N. 310 SENTENZA 10 - 17 dicembre 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Universita' -  Personale  cosiddetto  non  contrattualizzato  di  cui
  all'art.  3  del  d.lgs.  n.  165  del  2001,  tra  cui  i  docenti
  universitari - Blocco per il triennio 2011-2013 dei  meccanismi  di
  adeguamento retributivo, degli automatismi  stipendiali  (classi  e
  scatti) correlati all'anzianita' di servizio,  e  di  ogni  effetto
  economico delle progressioni  in  carriera  comunque  denominate  -
  Difetto  di  motivazione  sulla  rilevanza  -  Censura  riferita  a
  disposizione   gia'   dichiarata   incostituzionale   -   Manifesta
  inammissibilita' della questione. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78  (convertito  nella  legge  30
  luglio 2010, n. 122), art. 9, comma 2. 
- Costituzione, artt. 42 e 97. 
Universita' -  Personale  cosiddetto  non  contrattualizzato  di  cui
  all'art.  3  del  d.lgs.  n.  165  del  2001,  tra  cui  i  docenti
  universitari - Blocco per il triennio 2011-2013 dei  meccanismi  di
  adeguamento retributivo, degli automatismi  stipendiali  (classi  e
  scatti) correlati all'anzianita' di servizio,  e  di  ogni  effetto
  economico delle progressioni  in  carriera  comunque  denominate  -
  Motivazioni riferite a disposizioni di cui il rimettente  non  deve
  fare applicazione - Difetto di motivazione circa la rilevanza e  la
  non  manifesta  infondatezza  -  Manifesta  inammissibilita'  della
  questione. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78  (convertito  nella  legge  30
  luglio 2010, n. 122), art. 9, comma 21. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 23, 36 e 53. 
Universita' -  Personale  cosiddetto  non  contrattualizzato  di  cui
  all'art.  3  del  d.lgs.  n.  165  del  2001,  tra  cui  i  docenti
  universitari - Blocco per il triennio 2011-2013 dei  meccanismi  di
  adeguamento retributivo, degli automatismi  stipendiali  (classi  e
  scatti) correlati all'anzianita' di servizio,  e  di  ogni  effetto
  economico delle progressioni  in  carriera  comunque  denominate  -
  Asserite irragionevolezza dell'azione  legislativa,  disparita'  di
  trattamento, lesione dell'imparzialita' e del buon andamento  della
  pubblica   amministrazione,    violazione    del    principio    di
  proporzionalita'  della  retribuzione,  lesione  del  principio  di
  promozione della ricerca scientifica e del valore dell'insegnamento
  - Insussistenza -  Sussistenza  dei  presupposti  di  necessita'  e
  urgenza  -  Insussistenza  della  natura  tributaria  delle   norme
  impugnate - Inconferenza dei parametri relativi  alla  liberta'  di
  insegnamento - Inidoneita' del personale di magistratura a  fungere
  da  tertium  comparationis  -  Sussistenza  delle   condizioni   di
  legittimita' dei meccanismi di risparmio della spesa pubblica - Non
  fondatezza delle questioni. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78  (convertito  nella  legge  30
  luglio 2010, n. 122), art. 9, comma  21,  primo,  secondo  e  terzo
  periodo. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 9, 33, 34, 36, 37, 42, 53, 77 e 97. 
(GU n.52 del 27-12-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Alessandro  CRISCUOLO,   Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 9, commi 2 e
21, primo, secondo e terzo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010,
n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e  di
competitivita' economica), convertito, con  modificazioni,  dall'art.
1, comma 1,  della  legge  30  luglio  2010,  n.  122,  promossi  dal
Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione  staccata
di Reggio Calabria, con ordinanza dell'8 maggio 2012,  dal  Tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia con ordinanza del 15 giugno
2012, dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte con  due
ordinanze del 24 agosto 2012, dal Tribunale amministrativo  regionale
per l'Abruzzo, sezione staccata  di  Pescara,  con  ordinanza  del  6
agosto 2012, dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa  del
Trentino-Alto Adige, sede di Trento, con ordinanze dell'8 novembre  e
del  20  dicembre  2012,  dal  Tribunale   amministrativo   regionale
dell'Umbria con ordinanze del 27 febbraio e del 13 marzo 2013  e  dal
Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con ordinanza del 25
marzo 2013, rispettivamente iscritte ai nn. 179, 197, 259, 277 e  294
del registro ordinanze 2012 ed ai nn.  3,  16,  83,  123  e  148  del
registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica nn. 37, 39, 46 e 49, prima serie speciale, dell'anno  2012
e nn. 2, 5, 7, 18, 23 e 26, prima serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visti gli atti di costituzione di  C.G.  ed  altri,  di  M.D.  ed
altro, di S.S. ed altri, di B.E.M. ed altri, di  B.N.  ed  altri,  di
C.E. ed altri, di C.E. ed altri, di C.F. ed altri, nonche'  gli  atti
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 5 novembre 2013 e nella camera di
consiglio del 6 novembre 2013 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi gli avvocati Chiara Reggio D'Aci per  M.D.  ed  altro,  per
S.S. ed altri e per C.E. ed  altri,  Alberto  Romano  per  B.E.M.  ed
altri, Vittorio Angiolini per B.N. ed altri, Giuliano Gruner per C.E.
ed altri, Massimo Vernola per C.F. ed altri e l'avvocato dello  Stato
Vincenzo Nunziata per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- I Tribunali amministrativi regionali per la Calabria, sezione
staccata di Reggio Calabria, per la Lombardia e per il  Piemonte,  il
Tribunale regionale di  giustizia  amministrativa  del  Trentino-Alto
Adige, sede di  Trento,  i  Tribunali  amministrativi  regionali  per
l'Umbria e per la  Puglia,  con  distinte  ordinanze  di  rimessione,
rispettivamente iscritte ai nn. 179, 197, 259, 277 e 294 del registro
ordinanze del 2012 e ai nn.  3,  16,  83,  123  e  148  del  registro
ordinanze del 2013, hanno  sollevato,  nel  complesso,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'articolo 9, comma 21, primo, secondo
e terzo periodo, del decreto-legge 31  maggio  2010,  n.  78  (Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita'
economica), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 30 luglio 2010, n. 122, in  riferimento,  nel  complesso,
agli artt. 2,  3,  9,  33,  34,  36,  37,  42,  53,  77  e  97  della
Costituzione. 
    1.1.- Il TAR Calabria, sezione staccata di  Reggio  Calabria,  ha
impugnato anche l'art. 9, comma 2,  del  d.l.  n.  78  del  2010,  in
riferimento agli artt. 42 e 97 Cost. 
    1.2.-  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per   l'Abruzzo,
sezione staccata di Pescara, ha impugnato l'art. 9, commi 2 e 22, del
d.l. n. 78 del 2010, - a cui faceva seguito l'art. 2,  comma  7,  del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria  e  per  lo  sviluppo),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 14  settembre  2011,
n. 148 -, in riferimento agli artt. 2 (principio di solidarieta'), 3,
23, 36 e 53 Cost. (registro ordinanze n. 294 del 2012). 
    Tuttavia, con successivo provvedimento di  correzione  di  errore
materiale, il rimettente ha disposto che nella suddetta  ordinanza  i
riferimenti normativi fossero sostituiti con l'indicazione  «art.  9,
comma 21, del d.l. n. 78 del 2010». 
    1.3.- Le questioni sono state  sollevate  nel  corso  di  giudizi
promossi da docenti universitari di  ruolo,  ordinari,  straordinari,
associati,  ricercatori,  nei   confronti,   nel   complesso,   delle
rispettive universita' degli  studi,  del  Ministero  dell'istruzione
dell'universita' e della ricerca, del Ministero dell'economia e delle
finanze e del Presidente del Consiglio  dei  ministri,  per  ottenere
l'accertamento  del   diritto   alla   corresponsione   del   proprio
trattamento economico senza l'applicazione  delle  misure  di  blocco
previste dall'art. 9, comma 21, primo, secondo e terzo  periodo,  del
d.l. n. 78 del 2010. 
    Tali disposizioni prevedono  che  «I  meccanismi  di  adeguamento
retributivo  per  il   personale   non   contrattualizzato   di   cui
all'articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,  cosi'
come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n.  448,
non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorche' a titolo di
acconto, e non danno comunque luogo a  successivi  recuperi.  Per  le
categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto  legislativo
30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un
meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni  2011,
2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle  classi  e
degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il
personale di cui all'articolo 3  del  decreto  legislativo  30  marzo
2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni  di  carriera
comunque denominate eventualmente disposte negli anni  2011,  2012  e
2013 hanno effetto, per  i  predetti  anni,  ai  fini  esclusivamente
giuridici». 
    1.4.-  I  giudici  rimettenti,  quanto   alla   rilevanza   delle
questioni,  ritengono  che  la  disciplina  in  esame  trovi  diretta
applicazione  in  ordine  ai  docenti  universitari  di  ruolo,   non
potendosi escludere che, per gli stessi, il sistema  di  progressione
stipendiale presenti caratteri di automatismo. 
    In particolare, il TAR  Lombardia  ed  il  TAR  Umbria  (registro
ordinanze n. 197 del 2012, n. 83 e n. 123 del  2013),  espongono  che
l'applicabilita' dell'art. 9, comma 21, nei confronti dei ricorrenti,
non e' contraddetta dal  nuovo  sistema  di  progressione  economica,
introdotto dalla legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia  di
organizzazione  delle  universita',   di   personale   accademico   e
reclutamento, nonche' delega al Governo per incentivare la qualita' e
l'efficienza del  sistema  universitario),  poiche'  la  progressione
stipendiale rimane prefigurabile ex ante in quanto non subordinata ad
eventi estranei alla sfera lavorativa  degli  interessati,  quali  le
determinazioni assunte in sede  di  contrattazione  collettiva  o  il
superamento di selezione tra piu' aspiranti. 
    Per  tutti  i  rimettenti,  quindi,  i  ricorrenti  subiscono  un
immediato pregiudizio dalle disposizioni di blocco in esame, ed hanno
un interesse attuale a ricorrere, in ragione del contenuto precettivo
delle disposizioni censurate. 
    I TAR, quindi, ritengono di dover fare applicazione delle stesse,
cosi' disattendendo uno dei motivi dei ricorsi proposti, e sospettano
le medesime di illegittimita' costituzionale. 
    1.5.-  La  non  manifesta  infondatezza  e'  dedotta  da  ciascun
Tribunale amministrativo regionale  con  riguardo  a  piu'  parametri
costituzionali nei termini di seguito indicati. 
    2.-  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Calabria,
sezione staccata di Reggio Calabria (registro ordinanze  n.  179  del
2012), nell'impugnare l'art. 9, comma  21,  primo,  secondo  e  terzo
periodo, del d.l. n.  78  del  2010,  in  riferimento  agli  artt.  2
(dignita' sociale e solidarieta'), 3 (ragionevolezza,  uguaglianza  e
partecipazione), 36, 53 e 97 Cost., rileva  come  la  disciplina  ivi
contenuta privi i docenti universitari di utilita'  economiche  ormai
acquisite   nell'aspettativa   relativa   al   proprio    trattamento
retributivo, alterando in tal modo la disciplina di  un  rapporto  di
durata. I docenti universitari, in ragione della  riforma  introdotta
dalla legge n. 240 del 2010, che collega la progressione economica  a
meccanismi di valutazione, non potranno  contare,  allo  scadere  del
blocco, a differenza di tutti  i  dipendenti  non  contrattualizzati,
della ripresa del piu' favorevole regime automatico dell'applicazione
degli scatti stipendiali. 
    Il blocco in esame opera  anche  rispetto  al  nuovo  sistema  di
classi e scatti, sancito dalla legge n. 240  del  2010  e  viola  gli
artt. 3, 97 e 36 Cost., non potendosi ravvisare alcun automatismo nel
nuovo sistema di progressione economica, che non potra'  che  operare
dal 2014, con nocumento per il buon andamento dell'amministrazione  e
lesione del principio di proporzionalita' tra la  retribuzione  e  la
qualita' e quantita' del lavoro effettivamente svolto dal docente. 
    2.1.- Il TAR Calabria qualifica il blocco,  sia  dell'adeguamento
che degli scatti stipendiali, come imposizione di natura tributaria e
prospetta la violazione degli artt. 3, 97, 36 e 53 Cost. 
    Il Giudice amministrativo deduce che la disciplina in esame,  che
disattende  la  proporzionalita'  tra  retribuzione  e  quantita'   e
qualita' del lavoro prestato, sarebbe in contrasto con  il  principio
della  capacita'  contributiva,  poiche'  il  meccanismo  del  blocco
colpisce in modo maggiore i titolari di stipendi piu'  bassi,  e  con
quello della progressivita', atteso  che  il  blocco  colpisce  nella
stessa misura percentuale tutti i docenti a prescindere dal reddito o
dal numero di scatti maturati nel triennio. 
    La stessa disciplina applica una misura indistinta  a  classi  di
stipendio disomogenee senza  considerare  la  complessiva  situazione
reddituale dei soggetti incisi,  presenta  carattere  continuativo  e
opera solo rispetto ad alcune classi di  persone  esentando,  quindi,
alcune categorie di contribuenti da tale imposizione straordinaria. 
    L'imparzialita'  e   il   buon   andamento   dell'amministrazione
sarebbero lesi dal momento che vengono  penalizzati  i  docenti  piu'
giovani, in contrasto con le esigenze di valorizzazione delle giovani
generazioni di ricercatori. 
    2.2.-  La  norma   in   esame   e',   altresi',   sospettata   di
illegittimita'  costituzionale,  qualora  se  ne  negasse  la  natura
tributaria, nella parte in  cui  esclude  qualsiasi  possibilita'  di
successivo recupero degli incrementi stipendiali oggetto del  blocco,
cosi'  violando  gli  artt.  3,  principi   di   uguaglianza   e   di
ragionevolezza,  97  e  36  Cost.  Analogo  vincolo,  peraltro,   non
sussisterebbe per il personale contrattualizzato. 
    2.3.- Ad avviso del TAR  rimettente,  sarebbero  lesi  anche  gli
artt. 2 e 23 Cost., in quanto viene sacrificata la  dignita'  sociale
della persona «lavoratore-pubblico» che non puo'  essere  considerato
responsabile della crisi finanziaria, e che e' soggetto  alle  scelte
del legislatore e del datore di lavoro. 
    2.4.- Sotto ulteriore profilo, poi, il TAR  Calabria,  deduce  la
violazione degli artt. 2 e 3 Cost., in quanto il  blocco,  ricondotto
dal legislatore nell'alveo della riduzione  di  spesa,  riguarderebbe
ingiustificatamente   una   categoria   di   sicura   "tassabilita'",
trascurando di recuperare le imposte evase. 
    2.5.- Il solo art. 9, comma 2,  del  d.l.  n.  78  del  2010,  e'
ritenuto lesivo degli artt. 42 e 97 Cost. Assume il giudice a quo che
qualora  non  si  riconoscesse  alle  disposizioni  censurate  natura
tributaria, non potrebbe non rilevarsi che  le  stesse  hanno  natura
sostanzialmente espropriativa, dal momento che determinano una vera e
propria ablazione di redditi formanti  oggetto  di  diritti  quesiti,
senza la previsione di alcun indennizzo. 
    Le vicende espropriative possono  riguardare  anche  beni  mobili
fungibili, quali il denaro, sicche' si sarebbe  in  presenza  di  una
norma-provvedimento, con conseguente violazione dell'art.  97  Cost.,
avendo quest'ultima eliso la fase  del  procedimento,  deputata  alla
partecipazione degli  interessati,  al  fine  di  interloquire  sulla
legittimita' e sull'opportunita' delle scelte  cui  sono  chiamati  a
contribuire. 
    3.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo il  rigetto  delle  questioni,  deducendone  la  non
fondatezza. La difesa dello Stato ha posto in rilievo le esigenze  di
contenimento della spesa pubblica  che  costituiscono  il  fondamento
delle disposizioni  in  esame.  Quest'ultime  trovano  un  precedente
nell'art. 7 del decreto-legge  19  settembre  1992,  n.  384  (Misure
urgenti in materia di previdenza, di sanita' e di  pubblico  impiego,
nonche' disposizioni fiscali), convertito  dalla  legge  14  novembre
1992,  n.  438,  che  ha   superato   il   vaglio   di   legittimita'
costituzionale (sentenza n. 245 del 1997). 
    Atteso che la norma impugnata ha toccato tutti i  dipendenti  del
settore pubblico, modulando la  portata  dell'intervento  in  ragione
dello specifico  ordinamento,  non  sarebbe  ravvisabile  la  dedotta
violazione degli artt. 3 e 97 Cost. 
    La norma in questione non avrebbe  natura  tributaria  in  quanto
destinata ad operare una riduzione di spesa e  non  a  realizzare  un
maggior gettito, ne' la stessa lederebbe l'art. 36 Cost. 
    4.-  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Lombardia
(registro ordinanze n. 197 del 2012), ha impugnato  l'art.  9,  comma
21, secondo e terzo periodo, in riferimento agli artt. 3, 36, 97 e 53
Cost. 
    La previsione del blocco alla maturazione delle classi  e  scatti
di stipendio  per  un  triennio,  con  effetti  permanenti,  infatti,
determina una paralisi della progressione stipendiale dei ricorrenti,
non paragonabile alla  piu'  circoscritta  misura  annuale,  ritenuta
legittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 245 del 1997,
venendo cosi' lesi i criteri di ragionevolezza e ponderazione posti a
presidio del principio di eguaglianza. 
    Il  carattere  non   eccezionale   della   disciplina   impugnata
troverebbe conferma anche nell'art. 16,  comma  1,  lettera  b),  del
decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la
stabilizzazione   finanziaria),   convertito,   con    modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111,  in  quanto
stabilisce la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle misure in esame. 
    L'esclusione di qualsiasi recupero comporta che i  meccanismi  di
adeguamento riprenderanno a decorrere solo dal 2014, con la possibile
alterazione del  rapporto  tra  valore  reale  della  retribuzione  e
aumento del costo della vita e con la conseguente lesione degli artt.
36 e 97 Cost. 
    Si  paleserebbe,  altresi',  disparita'  di  trattamento  tra   i
ricorrenti e le altre categorie  di  dipendenti  pubblici  menzionati
dall'art. 9, comma 21, atteso che il legislatore non ha distinto  tra
coloro  che  possono  conseguire  l'avanzamento  solo  a  seguito  di
positiva valutazione e coloro che vi hanno diritto a prescindere, per
i quali, una volta decorso  il  triennio,  i  cosiddetti  automatismi
stipendiali riprenderanno a decorrere come prima. 
    4.1.- Anche il TAR Lombardia prospetta la violazione dell'art. 53
Cost., con argomentazioni  analoghe  a  quelle  prospettate  dal  TAR
Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria. 
    5.- Sono intervenuti nel giudizio C.G. ed altri,  ricorrenti  nel
giudizio a quo, che hanno richiamato,  a  sostegno  della  fondatezza
delle questioni di legittimita' costituzionale, la  sentenza  n.  223
del 2012, con  la  quale  la  Corte  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma  22,  del  d.l.  n.  78  del  2010,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.
122 del 2010, nella parte in cui dispone che, per il personale di cui
alla legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il  personale  di
magistratura) non sono erogati, senza possibilita' di  recupero,  gli
acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il  conguaglio  del  triennio
2010-2012 e  che  per  tale  personale,  per  il  triennio  2013-2015
l'acconto spettante per l'anno 2014 e' pari alla misura gia' prevista
per l'anno 2010 e il conguaglio per l'anno 2015 viene determinato con
riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014; nonche' nella parte  in  cui
non esclude che a detto personale sia applicato il primo periodo  del
comma 21. 
    In  particolare,  gli  interventori  espongono   che   non   sono
ravvisabili nella fattispecie in esame gli indici  per  escludere  il
possibile carattere arbitrario di una normativa di blocco, e cioe' la
natura temporanea della misura e la distribuzione in modo  uguale  (o
per  territorio  e  categorie)  del  carico  dei  sacrifici   chiesti
dall'emergenza. 
    6.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo dichiararsi non fondate le questioni in  esame,  con
argomentazioni  analoghe  a  quelle   gia'   esposte   con   riguardo
all'ordinanza n. 179 del 2012, richiamando, altresi', la  lettera  in
data 5 agosto 2011 con la quale la Banca Centrale Europa chiedeva  di
assumere misure immediate e decise per assicurare  la  sostenibilita'
delle  finanze  pubbliche,  valutando  la  riduzione  dei  costi  del
pubblico impiego. 
    7.- Il Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo,  sezione
staccata di Pescara  (reg.  ord.  n.  294  del  2012),  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 9, commi 2  e  22,
del d.l. n. 78 del 2010, - a cui faceva seguito l'art.  2,  comma  1,
del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138  (Ulteriori  misure  urgenti
per la stabilizzazione finanziaria e per  lo  sviluppo),  convertito,
con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  14  settembre
2011, n. 148 -, in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36 e 53 Cost. 
    Con decreto collegiale del 30 novembre 2012, il TAR,  su  istanza
di parte ricorrente, ha proceduto a correzione di  errore  materiale,
rilevando che il collegio intendeva riferirsi all'art. 9,  comma  21,
del d.l. n. 78 del 2010. 
    Il TAR premette che analoga  questione  e'  stata  sollevata  con
l'ordinanza n. 701 del 2011 (ordinanza iscritta al reg.  ord.  n.  46
del 2012, decisa con la sentenza n. 223 del 2012) e  afferma  che  la
normativa in questione si  sostanzia  in  una  prestazione  economica
imposta in  via  duratura,  un  triennio,  attuata  mediante  blocchi
stipendiali gravanti sui dipendenti  pubblici,  lasciando  indenni  i
lavoratori privati. 
    8.- Sono intervenuti in giudizio C.E.  e  altri,  ricorrenti  nel
giudizio a quo, sostenendo l'illegittimita' costituzionale  dell'art.
9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010. 
    9.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione sia  dichiarata  inammissibile  sia
per  difetto  di  rilevanza,  in  quanto  le  norme   impugnate   non
sembrerebbero applicabili alla fattispecie  oggetto  del  giudizio  a
quo, dal momento che il ricorso veniva proposto da alcuni  professori
o  ricercatori  di  ruolo  per  il  riconoscimento  del   trattamento
stipendiale  spettante,  sia  perche',  in  relazione  alle  suddette
disposizioni,   e'   intervenuta   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale con la sentenza n. 223 del 2012. 
    10.- Il Tribunale amministrativo regionale per il  Piemonte,  con
due ordinanze (registro ordinanze n. 259  e  n.  277  del  2012),  ha
impugnato l'art. 9, comma 21, primo, secondo  e  terzo  periodo,  del
d.l. n. 78 del 2010 in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 Cost. 
    10.1.- Il TAR, in primo  luogo  riporta,  facendole  proprie,  le
censure di violazione degli artt. 3, 97, 36 e 53 Cost., proposte  dal
TAR Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria (registro ordinanze
n. 179 del 2012), e richiama l'ordinanza di  rimessione  n.  197  del
2012 del TAR Lombardia. 
    10.2.-  In  secondo  luogo,  prospetta   i   seguenti   vizi   di
costituzionalita'. 
    Ad avviso del rimettente, la norma, pur collocata  in  un  ambito
emergenziale, da' luogo alla definitiva perdita  di  un  triennio  di
anzianita', sia quale mancata percezione degli scatti  che  sarebbero
maturati, ma anche quale azzeramento di detto periodo di anzianita'. 
    Sussisterebbe, quindi, ad  opera  del  disposto  taglio  lineare,
focalizzato per settore di lavoratori (pubblico impiego) e  categoria
(docenti universitari), una disparita'  di  trattamento  legata  alla
casualita'. 
    La Corte costituzionale  avrebbe  ritenuto  legittime  misure  di
blocco, valorizzandone la limitata durata temporale  giustificata  da
contingenti  emergenze  economiche.  Tali  condizioni  non  sarebbero
ravvisabili nel caso  di  specie,  atteso  il  carattere  permanente,
discriminatorio e  regressivo  della  misura,  in  contrasto  con  le
finalita' dichiaratamente temporali ed emergenziali. 
    Quanto alla prospettata violazione dell'art. 3, il TAR  chiarisce
che il congelamento della progressione per un  triennio,  in  ragione
del meccanismo  biennale  della  progressione  stipendiale,  potrebbe
colpire alcuni degli  interessati  due  volte  e  che  l'uniforme  ed
indiscriminato blocco delle classi determina  una  perdita  economica
piu' pesante per coloro che hanno  una  retribuzione  tabellare  piu'
bassa, non riconducibile ad un mero inconveniente di fatto. 
    Con riguardo alla  dedotta  violazione  dell'art.  36  Cost.,  il
rimettente espone che la disposizione in  esame  cronicizza  e  rende
fisiologica una disparita'  retributiva  a  parita'  di  mansioni  ed
anzianita' effettiva, ledendo, altresi', il canone dell'imparzialita'
e del buon andamento dell'amministrazione. 
    11.- Nel giudizio iscritto al n. 259 del registro  ordinanze  del
2012 sono intervenuti S.S. ed altri, ricorrenti nel giudizio  a  quo,
aderendo alle prospettazioni dell'ordinanza di rimessione. 
    Gli interventori hanno posto in evidenza come il  blocco  per  un
triennio,  senza  possibilita'  di   recupero,   delle   progressioni
economiche automatiche, determina una  perdita  sull'intera  carriera
futura del singolo soggetto,  con  effetti  regressivi  che  ricadono
sulle fasce di stipendio piu' basse. 
    Sussisterebbe, altresi', disparita' di  trattamento  rispetto  ad
altre categorie di personale non  contrattualizzato,  atteso  che  il
comma 22 dell'art. 9 ha stabilito per il personale di Magistratura  e
dell'Avvocatura dello Stato, che la riduzione stipendiale «non  opera
ai fini previdenziali» e che nei  confronti  del  predetto  personale
«non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 21,  secondo  e
terzo periodo» del medesimo art. 9. 
    Il sacrificio  economico  imposto  ai  docenti  universitari  non
sarebbe,   altresi',   adeguatamente   giustificato    rispetto    al
contenimento della spesa pubblica, in ragione del  numero  dei  primi
nell'ambito dei dipendenti pubblici. 
    Infine, le  norme  censurate  inciderebbero  sulla  regola  della
proporzionalita' della retribuzione. 
    12.- Nel medesimo  giudizio  iscritto  al  n.  259  del  registro
ordinanze 2012, hanno spiegato intervento,  con  deduzioni  difensive
analoghe a quelle di S.S. e altri, anche M.D. e D.R. 
    13.- Nel giudizio iscritto al n. 277 del registro ordinanze  2012
hanno spiegato intervento B.E.M. ed altri, ricorrenti nel giudizio  a
quo, che, in  particolare,  nel  censurare  le  disposizioni  di  cui
all'art. 9,  comma  21,  secondo  periodo,  hanno  sottolineato  come
l'ordinamento universitario non preveda  piu'  un  automatismo  nella
progressione economica per effetto della riforma introdotta  sin  dal
decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180 (Disposizioni urgenti  per  il
diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la  qualita'  del
sistema   universitario   e   della   ricerca),    convertito,    con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 gennaio  2009,  n.
1, e che detta norma produce degli effetti permanenti,  lesivi  degli
artt. 36 e 97 Cost. 
    14.- In entrambi i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, deducendo la non  fondatezza  delle  questioni,
con argomentazioni analoghe a quelle gia' sopra riportate. 
    15.- Il  Tribunale  regionale  di  giustizia  amministrativa  del
Trentino-Alto Adige, sede di  Trento,  con  due  ordinanze  (registro
ordinanze n. 3 e n. 16 del 2013) ha impugnato  l'art.  9,  comma  21,
primo, secondo  e  terzo  periodo,  del  d.l.  n.  78  del  2010,  in
riferimento, nel complesso,  agli  artt.  3  e  97  Cost.,  anche  in
relazione all'art. 9 e 36 Cost. 
    Il rimettente ricorda come gia' in precedenza il legislatore  sia
intervenuto sulla retribuzione dei docenti  universitari,  stabilendo
la corresponsione dell'adeguamento in misura ridotta del 70 per cento
e il differimento di 12 mesi della maturazione dell'aumento  biennale
o della classe di stipendio, nel limite del 2,5 per cento. 
    Tale successione di interventi, ad avviso del Tribunale regionale
di giustizia amministrativa, ha dato luogo ad un'inesorabile erosione
del  potere  di  acquisto  di  tale  categoria  con  la   conseguente
violazione degli artt. 3 e 36 Cost. 
    Il rimettente richiama la sentenza di questa  Corte  n.  223  del
2012, da cui si desume la non conformita' a Costituzione di tutti gli
interventi legislativi che, in ragione  di  un'emergenza  finanziaria
continua e non adeguatamente governata con  efficaci  misure  eque  e
strutturali, non solo di spesa, ma anche  di  entrata,  colpiscono  a
ripetizione e con  effetti  duraturi  le  retribuzioni  del  pubblico
impiego. 
    Il carattere non eccezionale dell'intervento trova conferma nella
proroga dello stesso al 31  dicembre  2014,  disposto  dall'art.  16,
comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011. 
    Quindi, in presenza della reiterazione di misure  afflittive,  la
dichiarata natura eccezionale e transitoria, non  appare  compatibile
con l'art. 3  Cost.,  violandosi,  diversamente  il  principio  della
generalita' e della ragionevolezza delle norme giuridiche. 
    Altro profilo di illegittimita' costituzionale per la  violazione
degli  artt.  3  (principio  di  eguaglianza  e  ragionevolezza),  97
(imparzialita' e  buon  andamento  dell'amministrazione),  anche  con
riferimento  al  diritto  ad  una  retribuzione  proporzionale   alla
quantita' e qualita' del lavoro prestato (art. 36 Cost.) e' ravvisato
in ragione del rinvio della riforma introdotta dalla legge n. 240 del
2010, a cui e' stata data attuazione con il d.P.R. 15 dicembre  2011,
n. 232 (Regolamento per la disciplina del trattamento  economico  dei
professori e dei ricercatori universitari, a norma  dell'articolo  8,
commi 1 e 3 della legge  30  dicembre  2010,  n.  240),  che  esclude
l'automatismo delle progressioni stipendiali. 
    Sussisterebbe, altresi', la lesione dell'art. 36 Cost., in quanto
il meccanismo degli scatti,  specie  se  legato  ad  una  valutazione
dell'attivita' effettivamente svolta, e' collegato  al  principio  di
proporzionalita' tra  la  retribuzione  percepita  e  la  qualita'  e
quantita' del lavoro effettivamente svolto. 
    Come gia' prospettato  dal  TAR  Calabria,  sezione  staccata  di
Reggio Calabria, vi sarebbe disparita' di trattamento tra gli  stessi
docenti universitari, in quanto si  e'  in  presenza  di  una  misura
indistinta, con un effetto piu' gravoso  per  i  docenti  con  minore
anzianita'. Come gia' dedotto nelle altre ordinanze di rimessione, la
prevista esclusione di possibilita' di recupero, sia per la misura di
cui al primo periodo del comma 21, che per quella di cui  al  secondo
periodo, sarebbe irragionevole e violerebbe gli  artt.  3,  36  e  97
Cost. L'irragionevolezza della preclusione emerge nella  comparazione
delle disposizioni che riguardano i dipendenti contrattualizzati, non
essendo previsto un effetto simile. 
    16.- Sono intervenuti nel giudizio, iscritto al n. 3 del registro
ordinanze 2013,  B.N.  ed  altri,  ricorrenti  nel  giudizio  a  quo,
aderendo alle censure del TAR. 
    17.- E' intervenuto in  entrambi  i  giudizi  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
Generale  dello  Stato,  che  nel  sostenere   l'infondatezza   delle
questioni, ha  prospettato  argomentazioni  analoghe  a  quelle  gia'
prospettate con riguardo agli altri giudizi. 
    18.- Con due ordinanze (registro ordinanze n. 83  e  n.  123  del
2013),  il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  l'Umbria,  con
analoghe argomentazioni, ha censurato  l'art.  9,  comma  21,  primo,
secondo e terzo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, in riferimento agli
artt. 3, 9, 33, 34, 36, 37, 53, 77 e 97 Cost. 
    Sussisterebbe la violazione dell'art. 3  Cost.,  in  ragione  del
carattere non transeunte delle misure, come confermato dall'art.  16,
comma 1, lettera b), del  d.l.  98  del  2011,  che  determinano  una
paralisi nella progressione  stipendiale  dei  docenti  universitari,
senza recupero. 
    Il TAR richiama la sentenza n. 223 del 2012,  che  ha  dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  dell'omologo   blocco   stipendiale
emergenziale disposto nei confronti dei magistrati. 
    Tale statuizione, pure considerando le guarentigie costituzionali
a tutela dell'autonomia ed  indipendenza  della  magistratura  e  del
relativo trattamento economico, assume valenza generale, poiche'  gli
interventi del legislatore di carattere emergenziale,  istitutivi  di
misure che incidono in modo afflittivo sul trattamento economico  del
personale  pubblico,  devono   essere   "temporalmente   delimitati",
diversamente da quanto avvenuto con il decreto-legge in questione. 
    Sarebbero, altresi' lesi, gli artt. 3, 36 e 97 Cost. 
    Il medesimo TAR, nel ricordare la riforma introdotta dalla  legge
n. 240 del 2010, con argomentazioni analoghe a quelle esposte dal TAR
Calabria, deduce la lesione della tutela dell'affidamento e il  venir
meno del rapporto di proporzionalita' tra retribuzione e qualita' del
lavoro prestato, nonche' la disparita' di trattamento che si viene  a
determinare  tra  docenti  universitari  in  ragione  della   diversa
anzianita', con la penalizzazione dei docenti e ricercatori con minor
anzianita' di servizio, e con le  altre  categorie  di  personale  in
regime di diritto pubblico che continuano ad  avere  un  progressione
economica automatica. 
    Anche questo TAR assume la natura tributaria  delle  disposizioni
censurate svolgendo  argomentazioni  analoghe  a  quelle  gia'  sopra
riportate. 
    Ad avviso del giudice amministrativo non  sarebbe  manifestamente
infondata la violazione dell'art. 77 Cost.,  mancando  i  presupposti
della  «necessita'»  e  dell'«urgenza»,  atteso  che  l'esigenza   di
controllo della finanza pubblica non appare  di  per  se'  condizione
necessaria e sufficiente a concretare tali requisiti,  anche  laddove
si consideri che la norma in esame ha lo scopo di produrre effetti  a
distanza  di  oltre  sei  mesi  dalla  sua  adozione.  I   vizi   del
decreto-legge cosi' denunciati non  possono,  peraltro,  esser  fatti
salvi dalla legge di conversione. 
    Infine il TAR denuncia  la  violazione  degli  artt.  3,  secondo
comma, 9, primo comma, 33 e 34 Cost., poiche' le  forti  decurtazioni
stipendiali, penalizzano irragionevolmente il personale  docente,  in
contrasto  con  le   richiamate   disposizioni   costituzionali   che
testimoniano la rilevanza sul piano sostanziale della  valorizzazione
della   ricerca   scientifica   e   dell'insegnamento,   essendo   in
particolare, la  centralita'  della  ricerca  scientifica  richiamata
all'interno dei principi fondamentali. 
    19.- Nel giudizio iscritto al n. 83 del registro  ordinanze  2013
sono intervenuti C.E.  ed  altri,  ricorrenti  nel  giudizio  a  quo,
aderendo alle censure prospettate dal rimettente. 
    In  particolare  gli  interventori  hanno  evidenziato  come,  in
ragione della misura in esame che tocca solo una parte del  personale
non contrattualizzato e introduce una forma di  prelievo  tributario,
l'anzianita' maturata nel triennio non e' recuperabile,  con  effetti
che si ripercuotono su tutto l'arco della carriera, gravando in  modo
maggiore sui soggetti piu' giovani. 
    20.- Sia in quest'ultimo, che in quello promosso con  l'ordinanza
n. 123 del 2013, e'  intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
Stato,  che,  nel  sostenere  l'infondatezza  delle   questioni,   ha
prospettato argomentazioni analoghe a  quelle  gia'  prospettate  con
riguardo agli altri giudizi. 
    21.-  Il  Tribunale  regionale  amministrativo  per   la   Puglia
(registro ordinanze n. 148 del 2013), ha impugnato  l'art.  9,  comma
21, primo, secondo e terzo periodo, in riferimento agli artt. 3,  36,
97 e 53 Cost. 
    Il TAR assume che il carattere non contingente  della  misura  in
esame viola l'art. 3, secondo comma, Cost. 
    La norma lederebbe altresi' i principi di cui agli art.  3  e  53
Cost.,   come   specificati   dalla   giurisprudenza   della    Corte
costituzionale. 
    Come gia' evidenziato  nelle  ordinanze  di  rimessione  del  TAR
Calabria e del TAR Lombardia il prelievo  in  esame,  modulato  senza
alcuna differenziazione, si e' indirizzato  verso  una  categoria  di
contribuenti caratterizzata dall'avere la parte pubblica come  datore
di lavoro, risultando esentati dall'imposizione  straordinaria  tutti
gli altri contribuenti pure in possesso di rilevanti redditi. 
    L'illegittimita' della disposizione si palesa,  inoltre,  per  la
mancata  previsione  di  un  successivo  recupero  degli   incrementi
stipendiali oggetto del  blocco,  per  violazione  del  principio  di
ragionevolezza e di uguaglianza, di buon andamento e di imparzialita'
dell'amministrazione  e  con  riguardo  alla  proporzionalita'  della
retribuzione alla quantita' e alla qualita' del lavoro prestato. 
    L'irragionevolezza della disposizione si apprezzerebbe ancor piu'
nel confronto con il personale contrattualizzato. 
    22.- Sono intervenuti in giudizio C.F. ed altri,  ricorrenti  nel
giudizio  a  quo,  aderendo  alle  prospettazioni  del  rimettente  e
richiamando a sostegno la sentenza n. 223 del 2012. 
    23.-  In  prossimita'  dell'udienza  pubblica  i  ricorrenti  nel
giudizio a quo, intervenuti nel giudizio promosso con l'ordinanza  n.
197 del 2012, hanno depositato memoria con la quale nel  ribadire  le
difese svolte hanno osservato, in particolare, che  la  normativa  in
questione determina un concreto  pregiudizio  alla  vita  accademica,
nonche' all'esistenza personale di essi ricorrenti e la conferma  del
blocco sino al 2014 ne pone in luce il carattere  non  eccezionale  e
non temporaneo. 
    Nel  giudizio  promosso  con  l'ordinanza  n.  259  del  2012   i
ricorrenti nel giudizio a quo, che hanno spiegato  intervento,  hanno
depositato memoria con la  quale  hanno  posto  in  evidenza  che  la
normativa censurata determina una disciplina  restrittiva  in  ordine
alla  rilevanza  della  anzianita'  di  servizio,  ingiustificata  in
ragione del fatto che per essi la progressione di carriera non e' mai
automatica ma e' sempre soggetta ad un controllo di qualita'. 
    Nel giudizio promosso con l'ordinanza n.  3  del  2013,  B.N.  ed
altri, parti  ricorrenti  nel  giudizio  a  quo,  intervenuti,  hanno
depositato memoria, in prossimita' dell'udienza, con la  quale  hanno
prospettato  la  sussistenza  della  lesione  dell'art.   53   Cost.,
diversamente da quanto ritenuto dal giudice rimettente. 
    Gli interventori hanno dedotto, che le misure in  esame  eccedono
la   sfera   dell'emergenza   economico-finanziaria   dello    Stato,
transitoria o, comunque, circoscritta nel  tempo,  anche  in  ragione
della intervenuta proroga sino al 31 dicembre 2014. 
    Gli interventori osservano che la  non  contrattualizzazione  del
rapporto di lavoro dei docenti universitari  e'  stata  mantenuta  in
conformita' ai principi dell'autonomia universitaria, di cui all'art.
33  Cost.,  e  dunque  in  vista  di  maggiori  garanzie  in   ordine
all'esercizio imparziale ed indipendente della funzione. 
    24.- Anche la difesa dello Stato, nei  giudizi  promossi  con  le
ordinanze n. 197 e n. 259 del 2012 e n. 83 e  n.  123  del  2013,  ha
depositato memoria, con la quale ha posto in evidenza come gli  Stati
membri  dell'Unione  Europea  si  sono  assoggettati  all'obbligo  di
recepire nelle rispettive Costituzioni le regole impartite dal  Patto
di stabilita' e crescita. Successivamente, per  effetto  dell'entrata
in vigore della direttiva 8 novembre 2011, n.  2011/85/UE  (Direttiva
del Consiglio relativa ai requisiti per i quadri  di  bilancio  degli
Stati membri), sono  state  dettate  regole  minime  affinche'  fosse
garantito il rispetto da parte degli  Stati  firmatari  dell'obbligo,
imposto  direttamente  dal  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea, di evitare disavanzi pubblici eccessivi. 
    In particolare, espone l'Avvocatura dello Stato  che  la  materia
disciplinata  dalla  direttiva  costituisce,  peraltro,  oggetto   di
recente intervento normativo dell'Unione europea,  prospettato  dalla
proposta di regolamento recante disposizioni per il monitoraggio e la
valutazione dei progetti di bilancio e per assicurare  la  correzione
dei disavanzi eccessivi degli Stati membri nell'eurozona [COM  (2011)
821, parte  del  cosiddetto  two  pack],  attualmente  all'esame  del
Parlamento europeo e del Consiglio. 
    Infine  ricorda   come   il   Trattato   sulla   stabilita',   il
coordinamento nella governance  nell'Unione  economica  e  monetaria,
fatto a  Bruxelles  il  2  marzo  2012,  cosiddetto  Fiscal  compact,
all'art. 3, impegni le parti contraenti ad applicare  ed  introdurre,
entro un anno dalla entrata in vigore del Trattato, norme  vincolanti
e a carattere permanente. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- I Tribunali amministrativi regionali per la Calabria, sezione
staccata di Reggio Calabria, per la Lombardia e per il  Piemonte,  il
Tribunale regionale di  giustizia  amministrativa  del  Trentino-Alto
Adige, sede di Trento, e i  Tribunali  amministrativi  regionali  per
l'Umbria  e  per  la  Puglia,  con  nove  ordinanze  di   rimessione,
rispettivamente iscritte ai nn. 179, 197,  259  e  277  del  registro
ordinanze del 2012 ed ai nn. 3,  16,  83,  123  e  148  del  registro
ordinanze del 2013, hanno  sollevato,  nel  complesso,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'articolo 9, comma 21, primo, secondo
e terzo periodo, del decreto-legge 31  maggio  2010,  n.  78  (Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita'
economica), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 30 luglio 2010, n. 122, in  riferimento,  nel  complesso,
agli artt. 2,  3,  9,  33,  34,  36,  37,  42,  53,  77  e  97  della
Costituzione. 
    1.1.- Il TAR Calabria, sezione staccata di  Reggio  Calabria,  ha
impugnato anche l'art. 9, comma 2,  del  d.l.  n.  78  del  2010,  in
riferimento agli artt. 42 e 97 Cost. 
    1.2.-  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per   l'Abruzzo,
sezione staccata di Pescara, con l'ordinanza  n.  294  del  2012,  ha
impugnato l'art. 9, commi 2 e  22,  del  d.l.  n.  78  del  2010,  in
riferimento agli artt. 2, 3, 23 e 53 Cost. Tuttavia,  con  successivo
provvedimento di correzione di errore  materiale,  il  rimettente  ha
disposto che nella suddetta ordinanza i riferimenti normativi fossero
sostituiti con l'indicazione «art. 9 comma 21  del  d.l.  n.  78  del
2010». 
    1.3.- Le questioni hanno ad oggetto, nella  quasi  totalita',  le
stesse norme,  con  argomentazioni  in  ampia  parte  coincidenti  e,
pertanto, deve essere disposta la riunione dei giudizi,  ai  fini  di
un'unica trattazione e di un'unica pronuncia. 
    2.- Nei giudizi rispettivamente promossi  con  le  ordinanze  nn.
197, 259, 277 e 294 del 2012, ed ai nn. 3, 83  e  148,  del  registro
ordinanze  2013,  sono  intervenuti   i   ricorrenti   in   sede   di
giurisdizione amministrativa. 
    Gli interventi sono ammissibili,  atteso  che  la  giurisprudenza
costituzionale ha affermato che le parti del giudizio principale sono
legittimate ad intervenire nel giudizio incidentale  di  legittimita'
costituzionale (ex plurimis, sentenza n. 237 del 2013). 
    3.-   Alcuni   degli    intervenuti,    peraltro,    nell'aderire
all'ordinanza di rimessione, invocano  parametri  ulteriori  rispetto
all'ordinanza di rimessione e, al riguardo, si  deve  ricordare  che,
per costante orientamento di questa Corte, l'oggetto del giudizio  di
costituzionalita' in via incidentale e' limitato alle  sole  norme  e
parametri indicati,  pur  se  implicitamente,  nell'ordinanza  e  che
quindi non possono essere presi in considerazione questioni o profili
di costituzionalita' diversi, tanto se siano  stati  dedotti  ma  non
fatti propri dal giudice a quo, quanto se ampliano  o  modificano  il
contenuto delle stesse ordinanze (ex  multis,  sentenza  n.  298  del
2011). 
    Pertanto,  le  censure  di   violazione   dell'art.   53   Cost.,
prospettate da B.N. ed altri, costituiti nel  giudizio  promosso  con
l'ordinanza n. 3 del 2013, sono inammissibili. 
    4.- Deve essere anche dichiarata  la  manifesta  inammissibilita'
della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma  2,
sollevata dal TAR Calabria, sezione staccata di Reggio  Calabria,  in
riferimento agli artt. 42 e 97 Cost., sia per difetto di  motivazione
sulla   rilevanza,   dal   momento   che   la   controversia    verte
sull'applicazione dell'art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del  2010,  e
dunque il rimettente non deve fare applicazione dell'art. 9, comma 2,
sia in quanto, con la sentenza n. 223 del 2012, e'  stata  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale di tale disposizione. 
    5.- E' egualmente manifestamente inammissibile  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art 9, comma 21, del d.l. n. 78  del
2010 (cosi' rettificata in sede di  correzione  di  errore  materiale
l'ordinanza  di  rimessione),  sollevata  dal  TAR  Abruzzo,  sezione
staccata di Pescara, per difetto di motivazione circa la rilevanza  e
la non manifesta infondatezza, atteso che le argomentazioni  poste  a
base  delle  censure,  anche  in   ragione   dell'espresso   richiamo
all'ordinanza di rimessione n. 701 del 2011, iscritta al  n.  46  del
registro ordinanze 2012 e decisa con la sentenza  n.  223  del  2012,
sono relative ai commi 2 e 22 del citato art. 9, di cui il TAR non e'
chiamato a fare applicazione. 
    6.- Il vaglio di legittimita' costituzionale, dunque, si incentra
sull'art. 9, comma 21, primo, secondo e terzo periodo, del d.l. n. 78
del 2010, che stabilisce: «I meccanismi  di  adeguamento  retributivo
per il personale non contrattualizzato di  cui  all'articolo  3,  del
decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.  165,  cosi'  come  previsti
dall'articolo 24 della  legge  23  dicembre  1998,  n.  448,  non  si
applicano per gli anni 2011,  2012  e  2013  ancorche'  a  titolo  di
acconto, e non danno comunque luogo a  successivi  recuperi.  Per  le
categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto  legislativo
30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un
meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni  2011,
2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle  classi  e
degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il
personale di cui all'articolo 3  del  decreto  legislativo  30  marzo
2011, n. 165 e successive modificazioni le progressioni  di  carriera
comunque denominate eventualmente disposte negli anni  2011,  2012  e
2013 hanno effetto, per  i  predetti  anni,  ai  fini  esclusivamente
giuridici». 
    La  norma,  dunque,  prevede  per  il  personale  cosiddetto  non
contrattualizzato di cui all'art. 3 del decreto legislativo 30  marzo
2001,  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche),  tra  cui  i  docenti
universitari, il blocco per il triennio 2011-2013: 
    a) dei meccanismi di adeguamento retributivo  previsti  dall'art.
24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di  finanza  pubblica
per la stabilizzazione e lo sviluppo), per  gli  anni  2011,  2012  e
2013; 
    b) degli automatismi  stipendiali  (classi  e  scatti)  correlati
all'anzianita' di servizio, relativi allo stesso periodo; 
    c) di ogni effetto  economico  delle  progressioni  in  carriera,
comunque denominate, conseguite nel periodo 2011-2013. 
    7.- E' presente in tutte le ordinanze la doglianza della mancanza
di  ragionevolezza  dell'azione  legislativa,  che  e'  dedotta,  nel
complesso, insieme  alla  disparita'  di  trattamento,  alla  lesione
dell'imparzialita'   e   del   buon    andamento    della    pubblica
amministrazione, alla violazione del  principio  di  proporzionalita'
della retribuzione, alla lesione del principio  di  promozione  della
ricerca scientifica e del valore dell'insegnamento. 
    La censura e' prospettata sotto due profili. 
    In primo luogo, le norme sono sottoposte al  vaglio  della  Corte
per l'inadeguato  bilanciamento,  operato  dal  legislatore,  tra  le
finalita' di risparmio di spesa della complessiva  manovra  economica
contenuta  nel  d.l.  n.  78  del  2010   e   i   plurimi   interessi
costituzionalmente protetti che vengono  in  rilievo,  non  potendosi
ravvisare, nella specie, per la protrazione nel tempo  del  blocco  e
per l'esclusione di successivi recuperi, le  condizioni  in  presenza
delle quali questa Corte ha ritenuto legittime  analoghe  misure  (in
particolare, sono richiamate le sentenze n. 245 del 1997 e n. 223 del
2012). 
    In secondo luogo, i rimettenti deducono l'irragionevolezza  delle
disposizioni, da un lato,  per  la  peculiarita'  del  meccanismo  di
progressione stipendiale dei docenti universitari, che sarebbe  privo
di un automatismo tout court, in ragione della riforma introdotta con
la legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione
delle universita', di personale accademico  e  reclutamento,  nonche'
delega al Governo per incentivare  la  qualita'  e  l'efficienza  del
sistema universitario); dall'altro, per gli  effetti  che  le  stesse
determinano nell'ambito della  categoria  professionale  dei  docenti
universitari, dal momento  che  il  carattere  indifferenziato  della
misura colpirebbe in modo piu' gravoso i ricercatori  universitari  e
coloro che hanno minore anzianita' di servizio,  nonche'  coloro  che
nel triennio avrebbero maturato due dei previsti scatti biennali. 
    8.-  E'  opportuno  procedere  ad  una  ricognizione  del  quadro
normativo in cui si inseriscono le disposizioni  impugnate,  sia  con
riguardo agli specifici meccanismi di adeguamento  e  sviluppo  della
retribuzione su cui incidono quest'ultime, sia con riguardo ad alcuni
profili dell'ordinamento universitario. 
    8.1.- Quanto al primo periodo del  comma  21  dell'art.  9,  esso
incide sul cosiddetto adeguamento stipendiale disciplinato  dall'art.
24, comma 1, della legge n. 448 del 1998, secondo cui la retribuzione
delle categorie di personale non contrattualizzato ivi indicate,  tra
cui i docenti e i ricercatori universitari, e'  adeguata  di  diritto
annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'Istituto
nazionale  di  statistica,  conseguiti  nell'anno  precedente   dalle
categorie  di  pubblici  dipendenti  contrattualizzati   sulle   voci
retributive, utilizzate  dal  medesimo  Istituto  per  l'elaborazione
degli indici delle retribuzioni contrattuali. 
    Si  puo'  ricordare,  in  proposito,   come   la   giurisprudenza
amministrativa abbia avuto modo  di  rilevare  che  l'adeguamento  in
questione, in quanto correlato alla dinamica salariare dei dipendenti
pubblici che si avvalgono del regime della contrattazione collettiva,
costituisce sul piano sostanziale un  miglioramento  retributivo  del
tutto omologo a quello riconosciuto per il periodo di riferimento  al
personale  contrattualizzato  (Consiglio  di  Stato,  sezione  sesta,
decisione 21 settembre 2010, n. 6991). 
    Il sistema di adeguamento richiamato nell'art. 9, comma 21, primo
periodo, funge, dunque, da  criterio  di  determinazione  stipendiale
indiretto  e  per  relationem,  con  fini  perequativi  a  favore  di
categorie  non  contrattualizzate,  all'andamento   delle   dinamiche
retributive degli altri settori del pubblico impiego. 
    8.2.- Nell'esaminare la disciplina di blocco, senza  possibilita'
di successivo  recupero,  del  suddetto  meccanismo  di  adeguamento,
occorre ricordare che il d.l. n. 78 del  2010,  al  comma  17,  dello
stesso art. 9, coerentemente con la norma in esame, ha stabilito, tra
l'altro, che «Non si da' luogo, senza possibilita' di recupero,  alle
procedure contrattuali e negoziali relative  al  triennio  2010-2012»
del personale contrattualizzato. 
    8.3.-  La  disciplina  delle  classi  e   degli   scatti   legati
all'anzianita' di servizio dei professori e ricercatori universitari,
su cui incide il secondo periodo dell'art. 9, comma 21, del  d.l.  n.
78 del 2010, stabilendo che ai fini della  maturazione  degli  stessi
non sono utili gli anni 2011,  2012  e  2013,  trova  fondamento  nel
d.P.R.  11  luglio  1980,  n.  382   (Riordinamento   della   docenza
universitaria, relativa fascia di formazione nonche'  sperimentazione
organizzativa e didattica).  Quest'ultimo  articola  la  progressione
economica dei docenti di ruolo delle  universita'  in  una  serie  di
classi e scatti biennali di stipendio, che  incidono  diversamente  a
seconda dell'anzianita' di servizio. 
    In  particolare,  per  i  professori  ordinari  la   progressione
economica si sviluppa in  sei  classi  biennali  di  stipendio,  pari
ciascuna all'8 per cento della classe attribuita ai medesimi all'atto
della nomina ad ordinario, ovvero del giudizio  di  conferma,  ed  in
successivi scatti biennali del 2,50 per cento, calcolati sulla classe
di stipendio finale (art. 36, quarto comma, del  d.P.R.  n.  382  del
1980); per i ricercatori confermati,  la  progressione  economica  si
sviluppa in sette classi di stipendio, pari ciascuna all'8 per  cento
del parametro iniziale ed in successivi scatti biennali del 2,50  per
cento, calcolati sulla classe  finale  (art.  38,  primo  comma,  del
d.P.R. n. 382 del 1980). 
    Va  ricordato  che  ai  sensi  dell'art.  3-ter,  comma  1,   del
decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180 (Disposizioni urgenti  per  il
diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la  qualita'  del
sistema   universitario   e   della   ricerca),    convertito,    con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 gennaio  2009,  n.
1, «Gli scatti biennali di cui agli articoli 36 e 38 del decreto  del
Presidente della Repubblica 11  luglio  1980,  n.  382,  destinati  a
maturare  a  partire  dal  1°  gennaio  2011,  sono  disposti  previo
accertamento da parte della autorita' accademica della  effettuazione
nel biennio precedente  di  pubblicazioni  scientifiche»;  e  che  il
successivo comma  2  ha  sancito  che  «I  criteri  identificanti  il
carattere scientifico delle pubblicazioni sono stabiliti con apposito
decreto  del  Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e   della
ricerca, su proposta del Consiglio universitario nazionale e  sentito
il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca». 
    Il sistema e' stato poi modificato dalla legge n. 240  del  2010:
infatti, alla stregua degli artt. 6,  comma  14,  e  8,  comma  1,  a
decorrere dall'entrata in  vigore  dei  regolamenti  attuativi  della
legge stessa,  le  classi  e  gli  scatti  sono  triennali  e  legati
all'esito di una valutazione, le cui modalita' sono da  definire  con
apposito regolamento (poi adottato con il d.P.R. 15 dicembre 2011, n.
232 che reca «Regolamento per la disciplina del trattamento economico
dei professori e dei ricercatori universitari, a norma  dell'articolo
8, commi 1 e 3 della legge 30 dicembre 2010, n. 240»). 
    8.4.- Va anche ricordato che con il decreto-legge 6 luglio  2011,
n. 98 (Disposizioni  urgenti  per  la  stabilizzazione  finanziaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  15
luglio 2011, n. 111, all'art. 16,  comma  1,  lettera  b),  e'  stato
previsto che per le stesse finalita' della legge in esame «con uno  o
piu' regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, [...] puo'  essere  disposta  [...]  la
proroga fino al 31  dicembre  2014  delle  vigenti  disposizioni  che
limitano la crescita dei trattamenti economici  anche  accessori  del
personale delle pubbliche amministrazioni previste dalle disposizioni
medesime», e che tale proroga e' stata in  effetti  disposta  con  il
d.P.R. 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in  materia  di  proroga
del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i
pubblici dipendenti, a norma dell'articolo 16, commi 1, 2  e  3,  del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111). 
    9.- Cosi' riepilogato il quadro normativo  di  riferimento,  puo'
passarsi ad esaminare le censure prospettate. 
    10.- Non e' fondata la questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 9, comma 21, primo, secondo e terzo periodo, sollevata  dal
solo TAR Umbria (registro ordinanze  nn.  83  e  123  del  2013),  in
riferimento  all'art.  77  Cost.,  per  la  asserita   mancanza   dei
presupposti di «necessita'» e di «urgenza», atteso che l'esigenza  di
controllo della finanza pubblica non sarebbe di  per  se'  condizione
necessaria e sufficiente a concretare tali requisiti. 
    In realta' il d.l.  n.  78  del  2010,  che  reca  l'intestazione
«Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita'   economica»,   e'   stato   adottato   ritenuta    la
straordinaria necessita' ed urgenza di emanare  disposizioni  per  il
contenimento della spesa pubblica e  per  il  contrasto  all'evasione
fiscale ai fini della stabilizzazione  finanziaria,  nonche'  per  il
rilancio  della  competitivita'  economica,  esigenze  che  non  sono
concretamente contestate nelle ordinanze di rimessione. 
    E d'altro canto l'art. 9, rubricato: «Contenimento delle spese in
materia di impiego  pubblico»,  e  che  si  inserisce  nel  Capo  III
«Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico, invalidita'
e previdenza», appare  del  tutto  coerente  con  tali  finalita'  di
contenimento della spesa pubblica. In particolare, la protrazione nel
tempo - anche se 
    non senza limiti -  delle  misure  previste  non  contraddice  la
sussistenza della  necessita'  ed  urgenza,  attese  le  esigenze  di
programmazione pluriennale delle politiche di bilancio. 
    11.- Non sono fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 9, comma 21, primo, secondo e terzo periodo, del d.l. n. 78
del 2010, sollevate dal TAR  Calabria,  sezione  staccata  di  Reggio
Calabria, dal TAR Lombardia, dal TAR Umbria  e  dal  TAR  Puglia,  in
riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 97, 36 e 53 Cost. 
    Alle disposizioni in esame, infatti, non puo' riconoscersi natura
tributaria,  atteso  che  non  danno   luogo   ad   una   prestazione
patrimoniale imposta, realizzata attraverso un atto  autoritativo  di
carattere ablatorio, destinata a reperire risorse per l'erario. 
    La giurisprudenza della Corte, da ultimo  (sentenza  n.  223  del
2012), ha precisato che gli elementi indefettibili della  fattispecie
tributaria sono tre: la disciplina legale deve essere diretta in  via
prevalente a procurare una  definitiva  decurtazione  patrimoniale  a
carico del soggetto passivo; la decurtazione non deve comportare  una
modifica di un rapporto sinallagmatico;  le  risorse  derivanti,  che
devono essere connesse ad un  presupposto  economicamente  rilevante,
vanno destinate a «sovvenire» le pubbliche spese. 
    Conseguentemente,  non  possono  trovare  ingresso   le   censure
relative al mancato rispetto dei  principi  di  progressivita'  e  di
capacita' contributiva. 
    12.- Non sono fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 9, comma 21, primo, secondo e terzo periodo, sollevate, nel
complesso, dal TAR Umbria e dal  TRGA  Trento,  in  riferimento  agli
artt. 9, 33, 34 e 97 Cost. 
    Si ricorda in proposito come la giurisprudenza  della  Corte  non
suffraghi la conferenza di tali parametri  al  trattamento  economico
dei docenti universitari, atteso che con la sentenza n. 22 del  1996,
si e' affermato, con specifico riguardo all'art. 33  Cost.,  la  «non
pertinenza di tale parametro al problema  del  trattamento  economico
dei docenti, posto che l'autonomia oggetto di tale disposizione  "non
attiene allo stato giuridico dei professori universitari"  [...],  "i
quali sono legati da rapporto di impiego  con  lo  Stato  e  sono  di
conseguenza soggetti alla disciplina che la legge statale ritiene  di
adottare"». 
    La successiva sentenza n. 383 del 1998 ha poi affermato che  «Gli
artt. 33 e 34 della  Costituzione  pongono  i  principi  fondamentali
relativi all'istruzione con riferimento, il primo, all'organizzazione
scolastica  (della  quale  le   universita',   per   quanto   attiene
all'attivita' di insegnamento sono parte: sentenza n. 195 del  1972);
con riferimento, il secondo, ai diritti di accedervi e  di  usufruire
delle prestazioni che essa e' chiamata a  fornire.  Organizzazione  e
diritti sono aspetti speculari della  stessa  materia,  l'una  e  gli
altri  implicandosi  e  condizionandosi  reciprocamente.   Non   c'e'
organizzazione che, direttamente o  almeno  indirettamente,  non  sia
finalizzata a diritti, cosi' come non c'e' diritto a prestazione  che
non  condizioni   l'organizzazione.   Questa   connessione   richiede
un'interpretazione complessiva dei due articoli della Costituzione». 
    13.- Non sono fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 9, comma 21, primo, secondo e terzo periodo, del d.l. n. 78
del 2010, sollevate  da  tutti  i  rimettenti,  in  riferimento,  nel
complesso,  agli  artt.  2  (dignita'  sociale  e  solidarieta'),   3
(principio di ragionevolezza e di uguaglianza, partecipazione), 36  e
97 (anche in riferimento all'art. 9),  Cost.,  nonche'  al  principio
dell'affidamento  del  cittadino  nella  sicurezza   giuridica,   con
riguardo al blocco sia dell'adeguamento, che  delle  classi  e  degli
scatti. 
    13.1.- Viene in proposito piu' volte richiamata  la  sentenza  n.
223  del  2012  che  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art.  9,  comma  22,  relativo  al  blocco  dei  meccanismi   di
adeguamento retributivo per il personale di magistratura. 
    La pronuncia evidenzia in particolare le peculiari  modalita'  di
attribuzione dell'adeguamento, mediante acconti e conguagli, «per  il
solo personale della magistratura», ed ha riaffermato che  attraverso
tale meccanismo, la legge, sulla base dei principi costituzionali, ha
messo al riparo la magistratura da qualsiasi forma  di  interferenza,
che  potesse,  sia  pure  potenzialmente,  menomarne  l'autonomia   e
l'indipendenza, sottraendola alla dialettica negoziale. 
    E' su queste basi che essa ha quindi  concluso  che  il  relativo
blocco eccede l'obiettivo di  realizzare  un  «raffreddamento»  della
dinamica retributiva ed ha, invece, comportato  una  vera  e  propria
irragionevole riduzione di quanto gia' riconosciuto sulla base  delle
norme che disciplinano l'adeguamento. 
    La dichiarazione di illegittimita' costituzionale del  comma  22,
anche nella parte in cui  non  esclude  che  a  detto  personale  sia
applicato il primo periodo del comma 21, va  quindi  ricondotta  alle
specificita' dell'ordinamento della  magistratura,  specificita'  non
sussistenti nella fattispecie in esame. 
    13.2.- Le censure di irragionevolezza,  cui  si  connette,  nella
prospettazione  dei  rimettenti,  la   violazione   degli   ulteriori
parametri costituzionali sopra richiamati, sia per effetto del blocco
dell'adeguamento, che del blocco  della  progressione  economica  per
classi  e  scatti,  devono   essere   esaminate   alla   luce   della
giurisprudenza costituzionale  che  ha  enunciato  le  condizioni  di
legittimita' di tali meccanismi di risparmio della spesa pubblica. 
    Questa  Corte,  in   generale,   ha   ravvisato   nel   carattere
eccezionale,  transeunte,  non  arbitrario,  consentaneo  allo  scopo
prefissato, nonche' temporalmente limitato, dei sacrifici  richiesti,
e nella sussistenza di esigenze di contenimento della spesa pubblica,
le condizioni per  escludere  la  irragionevolezza  delle  misure  in
questione (sentenze  n.  245  del  1997  e  n.  299  del  1999,  come
richiamate anche nella sentenza n. 223 del 2012). 
    13.3.- Nella specie, quanto all'adeguamento, il blocco  e'  stato
previsto per la durata di tre anni (poi prorogato sino al 31 dicembre
2014), con l'espressa esclusione di successivi recuperi. 
    In proposito, va ricordato che,  come  in  passato  (art.  7  del
decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, recante «Misure  urgenti  in
materia di previdenza, di sanita'  e  di  pubblico  impiego,  nonche'
disposizioni fiscali», convertito, con modificazioni, dalla legge  14
novembre 1992, n. 438), la scelta del legislatore e' stata quella  di
realizzare una economia di spesa  e  non  un  semplice  rinvio  della
stessa, come si verificherebbe se i tagli fossero recuperabili. 
    Ed al riguardo e'  opportuno  ricordare  che  l'esclusione  della
possibilita' di recupero e' stata prevista anche per il blocco  delle
procedure previste per il personale contrattualizzato, stabilito  dal
comma 17 del medesimo art. 9 del d.l. n. 78 del 2010. 
    Peraltro il quarto periodo del comma 21 stabilisce  che  «Per  il
personale contrattualizzato  le  progressioni  di  carriera  comunque
denominate ed i passaggi tra le  aree  eventualmente  disposte  negli
anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti  anni,  ai  fini
esclusivamente giuridici». 
    Rileva, quindi, anche nel caso in esame, quanto  affermato  dalla
Corte con la sentenza n. 189 del 2012, laddove si e'  individuata  la
ratio legis dell'art. 9, comma 17, nella necessita' di evitare che il
risparmio della spesa pubblica derivante dal  temporaneo  divieto  di
contrattazione possa essere vanificato da  una  successiva  procedura
contrattuale  o  negoziale  che  abbia  ad  oggetto  il   trattamento
economico  relativo  proprio  a  quello  stesso  triennio  2010-2012,
trasformandosi cosi' in un mero rinvio della spesa. 
    A  maggior  ragione  valgono  tali   considerazioni,   circa   la
razionalita' del sistema, per la  misura  incidente  sulle  classi  e
sugli scatti, poiche' le disposizioni  censurate  non  modificano  il
meccanismo di progressione economica che continua  a  decorrere,  sia
pure articolato, di fatto, in un arco temporale maggiore,  a  seguito
dell'esclusione del periodo in cui e' previsto il blocco. 
    13.4.- Con particolare riferimento poi alla ragionevolezza  dello
sviluppo  temporale  delle  misure,  non  ci  si  puo'  esimere   dal
considerare l'evoluzione che e' intervenuta nel  complessivo  quadro,
giuridico-economico, nazionale ed europeo. 
    La recente riforma dell'art. 81 Cost., a cui ha  dato  attuazione
la legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l'attuazione  del
principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo  81,  sesto
comma, della  Costituzione),  con  l'introduzione,  tra  l'altro,  di
regole  sulla  spesa,   e   dell'art.   97,   primo   comma,   Cost.,
rispettivamente ad opera degli artt. 1 e 2 della legge costituzionale
20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione  del  principio  del  pareggio  di
bilancio nella Carta costituzionale), ma ancor prima il  nuovo  primo
comma  dell'art.  119   Cost.,   pongono   l'accento   sul   rispetto
dell'equilibrio dei bilanci da parte delle pubbliche amministrazioni,
anche in ragione del piu' ampio contesto economico europeo. 
    Non e' senza significato che la direttiva  8  novembre  2011,  n.
2011/85/UE (Direttiva del  Consiglio  relativa  ai  requisiti  per  i
quadri di bilancio degli Stati membri),  evidenzi  come  «la  maggior
parte delle misure finanziarie hanno implicazioni  sul  bilancio  che
vanno oltre il ciclo di bilancio  annuale»  e  che  «Una  prospettiva
annuale non costituisce pertanto una base adeguata per  politiche  di
bilancio  solide»  (20°  Considerando),  tenuto   conto   che,   come
prospettato anche dalla difesa dello  Stato,  vi  e'  l'esigenza  che
misure strutturali  di  risparmio  di  spesa  non  prescindano  dalle
politiche economiche europee. 
    13.5.- Ebbene, il contenimento e la razionalizzazione della spesa
pubblica, attraverso cui puo' attuarsi una politica  di  riequilibrio
del bilancio, implicano sacrifici gravosi, quali quelli in esame, che
trovano giustificazione  nella  situazione  di  crisi  economica.  In
particolare,  in  ragione  delle   necessarie   attuali   prospettive
pluriennali del ciclo di bilancio, tali  sacrifici  non  possono  non
interessare periodi, certo definiti, ma piu' lunghi rispetto a quelli
presi in considerazione dalle richiamate sentenze  di  questa  Corte,
pronunciate con riguardo alla manovra economica del 1992. 
    Le norme impugnate, dunque, superano il vaglio di ragionevolezza,
in quanto mirate ad un risparmio di spesa che opera riguardo a  tutto
il comparto del pubblico impiego, in una dimensione  solidaristica  -
sia pure con le differenziazioni rese necessarie dai diversi  statuti
professionali delle categorie che vi appartengono - e per un  periodo
di tempo limitato, che comprende piu' anni  in  considerazione  della
programmazione pluriennale delle politiche di bilancio. 
    13.6.-   Quanto   alla   lamentata   non   ragionevolezza   delle
disposizioni  impugnate  poiche'  non  incidono  su  coloro  che  non
dichiarano le proprie disponibilita'  economiche  all'amministrazione
finanziaria, occorre rilevare che,  in  merito,  il  legislatore  non
potrebbe che operare  su  altri  piani,  precipuamente  fiscali,  con
meccanismi quindi non comparabili con le misure in questione. 
    Piu' in generale, ove si intenda alludere anche ad una disparita'
di trattamento del lavoro pubblico rispetto  a  quello  privato,  non
puo' non rilevarsi che le profonde diversita' dello  stato  giuridico
(si pensi alla minore  stabilita'  del  rapporto)  e  di  trattamento
economico escludano ogni possibilita' di comparazione. 
    13.7.- La ragionevolezza delle norme impugnate non viene  neanche
incisa dalle generiche e assertive doglianze relative all'assenza  di
responsabilita' dei cittadini gravati dalle misure in  esame  per  la
situazione  economica  che  vi  ha  dato  luogo,   e   alla   mancata
partecipazione degli stessi alle scelte di politica economica. 
    Quanto alla prospettata disparita'  di  trattamento  rispetto  ad
altro  personale  non  contrattualizzato,  quale   gli   avvocati   e
procuratori dello Stato e le Forze di  polizia,  si  osserva  che  la
mancata considerazione, da parte dei rimettenti,  delle  specificita'
di ciascuna categoria professionale in regime  di  diritto  pubblico,
priva le censure del necessario adeguato quadro di riferimento. 
    13.8.-  Ne'  e'  ravvisabile  la  lesione  dell'affidamento   del
cittadino nella sicurezza giuridica, atteso che, come questa Corte ha
piu' volte affermato, il legislatore puo' anche emanare  disposizioni
che modifichino in senso sfavorevole la disciplina  dei  rapporti  di
durata, anche se  l'oggetto  di  questi  sia  costituito  da  diritti
soggettivi perfetti, sempre che tali disposizioni «non trasmodino  in
un regolamento irrazionale, frustrando,  con  riguardo  a  situazioni
sostanziali  fondate  sulle  leggi  precedenti,   l'affidamento   dei
cittadini nella sicurezza giuridica,  da  intendersi  quale  elemento
fondamentale dello Stato di diritto» (sentenze n. 166  del  2012,  n.
302 del 2010, n. 236 e n. 206 del 2009); situazione che nella  specie
non puo' dirsi sussistente. 
    13.9.- In ordine alla prospettata, connessa lesione dell'art.  36
Cost., si deve rilevare, infine, come, secondo i  principi  affermati
da questa Corte (sentenze n. 120 del 2012 e n. 287  del  2006),  allo
scopo  di  verificare  la  legittimita'  delle  norme  in   tema   di
trattamento economico dei dipendenti, occorra  far  riferimento,  non
gia'  alle  singole  componenti  di   quel   trattamento,   ma   alla
retribuzione nel suo complesso, dovendosi avere riguardo - in sede di
giudizio  di  non  conformita'  della   retribuzione   ai   requisiti
costituzionali di proporzionalita' e sufficienza -  al  principio  di
onnicomprensivita'  della  retribuzione   medesima.   Pertanto   tale
parametro, ex se ed in relazione agli artt. 3 e 97 Cost., non risulta
violato, non incidendo le disposizioni in esame sulla struttura della
retribuzione  dei  docenti  universitari  nel  suo   complesso,   ne'
emergendo una situazione che leda le tutele socio-assistenziali degli
interessati e dunque l'art. 2 Cost. 
    13.10.- Quanto al blocco delle classi e degli  scatti,  non  sono
fondate neanche  le  censure  volte  a  sostenere  l'irragionevolezza
dell'art. 9, comma 21, secondo e terzo periodo, per le ricadute delle
norme impugnate sulla riforma introdotta dalla legge n. 240 del 2010. 
    Occorre premettere  al  riguardo  che,  come  gia'  ritenuto  dai
rimettenti  nell'affermare   la   rilevanza   delle   questioni,   la
valutazione delle  attivita'  didattiche,  di  ricerca  e  gestionali
svolte, prevista nel nuovo sistema  di  progressione  economica,  non
esclude la sussistenza di quella cadenza temporale predeterminata per
la progressione, che rende coerente l'applicazione del  blocco  anche
in presenza della novella, come previsto dall'art. 8, comma 1,  della
legge n. 240 del 2010. 
    Ne' il prospettato differimento del sistema di valutazione,  puo'
incidere sul buon andamento delle universita' degli  studi.  Si  puo'
ricordare, infatti, che la previsione di un vero e proprio sistema di
valutazione  applicabile  alle  universita'  italiane,  puo'   essere
ricondotto alla legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi
di finanza pubblica), e che con il decreto-legge 3 ottobre  2006,  n.
262 (Disposizioni  urgenti  in  materia  tributaria  e  finanziaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  24
novembre 2006, n. 286, il sistema e' stato ulteriormente disciplinato
con l'istituzione  dell'Agenzia  nazionale  per  la  valutazione  del
sistema universitario e della ricerca (ANVUR). 
    Il meccanismo di valutazione si inserisce, dunque, in un contesto
gia' orientato a garantire la  qualita'  dell'offerta  universitaria,
nell'ambito del  piu'  ampio  panorama  europeo.  Il  buon  andamento
dell'amministrazione universitaria, anche in riferimento  all'art.  9
Cost., non e', dunque, connesso al solo  sistema  di  avanzamento  in
carriera dei docenti e ricercatori universitari, come delineato dagli
artt. 6 ed 8 della legge n. 240 del  2010,  e  pertanto  non  risulta
compromesso. 
    13.11.-  Viene  infine   dedotto   uno   specifico   profilo   di
illegittimita', connesso ai differenti effetti del blocco in  ragione
della diversa anzianita' di servizio maturata. 
    In  proposito,  va  in  primo  luogo  rilevato  che  l'urgenza  e
l'ampiezza della manovra economica contenuta nel d.l. n. 78 del 2010,
in cui si inscrivono le  norme  censurate,  ha  interessato  l'intero
comparto del pubblico impiego: la sua stessa struttura  non  rendeva,
dunque, possibile una frantumazione delle  misure  previste.  D'altro
canto, considerato che  la  materia  attiene  a  scelte  di  politica
economica e sociale, che non spetta a questa Corte valutare (sentenza
n. 119 del 2012) se non nei limiti della  evidente  irragionevolezza,
non emergono elementi che possano indurre ad una tale conclusione. 
    Va infatti osservato  che  il  sacrificio  imposto  al  personale
docente, se pure particolarmente gravoso  per  quello  piu'  giovane,
appare,  in  quanto  temporaneo,  congruente  con  la  necessita'  di
risparmi consistenti ed immediati. 
    Del resto, nel senso della non  irragionevolezza  di  un  analogo
blocco degli incrementi retributivi, si e'  gia'  pronunciata  questa
Corte, con la sentenza n. 245 del 1997, dichiarando  non  fondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7,  comma  3,  del
d.l. n. 384 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla  legge  n.
438 del 1992, questione prospettata negli stessi termini  dall'allora
rimettente. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21, del  decreto-legge
31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia  di  stabilizzazione
finanziaria  e  di   competitivita'   economica),   convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio  2010,  n.
122, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 23,  36  e  53  della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale  per  l'Abruzzo,
sezione staccata di Pescara, con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    2) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 2, del  medesimo  d.l.
n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,
della legge n. 122 del 2010, sollevata, in riferimento agli artt.  42
e 97 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per  la  Calabria,
sezione staccata di Reggio  Calabria,  con  l'ordinanza  indicata  in
epigrafe; 
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 21, primo, secondo e terzo periodo,
del medesimo d.l. n. 78  del  2010,  convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge n.  122  del  2010,  sollevate,  in
riferimento, nel complesso, agli artt. 2, 3, 9, 33, 34, 36,  37,  42,
53, 77 e 97 Cost., dai  Tribunali  amministrativi  regionali  per  la
Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, per la Lombardia e per
il Piemonte, dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa  del
Trentino-Alto Adige, sede di  Trento,  dai  Tribunali  amministrativi
regionali per l'Umbria e per la Puglia, con le ordinanze indicate  in
epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2013. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 17 dicembre 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI