N. 211 SENTENZA 3 - 18 luglio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Paesaggio - Norme della Regione Abruzzo - Procedimento di verifica di
  compatibilita'   degli   strumenti    di    pianificazione    delle
  amministrazioni locali al  Piano  Regionale  Paesistico  -  Esclusa
  partecipazione degli organi  ministeriali  -  Possibilita'  per  le
  amministrazioni locali di proporre  "aggiustamenti"  e  "varianti",
  che la Regione approva, senza alcuna forma di condivisione con  gli
  organi dello Stato -  Contrasto  con  l'obbligo  di  pianificazione
  congiunta imposto dal codice dei beni culturali e del  paesaggio  -
  Violazione della potesta' legislativa statale esclusiva in  materia
  di tutela dell'ambiente - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Abruzzo 28 agosto 2012, n. 46, art. 2. 
- Costituzione,  art.  117,  secondo  comma,  lettera   s);   decreto
  legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, artt. 135, 143, 145, comma 5, e
  156. 
(GU n.30 del 24-7-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo
  CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2  della
legge della Regione Abruzzo 28 agosto 2012,  n.  46  (Modifiche  alla
legge regionale 13 febbraio 2003,  n.  2,  recante  "Disposizioni  in
materia di beni paesaggistici e ambientali, in attuazione della Parte
Terza del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 - Codice dei beni  culturali
e del paesaggio"), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri
con  ricorso  spedito  per  la  notificazione  il  29  ottobre  2012,
notificato il  31  ottobre  2012,  depositato  in  cancelleria  il  6
novembre 2012 ed iscritto al n. 178 del registro ricorsi 2012. 
    Udito nell'udienza pubblica del 2 luglio 2013 il Giudice relatore
Paolo Grossi; 
    udito l'avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 29 ottobre 2012 e
depositato il 6 novembre successivo, il Presidente del Consiglio  dei
ministri ha impugnato l'art. 2 della legge della Regione  Abruzzo  28
agosto 2012, n. 46 (Modifiche alla legge regionale 13 febbraio  2003,
n. 2, recante  "Disposizioni  in  materia  di  beni  paesaggistici  e
ambientali, in attuazione della Parte terza del D.  Lgs.  22  gennaio
2004, n. 42 - Codice dei beni culturali e del paesaggio"), pubblicata
sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo (BURA)  n.  47  del  5
settembre 2012, per contrasto con l'art. 117, secondo comma,  lettera
s), della Costituzione, e con le norme  interposte,  attuative  degli
artt. 9 e 117 Cost., di cui agli artt. 135, 143, 145, comma 5, e  156
del gia' citato decreto legislativo n. 42 del 2004. 
    La norma censurata, nel  dettare  disposizioni  di  coordinamento
della  pianificazione  paesaggistica  con  gli  altri  strumenti   di
pianificazione - da svolgere espressamente nel rispetto dei  principi
fissati dall'art. 145 del Codice dei beni culturali e  del  paesaggio
-, escluderebbe qualsiasi partecipazione  degli  organi  ministeriali
nel procedimento di verifica di  compatibilita'  degli  strumenti  di
pianificazione  delle  amministrazioni  locali  al  Piano   Regionale
Paesistico, in violazione di quanto previsto dal menzionato art. 145,
comma 5, del Codice. Inoltre, essa prevedrebbe che le amministrazioni
locali possano anche proporre "aggiustamenti"  e  "varianti"  che  la
Regione approva, senza alcuna forma di condivisione  con  gli  organi
dello Stato. 
    Sottolinea il ricorrente che, in base all'art. 143 del Codice dei
beni culturali, un aspetto essenziale del piano  paesaggistico  -  da
approvare in forma concertata tra Stato e Regioni - e'  rappresentato
proprio dalla ricognizione del territorio oggetto di  pianificazione;
sicche',  non  esistendo  ancora  un  piano  paesaggistico  regionale
adeguato  alle  previsioni   del   Codice,   la   mancanza   di   una
partecipazione   degli   organismi   ministeriali   al   procedimento
disciplinato   dalla   disposizione   oggetto   di   impugnativa   si
risolverebbe  in  una  violazione  dell'obbligo   di   pianificazione
congiunta imposto dalle richiamate disposizioni del Codice. 
    2.- La Regione Abruzzo non si e' costituita in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
2 della legge della Regione Abruzzo 28 agosto 2012, n. 46  (Modifiche
alla legge regionale 13 febbraio 2003, n. 2 recante "Disposizioni  in
materia di beni paesaggistici e ambientali, in attuazione della Parte
terza del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 - Codice dei beni  culturali
e del paesaggio"), pubblicata sul Bollettino Ufficiale della  Regione
Abruzzo (BURA) n. 47 del 5 settembre 2012, per contrasto  con  l'art.
117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, e  con  le  norme
interposte - attuative degli artt. 9 e 117 Cost. - di cui agli  artt.
135, 143, 145, comma 5, e 156 del richiamato decreto  legislativo  n.
42 del 2004. 
    Deduce, in proposito, il ricorrente che la norma  censurata,  nel
dettare  disposizioni  per  le  funzioni   di   coordinamento   della
pianificazione   paesaggistica   con   gli   altri    strumenti    di
pianificazione, da esercitare  «nel  rispetto  dei  principi  fissati
dall'art.  145  del  D.  Lgs  n.  42/2004»,  escluderebbe   qualsiasi
partecipazione degli organi ministeriali nel procedimento di verifica
di   compatibilita'   degli   strumenti   di   pianificazione   delle
amministrazioni locali al Piano Regionale Paesistico, in  violazione,
invece, di quanto previsto dal menzionato  art.  145,  comma  5,  del
Codice.  Inoltre,  la  norma  in   questione   prevedrebbe   che   le
amministrazioni  locali  possano  anche  proporre  "aggiustamenti"  e
"varianti" che la Regione approva, senza alcuna forma di condivisione
con gli organi dello Stato. 
    Viene al riguardo sottolineato che,  in  base  all'art.  143  del
citato Codice, un aspetto essenziale del  piano  paesaggistico  -  da
approvare in forma concertata tra Stato e Regioni - e'  rappresentato
proprio dalla ricognizione del territorio oggetto di  pianificazione;
sicche',  non  esistendo  ancora  un  piano  paesaggistico  regionale
adeguato alle previsioni del predetto  Codice,  la  mancanza  di  una
partecipazione   degli   organismi   ministeriali   al   procedimento
disciplinato   dalla   disposizione   oggetto   di   impugnativa   si
risolverebbe  in  una  violazione  dell'obbligo   di   pianificazione
congiunta imposto dalle richiamate disposizioni del Codice. 
    2.- La questione e' fondata. 
    3.-  La  disposizione  impugnata,  infatti,   pur   espressamente
enunciando in via programmatica, come gia' rilevato, il «rispetto dei
principi fissati dall'art. 145 del d.lgs. n. 42/2004», stabilisce  un
iter   procedimentale   di   «coordinamento   della    pianificazione
paesaggistica con gli  altri  strumenti  di  pianificazione»  che  si
rivela non conforme ai principi in questione. 
    La  normativa  in   esame   disciplina   due   distinte   ipotesi
procedimentali: a) quella nella quale le  previsioni  proposte  negli
strumenti di pianificazione delle amministrazioni locali si  limitino
«ad un mero recepimento del PRP» (comma 4); b) quella nella quale  le
previsioni proposte si configurino, invece, «come  variante  al  PRP»
(comma 5). Nel primo caso, i Comuni adottano (comma 4), insieme «alla
deliberazione di definitiva approvazione del proprio strumento»,  una
dichiarazione di conformita' («delle  previsioni  proposte  agli  usi
consentiti  dal  PRP»),  che  trasmettono,  «per   conoscenza,   alla
Direzione regionale competente» (la quale, secondo quanto previsto al
comma 7, «si riserva il potere di  verificare  la  correttezza  delle
dichiarazioni di conformita' di cui al comma 4 anche a campione e  in
tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi sulla veridicita' del  loro
contenuto», senza, tuttavia, che l'esercizio del potere  di  verifica
costituisca,  secondo  il  comma  8,  «ragione  di  sospensione   dei
procedimenti amministrativi di competenza comunale, fatti  salvi  gli
esiti della verifica stessa»); nel secondo caso,  la  variante,  come
previsto  al  comma  5,  e'  «trasmessa  alla   Direzione   regionale
competente per la verifica della compatibilita'  alle  previsioni  di
PRP» e il Consiglio regionale  assume,  previo  parere  del  Comitato
regionale per i Beni Ambientali, «apposito  atto  deliberativo»,  che
viene «pubblicato sul BURA e costituisce variante al PRP», anche come
«condizione imprescindibile  per  la  definitiva  approvazione  della
variante proposta» (comma 6). 
    In entrambe le descritte ipotesi e' palesemente esclusa qualsiasi
forma di partecipazione di  qualsivoglia  organismo  ministeriale  al
«procedimento  di  conformazione  ed  adeguamento   degli   strumenti
urbanistici alle previsioni della pianificazione  paesaggistica»,  in
evidente  contrasto  con  la  normativa  statale  interposta  e,   in
particolare, con il citato art. 145, comma 5, del d.lgs.  n.  42  del
2004, il quale - in linea con le  prerogative  riservate  allo  Stato
dalla disposizione costituzionale evocata  a  parametro,  come  anche
riconosciute da costante  giurisprudenza  di  questa  Corte  (tra  le
molte, sentenza n. 235 del  2011)  -  specificamente  impone  che  la
Regione adotti la propria disciplina «assicurando  la  partecipazione
degli organi ministeriali al procedimento medesimo». 
    La circostanza, poi, che - secondo quanto dedotto dal  ricorrente
- non  risulti  ancora  adottato  un  piano  paesaggistico  regionale
adeguato alle disposizioni  del  Codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio finisce per rendere ancor piu' acuta la vulnerazione  delle
prerogative statali, considerato  che,  in  relazione  a  quelle  che
saranno le concrete  previsioni  dello  stesso  piano,  dovranno  poi
essere  verosimilmente  ridisciplinate,  dalla  legge  regionale,  le
procedure di adeguamento degli «altri strumenti di pianificazione». 
    La  disposizione  impugnata  deve,  pertanto,  essere  dichiarata
costituzionalmente illegittima. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della  legge
della Regione Abruzzo 28 agosto 2012, n.  46  (Modifiche  alla  legge
regionale 13 febbraio 2003, n. 2, recante "Disposizioni in materia di
beni paesaggistici e ambientali, in attuazione della Parte terza  del
D. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 - Codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                       Paolo GROSSI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI