3  Cost.,
poiche' «di fronte ad una posizione sostanzialmente  identica  di  un
congiunto convivente rispetto a  quella  degli  altri  soggetti  gia'
previsti dalla norma e ad una pari esigenza di  tutela  della  salute
psico-fisica della persona affetta da handicap grave e di  promozione
della sua integrazione  nella  famiglia,  la  mancata  inclusione  di
ulteriori ipotesi appare ingiustamente discriminatoria». 
    4.- In conclusione, il Tribunale  ritiene  che  il  rispetto  dei
medesimi principi costituzionali esige che la norma sia emendata  con
una previsione di chiusura, operante in via residuale, tale  che,  in
mancanza dei  parenti  e  degli  affini  gia'  annoverati  nel  testo
normativo, si consenta ad altro parente o affine convivente di fruire
del congedo straordinario. In via subordinata, solleva  la  questione
di   legittimita'    costituzionale    limitatamente    al    mancato
riconoscimento del beneficio del congedo straordinario agli affini di
terzo grado conviventi (ai quali peraltro e'  consentito  fruire  dei
permessi ex art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992). 
    5.- Il Presidente del Consiglio dei Ministri non  e'  intervenuto
in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione
staccata di Reggio Calabria, dubita della legittimita' costituzionale
dell'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001,  n.
151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di  tutela
e sostegno della maternita' e paternita', a norma dell'art. 15  della
legge 8 marzo 2000, n. 53), «nella parte in cui, in assenza di  altri
soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di
persona  con  handicap  in  situazione   di   gravita',   debitamente
accertata, di poter fruire del congedo straordinario»,  ovvero,  solo
in via subordinata, «nella parte in cui non include  nel  novero  dei
soggetti legittimati a fruire del congedo ivi  previsto  l'affine  di
terzo grado  convivente,  in  assenza  di  altri  soggetti  idonei  a
prendersi cura della persona» in  situazione  di  disabilita'  grave,
debitamente accertata, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32,  118,
quarto comma, nonche' 4 e 35 della Costituzione. 
    Ad avviso del giudice rimettente, infatti, la norma censurata  si
porrebbe in contrasto con l'art. 32  Cost.,  poiche'  la  tutela  del
diritto alla salute va intesa come  predisposizione  degli  strumenti
necessari  per  rendere  possibili  le  cure  e   l'assistenza   piu'
opportuna; con l'art. 2 Cost., in  quanto  esso,  nel  richiedere  il
rispetto  dei  doveri  inderogabili  di  solidarieta',   implica   la
conseguente messa a disposizione di misure che consentano l'esercizio
dei medesimi; con l'art. 29 Cost., poiche'  l'assistenza  rappresenta
anche una forma di tutela della  famiglia  e  i  soggetti  ammessi  a
fruire del congedo sono tutti in rapporto di parentela con la persona
affetta da patologie. Del resto, l'assistenza prestata da  parenti  e
affini conviventi permette al soggetto bisognoso di cure la sua  piu'
piena e duratura integrazione  in  ambito  familiare.  A  parere  del
giudice a quo, in virtu' di una lettura combinata degli artt. 2, 29 e
32  Cost.,  la  famiglia  costituirebbe  un  ambito  privilegiato  di
assistenza del disabile, anche alla luce del combinato disposto degli
artt. 29 e 118,  quarto  comma,  Cost.  in  base  al  quale  andrebbe
valorizzata la famiglia  intesa  come  «strumento  di  attuazione  di
interessi generali, quali il benessere della persona  e  l'assistenza
sociale». La norma in questione contrasterebbe anche con gli artt.  4
e 35 Cost., poiche' il congiunto del disabile, per poter garantire  a
quest'ultimo cure ed  assistenza,  e'  costretto  a  rinunciare  alla
propria attivita' lavorativa o a  ridurne  il  numero  di  ore,  o  a
sceglierne una diversa, maggiormente compatibile con detta finalita';
infine, sarebbe leso anche l'art. 3 Cost., poiche' di fronte  ad  una
posizione  sostanzialmente  identica  di  un   congiunto   convivente
rispetto a quella degli altri soggetti gia' previsti dalla norma e ad
una pari esigenza di tutela della salute psico-fisica  della  persona
affetta da handicap grave e  di  promozione  della  sua  integrazione
nella famiglia, la mancata inclusione  di  ulteriori  ipotesi  appare
ingiustamente discriminatoria. 
    2.- Il TAR rimettente sottopone all'esame  di  questa  Corte  una
richiesta di pronuncia additiva, volta a  colmare  una  lacuna  nella
legislazione, ritenuta contraria ai principi costituzionali invocati.
Due sono le questioni prospettate, in via gradata, dal giudice a quo. 
    2.1.-  La  prima  mira  ad  una  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale della disposizione impugnata «nella parte in  cui,  in
assenza di altri soggetti idonei, non consente  ad  altro  parente  o
affine convivente di persona con handicap in situazione di  gravita',
debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario». 
    Tale  questione  non  puo'  essere  considerata  ammissibile,  in
ragione del fatto che esigerebbe dalla Corte una pronuncia  volta  ad
introdurre nella disposizione impugnata una previsione  di  chiusura,
di contenuto ampio e indeterminato, in quanto mirante ad estendere la
fruibilita' del congedo straordinario ad  una  platea  indefinita  di
soggetti. 
    La questione va dichiarata, pertanto, inammissibile. 
    Come questa Corte ha gia' avuto  modo  di  evidenziare  in  altri
giudizi analoghi per oggetto, una tale questione, oltre  ad  eccedere
dai limiti della rilevanza nel caso di  specie,  avrebbe  un  petitum
indeterminato e chiederebbe alla Corte  un  intervento  additivo,  in
assenza di una soluzione costituzionalmente necessitata (sentenza  n.
251 del 2008 su oggetto diverso, ex plurimis, sentenze n.  301  e  n.
134 del 2012, n. 16 del 2011, n. 271 del 2010, ordinanze n. 138 e  n.
113 del 2012). 
    2.2.- La seconda questione, avente ad oggetto  il  medesimo  art.
42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del  2001,  nella  parte  in  cui  non
include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo  ivi
previsto l'affine di terzo grado  convivente,  in  assenza  di  altri
soggetti idonei a prendersi  cura  della  persona  in  situazione  di
disabilita' grave, debitamente accertata, e' fondata. 
    3.- Per un  adeguato  inquadramento  della  questione  sollevata,
occorre, preliminarmente, ricostruire la  ratio  legis  dell'istituto
del congedo straordinario di cui all'art. 42, comma 5, del d.lgs.  n.
151 del  2001,  alla  luce  dei  suoi  presupposti  e  delle  vicende
normative e giurisprudenziali che lo hanno caratterizzato. 
    3.1.- Il congedo straordinario oggi  all'esame  di  questa  Corte
costituisce  uno  sviluppo  o,  meglio,  una  gemmazione  di  analoga
provvidenza, originariamente prevista dall'art. 4 della legge 8 marzo
2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della  maternita'  e  della
paternita', per il diritto alla cura  e  alla  formazione  e  per  il
coordinamento dei tempi delle citta'). La suddetta  disposizione,  al
comma 2, ha riconosciuto per la prima volta ai lavoratori  dipendenti
pubblici e privati la possibilita' chiedere, per gravi e  documentati
motivi familiari, un periodo di congedo, continuativo  o  frazionato,
non superiore a due anni, durante il quale il dipendente conserva  il
posto di lavoro, senza diritto alla retribuzione. Detta previsione e'
tuttora in vigore. 
    Successivamente, l'art. 80, comma  2,  della  legge  23  dicembre
2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello  Stato  -  legge  finanziaria  2001),  ha  aggiunto
all'art. 4 della legge n. 53 del 2000 il comma 4-bis in base al quale
i genitori, anche adottivi,  o,  dopo  la  loro  scomparsa,  uno  dei
fratelli o delle sorelle  conviventi  di  soggetto  con  handicap  in
situazione di gravita' accertata, hanno diritto a fruire del  congedo
previsto all'art. 4, comma 2, percependo un'indennita' corrispondente
all'ultima retribuzione. 
    In tal modo, dalla previsione generale del congedo  straordinario
non retribuito, per gravi motivi familiari, di cui all'art. 4,  comma
2, della legge n. 53 del 2000, e' derivato un analogo,  ma  autonomo,
congedo per l'assistenza a persone in situazione di  handicap  grave,
assistito  dal  diritto  di  percepire  un'indennita'  corrispondente
all'ultima retribuzione, nonche' coperto da contribuzione  figurativa
e fruibile alternativamente da parte dei genitori (anche adottivi, o,
dopo  la  loro  scomparsa,  da  uno  dei  fratelli  o  delle  sorelle
conviventi) lavoratori, dipendenti pubblici o privati, i cui figli si
trovassero in situazione di disabilita' grave da almeno cinque  anni,
ai sensi degli artt. 3 e 4  della  legge  5  febbraio  1992,  n.  104
(Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale  e  i  diritti
delle persone handicappate). 
    A seguito dell'emanazione del d.lgs. n. 151 del 2001,  l'istituto
del congedo straordinario  fu  inserito  al  comma  5  dell'art.  42,
rubricato «Riposi e permessi per i figli con handicap grave»  e,  con
la modifica operata dall'art. 3, comma 106, della legge  24  dicembre
2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004),  il  beneficio  fu
riconosciuto a prescindere dal presupposto della permanenza da almeno
cinque anni della situazione di disabilita' grave. 
    3.2.- Giova ancora ricordare che  il  congedo  straordinario  per
l'assistenza a persone portatrici di handicap grave, cosi' come si e'
venuto configurando a seguito dei ripetuti interventi del legislatore
fin qui ricordati, e' stato piu' volte portato  all'esame  di  questa
Corte che, con successive pronunce, ha progressivamente  ampliato  il
novero dei soggetti aventi diritto al beneficio. 
    Ad un primo vaglio della problematica, questa Corte ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 42, comma 5, del d.lgs.  n.
151 del 2001, nella parte in cui non prevedeva il diritto di uno  dei
fratelli o delle sorelle conviventi con un disabile grave  di  fruire
del  congedo  straordinario  ivi  indicato,  nell'ipotesi  in  cui  i
genitori fossero  impossibilitati  a  provvedere  all'assistenza  del
figlio affetto da handicap, perche' totalmente inabili  (sentenza  n.
233 del 2005). 
    In   una   seconda   occasione,   e'   stata    poi    dichiarata
l'illegittimita' costituzionale della  medesima  disposizione,  nella
parte in cui non includeva, in via prioritaria  rispetto  agli  altri
congiunti gia' indicati dalla  norma,  il  coniuge  convivente  della
persona in situazione di  disabilita'  grave  (sentenza  n.  158  del
2007). 
    Da ultimo, l'illegittimita' costituzionale ha colpito la medesima
disposizione nella parte in cui non includeva nel novero dei soggetti
beneficiari il figlio convivente, anche qualora questi fosse  l'unico
soggetto in grado di provvedere all'assistenza della persona  affetta
da handicap grave (sentenza n. 19 del 2009). 
    3.3.-  Successivamente  alle  ricordate  decisioni  della   Corte
costituzionale,  il  legislatore  e'  intervenuto  nuovamente   nella
materia  dei  congedi  spettanti  per  l'assistenza  a  persone   con
disabilita' grave, in  sede  di  attuazione  della  delega  contenuta
nell'art. 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al  Governo
in materia di  lavori  usuranti,  di  riorganizzazione  di  enti,  di
congedi,  aspettative  e  permessi,  di  ammortizzatori  sociali,  di
servizi   per   l'impiego,   di   incentivi    all'occupazione,    di
apprendistato, di occupazione femminile,  nonche'  misure  contro  il
lavoro sommerso e disposizioni  in  tema  di  lavoro  pubblico  e  di
controversie di lavoro). Tale delega e'  stata  attuata  dal  decreto
legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell'articolo 23 della
legge 4 novembre 2010, n. 183,  recante  delega  al  Governo  per  il
riordino  della  normativa  in  materia  di  congedi,  aspettative  e
permessi), in particolare dagli artt. 3 e 4. 
    Il testo oggi in vigore dell'art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151  del
2001, come modificato dal d.lgs. n. 119  del  2011,  ha  ampliato  la
platea dei soggetti a cui tale diritto e' riconosciuto, recependo gli
interventi della giurisprudenza costituzionale succedutesi in  questi
anni, poco sopra ricordati, ma altresi' individuando un rigido ordine
gerarchico tra i possibili beneficiari, che non puo' essere  alterato
in base ad una libera scelta della persona disabile. 
    Va ricordato che il d.lgs. n. 119 del 2011 ha inciso anche  sugli
istituti  indiretti  della  retribuzione,  che   in   passato   erano
riconosciuti anche in relazione ai periodi di fruizione del  congedo,
stabilendo che il periodo straordinario di congedo non rileva ai fini
della maturazione delle ferie, della  tredicesima  mensilita'  e  del
trattamento di fine rapporto. Il legislatore ha inoltre stabilito  un
tetto massimo all'indennita' dovuta al  lavoratore  e  alla  relativa
contribuzione figurativa. D'altra parte il datore di  lavoro  privato
detrae  l'importo  dell'indennita'  dall'ammontare   dei   contributi
previdenziali dovuti. 
    In tal modo, lo Stato eroga  una  provvidenza  sociale  in  forma
indiretta, sostenendo gli oneri  relativi  al  congedo  straordinario
retribuito,  che   consentono   al   lavoratore   di   farsi   carico
dell'assistenza   di   un   parente   disabile   grave,    percependo
un'indennita' commisurata alla retribuzione. 
    3.4.- Da quanto fin qui esposto, si puo' osservare che l'istituto
dei congedi per assistere familiari portatori di  handicap  grave  ha
subito una profonda trasformazione,  sotto  un  duplice  profilo:  il
primo  riguarda  gli  aspetti  economici  e  il  secondo  i  soggetti
destinatari della norma. 
    Sotto il primo profilo, la disposizione impugnata, nel testo oggi
in vigore, delinea  un  beneficio  che  assicura  al  lavoratore  una
entrata per tutto il  periodo  in  cui  e'  esonerato  dall'attivita'
lavorativa; detta indennita' e' commisurata  all'ultima  retribuzione
percepita, anche se non del tutto coincidente con la stessa, entro un
tetto massimo annuale e per una durata  non  superiore  ai  due  anni
nell'arco  dell'intera  vita  lavorativa;  d'altra   parte,   l'onere
economico non resta totalmente a carico  del  datore  di  lavoro,  in
particolare di quello privato, il quale a sua volta lo  deduce  dagli
oneri previdenziali. In tal modo  il  legislatore  ha  istituito  una
forma indiretta o mediata di assistenza per i disabili gravi,  basata
sulla valorizzazione delle espressioni di solidarieta' esistenti  nel
tessuto sociale e, in particolare, in ambito familiare, conformemente
alla lettera  e  allo  spirito  della  Costituzione,  a  partire  dai
principi di solidarieta' e di sussidiarieta' di cui agli  artt.  2  e
118, quarto comma, Cost. Il  legislatore  ha  inteso,  dunque,  farsi
carico  della  situazione  della  persona  in   stato   di   bisogno,
predisponendo  anche  i  necessari  mezzi  economici,  attraverso  il
riconoscimento di un diritto al congedo in capo ad un suo  congiunto,
il quale ne  fruira'  a  beneficio  dell'assistito  e  nell'interesse
generale. Il congedo  straordinario  e',  dunque,  espressione  dello
Stato sociale  che  si  realizza,  piuttosto  che  con  i  piu'  noti
strumenti dell'erogazione diretta di prestazioni assistenziali  o  di
benefici  economici,   tramite   facilitazioni   e   incentivi   alle
manifestazioni di solidarieta' fra congiunti. 
    Sotto il secondo profilo, il  congedo  straordinario  di  cui  si
discute, benche' fosse originariamente concepito  come  strumento  di
tutela rafforzata della maternita' in  caso  di  figli  portatori  di
handicap grave e sia tuttora inserito in un testo normativo  dedicato
alla tutela e al sostegno della maternita' e della  paternita'  (come
recita il titolo del d.lgs. n. 151 del 2001), ha assunto una  portata
piu' ampia. La progressiva  estensione  del  complesso  dei  soggetti
aventi titolo a richiedere il congedo, operata soprattutto da  questa
Corte, ne ha dilatato  l'ambito  di  applicazione  oltre  i  rapporti
genitoriali,  per  ricomprendere  anche  le  relazioni  tra  figli  e
genitori disabili, e ancora,  in  altra  direzione,  i  rapporti  tra
coniugi o tra fratelli. 
    Al fine di  adeguare  le  misure  di  assistenza  alle  emergenti
situazioni di bisogno e alla crescente richiesta di cura che origina,
tra l'altro, dai cambiamenti demografici in  atto,  questa  Corte  ha
ritenuto che il legislatore avesse illegittimamente trascurato quelle
situazioni di disabilita' che si possono verificare in dipendenza  di
eventi successivi alla nascita  o  in  esito  a  malattie  di  natura
progressiva o, ancora, a causa del naturale decorso del tempo.  Anche
per tali situazioni, come nel caso di figli  portatori  di  handicap,
vale il principio che  la  cura  della  persona  disabile  in  ambito
familiare e' in ogni caso preferibile e, cio' che piu'  rileva,  piu'
rispondente ai principi costituzionali, indipendentemente dall'eta' e
dalla condizione di figlio dell'assistito (sentenza n. 158 del 2007). 
    Nella sua formulazione attuale, dunque, il congedo  straordinario
di cui all'art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, fruibile per
l'assistenza delle persone portatrici di handicap grave,  costituisce
uno  strumento  di  politica  socio-assistenziale,  basato  sia   sul
riconoscimento  della  cura  prestata   dai   congiunti   sia   sulla
valorizzazione  delle  relazioni  di  solidarieta'  interpersonale  e
intergenerazionale,  di  cui  la  famiglia   costituisce   esperienza
primaria, in attuazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto comma,
Cost. 
    3.5.- Del resto, tale evoluzione si pone in linea con i  principi
affermati nella giurisprudenza di questa Corte, la quale ha da  tempo
chiarito che la tutela della salute psico-fisica del disabile postula
anche l'adozione di  interventi  economici  integrativi  di  sostegno
delle  famiglie  «il  cui  ruolo  resta  fondamentale  nella  cura  e
nell'assistenza dei soggetti portatori di handicap» (sentenze  n.  19
del 2009, n. 158 del 2007 e n. 233 del 2005), tra cui  rientra  anche
il congedo in esame. 
    Sottolineando l'essenziale ruolo della famiglia nell'assistenza e
nella socializzazione del soggetto disabile (ex plurimis sentenza  n.
233 del 2005, che si richiama a principi  gia'  affermati  sin  dalle
sentenze n. 215 del 1987 e n. 350 del 2003), la Corte vuol mettere in
rilievo che una tutela piena dei soggetti deboli richiede, oltre alle
necessarie prestazioni sanitarie e di riabilitazione, anche la  cura,
l'inserimento sociale e, soprattutto, la continuita' delle  relazioni
costitutive della personalita' umana. 
    4.- Alla luce dell'evoluzione normativa e  giurisprudenziale  sin
qui esposta, della ratio legislativa che ne e' emersa e, soprattutto,
dei principi costituzionali che il congedo straordinario concorre  ad
attuare,  consegue  la  fondatezza  della  prospettata  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 42, comma 5, del  d.lgs.  n.151
del 2001, nella parte in cui non  include  nel  novero  dei  soggetti
legittimati a fruire del congedo ivi previsto l'affine di terzo grado
convivente  -  nonche',   per   evidenti   motivi   di   coerenza   e
ragionevolezza,  gli   altri   parenti   e   affini   piu'   prossimi
all'assistito, comunque conviventi ed entro il terzo grado - in  caso
di mancanza, decesso o in presenza  di  patologie  invalidanti  degli
altri soggetti indicati dalla legge secondo un ordine  di  priorita',
idonei a prendersi cura della persona in  situazione  di  disabilita'
grave, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118,  quarto  comma,
Cost. 
    La limitazione della sfera soggettiva  attualmente  vigente  puo'
infatti  pregiudicare  l'assistenza  del  disabile  grave  in  ambito
familiare, allorche' nessuno di tali soggetti sia  disponibile  o  in
condizione di  prendersi  cura  dello  stesso.  La  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale e' volta precisamente a consentire che,
in caso di mancanza, decesso o in presenza di  patologie  invalidanti
degli altri  soggetti  menzionati  nella  disposizione  censurata,  e
rispettando il rigoroso ordine di priorita' da essa prestabilito,  un
parente o affine entro il terzo grado, convivente  con  il  disabile,
possa sopperire alle esigenze  di  cura  dell'assistito,  sospendendo
l'attivita' lavorativa per  un  tempo  determinato,  beneficiando  di
un'adeguata tranquillita' sul piano economico. 
    D'altra parte occorre ricordare che il congedo  straordinario  di
cui si  discute  e'  fruibile  solo  per  l'assistenza  alle  persone
portatrici  di  handicap  in  situazione  di   gravita'   debitamente
accertata ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge  n.  104  del  1992,
cioe' a quelle  che  presentano  una  minorazione  tale  da  «rendere
necessario un intervento  assistenziale  permanente,  continuativo  e
globale nella sfera individuale o in quella di relazione». 
    Infine, non e' superfluo rammentare che il  legislatore  ha  gia'
riconosciuto il ruolo dei parenti e degli affini entro il terzo grado
proprio  nell'assistenza  ai  disabili  in  condizioni  di  gravita',
attribuendo loro il diritto a tre giorni di  permessi  retribuiti  su
base mensile, ai sensi dell'art. 33, comma 3, della legge n. 104  del
1992. 
    Di conseguenza, l'ordinamento gia' assicura un rilievo  giuridico
ai legami di  parentela  e  di  affinita'  entro  il  terzo  grado  a
determinati  fini  legati  alla  cura  e  all'assistenza  di  persone
disabili gravi, qualora si verifichino alcune  condizioni,  che  sono
del tutto assimilabili a quelle  stabilite  dal  legislatore  per  la
fruizione del congedo straordinario retribuito di  cui  all'art.  42,
comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001, cioe' a dire che la persona disabile
sia in situazione di gravita' accertata, non sia ricoverata  a  tempo
pieno e esclusivamente in  caso  di  mancanza,  decesso  o  patologie
invalidanti  di  parenti  o  affini  piu'  prossimi.  Ne'   si   puo'
comprendere perche' il  riconoscimento  dell'apporto  dei  parenti  e
degli affini entro il terzo grado all'assistenza dei  disabili  gravi
debba essere circoscritto ai permessi di cui  all'art.  33,  comma  3
della legge n. 104 del 1992; tale asimmetria normativa costituisce un
ulteriore argomento a sostegno della dichiarazione di  illegittimita'
costituzionale dell'omessa  menzione  di  tali  soggetti  tra  quelli
legittimati a richiedere il congedo straordinario disciplinato  nella
disposizione impugnata. 
    5.- Restano assorbiti gli altri motivi di censura. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  42,  comma
5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo  unico  delle
disposizioni legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della
maternita' e paternita', a norma dell'art. 15  della  legge  8  marzo
2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei  soggetti
legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni  ivi
stabilite, il parente o l'affine entro il terzo grado convivente,  in
caso di mancanza, decesso o  in  presenza  di  patologie  invalidanti
degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei
a prendersi cura della persona in situazione di disabilita' grave. 
    2)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 42, comma  5,  del  decreto  legislativo  26
marzo 2001, n. 151, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 29,
32, 35  e  118,  quarto  comma,  della  Costituzione,  dal  Tribunale
amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata  di  Reggio
Calabria, nella parte in cui «in assenza di  altri  soggetti  idonei,
non consente ad altro parente o  affine  convivente  di  persona  con
handicap in situazione di gravita', debitamente accertata,  di  poter
fruire del congedo straordinario», con ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI