N. 301 SENTENZA 2 - 11 dicembre 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Sanita'    pubblica    -    Disciplina     statale     sull'attivita'
  libero-professionale   intramuraria   -   Normativa    dettagliata,
  esaustiva  ed  autoapplicativa  che  consente  solo  interventi  di
  attuazione amministrativa - Mancata previsione di una  clausola  di
  salvaguardia che preveda che le Province autonome di  Trento  e  di
  Bolzano  adeguino  la  propria  legislazione  in  conformita'  alle
  disposizioni dello statuto  speciale  e  delle  relative  norme  di
  attuazione - Violazione dello  statuto  speciale  che  prevede  uno
  speciale regime di adeguamento in materia di sanita'  e  assistenza
  sanitaria e ospedaliera, che  assegna  alle  Province  autonome  un
  termine di sei mesi per adeguarsi ai principi  statali  costituenti
  limiti alla  legislazione  provinciale,  con  successivo  onere  di
  impugnativa da parte dello Stato delle norme provinciali che non si
  sono adeguate  -  Illegittimita'  costituzionale  in  parte  qua  -
  Assorbimento delle ulteriori questioni - Estensione della efficacia
  della dichiarazione  di  illegittimita'  anche  alla  Provincia  di
  Bolzano. 
- Decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (convertito nella  legge  8
  novembre 2012, n. 189), art. 2, comma 1, lettere b) e c). 
- Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt.  4  e  5;  decreto
  legislativo  16  marzo  1992,  n.  266,  art.  2,  commi  1  e   2;
  (Costituzione,  art.  117,  terzo  comma;  statuto  della   Regione
  Trentino-Alto Adige, artt. 9, numero 10), 16,  79,  104,  e  intero
  Titolo VI; d.P.R. 28 marzo 1975, n.  474;  decreto  legislativo  16
  marzo 1992, n. 268). 
Sanita'    pubblica    -    Disciplina     statale     sull'attivita'
  libero-professionale intramuraria - Prevista decurtazione  sino  al
  venti per cento  della  retribuzione  di  risultato  dei  direttori
  generali a titolo di sanzione per inadempienze non gravi,  in  caso
  di mancato reperimento di spazi per lo  svolgimento  dell'attivita'
  libero-professionale, secondo le modalita' previste dalla  legge  -
  Ricorso  della  Provincia  di  Trento  -  Asserita  lesione   della
  competenza  legislativa  delle  Province  in  materia  sanitaria  -
  Insussistenza - Erroneita' del  presupposto  interpretativo  -  Non
  fondatezza della questione. 
- Decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (convertito nella  legge  8
  novembre 2012, n. 189), art. 2, comma 1, lettera h). 
- Costituzione,  art.  117,  terzo  comma;  statuto   della   Regione
  Trentino-Alto Adige, art. 9, numero 10). 
Sanita' pubblica  -  Prevista  costituzione,  da  parte  di  ciascuna
  Regione e di ciascuna Provincia autonoma, di un comitato etico  per
  la sperimentazione clinica ogni milione di  abitanti  -  Violazione
  del principio di ragionevolezza, perche' la norma statale non tiene
  conto della dimensione  demografica  della  Provincia  autonoma  di
  Trento, che  ammonta  a  soli  cinquecentotrentunomila  abitanti  -
  Necessita' di introdurre la disposizione secondo cui «nelle Regioni
  e  nelle  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  con   una
  popolazione inferiore a un milione di abitanti deve essere comunque
  costituito un comitato etico» -  Illegittimita'  costituzionale  in
  parte qua. 
- Decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (convertito nella  legge  8
  novembre 2012, n. 189), art. 12, comma 10. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.51 del 18-12-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  degli  articoli  2,
comma 1, lettere b), c), e h) e 12, comma 10,  del  decreto-legge  13
settembre 2012,  n.  158  (Disposizioni  urgenti  per  promuovere  lo
sviluppo del Paese mediante un piu'  alto  livello  di  tutela  della
salute), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 8 novembre 2012, n. 189, promosso dalla Provincia  autonoma  di
Trento con ricorso  notificato  il  9  gennaio  2013,  depositato  in
cancelleria il 17 gennaio 2013 ed  iscritto  al  n.  6  del  registro
ricorsi 2013. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  5  novembre  2013  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi l'avvocato Luigi Manzi per la Provincia autonoma di  Trento
e  l'avvocato  dello  Stato  Vincenzo  Rago  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 9  gennaio  2013  e  depositato  il
successivo 17 gennaio (iscritto al n. 6 del registro  ricorsi  2013),
la Provincia autonoma di Trento ha impugnato gli articoli 2, comma 1,
lettere b), c), e h), e 12, comma 10, del decreto-legge 13  settembre
2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per  promuovere  lo  sviluppo  del
Paese  mediante  un  piu'  alto  livello  di  tutela  della  salute),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  8
novembre 2012, n. 189, per violazione degli artt. 9, numero 10),  16,
79, commi 3 e 4, e 104, nonche' dell'intero Titolo VI del  d.P.R.  31
agosto 1972,  n.  670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi
costituzionali concernenti lo statuto speciale per  il  Trentino-Alto
Adige), del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di  attuazione  dello
statuto per la regione Trentino-Alto Adige in  materia  di  igiene  e
sanita'), dell'art. 2 del d.lgs. 16 marzo  1992,  n.  266  (Norme  di
attuazione  dello  statuto  speciale  per  il   Trentino-Alto   Adige
concernenti  il  rapporto  tra  atti  legislativi  statali  e   leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento), del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione
dello statuto speciale per  il  Trentino-Alto  Adige  in  materia  di
finanza regionale e provinciale) e degli artt. 3,  117  e  119  della
Costituzione in relazione all'art. 10 della legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione). 
    1.1.- L'impugnato art. 2,  comma  1,  lettera  b)  -  modificando
l'art. 1, comma 4, della legge 3 agosto 2007, n. 120 (Disposizioni in
materia di attivita' libero-professionale intramuraria e altre  norme
in materia sanitaria) - prevede: una ricognizione  straordinaria,  da
parte  delle  Regioni  e  delle  Province   autonome,   degli   spazi
disponibili  per  l'esercizio  dell'attivita'  libero   professionale
presso le aziende sanitarie e ospedaliere, i policlinici universitari
e gli  istituti  di  ricerca  e  cura  a  carattere  scientifico;  la
possibilita', in caso  di  necessita'  e  nel  limite  delle  risorse
disponibili, di acquisire spazi ambulatoriali esterni per l'esercizio
di attivita' sia istituzionali sia in regime  di  libera  professione
inframuraria; la possibilita' residuale, per le Regioni e le Province
autonome, di  adottare  un  programma  per  lo  svolgimento  di  tale
attivita' presso gli studi privati dei  professionisti  collegati  in
rete, previa sottoscrizione di una convenzione  annuale  rinnovabile,
sulla base di uno schema-tipo approvato in sede  di  accordo  sancito
dalla Conferenza Stato-Regioni. 
    La ricorrente ritiene che la disciplina  statale  in  parola  sia
esaustiva e autoapplicativa, cosi' da consentire alla Provincia  solo
una attuazione amministrativa,  violando  la  competenza  legislativa
dell'ente  territoriale  in  materia  di  sanita',   quale   prevista
dall'art. 9, numero 10), dello statuto, dal d.P.R. n. 474 del 1975  e
dall'art. 117, terzo comma,  Cost.,  da  ritenersi  applicabile  alla
Provincia autonoma di  Trento  ai  sensi  dell'art.  10  della  legge
costituzionale n. 3 del 2001, in quanto attributivo di  una  materia,
la tutela della salute, piu' ampia di quella statutaria  e,  percio',
contenente una disciplina piu'  favorevole  all'autonomia.  La  nuova
disciplina statale, introdotta con  la  disposizione  impugnata,  che
modifica l'art. 1, comma 4, della legge n. 120 del 2007, non potrebbe
in alcun modo assimilarsi a quella precedente, gia' scrutinata  dalla
Corte con la  sentenza  n.  371  del  2008  e  parzialmente  ritenuta
legittima in quanto contenente norme di principio. 
    Piu' precisamente, le disposizioni in esame sarebbero illegittime
nella parte in cui  prevedono  la  ricognizione  straordinaria  degli
spazi disponibili, la necessita' di sentire su tale  ricognizione  le
organizzazioni sindacali, un termine fisso entro cui la  stessa  deve
essere compiuta, il contenuto della ricognizione medesima, le  misure
che possono essere assunte, la necessita' di un parere  del  collegio
di direzione sulle predette misure e la  disciplina  dell'organo  che
deve dare il parere in assenza del collegio di direzione. 
    Inoltre, le disposizioni censurate  sarebbero  illegittime  nella
parte in cui prevedono che l'attuazione  del  programma  sperimentale
per lo svolgimento dell'attivita' libero professionale  presso  studi
privati sia vincolata  alla  sottoscrizione  di  uno  schema-tipo  di
convenzione  approvato  in  sede  di  Conferenza  Stato-Regioni.   Le
medesime disposizioni, inoltre, sarebbero illegittime nella parte  in
cui  stabiliscono  la   decadenza   al   31   dicembre   2012   delle
autorizzazioni precedentemente  rilasciate  in  base  alla  normativa
allora vigente, e nella parte in cui si riferiscono  all'adozione  di
linee guida, nel caso in cui il  richiamo  abbia  il  significato  di
imporre alle Province autonome  l'uso  di  un  determinato  strumento
giuridico per raggiungere un certo obiettivo. 
    A questo proposito,  la  ricorrente  censura  altresi'  le  norme
impugnate per violazione dell'autonomia amministrativa delle Province
autonome  stesse,  in   quanto   prescrivono   l'adozione   di   atti
amministrativi o ne condizionano il contenuto,  sovrapponendosi  alle
competenze  della  Giunta  provinciale  e   a   quelle   dell'Azienda
provinciale  per  i  servizi  sanitari,   qualificabile   come   ente
para-provinciale. Osserva, inoltre, la ricorrente che in  alcun  modo
l'intervento statale potrebbe giustificarsi a titolo di coordinamento
della finanza pubblica, non potendosi assimilare la  posizione  della
Provincia autonoma di Trento a quella delle Regioni ordinarie. 
    La  ricorrente  rileva  ancora  che  le  disposizioni   impugnate
violerebbero l'art. 2 del d.lgs. n. 266  del  1992,  che  esclude  la
diretta applicabilita' delle leggi statali nelle materie provinciali,
norma di attuazione statutaria come tale  inderogabile  da  parte  di
fonti primarie, oltre che l'art. 104 dello statuto, che impedisce  di
modificare norme statutarie o attuative ad opera di leggi statali. 
    Il citato art. 2, comma 1, lettera b),  sarebbe  poi  illegittimo
nella parte in cui richiama la disciplina sulla riduzione  dei  posti
letto ospedalieri,  disciplina  gia'  autonomamente  impugnata  dalla
Provincia autonoma con il ricorso n.  156  del  2012  per  violazione
della competenza provinciale in materia  sanitaria  e  dell'autonomia
finanziaria della Provincia. 
    1.2.-  In  relazione  all'art.  2,  comma  1,  lettera   c)   del
decreto-legge n. 158 del 2012, convertito, con  modificazioni,  dalla
legge 8 novembre 2012, n. 189 la ricorrente evidenzia come si  tratti
di disposizione che, modificando l'art. 1, comma 4,  della  legge  n.
120 del 2007, prevede espressamente una infrastruttura di rete per il
collegamento in voce o in  dati,  in  condizioni  di  sicurezza,  tra
l'ente o l'azienda e le singole strutture nelle quali vengono erogate
le  prestazioni  di  attivita'  libero  professionale   inframuraria,
fissando al 31 marzo  2013  il  termine  per  la  sua  attivazione  e
determinando nel dettaglio le funzioni  cui  l'infrastruttura  dovra'
essere destinata; inoltre e' previsto che le  modalita'  tecniche  di
realizzazione  siano  stabilite  con  decreto  ministeriale,  seppure
emanato previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni. In tal modo la
disposizione  impugnata,  atteso  il  suo  carattere  dettagliato   e
autoapplicativo, lederebbe la competenza legislativa  provinciale  in
materia  sanitaria  quale  prevista  dall'art.  9,  comma  10,  dello
statuto, dall'art. 2 del d.P.R. n. 474  del  1975  e  dall'art.  117,
terzo comma, Cost. in relazione all'art. 10 della legge  cost.  n.  3
del 2001. 
    La norma censurata violerebbe altresi' l'autonomia amministrativa
della Provincia, sovrapponendosi alle direttive emanate dalla  Giunta
in materia. 
    La ricorrente ha  poi  rimarcato  che,  qualora  la  disposizione
venisse intesa nel senso che la  Provincia  sia  tenuta  ad  attivare
direttamente entro il 31 marzo 2013 l'infrastruttura  di  rete,  tale
disposizione contrasterebbe anche con l'art. 2 del d.lgs. n. 266  del
1992 che vieta la diretta applicabilita' delle  leggi  statali  nelle
materie provinciali e che stabilisce  un  termine  di  sei  mesi  per
l'adeguamento della normativa locale,  oltre  che  l'art.  104  dello
statuto. 
    La norma impugnata, inoltre, nella parte in  cui  impedisce  alla
Provincia  di  assumere  i   costi   dell'infrastruttura,   lederebbe
l'autonomia finanziaria  riconosciuta  dall'art.  79  dello  statuto,
dall'intero Titolo VI dello statuto medesimo e dal d.lgs. n. 268  del
1992, oltre ad  essere  stata  confermata  da  questa  Corte  con  le
sentenze n. 133 del 2010 e n. 341 del 2009. 
    1.3.- In relazione all'art. 2, comma 1, lettera h), la ricorrente
ha evidenziato come la citata  disposizione,  modificando  l'art.  1,
comma  7,  della  legge  n.  120  del  2007,  abbia   introdotto   la
decurtazione sino al venti per cento della retribuzione dei direttori
generali per inadempienze non gravi in caso di mancato reperimento di
spazi  per  lo  svolgimento  dell'attivita'   libero   professionale,
interferendo in tal modo con la ricordata competenza  legislativa  in
materia  sanitaria,  quale  gia'  precisata  da  questa  Corte  nella
sentenza n. 371 del 2008 che, in  questo  campo,  ha  riservato  alle
autonomie di fissare le altre  sanzioni  irrogabili  in  presenza  di
inadempienze  di  minore  rilievo.  Inoltre  la  disposizione  citata
violerebbe, ad avviso della ricorrente, l'art. 2 del  d.lgs.  n.  266
del 1992 in quanto rivolta direttamente  agli  organi  amministrativi
della  Provincia  senza  alcuna   intermediazione   di   legislazione
provinciale. 
    1.4.- In ordine all'impugnato art. 12, comma 10, la ricorrente ha
osservato  che  la  previsione  che  attribuisce  a  ogni  Regione  e
Provincia autonoma il compito di  istituire  comitati  etici  per  la
sperimentazione clinica, in modo che sia rispettato il  parametro  di
un comitato ogni milione di abitanti, contrasterebbe con il principio
di ragionevolezza di  cui  all'art.  3  Cost.,  tenendo  conto  della
dimensione  demografica  della  Provincia  autonoma,   che   ha   una
popolazione di circa 531.000 abitanti. 
    2.- Con atto depositato in data 18 febbraio 2013  e'  intervenuto
il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha evidenziato come  le
disposizioni impugnate contengano principi fondamentali in materia di
tutela della salute, cui  e'  connessa  la  disciplina  della  libera
professione inframuraria. Attraverso i predetti principi generali, il
legislatore statale ha inteso garantire una  tendenziale  uniformita'
tra le diverse legislazioni e i  sistemi  sanitari  delle  Regioni  e
delle Province autonome. 
    In particolare, il resistente ha rimarcato che tali  disposizioni
lasciano  ampia  discrezionalita'  alle  stesse  Regioni  e  Province
autonome in ordine all'assunzione delle iniziative ritenute idonee ad
assicurare l'effettuazione degli interventi richiesti. 
    L'Avvocatura generale dello  Stato  ha  poi  evidenziato  che  si
tratta di regole volte a razionalizzare e ridurre la spesa  sanitaria
e come tali riconducibili a principi di coordinamento  della  finanza
pubblica, in relazione ai quali lo Stato  ha  competenza  legislativa
(sentenza n. 284 del 2009) e competenza di ordine amministrativo,  di
regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di controllo  (sentenza
n. 229 del 2011). 
    In riferimento al richiamo, contenuto  nell'  impugnato  art.  2,
comma 1, lettera b), alla disciplina sulla riduzione dei posti  letto
ospedalieri,  ha  aggiunto  il  resistente  che  la  proposizione  di
autonomo ricorso contro tali disposizioni di legge, cui le norme  ora
censurate fanno riferimento, non determina  la  loro  illegittimita',
non risultando intervenuta  alcuna  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale di tale normativa. 
    Quanto  poi  alle  infrastrutture  di  rete,  il  Presidente  del
Consiglio ha evidenziato l'ampia discrezionalita' che permane in capo
alle Regioni e Province autonome in ordine alla predisposizione delle
stesse, nonche' la  previsione  dell'intesa  in  sede  di  Conferenza
Stato-Regioni ai fini della determinazione delle  modalita'  tecniche
per la realizzazione delle infrastrutture medesime. 
    In relazione alla previsione della  sanzione  della  decurtazione
della retribuzione dei direttori generali, il resistente ha lamentato
l'erroneita'   del   presupposto   interpretativo   del   ricorrente,
trattandosi di  sanzione  non  per  inadempienze  non  gravi,  ma  di
sanzione alternativa alla destituzione per le inadempienze gravi, per
le quali questa Corte ha gia' riconosciuto la competenza statale  con
sentenza n. 371 del 2008. 
    Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri ha affermato che
anche la riduzione dei comitati etici per la sperimentazione clinica,
costituisce  principio  fondamentale  in  materia  sanitaria   e   di
coordinamento della finanza pubblica. 
    3.- Con memoria depositata in data 15 ottobre 2013  la  Provincia
autonoma di Trento ha ulteriormente sviluppato argomenti  a  supporto
della illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate. 
    In relazione alle censure concernenti l'art. 2, comma 1,  lettera
b), la ricorrente sottolinea la diversita' tra le norme ritenute  non
illegittime dalla Corte  con  la  sentenza  n.  371  del  2008  e  le
disposizioni ora impugnate.  In  particolare,  la  Provincia  lamenta
l'inesistenza di qualsiasi residuo margine di integrazione normativa,
evidenziando come al piu' sia stato lasciato  un  margine  di  scelta
amministrativa sul quomodo della ricognizione degli  spazi,  che  ben
puo' essere compiuta dalle aziende sanitarie.  La  normativa  portata
all'esame  della  Corte  sarebbe  priva,  quindi,  del  carattere  di
principio fondamentale, che  dovrebbe  caratterizzare  la  produzione
normativa statale in materia di tutela della  salute,  di  competenza
concorrente. 
    Lo  stesso  riferimento  al  fatto   che   le   convenzioni   tra
professionista  interessato  all'attivita'  intramuraria  e   azienda
sanitaria  debbano  rispettare  lo  schema   tipo   approvato   dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra Stato,  Regioni  e  Province
autonome confermerebbe l'inesistenza di margini di  integrazione  per
la ricorrente. 
    Inconferente sarebbe poi il  rinvio  della  difesa  statale  alla
sentenza n. 284 del 2009, posto che nella specie non si versa in  una
ipotesi di coordinamento della finanza pubblica, attesa  la  speciale
autonomia finanziaria riconosciuta alla Provincia  autonoma;  ne'  le
norme statali impugnate prevedono poteri statali  di  rilevazione  di
dati e controllo. 
    In relazione all'art. 2, comma 1, lettera c),  la  ricorrente  ha
rilevato che anche  in  questo  caso  i  residui  margini  di  scelta
lasciati dalla normativa statale sono tali da poter  essere  compiuti
direttamente dalle aziende sanitarie. 
    Riguardo all'art.  2,  comma  1,  lettera  h),  ad  avviso  della
Provincia,  la  prospettazione   statale   di   una   interpretazione
adeguatrice della norma confermerebbe  la  fondatezza  della  censura
proposta. 
    Infine, con riferimento all'art. 12, comma 10, l'irragionevolezza
della norma sarebbe  stata  rilevata  dallo  stesso  Ministero  della
salute che, con decreto ministeriale 8 febbraio 2013 (Criteri per  la
composizione e il funzionamento dei  comitati  etici),  ha  stabilito
all'art. 2, comma 1, che, nelle Regioni e nelle Province autonome con
popolazione inferiore a un milione di abitanti, deve essere  comunque
istituito  un  comitato  etico.  Tuttavia,   trattandosi   di   fonte
secondaria, che non  puo'  abrogare  la  disposizione  censurata,  in
quanto contenuta in una fonte primaria, non puo' ritenersi cessata la
materia del contendere,  con  conseguente  necessita'  di  dichiarare
l'illegittimita'  della  disposizione  per  impedire  che  essa   sia
applicabile alla Provincia autonoma di Trento. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 9  gennaio  2013  e  depositato  il
successivo 17 gennaio (iscritto al n. 6 del registro  ricorsi  2013),
la Provincia autonoma di Trento ha impugnato gli articoli 2, comma 1,
lettere b), c), e h), e 12, comma 10, del decreto-legge 13  settembre
2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per  promuovere  lo  sviluppo  del
Paese  mediante  un  piu'  alto  livello  di  tutela  della  salute),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  8
novembre 2012, n. 189, per violazione degli artt. 9, numero 10),  16,
79, commi 3 e 4, e 104, nonche' dell'intero Titolo VI del  d.P.R.  31
agosto 1972,  n.  670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi
costituzionali concernenti lo statuto speciale per  il  Trentino-Alto
Adige), del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di  attuazione  dello
statuto per la regione Trentino-Alto Adige in  materia  di  igiene  e
sanita'), dell'art. 2 del d.lgs. 16 marzo  1992,  n.  266  (Norme  di
attuazione  dello  statuto  speciale  per  il   Trentino-Alto   Adige
concernenti  il  rapporto  tra  atti  legislativi  statali  e   leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento), del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione
dello statuto speciale per  il  Trentino-Alto  Adige  in  materia  di
finanza regionale e provinciale) e degli artt. 3,  117  e  119  della
Costituzione in relazione all'art. 10 della legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione). 
    2.- Piu' precisamente, la ricorrente ritiene che l'impugnato art.
2, comma 1, lettere b), c), nel modificare l'art. 1, comma  4,  della
legge 3 agosto 2007, n. 120 (Disposizioni  in  materia  di  attivita'
libero-professionale  intramuraria   e   altre   norme   in   materia
sanitaria), abbia dettato una  disciplina  dettagliata,  esaustiva  e
autoapplicativa, stabilendo: una ricognizione straordinaria, da parte
delle Regioni e delle Province autonome, degli spazi disponibili  per
l'esercizio dell'attivita' libero  professionale  presso  le  aziende
sanitarie e ospedaliere, i policlinici universitari e gli istituti di
ricerca e cura a carattere scientifico; la necessita', a  carico  dei
medesimi enti  territoriali,  di  sentire  su  tale  ricognizione  le
organizzazioni sindacali; un termine fisso entro cui la  ricognizione
deve essere compiuta; il contenuto della  ricognizione  medesima;  le
misure che possono essere assunte in proposito dalle Regioni e  dalle
Province autonome;  la  necessita'  di  un  parere  del  collegio  di
direzione sulle predette misure; la disciplina dell'organo  che  deve
dare  il  parere  in  assenza   del   collegio   di   direzione;   la
sottoscrizione di  un  programma  sperimentale,  per  lo  svolgimento
dell'attivita' libero-professionale presso studi  privati,  vincolato
ad uno schema-tipo di convenzione approvato  in  sede  di  Conferenza
Stato-Regioni; la decadenza al 31 dicembre 2012 delle  autorizzazioni
precedentemente rilasciate per l'esercizio della  libera  professione
intramuraria presso studi privati;  l'adozione  di  linee  guida;  il
richiamo alla disciplina statale  sulla  riduzione  dei  posti  letto
ospedalieri per il calcolo del fabbisogno di spazi da destinare  alla
libera  professione   intramuraria;   la   predisposizione   di   una
infrastruttura di rete per il collegamento in  voce  o  in  dati,  in
condizioni  di  sicurezza,  tra  l'ente  o  l'azienda  e  le  singole
strutture nelle quali vengono erogate  le  prestazioni  di  attivita'
libero-professionale inframuraria; il termine del 31 marzo  2013  per
la sua attivazione; la determinazione nel  dettaglio  delle  funzioni
cui l'infrastruttura dovra' essere destinata; la  previsione  che  le
modalita' tecniche  di  realizzazione  siano  stabilite  con  decreto
ministeriale emanato previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni. 
    In tal modo, ad avviso della Provincia  autonoma  di  Trento,  il
legislatore statale avrebbe violato anzitutto l'art. 9,  numero  10),
dello statuto di autonomia, le disposizioni di cui al d.P.R.  n.  474
del 1975, di attuazione del medesimo,  e  l'art.  117,  terzo  comma,
Cost., applicabile alla Provincia in virtu' dell'art. 10 della  legge
costituzionale n. 3 del 2001, in  quanto,  adottando  una  disciplina
statale esaustiva ed autoapplicativa,  non  permette  alla  Provincia
autonoma di esercitare la propria competenza legislativa  concorrente
in materia di sanita' e di  tutela  della  salute,  consentendo  alla
ricorrente solo interventi di attuazione amministrativa. 
    Inoltre, sarebbe violato l'art. 16 dello statuto speciale per  il
Trentino-Alto Adige/Südtirol, in quanto, prescrivendo  l'adozione  di
atti amministrativi o condizionandone il contenuto e  sovrapponendosi
a  direttive  emanate  dalla  Giunta  provinciale  e   ad   atti   di
organizzazione adottati  dalla  Azienda  provinciale  per  i  servizi
sanitari,   le   suddette   disposizioni   lederebbero    l'autonomia
amministrativa della Provincia autonoma. 
    Le norme censurate si porrebbero altresi' in contrasto con l'art.
104 dello statuto e con l'art. 2 del  d.lgs.  n.  266  del  1992,  in
quanto si tratterebbe di disposizioni di leggi statali immediatamente
applicabili alla Provincia autonoma, in  una  materia  di  competenza
provinciale,  in  violazione  del  principio  in  base  al  quale  la
legislazione provinciale deve essere adeguata ai  principi  stabiliti
dal legislatore statale  entro  i  sei  mesi  successivi  dalla  loro
pubblicazione, restando nel  frattempo  applicabili  le  disposizioni
legislative provinciali preesistenti. 
    Inoltre, limitatamente al citato art. 2, comma 1, lettera c),  il
legislatore statale avrebbe violato altresi'  l'art.  79  e  l'intero
Titolo VI dello statuto, nonche' le disposizioni del  d.lgs.  n.  268
del 1992, in quanto, impedendo alla Provincia  di  assumere  i  costi
dell'infrastruttura di rete, ne avrebbe leso l'autonomia finanziaria. 
    2.1.- Le questioni relative all'art. 2, comma 1, lettere b) e  c)
sono fondate. 
    Deve anzitutto osservarsi che, ai sensi dell'art. 2, commi 1 e 2,
del d.lgs. n. 266 del 1992, la legislazione regionale  e  provinciale
deve essere adeguata ai principi e  alle  norme  statali  costituenti
limiti ai sensi degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale, entro i sei
mesi successivi alla pubblicazione dell'atto medesimo nella  Gazzetta
Ufficiale o nel piu' ampio termine da esso stabilito.  Nel  frattempo
restano  applicabili  le   disposizioni   legislative   regionali   e
provinciali   preesistenti.   Decorso   il   predetto   termine,   le
disposizioni legislative regionali e provinciali non adeguate possono
essere impugnate davanti alla Corte costituzionale ai sensi dell'art.
97 dello statuto speciale per violazione di esso. 
    Come gia' riconosciuto da questa Corte (ex plurimis  sentenze  n.
371 del 2008, n. 162 del 2007 e n. 134 del 2006), la disciplina della
libera  professione  intramuraria  deve  ascriversi  alla  competenza
legislativa ripartita in materia di sanita' e assistenza sanitaria  e
ospedaliera, che  il  legislatore  provinciale  puo'  esercitare  nel
limite del rispetto dei principi stabiliti dalle leggi  dello  Stato,
ex art. 5 dello statuto di  autonomia,  come  espressamente  previsto
dall'art. 9, numero 10), del medesimo e  che,  dopo  la  riforma  del
Titolo V della Costituzione, si radica nella piu' ampia materia della
tutela della salute, di competenza concorrente,  ai  sensi  dell'art.
117, terzo comma, della Costituzione. In tale materia, dunque,  opera
la citata previsione  di  attuazione  statutaria,  che  assegna  alle
Province autonome un termine di sei mesi per  adeguarsi  ai  principi
statali  costituenti  limiti  alla  legislazione   provinciale,   con
conseguente successivo onere di  impugnativa  da  parte  dello  Stato
delle norme provinciali che non si siano adeguate. 
    Nel caso di specie, dunque, nelle more  dell'adeguamento  e  fino
allo scadere del termine sopra indicato, avrebbe dovuto continuare  a
ricevere applicazione la disciplina provinciale  delle  attivita'  di
libera  professione  intramuraria  svolta  dai  medici  del  servizio
pubblico, contenuta nella legge provinciale 23  luglio  2010,  n.  16
(Tutela della salute in provincia di Trento). 
    Le disposizioni impugnate, tuttavia, confliggono con lo  speciale
regime di adeguamento vigente per il Trentino-Alto  Adige/Südtirol  e
ne  impediscono  l'operativita'.  Infatti,  il  legislatore   statale
annovera esplicitamente le Province autonome tra i soggetti a cui  la
nuova  disciplina  relativa  agli   spazi   per   l'esercizio   della
professione intramuraria deve applicarsi immediatamente e  nella  sua
integralita', prescrivendo oltretutto che l'attuazione  della  stessa
avvenga secondo scadenze prefissate ed  entro  termini  brevi,  anche
inferiori ai sei mesi messi  a  disposizione  della  Provincia  dalle
norme di attuazione dello statuto di autonomia. E' indubbio,  dunque,
che le impugnate disposizioni presuppongano la diretta applicabilita'
delle stesse anche alla ricorrente. Di qui la violazione dell'art.  2
del d.lgs. n. 266 del 1992. 
    Infatti,  la  legislazione  statale  intervenuta  in  materia  di
esercizio della professione medica  intra  moenia  non  ha  preso  in
considerazione in alcun modo la specificita' della Provincia sotto il
profilo delle  procedure  di  adeguamento  ai  sopravvenuti  principi
statali: non e' stato fissato un termine piu' ampio,  di  almeno  sei
mesi, per consentire che la modifica delle norme provinciali  vigenti
avvenisse in conformita' allo speciale regime di  autonomia,  ne'  e'
stata introdotta una clausola  di  salvaguardia  che  permettesse  di
applicare la sopravvenuta legislazione statale nei limiti  e  con  le
modalita' previste dallo statuto speciale. La previsione di una  tale
clausola  avrebbe  rimosso  ogni  ostacolo   all'applicazione   della
speciale procedura di adeguamento prevista dalle norme di attuazione,
ponendo  al  riparo  la  legislazione  statale  da  tale  censura  di
illegittimita' costituzionale (cosi', ad esempio, sentenza n. 401 del
2007, punto 6.1. del Considerato in diritto). 
    Il tenore testuale dell'impugnato art. 2, comma 1, lettere  b)  e
c) e l'assenza di  una  generale  clausola  di  salvaguardia  per  la
Provincia autonoma, determinano, quindi, una violazione della  citata
norma di attuazione dello statuto speciale,  che  come  tale  non  e'
derogabile  da  disposizioni  statali   di   legge   ordinaria,   con
conseguente illegittimita' di queste  ultime  (sentenze  n.  133  del
2010, n. 334 del 2009, n.  145  del  2005).  Deve,  pertanto,  essere
dichiarata l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma  1,
lettere b) e c) del decreto-legge n. 158 del  2012,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012, nella parte  in  cui  non
contempla una clausola di salvaguardia che preveda che  la  Provincia
autonoma di Trento adegui la propria legislazione  alle  disposizioni
in esso contenute,  in  conformita'  allo  statuto  speciale  e  alle
relative norme di attuazione. 
    Resta fermo che la Provincia autonoma e' chiamata  a  conformarsi
ai principi stabiliti dalla legge dello  Stato,  tenendo  conto  che,
secondo  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  nelle   materie   di
competenza ripartita e' da ritenere vincolante anche ogni  previsione
che, sebbene a contenuto specifico e dettagliato, «e' da  considerare
per la finalita' perseguita, in "rapporto  di  coessenzialita'  e  di
necessaria integrazione" con  le  norme-principio  che  connotano  il
settore» (ex plurimis sentenza n.  437  del  2005).  Con  particolare
riferimento  alla  disciplina  degli  spazi  per  l'esercizio   della
professione medica intramuraria che qui rileva, occorre ribadire  che
«e' destinata a partecipare di questo stesso carattere  di  normativa
di principio anche quella volta ad assicurare che non resti priva  di
conseguenze, in  termini  di  concrete  possibilita'  di  svolgimento
dell'attivita' libero-professionale intramuraria, l'opzione  compiuta
dal sanitario in favore del rapporto di lavoro  esclusivo»  (sentenza
n. 371 del 2008). 
    2.2.- Restano  assorbite  le  ulteriori  questioni  sollevate  in
riferimento alle disposizioni qui esaminate. 
    2.3.- La dichiarazione di illegittimita' di cui sopra estende  la
propria efficacia anche nei confronti  della  Provincia  autonoma  di
Bolzano, tenuto conto dell'identita'  di  contenuto  della  normativa
statutaria e di attuazione violata (sentenze n. 133 del 2010, n.  341
e n. 334 del 2009, n. 45 del 2005). 
    3.- La Provincia autonoma di Trento ha impugnato l'art. 2,  comma
1, lettera h), del medesimo d.l. n. 158 del 2012 nella parte in  cui,
modificando l'art. 1, comma 7, della legge n. 120 del 2007, introduce
la decurtazione  sino  al  venti  per  cento  della  retribuzione  di
risultato  dei  direttori  generali  a   titolo   di   sanzione   per
inadempienze non gravi, in caso di mancato reperimento di  spazi  per
lo  svolgimento  dell'attivita'  libero-professionale,   secondo   le
modalita' previste  dalla  legge.  Ad  avviso  della  ricorrente,  il
legislatore statale, introducendo la previsione di cui sopra, avrebbe
violato l'art. 9, numero 10), dello statuto, le disposizioni  di  cui
al d.P.R.  n.  474  del  1975  e  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,
applicabile alla Provincia in virtu' dell'art. 10 della  legge  cost.
n. 3 del 2001, in  quanto  avrebbe  leso  la  competenza  legislativa
ripartita della Provincia autonoma in materia di sanita' e di  tutela
della salute, che include quella di fissare le sanzioni,  diverse  da
quella  della  destituzione  dei   direttori   generali   per   gravi
inadempienze,  irrogabili  in  presenza  di  inadempienze  di  minore
rilievo, secondo la ripartizione di competenze, tra Stato e  Province
autonome, delineata nella sentenza n. 371 del 2008, a  proposito  del
previgente testo, dall'art. 1, comma 7, della legge n. 120 del 2007. 
    Inoltre,  la  disciplina  statale  violerebbe  l'art.  104  dello
statuto e l'art.  2  del  d.lgs.  n.  266  del  1992,  in  quanto  si
rivolgerebbe direttamente agli organi amministrativi della Provincia,
senza  prevedere  alcuna  attuazione  da  parte  della   legislazione
provinciale. 
    3.1.- La questione non e' fondata. 
    La censura prospettata dalla ricorrente si  basa  su  un  erroneo
presupposto interpretativo. 
    L'art. 1, comma 7 della legge n. 120 del  2007,  come  modificato
dalla disposizione impugnata,  recita:  «Le  regioni  e  le  province
autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  assicurano  il  rispetto  delle
previsioni di cui ai commi 1, 2, 4, 5 e 6 anche mediante  l'esercizio
di  poteri  sostitutivi,  la  decurtazione  della   retribuzione   di
risultato pari ad almeno il 20  per  cento  ovvero  la  destituzione,
nell'ipotesi di grave  inadempienza,  dei  direttori  generali  delle
aziende, policlinici ed istituti di cui al comma 5». 
    L'impugnato art. 2, comma 1, lettera h), del decreto-legge n. 158
del 2012 ha dunque modificato il previgente testo dell'art. 1,  comma
7, della legge  n.  120  del  2007,  aggiungendo,  accanto  ad  altri
strumenti gia' messi a disposizione delle Regioni  e  delle  Province
autonome per contrastare eventuali inadempienze, l'ulteriore sanzione
della decurtazione sino al venti  per  cento  della  retribuzione  di
risultato dei  direttori  generali.  Di  conseguenza,  l'introduzione
della sanzione della decurtazione della  retribuzione  di  risultato,
che si affianca ad altre gia' previste, non eccede dai  limiti  delle
competenze statali e, oltretutto,  non  comprime  in  alcun  modo  la
discrezionalita'  provinciale  rispetto  a  quanto  stabilito   dalla
previgente disciplina legislativa, gia' scrutinata  da  questa  Corte
con la sentenza n. 371 del  2008,  di  tal  che  nessun  vulnus  alle
competenze provinciali puo' ritenersi verificato. 
    4.- E' impugnato l'art. 12, comma 10, del d.l. n. 158  del  2012,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012 in quanto,
prevedendo la  costituzione,  da  parte  di  ciascuna  Regione  e  di
ciascuna  Provincia  autonoma,  di   un   comitato   etico   per   la
sperimentazione clinica  ogni  milione  di  abitanti,  violerebbe  il
principio di ragionevolezza di cui  all'art.  3  Cost.,  perche'  non
tiene conto della dimensione demografica della Provincia autonoma  di
Trento, che ammonta a soli cinquecentotrentunomila abitanti. 
    4.1.- La questione e' fondata. 
    La prima parte della disposizione in esame richiede che, entro un
termine prestabilito, siano riorganizzati i  comitati  etici  per  la
sperimentazione clinica da parte di «ciascuna delle regioni  e  delle
province autonome di Trento e di Bolzano», senza distinguere in alcun
modo le diverse Regioni in base all'entita' della  loro  popolazione.
La  successiva  lettera  a)  della  medesima   disposizione,   pero',
specificando  i  criteri  a  cui  attenersi  nel   rideterminare   la
distribuzione territoriale  di  dette  strutture,  stabilisce  che  a
ciascun comitato etico sia  attribuita  una  competenza  territoriale
provinciale  o  interprovinciale,  in  modo  che  sia  rispettato  il
parametro minimo di un milione di abitanti.  Dunque,  la  previsione,
perseguendo  l'evidente  intento  di  contenere  il  numero  di  tali
strutture e le relative spese, esige che ogni comitato etico esplichi
la propria competenza su un territorio che comprenda una  popolazione
pari ad almeno un milione di abitanti. 
    Le  previsioni  contenute  nella  disposizione   impugnata,   che
incidono sulle competenze delle Regioni e delle Province autonome  in
materia di tutela della salute, risultano,  pertanto,  irrealizzabili
nelle realta' territoriali di contenute dimensioni demografiche,  tra
cui rientra la Provincia autonoma di Trento. Infatti, da un  lato  si
esige che ogni Regione e  Provincia  autonoma  istituisca  almeno  un
comitato etico e, dall'altro lato, si richiede che la  competenza  di
tale comitato si esplichi su un territorio che  comprenda  almeno  un
milione di abitanti. Cio' determina  l'illegittimita'  costituzionale
della  disposizione  impugnata,  derivante  dalla  contraddittorieta'
intrinseca dei precetti in essa contenuti, con conseguente violazione
del principio di ragionevolezza (sentenze n. 234 del 2006, n. 320 del
2005 e n. 416 del 2000). 
    Del resto, in fase di attuazione  della  disposizione  impugnata,
l'art. 2, comma 1, seconda parte, del decreto  del  Ministro  per  la
salute  8  febbraio  2013  (Criteri  per   la   composizione   e   il
funzionamento  dei   comitati   etici),   allo   scopo   di   ovviare
all'incongruenza della legislazione sul  punto,  ha  inteso  chiarire
espressamente che, nelle Regioni e nelle Province  autonome  con  una
popolazione inferiore a un milione di abitanti deve  essere  comunque
costituito un comitato etico. 
    Tuttavia, considerato che il tenore testuale  della  disposizione
di  legge  impugnata  non  concede  margini  per  sciogliere  in  via
interpretativa l'intrinseca  contraddizione  e  che  la  sopravvenuta
precisazione circa la necessita' di istituire un comitato etico anche
nelle Regioni e Province che non raggiungono la soglia di un  milione
di abitanti e' contenuta in un atto ministeriale, come tale  inidoneo
a emendare  la  fonte  primaria,  deve  dichiararsi  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 12, comma 10, del  d.l.  n.  158  del  2012,
nella parte in cui non prevede che «nelle Regioni  e  nelle  Province
autonome di Trento e di Bolzano con una popolazione  inferiore  a  un
milione di abitanti  deve  essere  comunque  costituito  un  comitato
etico». 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  2,
comma 1, lettere b) e c), del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158
(Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del  Paese  mediante
un piu'  alto  livello  di  tutela  della  salute),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 8 novembre 2012,  n.
189, nella parte in cui non contempla una  clausola  di  salvaguardia
che preveda che le Province autonome di Trento e di Bolzano  adeguino
la  propria  legislazione  in  conformita'  alle  disposizioni  dello
statuto speciale e delle relative norme di attuazione; 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  12,  comma
10, del medesimo d.l. n. 158 del 2012, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 189 del 2012, nella  parte  in  cui  non  prevede  che
«nelle Regioni e nelle Province autonome di Trento e di  Bolzano  con
una popolazione inferiore  a  un  milione  di  abitanti  deve  essere
comunque costituito un comitato etico»; 
    3)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 2, comma 1,  lettera  h),  del  medesimo
d.l. n. 158 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla  legge  n.
189  del  2012,  promossa  dalla  Provincia  autonoma  di  Trento  in
riferimento all'art. 9, numero 10), del d.P.R. 31 agosto 1972. n. 670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e all'art. 117, terzo
comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 2 dicembre 2013. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'11 dicembre 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI